LO SCUDO DELLA FEDE (175)

A. D. SERTILLANGES, O. P.

CATECHISMO DEGLI INCREDULI (XI)

[Versione autoriz. dal francese del P. S. G. Nivoli, O. P. – III ristampa. S. E. I. – Torino 1944]

LIBRO SECONDO

I MISTERI

V.— Il mistero dell’Incarnazione.

D. Hai fatto prevedere or ora e più d’una volta già prima una riparazione della decadenza umana: desidererei di vederne precisare i mezzi.

R. I mezzi sono l’Incarnazione e tutte le conseguenze che essa importa.

D. L’incarnazione non è forse una bella leggenda, estranea alla vita reale e alle intenzioni personali di Gesù?

R. L’affermazione d’una leggenda di Cristo che va crescendo col tempo non vale più della leggenda. Come abbiamo veduto, Gesù si è presentato tal quale è riconosciuto oggi dai credenti. La teologia non ha gonfiato nessuna delle sue affermazioni; essa le ha registrate e coordinate; ne ha fatto un corpo di dottrina, cosa che non vi cambia niente.

D. Ammettendo il linguaggio teologico, non si potrebbe dire che Gesù è nato come tutti gli uomini, e poi ha conquistato la sua divinità?

R. La divinità non si conquista affatto. Quei che tengono tali discorsi si contentano di metafore.

D. Le metafore sollevano a volte lo spirito dalle sue difficoltà.

R. Diresti tu come Nestorio a Efeso: « Io mai non chiamerei Dio un bambino di due o tre mesi »?

D. Costui aveva della perspicacia.

R. «Fino a un certo punto soltanto », ti direbbe Pascal. Avuto riguardo all’oggetto in causa, egli diceva una corbelleria.

D. Come parlare d’incarnazione! Dopo aver cercato di oltrepassare Dio in alto, in seno alla Trinità, vuoi ora oltrepassarlo in basso?

R. Qui sta il prodigio delle concezioni cristiane. Esse contengono tutti gli estremi, e il passaggio dall’uno all’altro è rapido come quello degli animali simbolici nella visione di Ezechiele: «E questi esseri correvano in tutti i sensi, simili alla folgore ». Dopo la sublime Trinità, l’infima Incarnazione. Infima, dico, allo sguardo frivolo, ma, invero, sublimità nuova: sublimità dei rapporti creati, dopo quella dei rapporti increati; sublimità dei rapporti divini al completo, comprese le loro estensioni al di fuori, oltre alla sublimità di questi rapporti nella divina sostanza. La filosofia pura lasciava la nozione di Dio imperfetta, affatto arida, come « naturalizzata », vale a dire senza vita: la Trinità la compie. Alla sua volta il dogma dell’Incarnazione riprende questa filosofia di Dio e la compie nell’altro senso, precisando e portando al loro punto estremo i rapporti di Dio con l’opera sua. Radicale trasformazione, le due volte nel senso della vita; doppio segno di una Ragione superiore all’uomo.

D. Dopo cîò

R. Dopo ciò, t’avverto che non la è ancora finita. Sarai spinto fino al Dio sofferente, che è il Dio redentore; fino al Dio che abita nel cuore degli uomini, che è il Dio della grazia; fino al Dio che entra nei nostri ordinamenti unitari, ed è il Dio della Chiesa; fino al Dio che si dà agli uomini come cibo per preparare la loro divinizzazione, ed è l’Eucaristia. Ma quando si parlerà di questa divinizzazione, prima prevista e ordita, poi effettuata in un’altra esistenza, è allora che tutto si rischiarerà, gli estremi si toccheranno, il piano manifesterà la sua armonia perfetta, e il movimento da Dio a Dio attraverso a tutta l’opera sua, attraverso a tutti i tempi, ti apparirà così come un’epopea grandiosa. In questo tragitto spirituale e concreto che percorre la vita religiosa universale, Dio ci va di persona, se così posso dire, fino all’esaurimento dei mezzi; ma non fa mai se non la sua parte di Dio: non bisogna forse che colui che crea conduca anche — e coi mezzi che occorrono — le sue creature al loro termine?

D. Il mezzo Incarnazione è veramente razionale?

R. Esattamente come la Trinità. La Trinità è razionale in questo senso che soddisfa la ragione oltrepassandola; l’incarnazione oltrepassa, anch’essa, la nostra intelligenza e la rapisce. Dopo averci aperto una chiarezza ammirabile sopra le intimità di Dio in se stesso, ci abbaglia per le intimità di Dio con la sua creatura. Qui e là il massimo è raggiunto. Dovunque è il capolavoro.

D. Che cosa vi può guadagnare la Religione?

E. Vi guadagna talmente, che per questo fatto si effettua la religione perfetta. Per il suo Uomo Dio, l’umanità può rendere a Dio un omaggio degno di Dio, comunicare con Dio fino all’intimità plenaria: l’unità di persona, e ricevere dei beni divini in rapporto con un tale compito, con una tale prossimità, con un tale dono.

D. Bisogna ancora che non sì onori Dio distruggendolo, che non lo si unisca all’uomo fino a confondervelo, e che a forza di fare di Dio uno di noi, non vi sia più Dio.

R. Tu ti fai una falsa idea del dogma, traviato certamente da queste idee correnti: Dio fatto uomo, Dio divenuto uno di noi, Dio disceso dal cielo in terra, ecc., tutte espressioni che bisogna certo adoperare perché il dogma sia compreso da tutti e maneggiato da tutti comodamente, ma che una sana teologia corregge.

D. In che consiste la correzione?

R. In questo che le formule suddette, e tutte quelle che ad esse rassomigliano, benché grammaticalmente, esprimano dei cambiamenti in Dio, delle relazioni nuove dal lato di Dio e come un viaggio di Dio, tuttavia si devono prendere esclusivamente dal lato della creatura. È nell’umanità che avviene il cambiamento, che si schiude una relazione nuova e il raccostamento trova le sue condizioni. E non c’è viaggio.

D. Dio non è dunque venuto?

R. Che cosa potrebbe veramente significare questo? Dio non si sposta affatto. Nel senso in cui si può dire che sia in qualche parte, Egli è da per tutto. In nessun luogo Egli è di più che davanti a noi, in noi, «in Lui, noi viviamo, ci moviamo e siamo»; il nostro essere, è nel suo. Tutta la questione è di sapere in quale misura, sotto quale forma noi ci varremo di questa presenza, e la vivremo. A questo riguardo vi sono gradi infiniti, e l’incarnazione ne è il massimo.

D. Desidererei di capire meglio.

R. Comprendi prima che noi non attentiamo a Dio; che non facciamo nessuna breccia nell’immutabilità di Dio, come te lo fa intendere la bella antifona seguente: Un ammirabile mistero si svela oggi. Due nature si rinnovano. Dio è fatto uomo. Quello che egli era, rimane; quello che non era, lo assunse. Ciò senza subire mescolanza o divisione. Oltre la precisione di queste ultime espressioni, tu osservi la precauzione che precede. Quello che Dio era, rimane; perché Dio non cambia. Quello che Dio non era… non si dice: Lo diventa, benché lo si possa dire col benefizio del ritorno di senso spiegato or ora; ma si dice più esattamente: Egli lo assume, per suggerire che è un’ascensione della creatura, non una discesa di Dio, un cambiamento nella creatura, non un cambiamento in Dio.

D. Non è tuttavia un po’ di paganesimo questa sorta di apoteosi nel senso proprio, in mancanza di metamorfosi divina? Non vi è forse antropomorfismo in ambi i casi?

R. Noi non facciamo dell’antropomorfismo, noi non vediamo Dio come un uomo più grande; ma sono i deisti ombrosi, quei filosofi borghesi per i quali Dio è una specie di monarca costituzionale, un Luigi XVIII grave a spostarsi, troppo contegnoso e troppo gallonato da entrare in una composizione popolare, umana, profonda e infima com’è l’incarnazione. Noi, dal canto nostro, crediamo al Dio « Sostanza senza determinazione e senza sponde », Anima del mondo trascendente e immanente a un tempo, Spirito intimo e sovreminente di tutte le cose. Perché vi sia un’incarnazione, non si ha che da tuffare una umanità individuale più addentro in questa Sorgente viva, e ve la si tuffa sino all’estremo effettuabile senza confusione, ponendo l’unità di persona nella completa distinzione delle nature. Ciò non abbassa punto Iddio.

D. Come una personalità semplice può convenire a due nature?

R. La personalità di Cristo non è semplice, ma unica, il che non è la stessa cosa. È unica perché qui non vi è che un solo centro, un solo focolare di vita, ed è Dio, o più esattamente il Verbo di Dio; tuttavia è composta, perché partendo da questo focolare, da questo centro, vi è un doppio zampillo: l’uno eterno, in Dio stesso, ed è la natura divina, l’altro temporale, nel creato, che è la natura umana. Insomma, si tratta di una umanità individuale sussistente e vivente per l’irradiamento immediato della divinità immanente in essa.

D. Non avevi detto qualcosa di simile a proposito di Dio nella creazione?

R. Cristo non è che la creatura più perfetta, quella che Dio si unì più strettamente; è dunque naturale che le relazioni si rassomiglino e, sotto certi riguardi, siano anche identiche. Dio vive entro di sé per la Trinità, si espande fuori per la creazione; e quello che emana da Lui rimane talmente unito a Lui che non vi produce addizione di essere, l’essere rimane il pieno possesso di Dio, possesso inalienabile, benché Egli lo comunichi. Nel caso di Cristo, la comunicazione ha questo di particolare, che non si estende se non a una natura individuale; non vi è essere nuovo, personalità nuova, ma è l’essere stesso di Dio che diventa l’essere di un uomo per l’assunzione in lui, l’adesione a lui d’un corpo e di un’anima naturalmente congiunti.

D. È il panteismo ridotto a un caso!

R. Ciò si potrebbe dire, con le spiegazioni convenienti, e coloro che il panteismo tenta, qui avrebbero torto di stupirsi. Sarebbe forse strano il dire: Cristo è Dio, quando da tanti grandi uomini, da Anassimene a Spinoza, e anche oggi, si dice: Tutto è Dio?

D. Tra Cristo e Dio, unione è tanto intima quanto tra l’anima e il corpo?

R. È assai più intima ma diversamente, e sopra questo punto il simbolo di S. Atanasio stesso ha bisogno di commento. Essa è più intima, perché l’essere divino è un centro d’unità altrimenti potente che un’anima in un corpo. Ma è differente, perché tra l’anima e il corpo, vi è composizione e relazione reciproca; l’uno e l’altro elemento è affetto dalla combinazione. Nell’incarnazione nulla di simile. Nessuna combinazione: la divinità non si compone; essa è indipendente, inaccessibile a ogni influsso di un congiunto, estranea a ogni relazione che riguardi essa stessa, benché tutto le sia relativo e sottomesso. L’incarnazione non è che un caso particolare di relazione ascendente, di relazione della creazione a Dio. Per il Cristo, la creazione tocca Dio in un punto, come il circolo finito ha la tangente infinita; ma il grande Separato rimane pienamente a se stesso.

D. Così, Dio non dà niente di sé.

R. Egli dà tutto; non aliena niente. L’incarnazione è un magnifico dono, ma non è un cambio. Dio non è mai compromesso in quello che fa. Ma l’uomo ne sarà meno gratificato? Per quanto l’incarnazione non costi niente alle grandezze di Dio, tuttavia è sempre vero in tutta proprietà di termini che un Dio ha mescolato i suoi passi ai nostri sopra le vie della nostra vita, che Egli ha abbandonato il suo cuore a tutte le nostre angosce e ha gustato la nostra morte.

D. È troppo, a mio avviso. Supponendo possibile un’incarnazione, quale apparenza che da questa possibilità metafisica il Creatore pensi a trarre la minima conseguenza effettiva? Questa cura dell’Infinito per il piccolo genere umano è credibile? Immaginarsi Dio amante del pianeta non è forse una ridicola presunzione?

R. Tu ragioni come Celso, nel secolo secondo; ma ascolta Pascal: «Incredibile che Dio si unisca a noi. Questa considerazione è tratta solamente dalla vista della nostra bassezza. Ma se codesta considerazione è ben sincera, seguila tanto lontano quanto la seguo io, e riconosci che di fatto siamo così in basso, che da noi stessi siamo incapaci di conoscere se la sua misericordia non ci possa rendere capaci di Lui ».

D. Risposta del tutto negativa, confessalo.

R. Ma essa basta a distruggere l’obiezione. Però ecco San Giovanni: Noi abbiamo creduto all’amore che Dio ha per noi, perché Dio è amore. Questa risposta è positiva, ed è quella che ama d’invocare ogni Cristiano. Del resto, la « piccola umanità », il «piccolo pianeta », formule di cui taluni si empiono la bocca per un’umiltà piena d’orgoglio, ciò non significa niente. Ricorda i « due infiniti ». Di fronte alle immensità astrali, noi non siamo che atomi; di fronte al mondo degli atomi, noi siamo un’immensità. Il grande e il piccolo non sono che relazioni diverse. Di fronte all’assoluto divino, nulla è piccolo né grande, e sotto un certo aspetto tutto si equivale, come sotto un altro aspetto tutto si annulla.

D. Quando pure sì debba concedere che l’incarnazione non diminuisce Dio, mi pare tuttavia che non possa non diminuire l’uomo; essa è per la religione un falso punto di partenza; deve condurre alla materializzazione di tutta la vita religiosa.

R. La storia dimostra che quando si respinge l’Uomo Dio, non è né a benefizio dell’uomo, né a benefizio di Dio. Tuttavia se l’Incarnazione fosse una falsificazione di Dio, eliminata la falsificazione, il culto di Dio dovrebbe crescere, e se fosse ma falsificazione dell’uomo, eliminata la falsificazione, il culto vero dell’umanità dovrebbe grandeggiare. Ora è esattamente l’opposto. Nei due casi, il culto di Dio sparisce e il culto dell’uomo si abbassa. Il culto in spirito e verità, sia di Dio, sia dell’uomo, è, di fatto, legato al culto dell’Uomo Dio.

D. Nondimeno l’incarnazione è un cattivo programma. Non siamo già troppo incarnati: non dovremmo esser portati a disincarnarci, per la purificazione dell’anima nostra?

R. Non c’è bisogno di purificarci dal nostro essere. La carne fa parte di noi. Per raddrizzarci, si tratta di rimettere tutto in buono stato, non di abolire qualcosa. Quando l’anima si divinizza per la grazia di Gesù Cristo, alla sua volta essa divinizza la carne e la prepara alla vita immortale. Per questo Dio s’incarna; Egli entra nella carne come il nuotatore nell’acqua, per domarla, o meglio come il germe vivo nella materia che esso deve organizzare e sottomettere allo spirito, e qui allo Spirito supremo.

D. Ma allora perché l’incarnazione non ha luogo in tutti noi? Tu la dici cosa possibile; essa apparisce ora come una convenienza. Non è forse ciascuno di noi che si deve purificare, spiritualizzare, divinizzare? Preferirei che ciascuno fosse il suo proprio Cristo, come Lutero disse che ciascuno è il suo proprio sacerdote.

R. L’incarnazione, in certa maniera, ha luogo in tutti noi; difatti il regime della grazia ne è una partecipazione, un’imitazione. Per il fatto della grazia ci si applica questa parola del Salmo: Voi tutti siete Dei. Per essa anche noi siamo al contatto intimo della natura divina, benché questo contatto non sia personale, come in Gesù Cristo.

