LO SCUDO DELLA FEDE (205)

LO SCUDO DELLA FEDE (205)

LA VERITÀ CATTOLICA (II)

Mons. ANTONIO MARIA BELASIO

Torino, Tip. E libr. Sales. 1878

ISTRUZIONE II.

lo credo in Dio Padre.

Ci lasciammo, vi ricordate, nella prima istruzione tra le braccia della madre Chiesa col dire: Io credo in Dio; persuasi che il primo, il più necessario, il più consolante dovere è questo di credere in Dio. Ora come la madre colla amorosa sua parola ridesta nel fantolino l’anima quasi dormente entro il corpicciuolo, e gli fa guardare d’intorno le cose, ne eccita la curiosità, sicché il fanciulletto vuol sapere il perché di tutto che vede, e a lei muove continue dimande; e la mamma rispondendo ai suoi perché, delle più necessarie cose lo istruisce; così la madre Chiesa dopo d’aver sollevato 1’animo e il cuor nostro a credere in Dio, mentre noi contemplando lo spettacolodi tutte cose create, rapiti in sublime incanto, vorremmo saper la ragione per cui Dio creò le cose con tanta cura e bontà, non aspetta le nostre richieste, ma ci dice subito « è perché Dio è Padre in Se stesso, e mostra amor di padre in tutte le creature, e specialmente con noi uomini cui vuol beati con Lui in Paradiso. Ecco quel che v’ho da spiegare quest’oggi. Deh vi piaccia di continuarmi la vostra attenzione. Noi dobbiamo quest’oggi considerare che « crediamo in Dio Padre, che mostra amor di Padre in tutte le creature e specialmente in noi cui vuole come figliuoli suoi prediletti beati in Paradiso. ». Oh! Gesù Benedetto nostro Divin Maestro, Voi che ci avete insegnato che la cosa più buona per vivere eternamente beati è credere in Dio Padre, e in Dio Padre conoscere Voi Suo Figliuolo, dateci del vostro Cuore ad amar Dio Padre. Voi poi, o Maria Madre nostra santissima, giacché le madri metton sul labbro per la prima parola d’amore il nome del padre, menateci davanti a Dio e mostrateci a ben ripetere « Io credo in Dio Padre »  – Comincerò qui a spiegarvi in prima come si dice che Dio è Padre. Prima di tutto parlando di Dio, noi dobbiamo sollevarci Sopra :] basso modo di pensare del mondo; e quando diciamo che Dio è Padre, non dobbiamo immaginarci che Dio sia Padre a quel modo che l’uom terreno è padre de suoi figliuoli. Erano i poveri pagani che per avere un Dio, il quale a lor modo di credere lasciasse loro fare quel che volevano, anzi tenesse mano ai loro vizi, sì formarono un Dio, poi un altro e poi un altro Dio a fantasia accondiscendente alle loro passioni. Essi sostenevano che l’uno e l’altro loro Iddio fabbricato fosse padre in schifose carnalità; e padre dicevan Saturno, padre anche Giove e re degli dei e degli uomini; padre Plutone ore dei luoghi infernali. Ma sì eh? che dovevano ridere nel loro cuore corrotto, quando raccontavano di loro tante schifezze ributtanti, quali non voglio neppur nominare. Voi che avete studiato le sapete purtroppo; giacché ve le hanno date da leggere nelle scuole sui libri delle favole, per farvi imparare belle parole che ricordano così tristi fatti. Dio Creatore formò non di sua Sostanza, ma colla potenza della sua parola tutte le creature, e ne piglia tanta cura, quanta più non potrebbe un padre dei suoi figliuoli. Così si mostra ch’Egli Onnipotente Signore dell’universo, in fondo però è un Padre di bontà senza fine. Io per farvelo vedere in questa istruzione, voglio far proprio come Gesù Cristo là sul greppo della montagnola con quella buona gente del popolo che lo attorniava. Qui intorno a me, vi dirò con Lui, seduti alle mie ginocchia, guardate d’intorno a tutte cose; e voi ben conoscerete come debbe essere buon Padre il Dio dei cieli. Vedete quest’erbetta che vi spunta tra i piedi? Dio aveva fatto un granellino, lo mise a covare al caldo come in un letticciuolo nel terriccio; ne apri il guscio, e vi sviluppò appresso radichette gonfie di latte come il seno della madre: poi come sarà il fusticciuolo venuto su, Dio lo veste a ricchezza nella gioventù bellamente infiorandolo. Se poi mette fuori un bottoncino, Dio se ne piglia cura, lo avvolge in fogliette; ma irte di fuori