IL SACRO CUORE DI GESÙ (51)

IL SACRO CUORE (51)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ – [Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO IV.

LA DIVOZIONE NEL XVII SECOLO

III. – LE CONGREGAZIONI RELIGIOSE

Com’è naturale, nelle Congregazioni religiose bisogna aspettarsi di trovare specialmente sviluppata questa divozione di tenerezza e di pietà. Nelle antiche la spinta era stata data ed essa si confondeva qua e là, come una tradizione; nelle nuove ne troveremo ugualmente. Ho già fatta parola dei Carmelitani. Fra i Domenicani possiamo segnalare due scritti dove si tratta espressamente del Cuor di Gesù. Il primo è del P. Ignazio del Nente e fu pubblicato a Firenze nel 1642. È scritto in italiano ed ha per titolo: Solitudini di sante e pie affezioni verso i Misteri di nostro Signore Gesù Cristo e della Vergine Maria. Queste Solitudini o ritiri sono sette. Le prime cinque hanno per soggetto l’Annunciazione, la Natività, la santa Infanzia, le ultime due, che non entravano nel piano primitivo, sono consacrate una all’Eucaristia, l’altra al Cuor di Gesù. Nel corso del libro è nominato più volte questo divin Cuore; ma l’autore ha voluto comporre una « Solitudine di alcune ore », che fosse espressamente in suo onore, come spiega lui stesso nell’Avvertimento. Si appoggia su di una rivelazione di nostro Signore a santa Gertrude, e mostra come, essendo il Cuore di Cristo unito « al cuore del Verbo e della Divinità, che lo contempla, l’adora, l’offre al Padre celeste e vive nell’unione per il suo divin amore, fa necessariamente un’opera sublime, la più gradita che possa presentare a Dio ». Il titolo è: Solo col sacro Cuore. Al principio si ha una bella preghiera per offrire all’Eterno Padre, insieme con il cuor di Gesù, tutti i buoni pensieri ed esercizî di questa Solitudine. Meditazione preliminare: Esortazione alla solitudine, col Cuore di nostro Signor Gesù Cristo. Seguono: un’esortazione a meditare nel Cuore di Gesù; delle affezioni di pentimento in unione col Cuor di Gesù, un soliloquio d’unione al Cuore di Gesù, cinque meditazioni (brevissime) sul divin Cuore di Gesù, un’offerta del Cuor di Gesù al Padre eterno, delle invocazioni ed orazioni al Cuor di Gesù, un secondo soliloquio in cinque parti, in cui si vede come Maria perdé il suo cuore nel Cuor di Gesù, quali dolcezze, qual sapienza, qual carità essa attingeva dal Cuor di Gesù e come Gesù consolava sua Madre delle sofferenze che le imponeva. – Tutto questo è molto pio: è veramente una perla di divozione al sacro Cuore. Didiot, segnala ancora, secondo Echard e Quétif, l’opera di un domenicano fiammingo, il P. Antonio Barbieux, pubblicata a Lilla nel 1661, con il titolo: La divozione al cuore santissimo del Figlio d’Iddio e della sua santissima Madre. Io non lo conosco che per questa indicazione. I Certosini continuano, nel secolo XVII, le tradizioni dei loro predecessori; i loro scritti parlano del cuore divino, i loro mistici ricevono suoi favori. Don Antonio di Molina, Certosino di Miraflores, verso il 1605, nelle sue Meditazioni sulla Passione, non dimentica la passione del Cuore nelle ore dell’agonia. Don Renato Hensaeus, che era nel 160 priore della Certosa di Briinn in Moravia, cercando perché Gesù ha voluto che il suo costato venisse trafitto, dà, tra le altre, questa ragione: « Infine Gesù ha voluto che il suo costato fosse aperto, affine di mostrarci, con quella ferita visibile, la piaga invisibile che ha trafitto il suo cuore ». La stessa formula della divozione, ricordiamolo, la Chiesa ha fatta sua, prendendola a prestito dal pio autore della Vite mistica. « Entrate dunque, conclude don Hensaeus, in questa porta del Paradiso. Andate verso la fontana e l’albero di vita, che non sono altro che il cuore stesso di Gesù, affinché vediate come Egli vi ha portato nel suo cuore. Entrate da questa porta nella cella mistica; vi ci invita lo sposo delle anime quando dice: Si quis sitit, veniat ad me et bibat; che l’anima assetata venga a me e sarà dissetata ». Don Policarpo della Rivière, priore della Certosa di Bordeaux (1629), poi