IL SEGNO DELLA CROCE (14)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (14 )

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA DECIMATERZA.

8 dicembre.

Effetti del segno della croce nell’ordine temporale. — Guarisce tutte le malattie ed allontana quanto può nuocerci. — Rende la vista a ciechi, l’udito ai sordi, la parola ai muti. L’uso delle membra agli zoppi, ed ai paralitici, guarisce le altre malattie e torna in vita i morti.

Povero nell’ordine spirituale l’uomo non l’è meno nell’ordine temporale: il suo corpo e l’anima non vivono che di accatto. Fra i beni necessarii al corpo ve n’hanno due, mio caro, che voglio ricordarti: la sanità, e la sicurezza. Il segno della croce ci procura con efficacia l’una e l’altra. – La sanità. Il Verbo eterno è la vita vivente e vivificante. L’evangelo parlandoci di lui quando viveva nel mezzo degli uomini ci dice una parola quanto semplice, altrettanto sublime: Una virtù emanava da Lui che guariva tutte le infermità; virtus de illo exibat et sanabat omnes. L’istoria c’insegna che questa parola può intendersi a cappello del segno della croce.  – Che i primi Cristiani si servissero del segno della croce a guarire le malattie, nulla v’ha di meglio dimostrato. San Cirillo e san Giovanni Crisostomo, uno patriarca di Gerusalemme e l’altro di Costantinopoli, affermano con ogni asseveranza, che il segno della croce continuava a guarire le infermità e i morsi delle bestie feroci al loro tempo, come all’epoca de’ loro maggiori (Hoc Signum ad hodiernum diem curat morbos. – Catech. XIII; S. Gris., hom. 54, in Math.).  Veniamo alle prove: Tutti i sensi dell’uomo sono soggetti a delle infermità. Cominciamo dal più nobile, la vista. Se invece d’impallidire di continuo su gli autori pagani i giovani leggessero gli atti de’ martiri, troverebbero in quelli di san Lorenzo il gran miracolo, che ancora celebra la Chiesa, qui per signum crucis cæcos illuminavit. L’illustre arcidiacono di Roma era entrato in una casa di un Cristiano, dove trovavasi il cieco Crescenzio. Questi distruggendosi in lagrime si gittò a’ suoi piedi dicendo: Mettete la vostra mano sugli occhi miei, perché io veda. Il beato Lorenzo profondamente commosso gli risponde: II nostro signore Gesù, che ha aperti gli occhi al cieco, ti doni la vista. E sì dicendo, fa il segno della croce su gli occhi di Crescenzio, che tosto vide la luce ed il beato Lorenzo (Vita del santo scritta da S. Oven vesc. di Raven, c. XXIX). – Il dotto Teodoreto ci racconta quanto segue della propria madre: « Mia madre aveva tale una infermità negli occhi, che inutilmente la medicina aveva posto in uso tutti i suoi mezzi contro di essa. Tutti i vecchi volumi ed autori interrogati, nessuno dava mezzo a guarirne. In tale stato noi eravamo, quando un’amica venne a vedere mia madre, e le parlò d’un certo santo uomo per nome Pietro, e contolle d’un miracolo da esso operato. Ella diceva: La moglie del Governatore d’Oriente era affetta dallo stesso male: si diresse a Pietro dimorante a Pergamo, « questi la guarì pregando per lei, e facendo sopra di essa il segno della croce. Mia madre non perde un istante; corre per l’uomo di Dio, si getta a’ suoi piedi e lo prega della guarigione. E questi a lei: Io non sono che un povero peccatore, io non ho punto presso Dio il potere che voi credete. Mia madre raddoppia le preghiere, e lagrimando protesta che non partirebbe se non guarita. Dio, riprese Pietro, è il medico di questi mali; Egli esaudisce quelli che credono. Desso vi esaudirà non per i miei meriti, ma per la vostra fede. Se questa è in voi vera, sincera, pura e senza esitazione, trasandate medici e medicine, ed accettate il rimedio che Dio vi offre. Sì dicendo, distese la mano su l’occhio, e fattovi il segno della croce il male disparve » ( Hæc cum dixisset, manum imposuit oculo, et salutane crucis signo facto, morbum expulit. – Hist. ss. Patr. in Petr.). De’ fatti men lontani da noi ti mostreranno che questo segno attraversando i secoli non ha mai cessato di essere il migliore degli oculisti. S. Eloi vescovo di Noyon, passando uno de’ ponti di Parigi, guarì un cieco, che a vece di chiedergli un soccorso, lo pregò che lo segnasse su gli occhi col segno della croce (Mabillon, Vita del santo, tom. 11). – Un simile miracolo leggesi nella vita di S. Frobert abate di un monastero presso Trojes nella Champagne. Era ancora fanciulletto, quando la madre cieca da più anni lo prese sulle sue ginocchia, e carezzatolo lo pregò di fare il segno della croce sopra i suoi occhi. Sulle prime il giovane santo si ricusò; ma, dietro le instanze materne, invocò il santo nome del Signore, fece il segno della croce richiesta, ed al momento la madre riebbe la vista.  – Il Mabillon nella vita di S. Bernardo cita oltre trenta ciechi di ogni età e condizione, che in Francia, Italia ed Alemagna furono guariti, alla presenza de’ re e de’ principi, col mezzo del segno della croce (Mabillon, ubi supra).- Dalla vista passiamo all’udito. Come N. S. il segno della croce rende l’udito ai sordi, e la loquela ai muti. Eccoci in Roma e nel palazzo del Prefetto: un giovane e brillante uffiziale è inanzi a noi, per nome Sebastiano. Questo nome illustre è ignoto ne’ collegi. Tu apprenderai ai tuoi compagni che S. Sebastiano comandava la prima coorte pretoriana al tempo di Diocleziano, che, alla moderna vuol dire, colonnello di un reggimento della guardia imperiale. Dotato di eloquenza pari al suo coraggio, egli usava i doni di Dio ad animare i martiri, che ogni giorno venivano tradotti al pretorio. In uno fra questi, Zoe femmina del prefetto ebbe la ventura di ascoltare uno di questi discorsi. Tuttavolta pagana, fu si commossa, che gittossi in ginocchio, e, comeché muta da poi sei anni, col gesto faceva intendere di voler essere cristiana. Fu intesa. Un segno di croce sulle labbra le diede la parola, di che, il primo uso che fece, fu in dimandare il battesimo (Atti di s. Seb.). – Tu dirai loro altresì, che con lo stesso mezzo l’immortale abate di Chiaravalle, san Bernardo, ha guarito un numero immenso di sordi e muti. A Cologna una giovinetta sorda e muta; a Bourlemont un fanciullo sordo e muto dalla natività; a Bile un sordo; a Metz un sordo al cospetto di una folla immensa; a Costanza, a Spira, a Maestricht de’ sordi e de’ muti; a Troyes una giovinetta zoppa e muta alla presenza de’ vescovi Geoffrai di Langres, e di Enrico di Troyes. In fine, a Chiaravalle un fanciullo sordo-muto, che attendeva da quindici giorni il suo ritorno. Mentre il Santo soggiornava a Spira, dove operava molte miracolose guarigioni, arrivò Anselmo vescovo di Havelsperg, cui una infermità di gola rendeva pressoché impossibile l’inghiottire ed il parlare. Voi dovreste guarirmi, disse questi a S. Bernardo. E S. Bernardo piacevolmente a lui: Se voi aveste la fede di queste buone femmine, io potrei, può essere, operar su di voi in pari modo. Se la mia fede non basta, riprese il Vescovo, mi guarisca la vostra. Allora il Santo lo toccò facendo su di lui il segno della croce, ed all’instante istesso l’enfiagione, ed il dolore sparirono (Ut signum sancte crucis expressit, confestim omnis vigor per membra diffunditur. – Vita cap. X).  – Il tatto è il senso sparso in tutto il corpo, epperò presenta agli attacchi delle infermità maggior presa. Come allontanare tutti i mali, gli uni più dolorosi degli altri, a cui è esposto? Per quanto numerosi siano, consola il pensiero che nessuno di essi sfugge alla potenza salutare del segno della croce, che, con la sua virtù, ricorda quella di colui, che guariva ogni maniera d’infermità ira gli uomini, omnem longuorem in populo. Uno de’ vescovi venuto in gran fama di santità, che abbia governato la diocesi di Parigi, è S. Germano. Questi conducevasi un giorno a render visita ad Ilario vescovo di Poitiers, suo degno collega. Sul suo passaggio due uomini gli presentarono, con pena, una donna muta e priva dell’uso delle gambe. Tosto che il Santo ebbe fatto il segno della croce sopra di essa, dessa ricuperò la favella e le gambe di modo, che dopo tre giorni si condusse a render grazie al suo benefattore (Mox multa eius membra cruce consignât, otille se sentit incolumis. Vit., lib. IV.). Un miracolo simile fu operato da S. Eutimio, il grande arcivescovo di Palestina. Terabone, figlio