TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO (9)

TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO (9)

TITOLO ORIGINALE: TRAITÉ DU SAINT – ESPRIT – Edit. Bloud-Gay.- Paris 1950

V. Per la Curia Generalizia Roma, 11 – 2 – 1952 – Sac. G. ALBERIONE

Nulla osta alla stampa Alba, 20 – 2 – 1952 Sac. S. Trosso, Sup.

lmprimatur Alba, 28 – 2 – 1952 Mons. Gianolio, Vic. GEN.

Capo SETTIMO

LO SPIRITO SANTO È DIO, CONSUSTANZIALE AL PADRE ED AL FIGLIO

III. – LA TRADIZIONE DEI PADRI DEL II E DEL III SECOLO

Il carattere particolarmente definitivo del Nuovo Testamento, in ciò che concerne la concezione di Dio è stata, come abbiamo visto, la rivelazione ben Chiara dell’esistenza di un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Dio è uno; ma nonostante questa unità essenziale che essa mantiene, la divinità appare d’ora innanzi, secondo l’espressione dei Padri, come distribuita tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. – Ora tale dottrina è stata pure la credenza fondamentale dei Padri apologisti e dei Padri del terzo secolo. Gli scritti degli stessi eretici, sebbene non possano venir considerati quali testimonianze dirette della fede della Chiesa, sono testimonianze. indirette di grande importanza. Essi conservano, falsandone il senso, dei termini che, nella Chiesa, corrispondono alla vera dottrina, e le condanne di cui sono stati oggetto fanno meglio risaltare l’opposizione che esiste fra i loro errori e l’insegnamento autentico. Ma bisogna forse ridurre l’insegnamento dei Padri del secondo e del terzo secolo a questo minimo di fede trinitaria? Se è così, si dovrà dire che i Padri dei primi secoli non hanno fatto che riprodurre l’insegnamento del Nuovo Testamento, e che la Chiesa ha sviluppato di colpo il dogma della consustanzialità nel momento in cui scoppiò l’arianesimo. – Esaminiamo con la massima cura i nostri documenti tradizionali e cerchiamo una risposta a tale domanda. Ai filosofi giudaici che si ostinavano a rinchiudersi nel monoteismo dell’Antica Legge e rimproveravano ai Cristiani di ammettere più dèi, come ai pagani che lanciavano ai Cristiani il rimprovero di ateismo, gli apologisti del secondo secolo rispondevano: « Affermiamo un Dio Padre, un Figlio Dio e uno Spirito Santo e dimostriamo la loro potenza nell’unità e la loro distinzione nella processione » (ATHENAGOR, Leg. pro christ. 10.). Essi ammettono dunque in Dio un legame per mezzo del quale l’unità e la trinità si confondono: ed anche lo dimostrano. Esso consiste in ciò, che il Figlio è generato dal Padre avanti ogni creatura, scrive San Giustino (Dial.48; 56; 61). Ma tale generazione – aggiunge Taziano – si fa senza divisione della sostanza, nello stesso modo che il fuoco di una torcia si comunica ad altre torce (Or. Adv. Gr. 5). Confessiamo che la dottrina del legame che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non ha ancora raggiunto la Perfezione che gli daranno i Padri del Concilio di Nicea; riconosciamo tuttavia che, per condurvela sarebbe bastato sottoporla ad un’analisi un po’ rigorosa. –  Impotente à Spiegare la trinità nell’unità, r temendo che 1a dottrina delle tre Persone in un solo Dio conducesse gli spiriti ad ammettere l’esistenza di tre dèi Subordinati l’uno all’altro in natura