di quella di Bonpas, presso Avignone, ha delle idee e degli affetti simili; ed anche don Giovanni Anadon, priore dei Certosini di Saragozza (1682). Suor Anna Griffon (1580-1641), d’Abbeville, certosina: a Gosnay in Artois, racconta come un giorno ella ricevè « una gande dolcezza e abbondanza di delizie » che vedeva « come sgorgare dal cuore » di Gesù. « Ciò che scendeva, ella dice, dal Cuore del mio dolce Salvatore era una luce pura che mi attirava a lui. Questo raggio sottilissimo, che sortiva da quel divin cuore e che penetrava nel più intimo dell’anima mia attirava a sé tutta l’affezione del mio cuore per prenderlo e trasformarlo in Lui, in un modo mirabile e incomprensibile… M’intenda chi può ». Ciò che segue è ancor più nel tono di santa Margherita Maria, quanto al senso e alla forma. « Un’altra volta, essendo molto addolorata per tante offese che si commettevano ordinariamente negli ultimi giorni di quaresima, e abbandonandomi interamente al mio dolce Salvatore, offrendomi in espiazione per tutte le offese che si commettevano in quei giorni nel mondo, gli domandai come potessi soddisfare alla sua giustizia e fargli piacere, e conobbi il piacere inestimabile che provava il mio Signore quando in tali giorni offrivo al Padre eterno l’amore del cuore del suo Figliuolo ». Si vede che don Innocente Le Masson, generale dei Certosini, quando, nel 1694, le sue religiose gli chiederanno il permesso di onorare il sacro Cuore, come si era allora rivelato a Margherita Maria, avrà ragione di riconoscere in quella una seta divozione del suo Ordine e di raccomandarla come tale. – Nei diversi rami della famiglia francescana, la divozione è viva e tende a generalizzarsi. Due libri di uso corrente ne indicano le pratiche quotidiane e, per così dire, continue, per gruppi considerevoli. Il primo è La regola di Penitenza del serafico Padre san Francesco…, seguita da un Esercizio giornaliero all’uso dei Religiosi e del Terzo Ordine regolare, 1635. È una specie di Direttorio spirituale, composto per rispondere a una decisione del Capitolo generale del 1625, approvato dai Capitoli susseguenti. Ora nell’Esercizio si parla ad ogni istante del sacro Cuore, quanto è più che nella Faretra di Lansperge, o nel Manuale di don Michele di Vesly per i Certosini. « Dopo l’esame, bisogna offrire al Padre eterno i dolori e le amarezze del Cuore del suo Figliuolo per supplire ai difetti nostri ». E quelle che noi concepiremo, debbono essere attinte a questa forma d’amore ». Fra gli atti di lontana preparazione alla comunione, vi sono le affezioni d’amore «considerando che le azioni e le sofferenze di nostro Signore hanno la loro sorgente nel suo Cuore divino, infinitamente desideroso della nostra salute », e vi sono delle aspirazioni a Gesù, per ottenere «l’accesso al suo cuore ». Uscendo dal convento bisogna raccomandarsi al Cuore di Gesù dicendogli: « Gesù amabilissimo, vi raccomando il corpo e l’anima mia, con tutti i miei sensi e potenze, rinchiudendoli nella piaga del vostro Cuore fedele, affinché vi piaccia di preservarmi là da tutti i peccati ed affezioni sregolate. Degnatevi di nascondere il mio cuore nel vostro, e tutto il volere e non volere, il mio riposo e la mia azione; e siate il principio e il fine di tutti i miei pensieri, le mie opere e le mie parole ». Al ritorno, « avvicinandosi al convento…, bisogna allontanare l’immaginazione delle idee concepite per la vista e l’udito…. E infine, allorché si è arrivati, si ritornerà al Cuore di Gesù, per riprendere i suoi esercizî». – L’altro libro è del P. Adriano di Maringues, Recolletto Fu pubblicato a Lione nel 1659 sotto il titolo: Esercizi spirituali molto utili e propri per condurre le anime religiose alla perfezione delle azioni dei giorni, delle settimane, dei mesi e degli anni. Come si vede, si rivolge a tutti i Cristiani, ma è stato scritto specialmente per le Clarisse. Questo libro è pieno del sacro Cuore. Vi si indica particolarmente secondo il P. Saint-Jure, come bisogna unirsi a Gesù nel Cuore di Gesù stesso, compiervi tutte le nostre azioni e abbandonarvisi