D. Come dici tu stesso, è un’imitazione.

R. Nel senso proprio, l’incarnazione dev’essere universale nei suoi effetti; ma non sarebbe naturale che tale fosse nella sua forma. Noi siamo una stirpe. Una soluzione individualista a tal punto non sarebbe dunque in armonia con la nostra umanità. La solidarietà offre un mezzo migliore, e il valersene è una perfezione di più. Dio sarà unito all’uno di noi per natura e agli altri per solidarietà. Unirsi all’Uomo Dio, sarà diventare Dio in una certa maniera, quella che effettua la grazia, come essere figli della stirpe di Adamo è essere uomini.

D. Potrestì riassumermi le tue ragioni in favore di questo dogma?

R.. Le convenienze dell’Incarnazione si possono prendere dal lato di Dio o dal lato dell’uomo. Dio opera per manifestarsi, per darsi, per riflettere nelle sue opere le sue perfezioni e il suo amore. Ora in quest’opera i suoi attributi risplendono al massimo grado; specialmente la sua bontà, come abbiamo detto; ma anche la sua onnipotente sapienza, che trova un tale mezzo per riparare quello che era compromesso e di sostituire al disordine un’armonia magnifica. Infatti, per l’incarnazione si vedranno raggrupparsi in un ordine nuovo tutte le creature, i loro vincoli di solidarietà concentrarsi in grazia del sublime Fratello, l’unità di Dio, della natura e dell’uomo fortificarsi in ciò che Dio avrà avuto di mira, per stabilire la saldatura, il punto delicato dove la materia e lo spirito si ricongiungono, dove l’animale ragionevole offre all’intelletto tutto il contributo dei sensi e tutta l’attività vibrante o vegetante dei corpi insensibili. Dal canto nostro, noi abbiamo bisogno di Dio: un bisogno essenziale, ma anche un bisogno sensibile, perché siamo carne. Piuttosto che privarsi di una divinità visibile, l’umanità ha avvilito il vero Dio. Qui Dio non si avvilisce punto, è Lui che si avvicina, ma senza decadere in verun modo. Resta lui stesso e diventa misteriosamente uno di noi. Il suo commercio familiare soddisfa l’intima aspirazione della terra. L’umanità cercava da per tutto il suo Dio, e un giorno lo trovò in sé. Da ciò quel grandioso movimento morale, nel quale io additavo più sopra l’incomparabile riuscita dell’incarnazione e del suo preteso paradosso. L’Uomo Dio ha conquistato l’umanità; vi ha eccitato l’entusiasmo, l’ammirazione, la speranza, l’amore, senza mai scoraggiare la più piccola o la più debole delle anime, offrendo di che soddisfare le più esigenti e portare all’estremo le più eroiche. Il suo culto ha animato delle collettività, promosso delle civiltà, che hanno trovato e troveranno in Lui l’ispirazione e la guida delle istituzioni più benefiche. Al termine, il rientrare nella Trinità, per mezzo del Verbo, di tutto il creato rappresentato dalla creatura ragionevole e congiunto ad essa, non sarà forse l’integrazione perfetta, la religione compita, il senso umano sfatto in quell’appetito d’infinito che lo travaglia? Finalmente, e noi lo dicevamo pure, si vedrà lì un contrappeso al mistero del male, in ciò che Dio, che la nostra incoscienza tratta alle volte da crudele, sceglie di farsi vittima, e prova che, se permette il male, non è affatto indifferenza, poiché Egli ne vuole morire?

D. Questo piano è bello; ma non è eccessivo nei suoi due estremi?

R. L’intimo unito all’immenso è la grande legge dell’arte.

D. Ma qual bisogno di una così stretta unità?

R. La natura ce ne dà l’esempio, e noi non siamo sorpresi quando, là dove essa si ferma, il soprannaturale riprende.

D. Come questo?

R. La scala degli esseri è formata di successivi gradi: la sensazione, il pensiero; i pianeti, i soli, le nebulose, gli insiemi stellari dei quali ignoriamo ancora le forme c i vasti inquadramenti. Tutto si collega, tutto si unifica in un cosmo, in un ordine. Al di sopra, vi è il Creatore, ma tra questo grande Separato e l’opera sua vi è un immenso iato, e sembra impossibile colmarlo, poiché il Trascendente e l’essere creato non hanno nessun legamento comune, e l’attribuirne loro uno qualsiasi, sarebbe un distruggere Dio. Ora l’incarnazione effettua appunto questo miracolo. Per essa vi è una giuntura, un pezzo di raccordo. Cristo è Dio e uomo, senz’alcuna diminuzione di Dio, senz’alcun alterazione dell’uomo. In Lui tutti i regni si uniscono; materia, vita e pensiero accedono alla divinità e racchiudono tutto in essa. Il suo essere è una « ricapitolazione », come l’opera sua (S. IRENEO). L’universo è così definitivamente uno, uno nell’Uno, nella Sorgente prima, nel Fine, nella Legge, nel Superessere. Così il mondo gira meglio; l’intelletto, strumento d’unità, lo stringe meglio; il reale, a questo fatto d’integrazione, soddisfa più il pensiero, è più un Mondo; la Trinità lo include nel suo triplice centro; il nostro universo è come divinizzato e Dio è come universalizzato per il fatto che è umanato in un Figlio di Adamo. L’unità regna, e con essa l’armonia, il bello supremo, fratello del vero dell’intelletto e del bene dell’amore.

D. In tali condizioni, io non capisco come l’incarnazione non faccia parte del piano iniziale, com’essa venga per fortuna.

R. Tu riscontri il pensiero di non pochi teologi, e dello stesso S. Tommaso nella sua giovinezza dottrinale. Più tardi l’uomo riflessivo si ricredette; dichiarò di riferirsi in proposito alla Scrittura, in una materia in cui le nostre convenienze intellettuali da sole sono di troppo poco peso. Ora è manifesto che la Scrittura presenta come solidali le due idee di incarnazione e di redenzione.

D. Tuttavia un così grande fatto si effettua solo occasionalmente.

R. Occasione se vuoi; ma è un’occasione eterna. Tutto quello che fa Dio si misura all’eternità. E poi, non è forse il capolavoro della sapienza, il miracolo della potenza, il trovare in un’occasione la materia d’un piano superiore? L’arte vive di siffatte occasioni. Tutta la meraviglia gotica non è forse una soluzione di questo problema volgare: come equilibrare la spinta laterale e procurarsi della luce? Di un’occasione mortale per l’umanità Dio fece un trionfo per lei e per l’universo. Ed «è cosa buona! ».

D. Dopo un tale avvenimento, ci dovrebbero essere ancora altri avvenimenti?

R. Non ve ne sono altri, ma vi è lo sviluppo di questo. L’Incarnazione finisce e comincia. « L’umanità è stata divisa in due ore: nella prima ora l’uomo aspettava Dio; nella seconda, è Dio che aspetta l’uomo. Ecco la spartizione dei tempi » (LACORDAIRE).

D. Perché apprestare questo rimedio così tardi?

R. Dio l’apprestò nel momento che parve più opportuno alla sua provvidenza, il più centrale e il più raggiante riguardo tutte le età. Bisognava che l’uomo peccatore si rendesse conscio del suo caso, conscio della sua debolezza, avesse l’evidenza del suo bisogno, a fine di concepire il desiderio della sua liberazione, come si vede che Egli fece nei tempi di fermentazione mistica anteriori a Gesù. « È bene essere stanchi e affaticati dall’inutile ricerca del vero bene, per tendere le braccia al liberatore » (PASCAL). Non bisognava inoltre, per l’onore di Cristo, che venisse nella « pienezza dei tempi » (S. PAOLO) affinché Egli, centro della storia, apparisse dominarla tutta quanta?

D. Tu sacrifichi così il passato.

R. Noi non sacrifichiamo niente. Ho già detto che Cristo irradia nel tempo come irradia nelle estensioni e nelle anime; Egli non è dato a questi, rifiutato a quelli; Egli appartiene a tutti, e l’attesa secolare che l’ha preceduto fa parte del suo lavoro, eseguisce le sue intenzioni in tutte le anime rette; perché l’albero della croce ha radici che sono esse pure medicinali. L’umanità non mancò mai del suo Cristo.

D. L’elemento divino dell’incarnazione è espresso nelle tue parole ora col termine Verbo, ora col termine Dio: da che dipende questa diversità di termini?

R. Dio è la Trinità, o una delle persone in ciò che ha di comune con le altre, cioè la Divinità stessa. Il Verbo è la seconda delle Persone che si oppongono o si rilegano in quelle relazioni viventi di cui abbiamo parlato. Ciò posto, quando si dice: Dio s’incarna, si può volere esprimere in tal modo l’opera medesima, il fatto, l’azione, e allora è tutta la Trinità che si designa; perché un’azione di Dio è Dio, è la sostanza o essenza creatrice nella sua pienezza, e perciò la distinzione delle Persone è qui fuori di questione. All’opposto, se si vuole indicare il risultato dell’azione, quello cui essa fa capo, cioè l’Uomo Dio, si nomina allora specialmente il Verbo, Figliuolo eterno di Dio, Sapienza, seconda Persona della SS. Trinità. E, questa volta, la ragione è che, secondo le nostre credenze, solo il Verbo, nell’Incarnazione, assume, cioè accoglie e raccoglie in sé la natura umana. Il pensiero di Dio era deformato dalla colpa: spettava al Pensiero vivente di riprendere in sottopera il lavoro al quale Egli aveva presieduto nel momento della creazione. Siccome dunque solo il Verbo è Figliuolo di Dio nella Trinità eterna, così solo il Verbo è Figliuolo dell’Uomo nell’incarnazione.

D. Io sospetto che la psicologia di Cristo, secondo questo, debba essere abbastanza complessa.

R. Essa è profondamente misteriosa; ma i contrasti della sua Persona si conciliano con una tale agevolezza e con una tale dolcezza che Giovanni, dopo avere appoggiato la testa sul suo petto, trova affatto naturale chiamarlo suo Dio.

D. Da questa divinità che è in Lui, che cosa deriva nella sua umanità?

R. Ne deriva il cielo, senza che la terra lo abbandoni. Voglio dire che Egli esercita tutte le funzioni della nostra vita terrena, veramente autentiche; la sua vita non è una commedia; i suoi atti non sono dei simulacri; Egli è sottomesso a tutte le nostre debolezze, salvo il peccato e la tendenza al peccato; prova tutti i nostri bisogni; le nostre fatiche e i nostri dolori l’opprimono, e le nostre noie, e i nostri disgusti, e i nostri abbattimenti, e le nostre angustie, che la sua fortezza divina supera, ma non abolisce; Egli giungerà fino all’agonia dell’essere per il quale la morte è una liberazione, e che tuttavia la paventa. Tutto ciò, chiarissimamente affermato, dev’essere poi conciliato con una beatitudine segreta, con una scienza senza ombra, e con una perfetta serenità del volere profondo.

D. Come ciò è possibile?

R. Ciò è possibile tanto facilmente e tanto difficilmente quanto l’incarnazione stessa. Conciliare Dio e l’uomo è conciliare quello che essi sono, e che non sarebbero punto se nella pretesa conciliazione gli attributi dell’uno nuocessero agli attributi dell’altro.

D. Non è possibile fare due cose nello stesso tempo, né ascoltare due musiche.

R. Ciò avviene. Vi è la dettatura di Cesare; vi è Mozart che compone un brano mentre ne scrive un altro; vi sono gli sdoppiamenti di personalità, vi sono quei che cercano la solitudine in mezzo a Parigi e la trovano: vi sono quegli stati d’anima descritti dal D’Annunzio, quando «nell’angoscia più agitata, un meandro profondo della nostra coscienza rimane in pace »; vi sono specialmente gli stati mistici, alcuni dei quali ci mostrano in un solo essere, nello stesso tempo, degli stati in apparenza contradittorii. Qui, «l’anima che è la forma del corpo, gode Dio increato nel Dio fatto uomo » (ANGELA da Foligno). L’estasi è dunque lo stato normale. Gesù attraversa la nostra notte come in un’aureola. Egli è un abitatore della Luce eterna; ascolta una musica segreta; si presta ed è sempre solo; parla e nasconde nel centro un abisso muto; opera in un riposo meraviglioso; prosegue, senza interruzione, l’eterno colloquio; nel corso della stessa Passione, in stati ciascuno dei quali sembra che debba accaparrarsi tutta l’anima, il suo essere intimo si potrebbe definire: un oceano di pace e di silenzio sotto una tempesta furiosa.

D. Se Dio lo penetra a tal punto, sì sarà tentati di negare l’uomo.

R. «La Chiesa ebbe tanta difficoltà a dimostrare che Gesù Cristo era uomo contro coloro che lo negavano, quanto a dimostrare che Egli era Dio, e le apparenze erano altrettanto grandi » (Pascal). Del resto, non sottilizziamo, quando si tratta di miracolo o di mistero; non facciamo i maligni, direbbe Carlo Péguy. Abbiamo lì due fatti associati: un fatto divino con tutte le sue conseguenze, un fatto umano nella sua integrità autentica: l’Onnipotenza e l’Onnisapienza li conciliano.

D. In ogni caso, di tutto ciò che fa Cristo, è Dio responsabile?

R. Certamente; perciò, chiamiamo la sua parola una parola di Dio, il suo sacrifizio volontario una salute di Dio, e le stesse sue azioni più volgari sono teandriche, come dicono i teologi, o umano-divine; perché, sebbene per la loro natura siano del tutto umane, tuttavia sono centrate in Dio, personalizzate in Dio, in quel Dio che ha assunto la natura umana che esse ci manifestano, Sono dunque attribuibili a Dio; sono altresì azioni divine.

D. Ciononostante si domanda a che servano queste complicazioni.

R. Tu dici come Lutero: « Che m’importa! ».

D. Sì, che importa tutta questa teologia di Cristo, quando si tiene la sua dottrina?

R. Non si tiene la dottrina di Cristo, quando si trascura

quello che Egli ha insegnato di se stesso. E si può dire: Che importa? quando si tratta di un tale fatto nella storia umana, di una tale luce sull’amore divino? Si può forse pensare che la vita avrà lo stesso corso, la stessa forma, lo stesso slancio, lo stesso soffio interiore, la stessa dolcezza e gli stessi risultati, se Dio interviene colla sua Persona, o se egli parla per messaggero; se ci affida tutti i misteri e li fa apparire ai nostri occhi in forma umana, o se è solo la forma e il mistero è assente?

D. Tu vuoi il divino in un doppio e unico esemplare?

R. Io vedo con meraviglia che noi abbiamo, in un solo essere, uno specchio divino dell’uomo, uno specchio umano di Dio.

D. Dicevì che non sì può conoscere Dio.

R. Si conosce per analogia, ed ecco l’analogia vivente: la Persona e l’azione di Cristo. È quello che, nella sera della Cena, a Gesù permette di dire a Filippo: Chi vede me vede mio Padre, ed io mi rappresento il discepolo stupefatto nell’atto di immergere gli sguardi in quelle pupille d’uomo, per scorgere la Divinità.

D. Tu non hai detto come Cristo può essere della nostra stirpe senza partecipare alle nostre miserie peccaminose come alle nostre umili grandezze.

R. Non è il flusso delle generazioni che ha formato Cristo; Egli ha per padre Dio; un segreto influsso lo forma nella Vergine e lo compone come conviene alla dignità di una personalità divina ed umana, destinata a un compito esemplare e salvatore.

D. Come mai, con tutto questo, Cristo ha potuto essere disconosciuto?

R. Si può disconoscere tutto. Al di sopra della nostra cognizione diretta, vi è in noi un potere di divinazione, al di sotto un potere di accecamento. Se Dio apparisce in Cristo, non apparisce altrimenti che nella natura, salvo il grado e la forma, e la sua umanità può fare schermo a riguardo della sua divinità come ciò avviene per la natura.