di punte pungenti, affinché non vadano gl’insetti a guastarlo. Sicché le piante provvedute d’ogni ben da Dio si espandono ridenti guardando il Cielo, come gl’innocentini in faccia alle mamme: e se voi domandate, perché Dio si prende tanta sollecitudine per loro, la Madre Chiesa vi risponde « è perché Dio tutta bontà in Se Stesso, mostra nelle piante un amor come di padre. Ah dite, dite voi dunque, o figliuoli « io credo in Dio Padre. » Andate a cercare gli uccelli; voi li troverete nel nido come in morbido letticciuolo ben preparato chetini e contenti: la madre li scalda sotto le ali, li ciba, li difende e veglia a tutto; ma son nati nudi nudi quei tenerini, e la madre non sa cucire. Via, via, il Signore di sua mano fa loro le vesti di bellissime piume. Oh 1’augellin già cinguetta sull’orlo del nido, balza fuori, fa la svolta. e via per l’aria, canta allegro, e par che dica « mi provvide di tutto come buon padre Iddio. » Cantate, cantate augelletti, a lodare Dio, senza pure conoscerlo: ma noi che il conosciamo esclameremo inteneriti « Io credo in Dio Padre. ». Guardate poi dentro là nel fondo delle acque che visibilio di pesci svariatissimi! In quell’abisso, sotto quelle onde pesanti forse resteranno soffocati?… Ma no, ch’essi stretti stretti nella propria vita colle aline al paro di augelli, colla coda a modo di remo, sono qui, là, in mezzo delle acque, guizzano via come saette, si buttan ballando sulle onde del mare in burrasca, si abbassano nel fondo a riposare sulla melma, si addormentano nel fango; ma cogli occhi brillanti par che dicano: « pensò Dio tutto per noi come Padre »; e noi col sorriso della compiacenza diremo: « Oh sì che io credo in Dio Padre. » Qual ronzio di bestioline? sono gl’insetti che formicolano dappertutto. La farfalla che ha da vivere in aria, aleggia sui fiori, splende co’ suoi bei colori al sole e svolazza leggierissima come il pensiero. Le mosche e i moscherini più minuti che trovano nel molliccio il lor buon mangiare, perché non restino impicciati da Dio sono tenuti sollevati sopra fili sottili di gamboline; essi stendono la lor proboscide per succhiare dall’alto; e se stanno in riposo fissi e come incantati, Dio fece loro due occhietti che saltano fuori dalle testine a far guardia fino di dietro. Alle formiche fu insegnato a vivere come in buona repubblica; e alle api in gran famiglia patriarcale tutte intorno all’ape regina loro madre, che direi coi costumi da patriarca. Se a voi fanno schifo li vermi, ma ai meschinelli mostra Dio a strisciare lisci lisci nel buco, e vi vermicolano dentro alla quieta. E troppo tenera la sprezzata lumachella: ma Dio le diede due cornetti, fili sottili con cui tasta tutto dintorno; e se un soffio d’aria la può offendere, essa ha la sua casetta di osso attaccata alla vita pel bisogno di tutti i momenti: e ritirata nella chiocciola, sta tranquilla più che la dama nel suo gabinetto. Oh! sentite là il leone che fa col ruggito rimbombar la caverna; ed ah! che balza fuori dalla spaccata montagna la iena, coi peli rabbuffati sul dorso. Queste belve feroci hanno anch’esse nei loro covi i piccolini; il lione piega l’orrenda testa a lambirli delicatamente; e la iena nasconde quei raffi d’unghioni di ferro, e posando d’intorno di loro le zampe molli come i polpastrelli di morbida mano, stende loro la poppa nuda di peli, e così quella belva che ha la rabbia nel fuoco degli occhi, dà il latte dolcissimo ai suoi bestiolini. È Dio fa trattare da quei feroci animali colla tenerezza di padre e di madre i loro piccolini; perché Egli vuole a tutte le sue creature far provare amor di padre. Al variar delle stagioni Dio pensa di far a tutti gli animali per l’inverno le vesti più grevi. Essi morirebbero pel mutamento dei climi o troppo caldi o freddi, ma Dio mostra loro il luogo ove riparare, e li provvede per fari lunghissimi viaggi. Al cammello che deve attraversare a tutta lena il gran deserto infuocato dal sole, Dio mantien nello stomaco un otre d’acqua sempre buona, affinché non muoia di sete; perché poi la