a tutti gli esercizî della vita purgativa, illuminativa, unitiva. Il P. Adriano fa notare che non propone le pratiche nuove, c il modo con cui trascrive le pagine di Saint-Jure ci fa indovinare come procede per il resto. Il gran posto fatto al sacro Cuore nel libro non farebbe che dimostrare meglio la parte eminente ch’esso aveva fin d’allora nella divozione dei fedeli. – Il celebre P. Giuseppe (1577-1638), braccio destro di Richelieu, l’« Eminenza grigia » come si diceva, nomina spesso il sacro Cuore. Pochi ne parlano quanto lui prima di santa Margherita Maria. Le sue istruzioni alle Benedettine del Calvario che, come si sa, aveva fondate nel 1614, ne sono piene. Forse la parola cuore non rappresentava per lui un senso ben definito; ed, esaminando alcune delle sue impressioni, si potrebbe essere tentati di concludere che, pur impiegando la parola cuore, non ha in vista il cuore di carne e che, per conseguenza, non abbiamo in lui, per parlar propriamente, la divozione del sacro Cuore. La conclusione sarebbe inesatta: il P. Giuseppe, è vero, non precisa come si è fatto più tardi; e la realtà concreta che dà un fondamento al simbolismo resta così velata che il cuore, nel suo scritto, ci appare più come una parola od una metafora, che come una cosa, un simbolo. Questo è comune a lui e a tutti, o quasi tutti quelli che in quest’epoca parlano del sacro Cuore. Ma un esame più attento ci mostra che l’idea resta simbolica e che la parola cuore non è completamente priva del suo significato mate riale; il continuo richiamo della ferita del cuore e del costato trafitto è sufficiente ad avvertirci. Quando il P. Giuseppe dice che, parlando del cuore, non intende « parlare del cuore materiale del Salvatore, ma della sua volontà e del suo amore », l’espressione va più lontano del suo pensiero; egli vuol dire soltanto che si arresta al cuore materiale come tale. – Da altri scrittori della famiglia francescana sono stati raccolti numerosi testi sul Cuore di Gesù, del P. Filippo d’Angoumois (1631), del P, Paolo di Lagny (1663), del P. Leandro di Digione (1661), del P. Bernardino di Parigi (1662), del P. Luigi Francesco d’Argentan (1668), del P. Guglielmo di Troyes (1670). Pure presso i loro mistici sono stati raccolti molti tratti poco conosciuti, sia come divozione al Cuor di Gesù, sia come manifestazione di questo Cuore santissimo. A questo riguardo, la venerabile Giovanna Maria della Croce (1603-1673) merita una menzione speciale. Insieme con la santa amica Sibilla di Lodrone, ella aveva fondato a Rovereto, sua patria, un monastero di Clarisse e vi si era fatta religiosa. La sua vita era tutta piena del sacro Cuore e ne parlava incessantemente. « Che lo Sposo celeste, scriveva alla sua amica, trasporti l’anima tua nella grande piaga del cuore e ti lasci contemplare la sua bellezza e le sue grazie… Questa vista ti immergerà in un rapimento ineffabile. Egli ti inebrierà del suo amore infinito; come una cerva ferita tu corri… al suo santissimo e amabilissimo Cuore, dove l’anima pure ama di stabilire la dimora… Ci ritroveremo nel Cuore di Gesù ». Il 15 aprile 1654 ella scriveva il suo testamento Spirituale: « O cuore trafitto del mio dolce Gesù! O porta che il vostro amore, ben più che la lancia del soldato, ha aperta! O dolce Gesù, o grazioso, o amabile, o buon Gesù! Soffocate, tutti i miei peccati, poiché è in questo cuore che l’anima mia pone ogni speranza… O Figlio d’Iddio, mi amabile Sposo, vi amo con tutto il cuore; io languisco dal desiderio di entrare, per la sacra porta del vostro cuore aperto, nelle gioie del vostro paradiso ». E con quanta poesia cantava il cuore di Gesù: « O Gesù, mio amore, la vera felicità dell’anima è di riposarsi nel cuore, spoglia di tutte le cure terrestri, in un benedetto oblìo di tutto ciò che non è Dio, è di bere così il latte della vostra sapienza. Che i miei occhi non sentano che voi; che la mia lingua parli solo di voi; che tutti i miei sensi assopiti dolcemente nel vostro cuore divino, come Giovanni sul vostro petto, seguano e parlino di voi in un amore ineffabile. O cuor di