IL SEGNO DELLA CROCE (19)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (19)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA DECIMAOTTAVA.

15 dicembre.

L’onore comanda si preghi prima e dopo il pranzo. — La preghiera sugli alimenti è antica quanto il mondo, estesa come il genere umano. — Prove BENEDICITE e GRATIAS di tutti i popoli. — Trasandarle è un assomigliarsi agli esseri che non appartengono alla specie umano. — Benedire la mensa è una legge della umanità.

Mio caro Amico, L’onore è la seconda ragione, che ci obbliga a restar fedeli all’antico uso del segno della croce aranti e dopo il pranzo. I tuoi compagni al contrario ostentano credere essere onorevole cosa lo astenersene, ed eglino dicono: Non voglio che altri mi rimarchi, e che si burli di me. Facciamo l’autopsia di questo nuovo pretesto. – Innanzitutto la ragione, ed il vedemmo, condanna quelli che disprezzano la croce, epperò l’onore non saprebbe essere per loro, poiché non lo si trova con lo sragionare. Aggiungono, non voler essere notati. Impossibile! che che eglino facciano, saranno sempre notati, e rimarcati. Io non li credo sì infelici da non trovarsi mai con veri Cattolici allo stesso desco, ed allora, per fermo, saranno necessariamente e ben tristamente osservati. È vero che ciò per essi, come dicono, è indifferente; ma questo disprezzo è poi fondato? Qui ritorna la quistione degli uni e degli altri che abbiamo già risoluta. Lo scherno, di che tanto s’impaurano, segue sempre l’osservazione, solo presso il vero Cattolico, questa si rimuta in un sentimento di compassione verso di loro. – Contentandomi d’esporre i tuoi compagni, e quelli che ad essi si assomigliano alle osservazioni de’ Cattolici, uso indulgenza con esso loro; avvegnaché eglino, come vedrai, astenendosi dal pregare innanzi e dopo il pranzo, pel pretesto di non farsi notare, si disonorano al cospetto di tutta la umanità: sieguimi nel mio ragionare. – Quegli si disonora agli occhi di tutta l’umanità che volontariamente si pone nel rango delle bestie. Ora sino a’ dì nostri non si conosceva in natura che una sola specie di esseri che mangiasse senza pregare, ma di presente due: le bestie e quelli che loro si assomigliano. Dico che loro si assomigliano, perchè tra un uomo che mangia senza pregare ed un cane, quale differenza vi trovi tu? Per me io non ve ne trovo alcuna, e l’Accademia è con me. Bipede o quadrupede, seduto o coricato, gracidando, ciarlando o grugnando, essi sono gli uni come gli altri; poiché con le mani, o con le branche, gli occhi, il cuore, i denti immersi nella materia, divorano stupidamente il loro pasto senza elevare la testa verso la mano che lo dona. L’uomo che agisce di siffatto modo si degrada; egli da bestia mettesi a tavola, bestialmente vi dimora, e come bestia ne sorte. – La mia proposizione ti sembra troppo assoluta, e tu esclami: È poi vero, mi dici, che per lo innanzi non si conoscesse che le sole bestie, i buoi, gli asini, i muli, i porci, le ostriche, mangiassero senza pregare? Nulla v’ha di più vero. La preghiera sugli alimenti è antica quanto il mondo, estesa quanto il genere umano. Dai primordi dell’antichità la si trova presso gli Ebrei. « Quando tu avrai mangiato e sarai satollo, dice la legge di Mosè, benedici il Signore » (Cum comederis et satiatus fueris, dicas Domino. – Deuter. VIII. 10). Ecco la preghiera sugli alimenti. Fedeli a tale comando gli Ebrei usavano tali cerimonie nel benedire la mensa, che il padre circondato dai figli, diceva: Benedetto sia il Signore Dio nostro, la cui bontà concede il cibo ad ogni