LO SCUDO DELLA FEDE (200)

DIO GI LIBERI CHE SAPIENTI! CI VORREBBERO FAR PERDERE LA TESTA! (3)

PER Monsig. BELASIO

TORINO, 1878 – TIPOGRAFIA E LIBRERIA SALESIANA San Pier d’Arena – Nizza Marittima.

§1

Il principio di tutta l’ignoranza è la superbia di non voler credere in Dio. (PANTEISMO).

Spez. Eh, come le. ho detto, ridono di noi, che abbiamo un po’ di fede; e ci van dicendo: « Oh… ma noi non siamo i bimbi più da farci credere, come vogliono; noi abbiamo gli occhi aperti; e prima di credere vogliam conoscere, Veder bene e ragionare. »

Par. E voi togliete loro di bocca la parola, e dite pure ad essi:« Signorini belli, voi dite di non voler credere più niente; e intanto per sapere una qualche cosa, cominciate a credere sempre; e poi da buoni buoni pensate di conoscere da voi ciò che in prima avete creduto ad altri. Aspettate che ve lo farò capire. Senza credere, voi non potreste pur conoscervi chi siete; Ed in fatto, sapete voi di essere i tali, figliuoli dei tali signori genitori vostri?… E com’è che lo sapete? Lo. sapete solo, perché lo credete a chi ve l’ebbe detto. Se voi vorreste credere a quello solamente che toccate e conoscete, le vostre cognizioni si estenderebbero ben pochi metri intorno a voi. E com’è che voi sapete che vi è Parigi, Londra e financo le Americhe; che forse non vedrete mai? E sapete poi quello che si è fatto in secoli passati, e quello che si va ora facendo da voi lontano? Voi lo sapete, perché ve l’hanno detto; o lo leggete voi; dunque lo credete. Sicché voi che dite avere gli occhi aperti, cominciaste a credere alle vostre buone mamme, pazienza a quelle buone! Ad occhi chiusi credete poi ai maestri, ai professori, e quali!… e vi lasciate imporre da loro che vi si vendono per uomini grandi, e non son talvolta che ribaldi onorati! Poi finalmente, quando vi credete liberi di pensare a vostro nodo e vi date vanto di non lasciarvi infinocchiare, finite a credere ai compagni che vi si serrano ai panni, e vi lasciate menar da loro. Così credete nei libri ai morti, credete ai vivi, credete fino ai più tristi cialtroni e più indegni… oh che disgrazia! Solamente non vorreste credere a chi vi vuole un bene della vita per amore di Dio! Per me vi dico chiaro: è perché vi non pensate. Se vi fermate a pensare un poco; così intelligenti come siete, dovete credere per forza. Udite un fatterello che vi farà piacere. Fu, non è gran tempo, a Parigi un buon dotto avvocato, il sig. Guillelmin, il quale disse di ad un avvocatino che faceva pratica nel suo studio: « Signor Lacordaire, credete voi in Dio ed alla sua santa Religione? » Il giovane, pigliato così all’improvviso, alzò la testa, e lisciandosi i baffi con quell’aria che si danno gl’increduli, risponde: « Signor avvocato principale, io? … ma credo niente io. » E di ripicco il signor Guillelmin: « Ah! Non dite così, signor avvocatino, che avete tanto ingegno. Ché se fosse vero che voi non credeste proprio niente, sareste simile al can di casa e al ciuco dell’ortolano, i quali credono proprio nulla. Ma voi crederete almeno che. Siete qui … » –  L’avvocatino: «Oh! Si che io credo, perché io mi sento. » — « Bravo, credete voi poi anche che siete nato dai vostri buoni genitori, e che il vostro signor padre non si sarà fatto: da se stesso col temperino, né la vostra signora madre colla forbice, quando ancor non erano. Dovettero dunque i primi’ genitori essere stati formati dal Creatore. » — L’avvocatino piegò la fronte sulla mano per un istante; e disse, almeno allora sincero col proprio cuore: « Si!… se v’è il mondo creato, vi è certo il Creatore! » Vi pensò sopra… vi pensò bene; Lacordaire, che con un gran talento aveva un gran buon senso, converti; si fece celebre predicatore per far pensare agli altri a convertirsi.. E noi, buoni amici miei, e noi se non crediamo a Dio?…

Spez. Oh buon signor parroco mio, il ciel mi guardi ch’io ricordi Dio a questi tali! Non vogliono neppur sentirlo a nominare!… E mi van dicendo con un fare altero: « E che bisogno v’è di credere Dio, mentre noi sappiamo come il mondo fu formato senza Lui!