Gesù, scuola della verità divina, dove l’anima impara ed intende ciò che vi è di più incomprensibile! Artista divino! è nella fucina del vostro cuore che voi lavorate il mio, con i colpi raddoppiati di un amore reciproco, per farne un vaso prezioso… Il vostro cuore è un’arca piena di colombe che, sfuggite al pantano di questo mondo, hanno cercato un rifugio in voi, E voi stesso mi tendete la mano, affine di farvi entrare l’anima mia, affaticata dal volo… Oh! come si dorme dolcemente su questa roccia, al mormorio delle acque celesti, al soffio rinfrescante delle consolazioni divine! Oh! come cantate dolcemente dall’alto di questa roccia, queste parole: «Vieni mia colomba, la porta del mio cuore è aperta per te. Tu sei il mio e io sono il tuo; ho messo il mio cuore nel tuo ed ho racchiuso il tuo nel mio, e, tutti e due, non abbiamo che una stessa volontà. Io ti porto scritta nel mio cuore aperto. Tu sei là, come la perla di prezzo inestimabile, come una perla di amore santo… ». O mio Salvatore! rinchiudetemi nella cittadella del vostro cuore! Ponete delle guardie alla porta, affinché la mia anima, non vi sia turbata, ma anch’essa vi goda della vostra felicità, nella pace e nel riposo ». – Si potrebbe aggiungere qui S. Fedele di Sigmaringa, ma di lui se ne è già parlato. – Nella famiglia benedettina, abbiamo già segnalato l’opera di D. Haeften, abate di Afflighem, e la vita della, Madre Deleloe. La Francia ci dà due o tre grandi badesse molto devote al Cuore di Gesù. Nella vita di M.me Francesca di Nérestang, morta nel 1652, badessa de La Bénissondieu, scritta dal P. Cherubino di Marcigny, Recolletto, e stampata a Lione nel 1653, in cui sono stati raccolti alcuni scritti della pia badessa, troviamo, nel suo corso di una elevazione sull’Eucaristia, una bella preghiera al sacro Cuore: « Poiché io son sicurissima d’aver l’accesso nel vostro Cuore, perché vi alberga la carità che avete per noi, permettetemi di farvi il mio ritiro e il mio soggiorno. Permettetemi di entrare in questo Cuore pietoso e generoso come nel luogo del mio rifugio, per fuggire c salvarmi dai miei nemici crudeli… Mio dolce Salvatore, avete voluto che il vostro sacro fianco fosse aperto al fine di tenerci una porta libera per entrare da voi; avete fatto sì che l’amore più che la lancia lo trafiggesse, affinché noi ci si potesse ricoverare, esservi al coperto da tutti i pericoli e dalle persecuzioni del mondo in questo cuore favorevole, per non sortirne mai più… Là voglio considerare, esaminare e piangere i miei peccati e domandarne perdono alla vostra divina Maestà, in questo cuore amoroso che, altra volta ne ha concepito un inesprimibile dispiacere e ne è stato trafitto da un estremo dolore. In questo Cuore sacro, infinitamente santo e meravigliosamente puro, che ha in orrore le minime imperfe-zioni, io voglio odiare tutte le mie colpe, fino alle più leggere; voglio combattere tutte le mie passioni disordinate e resistere coraggiosamente agli assalti di tutti i miei nemici, sperando di riportarne una gloriosa vittoria, grazie a questa inespugnabile fortezza. Sarà in questo cuore divino, che è stato afflitto da me, che vivrò contenta nelle mie mortificazioni e penitenze ed in tutti i miei dispiaceri, afflizioni, aridità, noie e contraddizioni. Sarà pure là che soffrirò, senza lamentarmi, i dolori della morte, ricordando che questo cuore generoso, per amor mio, fu oppresso di noie e di tristezze, al tempo della sua amara passione, senza mormorare. È in questo sacro Cuore che rinnovo la donazione assoluta di me stessa, che vi ho già fatta, caro Maestro, della mia anima e del mio corpo e di tutte le loro facoltà e operazioni, e che mi abbandono interamente a Voi, mio adorabile Redentore, in una completa dipendenza di tutto ciò che sono e che posso; protestando di voler agire eternamente, secondo le inclinazioni del vostro Cuore, seguire i suoi consigli, conformarmi ai suoi desideri, entrare in tutti i suoi interessi e trasformarmi nelle sue affezioni ». – La Madre Matilde del SS. Sacramento (1624-1698). fondatrice delle Benedettine