LA GRAZIA E LA GLORIA (2)

LA GRAZIA E LA GLORIA (2)

Del R. P. J-B. TERRIEN S.J.

I.

Nihil obstat, M-G. LABROSSE, S. J. Biturici, 17 feb. 1901

Imprimatur: Parisiis, die 20 feb. 1901 Ed. Thomas, v. g.

TOMO PRIMO

LIBRO PRIMO

IL FATTO E LA REALTÀ DELL’ADOZIONE DIVINA

CAPITOLO PRIMO

Il fatto dell’adozione divina; il suo rapporto con l’Incarnazione e con la filiazione naturale del Figlio unico di Dio.

1. – Non è solo un dogma di fede, ma una verità della ragione che la nostra condizione di creature ragionevoli ci obbliga con un dovere essenziale ad essere servi di Dio. Non è sovranamente giusto che l’opera appartenga al suo unico autore, e che la volontà limitata sia soggetta alla Volontà onnipotente che sola esiste? La fede va oltre: perché ci insegna che, in virtù della nostra discendenza e come membri della famiglia umana, siamo una razza degradata, figli dell’ira, natura filii iræ (Ephes. II, 31). Questa è la doppia condizione che la nostra natura e la nostra origine ci hanno dato. Cosa possiamo diventare per mezzo della misericordia divina ed il sangue di Gesù Cristo versato per noi? Figli di Dio per adozione! Chi ci assicura di questo? Dio stesso! E, certamente, non c’era bisogno di una testimonianza minore per convincerci di una verità così consolante, ma così incredibile per le piccole e miserabili creature che noi siamo. E così è: Dio ha voluto moltiplicare nelle Scritture le rassicurazioni esplicite che ci dà di tale gloriosa filiazione. Egli non ignorava che ci sarebbero stati uomini ciechi o ingrati che avrebbero detto di questa dottrina ciò che dissero i Cafarnaiti quando Gesù predicò loro la divina Eucaristia: « Questa parola è dura, e chi la può ascoltare … » (Joan., VI, 61). Tale è, infatti, la sfortunata condizione dell’uomo che si aggrappa alla bassezza, e il più delle volte ha aspirazioni solo per una falsa grandezza. Da qui sono venute queste ripetute negazioni di tutto l’ordine soprannaturale che si trovano in ogni pagina della storia del dogma cattolico, e di cui l’angelo ribelle ha dato il primo esempio. Questo è il motivo per cui noi dobbiamo, prima di ogni altra cosa, leggere e meditare quei passi dei nostri Libri santi in cui lo Spirito Santo, lo Spirito di Verità, ci ha rivelato nei termini più formali questi alti destini della nostra natura. Potremmo chiederci per quali ragioni il Figlio eterno del Padre porti il titolo di Primogenito, e vedremmo che una delle ragioni principali, a giudizio di San Paolo e dei Dottori (Rom. VIII, 29), è che Dio ha altri figli, e che questo frutto della fecondità del Padre ha dei fratelli. Non mi si dica che Gesù, sebbene sia l’unico della Vergine, sia anche chiamato il primogenito, perché questa unicità non mi impedisce di guardare la purissima Vergine Maria come vostra e mia Madre. Ma dobbiamo arrivare ad una testimonianza più decisiva. Vedete – scrive l’apostolo S. Giovanni (1 Gv. III, 2), – vedete quale amore il Padre ha avuto per noi per volerci chiamare figli di Dio, e lo siamo veramente. e che siamo davvero figli di Dio. Sì, miei cari, noi siamo già fin da ora figli di Dio. Ma quello che saremo un giorno non appare ancora. Sappiamo che quando verrà nella Sua gloria, saremo simili a Lui perché Lo vedremo come Egli è. E chi ha questa speranza in sé diventa santo, come Dio stesso è Santo. Noi l’abbiamo sentito: la nostra figliolanza divina è un nome, ma un nome che porta con sé la sua realtà. Questa grandezza è oggi coperta ai nostri occhi, ma un giorno, nello splendore del Figlio unigenito, apparirà come realmente è: la rappresentazione viva e fedele della sua stessa figliolanza. – San Paolo parla non meno chiaramente del discepolo prediletto: « Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, formato da una donna, soggetta alla legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione di figli. E poiché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del suo Figlio nei vostri cuori, gridando: “Abba, Padre“. Nessuno di voi è più schiavo, ma figlio; e se siete figli, siete eredi di Dio (Gal. IV, 4-7). » Ora quello che scriveva ai fedeli della Galazia, lo stesso Apostolo aveva scritto a quelli di Roma: « Quanti sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. Voi non avete ricevuto di nuovo (come i Giudei) lo spirito di schiavitù e di timore, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione dei figli in cui si grida: “Padre, Padre”. Perché lo Spirito stesso testimonia al nostro spirito che siamo figli di Dio. Se dunque figli, anche eredi; eredi di Dio, coeredi con Gesù Cristo. Se tuttavia soffriamo con Lui, è per essere glorificati con Lui (Rom. VIII, 14-17; col. Ephes- I, 12, 44) » E