creatura. Quindi presa una coppa di vino nella destra la benediceva, dicendo: Benedetto il Signore nostro Dio, che ha creato il frutto della vite. Egli lo gustava il primo, e poi passavala a’ convitati. In seguito, preso il pane con ambe le mani, continuava dicendo: Lodato e benedetto sia il Signore Dio nostro, che ha creato il pane dalla terra. Lo spezzava, ed imboccatone un pezzo, lo passava agli altri. Dopo tutto questo cominciava la mensa. E se accadesse cangiar di vino, o, che nuova vivanda si apprestasse, si facevano nuove benedizioni, perchè ogni alimento venisse purificato e consacrato. Il pranzo era seguito da un cantico di ringraziamento (Ex his homnibus apparet, veteres illos Iudaeos, null os cibos absque benedictione et gratiarum actions sumere fuisse solitos. (Stukius, Antiq. convivial, lib. II, c. 36). Tutti questi riti diventano a dismisura più venerandi da che sono stati consacrati dallo stesso Figlio di Dio, e nulla potrebbe meglio mostrare la importanza di essi. In effetti, che fa l’adorabile Maestro del genere umano nell’ultima sua cena, quando unito a’ cari discepoli mangia l’agnello pasquale (Et aceepto calice, gratias egit et dixit: accipite et dividite inter vos. (Luc. XXII, 17)? Qual cosa fa egli quando dopo la cena canta con i suoi discepoli il cantico di ringraziamento? Et hymno dicta exierunt in montem Oliveti (Marc XIV). Egli si conforma religiosamente agli usi della santa nazione. V’hanno altresì ben altre circostanze, in cui vediamo il modello eterno dell’uomo pregare innanzi prendesse il cibo, o che ad altri il desse! Egli rompe i pani, e fatti in pezzi i pesci li distribuisce al popolo; ma, prima eleva al cielo gli occhi e benedice quel cibo (Marc. VIII. — Math. XIV). Tutte queste espressioni, secondo i padri, mostrano la benedizione degli alimenti, e che il Verbo incarnato l’ha fatto per insegnarci di non prendere cibo alcuno senza benedirlo, e rendere a Dio le grazie (Consecrat sive benedicit panes … , ut me doceret, ut mensam attingentes gratias prius agamus, et deinceps cibum capiamus etc. (Theophylact. in Math. XIV). – Non v’ha da meravigliare se troviamo in uso presso i primi Cristiani la benedizione della mensa; poiché le azioni dell’Uomo-Dio erano la regola della loro condotta, e gli Apostoli le ricordavano loro di continuo. « Presso di noi, dice Polidoro Virgilio, v’ha il costume di benedire la mensa innanzi il pranzo; e ciò per imitare il Signor Nostro. L’Evangelio ci ricorda ch’Egli di essa usò si nel deserto, benedicendo i pani, che in Emmaus, alla mensa de’ discepoli » (Apud Stukium, p. 428).). E Tertulliano aggiunge: « Con la preghiera comincia e finisce il pranzo » (Oratio auspicatur et claudit cibum. – Tertull. Apologet). – Potrei a queste autorità aggiunger quelle del Grisostomo, di S. Girolamo, di Origene, de’ Padri latini e greci, ma non è mestieri citarli, avvegnaché il fatto non è messo in dubbio. Dirò solo, che abbiamo il Benedicite ed il Gratias in magnifici versi di Prudenzio: Christi prius Genitore pofens. Siffatti cantici provano a filo ed a segno, quanta coscienza si facessero i nostri avi di conformarsi agli esempi di Nostro Signore, come questi erasi conformato all’uso degli antichi Israeliti, che ubbidivano in ciò al comando di Dio. Noi abbiamo altresì in prosa queste formole di benedizioni, e noi riporteremo questi monumenti della veneranda nostra antichità. Innanzi il pranzo: « O voi che apprestate il nutrimento a quanti respirano, benedite gli alimenti che prendiamo. Voi avete detto, cha se accadesse bere qualche cosa avvelenata, questo