rondinella deve attraversare smisurati mari, Dio le mostrò, quando è stanca, a posarsi leggera sull’onde col corpicciolo, che scivola liscio come una barchettina e far di remo colla zampetta e alzar l’alina per vela, e batter colla coda come col timone le acque arruffate dal vento. Arrivano poi le rondini nei nostri paesi, e proprio allora, quando brulican per terra gl’insetti o volan per l’aria; così trovano preparata l’esca. Provvede dunque tutti di tutto Iddio come il più buono dei padri e tutti ci invitano a dire « io credo in Dio Padre. » Intanto tornati a casa troviamo i buoi tra noi quieti: allungano mansueti il collo a portare il giogo e durare nel lavoro l’intiera giornata; e il cavallo scorgiamo che scuote la testa, raspa impaziente il terreno, lì per rompere al corso, ma con l’occhio sgranato guarda indietro ad aspettar il comando. Perché Dio fece cavalli e buoi così obbedienti? Vel dirò io; è per trovar loro dei padroni che li piglino per servi, ma stabili che pagassero loro il salario coll’averne cura e mantenerli; come un padre colloca il figliuol suo presso un padrone a patto che lo tratti bene. Voi vedete di fatto che se il cane è fedelissimo al padrone fin oltre la morte, il Signor gli fa dare il pago coll’indurne il padrone a trattarlo direi quasi uno della stessa famiglia. Oh sì! veramente Dio mostra con tutti amor di padre; sicché noi dobbiamo col cuor sulle labbra esclamare: « io credo in Dio Padre » Che se poi consideriamo noi stessi, bisogna piangere di tenerezza al pensare come Dio con noi uomini si mostra Padre di bontà a tutte prove nel preparare le cose per noi, proprio come fa coi suoi figliuoli il più buono dei padri. Sicché quando ci crea e ci mette nel mondo par che ci dica: « guardate; guardate, come ho già tutto preparato per voi; per voi disposi soda la terra, vi coltivai le piante, creai gli animali prima di voi; epperò entrati nel mondo considerate di essere nella casa del Padre vostro. Fermiamoci un po’ a pensare come Dio pensò a tutto. Affinché potessimo pigliar possesso della terra, ci creò ritti sulla persona abili a fermarci sicuri sulla la pianta de’ piedi, con mani e braccia che si acconci ad eseguire quello che vogliamo. Dio ci ha fatti tendere di scavare la terra per trovarvi i nascosti metalli, ci ha fatto sapere che se armiamo con un pezzo di ferro falcato girandolo intorno, si raccoglieranno i frumenti a fasci nel nostro seno; che se menerem colpi a piè d’un albero che torreggia superbo fin tra le nubi, la pianta ci cadrà ai piedi, e si lascierà squarciare, e segare per tutti gli usi che noi vogliamo. Dio ci ha lasciato capire che in mettendo un sasso sopra dell’altro,  fabbricheremo la case per nostra sicurezza, e che gettando le reti nell’acqua potremo arretare i pesci fin dentro le viscere del mare; e che, se gli animali fuggono in su per l’aria, li potremo far cadere al suolo quasi come con un colpo di fulmine; e che il fulmine stesso farem cadere giù dalle nubi. Così Dio ci disse: « io vi do da studiare, da industriarvi, nel mondo; adoperatevi e troverete che Io ho già preparato tante belle e buone cose da servirvene a volontà… » Onnipotente Creator di ogni cosa, tuttoché così grande, con noi mostrate proprio di pensare da Padre, di provvedere da Padre, di amarci da Padre; di che noi grideremo inteneriti sino alle lacrime: « io credo in Dio Padre. » – Ma però, o miei fratelli, io vi do da pensare alquanto facendovi osservare che, se Dio provvide a tutte le creature per tutti i loro bisogni; con noi uomini, mentre pur fa conoscere che vuole a noi maggior bene, tratta in modo da lasciarci ancora maggiori bisogni. Ascoltate. Vedete le piante: perché hanno da star ferme radicate sul suolo han bisogno di aver d’appresso l’alimento per mantenersi; e Dio mise il cibo nella terra e nell’aria a loro d’intorno, e nelle radici e nelle foglie fece lor tanti buchi come bocche per assorbirlo. Eppure Egli non ha da amar tanto le piante, perché le piante non Lo conoscono, né si curan di Dio. Gli animali han bisogno di muoversi e