e in Potenza, Sabellio insegnò che il Figlio non è che un altro nome del Padre; i modalisti pretesero che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono che modalità transitorie di una medesima sostanza divina. –  Sant’Ippolito e Tertulliano, in Occidente; Origene e San Dionigi di Alessandria, in Oriente, protestarono, dicendo che in Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono distinti da tutta l’’eternità, per la loro relazione di origine, e posseggono una sola e medesima sostanza. Il Figlio, dice Origene, è della sostanza del Padre, ὀμοούσιος [= omousios ](La Sapienza che procede dal Padre, dice Origene, «È generata dalla sostanza stessa di Dio »; poiché « é un’emanazione della gloria dell’Onnipotente », e « l’emanazione consustanziale (ὀμοούσιος = omousios) è ciò da cui deriva ». Tale dottrina è contenuta in un frammento del Commentario sulla Lettera agli Ebrei). La parola è trovata. E tuttavia, prosegue l’illustre Alessandrino, se il Figlio possiede la sostanza divina, la possiede meno pienamente del Padre: essa è in Lui come attenuata, diminuita; poiché il Figlio in quanto Figlio deve essere inferiore al Padre, come l’effetto è inferiore alla causa (Contra Celsum, I, 6, 60; Periarchon, L 1, 2, 13; In Jo., l.2, 12, l.32, 18). I – Per aver esagerato troppo tale dottrina, San Dionigi di Alessandria si vede obbligato a fornire spiegazioni a san Dionigi di Roma (De sent. Dion. 6-12; P.G. 25, 488-497). Così il dogma della consustanzialità ê l’unica soluzione per Spiegare il mistero della trinità nell’unità; si afferma solo in parte questo dogma, si intuisce il resto: Si condannano le esagerazioni di tendenze unitarie o triteiste; il termine ὀμοούσιος [omousios] esiste; resta tuttavia un’ultima determinazione dottrinale che ancora non si è potuto afferrare, ma verso la quale lo Spirito di Dio spinge l’anima cristiana. Ora, ecco che la parola ὀμοούσιος prende un senso Sabelliano. Cristo non può essere Dio, scrive Paolo di Samosata, se non costituisce una sola e medesima persona o sostanza con Dio, se non è ὀμοούσιος con Dio. La dottrina di Paolo di Samosata, con la terminologia che la esprime, è condannata nel Concilio di Antiochia, nel 267 0 268. È difficile dissociare un termine dall’idea che essa rappresentata. Perciò, ancora per molto tempo numerosi Padri non potranno udir pronunziate l’ὀμοούσιος senza che questa parola risvegli nel loro Spirito un sospetto di sabellianismo in coloro che la useranno. – Perciò dunque, dal secondo secolo fino alla fine del terzo, non si è cessato di cercare il modo di conciliare in Dio la trinità nell’unità. Bisogna ammettere in Dio il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Tutti e tre sono eternamente distinti per la loro relazione di origine; e tuttavia non vi é che un solo Dio. L’unità tra il Padre e il Figlio viene da ciò, che il Padre comunica al Figlio la Sua propria sostanza. Il Figlio prende la sostanza del Padre ma, affermano parecchi Padri, perché gli è comunicata dal Padre, non può possederla che in una pienezza inferiore. – Ario accelerò la conclusione di tale controversia varcando a un tratto i confini del subordinazionismo e affermando categoricamente che il Cristo Preesistente era soltanto la prima creatura del Padre