non ci apporterebbe nocumento alcuno, se invocassimo il vostro nome, avvegnaché voi siete onnipotente. Togliete da questi alimenti quanto può esservi di nocevole, e male per noi » (Mamachi: Costumi de’primitivi Cristiani, t. 2, p. 47. Origen, in Joan., p. 36). E dopo il pranzo: « Benedetto mille volte siate, o Signore, che ci avete nudrito sin dalla infanzia nostra, e con noi tutto, che respira. Colmate i nostri cuori di gioia, perchè facile ci torni compiere ogni maniera di buone opere per Gesù Cristo Signor nostro, cui, con voi, e con lo Spirito Santo sia gloria, onore e potenza. Cosi sia » (Stukius, ubi supra, p. 129). – Queste formole profondamente filosofiche, come tosto vedremo, hanno attraversato i secoli, e, o nella loro primitiva integrità, o con qualche modificazione, sono in uso fra Cattolici fino ad oggidì. I protestanti, malgrado la loro avversione agli usi cattolici, l’hanno conservate , e buon numero di famiglie in Alemagna ed Inghilterra, non tralasciano la preghiera innanzi il pranzo. Ma quello che potrà sembrare più strano, è la benedizione della mensa in uso presso i pagani. Si, mio caro Federico, questi modelli di obbligo per la gioventù da collegio, usavano religiosamente di quanto i tuoi compagni, discepoli ed ammiratori di essi, si vergognano. « Mai, dice Ateneo, gli antichi prendevano il cibo, senza prima invocare gli dei » (Veteres nunquam cibum cepisse, nisi prius Deos placassent – Athaen. Dipnosophis. lib. IV).E parlando degli Egiziani, aggiunge: « Dopo aver preso posto sul letto da mensa, si alzavano, e postisi in ginocchio, il capo della festa, od il prete, recitava le consuete preghiere, che gli altri dicevano con lui: dopo ciò cominciava il pranzo » (Ibid. lib. IV). Nè altrimenti era in uso presso i Romani. Tito Livio a proposito della morte di un uomo ordinata da Quinto Flaminio, per piacere ad una cortigiana, si esprime con siffatti termini. « Questo atto mostruoso fu commesso nel mezzo delle coppe, lungo il pranzo, quando è costume, pregare gli dei, ed offrir loro delle libazioni » (Liv. Decad. IV, lib. IX). – Tu sai che le libazioni erano una specie di preghiera quanto usitatissima, altrettanto nota. I Romani, a mo’ di esempio, ne facevano quasi in tutte le ore: il mattino alzandosi, la sera andando a letto, quando facevano qualche viaggio, ne’ sacrifici, in occasione de’ matrimoni, al cominciamenio e fine del pranzo. Questi antichi maestri del mondo non assaporavano il cibo, senza averne prima consacrata una parte alla divinità. La parte prelevata era posta su di un altare, o su di una tavoletta, Patella, che ne faceva le veci. Era questo il loro Benedicite ed il loro Gratias. Perpetuità della tradizione degna di osservazione! Abbiamo veduto presso gli Giudei delle nuove benedizioni al mutarsi del vino, ed alle nuove portate, e lo stesso uso era presso i Romani. Al secondo servito, aveano luogo delle libazioni particolari in onore degli dei, che si credeva assistessero alla mensa, e ciascun convitato spargeva un po’ di vino sulla tavola, o sulla terra, accompagnando tale spargimento di alcune preghiere in onore degli dei. – I Greci avevano servito da modello a’ Romani. Presso di loro, istessa era la frequenza, ed istesso l’uso delle libazioni sul cominciar del pranzo ed in fine di esso, nè diverse le preghiere al mutar del vino. « Quando, dice Diodoro di Sicilia, si mesceva a’ convitati del vino puro, era antico costume dire: Dono del buon genio; e quando lo si apprestava con l’acqua, dicevasi: Dono di Giove Salvatore; perchè il vino puro è contrario sì alla salute