cercar da mangiare, e guardarsi da ciò che a loro nuoce; e Dio diede loro per questo la forza di muoversi, diede i sensi del corpo e l’istinto, per cui essi vivono, mangiano, dormono, e par che dicano « noi non abbiamo un fastidio al mondo; Dio pensò a tutto per noi. » E sì che gli animali son men cari a Dio perché non lo intendono e non sanno amare. E poi Dio solamente a noi uomini non diede sulla terra tutto il bene che sospiriamo. Noi vogliamo la pace, e non troviamo pace mai, sempre tra incerte speranze, e maggiori paure. Vogliamo godere d’ogni bene e se assaggiamo qualche bene, vogliam sempre un bene maggiore; se non fosse altro, vogliamo star bene per sempre; mentre vediamo, ahi! che il tempo ci porta via quel po’ di ben che abbiamo. Siamo adunque nel mondo le creature più inquiete. E perché Dio che ci ama da Padre non ci lascia esser proprio contenti sopra la terra? Perché? Oh! voi già l’intendete il perché. Dio ci ha creati non per fermarci qui; ma per farci contenti eternamente in cielo. Sì, sì, è perché Dio ama noi uomini proprio con amor da padre vero, e come Padre vuole avere i suoi figliuoli sempre con sé beati in paradiso. Al cielo, al cielo innalziamo la mente, il cuore, le nostre grida, piangendo inteneriti: « O Padre nostro che siete ne’ cieli, liberateci dal male; ed è tutto male per noi se non possediam Voi sommo Ben nostro in paradiso « o Pater noster…. libera nos a malo: » Or dunque se abbasseremo gli occhi alla terra grideremo con quella bell’anima che era santa Maria Maddalena de’ Pazzi, « erboline e piante e fiori, io v’intendo; vi ha creato Iddio coll’amor di Padre, e se per questo voi guardate il cielo ma senza dir niente, diremo noi anche per voi che lo amiamo da Padre: sclameremo colle parole che il sublime e semplice s. Francesco d’Assisi volgeva alle tortorelle: « tortorine sorelle mie, voi sospirate!… animali, e che volete voi dirci colle vostre grida? Volete dirci che vorreste amar Dio? Ah che voi non avete cuore da farlo! Ebbene, v’impresteremo noi dell’amore di cui abbiamo pieno il cuor nostro, per amarlo insieme con tutti. » Se guarderemo al Cielo, noi esclameremo insieme colla bell’anima innamorata di santa Teresa « oh quanto è ricco il Padre nostro Creator del tutto » e finiremo col dire piangendo per tenerezza con un largo sospiro del cuore, « io credo in Dio Padre » (Sì veramente è la più cara cosa i conoscere che Dio in fine è così buon Padre; e ben dobbiamo ringraziare la Chiesa, la quale da buona madre, dopo di averci detto di credere in Dio, c’insegna subito che Dio è Padre. Poiché se ella a dir vero ci lasciasse pensare da noi chi sia questo Creatore cui dobbiamo creder per forza che vi sia, perché vediamo tutto da Lui creato; noi uomini non avremmo mai immaginato da noi che Dio fosse così buon Padre. Sentite difatti come gli uomini, che vollero pensare da sé con quelle lor matte teste, quante sognarono orrende cose di così buono Iddio. Lasciamo i poveri popoli che diventati come selvaggi, udendo nell’India ruggire tremendamente la tigre, slanciandosi addosso per divorarli dissero « la tigre così forte, è Dio. Lasciamo i poveri negri abbrutiti anch’essi, che udendo fischiar nei deserti dell’Africa l’orrido serpente nel vibrarsi come una saetta alla lor vita, esclamarono: serpente è Dio. » Non vorrei anche dirvi come popoli civili ma più corrotti s’immaginavano i loro Dei pieni di vizi più schifosi, e diventarono dissennati così, che impastavan del fango, scolpivan di sassi le figure più bizzarre per dirsi « questo fango e questa pietra opera delle nostre mani sono Dio » perché non sì abbia da dirmi che quei popoli eran troppo ignoranti nei tempi passati. Poiché ecco proprio a questi lumi di sole, uomini che si danno del fiero e si dicono da cime di filosofi che si innalzano sopra di tutti (figuratevi che di dicono trascendentali, che vuol dire che passano sopra alle menti di tutti) e si siedono a scranna a dettare fin nelle più famose università, ne dissero… Abbiate pazienza se ve ne dico di quelle dette da loro