IL SACRO TRIDUO (3) IL SABATO SANTO 2022

IL SACRO TRIDUO (3)

SABATO SANTO

( P. PIO PARSCH O.S.A.: L’ANNO LITURGICO – VOL. III – IV Ed. Soc. Ed. VITA E PENSIERO, MILANO, 1949)

Stazione a S. Giovanni in Laterano

(doppio di I classe)

1. VIGILIA DI PASQUA

– Il Sabato Santo è il gran giorno del riposo del Signore; lo si potrebbe dire il secondo sabato dopo la creazione. La Chiesa lo chiama Sabato Santo. Questo giorno è, e dovrebbe essere, il giorno più silenzioso dell’anno liturgico; fino al Medio Evo non si celebrava la Messa. Le funzioni che si fanno nella mattina di oggi, sono le funzioni che si celebravano, una volta, nella notte della vigilia, dal sabato alla domenica; in realtà la liturgia del Sabato Santo è ormai liturgia di Pasqua. Un grande compito di rinnovamento liturgico sarebbe quello di ridare al mondo cattolico la sua seconda notte santa (come quella del Natale): la notte di Pasqua, la « madre di tutte le vigilie », come dice S. Agostino, che l’assenza dello spirito e del sentimento liturgico negli ultimi quattro secoli, ha soppresso. Celebriamo la liturgia del Sabato Santo trasportandoci spiritualmente nella notte come fossimo catecumeni. Assistiamo al drammatico svolgersi della Resurrezione del Signore, alla vittoria della luce sopra le tenebre. È anche la festa di resurrezione della nostra anima: in ognuno di noi Cristo risorge! La descrizione che segue si riferisce ad una celebrazione notturna.

a) Il cereo pasquale. Durante la giornata la chiesa rimane vuota e silenziosa: l’altare spoglio, la costernazione dell’anima non consentiva né parole, né cerimonie. Il giorno trascorse così nel dolore intimo e raccolto. Siamo alla seconda sera dacché il Signore giace nella tomba. – La casa di Dio è immersa nelle tenebre. I fedeli si raccolgono nella chiesa senza luce. Il clero sosta davanti alla porta della chiesa dove dalla pietra si cava fuoco, che viene benedetto. Questa cerimonia (Lucernarium) con la processione relativa si faceva un tempo prima di ogni funzione notturna, poiché la Chiesa voleva usare per il culto solamente il fuoco benedetto. Nella casa di Dio ogni luce è senta: è finito l’Antico Testamento. Ora spunterà la vera luce del mondo: Cristo. Il fuoco che esce dalla pietra in un modo, per così dire, verginale, è simbolo di Cristo che uscì dal seno della Vergine; in questa notte di Pasqua. Egli esce dalla tomba chiusa in tutta la sua gloria. Non è veramente maestra la Chiesa nella scelta dei suoi simboli?

Comincia la festa della Resurrezione. –

Dopo aver benedetto il fuoco, si procede alla benedizione dei cinque grani d’incenso che vengono poi fissati al cereo pasquale. Essi rappresentano le cinque piaghe gloriose del Signore. Si accende quindi una candela al fuoco benedetto e con essa il clero entra nella chiesa ancora immersa nell’oscurità. Il diacono si presenta in dalmatica bianca, segno di gioia: egli è l’araldo della Pasqua. Il corteo muove lentamente attraverso la chiesa; il diacono porta una canna con candelabro a tre braccia, chiamato arundine e accende una alla volta le tre candele cantando: « Lumen Christi ». Il canto si eleva per tre volte di tono e la chiesa si fa sempre più chiara: simbolismo pieno d’arte e di espressione della luce che s’avanza! Il corteo ha raggiunto l’altare e il diacono si prepara ad annunziare solennemente la Risurrezione del Signore per mezzo del famoso canto del prœconium paschale: « Exultet » e benedice ìl cereo pasquale. L’« Exultet » è uno dei canti liturgici più importanti tanto per la poesia quanto per la musica. La dignità e il mistero di questa santa notte e nello stesso tempo la grandezza della redenzione di Cristo vengono magnificamente ed illustrate dal testo pieno d’alta poesia: « O amore, che superi ogni amore! Per riscattare il servo hai dato il tuo stesso Figlio!… O felice colpa, che ci meritò un tale Salvatore! ».

