LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (5)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (5)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle Missioni, ROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF.1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

PARTE PRIMA

Gesù vivente in noi per comunicarci la sua vita

CAPITOLO II.

ART. II. — SINTESI PRATICA.

La nostra incorporazione a Cristo, che si inizia col Battesimo, prosegue poi con l’uso dei vari Sacramenti, i quali, aumentando in noi la grazia, aumentano pure la nostra unione con Gesù; e specialmente con la frequenza della santissima Eucaristia, che ci dà non solo la grazia ma Gesù stesso. Anzi, questa incorporazione viene crescendo coi singoli atti meritori che facciamo; poiché, dandoci ognuno di essi un aumento di vita divina, ci unisce più perfettamente a Cristo. Il che si avvera specialmente quando ci studiamo di fare tutte le nostre azioni in unione con Gesù, lasciandoci muovere e dirigere da Lui, come s’addice a coloro che gli sono incorporati. Allora infatti i nostri atti partecipano alla stessa virtù, alla fecondità, al valore morale degli atti di Cristo, dacché, secondo che abbiamo già detto, è Lui che opera in noi, mentre noi dal canto nostro ci appropriamo, quali sue membra, le disposizioni e il valore morale degli atti di Colui che è nostro Capo. Ce lo dice anche Nostro Signore: « Se uno rimane in me e Io in lui, questi porta molto frutto » (Giov. XV, 5). Conclusione pratica della nostra incorporazione a Cristo deve quindi essere una comunione spirituale permanente con Lui, in tutto il complesso della nostra vita: 1° nelle nostre pratiche spirituali; 2° nei vari nostri stati interiori; 3° nelle nostre relazioni col prossimo.

I. Nelle nostre PRATICHE SPIRITUALI bisogna, fin da principio, unirsi a Gesù mediatore di religione, il solo vero Religioso del Padre, perché  Egli solo lo può glorificare in modo infinito ed Egli solo ha diritto di essere esaudito. Ma perché s’intenda meglio il nostro pensiero, verremo qui al particolare.

1° Nello svegliarci, uniamoci a Gesù vivente in noi col suo spirito di religione, e offriamoci con Lui in vittime per fare in tutto la santa volontà di Dio, come si offrì Lui al suo entrare nel mondo: « Vittime e offerte non volesti, olocausti e sacrifizi espiatori non gradisti. Allora io dissi: Ecco io vengo… a fare, o Dio, la tua volontà » (Hebr. X, 5-7).

2° Nella meditazione, dopo esserci uniti a Gesù per adorare, benedire e ringraziar Dio, fissiamo affettuosamente questo divino modello per studiare e ritrarre in noi qualcuna delle sue virtù; supplichiamolo di persuaderci che questa virtù ci è necessaria, di comunicarcela, di imprimercela nell’anima; e risolviamo di praticarla umilmente e fermamente con Lui nel corso della giornata.

3° Alla santa Messa, rechiamoci in ispirito ai piedi del Calvario, accanto alla nostra madre Maria, e contempliamo amorosamente Gesù, sommo Sacerdote, che si offre in vittima per glorificare il Padre in nome nostro, espiare i nostri peccati e comunicarci i frutti della sua redenzione; offriamoci e immoliamoci con Lui, specificando il sacrificio che faremo nel corso del giorno onde compiere in noi la passione del Salvatore; adoriamo con Lui e domandiamo perdono in nome di tutto il popolo cristiano.