D. Di modo che la condizione dei contemporanei non era gran fatto più favorevole della nostra sotto l’aspetto della fede?

R. Forse era meno favorevole. Quanto è più difficile dire a se stesso, di un uomo che si vede: Quest’uomo è Dio, che credere questo di un uomo aureolato di gloria spirituale per venti secoli!

D. Finalmente, l’incarnazione è a’ tuoi occhi una parte essenziale del Cristianesimo?

R. Essa è il cristianesimo stesso nella sua realtà centrale. Il cristianesimo è la religione di Cristo, cioè di Dio incarnato. E non si deve dir solamente la religione annunziata da lui, ma è nello stesso tempo la religione che ha il Dio incarnato per oggetto, in quanto è Dio; per mezzo, in quanto Egli è uomo. Il Dio incarnato è il nostro tutto, l’alfa e l’omega della nostra vita religiosa. E per questo la nostra religione differisce da tutte le altre. Le religioni panteistiche e le idolatriche confondono l’uomo e Dio; il deismo e il maomettismo li tengono a distanza; il Cristianesimo li associa in Cristo, e con ciò nella Chiesa, nel pensiero e nel cuore del Cristiano.

IL BEATO HOLZHAUSER INTERPRETA L’APOCALISE: LIBRO SESTO

IL BEATO HOLZHAUSER INTERPRETA L’APOCALISSE:

LIBRO SESTO


SUI CAPITOLI XII, XIII, XIV, XV

Di alcune rivelazioni speciali e particolari fatte a San Giovanni riguardo ai regni di Mahometto e dell’Anticristo, e anche sulle ultime piaghe e sull’ultimo trionfo della Chiesa, così come su altri particolari che la riguardano.

OSSERVAZIONE PRELIMINARE.

Dopo che San Giovanni ebbe ricevuto la rivelazione generale dei principali eventi di tutto il corso della Chiesa, fino alla consumazione dei secoli, Dio gli fece conoscere in particolare alcuni misteri speciali, segreti e nascosti, e tanto terribili quanto sorprendenti, che avrebbe permesso di verificare nelle varie età della Chiesa militante. Questi misteri si riferiscono specialmente ai regni di Maometto e dell’Anticristo, e molte altre cose che sono contenute nei capitoli seguenti, sotto varie figure ed enigmi.

SEZIONE I.

SUI CAPITOLI XII E XIII.

DELLA GUERRA CHE IL DIAVOLO HA FATTO E FARÀ ANCORA ALLA CHIESA MEDIANTE COSROE, MAOMETTO E L’ANTICRISTO.

La guerra descritta nei capitoli seguenti è la più crudele, la più violenta, ostinata e lunga che lucifero, il principe delle tenebre, abbia mai intrapreso per distruggere la Chiesa di Dio, ove mai fosse possibile. Ma le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. Questa lotta accanita cominciò con l’orribile tiranno Cosroe, il quale, vinto da Eraclio, suscitò al suo posto un mostro ancor più orribile nella persona di Maometto, che si impadronì del trono dei Persi, ed estese considerevolmente il suo impero. Il regno di questo nemico ereditario ed implacabile. Che fece versare flutti di sangue ai Cristiani, continua a durare; e benché considerevolmente affievolita nell’età di consolazione della Chiesa, per mano dell’atteso Monarca, ne resterà nondimeno una porzione rinserrata in limiti stretti, fino a che venga il figlio della perdizione. Questi, con trame oscure, giungerà al prono di questo impero che farà rivivere, e che restaurerà al punto da sottomettere quasi tutto al suo potere. Allora lucifero si servirà di quest’ultimo e più potente sovrano di questo reame per mettere il colmo al suo furore contro la Chiesa di Dio. La guerra descritta nei capitoli seguenti è la più crudele, la più violenta, ostinata e lunga che lucifero, il principe delle tenebre, abbia mai intrapreso per distruggere la Chiesa di Dio, ove mai fosse possibile. Ma le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. Questa lotta accanita cominciò con l’orribile tiranno Cosroe, il quale, vinto da Eraclio, suscitò al suo posto un mostro ancor più orribile nella persona di Maometto, che si impadronì del trono dei Persi, ed estese considerevolmente il suo impero. Il regno di questo nemico ereditario ed implacabile. Che fece versare flutti di sangue ai Cristiani, continua a durare; e benché considerevolmente affievolita nell’età di consolazione della Chiesa, per mano dell’atteso Monarca, ne resterà nondimeno una porzione rinserrata in limiti stretti, fino a che venga il figlio della perdizione. Questi, con trame oscure, giungerà al prono di questo impero che farà rivivere, e che restaurerà al punto da sottomettere quasi tutto al suo potere. Allora lucifero si servirà di quest’ultimo e più potente sovrano di questo reame per mettere il colmo al suo furore contro la Chiesa di Dio.

§ 1.

La guerra che il demonio suscitò per mezzo di Cosroe contro la Chiesa.

CAPITOLO XII – VERSETTI 1-18

Et signum magnum apparuit in caelo: mulier amicta sole, et luna sub pedibus ejus, et in capite ejus corona stellarum duodecim: et in utero habens, clamabat parturiens, et cruciabatur ut pariat. Et visum est aliud signum in cælo: et ecce draco magnus rufus habens capita septem, et cornua decem: et in capitibus ejus diademata septem, et cauda ejus trahebat tertiam partem stellarum cæli, et misit eas in terram: et draco stetit ante mulierem, quæ erat paritura, ut cum peperisset, filium ejus devoraret. Et peperit filium masculum, qui recturus erat omnes gentes in virga ferrea: et raptus est filius ejus ad Deum, et ad thronum ejus, et mulier fugit in solitudinem ubi habebat locum paratum a Deo, ut ibi pascant eam diebus mille ducentis sexaginta. Et factum est prælium magnum in cælo: Michael et angeli ejus praeliabantur cum dracone, et draco pugnabat, et angeli ejus: et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in cælo. Et projectus est draco ille magnus, serpens antiquus, qui vocatur diabolus, et Satanas, qui seducit universum orbem: et projectus est in terram, et angeli ejus cum illo missi sunt. Et audivi vocem magnam in caelo dicentem: Nunc facta est salus, et virtus, et regnum Dei nostri, et potestas Christi ejus: quia projectus est accusator fratrum nostrorum, qui accusabat illos ante conspectum Dei nostri die ac nocte. Et ipsi vicerunt eum propter sanguinem Agni, et propter verbum testimonii sui, et non dilexerunt animas suas usque ad mortem. Propterea lætamini cæli, et qui habitatis in eis. Væ terræ, et mari, quia descendit diabolus ad vos habens iram magnam, sciens quod modicum tempus habet. Et postquam vidit draco quod projectus esset in terram, persecutus est mulierem, quæ peperit masculum: et datæ sunt mulieri alæ duæ aquilæ magnæ ut volaret in desertum in locum suum, ubi alitur per tempus et tempora, et dimidium temporis a facie serpentis. Et misit serpens ex ore suo post mulierem, aquam tamquam flumen, ut eam faceret trahi a flumine. Et adjuvit terra mulierem, et aperuit terra os suum, et absorbuit flumen, quod misit draco de ore suo. Et iratus est draco in mulierem: et abiit facere prælium cum reliquis de semine ejus, qui custodiunt mandata Dei, et habent testimonium Jesu Christi. Et stetit supra arenam maris.

[E un grande segno fu veduto nel cielo: Una donna vestita di sole, e la luna sotto i suoi piedi, e sulla sua testa una corona di dodici stelle: ed essendo gravida, gridava pei dolori del parto, patendo travaglio nel partorire. E un altro segno fu veduto nel cielo: ed ecco un gran dragone rosso, che aveva sette teste e dieci corna, e sulle sue teste sette diademi, e la sua coda traeva la terza parte delle stelle del cielo, ed egli le precipitò in terra: e il dragone si pose davanti alla donna, che stava per partorire, affine di divorare il suo figliuolo, quando l’avesse dato alla luce. Ed ella partorì un figliuolo maschio, il quale ha da governare tutte le nazioni con scettro di ferro: e il figliuolo di lei fu rapito a Dio e al suo trono, e la donna fuggi alla solitudine, dove aveva un luogo preparatole da Dio, perché ivi la nutriscano per mille duecento sessanta giorni. E seguì in cielo una grande battaglia: Michele coi suoi Angeli combatterono contro il dragone, e il dragone e i suoi angeli combatterono: ma non vinsero, e il loro luogo non fu più trovato nel cielo. E fu precipitato quel gran dragone, quell’antico serpente, che si chiama diavolo e satana, il quale seduce tutto il mondo: e fu precipitato per terra, e con lui furono precipitati i suoi angeli. – E udii una gran voce nel cielo, che diceva: Adesso è compiuta la salute, e la potenza, e il regno del nostro Dio, e la potestà del suo Cristo: perché è stato scacciato l’accusatore dei nostri fratelli, il quale li accusava dinanzi al nostro Dio dì e notte. Ed essi lo vinsero in virtù del sangue dell’Agnello, e in virtù della parola della loro testimonianza e non amarono le loro anime sino alla morte. Per questo rallegratevi, o cieli, e voi che in essi abitate. Guai alla terra e al mare, perocché il diavolo discende a voi con grande ira, sapendo di avere poco tempo. E dopo che il dragone vide com’era stato precipitato sulla terra, perseguitò la donna che aveva partorito il maschio: ma furono date alla donna due ali di grande aquila, perché volasse lungi dal serpente nel deserto al suo posto, dov’è nutrita per un tempo, per tempi e per la metà d’un tempo. E il serpente gettò dalla sua bocca, dietro alla donna dell’acqua come un fiume, affine di farla portar via dal fiume. Ma la terra diede soccorso alla donna, e la terra aprì la sua bocca, e assorbì il fiume che il dragone aveva gettato dalla sua bocca. E si adirò il dragone contro la donna: e andò a far guerra con quelli che restano della progenie di lei, i quali osservano i precetti di Dio e ritengono la confessione di Gesù Cristo. Ed egli si fermò sull’arena del mare.]

I. Vers. 1E apparve un grande segno nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi, e sul suo capo una corona di dodici stelle.

Vers. 2Portava un figlio nel suo grembo, e gridava nel suo dolore e provava tutta l’angoscia del parto. Sotto il tipo della donna che è descritto qui, si intende la Chiesa di Cristo sulla terra. Il Profeta la rappresenta giustamente come una donna, poiché è la sposa di Gesù Cristo e nostra madre, in quanto ci rende figli di Dio mediante il Battesimo. E apparve un grande segno, cioè la Chiesa, che è davvero un grande segno visibile in tutti i tempi e su tutta la terra, ed è contro questo segno che il figlio della perdizione si alzerà in modo speciale, a causa del Nome di Nostro Signore Gesù Cristo, che egli bestemmierà, e che pochi uomini oseranno confessare sotto il suo regno di una orribile tirannia. Si dice che questo grande segno sia apparso in cielo, perché la Chiesa prende la sua luce dal cielo, una luce che la rende visibile a tutto il mondo. E sebbene sia sulla terra esposta alla furia delle persecuzioni e costantemente agitata e battuta dalle onde della tempesta che questo mondo solleva contro di essa, continua tuttavia a rimanere sotto la protezione del Dio del cielo, che le comunica i raggi del suo sole, e che non permetterà mai contro di essa altri mali se non quelli che la sua santa volontà e quella del suo Cristo giudicheranno utili o necessari. Infatti, Dio non è mai così vicino ai suoi che protegge, come quando sono in mezzo ai più grandi pericoli e mali. Questa Chiesa è paragonata ad un donna vestita di sole, perché Nostro Signore Gesù Cristo, che è il Sole di Rettitudine, la illumina costantemente, la sostiene e la rafforza con la sua assistenza divina; la glorifica e la circonda. La glorifica e la circonda con la sua protezione onnipotente. – San Giovanni l’annuncia sotto la figura di una donna vestita di sole, perché alla fine dei tempi, nei giorni delle sue più grandi tribolazioni, la Chiesa sarà più particolarmente assistita da Gesù Cristo, che ispirerà e rafforzerà i suoi eletti, che sono davvero pochi, per non soccombere. Con la luna sotto i suoi piedi, cioè l’orbe terrestre, che cresce e decresce come la luna, secondo che i Cristiani che ne fanno parte diminuiscano o si moltiplichino nel corso dei secoli. La Chiesa è rappresentata come se avesse la luna sotto i suoi piedi, a causa del potere che Gesù Cristo le ha dato su tutto il mondo, anche se, secondo la volontà di Dio, e secondo come Egli comunica la sua luce alla terra, il numero di coloro che gli obbediscono aumenta o diminuisce, secondo le circostanze dei tempi. Si nota soprattutto che questa luna è sotto i piedi della Chiesa; tuttavia, negli ultimi giorni i suoi piedi sfioreranno appena la terra, e Gesù Cristo, il Sole di Rettitudine, e la Sua Chiesa, che riflette la sua luce, saranno eclissati dagli abitanti del pianeta. Perché allora saranno pochi gli uomini che confesseranno il suo santo Nome. I governanti della terra e quasi tutti i popoli che si oppongono alla luce di questo sole, copriranno la superficie del pianeta come tante locuste, come la sabbia del mare o come le foglie degli alberi; e saranno gettati nell’inferno dall’ira dell’Agnello. E sul suo capo una corona di dodici stelle. Queste dodici stelle significano tutti i Santi che si alzeranno contro il torrente degli empi e combatteranno per la Chiesa e per il suo Cristo, come fecero gli Apostoli e gli altri Santi durante i primi secoli delle grandi persecuzioni. È di tutti questi Santi che Daniele (XII, 3), dice: « Ora coloro che sono stati sapienti brilleranno come le luci del firmamento; e coloro che hanno istruito molti nella via della giustizia brilleranno come stelle nell’eternità. » Così questi Santi che combatteranno per la Chiesa alla fine dei tempi saranno la sua corona ed il suo ornamento sulla terra, come le stelle sono l’ornamento del cielo. E sul suo capo una corona di dodici stelle. Ella portava un figlio nel suo grembo, e gridava nel suo dolore, e provava tutta l’angoscia del parto. Queste parole si riferiscono alla terribile angoscia, al profondo dolore e ai grandi pericoli in cui la Chiesa militante e l’Impero Romano (che è anche rappresentato qui, in un altro senso letterale, dalla donna), sono stati immersi e continueranno ad essere immersi di fronte al drago, alla bestia ed al falso messia. Infatti, l’imperatore Foca, uno dei principi più empi, malvagi ed effeminati del mondo, inondò l’impero con i suoi crimini. In seguito Cosroe, re dei Persiani, un tiranno crudelissimo ed i barbari al suo fianco, causarono un tale caos nel paese che lasciarono la Chiesa e l’Impero Romano a malapena sussistere.  L’Egitto, la Palestina, la Libia e Gerusalemme furono invase, e 90.000 Cristiani furono massacrati in queste orribili circostanze, che continuarono fino all’avvento di Eraclio. Questo principe, salito sul trono dell’Impero, si impadronì dell’Armenia e sconfisse l’esercito di Cosroe, che mise in fuga con una vittoria memorabile. – Dopo di che trionfò sui Persiani, che sconfisse in tre grandi battaglie, ed infine riconquistò la vera croce di Gesù Cristo dagli infedeli e la restituì alla Chiesa Cattolica.  Ora queste sono le ansie, i dolori, le difficoltà e questi i pericoli della Chiesa, che San Giovanni descrive sotto l’enigma di una donna in preda alle doglie del parto. Infatti, le quattro circostanze principali di queste prove della Chiesa di Cristo trovano la loro verifica figurata nel parto di una donna. a). Essa portava nel grembo un bambino, cioè Eraclio suo figlio e futuro imperatore. b). E gridò nel suo dolore e nelle sue tribolazioni. c). E sentì tutta l’angoscia, cioè il pericolo pressante che la minacciava. d). Essa provava tutta l’angoscia del parto, desiderando con timore e sollecitudine di partorire finalmente, con l’aiuto della misericordia divina, un figlio pieno di forza e di vita, cioè un buon Imperatore che la liberasse. Questo è infatti ciò che le fu concesso, anche se più tardi questo Imperatore cadde nell’eresia, fu abbandonato da Dio e perì miseramente, come vedremo più avanti. – 2° La Chiesa e l’Impero Romano hanno continuato, più o meno fino ad oggi, ad essere immersi nel dolore, nel pericolo e nell’angoscia dall’impero di Maometto, cioè l’impero dei Turchi, che i Cristiani devono considerare come una bestia molto feroce che non cesserà, a causa del suo istinto diabolico, di perseguitare la Chiesa ad oltranza. – 3º Questo pericolo e questa angoscia diventeranno estremi nei giorni dell’Anticristo, che sarà l’ultimo rappresentante di questo potere infernale, ma anche il più temibile e terribile, perché il serpente antico lo ispirerà nel consumare la sua rabbia e la sua vendetta. – Così l’enigma della donna nei dolori del parto non si riferisce ad un’unica epoca, ma a varie circostanze in cui Dio le darà sempre figli maschi forti e robusti, cioè, imperatori, re e principi che la difenderanno e proteggeranno essa e il suo Impero Romano dall’essere divorato da questa bestia crudele. Anche se l’impero turco è presentato nella storia con alcune modifiche, forma però, in realtà e nel suo insieme, un’unica monarchia, da Cosroe all’Anticristo, perché i suoi governanti hanno un obiettivo comune, che è lo sterminio del Cristianesimo e dell’Impero Romano.