Par. Ricordatevi, mio buon amico, che con chi è matto non si ragiona. Piuttosto rispondete sorridendo: Ma che grandi teste, voi che la sapete così lunga! Però io vi voglio raccontarne una fresca fresca. Questa mattina io mi trovava davanti alla Stazione. Ed ecco là venirmi innanzi la macchina a vapore che sbuffava come un gran superbo, e tronfia della sua potenza si tirava appresso sopra le rotaie un gran numero di carri, e veran sopra uomini e bestie e tante cose d’altro. Mentre io la contemplava come in un vero incanto, e diceva meco: quanto fu potente d’ingegno e di mano l’uomo che ha congegnato un così bell’ordigno che va tanto bene! Allora mi si balza innanzi un grullone di stordito, e senza complimenti dice: « Oh! se siete voi ancora bene di quei tempi!… che non sapete che quella macchina non è stata fatta da nessuno! Io sì che ho la testa fina, ed ho scoperto come si è fatto tutto. Tutte quelle cose che vi son là dentro, erano sparse per la terra e dentro le viscere de’ monti, ed aspettavano le circostanze, come dice un gran libro d’un sapiente che, oh! è cima di dotti, il dottor Buchner. Allora il rame colla propria forza. cominciò a saltar fuori, e corse a lui incontro anche lo stagno, e fecer lega, però senza pensarvi, per diventar più forti, e diventaron così bronzo bell’e fatto. Allora anche il ferro volle colar giù fuor dai duri macigni; e bronzo e ferro, l’uno diventar bei pezzi; e l’altro lunghe spranghe. Si assottigliarono quindi in varie guise e diventarono ruote e, mostrando fuori i denti corsero ad ingranarsi nelle scanalature. Avreste allor veduto in mezzo a loro congegnati insieme saltare una caldaia piena d’acqua, e il vivo fuoco dire « sono qui io » e sotto, a riscaldarla. E l’acqua via in furia tutta in vapore, e nello scappar fuori spinger lo stantuffo che incontra, in tal maniera tutte queste cose per caso si trovaron d’accordo e fanno andar là tutto così bene. — Ma che? To’ che voi, signori, non credete a me che vi possa esser stato tale un matto? Eppure non siete voi che mi avete detto che vi fu un signor tale, il quale con un suo libro in mano vi venne a dire in robon da professore, e proprio in una città che voi qui conoscete, con una serietà da far ridere le telline che la sua scienza non ammette più il Creatore, che formò quest’immenso universo; ch’egli è venuto a scoprir bene che il mondo si formò da sé. Poi egli dice con tutta l’autorità che si ha da sé pigliato « se voi volete esser scienziati, dovete credere a quel che diciam noi: cioè che tutto è solo materia, e che in prima erano atomi, granellini come l’aria, ma più fini ancora, e per parlar più chiaro, un gran polverio senza fine, che gira gira, e in lui suoi granelli in confusione, precipitando gli uni sopra gli altri seppero formar da loro le stelle, il sole e questa terra, e soprappiù le piante in esse e gli animali, e poi e poi… fino noi così grandi uomini che. siamo, creati bell’e fatti da quel polverio!;;. « Oh! oh! esclama qui Voltaire, che pur fu uno dei loro, lasciate quel meschino di pazzerello che disse che una macchina non è fatta da un macchinista, come un orologio si facesse da sé senza orologiaio; lasciatelo pur fuori del manicomio, e chiudete, sarebbe meglio, dentro questi pazzeroni da catena che si dicono sapienti!

Spez. DIO CI LIBERI ! CHE SAPIENTI!… CI VORREBBERO FAR PERDERE LA TESTA!

Ma io vorrei sapere loro chiaramente dimostrare che non è vero che vi sian sempre stati gli atomi di quel nebbione, cioè che la materia di cui son composte queste cose della terra tutta, (giacché dicono che tutto é materia,) non è vero che sia eterna.