4° Alla santa Comunione, desideriamo ardentemente di unirci a Colui che tanto brama di unirsi a noi; umiliamoci profondamente alla vista di tante nostre iniquità, debolezze, imperfezioni, miserie; adoriamo in silenzio questo Dio nascosto che si dà a noi; diamoci tutti a Lui, diamogli specialmente il cuore, promettendo di fare tutte le nostre azioni per amor suo e per piacere a Lui; uniamoci a Maria, la più perfetta adoratrice di Gesù, per adorare, benedire, amare questo Figlio divino, come fece Lei per tutta la vita, specialmente dal momento in cui si incarnò nel virgineo suo seno; e ripetiamo come Lei: « L’anima mia magnifica il Signore… perché ha fatto in me grandi cose » (Luc. I, 46 segg.). Uniamoci a Gesù e a Maria per glorificare la santissima Trinità, che nel momento della santa Comunione si dà a noi in modo speciale; tratteniamoci in dolci e affettuosi colloqui con l’Ospite divino, aprendogli il cuore per palesargliene le miserie e i desideri, ascoltandolo rispettosamente onde adempierne anche i più piccoli voleri e ritrarre in noi le interiori sue disposizioni, le sue virtù, il suo spirito. Gli potremo allora più efficacemente presentare le nostre domande (Molti cominciano con chiedere grazie, dimenticando che il primo e principale dei nostri doveri è l’adorazione; e che, otteniamo favori tanto maggiori quanto più ci studiamo di adempiere innanzi tutto i nostri doveri verso Dio.) non solo per noi e per i nostri, ma per tutta la Chiesa, essendo tutti membri di un medesimo Corpo mistico. Ma non dimenticheremo di chiedergli soprattutto la grazia di rimanere in Lui come Egli rimane in noi, e di far tutte le nostre azioni con Lui in ispirito di ringraziamento e di amore.

5° Nei nostri lavori, quali che siano, anche i più comuni, rammentiamoci che Gesù fu operaio, e che in tutto quel tempo lavorava efficacemente alla salute delle anime; con Lui e con le stesse sue intenzioni offriamo a Dio tutti i nostri lavori, facendoli amorosamente e fervorosamente come suoi collaboratori.

6° I nostri pasti e le nostre ricreazioni si santificano prendendoli con lo spirito stesso di Gesù, col desiderio di impiegare alla gloria di Dio le forze che vi ricuperiamo: ce le dà Lui queste forze e noi dobbiamo applicarle al suo servizio.

5° Quando, per avvivar la divozione, facciamo pie letture o del Vangelo o di opere scritte dai santi, cerchiamo Gesù nei libri: « Jesum quærentes in libris ». Conoscerlo meglio, per meglioamarlo e farlo meglio amare dai nostri fratelli,questa dev’essere l’unica nostra ambizione.

8° Se per vocazione o divozione recitiamo l’Ufficio Divino, con che gioia ci uniamo al grande Religioso del Padre che ci invita a lodar Dio con Lui! con che confidenza gli prestiamo il cuore e le labbra, onde venga a pregare in noi come prega nei santi del cielo e della terra, onde si glorifichi per mezzo nostro le treo divine Persone e ottenga per tutta la Chiesa le grazie di cui le anime hanno così urgente bisogno!

9° Se non recitiamo l’Ufficio Divino, facciamo collo stesso spirito altre preghiere; e l’intiera nostra vita diventa come una perenne preghiera, perché dal nostro cuore, unito a quello di Gesù, partono frequenti giaculatorie che dicono a Dio il nostro amore e il sincero desiderio di conformare la volontà nostra alla sua.

10° Soprattutto ci deliziamo di visitare il divino Prigioniero del tabernacolo che giorno e notte intercede assiduamente per noi (Hebr. VII, 25); lo sentiamo dirci dal fondo del tabernacolo: « Venite a me, o tutti voi affaticati ed oppressi, ed Io vi ristorerò » (Matth. XI, 28). Gli apriamo allora con tutta semplicità il nostro cuore; ecco, o Signore, quel povero figlio che Voi amate, ecco il dolorante membro del vostro Corpo mistico (S. Giov. XI, 5): siete voi che dovete medicarne le piaghe, guarirlo, consolarlo, fortificarlo. O Gesù, che vivete in me nonostante le tante mie miserie, venite ad assodarvi il vostro regno e la vostra vita e proteggete questo membro così debole contro i potenti suoi nemici.

11° Quando recitiamo il rosario, ci è dolce l’unire i sentimenti nostri a quelli di Gesù, nostro fratello, e onorare la madre sua che è anche la nostra, ridirle la nostra venerazione, il nostro amore, la nostra confidenza, e porgerle pure le nostre suppliche.