Il cereo pasquale, simbolo del Salvatore risorto, che lasciò la sua tomba nel fulgore della sua maestà, si accenderà durante le sacre funzioni da oggi fino alla festa dell’Ascensione. Mentre il diacono fissa i grani d’incenso e accende il cereo pasquale, vengono pure accese tutte le luci della chiesa: l’annunzio solenne della Resurrezione!

b) Benedizione del fonte.

Dopo questo solenne invitatorio pasquale si va al fonte battesimale. Dapprima vengono lette dodici profezie, che rappresentano, in un grandioso insieme, gli effetti del Battesimo e la grandezza della vita cristiana. Lo scopo è di ricordare ancora una volta ai catecumeni l’importanza della grazia che ad essi viene concessa con l’amministrazione del santo Battesimo. – Si procede alla benedizione del fonte battesimale. Ed eccoci arrivati al punto culminante della funzione: il Battesimo dei Catecumeni che di solito non s’impartisce al sabato santo. Presenziamo alla sacra funzione coi sentimenti dei catecumeni e rinnoviamo le nostre promesse battesimali. – I sacerdoti, processionalmente, si recano al fonte battesimale, insieme ai catecumeni, preceduti dal cereo pasquale. Durante il tragitto si canta: « Come il cervo desidera la sorgente, così l’anima mia anela a te, mio Dio. La mia anima ha sete del Dio vivente. Quando verrò e mirerò la faccia di Dio? Sono le mie lacrime mio pane giorno e notte, mentre continuamente mi si dice: Dove è il tuo Dio? ». – Questo canto ci fa sentire l’ardente aspirazione dei catecumeni alla grazia del Battesimo, la benedizione del fonte battesimale si canta nel tono del Prefazio. Nelle preghiere c’è la storia dell’acqua benedetta: « O Dio, il cui spirito al principio del mondo si librava sopra le acque… Con l’acqua hai lavato i delitti del mondo e nelle acque del diluvio hai raffigurato la nostra rigenerazione, affinché nel mistero del medesimo elemento avessero fine i vizi e origine la grazia ». Il sacerdote si rivolge all’acqua: « Iddio ti ha fatta scaturire ha ordinato di bagnare con quattro fiumi tutta la terra.. – Ti benedico anche nel nome di Gesù Cristo… il quale, in Cana di Galilea, con un miracolo della sua potenza ti ha cambiata in vino; che coi suoi piedi camminò sopra di te, e che da Giovanni in te fu battezzato nel Giordano; che ti ha fatta dal fonte del Paradiso e ti ha fatto uscire dal suo costato insieme al sangue; che ha comandato ai suoi discepoli che i credenti fossero con te battezzati ». – Il sacerdote immerge nell’acqua il cereo acceso « Discenda nella pienezza di questo fonte la virtù dello Spirito Santo ». Il sacerdote alita sull’acqua in forma di PSI greco (Ψ) il segno dello Spirito Santo: versa nell’acqua l’olio dei catecumeni e il sacro crisma, perché veramente vi abiti la pienezza delle benedizioni della Chiesa.

c) Il Battesimo.

Siamo arrivati al punto saliente della cerimonia, il Battesimo dei catecumeni. Raffiguriamoci l’impressione profonda che deve aver fatto in antico ai fedeli quando la schiera dei battezzandi già adulti — uomini arrivati alla Fede attraverso la lotta, vergini che forse avevano dovuto rinunciare ad un ricco matrimonio, che erano state diseredate dai loro genitori — venivano ad essere rigenerati a nuova vita nelle acque battesimali. Purtroppo, oggi avviene raramente che si amministri un Battesimo in questo momento, malgrado il desiderio della Chiesa che nelle sue prescrizioni dice: « Se ci sono battezzandi vengano ora battezzati ». Ad ogni modo è questo il momento in cui i fedeli devono rinnovare le promesse battesimali e rivivere così la grande grazia del loro Battesimo. Dopo il Battesimo, i neo-battezzati ricevono la veste candida e la lampada accesa; la veste battesimale è, in un certo senso, una veste sacerdotale; poiché essi hanno ricevuto il potere sacerdotale inteso nel senso largo del comune sacerdozio; da questo momento sono autorizzati a partecipare al sacrificio incruento e a prender parte al celeste Banchetto. Come dev’esser stato commovente il vedere la schiera dei catecumeni venire processionalmente, con le lampade accese, dal battistero di S. Giovanni in Laterano per entrare nella casa di Dio! era davvero un Introito solenne alla Messa di Pasqua. Durante la processione si cantavano e si cantano anche oggi, le litanie dei santi. Esse sono una preghiera di intercessione per i nuovi battezzati, l’espressione della nostra coscienza religiosa collettiva; e ci ricordano la comunione dei santi.

d) La Messa della notte di Pasqua.

