LA VITA INTERIORE (2)

LA VITA INTERIORE E LE SUE SORGENTI (2)

Sac. Dott. GIOVANNI NATTISTA CALVI

con prefazione di Mons. Alfredo Cavagna – Assistente Ecclesiastico Centr. G. F. di A. C.

Ristampa della 4a edizione, Riveduta.

Nihil Obstat quominus imprimatur: Sac. Don Luigi Carnino

Imprimatur Di Curia Arch.Taurin 11 oct.1937; Mons. Lorenzo Coccolo Vic. Gen.

Visto per la Congregazione Salesiana – TORINO, 4 VOV. 1937 Sacerdote Giovanni Zolin

TORINO – SOCIETÀ EDITRICE INTERNAZIONALE – 1943

I.

NECESSITÀ DELLA VITA INTERIORE

LA VITA INTERIORE È NECESSARIA

VITA MOVIMENTATA.

Per poco che ciascuno di noi vi abbia prestato attenzione, di leggieri s’è accorto che (parliamo così, per modo di dire, soltanto degli ultimi tempi) la vita, tanto in Italia che all’estero, è stata, ed è, molto movimentata. Settimane sociali, settimane di studio, settimane di poesia, congressi eucaristici, congressi di filosofia, congressi scientifici, convegni d’ogni genere, inaugurazioni di mostre, di prodotti nazionali, pellegrinaggi per ogni dove; e, aggiungete voi, viaggi per mille direzioni coi treni popolari. Tutto questo con un movimento accelerato, febbrile vorrei dire, nella vita italiana e in quella non italiana. Perché? Molti i motivi. Il principale di essi è dato dalla caratteristica spiccata di questa prima parte del nostro secolo: la vita energetica, la vita movimentata, la vita d’azione. Per se stessa, la caratteristica è buona. Ciò che in questa vita non è buono, è l’eredità del secolo che accompagna questa caratteristica, cioè l’irreligiosità, l’indifferenza, la spiccata presunzione all’autonomia e alla vita godereccia. In breve: tendenza al movimento e all’azione con la soppressione del valore morale e religioso. Questa tendenza poi s’è infiltrata, e continua a infiltrarsi, anche fra i buoni, cioè fra i veri Cattolici, che dànno sé stessi al compimento dell’apostolato secondo le loro categorie sociali.

UN GRAVE ERRORE.

Sappiamo che è apostolo colui che dona se stesso, con le sue forze, al bene altrui. Ma chi non ha, non può dare; per avere, bisogna chiedere e domandare solo a Dio. Avviene così che tanti, troppi, si gettano nell’azione generosamente… Ma, ahimè! Alle prime difficoltà, è uno sbandamento da far paura. Ecco la causa di molte defezioni, che possono meravigliare, ma che sono spiegabilissime. Oggi, nonostante molte e consolanti eccezioni, si vive in un mondo paganeggiante. È con sdegno e con ripugnanza che si devono constatare, ogni giorno, certe superstizioni, così sorpassate e pur ancora così radicate, in troppi individui, il cui numero e la cui condizione sociale fa rabbrividire. – Effetti dolorosi di cause ancor più dolorose. Ma ritorniamo a noi. Perché le azioni, perché il lavoro nostro sia efficace, perché le nostre opere possano diventare, abbiano anzi a diventare preghiera, è necessario ch’esse siano permeate di un fermento divino. Questo fermento divino è dato solo da chi può darlo, cioè da Gesù Cristo, fonte di grazia, unica guida eccitatrice di cuori e di coscienze. Il Padre E. Hoornaert dice a questo proposito: « Ch’Egli (cioè l’apostolo) si muova meno! Si raccolga più! Che sia meno febbrile, più unito con Dio! Ch’egli ami un po’ meno la città, un po’ più il deserto. Il deserto! Come ne abbiamo tutti bisogno, soprattutto alla nostra epoca! Un reale danno è di non più badare che alle opere ».

È CONDIZIONE ESSENZIALE PER L’APOSTOLATO

FRUTTO DI ESPERIENZA.

