IL SACRO CUORE DI GESÙ (48)

IL SACRO CUORE (48)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO TERZO.

PRIMO SVILUPPO DELLA DEVOZIONE (SECOLO XVI)

IV.

LA SPAGNA E L’ITALIA: MISTICI ED ASCETI – SCRITTORI DIVERSI

Luigi Garcia. – I B. Anyès – Pietro d’Alcantara e Francesco Borgia. — Giovanni d’Avila. – Luigi di Granata. – Santa Teresa. – S. Alfonso Rodriguez – Baldassare Alvarez. -— Anna Ponzia di Leoni – Sancha di Carillo – Vittoria Colonna Caterina dei Ricci – Maddalena dei Pazzi – Scrittori ascetici, esegeti, teologici. – Fatti diversi.

La Spagna merita una menzione speciale in questa prima fioritura. 1 suoi preti hanno cantato la nostra divozione, i suoi mistici l’hanno vissuta, i suoi scrittori ne hanno parlato. Non sappiamo precisamente ciò che si trovava in certi versi catalani scritti per una giostra pubblica nel 1456 da un prete di Valenza, Luigi Garcia, il titolo dei quali mostra che erano « in onore del sacratissimo Cuore di Nostro Signore Dio, Gesù Cristo », perché la composizione è perduta (Secondo il P. Fita, Apuntes para formar una biblioteca hispano-americana del Sagrado Corazon de Jesus, Barcelona 1874, p. 6). Ma ci rimane un testimonio prezioso, il più antico nel suo genere, della devozione spagnola al cuore di Gesù. A Valenza, infatti, appariva sino dal 1150, una specie di Piccolo Ufficio del sacro Cuore, sotto il titolo: Septem hore precariae ad Christi cor, perstringentes precipuos Pas:sionis Domini actus ab ejus captione in sepulturam. L’opuscolo è di I. B. Anyès, pio e sapiente prete spagnuolo, di S. Francesco Borgia e di santa Teresa. Esso è dedicato a una parente di san Francesco Borgia, che era badessa del monastero di santa Chiara a Candia. È tutto in versi, meno l’orazione. Ogni piccola ora contiene in cinque versi una menzione del sacro Cuore, in rapporto con una delle scene della Passione, seguita da un distico, che costituisce versetto e responsorio, e dalla orazione che non variano. È molto pio e non si discosta dalla linea della divozione. Ecco, perché se ne abbia una idea, l’Ad Matutinum (Testo in NILLES, t.II, p. 221-223; testo e traduzione francese nella Petite anthologie du Sacré-Caur de Jésus, del P. Francesi, Tournai, 1903, p. 9-13)

Cordis pura tui puro præconia corde

Da modulis celebrare piis mihi, dulcis Iesu;

Corde ut agone tuo tecum certemus amaro,

Vincti et amore simul tua vincula dura feramus

Atque alapas animo, verbera, sputa, pio.

V). Cor mundum da, Christe, pii da flumina fletus.

R). Plangamus pœnas corde animoque tuas.

Oremus. Bonorum omnium largitor Deus, qui omnes thesauros tuos in cordis Filii tui Domini nostri Jesu Christi, arca recondisti, ut in cruce militis aperta lancea eos in pauperes miseros liberalis effunderes: quæsumus, ut cordibus nostrìs ita illos recondas, ut vita et mortis ejusdem Filii tui semper memores, digni efficiamur gloria resurrectionis. – Per eumdem….

Ecco, dopo compieta, la preghiera finale intitolata

Commendatio;

Cordis diva tui cecini præconia, Christe,

Pleni divitis deitatis: lucis, amoris,

Flaminis et vitæ. Toto fac corde animoque

Te deamem, cupiam, quæram, inveniam, teneamque

Post mortem ut cœlo te super astra fruar.