Dalle litanie si passa subito alla Messa alla quale i sacerdoti si presentano in paramenti bianchi. È la Messa della vigilia di Pasqua, simile alla prima Messa di Natale e, come questa, dovrebbe essere celebrata a mezzanotte. Il giubilo pasquale si manifesterà, pieno, domani alla Messa solenne di Pasqua. Questa della notte pasquale è la Messa del Battesimo. È la primizia del sacrificio dei nuovi figli della Chiesa, che ora sono invitati per la prima volta alla mensa dell’Agnello. Possa essere anche per noi una Messa di Battesimo nella quale rinnoviamo le promesse battesimali. Questa Messa ha alcune particolarità: vi mancano : l’Introito, il Kyrie, l’Offertorio, l’Agnus Dei; essa rappresenta l’antica forma della Messa, nella quale questi canti non erano ancora stati introdotti. Funge da Introito il canto delle Litanie dei Santi che nelle celebrazioni stazionali, precedeva sempre la Messa; esso termina col Kyrie. Appena si intona il Gloria si suonano tutte le campane, e la gioia, la grande gioia pasquale, si diffonde nel mondo! Il Gloria, riservato una volta alla sola Messa di Pasqua, è il vero canto pasquale. La Colletta allude alla resurrezione avvenuta ed è una supplica per i nuovi battezzati perché possano pienamente conservare in loro lo spirito cristiano. L’Epistola (Col. III, 1-4) è un insegnamento: « Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù ». Ed eccoci di nuovo ad un momento particolarmente commovente. Per tre volte risuona l’Alleluia, il vero canto pasquale. Esso taceva dalla Settuagesima, ma ora ci accompagnerà fedelmente durante tutto l’anno. Il Vangelo (Matth. XXVIII,1-7) è il primo messaggio pasquale. Non a caso fu scelto questo passo: « Ma alla sera del sabato, mentre si schiariva già il primo giorno della settimana… ». Celebriamo la Messa all’albeggiare e veniamo con Maria Maddalena a visitare la tomba e apprendiamo la buona novella. – Oggi, dopo la Comunione del Sacerdote, (anche i fedeli possono ricevere la Comunione) si canta un bellissimo inno di ringraziamento: il Magnificat, l’inno di ringraziamento che proruppe dal cuore e dalle labbra di Maria per la sua dignità di Madre di Dio. Esso costituisce il Vespro del giorno. Ancora una volta sentiamo il solenne Alleluia, dopo l’Ite Missa est e ci troviamo nel pieno giubilo della Pasqua: Cristo è risorto nei nuovi battezzati (e in noi). – La notte è trascorsa; e spunta l’aurora che ha visto la Resurrezione.

2. LE DODICI PROFEZIE.

– Le letture del Sabato santo sono state per lo più tenute in poco conto fino ad oggi, poiché considerate come un prolungamento inopportuno della sacra funzione. In esse noi vediamo in primo luogo un’antica forma di vigilia o di Mattutino; i salmi erano piuttosto Responsori o l’eco delle letture; i tre Notturni sono ancora accennati poiché noi abbiamo tre gruppi di quattro letture ciascuno.

Il primo Notturno (Prof. I-IV) è tolto dal libro di Mosè e mostra ai catecumeni quattro simboli del regno di Dio. Sono simboli cari all’antica Chiesa, e che poi spesso incontriamo nelle catacombe: Profezia l*. La creazione è simbolo della nuova creazione : redenzione e Grazia battesimale. Nei primi tempi la lettura si estendeva anche alla caduta dei primi uomini. Profezia II°. L’Arca è simbolo della Chiesa. Noè rappresenta Cristo: la rinnovazione del mondo fatta da Cristo. Profezia III°. Il sacrificio di Isacco raffigura il sacrificio della croce: Abramo è padre di tutti i fedeli. Profezia IV°. Il passaggio del Mar Rosso è il simbolo del Battesimo. – In queste quattro figure è simboleggiato il regno di Cristo nei suoi punti più salienti. I quattro grandi Patriarchi, Adamo, Noè, Abramo e Mosè sono i principali annunziatori della rivelazione e nello stesso tempo sono figure di Cristo. Li conosciamo dalle tre domeniche del Tempo di Settuagesima e dalla quarta domenica di Quaresima. – Osserviamo l’Orazione che segue sempre alle letture, è per lo più un commento alle stesse. Così il primo gruppo ha una magnifica fusione; esso si chiude col canto di lode di Mosè, che rappresenta la preghiera di ringraziamento dei Catecumeni e della Chiesa per la grazia della redenzione.