del governatore de’ Seraceni nell’Arabia, fin dalla fanciullezza avea perduto per paralisia la metà del corpo; com’ebbe inteso parlare della virtù del santo Abate, si fece condurre presso di lui in compagnia del padre e della madre, con numeroso seguito di barbari. Il Santo lo segnò con la croce, e tosto guari. Siffatta guarigione produsse la conversione de’ suoi genitori non solo, ma ancora de’ Saraceni compagni di viaggio, e spettatori del miracolo (Vit., lib. IV., c. 41, Vita, lib. II). – Gran tempo dopo questo miracolo, che aveva rallegrato l’Oriente, un simile fu operato da San Vincenzo Ferreri a Nantes in Francia, nella persona di un uomo paralitico da 18anni, che gli fu presentato perché lo benedicesse. Non ho oro, né argento, disse il Santo all’infermo, ma pregherò il Signore perché ti conceda la sanità dell’anima, e del corpo. Come ebbe detto tali parole fece il segno della croce sulle membra dell’infermo, il paralitico guarisce, si alza, e rende grazie a Dio ed al suo benefattore, torna a casa sua, senza più nulla risentire del passato malore! (Mabillon ubi supra, Lib. IV, c. 6, n. 33). – È tale alcuna volta la forza del dolore da far perdere il bene dell’intelletto e la sanità dell’anima a’ poveri figli di Adamo; ma il segno della croce spinge la sua forza in queste nuove trincee del male. Edmer, istoriografo di S. Anselmo Arcivescovo di Cantorberi racconta, che questo Santo andando a Cluni, guarì col segno della croce una femmina affetta di follia, e furiosa. S. Bernardo operò lo stesso a Sechigen, e a Cologna. In quest’ultima città gli fu presentata una femmina frenetica per la morte del marito, che usava delle sue esaltate forze contro sé stessa di modo, da doverle assicurare le braccia con catene. Il Santo ebbe pietà di lei; fece il segno della croce sopra di essa, e tosto tranquilla rivenne all’uso della ragione. – Il Verbo Redentore, che il Vangelo mostra, come il medico di febbri ostinate, ha comunicato al segno della croce la virtù di operare simile prodigio. S. Prix Vescovo di Clermont nell’Alvernia, essendo venuto nel Monastero di Dorange, vi trovò l’abate Amarin infermo di pessima febbre, di maniera, ch’eragli impossibile camminare e prendere cibo. Il santo Vescovo ricorse all’arma sua ordinaria e pagò il suo scotto con un miracolo, risanando col segno della croce siffattamente l’infermo, che andò perfettamente guarito della infermità sua (Cura vexillum crucis super ægrum fecisset, protinus, fugata febre, sanatus æger surrexit – Vite de’ SS. 25 Jan.). Dello stesso potere è dotato contro una malattia più difficile a guarire; l’epilessia. Nella vita di S. Malachia, Arcivescovo di Armagli, morto a Chiaravalle, S. Bernardo dice: « Innanzi partisse per Roma, dove si conduceva per ricevere il pallio da Eugenio III, il santo Arcivescovo guarì un epilettico col segno della croce». E S. Bernardo istesso operò simile prodigio nella persona di una giovinetta della Champagna a Troyes (Signavit eam statimque locuta est: Mabillon, ubi supra, c. XIV, n . 47).  – Secondo l’esempio da me datovi, guarite i lebbrosi, avea detto N. S. I Discepoli raccolsero questa parola, la cui virtù divina è passata nel segno della croce. La fama  di Francesco Saverio era sparsa in tutte le Indie, e dessa faceva accorrere presso il Santo i lebbrosi da tutti i luoghi, per ottenere la guarigione tante volte inutilmente sperata. Uno fra questi, non osando di comparire in pubblico, pregò il Santo di condursi presso di lui. Il Saverio non potè soddisfarlo, ed in sua vece commise ad un compagno una tal visita, dicendogli di domandare per tre volte all’infermo se crederebbe al Vangelo, ove venisse guarito, e che dopo tale promessa lo segnasse per tre volte col segno della croce. Tutto fu eseguito come il Santo avea detto, ed il lebbroso guarì (Vita, lib. V).