IV. – IL DOGMA DELLA CONSUSTANZIALITÀ E IL CONCILIO DI NICEA.

La prima parte del simbolo riassume le conclusioni dei primi tentativi intrapresi Per spiegare L’Unità nella trinità in Dio. Noi crediamo, dicono i Padri, « in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, generato unico dal Padre, Dio da Dio, luce da luce, vero Dio, da vero Dio». Riprendendo la dottrina Precedente, i Padri la oppongono quindi à quella di Ario che essi condannano. Cosi dunque, dicono, il Figlio é « generato e non fatto». Di più, aggiungono, generato dal Padre da tutta l’eternità, e « consustanziale al Padre, ὀμοούσιος τῷ πατρί [omousios to patri] », cioë della medesima essenza o sostanza del Padre, lo stesso del Padre quanto all’essere intimo e assoluto. La differenza è unicamente nella relazione di origine che esiste eternamente tra Padre ed il Figlio.

V. – DOTTRINA ED APOLOGETICA DI SANT’ATANASIO

Come ê sempre avvenuto in Seguito alle definizioni dei Concili, la definizione molto netta e fermissima del Concilio di Nicea Provocò la reazione di coloro che negavano o contestavano tale definizione. I Padri della Chiesa consacrarono tutto il loro pensiero e la loro alta pietà ad insegnare e difendere il dogma fondamentale della consustanzialità delle tre Persone divine, definito dal Concilio di Nicea, il Figlio consustanziale al Padre e allo Spirito Santo, lo Spirito Santo consustanziale al Figlio ed al Padre, la consustanzialità del Figli su cui si concentra tutto lo sforzo dottrinale, portando seco la consustanzialità dello Spirito Santo. Fra questi Padri, citeremo soprattutto sant’Atanasio.  – Da un lato sono gli Ariani puri che affermane che il Figlio è una semplice creatura del Padre [ktisma tou patros]. Per conseguenza Egli è di un’alta essenza sostanza, [ex eteras usias]. È di un’essenza o sostanza UNiesSeNz4 0 8So5tañza, che, essi dicono, non è affatto eguale a quella del Padre, [anomoios]. Egli non è né omousios, come affetma il Concilio di Nicea, e neppure semplicemente omoios.  Essi stati chiamati anomei. Oppure allora, dicono alcuni, se si vuol dire che il Figlio à eguale al Padre, si aggiunga almeno che à eguale al Padre secondo le Scritture Omoios kata tas omoios grafas. Questi sono gli omei. Ma, in fondo, anomei ed omei sono d’accordo.Gli argomenti sui quali essi si appoggiano sono tolti dalla Sacra Scrittura. È il testo dei Proverbi, nel quale la Sapienza dice parlando di sé: «Il Signore mi creò [ektise], per essere l’inizio delle sue vie » (Prov. VIII, 22). Nel Nuovo Testamento è il testo di San Marco: «In quanto poi al giorno ed all’ora (del gran giudizio), nessuno li sa, né gli Angeli del cielo, né il Figlio; ma solo il Padre » (Mc. XIII, 22), oppure quest’altro di san Luca: «E Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia dinanzi à Dio ed agli uomini » (Lc. II, 52). E in san Giovanni raccolgono tutti i Passi che attestano la dipendenza del Figlio rispetto al Padre: « Il Figlio non può far nulla da sè » (Gv. V, 19); il Padre che mi ha mandato è più grande di me» (Gv. XIV, 28); «la vita eterna è questa: che conoscano te, solo vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo » (Gv. XVII, 3). Sebbene abbiano avuto verso i Padri — che del resto li contraddicono — una deferenza mediocre, tanto agli anomei, quanto agli omei, piace appoggiarsi alla dottrina di Origene e di Dionigi di Alessandria. – Ma agli argomenti autorevoli preferiscono assai più il ragionamento puro e semplice. Un essere generato, essi dicono, non può avere in se stesso la ragione della propria esistenza; dipende necessariamente dall’ingenerato. Ora, in Dio, vi sono o no due ingenerati? Se sì: dunque vi sono due principi totalmente distinti o separati, ciò che è quanto dire che vi sono due dèi. Se no: dunque il Figlio non può essere che la creatura del Padre. Agli argomenti degli anomei ecco la risposta di Sant’Atanasio. Quasi tutti i testi della Sacra Scrittura che accusano una certa inferiorità del Figlio rispetto al Padre – dichiara sant’Atanasio – si riferiscono non al Figlio ma all’umanità da Lui assunta, il giorno dell’Incarnazione. Così, « è come uomo che il Salvatore ha detto: il Signore mi ha creato ». Egli ha voluto rendere il seguente pensiero: « Il Padre mi ha formato un corpo, mi ha creato per |a Salvezza degli uomini. In questo passo, il verbo ektise si applica non al Verbo, ma al corpo creato di cui il Verbo è rivestito » (Contra arianos, Or. 2, 47; P.G. 26, 258). Uguale tagionamento riguardo al testo di San Marco: « Ciascuno sa che il Salvatore ha tenuto tale linguaggio a motivo della carne, come uomo. Infatti, una simile imperfezione non ha potuto appartenere al Verbo, ma alla natura umana la cui proprietà è ignorare » (ivi, or. 3, 43). Il testo di san Luca ha evidentemente il medesimo significato. Quanto ai