LO SCUDO DELLA FEDE (196)

A. D. SERTILLANGES, O. P.

CATECHISMO DEGLI INCREDULI (XXXI)

[Versione autoriz. Dal francese del P. S. G. Nivoli, O. P. – III ristampa. S. E. I. – Torino 1944]

LIBRO QUINTO

I NOVISSIMI

VII. — I nuovi cieli e la nuova terra.

D. Hai parlato di nuovi cieli e di nuova terra, che devono servire di dominio alla tua umanità risuscitata: che intendi con ciò?

R. Osserva anzitutto che agli eletti basta che siano rinnovati i loro occhi, perché sia rinnovato il mondo. Quale abbagliamento, se tutt’a un tratto ci apparisse, fosse pure in un lampo la danza degli astri e degli atomi! L’universo ha una realtà interiore che noi non percepiamo, e la cui scienza totale, attinta in Dio, sarà per le anime elette l’equivalente di una vera creazione.

D. Tuttavia non sarà questo un cambiamento per il mondo stesso.

R. Riguardo al mondo stesso, diciamo altamente che non può essere questione che di congetture. Queste parole bibliche: I nuovi cieli, la nuova terra, non sono commentate nel libro santo. È dunque libera la loro interpretazione. Dirò quello che mi sembra concordare meglio con l’insieme della dottrina.

D. Io non chiedo altro.

R. I nuovi cieli e la nuova terra, qualsivoglia concetto particolare se ne faccia, si offrono alla mente come una necessità ineluttabile, essendo ammesso il corpo risuscitato. Si penserà anzi che a tutta prima s’impongano; perché un corpo non è che un frammento di universo, un microcosmo ad immagine del grande, poiché offre la stessa costituzione fondamentale, senza di che gli scambi dall’uno all’altro non sarebbero possibili.

D. Tu dici però che î corpi risorti non assimilano, e che nel senso fisiologico della parola essi non vivono: non vi si ha dunque da prevedere scambi vitali tra loro e l’ambiente in cui dimorano.

R. Ciò è esatto nel campo sostanziale. Non deperendo il corpo immortale, non ha da ricostituirsi per scambio; ma esso funziona, agisce, riceve dal suo ambiente e gli dà, sotto forme del resto indefinibili per noi. Vi deve dunque essere omogeneità tra esso e quest’ambiente, e a un corpo spirituale, un ambiente spirituale è indispensabile.

D. Che cosa è un ambiente spirituale?

R. Non t’ingannare sul valore di queste parole; noi ne abbiamo spiegato il senso affatto relativo. Si tratta bensì di materia, ma d’una materia dotata di un’altra organizzazione, atta a entrare in sintesi col corpo trasformato, o piuttosto, come dicevo, prestante a questa trasformazione le sue possibilità stesse.

D. Non sei tu per il primo stupito di tali asserzioni?

R. Sarei stupito solamente di stupori troppo facili. L’essenza della materia è adesso intraveduta sotto tali forme, pare offrire una tale plasticità, si sottrae così interamente, nei suoi ultimi recessi, a ogni combinazione stabilmente invariabile, a ogni grossolano empirismo, che veramente un universo tutto diverso da questo e quasi spirituale per rapporto ad esso non ha nulla che sconcerti. Al posto del conflitto delle forze e degli scompigli che esso provoca, si concepisce benissimo un ordine, un equilibrio armonico, un adattamento spontaneo ai gesti dello spirito, e che permetterebbe a questo, come prevedeva Renan, di « prendere il governo del mondo ». Quello che non era altro che un sogno arbitrario nel pensatore, può diventare presso il credente una sistemazione legittima. Nulla si può precisare; ogni teoria diventerebbe presto derisoria; ma la direzione generale s’intravede, e ciò basta per chiudere la controversia. Invero nessuno, a nome della scienza o altrimenti, ha il diritto di accusare di falso queste magnifiche parole dell’Apostolo: La creazione stessa attende con un ardente desiderio la manifestazione dei figliuoli di Dio… nella speranza che anch’essa sarà affrancata dalla servitù della corruzione, per aver parte alla libertà gloriosa dei figliuoli di Dio.

D. Qual è secondo te, nel mondo attuale, il fenomeno più opposto a questa concezione e che il nuovo ordine di cose dovrebbe abolire?