II. Vers. 3E apparve un altro segno nel cielo: un grande drago rosso, con sette teste e dieci corna, e sette diademi sulle sue teste.

III. Vers. 4E la sua coda trasse la terza parte delle stelle del cielo, e le fece cadere sulla terra….. E un altro segno apparve in cielo. Questo segno è rappresentato in cielo, perché il drago dell’abisso con tutti gli empi osa salire verso le cose celesti per distruggerle. Ma qualunque siano i loro sforzi, sono sempre respinti e contenuti dal potere divino, e possono nuocere solo per quanto Dio permette. Un grande drago rosso, dice il testo latino, et ecce, ed ecco; queste parole sono piene di forza e richiamano tutta la nostra attenzione sull’orribile e terribile mostro che il Profeta sta per descrivere. Ed ecco un grande drago rosso, cioè lucifero, il principe di tutti i demoni e di tutti i tiranni, contro il quale San Giovanni è attento a metterci in guardia, dicendo: Questo grande drago, il vecchio serpente, chiamato diavolo e satana, che inganna tutto il mondo, fu gettato sulla terra, e i suoi angeli con lui. Questo dragone è chiamato grande, a causa dell’immenso potere che Dio gli ha permesso di esercitare contro i Santi, contro la Chiesa e contro l’Impero Romano, particolarmente al tempo di Cosroe, di Maometto e soprattutto dell’anticristo, che sarà l’epilogo e il rappresentante di tutti i tiranni, di tutti gli scellerati, di tutti gli esoterici e di tutti gli impostori. Quando un serpente cresce fino a raggiungere proporzioni mostruose, viene chiamato dragone. Ora è questo che si verificherà soprattutto nel figlio della perdizione; infatti, questo serpente diventerà molto grande con le sue vittorie, con la sua potenza, con le sue mostruose imposture, con la moltitudine dei suoi falsi miracoli e con la varietà e la raffinatezza dei suoi stratagemmi. Questo drago apparve rosso a San Giovanni, cioè il colore del sangue di cui si è macchiato a partire da Abele e dai primi martiri, fino all’ultimo dei Cristiani che questo mostro immolerà, per gelosia della gloria di Dio e del santo Nome di Gesù. È di questo drago che San Giovanni ci dice, VIII, 44: « Era omicida fin dal principio », perché non perseverò nella verità, e perse il posto che Dio gli aveva dato. Questo dragone è anche rosso, a causa del fuoco infernale in cui è tormentato con i suoi nei secoli dei secoli. Egli è anche rosso, a causa della sua antica gelosia, della rabbia e dell’invidia, che gli danno un colore livido, tanto arde dal desiderio di nuocere agli uomini e alla Chiesa di Cristo, cercando continuamente di divorare i Cristiani, e di rovinare i loro pii disegni e le loro buone opere, come i serpenti rossi ed i rospi, che sono considerati velenosissimi, cercano di nuocere agli uomini. Infine, è rosso, perché è e sarà, verso la fine dei tempi, molto astuto e fine, come ci avverte Gesù Cristo in San Matteo (XXIV, 24), « … in modo da sedurre gli stessi eletti, se fosse possibile ». Questo dragone apparve a San Giovanni con sette teste e dieci corna, e sette diademi sulle sue teste. Queste sette teste significano tutti i re, o piuttosto tutti i tiranni che regneranno nella monarchia turca fino alla fine. E con le dieci corna si intendono tutti i regni che saranno soggetti al potere del dragone. Si dice che questo dragone avrà o possiederà queste teste e queste corna, perché governa questi re e questi regni, e li spinge alla tirannia contro i Cristiani. Egli combatte con essi ed in essi, ed attraverso di essi infuria contro Gesù Cristo e la sua Chiesa. Si dice anche che avrà sette diademi sulla testa, perché la dignità reale continuerà a sussistere nella monarchia turca fino al figlio della perdizione, perché questo regno non sarà totalmente distrutto. Le dieci corna sono anche dieci re più o meno potenti che, verso la fine dei tempi, quando l’Impero Romano sarà distrutto, si incoroneranno da se stessi; ognuno di essi vorrà avere il proprio regno; ma il figlio della perdizione li vincerà e li sottometterà alla sua dominazione. Ed è così che otterrà una grande potenza, perché userà questi re come sue corna, per combattere e distruggere tutte le cose, come un animale la cui forza è nelle sue corna. E la sua coda portò via la terza parte delle stelle del cielo e le fece cadere sulla terra. Con la coda, comprendiamo le conseguenze di questa monarchia diabolica che ha trascinato via, in effetti, e coinvolto la terza parte delle stelle del cielo, cioè la Chiesa greca, che a poco a poco si separò dalla Chiesa romana, dopo essersi macchiata di vari errori, in occasione della setta di Maometto e sotto il giogo della monarchia turca. Questa Chiesa greca è rappresentata dalle stelle del cielo, perché dapprima fiorì, e brillò come le stelle, con un gran numero di Santi e dottori; tanto che dobbiamo riconoscerci noi stessi che quasi tutte le luci, e specialmente le più grandi della Chiesa di Cristo, hanno brillato soprattutto nella Chiesa primitiva e nella Chiesa greca. E li fece cadere sulla terra, perché la Chiesa greca fu dispersa, e così rimarrà nel suo triste stato sotto il dominio dell’impero turco, fino al tempo del figlio della perdizione. È vero che nella sesta epoca, quando questo impero turco sarà stato confinato in limiti più ristretti, la Chiesa greca sarà di nuovo unita alla Chiesa latina. Ma siccome questo periodo sarà di breve durata, rispetto alla durata di questo regno, questa riconciliazione con la nostra santa madre Chiesa non può essere considerata come costante e duratura. Inoltre, questa Chiesa greca sarà quasi la prima fra tutte quelle che, alla fine dei tempi, aderiranno al figlio della perdizione e ai suoi falsi profeti, e si rivolterà contro la donna vestita di sole, cioè contro la vera Chiesa di Gesù Cristo. Essa si impegnerà allora, secondo la sua vecchia abitudine diabolica, a riproporre i suoi errori sulla natura del Figlio e della processione dello Spirito Santo, e adorerà e farà adorare sulla terra un falso salvatore del mondo e il più criminale degli impostori: l’anticristo. Allo stesso modo, con la coda sono designati i falsi Cristiani e i falsi profeti, che, come la coda di un drago, saranno pieni del veleno della dottrina più pestilenziale, e aderiranno a satana in modo inseparabile, seguendolo ovunque egli andrà, ed agendo secondo la sua volontà ed il suo potere che possiederà con il permesso di Dio. Ed essi inganneranno molti uomini, secondo la profezia di Gesù Cristo, (Matth. XXIV, 24): « Perché sorgeranno falsi Cristi e falsi profeti, e mostreranno grandi segni e prodigi, in modo da ingannare, se fosse possibile, gli stessi eletti. »  Perciò è detto: E la sua coda trasse la terza parte delle stelle del cielo e le fece cadere sulla terra. Per stelle del cielo si intendono anche i dottori, i religiosi e gli ecclesiastici anche della Chiesa latina, i quali, in questi ultimi giorni, vedendo che tutto sarà capovolto e che Dio apparirà come addormentato, ed anche come impotente a reprimere gli empi ai quali permetterà tutto, si scandalizzeranno, e si lasceranno sedurre dai prodigi dei falsi profeti, e faranno defezione. Si abbandoneranno ai piaceri della carne, si sposeranno e immergeranno i loro cuori negli amori illeciti e nella concupiscenza delle donne. Poiché allora il celibato e la santa virtù della castità saranno considerati uno scandalo ed oggetto di derisione. Si vedranno rinascere i tempi di Noè, quando tutta la carne aveva corrotto le sue vie; e allora Dio distruggerà l’universo, non più con l’acqua, ma con il fuoco. E li fece cadere sulla terra, perché questi apostati, uniti nel cuore e nella mente ai falsi profeti, aderiranno alla loro falsa dottrina e si metteranno all’opera per turbare, in modo orribile, la Chiesa di Cristo. Essi commetteranno grandi scandali, inganneranno i popoli e le nazioni, e perseguiteranno i loro fratelli e i loro superiori che non vorranno camminare nella via delle loro abominazioni. Da questo l’avvertimento che Gesù Cristo ci dà in San Matteo, (XXIV, 9): « Allora vi consegneranno alla tribolazione, vi uccideranno e sarete odiati da tutte le nazioni a causa del mio nome. E molti si scandalizzeranno, e tradiranno e si odieranno l’un l’altro. E molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti. E poiché l’iniquità abbonderà, l’amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà fino alla fine sarà salvato. »

III. Vers. 5. – E quel drago stava davanti alla donna che doveva partorire, per divorare suo figlio appena partorito. E partorì un figlio maschio, che avrebbe dovuto governare tutte le nazioni con uno scettro di ferro e suo figlio fu portato a Dio e al suo trono. Questo stazionamento, in presenza e davanti alla donna, denota una violenza eccessiva e molto pressante, e una tirannia continua e sostenuta contro la Chiesa di Cristo e il suo Impero Romano; violenza che satana esercitò per la prima volta nella persona di Cosroe, re dei Persiani, che è un tutt’uno con satana. Per questo è chiamato il dragone in seconda e come uno strumento, perché ne era la coda e non aveva che un solo scopo, quello di distruggere il Nome di Gesù Cristo e della sua Chiesa. Lo stesso vale, a maggior ragione, per Maometto, e di conseguenza per il suo impero tirannico che durerà 1260 anni, e che sarà rinnovato dall’anticristo, il figlio della perdizione. Poiché è ammesso, una volta per tutte, come certo, che questa guerra così crudele e così lunga del dragone fu intrapresa e iniziata da Cosroe, e fu poi continuata per molto tempo da Maometto e dal suo impero turco, e finirà con l’anticristo, che commetterà più crimini durante i giorni della durata del suo regno che tutti quelli che i suoi predecessori avranno prodotto in tanti anni. Questi giorni sono indicati da Daniele e da San Giovanni, come abbiamo detto sopra. Del resto, ne parleremo più a lungo nel seguito. Tutti devono quindi sapere che sotto l’enigma del dragone, del grande capo e direttore degli empi, e sotto gli enigmi delle bestie e delle corna, delle teste, delle acque e delle donne, tutti gli abomini di questa guerra sono descritti dal Santo, che se ne stupisce lui stesso, perché sono davvero grandi e veramente stupefacenti le tribolazioni che rovineranno più o meno la Chiesa, e nelle quali gli eletti saranno provati come dal fuoco. Ecco perché il dragone, Cosroe, Maometto, tutti i successori della sua setta nell’impero turco, e anche il figlio della perdizione che sarà il loro complemento, sono tutti nemici dichiarati del santo Nome di Gesù e della sua Chiesa, e costituiscono un solo corpo morale, che è la bestia o il dragone. E questo dragone si arrestò davanti alla donna che doveva partorire. Queste parole significano la grande angoscia e il pericolo di perire in cui si trovavano la Chiesa e l’Impero Romano al tempo dell’imperatore Foca, sotto il cui regno Cosroe occupava una parte molto grande di quell’Impero. Infatti, egli devastò tutte le chiese, trattò i fedeli in modo disumano e li fece massacrare crudelmente, si impadronì della città di Gerusalemme, dove 90.000 Cristiani furono passati a fil di spada, e portò via la vera croce del Salvatore. E se la misericordia di Dio non avesse dato alla Chiesa un potente liberatore nel suo figlio Eraclio, quel crudele tiranno, che si era ingrandito con tante depredazioni e con tanti regni di cui si era impadronito, avrebbe forse finito per divorare tutto, come un dragone in furia. E questo dragone si fermò davanti alla donna che doveva partorire, per divorare suo figlio appena partorito. Cosroe, infatti, diventato insolente per le sue vittorie, voleva assolutamente divorare e distruggere Eraclio, quando salì sul trono dell’Impero, che aveva appena subito attacchi così violenti. Infatti, Cosroe, gonfio delle sue vittorie e pieno di fiducia nell’estensione del suo potere e nel valore dei suoi eserciti, rifiutò di concludere un trattato di pace con Eraclio, anche nei termini più umilianti per quell’imperatore.