12° Quando, la sera, ci esaminiamo la coscienza, lo facciamo sotto lo sguardo di Gesù, nostro capo, e confrontandoci con lui. Ci vediamo allora così poco simili al divino modello che, pieni di confusione e di contrizione, umilmente lo supplichiamo di vivere più intimamente in noi, onde farci partecipi delle sue virtù e della sua vita e fortificarci la volontà contro le nostre continue debolezze.

13° Prima di abbandonarci al sonno, che è l’immagine della morte, ci è di conforto l’unirci a Gesù moribondo in Croce ripetendo con Lui: « O Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito » (S. Luc. XXIII, 46). Se ci coglie l’insonnia, con quale affetto pregheremo l’Angelo custode di portare il nostro cuore ai piedi del tabernacolo, perché almeno là, unito al Cuore eucaristico di Gesù, possa adorare, amare, soffrire e riparare! Ecco come trascorre la giornata di chi è veramente incorporato a Cristo.

II. Certo, nell’avvicendarsi dei giorni, il Cristiano passa per VARI STATI INTERIORI che lo turberebbero se non fosse profondamente unito a Gesù, ma che altro non fanno se non fornirgli una nuova occasione di incorporarsi più intimamente a Lui. Ricorrono in Lui alternative di gioie spirituali e di desolanti aridità, di filiale confidenza e di scoraggiamento: è infatti in piacere di Dio di consolarci per attirarci a sé e di tribolarci per rassodarci nella virtù e mostrarci che da parte nostra non meritiamo che desolazione ed affanno. Ora chi è veramente incorporato a Cristo sa egualmente giovarsi di queste alternative.

1) In mezzo alle gioie, pensa che non le merita; che vengono dalla infinita bontà di Colui che, con la sua presenza e coi suoi doni, allieta il cuore dell’uomo; che hanno per fine di staccarci dalle creature; onde se ne serve per amare il Dio delle consolazioni più che le consolazioni di Dio. Ripete coi santi: « Grazie, o Gesù: fate che tutte le gioie della terra mi riescano insipide, che Voi solo siate dolce al mio cuore, e che io riponga la mia felicità unicamente nel piacere a Voi! ».

2) Nelle aridità, negli affanni, negli scoraggiamenti, si unisce a Gesù che, nell’orto degli ulivi, volle soffrire la tristezza, la noia, l’angoscia: « l’anima mia è triste fino alla morte! »; che mandò sul Calvario quel doloroso grido: « Mio Dio, perché m’hai abbandonato? » (S. Matth. XXVI, 37-38. Pensa che tutti questi dolori interiori Gesù li sopportò per nostro amore; e dice umilmente con Gesù: merito questo, o Signore, e anche di peggio; accetto tutto di cuore per amor vostro e nelle stesse vostre intenzioni; solo vi chiedo la grazia di sopportar queste pene santamente; con Voi mi sottometto alla divina volontà e « abbandono l’anima nelle vostre mani » (ivi, XXVII, 46).

3) Nelle tentazioni, specialmente se lunghe e penose, si getta ai piedi di Gesù: « O Signore, salvatemi! non lasciate che un membro del vostro Corpo mistico perisca! E tradirei dunque quel Gesù che ha versato il suo sangue per me, che vive in questo stesso momento in me e mi colma dei suoi doni? Oh! piuttosto mille volte morire che macchiarmi l’anima! Piuttosto mille volte morire che separarmi da Voi!

4) Se si tratta di umiliazioni penose, pensa che Gesù, per essersi caricato dei nostri peccati, volle soffrire tutte le calunnie e tutte le ingiurie; che, accusato ingiustamente, taceva; e che noi peccatori non saremo mai umiliati abbastanza: Grazie, o mio Dio, che vi degnaste farmi partecipe delle vostre umiliazioni. Voi solo meritate ogni onore e ogni gloria; io mi rallegro che se non altro le mie umiliazioni e il mio disonore servono a far campeggiare la infinita vostra grandezza: « Tibi soli omnipotenti omnis honor et gloria, mihi autem ignominia et confusio! ».