L’esperienza insegna che l’apostolato è assai superiore alla vita, sia pure buona, come suol dirsi, delle anime cristiane. È eccedenza di grazia, per così dire. Ma non è possibile esercitare nessun genere di apostolato senza vita interiore, senza vita ricca di grazia abbondante. Perciò, possiamo ben dire che il presupposto d’ogni forma di apostolato è la vita interiore data dalla grazia, data dall’intimità con Dio. L’azione è buona, afferma in una sua recente pubblicazione, Domenico Giuliotti, la contemplazione è migliore. Il Cristiano che semina è buono, ma il Cristiano che, prima di seminare, prega, è ottimo: perché l’azione è feconda solamente se è preceduta dalla contemplazione. Buona cosa, dunque, la volontà e lo sforzo nel fare il bene. Ma l’uno e l’altra debbono essere sostenuti dalla grazia di Dio, da questa forza intima e segreta, da questo lievito superiore che eleva, spiritualizza e sostiene nel combattimento santo per la gloria di Dio.

NOSTRO PROPOSITO INDEROGABILE.

Se per esercitare l’apostolato e trasfondere nei cuori e nelle anime la grazia di Dio, dobbiamo essere preventivamente sovrabbondanti della stessa grazia nelle intimità di Cristo Gesù, è, pure, nostro obbligo di accostarci frequentemente con letizia santa alla fonte d’acqua viva per dissetare le nostre anime. Gesù ce ne fa caldo invito: Se qualcuno ha sete, venga da Me e beva. Dissetàti a questa fonte, ci raccoglieremo nella vita nascosta secondo il consiglio dell’Apostolo: La vostra vita sia nascosta con Cristo Gesù… – Cristo sia la vostra vita. Per questo gioverà molto il silenzio e la prudenza intorno al nostro modo di ricercare il Signore. Non sempre incontriamo anime amiche, o anche solo ben disposte a comprenderci. Non sempre e non dovunque. possiamo risvegliare delle simpatie. Però, possiamo ben dire anche noi che coloro i quali non simpatizzano con noi, lo fanno forse a fin di bene. Cooperano, certo, anche queste anime facendoci avveduti e prudenti. Attendiamoci, però, solo e sempre, tutto da Dio solo. – È con questa vita di raccoglimento che ci sentiremo vigoreggiare, ogni giorno più, nella via del bene, nel cammino della perfezione, nel raggiungimento della santità. Il fine è uno: divenire dei santi per essere degli apostoli: morire al mondo per rinascere Cristo. E anche il mezzo è unico: vivere una vita interiore; vivere una vita interiore, che significa vivere una vita eucaristica. – Nella vita eucaristica v’è la potenza unica per la completa trasformazione. Lodare, adorare il Padre; procedere nella luce del Figlio; ardere nel fuoco dello Spirito Santo. Dunque: dissetarci alla fonte di Gesù; nutrirci di Gesù… Ricevere, avere, conservare… per donare.

GESÙ VUOLE VIVERE IN NOI.

Nel più grande discorso di Gesù, quello, cioè, che tenne agli Apostoli dopo l’ultima cena, mirabilmente prezioso in ogni sua parola, per affermare chiaramente la stretta unione esistente fra Lui e gli Apostoli, fra Lui e le anime, così disse: Io sono la vite e voi siete i tralci… colui che si tiene a me, ed Io in lui, porta molto frutto, perché senza di me — cioè: separàti da me — voi non potete far nulla. – Bene quindi l’Apostolo: Non sapete voi che i vostri corpi sono membra di Cristo? (I Cor., VI, 15). Come il corpo è uno, ed ha molte membra, e tutte le membra del corpo essendo molte, tuttavia sono un solo corpo, così anche Cristo (Ibid., XII, 12). Ancora: Cristo è il nostro capo. Da lui tutto il corpo compaginato e connesso per via di tutte le giunture di comunicazione, secondo un’operazione proporzionata a ciascun membro, prende l’aumento proprio del corpo per la sua edificazione nella carità (Eph., IV, 16). – Il principio della vita sovrannaturale in noi è, adunque, dato dall’unione che esiste fra noi e Gesù. Questa vita sovrannaturale trovasi in Gesù come nel suo principio, nella sua sorgente — sorgente inesauribile — e da Lui trabocca, per divina disposizione, nelle nostre anime. Per cui, con gioia, ripetiamo: De plenitudine eius omnes nos accepimus: Dalla pienezza di lui noi tutti abbiamo ricevuto (Giov., I, 16). Ricevuta da Gesù questa vita sovrannaturale, abbiamo in noi quel principio fondamentale capace di unificare, sintetizzare, governare. tutte le manifestazioni della vita: un pensiero unico, cioè, dominante, che segue, abbraccia, dirige la nostra mente e le nostre azioni, che evita una dannosa dispersione delle nostre energie e rende salda e forte la loro unità. Solo così, noi irradieremo luce di verità e di bene; trasformeremo il finito nell’infinito, il mortale nell’immortalee l’effimero nell’eterno.