Par. Voi potrete ‘dimostrarlo facilmente assai. Cominciate a dir loro che se tutto è materia, e la materia è sempre stata eternamente, sarà dunque eternamente quale eternamente fu; perché non vi fu prima un Creatore che nel crearla l’abbia fatta in quella forma, e né vi fu altri mai che la cambiasse in altra forma. Ma voi vedete che la materia è li come cosa morta, e si può dire indifferente a pigliare quella forma che alcuno voglia e possa darle. La creta, per esempio, è li ferma sotto i piedi, ed il vasaio se l’impasta a modo suo, poi la fa muovere sul torno, e diventa un vaso; la montagna di sasso è morta e ferma lì da quanti secoli, chi lo sa? ed uno la rompe dentro e piglia un pezzo, ne fa una ruota, e la fa girare sui perni; e la ruota gira, finché una forza non la fermi ancora. Voi poi saprete come chi forma una macchina per far muovere qualche cosa materiale, calcola ben per far la macchina la forza necessaria per far produrre il movimento. Vi è dunque il Creatore che creò la materia in quella forma, poi la compose in mille modi da formare tutte queste cose materiali, e colla forza sua fa tutto andare nel bell’ordine mondiale.

Spez. Eh!eh! Ma essi dicon subito che ogni granellino di materia ha la sua forza, e che non vi è materia che non abbia la sua forza unita; e che non v’è forza che non sia unita alla materia; la qual forza la fa muover sempre.

Par. Non lasciateli correr tanto colla lingua sguinzagliata; ma fermateli a farvi spiegare ciò che voglion dire colle parole loro. Se voi lor domandate: Ma che cosa è questa materia che voi vi date l’aria di conoscer così bene? Oh!… restan li a bocca aperta, e non vi sapranno dire mai che cosa sia la materia. Poi domandate loro similmente che cosa sia questa forza che fa mover la materia. Io ho letto tanti autori che ne parlano da sapienti e non san dirmi niente. Questo è certo che la materia e le forze sono cose ben diverse fra di loro; perocché la materia sta ferma, e la forza la fa muovere; la materia è pesante, e come sasso slanciata in aria cade e sta; ma la forza è senza peso, come quella che fe’ volare in aria il sasso; l’una è la cosa spinta, l’altra è quella che la spinge. Non è vero adunque che tutto sia solo materia! Ora dite ancora a loro: è poi vero, che le forze che fan muover le materiali cose, siano insieme colla materia sempre unite? No, per certo, perché io, per esempio, agito il braccio e faccio girare una ruota se si muove la ruota e il braccio mio che prima erano li quieti. Non era adunque in loro in prima la forza che li fa muovere adesso. No, per certo, non è vero che le cose materiali abbian sempre unita seco una forza: voi, per esempio, al giuoco. battete a colpo netto una palla di bigliardo contro un’altra, e la palla investita. E mossa dalla vostra forza colpisce l’altra; la prima sta, si muove l’altra: dunque la forza che faceva muovere la prima, passò via da lei, e fa muover la seconda, Conchiudete adunque che la forza è quella che fa cominciare un movimento: e fare un movimento vuol dire cominciar a muoversi da un luogo per andare ad un altro luogo: e se le stelle, il sole, la terra e tutto si muove, v’è dunque il Creatore che cominciò a dar la forza di far muovere tutto.

Spez. Ma li avreste da udire come dicono essi di sapere che gli atomi di quel lor nebbione erano là già preparati e stavano tutti ad aspettare le circostanze, per discendere a far ciascuno la sua parte.

Par. To’ che costoro la sanno proprio lunga! Ma giacché corsero indietro colla fantasia. a vedere in sul principio gli atomi in quel nebbione, pregateli di far un passo ancora più in su, per sapere poi dire a noi chi li avesse là preparati e lavorati così bene da farli andare d’accordo insieme, per poi formare tante belle cose, Abbiamo poco fa detto che era matto chi diceva che la bella macchina a vapore non fu fatta da un bravo macchinista; or dite loro che vi accompagnino col pensiero in un gran laboratorio, in cui si fabbricano le macchine. Oh se vedeste tutto là ben preparato; tante ruote e spranghe e molle e piuoli, e quei denti in quelle ruote e quelle incavature e tanti altri oggetti con bel lavorio così ben finiti, che pare aspettino li di esser congegnati insieme! Certo che fu il bravo macchinista che formò ogni minuta cosa pel fine a cui la destinava. Or domandate loro se gli atomi in quel loro gran polverio erano già così bene preparati, chi li ebbe così ben preparati da poter unirsi insieme e formare le stelle, il sole, la terra e far andar in ordine quest’ammiranda immensa macchina dell’universo?

Spez. Ma la materia e la forza vanno così. ben regolate da leggi con lor eterne, dicon essi.