questa filiazione, più autenticamente e splendidamente rivelata nella nuova legge, i profeti dell’Antico Testamento l’avevano intravista e salutata come una speranza in epoche lontane: testimonianza ne è questo oracolo di Osea: « E verrà il tempo in cui gli uomini sentiranno questa parola: voi non siete il mio popolo; essi saranno chiamati figli del Dio vivente (Os. I, 20). » Ma che bisogno c’è di interrogare ancora gli scrittori ispirati, quando abbiamo la parola del Figlio unico di Dio stesso? Ascoltiamolo: ci insegnerà a pregare come figli: “Padre nostro, che sei nei cieli” (Mt. VI, 11). Più tardi, apparendo a Maddalena, la incarica di annunciare la Sua resurrezione. Va’ – le ordina – va’ a dire ai miei fratelli: “Salgo al Padre mio e Padre vostro” (Gv. XX, 17). Avere Dio per padre e Gesù Cristo per fratello, non è questo essere figlio di Dio? Tuttavia, le ultime parole del Salvatore ci fanno già capire che la nostra filiazione, pur essendo simile alla Sua, non è uguale ad essa. « Io salgo – dice – al Padre mio e Padre vostro ». Non dice: al Padre nostro. È perché la filiazione nostra è filiazione al di sotto della filiazione del Verbo di Dio. – Questa è la dottrina delle nostre Sacre Lettere. Dio ha un solo Figlio secondo natura; ed è perciò che questo Figlio è chiamato il Figlio unico di Dio, il Figlio proprio di Dio, il vero Figlio nella pienezza del termine; Dio da Dio, luce da luce, splendore infinito della gloria paterna; generato da tutta l’eternità, perché da tutta l’eternità il Padre gli comunica con un atto ineffabile la sua propria e semplicissima essenza, senza divisione o moltiplicazione. – Ed ecco perché il Figlio può dire al Padre: «Tutto ciò che è mio è tuo; e tutto ciò che è tuo è mio » (Gv. XVI, 15; Col. VII, 16). Tutto è comune, tutto è identico, sostanza, natura, perfezione, operazione; tutto, tranne la distinzione delle Persone. – Quale creatura, per quanto perfetta, potrebbe senza follia tenere un tale linguaggio? Lungi da noi quell’empietà sacrilega che condivideva l’essenza divina e forgiava gli dei dagli dei con una comunicazione di natura analoga a quella che avviene nelle generazioni umane. Lungi da noi anche quel sogno dei falsi mistici per i quali la produzione di figli di Dio consisteva in non so quale flusso della sostanza del giusto nella sostanza di Dio per essere trasformato in essa, come il pane è cambiato nel corpo di Gesù Cristo (“Nos transformamur totaliter in Deum et convertimur in simil modo sicut panis convertitur in corpus Christi, sic ego convertor in eum…” è la n. 10 tra le proposizioni di Ekard condannate da Giovanni XXII -1329 -. Vedi anche gli articoli seguenti). La nostra filiazione non è dunque una filiazione naturale. Trovo nelle Sacre Scritture una filiazione molto diversa. « Chi è il padre della pioggia e chi ha generato le gocce di rugiada? » chiede il Signore al santo patriarca Giobbe (Giobbe XXXVIII, 8). E altrove, Mosè, rivolgendo i suoi rimproveri al popolo d’Israele: « Non è – egli dice – vostro Padre che vi ha posseduto, che vi ha fatto, che vi ha creato (Deuter. XXXII, 6)? » Filiazione basata sulla somiglianza naturale delle creature a Dio, il loro primo principio: tanto più elevato, tanto più perfetto, quanto maggiore è la somiglianza, e quanto più brillantemente le perfezioni dell’Operatore divino risplendono nelle perfezioni della sua opera (S. Thom. 1 p., q. 33, a. 1). – Né è questa la figliolanza che ci è promessa e che ci è data. Perché per quanto alte e sublimi possano essere le perfezioni ricevute da Dio, l’Autore della natura spirituale, la creatura che le possiede può ancora sentirsi dire, a sua eterna disgrazia: «Voi non siete nel numero dei miei figli; ritiratevi, non vi conosco. » – Cos’è dunque questa filiazione che è adatta solo alle creature ragionevoli e, tra gli esseri intelligenti, solo ai giusti, gli amici di Dio? Ancora una volta, è una filiazione basata non sull’atto della generazione naturale, non sull’operazione creativa degli esseri, ma su un’adozione di grazia: questa è la figliolanza che San Paolo ci ha già nominato con il suo stesso nome e che ricorda costantemente ai fedeli: « Sia benedetto Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetto con ogni benedizione spirituale per i cieli in Cristo. Come Egli ci ha scelti in Lui prima della costituzione del mondo, affinché fossimo santi e immacolati al suo cospetto nell’amore; Egli ci ha predestinati ad essere figli adottivi per mezzo di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà (Ef. I, 3-5). » – Figli di Dio per grazia e per adozione, questo è il nostro titolo e la nostra gloria, se rimaniamo fedeli al Dio che ci ha scelti.