dell’Adorazione perpetua, vide un giorno la Vergine che le presentava il suo Figliuolo, tutto ferito, col cuore aperto, e che la invitava a cercar rifugio in quel cuore. Era verso il 1637. Più tardi, nel libretto su Le véritable esprit des Religieuses adoratrices, redatto verso il 1660, ella diceva alle sue religiose: « Corriamo dunque, sorelle, corriamo al SS. Sacramento. Andiamo a soddisfare i desideri infiniti in questo cuore adorabile; comunichiamoci per accontentarlo. Abbandoniamo i nostri corpi ai suoi piedi santissimi e diciamogli con reciproco amore, il più ardentemente che ci sarà possibile: O cuor divino! O cuor amabile! O cuore la cui eccellenza e bontà non si può esprimere! Accontenta i tuoi desideri in me, attirami tutta a te per soddisfare i tuoi desideri, nutriscimi alla tua maniera affinché io sia sostentata da te e i tuoi desiderì trovino la loro piena soddisfazione. Comunica all’anima mia una piccola parte dei tuoi desideri più ardenti e che io possa dire, con lo stesso cuore e lo stesso amore, per l’effusione dei tuoi sacri desiderì in me, comunicandomi tutti i giorni: Desiderio desideravi ». – Si noterà in questa bella preghiera l’indirizzo diretto al Cuor di Gesù. Era cosa molto rara, benché ne abbiamo visti altri esempi. Si noterà anche questa idea, che si crederebbe tutta moderna o almeno dipendente completamente dalle visioni di Paray, della comunione quotidiana, riguardata come una risposta ai desideri del sacro Cuore. Molti altri passi, nelle lettere della pia fondatrice, fanno menzione del Cuore di Gesù e mostrano una vera divozione. – Non deve adunque meravigliare che gli sforzi di san Giovanni Eudes abbiano trovato là la migliore accoglienza. Probabilmente, studiando la vita della Signora di Lorraine, badessa di Montmartre, si troverebbero dei passi simili; poiché anche là san Eudes trovò la migliore accoglienza e il suo Ufficio del cuor di Gesù vi fu ricevuto fin da 1668 o 1669, con l’approvazione del Cardinale di Vendòme. Ne faremo parola studiando l’azione di san Giovanni Eudes. – Le diverse famiglie religiose conosciute sotto il nome generale di Orsoline ci forniscono pure dei tratti interessanti. La venerabile Madre Anna di Xainctonge, fondatrice delle religiose di S. Orsola della Santissima Vergine (1567-1621), quando assisteva alla Messa, « praticava col Salvatore una santa familiarità, dice il P. Binet, uno dei suoi biografi, avanzandosi in ispirito sull’altare a baciare la preziosa piaga del costato, ben addentro al suo cuore, per unire strettamente la sua anima a lui…, protestando di non volerne uscire mai più se non le avesse detto di andarsene con la sicurezza ch’Egli l’amava e la benediva ». – Fra le Orsoline di S. Angela Merici, le Cronache dell’Ordine ci indicano molti casi di divozione al Cuor di Gesù. Ecco quelli che ha raccolto il P. Di Franciosi. La Madre Anna di Beauvais di Bordeaux (1587-1620) diceva al suo direttore, il P. Loyrot, gesuita, che nostro Signore le aveva tolto il suo cuore e gliene aveva dato un altro. – Suor Carlotta Ronault d’Abbeville (1618-1644), non desiderava e non chiedeva altro, quasi, che di essere accolta nel Cuor di Gesù. Ella vi attingeva la forza per austerità terribili. Qualche giorno dopo la sua morte, una delle sue suore la vide « attaccata a quel cuore divino ». – La Madre Maria-Germana Tiercelin, di Pontoise, vide un giorno nostro Signore che le copriva «il suo costato aperto ed il suo cuore ardente di amore per lei, facendole : comprendere, nello stesso tempo, che il suo cuore divino ed il suo erano così uniti che non formavano che un solo cuore ». – Suor Stefanetta Guyot, di Beaune (1626-1642), vide un giorno nostro Signore. « Mi ha detto, ella raccontò, amami, seguimi. Avvicina la tua bocca, o figliola amata, e mettila sulla piaga del mio cuore, bevi e succhiane i liquori divini fin che io te lo permetterò ». – La Madre De’Jasse, d’Ussel (1614-1656), vide nostro Signore che cambiava di cuore con lei. « Mi piace, Egli le disse, di prendere il tuo, è uno dei miei tesori ». Poi le donò il suo raccomandandole di