Par. Guardate mo’ come sono bricconi gl’increduli! di soppiatto ti metton dentro tutti gli intingoli per fare dalla buona gente ingollare il mal boccone senza che si accorga del veleno!… Dopo di aver sognato a fantasia la materia e le forze che la fanno muovere; ti metton dentro una cosettina che vien bene a far passare il tutto. Essa è solo una parolina, aggiuntavi, le leggi; ed il mondo deve andar bello e creato, Ma voi da bravo, fermate sulle lor lingue la parola leggi: e prima di lasciarla metter dentro, domandate loro che cosa intendono per leggi. La legge è ordine dato da chi comanda per far fare da altri quel che egli vuole. Ora se vi son leggi che fanno andare la materia e la forza non unite insieme a fare tutto così bene, vi deve essere il Legislatore Iddio che fa loro eseguire quello che vuole Egli. Che se non è Dio, qual sarà il legislatore?

Spez. Oh vel dicon subito: è la natura; e che gli atomi sono tali per natura, che le forze sono unite loro. per natura, e che le leggi che le regolano sono leggi di natura.

Par. Quanto debbon esser costoro fortunati di conoscere essi questa gran natura. Eh eh, che deve avere una forza immensa per poter raccogliere e chi sa dove? Tutto quello sterminato polverio di atomi, e preparare tanto materiale da comporre. le stelle, il sole, così grandi che in paragone di loro questa nostra terra, la quale con tutti i monti e mari e tutte cose in essa è pur grossetta alquanto, pure nuota come perduta nel vano sconfinato del firmamento! Bisogna proprio dire che la natura è onnipotente… Eh che testa dovette avere questa lor natura! Figuratevi! Mentre tutti i chimici, macchinisti con tutti i loro filosofi, professori sapientissimi vanno disperati di non avere ancora potuto nonché formare un pelo di animaluzzo o  una fogliolina d’erba, neppur un granellino di sabbia; ed ecco da questa natura che seppe inventare le piante cui mente d’uomo non avrebbe mai potuto immaginare se non fossero; e seppe congegnare quei fili e costoline e quelle vene, e nelle foglie e nelle radici quelle piccolissime boccucce! da ‘assorbirsi gli alimenti, e colorir le foglie e fare brillanti i fiori così belli. Ma questa natura le sapeva tutte! Fino sa far gli organi dei sensi agli animali, e metter dentro loro cuore e cervello e nervi e tante’altre meraviglie che il sapiente studia, studia e non finisce mai di ammirare!… Ed essa, la natura, pensa a tutto nel far tutto. Figuriamoci quanto dovette pensare nella sua sapienza solo a formar l’occhio nostro. Ella dovette dire: « voglio dar questo strumento od organo della vista per vedere le cose in mezzo a cui uno si trova. Ebbene lo metterò in alto all’uomo. Egli ha da camminare; ed io gli metterò 1’occhio innanzi sulla fronte; egli ha da guardare tutto intorno; ed io glielo farò rotondo. Per vedere ha da ricevere la luce dentro; ed io glielo farò trasparente come il vetro; ma per far che l’uomo veda, ha da ricevere dentro le immaginette delle cose; ed io gli metterò le palpebre per tenere la pupilla lucida come uno specchio, e metterlo poi anco sotto un velo per farlo riposare; ma la luce potrebbe esser troppo viva di abbruciare la vista; ed io metterò i peli delle ciglia a respingerla se punge troppo: ma poi sempre in moto a guardare qua e là si dovrà pel calorico diventar infuocato; ma io gli metterò d’intorno un po’ di acqua con cui si possa tenere sempre fresco…» Oh uomo, oh uomo, e tu non dici mai neppur un grazie! or pensa che quel che si dice dell’occhio, si è da dire di tutte le più minute parti del corpo umano!… Ed avrà fatto tutto la natura?…. Oh se bisogna dire che questa che dicono natura è sapientissima davvero! Al veder poi come colle sue leggi fa andar tutto in ordine il dì, la notte, le stagioni, e fa dalle piante e dagli animali produrre sempre novelle piante è sempre altri animali, e così provvede a tutto, bisogna dire per poco di ragione che si abbia, che questa che dicono natura è provvidentissima natura… Ma che!… ma che!… Una natura che fu sempre onnipotente, sapientissima, provvidentissima !.. Ah bravi, bravi… Gli cambiano il nome, ma vogliono dire Iddio. Ve l’ho detto che per necessità bisogna creder in Dio. Anche quando strillano di non voler credere in Dio, e perfidiano in negare il suo Nome; pur confessano di crederlo in realtà.