2. – Il testo appena riportato ci invita a risalire alla Fonte da cui ci è giunto questo incomparabile beneficio della nostra adozione. È dall’Incarnazione dell’unico Figlio di Dio e, per innalzarci ancora più in alto, dal libero e beneplacito volere del Padre. Meditiamo su queste due verità alla luce dei nostri Libri Santi e degli scritti dei Padri. Se c’è una cosa chiaramente stabilita nei sacri monumenti della nostra fede, è che l’Incarnazione fu fatta in vista della nostra filiazione adottiva. S. Giovanni lo afferma all’inizio del suo Vangelo. Dopo aver magnificamente descritto gli eterni splendori del Verbo: « Venne tra i suoi – dice – e i suoi non lo ricevettero. Ma a tutti quelli che l’hanno accolto, ha dato il potere di essere fatti figli di Dio, a quelli che credono nel suo Nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà di uomo, ma da Dio (Gv. I, 11-13). » L’insegnamento di San Paolo risponde a quello del discepolo amato. Abbiamo già sentito da Lui: « Dio, nella pienezza del tempo, mandò il suo Figlio, progenie di donna, nato sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione di figli (Gal. IV, 4-5) ». Questo è dunque il motivo per cui il Verbo si è fatto carne, e il grande bene che è venuto dal cielo a portare alla razza umana decaduta: l’adozione dei figli. Ecco perché è nato, perché ha sofferto, perché è morto su una croce. – I Padri non si stancano di ritornare su questo pensiero apostolico e divino. Sarebbe impossibile trascrivere qui tutto quello che essi dicono. Accontentiamoci di qualche testimonianza tra mille altre. « Perché – chiede San Bernardo – il Figlio di Dio si è fatto uomo, se non per fare degli uomini tanti figli di Dio (Serm. 1, De Nativ., 15)? » S. Agostino aveva già detto quasi negli stessi termini: « Il Figlio di Dio, il suo Unico generato secondo natura, per una meravigliosa condiscendenza si è fatto Figlio dell’uomo, affinché noi, che siamo figli dell’uomo per natura, potessimo diventare figli di Dio per grazia sua » (S. Agostino de Civit. Dei. 1. XXI, c.15). E ancora: « Vediamo un gran numero di uomini avere figli per adozione: ma ciò che li spinge a farlo è la necessità di supplire per libera scelta al difetto di natura che ha negato loro i figli. Se hanno un figlio unico, si guardano bene dal cercargli compagni che dividano con lui l’eredità e lo impoveriscano di conseguenza. Così fanno gli uomini; ma non così il nostro grande Dio. Colui attraverso il quale ha prodotto ogni creatura, l’ha mandato in questo mondo, volendo che non rimanesse solo, ma che avesse dei fratelli per adozione (S. Aug. Tr. II in Joan. I) ». – I Padri greci fanno eco a quelli della Chiesa latina, come attesta Ireneo, il grande dottore venuto dall’Oriente per illuminare i Galli: « Se il Verbo si fece carne, e il Figlio eterno del Dio vivente si fece Figlio dell’uomo, fu perché l’uomo, entrando in società con il Verbo e ricevendo l’adozione, diventasse figlio di Dio  (S. Iren. c. Hæres. L. III, c. 49, n. 1. Patrol. Græc. – ed. Migne) ». Mi appello di nuovo a San Giovanni Crisostomo. Egli spiegava al suo popolo il capitolo di San Matteo che riporta la genealogia di Nostro Signore. Improvvisamente esclama con eloquente trasporto: « Non è cosa che dovrebbe gettarci nello stupore il vedere il Dio ineffabile, impronunciabile, incomprensibile, uguale in tutto e per tutto a suo Padre, nato nel grembo di una vergine e che conta Abramo e Davide tra i suoi antenati? Che dico, Abramo e Davide? Anche le donne colpevoli di cui ho parlato prima. Al contrario, sii pieno di ammirazione senza limiti quando vedi il vero Figlio dell’eterno Dio degnarsi di chiamarsi Figlio di Davide, per renderti figlio di Dio; riconoscere come padre un servo, uno schiavo, in modo che tu stesso, schiavo e servo, possa veramente chiamare Dio tuo Padre. Vedete ora cosa sono i Vangeli? Avete qualche dubbio sull’incomparabile onore che vi promettono? Bene allora! Lasciate che gli abbassamenti del Figlio di Dio vi insegnino a credere nella vostra elevazione. – In effetti, agli occhi della mente umana è più difficile fare di un Dio un uomo che di un uomo un figlio di Dio. Quando, dunque, sentirete dire che il Figlio di Dio è il figlio di Davide e di Abramo, non dubitare che voi, figli di Adamo, possiate diventare figli di Dio. Perché se Dio