5) Se si sente invece agitato da moti di orgoglio, riflette che quanto di buono è in lui viene da Gesù, il quale, non pago di avergli meritate tutte le grazie che riceve, lo aiuta ancora ad acconsentire a queste grazie e opera in lui il volere e il fare. Ode quindi echeggiargli continuamente all’orecchio quelle così vere parole di san Paolo: « Che cosa hai che non abbi ricevuto? È se l’hai ricevuto, perché gloriartene quasi non l’avessi in dono? » (ICor. IV, 7). Come già più sopra dicemmo (Cap. II, art. I) quanto è di buono in noi ci viene da Colui che essendo nostro Capo, ci dà il moto e la vita; a Lui solo ne appartiene ogni gloria. Questi vari stati interiori ed altri simili non fanno dunque che avvicinar continuamente il Cristiano al divino suo Capo; e lo stesso avviene delle sue relazioni col prossimo.

III. Nelle nostre RELAZIONI COL PROSSIMO, il principio generale che ci deve guidare è di vedere Gesù in tutte le persone con cui abbiamo da trattare, perché veramente Gesù vive in tutti come già abbiamo spiegato (Cap. II, art. I).

1) Gesù vive nei nostri Superiori con la sua autorità. Egli stesso disse loro: « Chi ascolta voi ascolta me e chi disprezza voi disprezza me » (S, Luc. X, 16); ubbidiamo quindi a Gesù quando ubbidiamo ai nostri superiori. Questo principio rende più facile l’ubbidienza, specialmente se si consideri che i trent’anni della vita nascosta di Gesù si compendiano in queste tre sole parole: « Erat subditus illis: stava loro sottomesso » (S. Luc. II, 51). Conviene quindi richiamarle specialmente quando, per una ragione o per un’altra, l’ubbidienza torna più difficile e i nostri superiori credono di dover mettere alla prova la nostra virtù.

2) Gesù vive in tutti i Cristiani e tanto si immedesima con ognuno di essi che considera come fatto a sé ciò che facciamo al minimo dei suoi fratelli (S. Matt. XXV, 40). Parola veramente divina che trasformò la società! Chi potrebbe infatti ricusare di render servigio al prossimo quando è convinto che questo prossimo è Gesù? Schiviamo dunque tutto ciò che, contristando il prossimo, contristerebbe Gesù; studiamoci di essere dolci, cortesi, servizievoli con Lui come saremmo con Gesù. Evitiamo però con ogni diligenza quelle amicizie sensibili che, predominando l’anima, ci allontanerebbero il cuore da Gesù, perché Gesù sopra ogni altra cosa dobbiamo amare nel prossimo.

3) Se vi sono uomini nei quali Gesù attualmente non vive perché separati da Lui per il peccato o per l’infedeltà, pensiamo che Gesù li insegue col suo amore, che se li vuole incorporare, che ci chiede di aiutarlo in quest’opera, e che nostro vivo desiderio dev’essere di cooperare con Lui alla loro conversione colla preghiera, colla parola e coll’esempio: « Splenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli? ». Siamo dunque dolci e premurosi verso di loro per guadagnarli a Cristo. Non dobbiamo escludere dal nostro affetto neppure i nostri nemici e i nostri persecutori: « Amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; il quale fa spuntare il suo sole sui buoni e sui cattivi » (S. Mattr. V, 16).

Ripensando dunque alla nostra incorporazione a Cristo e quindi alla nostra filiazione divina, ci riesce facile rendere soprannaturali tutte le nostre relazioni col prossimo; tutte allora diventano occasione di progredire nell’amore di Nostro Signore. Amare il prossimo come membro di Cristo è amare lo stesso Cristo; rendere servizio al prossimo è rendere servizio a Gesù, servizio che ci sarà un dì centuplicatamente ricompensato. A questo modo, come bene osserva san Tommaso, noi amiamo i giusti perché Dio vive in loro, e quelli che non sono giusti affinché Dio viva in loro. Ora amare Dio e il prossimo è un adempiere tutta la legge, è un vivere il Vangelo. Tale, dunque, è il programma del Cristiano incorporato a Cristo. La sua vita è quella di Gesù, egli è un Gesù vivente sulla terra, secondo l’espressione di san Paolo: « Vivo non più io, vive in me Gesù Cristo ». Oh! che nobile vita è mai questa, è una vita divina, è, come vedremo, una partecipazione alla vita di Dio.

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (6)