I grandi mistici ed asceti spagnoli non hanno dato un posto alla nostra divozione. Nondimeno non l’hanno dimenticata. Senza parlare di S. Pietro d’Alcantara (1499-1562), né di S. Francesco Borgia (1506-1566), nei quali. la divozione al cuore non si libera ancora, o molto poco, dalla divozione alla piaga del costato, possiamo segnalare casi e testi precisi in cui l’attenzione quantunque fissata principalmente sulla piaga del costato, distingue pertanto il cuore e la ferita che gli ha fatto l’amore, ben più che il è ferro crudele d’una lancia » (La parola è di S. Pietro D’ALCANTARA, Traité de l’Oraison, 1.a parte, c. 4. Per il sabato. Ediz. Migne, Oeuvres de sainte Therése, t. Ill, p.-332, Cf trad. 1. Bourx, 1862, p. 148. In questo stesso luogo il cuore è rammentato: « Dio ti conservi, preziosa piaga del costato che ferisci i cuori devoti rosa d’ineffabile bellezza, rubino di valore inestimabile, ingresso al cuore di Gesù Cristo, testimonianza del suo amore e pegno della vita eterna ». Al principio del capitolo, il santo autore, indicando la maniera di meditare sulla Passione, raccomanda d’insistere sulle sofferenze interne dell’anima, ma non nomina il cuore. La parola citata nel testo, si ritrova in Lours GRENADE, De l’Oraison et de la considération, 1.a parte, c. 2. Per il sabato; Oeuvres complètes, traduzione Bareille, Parigi 1863; t, II, p, 83. I due passi sono identici. Vedi: Franciosi col. 309 e col. 325. Sui rapporti fra le due opere, vedi, per lo stato attuale della questione: Villien, Pierre d’Alcantara ou Louis de Grenade? nella Revue du clergé francais, t. LXXXII, p. 65-69 – aprile 1915. Franciosi, riporta la bella preghiera di san Francesco Borgia alla piaga del costato).

Ecco da prima, il beato Giovanni d’Avila.