R. Non si può rispondere che sorridendo della propria impertinenza; ma arrischiandosi si direbbe: È la degradazione dell’energia. Se è vero, come suppongono le nostre teorie termodinamiche, che un universo abbandonato a se stesso perde di giorno in giorno la sua energia utilizzabile, di modo che, restando la stessa la somma di energia, esso tende nondimeno sempre più verso una specie di nulla di attività, per l’adeguamento, il livellamento di tutti i suoi valori attivi; se questo avviene, nulla può allontanare maggiormente questo universo dalla sua « intenzione di gloria » (PAOLO CLAUDEL), vale a dire da un servizio dello spirito, e da uno spirito rilegato all’Energia suprema.

D. Bisognerebbe dunque?…

R. Che l’ambiente nuovo rappresentasse una specie di felice equilibrio dotato d’una plasticità, d’una elasticità di movimento sufficienti, ma non secondo una tendenza determinata e fatale, simile a quella che minaccia il caos al nostro universo

D. L’universo, già uscito dal caos, non deve ritornarci?

R. Noi non pensiamo che il nostro universo sia uscito dal caos. Con Renouvier, noi amiamo pensare che esso era prima ordine e adattamento allo spirito, del resto a uno spirito all’inizio della sua evoluzione, e incaricato di compiere il proprio destino aiutando il suo universo, col lavoro civilizzatore, a compiere il proprio. Checché ne sia, il fine dev’essere un ordine e un adattamento perfetto; l’universo si deve compiere in valore come tutto ciò che ha percorso normalmente il suo ciclo. Esso deve quadrare coi fini creatori relativi agli eletti, ragione d’essere delle cose. Che esso sia «pieno di anima », secondo la bella espressione di Aristotile, in grazia del suo servizio dell’anima e del suo legame sinergico con l’anima, è ciò che si profetizza legittimamente in suo favore, quando si pensa a’ suoi ultimi fini.

D. L’universo sarebbe dunque alla fine organizzato dall’anima?

R. Sì, forse, dall’anima unita a Dio col Cristo come intermediario. Si può concepire il mondo nuovo come un prolungamento dello spirito, meno sofferente, per conseguenza, di quella degradazione di valore, di quel carattere residuale in cui noi, con S. Tommaso e Bergson, abbiamo veduto l’essenza della materia. Il rialzamento terminale sarebbe allora riguardato come una specie di taumaturgia, di cui Dio sarebbe la sorgente prima, e di cui il Cristo eterno, formato di tutte le anime reincarnate solidali di Gesù e formanti con lui un solo « corpo », sarebbe l’agente immediato. L’universo sarebbe una parte dello splendore delle anime stese, splendore di Cristo che è splendore di Dio (Epistola agli Ebrei). Ciò sarebbe la redenzione compiuta, e non solo nella sua sostanza, come adesso, ma in tutte le sue espansioni. Il mondo sarebbe reso alla sua essenza celeste; i vincoli della sua materialità si scioglierebbero, per dire così, sotto l’irradiamento dello spirito, e l’ordine totale, come lo esprime S. Paolo, sarebbe istituito: Tutto sottomesso agli eletti, e gli eletti a Cristo, e Cristo a Dio.

D. È questo veramente il senso di S. Paolo?

R. Il senso di S. Paolo è soprattutto morale; ma non è illegittimo trasporlo sul piano fisico e cosmologico, e oggigiorno questa trasposizione non può sorprendere,

D. Quale attualità ti sembra che essa rivesta?

R. È la tendenza generale delle filosofie moderne di assorbire più o meno la materia nello spirito, e se spessissimo vi è eccesso, come nelle varie forme del soggettivismo, resta questo che, nel piano generale del mondo, la materia è come una dipendenza dello spirito, dipendenza immanente e congiunta nel caso del nostro corpo, dipendenza disgiunta ma strettamente coniugata nel caso dell’ambiente, che sotto certi aspetti è ancora del nostro essere. Trasporta questo nel perfetto, in cui il regno dello spirito si deve affermare molto di più, e diventa naturale il pensare che i nuovi cieli e la nuova terra di cui parla la Bibbia, saranno il risultato di una taumaturgia permanente, beatificante per l’universo, se così si può parlare, come l’intuizione di Dio sarà tale per le anime e, mediante le anime, per i corpi. La corrente non avrà più interruzione, né risucchio. Lo slancio vitale, come direbbe Bergson, ristabilirà la sua bella corrente da un’estremità all’altra, da Dio agli ultimi elementi ripresi dall’anima e a lei subordinati per riallacciarsi a Dio.