si è umiliato fino a questo eccesso, non è stato per un nulla, ma per elevarci alle più sublimi altezze. Egli è nato secondo la carne, perché tu rinasca secondo lo spirito; è nato da una donna, perché tu non sia più figlio della donna. – Ecco quindi due generazioni, una che assomiglia alla nostra, l’altra che la supera infinitamente. Nascere da donna è ciò che ci è proprio; nascere non da sangue, non dalla volontà dell’uomo e della carne, ma da Dio, è la generazione suprema che ci aspettiamo dallo Spirito (S. J. Chrysost. in Matt., hom. 2, n. 2 Pat. G. t. 57, p. 26) ». – San Cirillo di Alessandria sviluppa la stessa dottrina con una varietà sorprendente, specialmente nei suoi commenti sul Vangelo di San Giovanni. Citiamo per esempio quello che ha scritto su questo testo dell’Apostolo: « Egli ha dato loro il potere di diventare figli di Dio, a coloro che credono nel suo Nome (Gv. I, 12) ». – « Il Figlio di Dio è venuto per dare loro il potere di essere per grazia ciò che Egli è per natura, e per rendere comune ciò che è suo: tanto è grande la sua bontà verso gli uomini, tanto è grande la sua carità verso il mondo. Era impossibile per noi, che portiamo l’immagine dell’uomo terreno, sfuggire alla corruzione, se non potessimo ricevere impressa nelle nostre anime la bellezza dell’immagine celeste; cioè, se non fossimo chiamati all’adozione dei figli di Dio. Essendo diventati partecipi del Figlio unigenito per mezzo dello Spirito Santo, abbiamo ricevuto il sigillo della sua somiglianza, conformandoci così a quell’immagine divina in cui, come attestano le Scritture, siamo stati fatti. È così che, recuperando l’antica bellezza della nostra natura, e riformati sulla natura stessa di Dio, sfuggiremo ai mali causati dalla prevaricazione originale. Così, dunque, ci innalziamo alla dignità soprannaturale – « Eppure non è stata rimossa ogni differenza tra noi e Lui. Perché se diventiamo figli di Dio, è a sua somiglianza, in virtù della grazia che ci rende a sua immagine. Egli è il vero Figlio che procede eternamente dal Padre, e noi siamo solo figli di adozione, ammessi per privilegio e senza merito a questo onore incomparabile. Io l’ho detto: Voi siete dei e figli dell’Altissimo (Sal. LXXXI, 6). Perché la natura creata, e di conseguenza lo schiavo, è chiamato ai beni soprannaturali solo dal beneplacito e dalla volontà del Padre. Il Figlio, al contrario, Dio e Signore, non è né Dio né Signore per questo beneplacito e questo libero volere; Splendore scaturente dalla sostanza del Padre, ne possiede tutta la perfezione in virtù della sua stessa natura. È confrontandolo con noi che lo conosciamo come il vero Figlio. Perché altro è ciò che si basa sulla natura, altro ciò che viene dall’adozione; altro limite, altra verità. Siamo figli di Dio per adozione e per imitazione; Egli lo è per natura e secondo la pienezza della verità. Così rimane l’opposizione: da una parte la dignità naturale, dall’altra il favore e la grazia. » – Il santo dottore, continuando il suo commento, passa al tredicesimo versetto dello stesso capitolo, dove si legge: « Che non sono nati dal sangue, né dalla volontà della carne, né dalla volontà dell’uomo, ma da Dio », e su queste parole Continua: « Quelli – dice l’Evangelista – che per mezzo della fede in Gesù Cristo sono stati chiamati all’adozione dei figli di Dio, mettono da parte l’umiltà della propria natura e, rivestiti pienamente della grazia di Dio come di una veste di luce ineffabile, si elevano ad una dignità soprannaturale. Perché non saranno più considerati come figli della carne, ma piuttosto come la stirpe adottata da Dio. Osservate, tuttavia, la prudenza dell’Evangelista. Stava per dire che i fedeli erano nati da Dio: temendo che il lettore fraintendesse queste parole e giungesse a credere o che essi fossero della sostanza di Dio Padre, come l’Unico, o che questo Unico fosse egli stesso impropriamente generato dal Padre, e quindi creato come loro, prende precauzioni contro un’interpretazione così pericolosa. E come, vi chiederete? In due modi: essi hanno ricevuto – dice – il potere di diventare figli di Dio, e l’hanno ricevuto dal Figlio: per cui è evidente che essi sono nati da Dio per adozione e per grazia, e che Egli è il Figlio per natura » (S. Cirillo Alex., L. I in Joan. P. Gr, vol. 73, p. 153 ss).