Il B. Giovanni d’Avila, morto nel 1569, ha parlato del sacro Cuore meno di Luigi di Blois, di Lansperge e di san Francesco di Sales. Si è anzi sorpresi che egli gli passi spesso così da vicino, per così dire, senza vederlo (Così nel Discours de l’amour de Dieu, c. 4 e 5, egli insiste sull’amor di Gesù morente in croce per noi, sulle ferite fatte dalla corona di spine e dai chiodi, ma niente sulla ferita del cuore. Les Oeuvres du B. Jean d’Avila, Paris Arnauld d’Andelly, Paris 1673, pag. 494-497). Qualche volta, però, lo nota e ne parla. Allora egli si ferma da vero devoto del sacro Cuore, e, senza osservazioni teoriche, né spiegazioni, ci mostra la devozione in atto. Spiegando la maniera di meditare sulla vita di Nostro Signore egli scrive: « Considera…. ciò che egli soffriva…. e ascolta le parole uscite dalla sua bocca. Ma soprattutto fissate lo sguardo dell’anima sua al sacro Cuore, con un sentimento vivo e tranquillo, per vedere come l’amore di cui arde per tutti gli uomini, sorpassi tanto ciò che apparisce al di fuori delle sue sofferenze, quantunque siano inconcepibili quanto il cielo è al disopra della terra » (Trattato Audi filia, c. 74, p. 674 Ho verificato la traduzione sul testo spagnuolo: Obras del Ven. Maestro Juan de Avila, Madrid 1759, t. IV, p. 10-32-33, ma vi è l’essenziale.). Egli ci insegna dunque ad entrare nel « santo dei santi » considerando « il cuore di Gesù Cristo che non solo è santo, ma la santità stessa ». – « Perchè, continua egli, non essendosi contentato di soffrire esteriormente, ma avendoci amato dal fondo del cuore, non deve bastare a voi di considerarlo ed imitarlo nelle sue sofferenze esteriori, ma dovete entrare nel suo cuore, per considerare ed imitare quello che vi avviene ». Eccoci qui in piena divozione al sacro Cuore. Ciò che segue è ancor più espressivo. « Per renderci questo più facile, Egli ha permesso che dopo la morte un colpo di lancia gli trafiggesse il costato per aprire una porta attraverso la quale potessimo entrare in quel cuore e vedervi ed ammirarvi le meraviglie onde è pieno ». Una volta giunti là, Egli ci fa meditare amorosamente l’amore di Gesù nelle sue sofferenze e le ricchezze del divin Cuore. « Tutto quello che Gesù Cristo ha fatto in nostro favore, è meraviglioso, ma ciò che ha sofferto lo è molto di più. Ma se si considerano quali erano i suoi sentimenti per noi, nel più forte dei suoi dolori, si può, forse dimenticare tutto il resto e trattenersi dall’esclamare: Chi è simile a Voi, o Signore? Quando dunque, figlia mia, vedrai in spirito che Gesù vien legato con corde, che lo si schiaffeggia, che si incorona di spine, che si configge con chiodi su di una croce e che vi soffre la morte, pregalo di accordarti la grazia di comprendere come può farsi che Egli essendo onnipotente si lasci trattare così; e San Giovanni vi risponderà che è perché ci ha amato e ha voluto lavare, nel suo sangue, i nostri peccati. Medita bene queste parole, imprimile nel tuo cuore e pensa e ripensa all’eccesso di un tale amore ». (Audi filia c. 78, p. 684-685). Seguono delle pie considerazioni su questo amore così generoso e disinteressato: il tutto nel senso della devozione al sacro Cuore. – Il Venerabile Luigi de Granada, O. P. (1505-1588) si esprime spesso a poco come il beato Giovanni d’Avila, salvo forse, che egli fa maggior eco di pensieri tradizionali e ne ripete le principali espressioni: « Nostro Signore, per un divino consiglio ha voluto che il suo costato fosse aperto da una lancia, per farci comprendere che per l’apertura delle sue piaghe noi dobbiamo entrare nel suo cuore e nei segreti della sua divinità » (Addition au Mèmorial, 2.° tratt., Avant-propos, c. l., Oevres spirituelles, traduites par M. Giraud, Paris, 1679, p. 1679, p. 916. In Franciosi, col. 325. La traduzione di M. Bareille risveglia meno chiaramente l’idea del cuore simbolico, ma il senso è lo stesso. Oevres complètes, Paris, 1863, t. XIII, p. 196. Ho verificato i testi sullo spagnolo: Obras del Ven. P. M. Fray Luis de Granada, repartitas en tres tomos, Madrid 1701. Quello che precede è al t. I, p. 823 col. I.). Egli dice altrove, a San Pietro d’Alcantara (testo e note), dove il cuore è espressamente nominato: « Aprimi, Signore, aprimi questa porta, ricevi il mio cuore in questa deliziosa dimora e per essa dammi libero passaggio sino al più intimo del vostro sacro Cuore! (a las netranas de tu amor). Che io mi disseti a questa sorgente deliziosa, che mi purifichi in questa acqua santa, che mi inebri di questo nettare prezioso. Lascia che l’anima mia