alcuna cosa strana che voi dovete esclamare « incatenateli come matti furiosi. » Damiron sostenne che Dio è un corpo di fuoco. Misericordia! Qual tremendo incendio dovrebbe bruciar tutto l’universo se Dio fosse fuoco … Michelet scrisse che Dio  è un combattimento. Ahi chi ci salva da non restar distrutti da questo Dio che combatte con la forza con che muove i mondi! Hegel poi sogna che Dio è la trasformazione delle nostre persone! Oh Dio è ben una miserabile cosa, se Dio siamo noi! Scelling dice la più pazza cosa del mondo che siamo noi i quali creammo Dio creatore del cielo e della terra. Ma deh chiudete le orecchie per non udir la più orrenda bestemmia dalla bocca indiavolata Proudomme… «Dio (ha egli il furore di dire) Dio … è …. Il male! ….. Oh Santissimo Iddio!!….. Deh calmatevi o figliuoli; perché essi a loro dispetto confessano la verità nel loro modo diabolico col demonio che li invasa. Costoro non volendo adorare Dio santissimo che è il Padre di tutti i beni, il Sommo Bene, adorano l’autor del male per Dio e se lo tengono per loro padre… Lo dice Gesù: vos ex patre diaboli estis! Oh per me io credo che, se venissero fuori dalla negra tetraggine della morte eterna le anime degli antichi filosofi (immaginiamoci l’anima di Cicerone che aveva tanto buon senso) ad ascoltar queste bestemmie esclamerebbero: « per me ritorno piuttosto nel sonno dell’eterna morte: perché questi filosofi farebbero del mondo un peggior inferno! » Per questo la Chiesa inorridita a tali bestemmie vorrebbe conservare un resto di buon senso e facendosi, se fosse possibile, ascoltare fino dai suoi nemici fin dal principio e come sulla porta del Concilio Vaticano, come vi ho già spiegato nella prima Istruzione, va gridando ai suoi figliuoli così da farsi udire da tutti: « Guardatevi da costoro: i miserabili sono maledetti e scomunicati. » – Conc. Vat. Cit.). Grande Iddio della bontà, noi vi ringraziamo che vi siete fatto conoscere di essere tanto buon Padre! Così noi suoi figliuoli tra le braccia del Padre nostro arriviamo a capire certi fatti caratteristici degli animali; e arriviamo a spiegar certi misteri del cuore umano; anzi penetriamo il più profondo mistero o segreto del Cuore di Dio. Attendete e considerate certi fatti negli animali. La lepre tutto il dì appiattata sotto la frasca osa appena allungare il collo e brucare le foglie appresso appresso; tutta orecchie, a larghi occhi; paurosa origlia e guata, è l’animaletto per istinto più pauroso di tutti; ma se i segugi l’appostano, quando ha sotto i leprottini, balza ardita dal covacciolo, e quà e là sempre a grandi salti innanzi ai cani, se li tira appresso a ghermire se stessa. E quando i cani affranti l’han perduta di vista, fa la svolta e torna ai suoi piccini, lasciando il cacciatore a cercarla da lontano. Or perché diventa tanto ardimentosa contro l’istinto suo?….. Perché Dio l’ha creata secondo il pensiero e il cuor di padre. Vedete pur la timidetta rondinella delle aline tremolanti, sempre li per volarsene via, fugge in aria; ma se ritorna col cibo pei pulcini, e trova la casa sotto il cui tetto tiene il nido, tutta in fiamme, vola a battersi contro il fuoco. Ah il fuoco l’abbrucia… ella svolta via, ma ritorna all’assalto, si caccia dentro della fiamma e va a cader carboncino ardente sui pulcini già abbruciati… Eh via mi dicano i naturalisti, qual forza è che la spinge tanto contra l’istinto. Non lo san dire?…….. Lo diremo noi che abbiamo imparato dalla Chiesa che Dio in fondo della Divinità è Padre per natura il quale in tutte le creature trasfonde dell’amor di Padre verso i loro figliuoli. Vi ho detto sopra che credendo che Dio è Padre, si spiegano in noi uomini certi misteri di cui non si potrebbe dare in altro modo ragione. Voi ben sapete come noi uomini sappiam tirar bene i nostri conti per fare ciò che conviene al nostro interesse. Sì; ma perché mai la madre senza far calcolo, ove le si avventi il lupo, presto nasconde il bambino sotto il proprio petto, e volge la vita a lasciare squarciare se stessa? Perché se un padre dalla riva, se vede il figliuol suo travolto dall’acqua, furente, non istà lì a far calcoli, no, ma si getta di repente nell’onda, e strascinato dal vortice che lo ingoia, sporge in alto il figliuol e vuol dire annegando: « che io pur muoia, ma si salvi il figlio mio? » perché?