3. – Avevo intenzione di fermarmi a quest’ultimo testo: ma è impossibile per me non tornare ancora a Sant’Agostino per sentire da lui come siamo adottati e perché la nostra filiazione sia un’opera della grazia. Volendo far luce sulla nostra rinascita spirituale, la grazia del Nuovo Testamento, come la chiama lui, il grande Dottore ci rimanda al testo di San Giovanni: « A tutti quelli che lo hanno ricevuto, ha dato il potere di diventare figli di Dio. » (Gv. I, 12-13). « Questa – dice – è la grazia della nuova Alleanza, che era latente nella vecchia Alleanza, senza che Dio cessasse di annunciarla in profezie e figure, affinché sotto il velo l’anima possa conoscere Dio e rinascere a Lui per mezzo della sua grazia. È una nascita spirituale: quindi non è del sangue, né della volontà dell’uomo, né della volontà della carne, ma da Dio. Si chiama anche adozione, perché prima di essere figli di Dio eravamo già qualcosa, ed è per un grande beneficio che siamo diventati ciò che non eravamo. Così il figlio adottivo non era ancora, prima dell’adozione, un figlio del padre che lo avrebbe adottato; ma esisteva già come soggetto dell’adozione. – A questa generazione secondo la grazia non appartiene Colui che, essendo il Figlio di Dio per natura, è venuto a farsi Figlio dell’uomo e a dare a coloro che sono figli degli uomini per natura, di essere figli di Dio. È diventato ciò che non era, ma prima di diventarlo, era qualcosa; che cosa allora? il Verbo di Dio per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte, la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, Dio da Dio e Dio in Dio. E anche noi, per la sua grazia, siamo diventati ciò che non eravamo, cioè figli di Dio; eppure eravamo qualcosa di infinitamente più umile, voglio dire: figli degli uomini. La sua discesa, dunque, è la nostra ascesa: rimanendo nella sua natura, Egli si è fatto partecipe della nostra, affinché, rimanendo nella nostra natura, partecipassimo alla sua. Ma le condizioni non sono uguali: perché la partecipazione della nostra natura non l’ha degradato, mentre partecipando alla sua natura siamo ottimamente nobilitati… – « E perché non osassimo aspirare a questo eccesso di onore, l’Apostolo, dopo averci parlato di questa meravigliosa rinascita, aggiunge: E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; come se dicesse: Uomini, non temete di non poter diventare figli di Dio, perché il Figlio stesso di Dio, il Verbo di Dio, si è fatto carne per essere come uno di voi. Quindi fate lo stesso per Lui. Diventate a vostra volta spirituali in Colui che, divenuto carne, è disposto ad abitare in voi. No, l’uomo non deve disperare di non essere giammai figlio di Dio attraverso la partecipazione del Verbo, quando il Figlio di Dio stesso è diventato figlio dell’uomo attraverso la partecipazione della nostra carne » (S. August., ep. ad Honorat., 140, n. 9-11).  Questo, dunque, è il fine immediato dell’unione del Figlio eterno con la nostra natura: fare dell’uomo un figlio adottivo di Dio. Non si obietti che la Sacra Scrittura e la Tradizione cattolica assegnino spesso a questa unione tre scopi: lo scopo della riparazione, lo scopo della liberazione, lo scopo della riconciliazione per l’uomo colpevole e decaduto: perché tutte queste cose si riferiscono naturalmente alla filiazione che ci viene restituita da Cristo Redentore. Non dimentichiamo il mistero della nostra prima origine, né la disgrazia della nostra caduta. In quella caduta siamo usciti dalle mani di Dio, splendenti della gloria dei figli di Dio; in quella caduta siamo stati spogliati delle nostre prerogative e ridotti alla miserabile condizione di figli dell’ira. Per elevarci, per ristabilire la nostra dignità così tristemente e totalmente perduta, dovevamo soddisfare alla giustizia divina, riscattare il colpevole e guadagnare l’amicizia di Dio. Solo a questa condizione Dio ci ha ricevuto in grazia e ci ha riaperto il suo seno paterno. Né si obietti che il fine ultimo del grande mistero del Verbo incarnato è la manifestazione della gloria di Dio attraverso il prodigio della sapienza, della giustizia, della potenza e della bontà che Egli offre all’ammirazione degli Angeli e degli uomini. È vero che queste perfezioni divine brillano di un bagliore incomparabile – cieco chi non lo veda; stolto che lo neghi – ma è piaciuto al nostro grande Dio di collegare questa manifestazione della sua gloria indissolubilmente con la salvezza della nostra natura; e la salvezza di questa natura non sarà più la natura di uno schiavo e di un essere degradato, ma quella di un figlio di Dio. Infine, non si neghi che il frutto supremo dell’incarnazione per gli uomini redenti debba essere il pieno possesso di Dio nella beatitudine eterna, poiché questa pienezza di gloria e di gioia non è che l’ultima perfezione ed il compimento completo dei figli di adozione. – Quanto grande, dunque, quanto ammirevole è questa grazia della filiazione divina, poiché il Figlio eterno del Padre non ha creduto di poter pagare un prezzo troppo alto per essa con il suo annientamento e lo spargimento del suo sangue immacolato!