Nel secondo Notturno (Prof. V-VIII) ci parlano i Profeti (dunque Mosè e i Profeti rendono testimonianza di Cristo). Questo secondo gruppo non ha l’unità del primo. Forse la quarta Orazione ci dà il filo per intenderlo. Tutti i privilegi e le direttive del popolo di Israele si realizzano per la Chiesa nel senso più alto della Profezia V.. Il Profeta Isaia ci descrive i tesori del regno di Dio: l’acqua del Battesimo, il vino e il miele dell’Eucaristia; la guida di Cristo, la misericordia di Dio nella remissione dei peccati. Profezia VI. La vera sapienza abita nella Chiesa; i battezzandi hanno gustato il sale della sapienza; ora vedranno la stessa sapienza incarnata, Cristo. Profezia VII. Il profeta Ezechiele vede un campo seminato di morti che al soffio di Dio riprendono la vita. Magnifico quadro della missione redentiva di Cristo. Nuova vita dell’anima nel santo Battesimo; e la resurrezione dei corpi, da Lui che esce dalla tomba come il primo nato tra i morti. Profezia VIII. Isaia predice al popolo eletto una grande felicità dopo il tempo della miseria e del peccato. Questa felicità trova il compimento nel Nuovo Testamento. Oggi sorge la nuova razza eletta del Signore. Ogni Cristiano è « santo » e viene iscritto nel libro della celeste Gerusalemme. La nube e la colonna di fuoco ci richiamano alla vera presenza di Cristo nella Chiesa. Il canto che chiude il secondo gruppo, ne riassume i pensieri; il nuovo Israele, la vera vigna di Dio è la Chiesa.

Terzo notturno (Prof. IX-XII). Queste Profezie offrono numerose narrazioni e figure. Profezia IX. Il simbolo dell’agnello pasquale che ci fu proposto il Venerdì santo si applica alla SS. Eucaristia. Profezia X: Giona è figura di Cristo; i Niniviti penitenti rappresentano i catecumeni. Profezia XI: Il discorso di congedo di Mosè suona come un ammonimento materno della Chiesa a perseverare nel bene. A questa penultima profezia segue un canto che esalta la fedeltà del Signore. È la lieta adesione dei catecumeni e dei fedeli all’invito della Chiesa. L’ultima profezia è chiusa della vigilia e ormai già canto dell’aurora. I fanciulli nella fornace sono figure predilette della Chiesa primitiva che non mancavano mai negli Uffici notturni; la loro storia preparava la celebrazione eucaristica del mattino. Essi erano nella antica Chiesa simbolo di resurrezione e incoraggiamento al martirio. La breve scorsa data alle Profezie ci dice quanto meritino di essere prese in considerazione. Forse potrebbero essere lette e spiegate nella Quaresima, oppure nel Tempo pasquale.

IL PRIMO ALLELUIA.

– In questa magnifica melodia,  (ammesso che essa sia data nella forma autentica e cantata bene) c’è qualche cosa di indicibilmente bello. Dapprima, quasi timida ricerca, il canto si eleva con un intervallo di terza di terza, si culla poi ripetutamente sulla finale (sol), quasi volesse allenarsi allo slancio, e finalmente si innalza, con un salto di quarta trionfante. Questo canto di giubilo,  ripetuto tre volte, è come il primo grido che lo Spirito Santo fa erompere dal cuore dei nuovi Cristiani; è come il primo palpito della vita divina creata in loro dalla SS. Trinità. E come è bello questo alternarsi del celebrante che intona e del coro che risponde! – La santa Chiesa insegna ai suoi figli a pronunciare il primo Alleluia, che poi risuonerà per sempre nelle vie della Gerusalemme celeste. E anche noi, già da tempo battezzati, impariamo ogni anno di nuovo, dalla bocca della madre Chiesa, il nostro cantico nuovo (canticum novum).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.