del corpo, che a quello dello spirito » – Diod. Sicul. lib. III -). Ma non era questa la sola forma di rendimento di grazie, ve n’era un’altra generale usata alla fine del pranzo, che s’indirizzava al padre degli dei (Ibid. lib. II).L’uso di benedire il cibo presso i pagani era sì comune da dar luogo a questo proverbio: non prendere dalla caldaia il cibo innanzi sia santificato. Ne a chytropode cibum nondum santificatimi rapias. Questo proverbio, secondo Erasmo, volea dire: Non vi gettate da bestia sugli alimenti; mangiateli dopo averne offerte le primizie agli dei. Ed in effetti, presso gli antichi, secondo che Plutarco dice, il giornaliero pranzo istesso era classato fra le cose sacre; il perchè i convitati consacrandone le primizie agli dei, testimoniavano con ciò, che, secondo loro, prendere il cibo, era reputata cosa santa (Apud Stukium, p. 131).Quindi, Giuliano l’apostata, nel celebre banchetto del sobborgo di Antiochia, per riconoscere pubblicamente, e tener salda la tradizione pagana, fece benedire la mensa dai sacerdoti di Apollo (Sozomen: Hist., ülib. III, c. IX). I barbari stessi imitavano in ciò i popoli inciviliti. I Vandali ne’ loro pranzi facevano circolare una coppa consacrata a’ loro dei con stabilite formole (Crantz, lib. III. Vandal, c. 37).). Presso gli Indiani il re non gustava alcuna vivanda se non fosse stata consacrata a’ demoni. – Malgrado la differenza de’ costumi, de’ gradi d’incivilimento e di clima, gli abitanti della Zona glaciale aveano le medesime pratiche di quelli della Zona torrida. Gli antichi Lituani, quelli della Samogizia, e gli altri barbari del nord invocavano i demoni per santificare le loro mense. Nel fondo delle loro capanne aveano de’ serpenti addomesticati, che, in dati giorni, per lo mezzo di lini bianchi, lasciavano salire sulla tavola, perchè gustassero le vivande allestite, e queste allora venivano considerate come sacre, ed i barbari allora solo le mangiavano senza alcuna paura. – La benedizione della tavola trovasi egualmente presso i Turchi, e presso gli Ebrei moderni. Questi ultimi, fedeli alle paterne tradizioni conservano ancora l’uso di ripetutamente pregare lungo il pranzo. Così alle frutta dicono: Benedetto sia il Signore nostro Dio, che ha creato le frutta degli alberi. All’ultimo servito: Benedetto sia il Signore nostro Dio, che ha creato vari alimenti (Stukius, ubi supra et c. XXXVIII, De libationibus ante et post epulas.).  Per quanto materialisti sieno, i popoli contemporanei dell’Indo-China, della Cina, e del Thibet non fanno eccezione a questa legge, la quale, porto opinione, che si trovi presso i popoli i più degradati dell’Affrica. – Come ho detto, tu il vedi, caro amico, la preghiera, innanzi e dopo il pranzo, è antica quanto il mondo, estesa come il genere umano. Ora, se l’esistenza di una legge si conosce dalla permanenza degli effetti; se a cagion d’esempio, vedendo che il sole levasi ad un determinato punto dell’orizzonte, ogni uomo ha ragione di affermare che una legge dirige i suoi movimenti, io non ho minor ragione di affermare che benedire la mensa è una legge della umanità. Osservarla adunque, è un agire come tutto il genere umano; il non osservarla, è operare come gli esseri che non appartengono alla umana famiglia; è, alla lettera, assomigliarsi alle bestie (Homo cum in honore esset non intellexit, comparatus est iumentis insipientibus et similis factus est illis. Psal. XLVIII, 13).Tu puoi dimandare a’ tuoi compagni se l’onore vi trova il suo conto. Fra breve esplicherò la legge, che comanda la benedizione della mensa.