IV. Essa mise al mondo un figlio maschio che avrebbe governato tutte le nazioni con scettro di ferro. Questi era Eraclio, che fu elevato all’Impero, e che mostrò veramente un vigore maschile, fin dall’inizio del suo regno. Egli represse l’insolenza di Cosroe con vittorie folgoranti, sbaragliò molti dei suoi più formidabili eserciti, occupò la Persia, ripiantò la santa Croce sul monte Calvario, e infine si dimostrò veramente degno di regnare su tutte le nazioni. E forse Dio gli avrebbe concesso questo privilegio, se non si fosse allontanato da Lui sostenendo l’eresia dei Monoteliti. Così dunque, quanto il felice inizio del suo regno fu gradito a Dio e alla Chiesa, ed utile all’Impero, tanto egli stesso divenne miserabile e odioso in seguito. Che i re, i principi e gli uomini potenti del mondo imparino da questo esempio cosa possono fare con l’aiuto e l’amicizia di Dio, e come, al contrario, diventano impotenti e miserabili allontanandosi da Lui. Che doveva governare tutte le nazioni con uno scettro di ferro. Con questo scettro di ferro si intende un potere molto grande e forte, che Dio ebbe dato a Eraclio per sottomettere al suo dominio e per contenere nell’obbedienza e nella servitù, le nazioni barbare, se non si fosse separato da Lui, e se non avesse corrotto le sue vie cadendo nell’eresia. Ecco perché San Giovanni si esprime in modo condizionale e non assoluto: Che doveva governare, etc. – E suo figlio fu portato a Dio e al suo trono. Queste parole esprimono la protezione di Dio verso Eraclio, e i suoi eterni consigli contro i suoi nemici; e anche le brillanti vittorie e l’elevazione di questo principe al trono dell’Impero. Questi sono, infatti, doni che vengono da Dio, e che Egli distribuisce a suo piacimento. Si leggano, volendo, le guerre, le vittorie e gli atti pii di questo Imperatore, quando ancora difendeva la causa di Dio, e quando combatteva così valorosamente per la Croce del suo Cristo, e vedremo chiaramente il dito di Dio nell’incoronazione di questo Imperatore, e nel suo brillante trionfo sui nemici più potenti e formidabili, con mezzi umani molto deboli. Ma poiché abbandonò le vie della giustizia e della verità, egli stesso fu abbandonato da Dio, ed in seguito soffrì ogni tipo di disgrazie e di miserie. La sua defezione diede alla bestia l’ingresso in uno dei regni più potenti, stabili e lunghi della storia del mondo, che si estende da Maometto fino all’anticristo. – Cosroe, diventato insolente per le sue vittorie, voleva assolutamente divorare e distruggere Eraclio, quando salì sul trono dell’Impero, che aveva appena subito attacchi così violenti. In effetti Cosroe, gonfio delle sue vittorie e pieno di fiducia nell’estensione del suo potere e nel valore dei suoi eserciti, rifiutò di concludere un trattato di pace con Eraclio, anche nei termini più umilianti per quell’imperatore.

V. Vers. 6E la donna fuggì nel deserto, dove aveva un rifugio che Dio aveva preparato per lei, per esservi nutrita milleduecentosessanta giorni. Quando Dio vide che il Cristianesimo e l’Impero d’Oriente non potevano resistere, e che la stessa fede cattolica cominciava ad essere oscurata dal fumo dell’orgoglio e ad essere macchiata dal fango dell’arroganza di cui gli stessi fedeli erano colpevoli verso la Santa Sede; e quando vide le tenebre delle eresie e degli scismi insinuarsi gradualmente nella Chiesa, Egli la trasportò con il suo Impero Romano in Germania, la cui porzione principale era ancora sepolta negli errori del paganesimo. Dio, quindi, volendo mostrare clemenza verso la razza germanica, mandò loro grandi Santi, dell’ordine sempre celebre di San Benedetto, che successivamente la convertirono alla fede cattolica. Citiamo qui alcuni di questi nomi apostolici: San Goar convertì gli abitanti di Treviri; San Ruperto con i suoi compagni convertì la Baviera; San Primino convertì la Sassonia occidentale; San Gisleno fu l’apostolo dell’Austria. Le isole britanniche hanno ricevettero la luce della fede da San Riccardo, abate, Sant’Agostino, San Bonifacio e molti altri santi dottori. San Wilfrido convertì i popoli della Frisia, e San Chiliano quelli della Franconia. È così che l’intera razza alemanna si è trovata al centro della felicità e della luce della fede del Cristo con questi santi Apostoli e con molti altri che Dio mandò ad essa. La bestia rabbrividì di rabbia. La Germania, che prima era considerata una vasta solitudine o un deserto, fu così fecondata dalla dottrina di questi santi Apostoli, e annaffiata dal sangue di molti di loro che suggellarono, con il martirio, le verità che predicavano. Perciò l’Apostolo dice: E la donna fuggì nel deserto; cioè: Dio portò la sua Chiesa in Occidente, e specialmente in Germania, che sono metaforicamente designate come il deserto: 1° Perché un deserto non è abitato, e non c’è vita sociale. 2° Perché i deserti sono di solito il ritrovo di bestie feroci. Ora la Germania e l’Inghilterra, cioè le isole britanniche verso il nord e l’Occidente, erano come piene di bestie feroci, cioè, di sacerdoti degli idoli e di idolatri, che fremevano di rabbia alla voce del Vangelo. In seguito, poiché la fede e il vero Dio non avevano ancora abitato ed illuminato queste regioni, il Profeta le chiama un deserto, dove la donna aveva un ritiro che Dio aveva preparato per lei, cioè aveva preparato queste regioni dell’Occidente a ricevere la fede cattolica, e di conseguenza la Chiesa di Gesù Cristo, rappresentata metaforicamente dalla donna, come è stato detto sopra. In effetti, Dio predispose la Germania e le parti occidentali dell’Europa a ricevere la fede cattolica attraverso le luci della sua grazia che riversò nei cuori, e attraverso le luci esteriori e sensibili dei suoi Apostoli. Per essere nutrita lì milleduecentosessanta giorni. Queste parole designano la durata effettiva del rifugio della Chiesa di Gesù Cristo in Occidente. E questa durata sarà di milleduecentosessanta anni, perché qui i giorni contano come anni, come spesso accade nella Scrittura. L’inizio di questo periodo risale all’origine della monarchia turca, e anche all’inizio della conversione degli inglesi e delle Nazioni occidentali. Proprio come nell’Antico Testamento il popolo d’Israele aveva un nemico ereditario nei Gentili; così il popolo cristiano e la Chiesa di Cristo avranno sempre come avversari la nazione turca e tutti i popoli barbari della setta di Maometto fino alla fine dei tempi. Questa bestia riceverà infatti un grande colpo ed una profonda ferita dal grande Monarca che gli toglierà l’impero di Costantinopoli con gran parte del suo territorio. Ma l’anticristo, che sarà l’ottavo corno della bestia, curerà la sua ferita, e rafforzerà addirittura questa bestia in modo così considerevole, che occuperà quasi tutti gli Stati, e arriverà addirittura ad un grado supremo di elevazione tra tutti gli altri regni. – Ho detto che occuperà quasi tutti gli Stati; anzi, l’anticristo che sorgerà sul trono della monarchia turca, nelle terre dove il grande Monarca lo avrà relegato, ristabilirà il suo impero e lo renderà più potente che mai. E la donna fugge nel deserto….. per essere nutrita, cioè per essere mantenuta e conservata. Perché questo è ciò che Dio ha concesso alla Chiesa d’Occidente nella sua paterna bontà, e ciò che le concederà fino alla fine dei tempi, di poter conservare la sua fede con la predicazione del Vangelo e con gli esempi dei suoi Santi. In ogni epoca e tempo, Dio ha sempre mandato operai nella sua vigna per coltivarla; e così ha impedito che questa vigna o Chiesa perisse, specialmente nel terribile uragano dell’eresia di Lutero.

VI. Vers. 7. – E ci fu una grande battaglia in cielo, ecc. San Giovanni descrive con le seguenti parole la guerra che sorse, quando San Michele e gli Angeli custodi si impegnarono a stabilire la Chiesa d’Occidente, ed il dragone, con gli angeli cattivi, fece tutti i suoi sforzi per opporvisi e persino per distruggerla. E ci fu un grande combattimento nel cielo. San Michele e i suoi Angeli combatterono contro il dragone, e il dragone con i suoi angeli combatteva contro di lui. San Michele è il protettore della Chiesa militante, e i suoi Angeli sono i guardiani delle chiese, dei regni e di tutta la Cristianità. San Michele è il principe e il capo di quelle miriadi di Angeli che combattono, secondo la volontà di Dio, contro il potere delle tenebre, per proteggere e conservare la Chiesa, che è più o meno estesa su tutta la terra, secondo le circostanze dei tempi, e che è affidata alla cura di questo Arcangelo. Il dragone, invece, è lucifero, il serpente antico, il diavolo e satana. I suoi angeli sono gli altri spiriti malvagi e i reprobi che egli invia su tutta la superficie della sfera per distruggere la Chiesa ed il Nome di Cristo. – Così, mentre i primi si sforzavano di diffondere la fede cristiana in Europa, i secondi facevano del loro meglio per contrastarla e distruggerla, sollecitando le anime delle nazioni convertite a far defezione, ed eccitandoli alla sedizione, alla guerra, alla tirannia, alla persecuzione e all’odio contro i sacerdoti e gli Apostoli di Cristo. Inoltre, essi suscitarono falsi fratelli, i figli di Belial, nel seno della Chiesa con le eresie, in modo che questi potessero causare confusione e problemi tra i nuovi Cristiani con lo scandalo, per renderli odiosi alle altre nazioni che erano ancora nelle tenebre, e per impedire loro di convertirsi. Ma nonostante tutti questi sforzi tentati dal dragone e dai suoi angeli ribelli, né le sedizioni, né le guerre, né le defezioni, né lo spargimento di sangue dei martiri, né tante altre difficoltà di ogni genere potettero impedire la conversione della Germania e delle nazioni occidentali, perché quest’opera santa era sotto la protezione speciale di Dio, che si mostrava sensibile alle preghiere e ai sacrifici di tutti i santi Apostoli della Germania e di tutta l’Europa. Di modo che la potenza, le lotte, le fatiche, l’industria dei santi Angeli e l’estrema vigilanza prevalsero, e ottennero con San Michele un pieno trionfo. Ecco perché è detto nel testo, parlando dei primi:

Vers. 8. – Ma questi furono i più deboli, e il loro posto non si trovò più in cielo, cioè nella Chiesa della Germania e dell’Occidente, per impedire la nascita della Chiesa o per distruggerla dopo. Infatti, la fede cattolica fu stabilita e diffusa in tutta Europa dalla potenza e dalla pietà di Carlo Magno, verso l’anno 800.

Vers. 9. – E quel dragone, l’antico serpente, chiamato diavolo e satana, che inganna tutto l’universo, fu gettato a terra, e i suoi angeli con lui; cioè, satana e tutta la sua schiera furono scacciati, dispersi, emarginati e messi in fuga da San Michele e dai suoi Angeli, come un re è solito respingere un nemico che abbia osato penetrare nel suo regno. E questo dragone, il serpente antico, chiamato il diavolo e satana, che inganna tutto l’universo, ecc. San Giovanni spiega qui alla lettera cosa si debba intendere con questa parola: il dragone, per l’estensione della sua potenza, la sottigliezza e la penetrazione della sua intelligenza e la sua eccessiva astuzia, di cui troviamo un’idea in Genesi III, 15: « Io porrò inimicizia tra te e la donna, e tra la tua progenie e la sua progenie; essa ti schiaccerà il capo e tu le insidierai il calcagno. » Ora, questo passaggio non è da intendersi solo della beata Vergine Maria, ma anche della Chiesa contro la quale le porte dell’inferno non prevarranno giammai.

VII. Questo dimostra quanto sia importante che i Vescovi, i prelati, i parroci e gli altri pastori di anime veglino sul gregge loro affidato, poiché lucifero, con migliaia di demoni, lavora a tutte le ore e senza tregua per la rovina delle anime. E questi pastori hanno tanti mezzi per governare il loro gregge, poiché possiedono nello Spirito Santo l’alta intelligenza di tutte le cose, e poiché sono costituiti da Dio per governare. Infine, da quanto detto sopra, risulta quanta ammirazione, ringraziamento e fiducia meriti Nostro Signore Gesù Cristo da parte degli uomini che, sebbene accecati dal peccato, sono tuttavia protetti in modo molto paterno, in mezzo a tanti pericoli e trappole, dai santi Angeli che di conseguenza dobbiamo ricompensare con un tenero amore invocandoli. È solo dopo aver abbandonato la nostra carne mortale che vedremo chiaramente gli orribili pericoli che avremo corso e che non avremmo potuto evitare senza la speciale protezione dei santi Angeli. Ma dobbiamo anche essere sempre vigili, per non permettere al diavolo di entrare nei nostri cuori. Ecco perché S. Pietro, che è la colonna fondamentale della Chiesa di Cristo, ci dice (I Petr V, 8): « Siate temperanti e vigilanti. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare; resistetegli saldi nella fede. » – E il grande dragone …. fu gettato a terra, e i suoi angeli con lui. Con la terra, San Giovanni designa qui l’Impero e la Chiesa d’Oriente, di cui si diceva che si era fermato davanti alla donna, al tempo di Cosroe. Infatti, essendo stato cacciato e respinto dalla Chiesa d’Occidente, gli fu permesso di continuare la sua furia con i suoi in Oriente, a causa della malvagità e i peccati di quelle nazioni, e per punire, tramite Maometto e la monarchia turca, l’orgoglio, l’avarizia, l’ambizione, le eresie e gli scismi della Chiesa greca, che era stata così a lungo ribelle ai Pontefici Romani, come vedremo in seguito.

VIII. Vers. 10E udii una gran voce nel cielo, che diceva: Ora è stabilita la salvezza del nostro Dio, e la sua potenza e il suo regno, e la potenza del suo Cristo. In queste parole seguono la gioia e la gratitudine della Chiesa trionfante per la conversione della Germania e delle contrade occidentali dell’Europa, perché è il carattere dei santi gioire del bene e aborrire il male. E ho sentito una grande voce in cielo, dicendo, etc. Questa voce è la voce del vincitore, cioè di San Michele, che ritorna trionfalmente in cielo, dopo aver completato la sua spedizione bellica in qualità di generale in capo e protettore della Chiesa militante sulla terra. Ora la salvezza del nostro Dio è stabilita, e la sua potenza e il suo regno, e la potenza del suo Cristo. La salvezza viene da Dio, ed è concessa alle Nazioni dalla loro conversione alla fede cattolica, senza la quale, dice San Paolo, è impossibile piacere a Dio ed ottenere la vita eterna. La potenza significa la grazia, le luci e i miracoli dello Spirito del Signore, che ha mandato operai santi e valorosi a queste nazioni, per farle uscire dalle tenebre e dall’ombra di morte in cui sedevano, e per condurle nella verità della fede e nell’ovile degli eletti. Il regno indica la sottomissione e l’obbedienza con cui queste Nazioni cominciarono a servire Dio, il loro Creatore, e ad adorarlo, invece di servire gli idoli ed adorare i demoni, a cui erano stati miseramente sottoposti prima.La potenza di Cristo, infine, significa la giurisdizione acquisita dalla Chiesa militante su questi popoli e Nazioni. Questo potere è detto essere di Cristo, perché è stato Lui che l’ha acquisito per sé con il Suo prezioso sangue, per darlo poi alla Sua Chiesa sulla terra. – Perché l’accusatore dei nostri fratelli, che li accusava giorno e notte davanti a Dio, è stato precipitato. Vale a dire che il potere del dragone è stato proscritto e bandito dai cuori, così come l’idolatria, l’impostura e la falsità dalle quali queste Nazioni erano state precedentemente contaminate. Questo dragone è chiamato, dai Santi della Chiesa Trionfante, l’accusatore dei nostri fratelli, perché il suo innato orgoglio lo porta continuamente a rimproverare la fragilità umana e le imperfezioni della nostra natura corrotta davanti a Dio, come fece nei confronti di Giobbe (II). È così che satana, disprezzando l’estrema semplicità dei monaci che evangelizzavano la Germania, riteneva impossibile che Nazioni dotate di così grande prudenza umana e popoli così barbari, bellicosi e potenti, si lasciassero distogliere dalla loro idolatria, per convertirsi alla voce di questi semplici monaci privi di ogni mezzo umano.