conservarlo. – Grazie analoghe ebbe Suor Antonietta Miette, di Roanne (1592-1657), che il P. Coton aveva in grande stima: scambio di cuori, applicazione al divin Cuore per bevervi una dolcezza indicibile. – Suor Maria Prévostière, di S. Giovanni d’Angély (1623-1662), era ai suoi ultimi momenti: « quando ebbe ricevuta la Comunione, vide presso il suo letto una luce brillante ed un cuore, in mezzo a quella luce, che cagionava delle grandi palpitazioni al suo, come per andare a raggiungere quel bel cuore. Infatti, le sembrò che, essendo il suo cuore riuscito ad avvicinarsi, si fece un miscuglio dei due cuori, come se non fossero stati che uno ». Ma fra questi amanti del sacro Cuore bisogna fare un posto speciale a Madre Maria dell’Incarnazione, orsolina, morta a Québec nel 1672. Bossuet l’ha chiamata la Teresa del Nuovo Mondo. Maria dell’Incarnazione fu una grande devota del sacro Cuore e l’editore delle sue lettere ha ragione di notare questa « divozione pratica di tutti i giorni durante gli ultimi quarant’anni della sua vita », come uno dei tratti caratteristici della sua spiritualità. Ella ne parla ad ogni istante; spesso mette in testa alle sue lettere un « saluto umilissimo nel sacro Cuore di Gesù », o una formula analoga. L’11 ottobre 1649 scrive ad una delle sue sorelle: «Mi siete cara come me stessa; per questa ragione vorrei potervi porre nel Cuore del nostro amabilissimo Gesù. È in quel santuario sacro che io vi visito e vi vedo ogni giorno. Venite anche voi  a visitarmi là, affinché possiamo rallegrarci insieme perché esso è così pieno d’amore da permettere che noi, lo avviciniamo. Son tutta vostra in lui » Un po’ più tardi, il 13 agosto 1650, essa lo scrive ancora: « Salve umilissima nel sacro Cuore del nostro amabilissimo Gesù, santuario di tutti i tesori di grazia e di gloria. Che la sua infinita bontà sia eternamente benedetta, poiché gli piace di continuarvi la larghezza della sua intima carità. Non temete di seguire i fini che vi spingono: a parlargli familiarmente ed amorosamente. Bisogna rispondergli, e parlargli. Ciò conquista il suo cuore e cattiva la sua bontà infinitamente portata a comunicarsi ai suoi amici, e se voi non gli rispondeste…, voi ne sareste responsabile al suo amore, che non ama che per essere amato… Vi voglio e vi desidero, mia sorella carissima, in questo abisso d’amore, il più che amabile e adorabilissimo cuor di Gesù. Che voi siate tutta perduta e consumata nelle sue sante fiamme ». –  A suo figlio, il 22 ottobre 1649: « Viviamo, ora nel sacro Cuore di Gesù per concepirvi ciò che produce in un’anima la fedele pratica delle massime che tu sai ». Ed aggiunge, il giorno dopo: « Viviamo nel nostro Gesù. mio carissimo figlio; che l’avvicinarsi del sacro Cuore faccia riversare nei nostri la vera santità; poiché è da questo cuore santo, che sgorgano tutti i tesori di grazia e di amore che ci fanno vivere della sua vita e ci animano del suo spirito. » – E in una lettera a questo figlio, don Claudio Martin datata del 16 settembre 1661, ella descrive lungamente una pratica di divozione al sacro Cuore che Dio le aveva ispirata circa trent’anni avanti (verso il 1635, ella dice altrove) e che aveva sempre mantenuta. Un giorno che Dio pareva sordo alle sue preghiere, ella intese una voce interna che le diceva: «Domandami per il cuore del mio Figliolo; è per Lui che ti esaudirò ». Subito, essa racconta, « tutto il mio essere interno si trovò in comunicazione intima con quest’adorabile cuore, in modo che non potevo più parlare al Padre eterno che per mezzo suo ». Dipoi fu sempre fedele a questa pratica. « Ecco presso a poco come mi comporto, così ella scrive, quando son libera, nel parlare al Padre nostro: « Per mezzo del cuore del mio Gesù, mia via, mia verità, e mia vita, mi accosto a Voi, o eterno Padre. Per mezzo di questo divin cuore vi adoro per tutti quelli che non vi adorano; vi amo per tutti quelli che non vi amano; vi riconosco per tutti i ciechi volontari che per disprezzo non vi riconoscono. Voglio, per questo divin cuore, soddisfare al dovere di tutti i mortali… Li abbraccio