LO SCUDO DELLA FEDE (193)

A. D. SERTILLANGES, O. P.

CATECHISMO DEGLI INCREDULI (XXIX)

[Versione autoriz. Dal francese del P. S. G. Nivoli, O. P. – III ristampa. S. E. I. – Torino 1944]

LIBRO QUINTO

I NOVISSIMI

IV. — Il Purgatorio.

D. Che cosa è il purgatorio?

R. «Il purgatorio è un luogo di patimento, dove le anime in stato di grazia finiscono di espiare i loro peccati prima di entrare in cielo » (Il Catechismo della diocesi di Parigi).

D. Perché questa sosta prima del termine, per quelli che hanno felicemente percorsa la via?

R. Avendo fatto la strada, bisogna correggere gli errori del percorso.

D. Se queste anime sono in stato di grazia, è perché sono innocenti, oppure sì sono liberate dal male.

R. « Per pagare i propri debiti, non basta non contrarne più dei nuovi, ma bisogna soddisfare i vecchi » (S. GREGORIO).

D. Soddisfare come?

R. Chi è stato troppo indulgente verso se stesso, deve accettare un doloroso costringimento. Chi ha offeso l’ordine, deve in cambio subire l’urto dell’ordine, fino a un’esatta riparazione.

D. Qual è dunque la situazione di questi condannati provvisori?

R. Quella dei prigionieri in una cittadella esposti alla fame e ai lavori penosi, con la certezza d’una prossima e felice liberazione.

D. Questo paragone della prigione è classico?

R. È quello del Vangelo, e Gesù aggiunge: In verità, ti dico che non uscirai se non hai pagato fino all’ultimo spicciolo.

D. Queste anime detenute soffrono molto?

R. Esse soffrono, ed è possibile che le loro pene siano estreme.

D. Come concepisci la loro prova?

R. Qui come a proposito dell’inferno, bisogna guardarsi dalle immagini puerili. Gli antichi si rappresentarono a volte il purgatorio sotto la forma d’un fiume di fuoco che bisognava attraversare per andare in cielo, e che bruciava al passaggio le scorie dell’anima, non avendo nessun potere sopra le anime affatto pure. Questi non sono che simboli, ovvero, presso alcuni semplici, credenze presto superstiziose.

D. E allora?…

R. Mi sono spiegato nel precedente capitolo. Forse il caso è lo stesso; forse è differente, ma certo dello stesso ordine, e ciò non ha importanza pratica. Quello che, ai nostri sguardi, deve differenziare il purgatorio e l’inferno, non è la natura dei mali, ma la disposizione delle anime, così radicalmente diversa.

D. In che consiste questa differenza?

R, I dannati non sperano più; le anime del purgatorio invece hanno una ferma speranza. I dannati odiano Dio, il suo universo e se stessi; le anime del purgatorio invece ardono di un universale amore.

D. La speranza, l’amore procurano loro qualche felicità?

R. Una felicità attraversata da pena, Una felicità in riserva sicura, ma che non si potrebbe espandere.

D. Sono esse in rapporto spirituale con Dio?

R. Dante fa loro cantare il Pater sulla « prima cornice », là dove ci si purifica dei vani fumi di questo mondo, e il suo pensiero è conforme alle vedute della nostra Chiesa.

D. Le anime del purgatorio fanno parte della Chiesa?

R. Esse compongono quello che noi chiamiamo la Chiesa società, paziente, fanno parte della comunione dei santi, società attraverso i mondi, di tutti quei che vivono in Cristo, figli del suo Padre celeste e animati dal suo Spirito.

D. E credi tu che questi mondi comunichino?

R. Essi comunicano, e la preghiera ne attraversa le barriere.

D. Che possono dunque per noi queste anime? Hanno esse coscienza di ciò che avviene sopra la terra?

R. Certo esse non hanno alcuna conoscenza diretta di ciò che avviene quaggiù; ma il Dio che esse amano e da cui sono riamate, può loro ispirare pensieri fraterni, ed anche il loro cuore le inclina a pregare per noi.

D. Pregano esse specialmente per quei che esse amarono, per quei che amano loro?

R. Così vuole la Provvidenza che ha stabilito i nostri legami. Espiare non può essere un distaccarsi dalle convenienze divine e dai legami umani che hanno, come tutta la vita, conseguenze eterne.

D. E noi che cosa possiamo per loro?

R. Per questi amati delle sfere che non raggiungiamo, noi possiamo offrire a Dio le nostre preghiere, i nostri buoni desideri, le nostre opere meritorie, le nostre limosine, le nostre azioni sacramentali, e specialmente il santo sacrifizio della Messa.

D. La messa ha per te, a questo riguardo, una speciale efficacia?

R. Poiché essa dispone dei meriti infiniti, li può applicare, però con l’accettazione e secondo le vedute misteriose della Provvidenza.

D. Non sì è dunque mai sicuri?

R. Abbiamo già detto che i sacramenti non hanno nulla di comune con una macchina automatica. Elementi spirituali, essi agiscono secondo un ordine spirituale, e specialmente dove la libertà di Dio e la libertà del prossimo sono in causa, nulla si potrebbe garantire con certezza. Si crede volentieri che, a parità di condizioni, Dio soccorre più particolarmente, a nostra richiesta, quelli che durante la loro vita lo meritarono con la loro propria carità verso i morti.

D. Qual lezione ci può venire da questi esserì che penano e sono vicini alla gloria?

R. Dante la trae nel suo canto XI, quando così interpella le anime:

Mostrate da qual mano invér la scala/ Si va più corto: e se c’è più d’un varco,/ Quel ne insegnate che men erto cala…

(Purgatorio).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.