Vers. 11. – Ed essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello e della testimonianza che hanno dato alla sua parola, e hanno disprezzato la loro vita fino alla morte. San Giovanni esprime qui la vittoria ed il trionfo che i servi e gli operai di Cristo, aiutati dalla sua grazia, hanno ottenuto su satana e i suoi angeli, portando gradualmente tutte le Nazioni alemanne e delle terre occidentali nell’ovile del buon Pastore. L’Apostolo attribuisce questa grande vittoria a tre cause principali, cioè: al sangue dell’Agnello, alla testimonianza che i martiri hanno dato alla sua parola, al disprezzo della vita fino a soffrire la morte. Perché è con il suo sangue adorabile che Cristo ha reso feconda la sua Chiesa. E fu con la predicazione del Vangelo che la fede si diffuse su tutta la terra. Il sangue dei Martiri fu come un seme che moltiplicò i Cristiani; e questi divennero i tralci della vite del Signore. E hanno disprezzato la loro vita fino alla morte, cioè, si sono esposti per amore del santo Nome di Gesù e per la conversione delle anime, a tutti i disagi, le afflizioni, i pericoli della vita, e anche alla morte. (Vedere gli annali su questo argomento, dall’anno 600 all’anno 800).

Vers. 12. – Perciò rallegratevi, o cieli, e voi che abitate in essi. Queste parole esprimono la pace, la gioia, la felicità, la letizia e il riposo della Chiesa militante, così come le congratulazioni per la sua vittoria e il suo trionfo. È così che un re è solito congratularsi con la sua capitale e il suo regno, anche ordinando esultanze pubbliche, dopo aver seguito e disperso i nemici che si erano impadroniti di una parte dei suoi stati.

IX. Guai alla terra e al mare, perché il diavolo è sceso a voi con grande ira, sapendo che ha poco tempo. Queste parole annunciano una grande disgrazia per la Chiesa greca e per tutto l’Oriente. Questa disgrazia, infatti, si manifestò con molte tribolazioni e persecuzioni, e con una grande tirannia ed umiliante servitù da parte della setta di Maometto. Dio permise questi mali come punizione per l’indurimento della Chiesa greca e per i peccati delle Nazioni dell’Oriente. Il demonio è sceso a voi con grande ira. satana è il nemico implacabile e costante del genere umano, e se non riesce a fare del male agli uomini in nessuna parte del mondo, si arrabbia, si infuria e freme di rabbia. Ed è allora che si vendica fin dove Dio gli permette di farlo, e rovina e distrugge tutto. Ora, poiché satana aveva appena sperimentato una grande sconfitta, ed una vergognosa fuga nella Chiesa d’Occidente, disse nella sua rabbia: Matth. XII, 44: « Tornerò alla mia casa da dove sono uscito. » Sapendo che ha poche parole, mostra la nera invidia e l’inspiegabile ingratitudine del dragone contro il suo Creatore così buono, così amabile, così benefico, così misericordioso e così liberale, che creò lucifero dal nulla, e costituì lui e tutti i suoi angeli ribelli in grande potenza, saggezza e comprensione, e li dotò tutti di magnifiche qualità e brillanti prerogative. Nonostante questa generosità di Dio verso di loro, essi gli si sono ribellati contro; e ora il tempo sembrava loro troppo breve per soddisfare il loro desiderio sfrenato e la loro sete ardente di vendetta, sfogando la loro rabbia e la loro gelosia, e mostrando il loro orgoglio e la loro presunzione contro la bontà del loro Creatore e contro la razza umana la cui natura era unita al Verbo di Dio. Sapendo che ha poco tempo… Infatti, il tempo. In effetti, i tempi principali dell’Antico Testamento per perdere le anime, sono passati per lui; e nella legge della grazia è vincolato e limitato nel suo potere. E siccome il tempo per nuocere e per compiere la sua vendetta è molto breve in confronto all’eternità, in cui sarà incatenato con i suoi in orribili luoghi di tormento, il demone è pieno di grande rabbia, sapendo che ha poco tempo.

Vers. 13. – Ma il dragone, vedendosi gettato a terra, inseguì la donna che aveva dato alla luce un figlio maschio. Questo figlio maschio era l’imperatore Carlo Magno, che la Chiesa fece nascere e crescere nell’Impero Romano nell’anno 800 d. C. Fu il primo degli imperatori alemanni, e si dimostrò un ammirevole protettore della Chiesa latina e d’Occidente. Infatti, la difese, l’esaltò e propagò con tutte il suo potere. Per convincersene, si legga la storia del suo tempo. Ma il dragone, vedendosi gettato a terra, etc. Quando il dragone vide che non poteva impedire la conversione della Germania e delle Nazioni occidentali, perseguì la donna, cioè la Chiesa latina, suscitando nel suo seno turbolenze, sedizioni e partiti. È ciò che accadde sotto il Papa Leone III, che lo incoronò e lo dichiarò imperatore. Si dice anche che il dragone inseguì la donna, perché questo serpente è implacabile nella sua ira e gelosia contro il genere umano e contro la Chiesa di Cristo. E quando non riesce ad ostacolare la verità e la giustizia di Dio, non cessa di tentare e tormentare gli uomini, procurando loro ogni sorta di contrarietà e disgrazie. Questo è ciò che ogni Cristiano sperimenta fin troppo bene nelle sue crudeli e orribili tentazioni contro la fede, la purezza e le altre virtù. E l’autore di tutti questi mali è satana, che non può sopportare che noi viviamo piamente nel Signore.  Consoliamoci, dunque, se siamo messi alla prova da molte tentazioni, perché è un segno che siamo amici di Dio e che stiamo camminando nei sentieri della vita eterna.

Vers. 14. – E due ali di una grande aquila furono date alla donna, perché volasse nel deserto, nel luogo del suo ritiro, dove si è nutrita per un tempo, un tempo e mezzo, lontano dalla presenza del serpente. Questa grande aquila era Carlo Magno e tutti i suoi successori dell’Impero Romano; perché Carlo Magno portò quell’Impero in Occidente. Le due ali di quest’aquila sono tutti gli Stati di quel potere che fu così grande che si alzò come l’aquila nell’aria e dominava la terra d’Europa. Queste ali della grande aquila furono date alla donna, cioè alla Chiesa d’Occidente; e con queste ali questa Chiesa è sorta e continuerà a sostenersi per milleduecentosessanta anni, che sono un tempo, e tempi, e mezzo tempo. Perché mille anni è un tempo di dieci secoli, duecento anni è un tempo di due secoli, e sessanta anni sono circa mezzo tempo, o mezzo secolo, durante il quale la Chiesa d’Occidente continuerà ad esistere. Questi anni devono essere calcolati dall’inizio della setta di Maometto e dal momento in cui Dio ha trapiantato la sua Chiesa in Occidente. Così volò nel deserto, nel luogo del suo ritiro, dove si nutre per un tempo, e tempi, e mezzo tempo, lontano dalla presenza del serpente. Queste parole significano che la Chiesa di Cristo, che non è mai stata stabile in Oriente, prenderà il suo posto in Occidente, cioè nel deserto, e vi fisserà la sua dimora o sede, che manterrà per mille e duecento sessanta anni. E due ali di una grande aquila furono date alla donna, perché volasse nel deserto. Questo paragone è tratto dagli uccelli che vanno alla ricerca di foreste, alberi o altri luoghi adatti, che trovano soprattutto lungo le acque e in montagna, per viverci al sicuro dai cacciatori. È in questi luoghi di ritiro che amano fissare i loro nidi per deporre le uova e moltiplicarsi. E fu così che la Chiesa di Cristo, fuggendo dalla presenza del serpente in Oriente, volò a stabilire il suo ritiro in Occidente, dove si moltiplicò e generò milioni di fedeli per la vita eterna. Affinché volasse via nel deserto. Questo volo significa anche la libertà della Chiesa, una libertà che può essere paragonata agli uccelli che volano con le proprie ali. E così la Chiesa di Cristo godrà sempre della libertà di professare la fede cattolica, sotto le ali della grande aquila, cioè sotto il potere e la protezione dell’Impero Romano. Ed è con le ali di quest’aquila che essa volerà sempre, e continuerà a possedere il suo nido in Occidente, a moltiplicare lì la sua razza, secondo i disegni eterni della volontà divina. Perché tutti gli imperatori di questo Impero Romano saranno Cattolici fino all’ultimo. – Perché andasse nel deserto, cioè in Germania, il luogo del suo ritiro. Anche se le eresie e le defezioni hanno privato la Chiesa di una moltitudine di fedeli in Occidente, essa ha sempre conservato il suo luogo di ritiro che Dio le ha riservato, come si può vedere dalla storia delle Nazioni occidentali. Nel luogo del suo ritiro, lontano dalla presenza del serpente, perché verso la fine dei tempi, cioè sotto il regno dell’anticristo, la Chiesa avrà il suo luogo di ritiro in Occidente, e si nasconderà sulle montagne, nei luoghi aridi o deserti, e nelle fessure delle rocce. Ecco perché Gesù Cristo dice in San Matteo, XXIV, 16: « Allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti; e chi è in cima alla casa non scenda a prendere nulla dalla sua casa, e colui che è nei campi, non torni a prendere il suo vestito. »

Vers. 15. Allora il serpente gettò l’acqua come un fiume dietro alla donna per trascinarla in questo torrente. L’acqua che il serpente gettò dalla sua bocca come un fiume contro la donna è la grande tribolazione che lucifero suscitò contro la Chiesa latina con gli scismi che l’hanno divisa continuamente per 200 anni. L’acqua rappresenta i popoli e i loro numerosi eserciti che satana fece muovere dall’avarizia e dall’ambizione degli imperatori, per introdurre falsi papi e falsi vescovi nella Chiesa latina. Basta leggere le deplorevoli tragedie dell’undicesimo, dodicesimo e tredicesimo secolo, e si capirà cosa si intenda con le acque gettate contro la donna dal serpente. Si dice espressamente che il serpente gettò acqua come un fiume contro la donna, perché la tribolazione di questo scisma fu grandissimo e durò per lungo tempo. Come un fiume contiene molta acqua che scorre continuamente, così questi deplorevoli scismi della Chiesa latina dei secoli XI, XII e XIII, furono come un torrente di calamità, guerre e tribolazioni continue. Allora il serpente gettò acqua come un fiume contro la donna per trascinarla nel torrente, cioè per far sparire la fede di Gesù Cristo dalla Germania e dall’Occidente; ma Dio le venne in aiuto comprimendo sempre a tempo tutti questi scismi, finché alla fine furono completamente estinti. Ecco perché San Giovanni dice:

Vers. 16. – Ma la terra soccorse la donna, aprì il suo grembo e inghiottì il fiume che il dragone aveva fatto uscire dalla sua bocca. In effetti questi scismi non poterono mai prevalere, e quando questi scismatici combattevano contro la Chiesa e volevano costringerla con i loro eserciti ad accettare i loro vergognosi idoli, che introducevano ostinatamente nella sede pontificia e nelle sedi episcopali, queste armate perirono e i loro cadaveri furono inghiottiti e sepolti nel seno della terra. Fu con questo mezzo che la Chiesa recuperò il suo riposo e la sua stabilità; ed ecco perché:

Vers. 17 Il dragone si irritò contro la donna, cioè contro la Chiesa latina o d’Occidente, che è la più grande, la più estesa e la più popolosa. E il dragone era irritato con la donna, perché non riusciva mai a vincerla, per quanto provasse a nuocerle. Ed andò a combattere contro gli altri suoi figli che osservano i Comandamenti di Dio e che rendono testimonianza a Gesù Cristo. Gli altri figli di questa donna sono i Cristiani della Chiesa greca che sono sparsi in Oriente e che il drago, dopo la vergognosa sconfitta subita in Occidente, ha cominciato a perseguitare ad oltranza. Perciò è detto;

Vers. 18. – E si fermò sulla sabbia del mare. Queste parole ci mostrano questo dragone sulle rive del mare, immerso in una profonda meditazione dei mali che potrà immaginare per vendicarsi dei suoi nemici e per soddisfare la sua gelosia e la sua nera invidia. Questo è infatti ciò che ha fatto e ciò che continuerà a fare alla lettera, con la setta di Maometto, con la sua monarchia tirannica, e con gli scismi dei Greci.

§ II

Della guerra che il diavolo ha condotto per mezzo di Maometto; e che farà di nuovo con l’anticristo.

CAPITOLO XIII. VERSETTI 1-10

Et vidi de mari bestiam ascendentem habentem capita septem, et cornua decem, et super cornua ejus decem diademata, et super capita ejus nomina blasphemiæ. Et bestia, quam vidi, similis erat pardo, et pedes ejus sicut pedes ursi, et os ejus sicut os leonis. Et dedit illi draco virtutem suam, et potestatem magnam. Et vidi unum de capitibus suis quasi occisum in mortem: et plaga mortis ejus curata est. Et admirata est universa terra post bestiam. Et adoraverunt draconem, qui dedit potestatem bestiæ: et adoraverunt bestiam, dicentes: Quis similis bestiæ? et quis poterit pugnare cum ea? Et datum est ei os loquens magna et blasphemias: et data est ei potestas facere menses quadraginta duos. Et aperuit os suum in blasphemias ad Deum, blasphemare nomen ejus, et tabernaculum ejus, et eos qui in caelo habitant. Et est datum illi bellum facere cum sanctis, et vincere eos. Et data est illi potestas in omnem tribum, et populum, et linguam, et gentem, et adoraverunt eam omnes, qui inhabitant terram: quorum non sunt scripta nomina in libro vitae Agni, qui occisus est ab origine mundi. Si quis habet aurem, audiat. Qui in captivitatem duxerit, in captivitatem vadet: qui in gladio occiderit, oportet eum gladio occidi. Hic est patientia, et fides sanctorum.

[E vidi salire dal mare una bestia, che aveva sette teste e dieci corna, e sopra le sue corna dieci diademi, e sopra le sue teste nomi di bestemmia. E la bestia che io vidi era simile al pardo, e i suoi piedi come piedi d’orso, e la sua bocca come bocca di leone. E il dragone le diede la sua forza e un grande potere. E vidi una delle sue teste come ferita a morte: ma la sua piaga mortale fu guarita. E tutta la terra con ammirazione seguì la bestia. É adorarono il dragone che diede potestà alla bestia: e adorarono la bestia, dicendo: Chi è simile alla bestia? E chi potrà combattere con essa? E le fu data una bocca che proferiva cose grandi e bestemmie: e le fu dato potere di agire per quarantadue mesi. E aprì la sua bocca in bestemmie contro Dio, a bestemmiare il suo nome, e il suo tabernacolo, e quelli che abitano nel cielo. E le fu dato di far guerra ai santi, e di vincerli. E le fu data potestà sopra ogni tribù, e popolo, e lingua, e nazione, e lei adorarono tutti quelli che abitano la terra: i nomi dei quali non sono scritti nel libro di vita dell’Agnello, il quale fu ucciso dal cominciamento del mondo. Chi ha orecchio, oda. Chi mena in schiavitù, andrà in schiavitù: chi uccide di spada, bisogna che sia ucciso di scada. Qui sta la pazienza e la fede dei Santi.]

I. Vers. 1. – E vidi una bestia che usciva dal mare, con sette teste e dieci corna, e dieci diademi sulle sue corna, e nomi di blasfemia sulle sue teste.