- Innanzi procedere più oltre, credo esser mestieri, mio caro, il ricordarti una osservazione di S. Giovanni Crisostomo, da aver presente ragionando dell’azione del segno della croce, sia nella guarigione delle malattie, che per l’allontanamento de’ tristi accidenti. Se alcuna volta i mali non sono guariti e le calamità allontanate, tutta volta il segno della croce convenevolmente sia eseguito, non è difetto di potere del segno, ma perché questi mali ci sono utili pruove (Morbis iuiperans terribile est hoc nomen, et si non abigerit morbum, non hinc est quod infirmum sit hoc nomen, sed quod utilis est morbus. Ad Coloss. II, homil IX.). – V’ha una infermità non meno crudele della lebbra, ma più comune: il canchero. Ma questa come tutte le altre infermità umane non resiste alla potente azione della croce. Ascolta quanto narra S. Agostino testimone oculare. « A Cartagine una nobilissima donna per nome Innocenza aveva nel petto un canchero stimato da’ medici incurabile. Il medico nulla le avea nascosto del suo stato, ed Innocenza, posta in Dio ogni sua fiducia, da lui solo attendeva la guarigione. Una notte, verso la Pasqua, è avvertita in sogno di condursi al battistero nel luogo delle donne, e di far fare dalla prima catecumena che trovasse, il segno della croce sul membro infermo, ubbidisce, ed è guarita. Il medico meravigliato trovandola risanata, volle saperne il come. La donna tutto gli narrò. Il medico con grande indifferenza, il che facea temere alla donna dicesse qualche parola contro N. S., disse: Io mi attendeva qualche cosa straordinaria. E vedendola inquieta, soggiunse: Che v’ha di meraviglioso che Gesù Cristo abbia guarito un canchero; Egli che ha dato la vita ad un morto dopo quattro intieri giorni! (Quid grande fuit Christus sanare cancrum, qui quatriduanum mortuum suscitavit. Ang.de Civ. Dei, lib. XXII, c. 8.). A tutte queste infermità naturali spesso si congiungono gli attacchi delle bestie feroci e velenose, per togliere all’uomo la sanità e la vita. Contro esse gran rimedio è il segno della croce. Il santo anacoreta Tolasce, scrive Teodoreto, viaggiando fra le tenebre della notte, calpestò una vipera. Il rettile furioso lo morde nella pianta del piede. Il Santo s’inclina, porta la destra sulla ferita, e la vipera gliela morde, come altresì la sinistra accorsa al soccorso della destra. La bestia di tutto ciò non contenta, lo addentò per circa dieci volte, e poi si cacciò nella sua tana, lasciando la vittima in preda ad intollerabili dolori. In siffatto stato il servo di Dio crede non dover far ricorso a medicine. Per guarire le ferite si contentò impiegare i mezzi della fede: il segno della croce, la preghiera, e l’invocazione del santo nome di Dio (Theodoret. in Thalass.).  – Padrone della vita, N. S. , lo è ancora della morte. Questo impero sovrano si trova nel segno della croce. Ecco quanto leggesi nella vita di S. Domenico. Predicava il Santo in Roma: una dama, per nome Guttadona, devotissima di lui, per assistere al suo sermone, avea lasciato a casa un figlio infermo, al suo ritorno lo trovò morto. Senza dar sfogo al materno dolore, assembra le sue donne e porta il fanciullo a S. Domenico. Lo incontra alla porta del convento di S. Sisto, depone il morto a’ suoi piedi, e disfacendosi in lagrime, gliene dimanda la vita. Il Santo commosso s’inginocchia, e dopo breve preghiera fa il segno della croce, prende il fanciullo per la mano e lo rende in vita alla madre pregandola di profondo segreto.. Ma che! la buona donna nell’eccesso della gioia pubblicò l’avvenuto miracolo in tutta Roma (Vita di S. Dom., lib. II, c. 3).   Tu il vedi chiaro, mio caro Federico, io mi son contentato di citare uno o due fatti per ciascuna malattia, che se tutti rapportar si volessero, molti volumi non potrebbero neppure contenerli. S. Agostino, S. Griso-stomo, S. Cirillo, S. Efrem, S. Gregorio Nisseno, S. Paolino e cento altri testimoni dell’Oriente e dell’Occidente di tutti i secoli mostrano, con migliaio di fatti, che il segno adorabile di Colui, ch’è venuto per guarire ogni infermità, non ha mai cessato dal rendere la vista a’ ciechi, l’udito ai sordi, la parola ai muti, la sanità agl’infermi e la vita a’ morti.  Ecco l’istoria. È mestieri accettarla come è, o farne in pezzi le pagine e cader nello scetticismo: o farne un’altra più sapiente, più coscienziosa e veridica. Dimanda a’ tuoi compagni se hanno polsi da ciò, e quando dessa sarà compilata, noi vedremo. A domani.