si addormenti nel tuo cuore divino (en este pheco sagrado), e la dimenticherò tutte le vane cure del mondo » (Traitè de l’Oration, 1.a parte, c. 2, Meditation pour le samedi. In Franciosi, col. 325-326. Obras t. I, p. 233-234. Abbiamo già notato l’identità di questo passo con quello di san Pietro d’Alcantara ibid. Col. 309. Ma s. Pietro d’Alcantara si ferma meno al cuore. Qui ancora la traduzione di Mareille è meno espressiva, ma dice la stessa cosa. Oevres complètes, t. II, p. 83). – Nel Memoriale (trattato V. c. 10, n. 8) si trova un’altra preghiera a Gesù, contemplando il tuo costato trafitto: « Io ti ringrazio, o mio dolce Gesù, per aver voluto che il tuo dolcissimo cuore (coraçon) fosse aperto dalla lancia del soldato e che ne uscisse sangue ed acqua, per lavare le anime nostre e dar loro la vita. Oh! se ferissi il mio cuore con la lancia del tuo amore in maniera che non potesse d’orinnanzi volere altra cosa se non quello che tu vuoi! Che l’anima mia, abbia accesso, per la piaga del tuo costato, nel santuario tuo tuo amore, nel tesoro della tua divinità, per adorarti … e, strappando dalla mia memoria l’immagine di tutte le cose visibili, non mi occupi più che di te, non veda che te, sempre ed in tutte le cose (Traduzione diretta dallo spagnuolo, Obras, t. 1, p. 583; col. I.). – La stessa via, santa Teresa (1525- 1582) indicava al vescovo di Osma, tracciandogli,  dietro sua richiesta, un metodo d’orazione. « La piaga. del suo costato, per la quale ci lascia vedere allo scoperto il suo cuore, vi rivelerà  se l’indicibile tenerezza d’amore che ci ha indicato, volendo che questa sacra piaga fosse il nostro nido e il nostro asilo, e che ci servisse di porta, per entrare nell’arca, nel tempo delle tentazioni e delle tribolazioni. Voi lo supplicherete che, come ha voluto che il suo costato fosse aperto per prova dell’amore che ci porta, così faccia, per bontà sua, che si apra a sua volta, per discuoprirgli le nostre miserie e domandergliene, con successo, il rimedio. (Lettres, traduzione Bovix, t. III, p. 336. Citato da Franciosi, col. 321 Come si vede è l’idea tradizionale che esprimevano alla lor volta s. Pietro d’Alcantara e Luigi di Granata nei passi citati. La medesima idea nel P. Bernardo d’Osimo, Méditations sur la Passion du Christ, Avant-propos, p. 3 e segg. Citato dal P. Henry pe Grèsez, p. 185-186.) La stessa santa ha espresso in uno squisito volumetto una delle grandi verità della vita soprannaturale, la nostra dimora in Dio e la dimora di Dio in noi per amore, sotto forma di presenza reciproca nel cuore. Il pensiero del cuore materiale è poco marcato in questo documento; mi sembra, non pertanto, che vi si ritrovi. « L’amore, o anima, ha potuto tracciare in me il tuo ritratto in tal modo, che il pittore più abile non avrebbe saputo produrre una simile immagine. È il mio amore che ti ha formata, bella da rapire, e che ti ha così dipinta nel mio cuore che, se tu ti perdessi, anima cara, bisognerebbe ricercarti in me. Io so che tu ti troveresti impressa e riprodotta sì al vivo nel mio cuore, che se tu ti vedessi, ti rallegreresti vedendoti così ben riprodotta » (Vedi Histoire de sainte Thérése, secondo i Bollandisti, t. II, p. 507, Paris 1886. Sul senso preciso del documento e sua verità profonda, vedi: Nature et surnaturel, 4a ediz., Parigi, 1911. Prefazione, p. XIX e seguenti). – Medesime idee e medesime esperienze mistiche in sant’Alfonso Rodriguez (1534-1617), umile fratello coadiutore della Compagnia di Gesù, quando spiega « come l’anima abita per la contemplazione nel cuor di Gesù, e come Gesù per il grande amore che le porta, se la ponga nel suo proprio cuore ». Egli mostra l’anima pia che legge sul santo volto di Gesù i dolori del suo cuore e dell’anima sua che beve, per la compassione, alla sorgente da cui provengono, sorgente che non è altro « che il cuore di Cristo ». « Allora lo stesso Cristo, la conduce sin nell’interno del suo cuore; ed essa, una volta entrata in quel cuore, in quell’oceano di tribolazione e di angoscia, gli tien compagnia…. E, siccome questo santo cuore è un fuoco d’amore, essa s’infiamma là, di un fuoco d’amore, e gli ardori che Gesù le comunica son così vivi che ei la trasforma in sé stesso, presso a poco come fa con il ferro il fuoco materiale, quando è grande; penetra al punto che il ferro sembra fuoco. Così immersa tutta in quel ritiro del Cuor di Gesù, l’anima gode di ciò che questo dolce Salvatore, che l’ama tanto, le comunica di se stesso, rivestendola, da capo a piedi dei suoi grandi dolori e delle sue sofferenze »