…….. Ah noi ben lo sappiamo il perché; è perché Dio nel creare al cuore della madre e del padre guardò il proprio cuore: e il Cuor di Dio è il Cuor di Padre tutto divino. Di che noi sentiam bisogno di ripetere sempre: « Io credo in Dio Padre e Dio Padre di bontà infinita. » Per farvi intendere poi i secreti del Cuor di Dio Padre, e capire in qualche modo a che cosa fino possa giungere l’amore di Dio Padre, sentite un fatto che si racconta. Fu un povero padre, che appena natogli un bambino, cercato a morte da’ suoi nemici dovette fuggire di casa. Ma dopo alcun tempo non ne poté più, tornò a stare appresso al figliuolo a costo della propria vita. Però a fine di mantenere l’incognito si faceva tenere da lui per servitore(eh vi so dir io se era un servitore ben fedele!). Che pazienza infinita nell’andargli appresso in tutti gli aggiramenti! in tutti i pericoli era sempre li a salvarlo. Un dì un assassino assale con un pugnale il padrone, e ve’… il servo si slancia all’improvviso in mezzo a coprirlo col proprio petto. Un altro dì il padrone si getta incauto in pericolo da perdersi certamente: e il servo è là; l’attraversa, lo vuol salvare ad ogni costo, gli contrasta, lo minaccia anzi, ed alza fino le braccia a percuoterlo. Il padrone indignato a tanto: « oh chi sei tu, vile servo, che hai siffatto ardimento? » E il servo allora; « figliuol mio, riconoscimi, io sono tuo padre, io!… » Ah allora cade la benda dagli occhi al figlio, allora questi, comprende in un lampo i misteri di quell’amore senza pari. Deh anche noi inteneriti fino alle lagrime, esclamiamo che comprendiamo tutti i misteri della bontà di Dio. Egli è Padre. Forse il profeta Giona nol capiva per bene. Il perché mandato a predicare a Ninive, e a dirle sulla parola di Dio, che essa cadrebbe e i suoi cittadini dentro quaranta giorni sarebbero mandati tutti in perdizione: egli stava là sulla montagna ad aspettare che Ninive fosse schiacciata sotto i colpi dello sdegno di Dio. Passato il quarantesimo dì, in veggendo che Ninive stava tuttavia, egli diceva: « Signore, e la vostra parola? Qui ci vaa dell’onor vostro! È nel vostro interesse che io parlo. » Il Signore mandò un vermicello a roder dentro un fil di pianta d’edera che egli con amor coltivava; e l’edera, che dell’ombra proteggeva il profeta piegò le foglioline e appassita disseccò, tanto che il profeta voleva piangere pel dolore. Allora il Signore pare gli dicesse: « o Giona, ti è tanto cara questa pianticella solo perché l’hai allevata con amore, ma tu non ami al paro di me da Dio: io ho creato i Niniviti; gli uomini mi uscirono di mia mano e me li guardo in seno coll’amor di Padre. O Giona, sai qual è il mio onore e il mio pro’ maggiore? è l’amare da Padre! » Oh! adesso sì finalmente sì conosce il perché Gesù Cristo parli con parola così amabile, che non si può dire di più. Sentite che Egli stesso ce ne dà la ragione: « è perché la mia dottrina è la dottrina del Padre, » come volesse dire: « mi preme tanto farvi conoscere quanto è buono il Padre nostro. Adesso si fa chiaro, perché dice, che la madre di famiglia, perduta la moneta d’oro, tutta fuori di sé mette sossopra la casa, e, se la trova, fa la gran festa. Egli con questa immagine ci vuole far intendere che il tesoro del suo Cuore sono i poveri figli peccatori: perché li ama tanto, fa festa, se gli tornan in seno. Ecco perché a quei servitori impazienti che gridavano: « strappiam via la zizzania? » Gesù fa rispondere dal ,buon padrone: « aspettate alla fin dell’annata, perché non abbiate insieme colla mal erba da strapparmi un filo di buon frumento. » E quando poi quei discepoli là con uno zelo arrabbiato gli dicevano: « vedete, Gesù, noi siamo andati proprio a vostro nome a quei del tal paese, e non ci vollero ricevere!