per presentarveli per mezzo suo e per Lui vi chiedo la loro conversione… Ah! fate ch’essi vivano per questo divin cuore ». La preghiera e l’offerta, per mezzo del sacro Cuore, continuano per la Chiesa del Canadà, per i missionari, per suo figlio, ecc. La Venerabile, si rivolgeva in seguito a Gesù e gli diceva: «Voi sapete, o amor mio, tutto ciò che voglio dire al vostro Padre per mezzo del vostro divin cuore e della vostra anima santa. Unitevi a me per pregare, col cuore vostro, quello del vostro Padre, etc. Ecco, conclude, l’esercizio del cuor di Gesù ». – In altre congregazioni dedicate all’insegnamento si possono spigolare ancora alcuni fatti. Marcella Germain (1599-1661), che fondò a Limoges l’istituto di S. Giuseppe della Provvidenza, racconta al suo confessore come, un giorno, pregando, si trovò « inabissata nel sacro Cuore di Gesù ». « Figlia mia, le disse nostro Signore, bevi a grandi sorsi le soavità del mio cuore, tu vi troverai in abbondanza tutte le consolazioni. Entra nel mio amabile cuore. Guarda e attingi in questo torrente, in questo abisso di delizie… Voglio racchiuderti nel mio gran cuore che tutto è amore per te ». « Questo Dio d’amore, ella aggiunge, me l’ha aperto, questo cuore adorabile, dicendomi: « Guarda come è capace di contenere il mondo intero! Oh! quanto è bello e grande questo cuore divino!… Quanto è buono dimorarvi e perdersi in lui! ». – Giovanna di Matel (1596-1670), fondatrice delle Religiose del Verbo Incarnato, era pure in relazioni intime con il divin Cuore; Gesù le disse un giorno: « Figlia mia, ho preso il tuo cuore avanti alla comunione; il mio ti appartiene per il mio amore ». Un altro giorno le dice: « hai ferito il mio cuore »; e, mentre, la sera dello stesso giorno, ella si preparava alla comunione, Egli le lanciò una freccia che le ferì il cuore dicendole: « Tu mi hai ferito in te, voglio ferirti in me ». Una volta la invitò a riposare nelle sue piaghe, un’altra volta le mostrò le grazie dell’Eucaristia che stillavano dal suo Cuore divino. Si potrebbero moltiplicare i passi analoghi o segnalare, nei suoi scritti, delle pratiche di divozione, come quella di salutare le sue religiose nel Cuore di Gesù.

IV. – COME LA DIVOZIONE DIVENNE GENERALE NELL’ASCETICA CRISTIANA

Leggendo gli oratori e gli scritti ascetici del secolo XVII, sì incontra ad ogni istante menzione del sacro Cuore; qualche volta sono intere pagine pie e commoventi. Luigi Bail (morto nel 1669) nella sua Théologie affective, ha una bella elevazione al Cuore di Gesù, principio della nostra vita spirituale e fonte della nostra salvezza. Bernières-Louvigny (1602-1676) scriveva: « Questo cuore divino di Gesù sarà dunque, d’ora in poi il tuo oratorio, anima mia; in Lui e per mezzo suo tu offrirai tutte le tue preghiere a Dio Padre, perché gli siano più gradite. Sarà la tua scuola, ove andrai ad imparare la eminentissima scienza d’Iddio… Sarà il tuo tesoro dove andrai a prendere tutto ciò che ti abbisogna per arricchirti ». I testi innumerevoli in cui si parla del Cuor di Gesù, non provano sempre rigorosamente che esista divozione a questo Cuore; ma indicano, almeno, che essa si presentava naturalmente allo Spirito appena era questione dei sentimenti del Maestro, delle sue virtù, dell’unione e della conformità che il Cristiano deve avere con Lui. Dopo ciò non ci meraviglieremo di incontrare in Bossuet, non dirò, per non esagerare, un discorso del sacro Cuore, ma tutta una parte di un discorso in cui si trova molto ben definito lo spirito stesso della divozione e dimostrato molto bene quel che deve esserne la base poiché la base della vita cristiana è l’identità del nostro cuore con quello di Gesù. Nel panegirico di S. Giovanni, tutta questa dottrina è così bene esposta; la parte fatta al Cuor di Gesù è così gande che vale la pena di arrestarcisi un poco. « Ciò che mi fa conoscere, egli dice, il più sensibilmente la grande inclinazione del Cuor di Gesù, per il discepolo di cui parliamo, sono tre doni che egli gli fa… In vita, gli dà la sua croce; alla sua morte, gli dona sua madre; alla cena gli