(De la union y transformacion del alma en Christo, c. 7 – nelle Obras espirituales del B. Alonso Rodriguez, ordenados y publicadas por el P. Jaime Nonell, t. Il, p. 140-1411, Barcelone, 1886. Traduzione in francese; un po’ libera, ma esatta, in LETIERCE t. I, p. 52-53: L’opuscolo intiero è stato tradotto dal P. de Bénazé, Union et transformation de l’ame en Jésus-Christ suivie de L’explication des demandes du Pater. Nuova edizione, Paris–Lille, 1907, II c. VII, qui accennato, è alla p. 65 e seguenti. Si trovano delle analoghe nella 10.a meditazione del santo sulla Passione. Obras, t. I, p: 373; e nelle considerazioni che seguono, intitolate:  De quelques manières d’union et de transformations de l’Ame en Jésus-Christ, lui demeurant en elle, et elle dans le coeur du Christ». Obras, t. I, p. 374-376.).

Il P. Luigi du Pont ci mostra in simile modo Baldassare Alvarez (1533-1580) « che entra del cuore di Dio fatto uomo e che sale poi per immergersi nei misteri di Dio che è trino nelle Persone ed uno nell’essenza ». (Vie de P. Balthasar Alvarez, traduzione Bouix, p. 24, citato da Franciosi, col. 321). – Prima di lasciare la Spagna, segnaliamo ancora il caso di mistiche che, nel XVI secolo, ci sono indicate come aventi intimi rapporti col sacro Cuore. Una di esse è Anna Ponce de Leon, e di Feria, che si fece clarissa nel convento di Montilla presso Siviglia, sotto il nome di suor Anna della Croce. Ad essa  Luigi de Granata dedicò il Supplemento al Memoriale: Racconta ella stessa che Nostro Signore le fece comprendere un giorno come dovesse riguardare il suo Cuore come il suo unico bene, mettere in Lui tutta la sua confidenza e ricever tutto come se venisse da questo cuore amantissimo. Un’altra volta, Egli le apparve, mostrandole il suo cuore ferito, e dicendole: « È il mio amore per te che mi ha ferito così. In compenso io desidero che tu ti dia tutta a me» (P. Martinez DE Roa, s. j., Vida maravillosa de D: Anna Ponce de Leon, 1. 1, c.-7, e 1.2; c. 2; secondo i Padri Martorell, e Castella, Theses de cultu S. Cordis Jesu, editio 3a, Barcellona, 1880, p. 24). – Sancia di Carillo, vide un giorno il cuore di Gesù così Infiammato da un accesso di amore per gli uomini, che neppur quegli che potesse penetrargli nel cuor e veder quest’amore, non potrebbe comprenderlo. Dal centro del Cristo, uscivano dei raggi d’amore che arrivavano agli uomini, a tutti e a ciascuno; passati; presenti o da venire » (P. Martinez De Roa s. j., Vida y maravillosas virtudes D. Sancha de Carillo, t. 2, c. 12; secondo il medesimo, ibid.). – In Italia vediamo pure menzione del sacro Cuore fra le mistiche dell’epoca. La venerabile Madre Clara Maria della Passione, Vittoria Colonna, fondatrice delle Carmelitane di Regina cæli a Roma (morta nel 1575), racconta che l’anima sua fu attratta, un giorno, « con una, forza deliziosa, nel sacro costato di Gesù Cristo e sino nel suo cuore…. Io comprendeva, dic’ella, che questo cuore divino è pieno d’amore; ma di un amore così puro, che non ha parole per esprimere. Io vedeva l’anima mia come immersa in quel cuore…. e, sentendomi così nel cuore di Gesù Cristo, conoscevo con chiarezza ed efficacia e insieme con gioia inesplicabile, che quel luogo, cioè il petto e il cuore di Gesù, era un luogo eminentissimo » (Vita pubblicata a Roma nel 1681, 1. 