…… eh eh! Fate piovere a loro addosso il fuoco dal cielo e servirà per una tremenda lezione. » È Gesù a loro rispondere: « ah! non sapete di quale spirito voi siete; » e poi ancora; « il mio è lo spirito del Padre mio. » E quando Pietro sentendosi dire di perdonare e perdonar sempre, gli saltava su davanti: « ma dunque ho da perdonar fino a settanta volte? » e Gesù: « Anzi settanta volte sette » per dire: tutte volte che si son convertiti. Adesso intendo, perché si vedono dei poveri giovani voltar le spalle a Dio e volere fin dimenticar che vi sia Dio…….. per fargliene sugli occhi di quelle!!…..; e Dio quasi dire: « pazienza, sono poveri figli; ed io son loro Padre!» E anche noi, o cari, anche noi continuiamo degli anni tanti a goder d’ogni ben di Dio, e forse villanamente senza neppur dirgli grazie; e Dio dire, « pazienza! poveri disgraziati, essi non san quel che fanno, sono proprio poveri figli; ma io son Padre! » Vi voglio dire ancora, perché lo dice Gesù, che se un qualche cattivo come, fu il prodigo figlio abbandona la religione, alza la testa indragato, al pari del serpente d’inferno e fa guerra a Dio, se poi rovinato in ogni brutto vizio alla disperata, e almen perché non ne può più, vuol tornare a Dio….; se ritorna, sentite, sentite fa con quel suo Cuore Gesù, se ritorna…. Dio gli corre incontro, se lo serra al petto, e per rimprovero lo veste di nuovo, per castigo lo porta al convito e mena gran festa. Ah! si sì, che siamo obbligati a dire piangendo: « Io credo in Dio Padre.» Figliuoli, io non posso andare più in là!; mi trema il cuore pensando che proprio come un padre ha compassione dei suoi figliuoli: così Dio ha compassione di noi che ci conosce così meschinelli — quomodo miseretur pater filiorum; misertus est Dominus… quoniam Ipse cognovit figmentum nostrum. (Psal. 102). –  Però mi voglio gettar per terra e dire al Signore anche a nome vostro Confiteor. Vi confesso, o grande Iddio, che Voi siete un Padre di bontà; e che a noi, che siam pure ignorantelli, sembra d’intendere il più sublime segreto, il più profondo mistero della vostra inaccessibile Divinità il quale spaventa le menti le più profonde, tanto che nel loro orgoglio nol possono credere. Sì, se per tutti è un mistero il capire come Dio si è potuto far uomo; a noi tra le braccia di Dio Padre par di vederglielo nel suo Cuore come abbia potuto; anzi ci pare fin di comprendere come Dio abbia potuto morire per noi. Sì, noi abbiamo conosciuto che Dio è Padre. È dunque l’eterna fonte dell’amore di Padre, perché da Dio discende ogni paternità; e Dio trasfonde l’amor della paternità alle creature. Ora Egli creando ad immagine sua i padri e le madri, sol per farli un po’ simili a Se stesso mise tanto amore in loro, da esser capaci di sacrificare sino la propria vita pei loro figliuoli, e sol perché son creati ad immagine sua; ed Egli poi che in realtà ha in sé l’Eterno Amore Sostanziale, non doveva poter sacrificar Se stesso? Se lo possono meschini uomini e povere donnicciole; non aveva da poterlo un Dio? …Ah! L’Eterno Padre Iddio, come vi spiegherò, ha l’eterno suo Figliuol Unigenito; per Lui creò noi uomini a fine di averne in noi dei figliuoli che lo amassero da figliuoli, e per amarci Egli da Padre benché sia Dio. Or chi può misurare il tesoro immenso di bontà che è il Cuor del gran Padre Iddio? … Poté dunque cavarsi dal suo seno il suo Figliuolo; (perdonatemi la povera umana espressione che non può dir bene cose tanto divine) e il Figliuol di Dio fattosi Uomo per fare diventare noi suoi figliuoli e farci adottare per figli dal suo Padre Celeste, poté volere e volle in forza del suo Amore divino sacrificare e Corpo e Sangue a nostro salvamento. Sì sì! quando Gesù, morì sulla Croce, e sì lasciò squarciare il Cuore per darci fin l’ultima goccia di Sangue, allora mostrò che Egli col Padre nello Spirito canto Eterno Amore, è Padre anch’esso dei figliuoli del suo Sangue. Col cuor che non ne può più per non poter dir tutto che si merita Iddio, conchiudiamo con un po’ d’esame sulla nostra vita.