COME E PERCHÈ GESÙ VUOLE VIVERE IN NOI.

Si potrebbe rispondere brevemente così: Gesù vive in noi per mezzo della sua grazia; e desidera vivere unito con noi per l’amore stesso che nutre verso di noi. Sappiamo benissimo che i meriti di Gesù sono infiniti, e che, per l’appunto, con questi meriti Egli ha riscattato tutta l’umanità, poiché, proprio per questo fine della redenzione umana, Egli lasciò il cielo per la terra, la gioia per il dolore, per l’abbiezione, per la povertà. Ora, i meriti di Gesù sono la fonte della sua grazia; la grazia, poi, è l’origine di tutte le grazie. Certamente è Dio stesso che versa la grazia nelle anime; ma Dio si serve, per modo di dire, della santa Umanità di Cristo Gesù come di uno strumento che gli è di aiuto. – « Lo strumento, dice S. Tommaso, può essere distintissimo da chi lo usa, come il bastone è distinto da colui che percuote; ma la mano è uno strumento strettamente unito all’agente. Così Dio versa la grazia, e ne è la causa produttrice, ma l’Umanità di Cristo è il suo strumento congenito, e i sacramenti sono suoi strumenti distinti ». – Seguendo questo insegnamento di S. Tommaso e di quasi tutti i Teologi, possiamo concludere: perché nei cuori e nelle anime nostre scendano copiose e la grazia santificante e la grazia attuale ché vengono, pure, elargite ai peccatori, è sempre necessaria un’azione, una concessione di Gesù. Ma ognuna delle azioni presuppone presenza, contatto, continuità: anche per questo possiamo con certezza affermare che v’è unione fra Gesù e gli uomini. « Questa unione, dice un pio autore, è d’un ordine sì elevato e sì intimo che il linguaggio umano è impotente a spiegare: essa resta un mistero fino a che noi restiamo nelle ombre della fede: vediamo bensì che i legami i quali ci uniscono a Cristo sono legami stretti, ma non ne afferriamo che imperfettamente la natura ».

NOSTRO DOVERE DI RESTARE UNITI A GESÙ!

Questo dovere ci è ripetutamente, insistentemente, caldamente raccomandato dal grande Apostolo. Ecco alcune delle sue principali esortazioni: « Induimini Jesum Christum: Indossate Gesù Cristo » (Rom., XIII, 14); «Induimini novum hominem: Indossate l’uomo nuovo », cioè: Gesù Cristo (Ephes., IV, 24); « Hoc sentite in vobis quod et in Christo Jesu: Abbiate in voi lo stesso sentimento ch’è in Cristo Gesù » (Phil. II, 5). –  Pensieri, parole e consigli così bene commentati dal Santo Eudes: « Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, non essendo solo il nostro Dio, il nostro Salvatore e il nostro sovrano Signore, ma anche il nostro Capo, ed essendo noi le sue membra e il suo corpo, come parla San Paolo: « osso delle sue ossa e carne della sua carne » (Ephes., V, 30) e per conseguenza essendo con Lui uniti nella più intima unione che sia possibile com’è quella delle membra col loro capo, con Lui uniti spiritualmente per la fede e per la grazia che ci diede nel santo Battesimo, con lui uniti corporalmente per l’unione del suo santissimo Corpo col nostro nella santa Eucaristia, ne segue necessariamente che, come le membra sono animate dallo spirito del loro corpo e viventi della sua vita, cosi noi dobbiamo essere animati dallo spirito di Gesù, vivere della sua vita, camminare sulle sue tracce, essere rivestiti de’ suoi sentimenti e delle sue inclinazioni, far tutte le nostre azioni colle disposizioni e intenzioni ond’Egli faceva le sue: in una parola, continuare a compiere la vita, la religione e la devozione ch’Egli esercitò sovra la terra ».

LA GRANDE NOSTRA DIGNITÀ.

Gesù ci ha chiamati alla gioia dell’unione più intima con Lui; le sue parole sono traboccanti di letizia e di serenità; fiduciosi in Lui, non dobbiamo limitare la nostra adesione, la nostra corrispondenza, la dedizione, l’abbandono in Lui completo e definitivo, qualunque sia stata la nostra vita passata, qualunque essa sia, nella vita presente, e in qualsivoglia condizione — volontariamente o no — noi ci troviamo in questo istante. Eleviamo la preghiera del nostro cuore al Signore, e diciamogli, per sempre, il desiderio nostro: vivere, Gesù, in te e per te: Ad te levavi animam meam; Deus meus, in te confido, non erubescam.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.