(Ecco due testi del Papa S. Leone Magno che riportano felicemente alle idee espresse in questo primo capitolo: « Dum Salvatoris nostri adoramus ortum invenimur nos nostrum celebrare principium. Generatio enim Christi origo est populi christiani. Habeant licet singuli quique vocatorum ordinem suum, et omnes Ecclesiae filii temporum sint successione distincti, universa tamen summa fidelium, fonte orta baptismatis, sicut cum Christo in passione crucifixi, in resurrectione resuscitati, in ascensione ad dexteram Patris collocati, ita cum ipso sunt in nativitate congeniti. Quisquis enim hominum in quacumque mundi parte credentium regeneratus in Christo, interciso originalis tramite vetustatis, transit in novum hominem renascendo, nec jam, in propagine habetur carnalis partis, sed in germine Salvatoris, qui ideo Filius hominis est factus, ut nos filii Dei esse possimus ». Serm. in Nat. Dom. 6. P. L. t. 54, p. 243. Ed ancora:

« Quamvis enim ex una eademqu  e pietate sit quidquid creaturae Creator impendit, minus tamen mirum est homines ad divina proficere, quam Deum ad humana descendere », Serm. in Nat. D. 4, c. 2, Ibid., p. 204).

LA GRAZIA E LA GLORIA (3)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.