Esame.

Se Dio pur così grande, ci ama da Padre, noi fino adesso come l’abbiamo amato da buoni figli?… Poveri noi che lo disprezzammo orribilmente!

Pratica.

.1° Siamo adunque noi i poveri figli che l’abbiamo abbandonato, proprio come il figliuol prodigo! Ecco perché ci troviamo così miserabili… Deh noi abbiamo ancora il Padre nostro, e noi ritorniamogli subito in braccio, confessando dolenti i nostri peccati.

.2° Abbiamo qui nel Sacramento Gesù Figliuol del Padre celeste, e Padre nostro anch’esso perché ci ha fatti rinascere col suo Sangue, e sta qui per sollevarci al Padre nel cielo. Deh! Almen tuute le mattine e le sere, abbracciamoci col cuore a Gesù nel  Sacramento, e per dir tutto nelle nostre orazioni gridiamo col Cuor suo che sempre prega il Padre suo per noi — « O Padre nostro »: recitiamo il Pater noster uniti a Gesù Cristo, è col Pater noster che noi veniamo a dire — O Padre nostro Dio Santissimo, tutta la gloria, tutto l’amore a Voi; a noi tutta la vostra misericordia!

Catechismo.

D. Ditemi adunque la bella, la cara verità che abbiamo considerato quest’oggi?

R. Noi abbiamo considerato che Dio è Padre.

D. Perché si dice che Dio è Padre?

R. Si dice che Dio è Padre, perché coll’amor di Padre ha creato tutte le cose, e coll’amor di Padre le conserva e governa: perché Dio ha creato noi, e come suoi figliuoli ci vuol beati seco in Paradiso. Perché essendo Dio Padre col Figliuolo e lo Spirito Santo un Dio solo, Dio Padre mandò il suo Figliuolo a farsi uomo a fine salvare noi col suo Eterno amore lo Spirito Santo e così averci beati seco in Paradiso. – Ma di questo vi parlerò nella ventura istruzione. Sicché ora andate a casa, e ripetete tra voi: noi abbiam ben capito che Dio è il gran Padre di tutti, ma specialmente di noi, e siam consolati al pensiero che ci ama come figliuoli del Sangue del suo Figlio. Lungo il giorno poi dite sovente abbracciati col cuor a Gesù: « O Padre, o Padre. »

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.