passi di san Giovanni, uno solo sembra presentare alcune difficoltà, ed è quello che contiene questa dichiarazione del Salvatore. « Il Padre che mi ha mandato è più grande di me ». Ora, dice sant’Atanasio, questo testo enuncia una certa Superiorità del Padre sul Figlio, ma non fa che esprimere la relazione di paternità e di figliazione che unisce il Padre ed il Figlio, non contiene nulla che possa intaccate la perfetta eguaglianza del Padre e del Figlio o la consustanzialità delle Persone divine (ivi, or. 1, 58). – Dopo aver esposto il Significato delle Sacre Scritture, Sant’Atanasio si applica à mostrare che gli ariani non hanno il diritto di appellarsi all’autorità di Origene o di Dionigi di Alessandria. Senza dubbio – egli dice – s’incontrano talvolta nei loro scritti delle espressioni strane, ma se si ha cura d’interpretarle secondo il contesto e le circostanze, si vede: che la lors dottrina è ortodossa. (De decretios, 27; P.G. 25, 465) A proposito di san Dionigi, egli lancia agli ariani la seguente apostrofe: « Poiché questi fautori d’empietà pretendono che Dionigi é con essi, scrivano dunque e confessino ciò che egli stesso ha scritto, proclamino quanto egli ha insegnato sulla consustanzialità, sull’eternità del Figlio e accettino i suoi paragoni » (De sent., Dion. 24). Nelle loro discussioni, abbiamo detto, gli ariani ricorrevano meno agli argomenti autorevoli che alla dialettica. Sant’Atanasio non esita di attaccarli in nome di questa medesima Scienza. – Tutta l’argomentazione degli ariani riposava sopra un equivoco introdotto dal termine Aghénneton. Infatti questa parola pus avere due sensi;: o significa « ciò che non é stato fatto, ciò che non à stato creato, quel che è eterno », e, in questo senso, si applica egualmente al Padre ed al Figlio; oppure Significa « ciò che non è stato generato », e, in questo senso, si applica soltanto al Padre. Non facendo tale distinzione si cade nell’errore. «È dunque a torto che gli ariani credono trionfare col loro dilemma: vi è un solo  aghennetos oppure due? Se vogliono definire aghennetos “ciò che non è fatto o creato, ciò che à eterno”, che essi intendano non una volta, ma mille, che, secondo questo significato, il Figlio è anch’esso aghennetos; poiché non è del numero dei Ghenneton; non é fatto, Egli coesiste col Padre Suo da tutta l’eternità. Se dunque, vinti da questo lato vogliono dare alla parola il senso di “non venuto da qualcuno, non avente Padre”, intenderanno da noi che secondo tale Significazione, non vi è che un solo ed unico aghennetos, che è il Padre. Ma in tale dichiarazione non guadagnano nulla; poiché dire che il Padre è aghennetos in questo senso, non è che dire che il Figlio è Aghennetos nel senso di fatto o creato, poiché è stato dimostrato precedentemente che Egli è il Verbo, e tale quale Colui che lo ha generato. Se dunque Dio é Aghennetos, sua immagine, cioè Verbo, non è ghennetos (cioë fatto o creato), ma ennema (ossia colui che é generato, il rampollo) » (Contra arianos, or. 1, 31; P. G. 26, 76). È così che Sant’Atanasio ha confuso gli ariani, gli anomei od omei ed, ha affermato e giustificato il dogma della consustanzialità del Figlio definito dal Concilio di Nicea. Nel medesimo tempo egli affermava e giustificava il dogma della consustanzialità dello Spirito Santo. Ma accanto agli ariani, vi erano i semi-ariani, la cui dottrina meno assoluta, tendeva ai medesimi scopi, cioè la negazione della dottrina della consustanzialità del Figlio definita dal Concilio di Nicea, e per conseguenza la negazione della consustanzialità dello Spirito Santo, la negazione della divinità del Figlio e dello Spirito Santo. – Contro di loro, come contro gli ariani, con la stessa fermezza e la medesima intelligenza dell’errore, dell’eresia, con tutto il suo genio, si è levato Sant’Atanasio, colui che tutta la tradizione saluta quale Dottore del dogma della Santissima Trinità, come Saluta Sant’Agostino quale Dottore della grazia. I semi-ariani rigettavano il termine omousios di cui si era servito il Concilio di Nicea per definire l’unità di essenza, di sostanza, del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, la consustanzialità delle tre Persone divine, per due principali ragioni, una filosofica e l’altra scritturale. Poiché il Figlio sia Figlio deve possedere la sostanza del Padre. Ogni generazione suppone infatti [a comunicazione della sostanza del padre. Ma il Figlio deve possedere col Padre una sostanza numericamente identica. Ammettere il contrario, sarebbe riconoscere due sostanze in Dio, e per conseguenza due dèi. Tuttavia, poiché il Figlio è semplicemente il Figlio, deve senza dubbio possedere la sostanza divina, ma con minore pienezza del Padre, poiché l’effetto è sempre inferiore alla causa. Ora, continuavano i Semi-ariani, il termine omousios, che afferma l’identità assoluta della sostanza del Padre e della sostanza del Figlio, enuncia equivalentemente che il Figlio non ê realmente il Figlio, e non è che una modalità passeggera della sostanza divina. Detto in altri termini, la parola omousios non può avere che un significato sabelliano. Invece il termine afferma solamente la similitudine che il Figlio possiede in virtù della generazione eterna, e rigetta l’economia della vita trinitaria.  – Del resto la parola omousios, poiché non fa che enunciare la similitudine che risulta dalla generazione eterna, può essere considerata come l’equivalente del termine scritturale « Figlio ». Quanto alla parola omousios è una novità di espressione che enuncia un’idea nuova e non scritturale (Non consideriamo, qui che i Semi-ariani della nota di Eusebio di Cesarea  di Basilio di Ancira). Essi non facevano insomma che riprendere le idee subordinaziane di Origene o di Dionigi di Alessandria. Che vi siano Stati dei semi-ariani per i quali la generazione del Figlio sia consistita nella comunicazione di una parte soltanto della sostanza del Padre, non lo contestiamo. Perciò sant’Atanasio nelle sue polemiche ha spesso di mira queste dottrine. Ma è evidente che teorie di tale natura non differivano se non per l’espressione dall’arianesimo puro). È facile vedere che le affermazioni dei semiariani differivano completamente da quelle degli ariani. Per gli ariani, il Figlio era di una sostanza numericamente distinta da quella del Padre e creata dal Padre. Per i semi-ariani la sostanza del Figlio era numericamente la stessa di quella del Padre: ma il Figlio, in quanto Figlio, non poteva possederla che in grado inferiore. Tattavia il semi-arianesimo non poteva concepirsi, quando si cercava di rappresentarsi ciò che potesse significare in Dio. Se il Padre genera un Figlio, non può essere che per mezzo della comunicazione di tutta la sostanza divina. Dunque tutta la sostanza apparterrà al Figlio come al Padre: in altre parole, il Figlio sarà omousios al Padre. Gli Sforzi di Sant’Atanasio ebbero per scopo di Stabilire tale dimostrazione (De synodis 41, 53). Gli veniva fatta l’obiezione che dal momento che il Figlio era semplicemente il Figlio, bisognava concepirlo come un effetto del Padre. Ora, si aggiungeva, l’effetto è necessariamente inferiore alla causa. Non vi è – ribatteva sant’Atanasio, tra il Padre e il Figlio, il carattere di causa ad effetto che esiste fra gli uomini fra un padre che genera e il figlio che è generato. In Dio, il Padre è la radice e il Figlio è lo stelo di questa radice. Come la sorgente e la radice non sono la causa efficiente del ruscello o dello stelo, ma soltanto il punto di partenza, l’origine, il semplice principio: così, in Dio, il Padre non è la causa efficiente del Figlio, ma il punto di  partenza, l’origine, il semplice principio (Contra arianos, or. 1, 19). Queste parole, « sorgente » e «radice », sono scelte bene; risvegliano l’idea non di una produzione per via di casualità efficiente, ma di una estensione per comunicazione di sostanza. E che non si dica – continuava, Sant’Atanasio – che l’omousia del Padre e del Figlio non sia indicata nella Scrittura. San Giovanni non ricorda forse questa parola del Salvatore: «Io ed il Padre mio, siamo una sola cosa »? (X, 30). E quest’altra: «lo sono nel Padre ed il Padre é in me? (Gio. XIV, 10). Egli insegna con ciò l’identità di sostanza del Padre e del Figlio (Contra arianos, or. 3, 3). Tali ragionamenti dovettero influenzare lo spirito dei semi-ariani. Ma ciò ché soprattutto contribuì |a condurli all’ortodossia, furono le esagerazioni di molti membri del loro partito, i quali caddero nell’arianesirmo puro, e molto più, forse, i procedimenti poco onesti degli stessi ariani. Perciò i semi-ariani giunsero a poco a poco ad affermare che il Figlio, eguale al Padre in virtù della generazione eterna, possedeva la sostanza Stessa del Padre, perfettamente quanto il Padre. Era in conclusione tutto ciò che significava l’omousios del Concilio di Nicea. Tuttavia essi rifiutarono ancora di accettare questo termine, e gli preferirono quello di omoiusios. Non vi è dubbio: la questione non era più che una contesa di parole. Sant’Atanasio lo comprese così bene che, al Concilio di Alessandria del 362, permise di conservare l’omoiusios purché sotto tale espressione si riconoscesse che il Figlio possedeva la sostanza stessa del Padre, perfettamente quanto il Padre (È stato insinuato che sant’Atanasio, verso la fine della vita, aveva semplicemente accettato l’omoiusios. Nessun’asserzione più falsa. Sant’Atanasio tollerò il termine omoiusiois, quando si avvide che si dava a questa parola, un significato accettabile.).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

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