dona il suo cuore ». Dopo alcune parole sui due primi doni, Bossuet continua: « Ma ciò che mostra di più il suo amore, è il bel regalo che gli fa al sacro banchetto dell’Eucaristia. Come se non bastasse di averlo gratificato con tanti doni, lo mette in possesso della sorgente stessa di tutte le sue liberalità, cioè del suo cuore, sul quale gli ordina di riposare, come in un luogo che gli spetta. O discepolo veramente felice! a cui Gesù Cristo… ha dato il suo cuore per non essere più che una sola cosa con lui! Cosa resta, o caro favorito, se non che voi accettiate questi doni, col rispetto che è dovuto all’amore del vostro buon Maestro? Vedete, Cristiani, com’egli li accetta. Accetta la croce… Accetta la SS. Vergine… Accetta soprattutto il Cuor di Gesù con una tenerezza incredibile, allorché si riposa su di esso dolcemente e tranquillamente, per segnare un godimento piacevole ed un possesso assicurato ». Tali sono le proposizione e la divisione del discorso. Il terzo punto tutto intero è consacrato al dono del cuore. Eccone alcuni passi per darne un’idea: « Non basta al Salvatore spargere i suoi doni su S. Giovanni. Vuol condurlo fino alla sorgente. Tutti i doni vengono dall’amore: gli dà anche il cuore e lo mette in possesso del fondo di cui gli ha già dato i frutti. Vieni, Egli dice, mio discepolo caro, ti ho scelto avanti tutte le età per essere il dottore della carità. Vieni a berla alla sua fonte… Avvicinati a questo cuore che non respira che l’amore degli uomini e, per parlar meglio del mio cuore, vieni a sentir da vicino gli ardori che lo consumano ». L’oratore continua indirizzandosi al discepolo amato. « Giovanni, poiché voi ne siete il padrone apriteci questo cuore di Gesù; fatecene notare tutti i movimenti che solo la carità eccita » E riprende: « Questo è ciò che egli ha fatto in tutti i suoi scritti; tutti gli scritti di S. Giovanni non tendono che a spiegare il Cuore di Gesù ». Bossuet interprete di Giovanni, ce lo spiega lui pure: « In questo cuore è il compendio di tutte le meraviglie del Cristianesimo. Misteri di carità la cui origine è nel cuore: un cuore, se può dirsi, tutto nutrito di amore; tutti i palpiti, tutti i battiti di questo cuore, li produce la carità. Chi l’ha fatto… abitare fra noi? L’amore. E così che Dio ha amato il mondo… È, dunque l’amore che l’ha fatto discendere a rivestirsi della natura umana. Ma qual cuore avrà Egli dato a questa natura umana se non un cuore fatto tutto d’amore?… Datemi tutto ciò che vi è di tenero, tutto ciò che vi è di dolce e di umano: bisogna fare un Salvatore che non possa soffrire le miserie senza esser preso dal dolore… ». Segue un ritratto del Cuor di Gesù, e l’oratore conclude: « Ecco, fratelli miei, qual è il cuor di Gesù, ecco qual è il mistero del Cristianesimo. Per questo il compendio della fede è racchiuso in queste parole: « Per noi, abbiamo creduto all’amore che Dio ha per noi ». Perché il Giudeo, non crede al nostro Vangelo? Egli riconosce la potenza; ma non vuol credere all’amore… Per me, io credo alla sua carità, ed è tutto. Si è fatto uomo, io lo credo; è morto per noi, io lo credo; Egli ama, e chi ama fa tutto: Credidimus caritati ejus ». « Ma, riprende subito, se crediamo in Lui, bisognaimitarlo ». La lezione sarà una lezione di carità.« Questo Cuore di Gesù abbraccia tutti i fedeli… Abbiamodunque un Cuor di Gesù, un gran cuore che non escludenessuno dal suo amore… Amiamoci dunque nel Cuor diGesù Cristo ».Sarebbe troppo lungo dare qui tutta la trattazione riguardanteil sacro Cuore. E poi qual formula di vita cristiana si può trovare più felice di questa formula della devozione al sacro Cuore: « Abbiamo un cuore di Gesù Cristo »? Qual formula più perfetta di carità cristianadi questa, che è pure una formula usuale della stessa devozione:« Amiamoci nel Cuor di Gesù »? Che cosa si può dire di più, nel senso della divozione, del mostrare « in questo cuore… il riassunto di tutte le meraviglie del Cristianesimo» e del riportare tutta la nostra fede a quella parola di S. Giovanni: « Noi abbiamo creduto all’amorehe Dio ha per noi »?