D. La tua tradizione è favorevole a queste tesi apocalittiche?

R. I Padri della Chiesa e i teologi sono soliti di presentare la gloria corporale e le sue ripercussioni come un effetto spontaneo della gloria essenziale, che è la visione di Dio. Ecco il primo termine della nostra ipotesi. S. Agostino lo esprime in questo bel testo a Dioscoro: « Dio fece l’anima di una natura così potente, che dalla sua beatitudine risulta, nella natura inferiore, il vigore dell’immortalità ». In questo testo si vede ben affermata la trasformazione effettiva del corpo mediante l’anima, quando l’anima è al contatto intimo del suo Dio. È vero che quando parlano poi dell’ambiente esterno, i dottori sembrano attribuirne l’organizzazione unicamente e immediatamente alla potenza divina. Ma non è un contradirli, bensì, credo, un completarli nella loro propria linea d’idee l’inserire l’anima tra questa divina potenza e i suoi ultimi effetti.

D. Che cosa è che, secondo te, richiede questo complemento di dottrina?

R. È che la gloria del corpo e quella dell’universo non sembrano poter procedere da causalità diverse, atteso il legame di dipendenza che abbiamo ora rilevato tra loro, e se è vero, come abbiamo pensato, che la trasformazione dell’ambiente è preliminare, essendo già necessaria a quella del corpo. Se dunque è l’anima che beatifica il suo corpo, ben inteso come strumento di Dio, per mezzo di Cristo: come non sarebbe essa che sotto le medesime condizioni, beatificherebbe il suo universo? Si possono certo vedere così le cose.

D. Non dici che l’universo attuale finirà con una catastrofe?

R. Ogni cambiamento subitaneo nell’orientamento delle forze è una catastrofe, si tratta di una salita all’ordine. Avviene come di quelle cristallizzazioni che si producono in una soluzione satura, al semplice getto di un cristallo.

D. Quale sarà qui il getto di cristallo?

R. Sarà la «seconda venuta di Cristo », cioè il segnale che Egli darà del compimento supremo.

D. Tu ricordi la tromba del giudizio?

R. Metafora evidentemente! E metafora altresì la venuta di Cristo sopra le nubi del cielo, ciò che significa che la sua potenza splenderà come la folgore nelle nubi, e sarà manifesta come un fenomeno del cielo (S. Tommaso D’Aqino). Allora appunto questa potenza, strumento della Potenza suprema, trasformerà il nostro universo dall’intimo, e, se l’interpretazione data qui sopra è esatta, farà per questo dei suoi eletti i compartecipi della sua azione.

D. Non mi hai dato la tua interpretazione della tromba.

R. Quello che ridesta i morti e riorganizza il mondo è la voce di Dio in tutto. Dico così perché io apprezzo il nobile pensiero di Mozart, che nel Requiem fa del Tuba mirum spargens sonum non uno strepito terrificante, ma una lunga melodia spirituale.

D. È veramente l’uomo Cristo che così tu fui, in unione co’ suoi, l’organizzatore del mondo?

R. Sì, come abbiamo fatto di Lui l’organizzatore dell’umanità religiosa nella Chiesa e dell’incivilimento per mezzo della Chiesa. Di lui allora e di lui alla fine, noi diciamo: « gli ereditava un mondo già fatto, eppure stava per rifarlo tutto intero » (C. Péguy).

D. E che qualificazione morale attribuisci tu a questa vita dell’universo trasformato?

R. È finalmente la vera vita, poiché è il pensiero creatore realizzato, la forma degli esseri acquistata, la fine del desiderio ottenuto, la gerarchia di tutti i valori fondata, l’attività universale lanciata nella sua via definitiva, che non è più una ricerca, un brancolamento, un tentativo così spesso combattuto, un’impresa così spesso opposta a se stessa, ma l’esercizio armonico dei poteri pienamente raggiunti, riguardo a oggetti integri essi stessi e che non si rifiutano più.

D. Tuttavia quello che noi vediamo ora è appunto l’abbozzo di questo avvenire.

R. La polvere astrale che naviga nel firmamento è come il suo seme, come il polline lucente. Fino ad ora, dice S. Paolo, la creazione geme tutta quanta e soffre quasi le doglie del parto. Ma siccome la polvere dei morti deve lasciare il posto a creature eternamente viventi; siccome l’umanità dispersa nell’universo e le età si devono raccogliere in una sola famiglia di eletti: così alla dispersione dei mondi nell’etere succederà indubbiamente una sublime unità, creata sotto il segno dello spirito, per spiriti, ed eternamente rivelante per gli occhi aperti di tutti gli esseri le segrete armonie che il tempo ci dissimula.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.