Vers. 2: – E la bestia che vidi era come un leopardo, e i suoi piedi erano come i piedi di un orso, e la sua bocca come la bocca di un leone. E il drago gli diede forza e grande potere. Questa bestia che sorge dal mare è l’impero di Maometto o l’impero dei Turchi di cui parla Daniele, nel capitolo VII, 7. Si dice che questa bestia sorga dal mare, perché il suo regno ha avuto origine tra i mari; infatti, Maometto era all’inizio il capo degli arabi. Questa bestia aveva sette teste, il che significa l’universalità dei re che governeranno questo impero fino alla consumazione dei secoli. Le sue dieci corna rappresentano l’universalità dei regni e delle province soggette a questo impero, e quelli che gli saranno ancora soggetti nel tempo dell’anticristo, come vedremo più avanti. I dieci re sono quelli tra i quali questo impero sarà un giorno diviso, ed essi lo distruggeranno per un certo tempo e lo consegneranno alla bestia; perciò è detto: E dieci diademi sulle sue corna, e nomi di bestemmia sulle sue teste…… Questi dieci diademi sono le corone reali. I nomi di blasfemia sono i titoli degli imperatori turchi che denotano un sorprendente orgoglio e contengono bestemmie contro la maestà, la gloria e l’onore di Dio, che solo è grande, onnipotente, di infinita saggezza, Creatore del cielo e della terra, e fondatore di tutti i regni. I nomi di blasfemia sono ancora le sette musulmane ed il Corano, cioè la legge di Maometto, in cui sono contenute falsità e bestemmie mostruose. Si dice che questi nomi di blasfemia siano su queste teste, perché tutti coloro che regneranno in questo impero saranno tutti animati dallo stesso spirito in favore di questa setta; la difenderanno con la violenza per impedire che perisca. Infine, i nomi di blasfemia sono la dottrina dell’anticristo, che sarà l’ultimo corno di questa bestia infernale, come vedremo nel capitolo XIV. E la bestia che vidi era come un leopardo, e i suoi piedi erano come quelli di un orso e la sua bocca come quella di un leone. Questa bestia è paragonata a un leopardo per la sua velocità, la sua potenza, la sua forza, la sua ferocia e la sua superbia; poiché durante il suo regno sarà molto rapace e molto crudele verso tutta la Cristianità; e lo sarà specialmente attraverso il suo ultimo corno, che sarà l’anticristo. E i suoi piedi erano come i piedi di un orso, a causa dell’estensione della forza e del suo impero, che sarà immenso, soprattutto sotto l’ultimo corno. Il carattere peculiare di questa monarchia era quello di invadere e occupare tutto; e quando i Turchi assediavano una città, non risparmiavano nulla per prenderla, e revocavano l’assedio solo dopo averla presa con l’assalto, per continuare poi le loro devastazioni. Si dice che questo crudele e terribile impero abbia piedi molto robusti e grandi, come quelli di un orso, perché doveva occupare regni, province, città, isole e ogni tipo di territorio, e perché l’anticristo calpesterà il Santo dei Santi e tutti gli oggetti sacri, come un orso furioso. E la sua bocca era come la bocca di un leone, perché questo impero farà a pezzi tutti i regni della terra, specialmente sotto l’ultimo corno (Dan. VII e segg.).- « Ho visto apparire una quarta bestia, che era terribile e stupefacente. Era straordinariamente forte; aveva grandi denti di ferro; divorava, faceva a pezzi e calpestava ciò che rimaneva con i piedi. Era molto diverso dalle altre bestie che avevo visto prima di essa; e aveva dieci corna. Ho guardato le sue corna e ho visto un altro piccolo corno che spuntava tra gli altri. Tre delle sue prime corna sono stati strappate dalla sua faccia. Questo corno aveva occhi come quelli di un uomo e una bocca che diceva grandi cose ….. Allora mi venne un gran desiderio di sapere cosa fosse la quarta bestia, che era molto diversa da tutte le altre e spaventosa oltre ogni dire: i suoi denti e le sue unghie erano di ferro; divorava e faceva a pezzi, e calpestava ciò che era sfuggito alla sua violenza. (Volevo anche indagare) sulle dieci corna che aveva sulla testa, e su un altro che gli venne di nuovo, in presenza del quale tre di queste corna erano cadute; e su questo corno che aveva occhi e una bocca che pronunciava grandi cose; e questo corno era più grande degli altri. E quando guardai attentamente, ecco che questo corno faceva guerra ai santi e aveva su di loro successo ……. La quarta bestia è il quarto regno, che sarà più grande di tutti i regni e divorerà tutta la terra, la calpesterà e la farà a pezzi. Ma le dieci corna di questi regni saranno dieci re; e un altro sorgerà dopo di loro, che sarà più potente del primo, e umilierà tre re. E parlerà con orgoglio contro l’Altissimo, e combatterà i suoi santi; e penserà di poter cambiare i tempi e le leggi, e saranno dati in mano sua per un tempo, e due tempi, e mezzo tempo. E interverrà il giudizio, affinché gli sia tolto il potere, e sarà battuto, fatto a pezzi e perirà per sempre. » Così questa bestia turca o monarchia romperà e divorerà tutto. L’universo ne sarà stupito, e diventerà lo scandalo e la rovina delle anime. E il dragone gli diede la sua forza e il suo grande potere. satana può comunicare la sua forza e il suo potere in due modi: anzitutto, con la sua assistenza, con i suoi cattivi consigli e producendo effetti soprannaturali: tale fu la potenza che diede a Maometto e al suo impero. Questo primo modo è estrinseco. Il secondo modo è intrinseco; e avrà luogo quando satana si rivestirà, per così dire, del corpo e dell’anima dell’anticristo, e diventerà tutt’uno con lui. Ora, Dio non ha ancora permesso a satana di fare questo, ma gli sarà concesso nel figlio della perdizione. Perciò lucifero, che è la creatura più orgogliosa che esista, cercando sempre nella sua gelosia di imitare la Divinità in tutte le cose, entrerà nell’anticristo, lo formerà, lo possiederà e si rivestirà, per così dire, del suo corpo e della sua anima, fin dal momento del suo concepimento, nel grembo materno. Egli sussisterà in lui in modo intrinseco e lo abiterà corporalmente, così che l’anticristo, che, secondo Daniele, (VII, 7), sarà una bestia terribile e meravigliosa, opererà incredibili prodigi grazie alla forza e al grande potere di lucifero da cui sarà posseduto. E allo stesso modo con cui il Verbo di Dio si unì veramente e ipostaticamente alla natura umana, e attraverso questa unione la Divinità comunicò agli uomini la forza ed il potere di fare miracoli per dimostrare che Egli è veramente il figlio di Dio; così satana cercherà di dimostrare con grandi prodigi che la divinità abita spiritualmente nell’anticristo; e riuscirà a convincere di questo quasi tutti gli uomini, ad eccezione di quelli i cui nomi sono iscritti nel libro della vita. Perciò è detto: Il drago gli darà la sua forza e il suo grande potere. Nessuno deve immaginare che io stia parlando in modo incoerente, confondendo la bestia con l’anticristo; perché i Profeti sono soliti, nei loro enigmi, presentare e comprendere sotto un’unica figura diverse cose che accadranno in tempi diversi, quando hanno qualche relazione tra loro. Ora, poiché Maometto e i suoi successori, e soprattutto l’anticristo che sarà l’ultimo complemento di tutte le predicazioni, hanno un obiettivo comune, che è quello di negare e distruggere il santo Nome di Gesù, è conseguente dire che tutti insieme non sono che un solo corpo morale ed una sola bestia. Ed è soprattutto all’anticristo che conviene propriamente questo nome della bestia, perché sarà il più malvagio e il più potente di tutti i monarchi turchi, e il suo impero sarà l’ultimo, il più grande ed il più potente; infatti, il suo regno tirannico riassumerà tutti gli altri. Egli infurierà e ruggirà come un leone contro il Santo Nome di Gesù, e calpesterà il Santo dei Santi come un orso. Infine, chi nega che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, sia venuto sulla terra e si sia fatto carne come noi, è un anticristo, e tutti quelli che lo fanno costituiscono un solo corpo, di cui l’anticristo, il figlio della perdizione, è la testa e la coda. Da qui queste parole: (I. Jo., II, 18): « Come avete udito che l’anticristo deve venire, così ora ci sono molti anticristi », cioè che egli è venuto nelle sue membra e nei suoi prodromi, in attesa che venga di persona a consumare la prevaricazione.

II. Vers. 3E vidi una delle sue teste come ferita a morte; ma quella ferita mortale era guarita, e tutta la terra seguiva la bestia con ammirazione. Queste parole contengono un significato occulto e difficile. 1° Si dice che una delle sue teste fu come ferita a morte, cioè che la bestia riceverà una ferita mortale, poiché accadrà, infatti, che l’impero turco o l’impero di Maometto subirà una grande sconfitta e una rovina quasi completa al punto che sarà come annichilito, poiché ne rimarrà solo una parte, come un piccolo regno. Ma l’Anticristo rialzerà questo impero; poiché egli occuperà il suo trono e riparerà tutte le sue perdite, lo ingrandirà pure immensamente, molto più di quanto non sia mai stato prima. L’anticristo nascerà e avrà la sua origine nei resti di questo impero in rovina.  La stessa cosa si può vedere nelle profezie citate sopra, quando, Daniele, parlando con grande ammirazione di quel piccolo corno che sorgeva in mezzo alle dieci corna, aggiunge che aveva occhi come quelli di un uomo e una bocca che proferiva grandi cose, e che questo corno era più grande degli altri. 2 ° San Giovanni continua: Ma quella ferita mortale fu guarita. Questo è ciò che sarà realmente compiuto dall’anticristo, che restaurerà il regno delle nazioni che prima erano cadute quasi completamente in rovina. E questo regno dell’Anticristo sarà più grande di tutti gli altri regni della terra da quando il mondo ebbe origine. È ciò che dice Daniele, (VII, 23): « Il quarto regno sarà il più grande di tutti e divorerà tutta la terra e la calpesterà. » 3º Perciò San Giovanni aggiunge: E tutta la terra seguiva la bestia con ammirazione. Il significato di queste ultime parole è dunque che tutto l’universo, vedendo questo potere della bestia innalzato sopra tutte le potenze terrene, sarà nell’ammirazione più grande; gli uomini saranno come rapiti in estasi a causa dei suoi prodigi; e seguiranno la bestia, cioè la dottrina dell’anticristo. Essi faranno ancora di più:

III. Vers. 4 Ed essi adorarono il drago, che aveva dato potere alla bestia, e adorarono la bestia, dicendo: chi è come la bestia, e chi potrà combattere contro di lei? Queste parole sono collegate in modo meraviglioso con le precedenti; perché tutte le nazioni e i regni adoreranno lucifero incorporato all’anticristo, perché lo considereranno come la Divinità, e crederanno che la Divinità sia in lui, a causa del suo potere ed i grandi prodigi che opererà con l’aiuto di lucifero, e a causa della conoscenza, delle intuizioni e dei grandi prodigi che usciranno dalla sua bocca, e che gli saranno suggeriti dal principe dei demoni. lucifero è davvero il principe dei demoni, perché è elevato al di sopra di tutti gli altri spiriti infernali per le qualità più perfette che gli angeli malvagi possano avere. Ed è con l’aiuto di questo potere sorprendente che il figlio della perdizione farà i più grandi prodigi. Il vero Dio, Creatore del cielo e della terra, permetterà questi prodigi per punire gli uomini che, in questi ultimi giorni, raggiungeranno il massimo di ogni prevaricazione. Perciò, quando gli uomini vedranno queste grandi meraviglie dell’anticristo, tutte le nazioni lo adoreranno come Dio e Messia. Perciò San Giovanni dice: Ed essi adoravano la bestia, come noi stessi adoriamo il Figlio dell’Uomo a causa della sua divinità. – Chi è come la bestia e chi può combattere contro di essa? Queste parole significano un’apostasia universale con la quale gli uomini si separeranno dal Dio del cielo e della terra, e specialmente dal suo Figlio fatto carne Gesù Cristo; così che tutte le Nazioni, i Giudei e anche molti Cristiani, vedendo la potenza, la saggezza e le grandi meraviglie di questo mostro, saranno ingannati a causa della loro cattiveria e dei loro enormi peccati. Perché Dio li abbandonerà al loro senso reprobo. E tutti questi uomini sedotti diranno nella loro cecità: Chi è come la bestia e chi può combattere contro di lei? Queste parole contengono un’orribile bestemmia contro il Dio del cielo e contro il suo Cristo, cioè contro l’essenza e l’onnipotenza di Dio, il Creatore del cielo e della terra, la cui seconda Persona si è fatta uomo e ha abitato tra noi. Ora negli ultimi giorni, gli empi oseranno attribuire queste prerogative divine al figlio della perdizione, a causa del potere sorprendente e dei grandi prodigi che Dio gli permetterà di mostrare; e adoreranno l’anticristo come Dio e Messia, dicendo: Chi è come la bestia, e chi potrà combattere contro di lui? Queste parole sono dunque la più grande bestemmia di cui gli uomini possano essere colpevoli contro Dio del cielo e della terra, e contro il suo Cristo, e contro i Santi, i suoi servi, i suoi Profeti, i suoi Martiri, e contro tutto ciò che è più sacro, poiché suppongono che tutto ciò che esiste e viene da Dio sia inferiore a quello che viene da lucifero; cioè, inferiore alla bestia, che è la più grande mostruosità che sia mai esistita e che mai esisterà. Troviamo esempi di questa bestemmia nel faraone e soprattutto in Golia. (I. Reg, XVII).

IV. Vers. 5E gli fu data una bocca che glorificava e bestemmiava; e ricevette il potere di fare la guerra per quarantadue mesi. Questo passo e i seguenti esprimono il potere che Dio permetterà alla bestia di esercitare, e per il quale tutte le nazioni lo ascolteranno e lo adoreranno come Dio. 1° Si dice: E gli fu data una bocca che si glorificava e bestemmiava. Qui il Profeta designa la causa strumentale come principale, e questa causa è la grande saggezza e la sorprendente conoscenza che il dragone comunicherà all’anticristo, così che usciranno dalla sua bocca grandi cose, ammirevoli, plausibili in apparenza, misteriose ed elevate al di sopra di ogni intelligenza umana. E con questo ingannerà tutte le nazioni e farà loro credere di essere Dio e il Messia. E gli fu data una bocca che si glorificava e bestemmiava contro i misteri della Santa Trinità e dell’Incarnazione, contro la dottrina di Gesù Cristo e contro tutto il Nuovo Testamento. – Gli fu dato il potere di fare la guerra per quarantadue mesi. Questi quarantadue mesi sono il tempo del regno della bestia. Se applichiamo questo tempo all’impero turco, esso durerà tanti anni quanti sono i giorni in quarantadue mesi, dalla sua origine all’Anticristo; e se lo applichiamo al solo regno di questo figlio della perdizione, dobbiamo contare i giorni secondo il loro significato naturale; così che la durata di quest’ultimo regno sarà di tre anni e mezzo. Così l’impero turco durerà tanti anni quanto quello dell’anticristo durerà di giorni, compreso il tempo in cui la bestia sarà come ferita a morte. Perché, benché la bestia sarà ferita a morte, cioè l’impero turco subirà una grande rovina, tuttavia non perirà del tutto, ma ne rimarrà un seme finché il figlio della perdizione verrà ad entrare nel regno a lui riservato.