Spez. Ma no, signore, essi non dicono mica che la natura sia una gran persona; ma dicono che tutta insieme questa gran faraggine di materia, di forze e di leggi che forman l’universo, è la natura stessa.

Par. Oh! come ragionano da sapienti questi vostri signori! Udite adunque ciò che vengono essi a dire. In prima: che la natura è quella che formò e fa andare in ordine tutte le cose insieme; poi dicono, che tutte le cose insieme formano la natura: dunque, secondo essi, la natura creò la natura stessa. Però noi non abbiam poi da perdere più tanto tempo per rispondere a loro che parlano; e sanno anch’essi di non credere a quel che dicono. Diremo tutto in breve chiaramente. Ascoltate: La questione tra noi e i signori della bottega in fine si riduce a questo: che noi crediamo che Dio Eterno, Onnipotente e Sapientissimo creò il mondo e lo sostiene in ordine colla sua Provvidenza; e quei signori di bottega voglion dire che il mondo fu formato in un gran nebbione dalla materia, dalle forze e dalle leggi che giravano alla cieca sempre intorno furibonde, come tre orbi che fanno a bastonate. Ma, almeno almeno, questi tre orbi avessero avuto un lumicino di ragione; ché allora essi avrebbero potuto aggiustarsi tra loro certi colpi per benino. Signori, no; tra quei tre orbi, dicono i grandi sapienti, di ragione non v’era un briciolo; ma andavano là, come van sempre ancora, senza saper dove vanno; in tentativi infiniti, senza tentare di fare mai niente. Così quei muti, ciechi e senza cognizione, senza volere mai far niente; han fatto e cielo e terra e tutte piante ed animali, fino noi medesimi. Ma si può dire una più matta cosa?…

Spez.. Ha, ragione, signor parroco; ma che vuole? Son tutti nella … foia di negare che vi sia Dio!… Ah! vorrei io un po’ sapere perché hanno quel fuoco addosso!

Par. Ah! veramente mi fa male il cuore a dire perché hanno, la smania di negare Dio! Se lo sapessero i vostri amici signori della conversazione, che poi in fondo sono ancor buoni, ne resterebbero spaventati! È un orrore a dirlo: vi son di uomini così perdutamente guasti, che vorrebbero che Dio non fosse. Il pensiero di Dio benedetto Creatore è come un grande spettro che mette loro paura; e smaniano per toglierselo dinanzi dalla mente. Per loro la sola propria persona è come il dio, a cui piace loro tutto sacrificare. Non sapete che si dicono risoluti, anzi già pronti ad ammazzar tutti che non han la voglia di farsi pecore per loro? E perché non si dica che noi li calunniamo, dirovvi che vi son di loro tali così orrendamente audaci che lo stamparono in faccia al sole de’ nostri di. Udite le parole di un di loro (Marr): « Distruggiamo la fede in Dio, facciam la guerra ad ogni idea di religione… l’individuo co’ suoi appetiti e colle sue passioni, ecco il vero Dio. E poi muoia il popolo, muoia l’Allemagna, muoian tutte le nazioni; sbarazzato da tutti i fantasmi (di religione) l’uomo ricuperi la sua indipendenza » (Revue des deux mondes, an. 1850, pag. 208).

Spez. Basta, basta ; mi fan venir il freddo addosso al solo udirli. Ma se costoro arrivassero proprio a far creder al mondo che non vi è Dio, che potrebbero fare allora gli uomini?

Par. Eh! Ammazzarsi gli uni cogli altri, quando credessero convenisse all’interesse loro. E non vel dico io, ma è un grand’empio della lor compagnia, Rousseau, il quale disse: « Io non vorrei aver un servo, il quale non credesse  in Dio: perché se gli facessero gola i miei danari, studiato modo di farla franca, una qualche notte — mi pianterebbe un coltello nel cuore tranquillamente; perché dagli uomini avrebbe ben pensato come mettersi al sicuro, a Dio poi non crede. » Così gli uomini che son creati per formare una famiglia di fratelli da aiutarsi l’un coll’altro, diverrebbero una società di tigri, di leoni e di iene! Ditelo per carità ai vostri amici: che si guardino da questi che si vantano sapienti e si dicono filantropi innamorati dei popoli.

DIO CI LIBERI!… CHE SAPIENTI! CI VORREBBERO FAR PERDERE LA TESTA! CHE FILANTROPI! FAN L’AMORE AI POPOLI CO’ DENTI!…

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.