2; c. 9, citata da Gallifet l. 3, c. 3, p. 198.). – La vita di santa Caterina dei Ricci (1522-1590) ci offre diversi tratti di divozione alla piaga del costato, dove il pensiero del cuore, senza pur mancare, non è espresso direttamente: accanto a questi tratti, però, si trova una specie di scambio dei cuori, come fu per santa Caterina da Siena, ma dove il realismo del simbolo, impallidisce molto più dinnanzi alla realtà simboleggiata. In una delle sue estasi, ella vide la santa Vergine che la prendeva per mano e la conduceva al suo divin Figliuolo. « Figlio mio diss’ella, ecco che io ti presento la nostra carissima vergine Caterina, che implora, dalla tua tenerezza, la grazia di cambiare il suo cuore di carne, in un cuore tutto celeste, affinché prendendo un cuore simile al tuo, possa esser più degna di te. — O mia cara Madre, rispose Gesù, ti ho io forse mai rifiutato cosa alcuna, e non è forse il tuo cuore la via naturale che con luce al mio cuore?…. Sarà fatto come tu domandi. E poi mia carissima figlia Caterina, ricordati che da questo momento non ti appartieni più e che sei tutta mia, poiché ecco che io purifico il tuo cuore da ogni affezione che non sia per me, e lo riempio del mio solo amore ». Nostro Signore, toccò allora con la sua mano divina, il costato sinistro della santa, mise in lei un cuor nuovo…. Quando ella si sentì battere questo cuore, nel petto, uscì dalla sua estasi esclamando: « Non sono più io che vivo, è Gesù Cristo che vive in me » (Vedi Messager du Sacré-Coeur, febbraio 1862, t. I, p. 282. In Franciosi, col. 328). – Santa Maddalena dei Pazzi (1566-1607) ricevé un giorno da Nostro Signore la promessa che le avrebbe dato il suo cuore, ed ella pregava i suoi santi preferiti, perché l’aiutassero a riceverlo. E diceva pure a Nostro Signore con profonda umiltà: « 0 mio Gesù, io te ne prego, fai che nessuno sappia che mi dai il tuo cuore ». Allora, infiammata d’amore, si struggeva per la dolcezza, e, aprendo le braccia, e sporgendosi verso il suo Sposo, ne ricevé il cuore, E dopo questo favore inestimabile, incrociò le braccia sul petto in forma di croce come per rinchiuderlo nel suo proprio cuore (Vita del P. Vincenzo Puccini, 2. parte, c. 5, n. 200-204, Acta Sanctorum, t. XIX, maggio 6, ad diem 25; P. 229-230, in FRANCIOSI, col. 345-346.). Questa stessa santa ha detto di san Luigi Gonzaga quella bella parola, così spesso citata: « Oh! come ha egli amato sulla terra! Egli lanciava delle frecce al cuore del Verbo…. Ed ora, che è in cielo, quelle frecce si accolgono nel suo proprio cuore, perché comprende bene, adesso, e gode quegli atti di amore e di unione…. ai quali si esercitava » (Ibid. p. 212. In Franciosi, col. 329). Io non saprei dire se il pensiero del sacro Cuore, si trova espresso in questo tratto; ma la sola scelta delle espressioni vale a dimostrare come le formule più espressive della vita cristiana si combinino, naturalmente, con quelle della nostra divozione. – Non è possibile notare tutti gli autori; teologi, esegeti, asceti, oratori che hanno parlato del sacro Cuore nel corso del XVI secolo, nominerò, almeno, i principali. Da prima i Francescani Niccolò Factore (1520-1583) che, per arrivare alla contemplazione, raccomanda la divozione al costato trafitto e al cuore di Gesù (Vedi il P. Henry de Grézes, p. 182); Bernardo d’Osimo (morto nel 1591), e che fu per sei anni provinciale dei Cappuccini di Parigi (1681-1587), parla della piaga del costato e del cuore in termini degni di San Francesco di Sales (Testi del suddetto, p. 185-188) );- Giovanni di Cartagena (morto 1617) studia da esegeta tutto quel che ha rapporto alla ferita e del costato e del cuore, e riassume, a questo riguardo, i dati tradizionali (De religionis christiana arcanis homiliæ sacræ L. 12;- De arcanis in vulnere lateris Christi latentibus, 1. 12, Homil. 1 e 2, t. I, p. 411 e sq., Anversa, 1622. In FRANCIOSI, col. 351-352, Analisi nel P. Henri DE Grizes, 190-200). – Nell’ordine di s. Domenico possiamo segnalare Pietro Dorè (1500 – 1569) che nel Nouveu testament d’amour di N. S. Jesus Christ. Signé de son sang, Parigi 1550, ha qualche bella pagina sul sacro Cuore (C. 14. Quinto dono eccellente che nostro Padre ci ha fatto nel suo testamento, che è il suo cuore. Testi in Franciosi, col. 394-396). – Non meno pia è una pagina del B. Alfonso d’Orozeo (1500-1591), monaco agostiniano, nel suo commentario sul Cantico dei Cantici, Burgos, 1581: Di già il postulatore del 1697, la citava come tutta impregnata della divozione al sacro Cuore (A proposito del testo Vulnerasti cor. meum: Vedi Nilles t. I, p. 445 e in Franciosi col. 332). – Quasi dello stesso genere delle spiegazioni di Giovanni da Cartagena, sono quelle del Salmeron (1515 – 1585), uno dei primi compagni di Sant’Ignazio, e quelle del dotto Toleto (1531 – 1596), a proposito del sso di san Giovanni, sulla piaga del costato (Salmeron, Commentarii in NT, t X tr. 48, p. 391 sq: Toletus, in sacrosanctum Joannis Evangelium); e pur quelle del Gerosolimitano Danniele Mallonius, (morto circa il 1616), a proposito delle piaghe di Cristo (Fr. Danielis Mallonii, Lucidationes in historiam admirandum de J. C. stigmatibus, Donai 1607, c. 20 n. 1, p. 371, n. 8, p. 383. Testi in latino in Franciosi col. 340-343). E, finalmente, quelle di Suarez, nel suo Trattato sull’Incarnazione (In 3° parte S, Th. Disp. 41 setc. 1). Più brevi, ma sempre nello stesso senso, sono le riflessioni del P. Ribadeneira, nella sua vita di N. S. Gesù Cristo, con cui ha preceduto i suoi Fiori della vita dei Santi (testi in francese di Franciosi col. 336, secondo la traduzione di René Gaultier, Donai 1650.). – Il p. Fr. Decoster, gesuita belga, in un libro pubblicato a Ingolstadt nel 1588 per i congregazionisti, inseriva, per il venerdì una meditazione « sulla inestimabile e ardentissima carità di Nostro Signore Gesù Cristo » dove scriveva: « Fuggite dunque all’appressarsi della tentazione,nell’amabile Cuore di Gesù e nelle sue ferite aperte; contemplate in quella la sua bontà ineffabile e la sua carità » (Libellus sodalitatis, hoc est christianarum institutionem libri quinque, libro I c. 26, p. 159. Comunicato dal P. F. Brucker). – In una parola verso la fine del XVI secolo, l’attenzione è attratta da ogni parte verso il Cuore di Gesù. Se ne parla dappertutto; la devozione esiste, ed è molto diffusa. (il P. Benedetto Nigri, gesuita, morendo a Verdun, circa il 1590, diceva ai suoi fratelli: « Io vi auguro di abitare di abitare nel cuore di Gesù Cristo e desidero che formiate per me lo stesso augurio. Citato dal P. Fouqueray, Histoire de la Compagnie de Jesus en France, t. II, p. 242. Nel monastero di Fontaine les-Nonnes presso Meaux, gli atti di professione delle religiose, fra il 1565 e 1601, portano spesso, sotto la firma, l’immagine di un cuore disegnato alla penna. Ordinariamente, il cuore è trapassato da una spada (non da una lancia), con tre chiodi, qualche volta contiene il monogramma IHS, spesso una piccola croce in mezzo. Qualche volta è messo appiè della croce, altre sulla sbarra verticale della croce, al di sotto della traversa orizzontale. Communication di Bergy, a cui il sig. Curato decano de la Ferté-sous-Jouarre ha mostrato questi atti di professione. Con le nostre idee attuali, si pensa, naturalmente, che questa immagine sia quella del Cuor di Gesù, monogramma, croce, chiodi, lancia, o spada, fanno pensare alle cinque piaghe. Crederei, piuttosto che il cuore rappresentato forse quello della religiosa consacrato a Gesù e attaccato alla croce per i suoi reati come da tre chiodi, sotto l’influenza dell’amor Divino che l’ha ferita di una spada. Incontreremo più di un caso simile (Giovanna di Montel, S. Francesco di Sales e le Visitandine, il Beato Giovanni Eudes). Si può accordare, peraltro, che questa figura supponga già una certa devozione alle cinque piaghe e al sacro Cuore.).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

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