Vers. 6. – 2 ° E aprì la sua bocca per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo Nome e il suo tabernacolo, e quelli che abitano nei cieli. Si dice che la bestia aprì la sua bocca, cioè che l’anticristo, che era stato silenzioso prima parlerà non solo da se stesso, ma anche per mezzo dei suoi falsi profeti e dei suoi falsi apostoli, e spargerà odio e bestemmia contro Dio. San Giovanni designa specialmente tre verità contro le quali saranno rivolte queste bestemmie: il suo Nome, il suo tabernacolo e coloro che abitano nei cieli. Così l’Anticristo bestemmierà 1° il Nome di Dio, che appartiene solo alla Divinità e non è adatto a nessun altro, né in cielo né in terra né all’inferno; e non permetterà più che gli si renda culto, come fanno i Cristiani; e proibirà persino di pronunciare questo santo Nome. Perché così il drago eserciterà il suo odio e il suo tradimento contro l’Altissimo, con il quale un tempo pretendeva di assimilarsi. 2°. Per tabernacolo si intende la natura umana di cui la Divinità si è rivestita, e alla quale si è unita ipostaticamente, continuando ad essere così unita in cielo e nella santissima Eucaristia. Ora è contro questo tabernacolo che l’anticristo, con i suoi, vomiterà bestemmie e ucciderà tutti coloro che lo adorano, o confessano che Dio si è fatto carne, e che Gesù di Nazareth, che fu crocifisso, è il Messia. 3° E quelli che abitano nei cieli; cioè gli Apostoli e i Martiri che hanno sofferto per il Nome di Gesù annunciandolo al mondo; allo stesso modo tutti i Cristiani, e specialmente i maestri e i predicatori che vivranno allora nella Chiesa militante, che nella Scrittura viene spesso chiamata cielo. In una parola, la bestia bestemmierà contro tutti coloro che resistono alla sua perfidia e al suo potere. Questi saranno consegnati alle nazioni dall’anticristo e dai suoi seguaci, come Gesù Cristo ha predetto in Matteo XXIV, 9: « Allora vi consegneranno alla tribolazione e vi uccideranno; e sarete odiati da tutte le nazioni a causa del mio Nome. ».

Vers. 7: E ricevette il potere di fare guerra ai santi e di vincerli. Questo è inteso dapprima per Enoch ed Elia (vedi cap. XI); poi è inteso per tutti coloro che resisteranno all’anticristo, ai suoi falsi profeti e ai suoi falsi apostoli. Infine, queste parole si applicano a tutti coloro che predicheranno e confesseranno il Nome di Nostro Signore Gesù Cristo crocifisso. È a tutti questi tempi che possiamo applicare di nuovo queste parole di San Paolo: « Noi predichiamo Gesù Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i Gentili. » Ma questa vittoria della bestia, che sorgerà dall’abisso contro i santi, cioè contro gli uomini giusti, pii e timorati di Dio, sarà solo temporanea e limitata a questa vita mortale. Questa consisterà in: a). I più raffinati prodigi ed imposture, e nel plauso della dottrina e della grande saggezza dell’anticristo, che i Giudei e tutte le nazioni crederanno all’unanimità. Gli uomini preferiranno questa dottrina a quella che Enoch ed Elia, con tutti i santi, predicheranno loro di comune accordo. b). Questa vittoria consisterà nella potenza e nel nerbo della guerra, nell’immensa estensione dell’impero dell’anticristo; e anche nell’empietà e nella perfidia delle nazioni e dei Giudei, che forniranno tutte le opportunità e tutti gli aiuti necessari per far sì che i fedeli siano massacrati come pecore. Perché, allora, nessuno potrà confessare e predicare impunemente il Nome di Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. 3°. E gli fu dato potere su ogni tribù, popolo, lingua e nazione. Queste parole indicano il potere di questo regno. Questo potere sarà tale che non si è mai visto dall’inizio del mondo. Perché tutte le tribù, tutte le nazioni, tutte le lingue e tutti i popoli saranno soggetti all’anticristo. Comprendiamo da questo quale sarà la desolazione di questi giorni. Le tribù sono i resti dei Giudei, che si metteranno tutti d’accordo e si riuniranno da tutte le parti del mondo dove sono stati sparsi per diciotto secoli, e voleranno, per così dire, verso il figlio della perdizione, dal quale riceveranno potere e lo riconosceranno come il Messia. Si infurieranno con inspiegabile furore contro coloro che confessano e predicano il Nome di Nostro Signore Gesù Cristo come il vero Messia. Perché il loro furore, la loro perfidia e il loro potere saranno legati fino al tempo dell’anticristo. Ecco perché Gesù Cristo dice espressamente in San Giovanni (V, 43): « Io sono venuto nel nome del Padre mio, e voi non mi ricevete; se un altro viene nel suo proprio nome, lo riceverete ». Per popoli sono designati i Cristiani che faranno defezione in grandissima parte ad eccezione dei soli eletti, i quali saranno poco numerosi in proporzione alla massa di questi popoli; infatti, quasi tutti gli uomini si separeranno da Dio, il loro Creatore, e da Gesù, il loro infinitamente amabile Redentore, per abbandonarsi all’idolatria della bestia. Questo è ciò che il Salvatore stesso predice (Luca, XVIII, 8): « Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, pensate che troverà la fede sulla terra? ». Con ogni lingua il Profeta ci fa capire che in quei tristi giorni non ci sarà nazione, né lingua sotto il sole, che non acconsentirà ad adorare la bestia e ad aderire al figlio della perdizione, abbandonando così Dio, loro Creatore infinitamente perfetto e loro amorevole Redentore. O terribile ingratitudine, che nessuna lacrima potrebbe deplorare abbastanza! Con tutte le nazioni ci è dato di capire che, come dall’inizio del mondo e dall’origine della Chiesa di Cristo, le nazioni orientali e settentrionali non hanno mai mantenuto a lungo la fede, e facevano continuamente guerra tra loro, come dimostra la storia; così, soprattutto verso la fine dei tempi, tutte queste nazioni si uniranno all’anticristo e saranno animate dal suo spirito e dal suo furore per sterminare il Cristianesimo, tanto facilmente saranno sedotte da dei falsi miracoli e dalle prodigiose menzogne della bestia!

Vers. 8 – 4° Tutti gli abitanti della terra lo adorarono, tutti quelli i cui nomi non sono scritti nel libro dell’Agnello immolato dalla creazione del mondo. Questo versetto conferma che tutti i reprobi adoreranno la bestia e si separeranno da Dio il loro Creatore e da Cristo. Quelli i cui nomi sono scritti nel libro della vita sono gli eletti; e il libro della vita è la prescienza di Dio, il cercatore di cuori: prescienza con cui Dio ha organizzato il suo regno da tutta l’eternità, e ha voluto dare a ciascuno secondo le sue opere. Ecco perché l’apostolo San Paolo dice ai Romani, VIII, 30: « Quelli che conosceva nella sua prescienza, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio, perché Egli stesso sia il primogenito tra molti fratelli. E quelli che ha predestinato, li ha chiamati; e quelli che ha chiamato, li ha giustificati; e quelli che ha giustificato, li ha glorificati. » Questo libro della vita, secondo la nostra comprensione, è come il registro di un insegnante che annota tutti i progressi dei suoi alunni nella scienza e nella virtù, e che ne fa una lettura pubblica alla fine dell’anno scolastico. Poi ognuno di coloro che ne sono degni, salgono più in alto, o ricevono premi e lodi. Ora allo stesso modo Dio procederà alla fine del mondo al Giudizio universale. Perché allora si dimostrerà che Egli non fa ingiustizia a nessuno, ma ricompensa ciascuno secondo le proprie azioni: i buoni avranno come ricompensa il paradiso, e i malvagi avranno come castigo l’inferno, perché le loro opere li seguiranno, secondo le parole della stessa Apocalisse, (XIV, 13). Si può anche fare un paragone con un re che ha sconfitto i suoi nemici e ha ottenuto una vittoria decisiva su di loro; poi distribuisce ricompense ai cittadini e ai soldati che si sono comportati bene nel pericolo, e castiga o umilia quelli che sono stati vili o traditori della patria. L’Agnello immolato dalla creazione del mondo. Queste parole contengono la causa della morte e dell’immolazione di Gesù sulla Croce; e questa causa sono i peccati della razza umana, peccati commessi fin dalla creazione del mondo, e per i quali Gesù Cristo è morto sulla croce, per riconciliare tutti gli uomini a Dio suo Padre. Questo è quanto profetizzato da Isaia, LIII, 4: « Egli ha infatti portato i nostri dolori, ha preso su di sé i nostri peccati. Sì, lo abbiamo considerato come un lebbroso, come uno colpito da Dio e umiliato. ». Se dunque il Padre ha voluto che il proprio Figlio, Dio come Lui e con Lui, fosse consegnato nelle mani degli empi e morisse di una morte crudele e ignominiosa per i nostri peccati, di che cosa ci si debba lamentare? Dovremmo allora stupirci tanto se gli empi e i tiranni prevalgono contro la sua Chiesa e contro noi stessi, poiché le loro persecuzioni non hanno altro risultato per noi, che il correggerci, giustificarci e farci arrivare più rapidamente alla felicità sovrana della vita eterna. Ecco perché Dio permette agli empi di prevalere nella vita presente, mentre i giusti e tutti coloro che mostrano zelo per la causa di Dio sono oppressi e soccombono sotto i colpi dei malvagi. Questo è ciò che Dio permetterà soprattutto al tempo dell’anticristo nei confronti di chiunque combatta per il Nome di Gesù Cristo, sia con le armi, per esempio, facendo parte dell’esercito dei Cristiani, o con la parola, o con qualche altro mezzo; perché allora i giusti soccomberanno al potere della bestia, e saranno immolati. È per far capire alla Chiesa e ai fedeli la verità di questo permesso divino, e per convincere tutta la società cristiana di questo, che il Profeta aggiunge:

Verss. 9 e 10. – Chi ha orecchi ascolti. Chi deve andare in cattività, andrà in cattività; chi ucciderà con la spada, morirà con la spada. Condurre in cattività e uccidere con la spada è la caratteristica dei soldati e dei guerrieri. Il significato di queste parole è dunque: Ogni re, principe o popolo cristiano che vuole resistere alla bestia con la forza delle armi soccomberà, sarà ucciso o condotto in cattività. La fine del mondo essendo prossima in questi tempi, Dio permetterà che tutti quei santi e coraggiosi soldati che combattono per la giustizia e la verità siano sconfitti e sacrificati come vittime, per completare il numero dei martiri. Così, in questi giorni di dolore, non ci sarà nessun potere e nessuna vittoria in cui sperare, tranne la più bella di tutte le vittorie, il trionfo del martirio. Perché nessun esercito sarà in grado di resistere contro l’esercito della bestia, e i Giudei saranno particolarmente potenti e numerosi, e si abbatteranno con particolare furia su tutti coloro che oseranno confessare il Nome di Gesù Cristo crocifisso davanti a tutte le nazioni. Così, dunque, l’unica vittoria possibile per i Cristiani in quei giorni terribili sarà quella di essere sconfitti, perseguitati, tormentati e messi a morte, rimanendo fedeli, costanti e fermi, e sperando, contro ogni speranza, nella fede del Signore nostro Gesù Cristo. Perciò San Giovanni aggiunge: Questa è la pazienza e la fede dei santi. Gesù Cristo alludeva a quest’ultima e sorprendente desolazione dei Cristiani con un’allegoria, quando ordinò ai suoi discepoli, nella sua passione, di comprare delle spade; e quando anche, rivolgendosi a San Pietro, gli disse, (Matteo, XXVI, 52): « Rimetti la tua spada nel fodero, perché tutti quelli che usano la spada  periranno di spada. »

§ III.

Dell’abominevole e idolatra antipapa, che lacererà la Chiesa d’Occidente, e farà sì che la prima bestia sia adorata.

CAPITOLO XIII. – VERSETTI 11-18.

Et vidi aliam bestiam ascendentem de terra, et habebat cornua duo similia Agni, et loquebatur sicut draco. Et potestatem prioris bestiae omnem faciebat in conspectu ejus : et fecit terram, et habitantes in ea, adorare bestiam primam, cujus curata est plaga mortis. Et fecit signa magna, ut etiam ignem faceret de caelo descendere in terram in conspectu hominum. Et seduxit habitantes in terra propter signa, quae data sunt illi facere in conspectu bestiæ, dicens habitantibus in terra, ut faciant imaginem bestiæ, quæ habet plagam gladii, et vixit. Et datum est illi ut daret spiritum imagini bestiæ, et ut loquatur imago bestiæ: et faciat ut quicumque non adoraverint imaginem bestiæ, occidantur. Et faciet omnes pusillos, et magnos, et divites, et pauperes, et liberos, et servos habere caracterem in dextera manu sua, aut in frontibus suis: et nequis possit emere, aut vendere, nisi qui habet caracterem, aut nomen bestiæ, aut numerum nominis ejus. Hic sapientia est. Qui habet intellectum, computet numerum bestiae. Numerus enim hominis est: et numerus ejus sexcenti sexaginta sex.

[E vidi un’altra bestia che saliva dalla terra, e aveva due corna simili a quelle di un agnello, ma parlava come il dragone. Ed esercitava tutto il potere della prima bestia nel cospetto di essa: e fece sì che la terra e i suoi abitatori adorassero la prima bestia, la cui piaga mortale era stata guarita. E fece grandi prodigi sino a far anche scendere fuoco dal cielo sulla terra a vista degli uomini. E sedusse gli abitatori della terra mediante i prodigi che le fu dato di operare davanti alla bestia, dicendo agli abitatori della terra che facciano un’immagine della bestia, che fu piagata di spada e si riebbe. E le fu dato di dare spirito all’immagine della bestia, talché l’immagine della bestia ancora parli: e faccia sì che chiunque non adorerà l’immagine della bestia, sia messo a morte. E farà che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi abbiano un carattere sulla loro mano destra, sulle loro fronti. E che nessuno possa comprare o vendere, eccetto chi ha il carattere, il nome della bestia, o il numero del suo nome. Qui è la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il nome della bestia. Poiché è numero d’uomo: e il suo numero è seicento sessanta sei.]

I. Vers. 11.E vidi un’altra bestia salire dalla terra, che aveva due corna come l’Agnello e parlava come il drago. Questa bestia che sorgerà dalla terra è un falso profeta, che dichiarerà che il figlio della perdizione è il Cristo, ed egli sarà il suo braccio, per mezzo del quale l’anticristo opererà cose sul popolo sia con segni che con la potenza delle sue armi. Perciò Daniele, (XI, 42), dice: « Ed egli stenderà la sua mano sulle terre. » Si dice che quest’altra bestia sorgerà dalla terra, perché l’anticristo con la sua volontà eserciterà la sua tirannia in Oriente e tra i mari; quando il falso profeta sorgerà, prevarrà e imperverserà sulla terra ferma, che è vicina ai mari e sulla quale si trova ora l’Impero Romano, che racchiude nel suo seno gli stati della Chiesa. – Si dice che questa bestia avrà due corna simili a quelle dell’Agnello, perché sarà un Cristiano apostata e si eleverà in segreto ed in modo fraudolento. Egli riunirà i Giudei, che in quei giorni saranno molto numerosi ovunque, e saranno unanimi nel sostenerlo. Invaderà gli stati della Chiesa con una grande armata, occuperà la Sede pontificia, ucciderà l’ultimo Papa, il legittimo successore di San Pietro, e spargerà il sangue dei Cristiani, specialmente dei prelati, come acqua, nelle vicinanze di Gerusalemme. Allora la Chiesa sarà dispersa nelle solitudini e nei luoghi deserti, nelle foreste e sui monti e nelle fenditure delle rocce, perché il Pastore sarà colpito e le pecore saranno disperse. Perché sarà proprio come al tempo della Passione di Nostro Signore. E sembra che sia a questa circostanza dell’ultima desolazione che Gesù Cristo alludesse quando disse nella Sua Passione, (Matteo XXVI, 31): « Sta scritto: Io colpirò il pastore e le pecore del gregge saranno disperse. » Allora la Chiesa latina sarà lacerata e, ad eccezione degli eletti, ci sarà una defezione totale dalla fede. Questo falso profeta proclamerà il figlio della perdizione come il Cristo. È anche notato da San Giovanni che quest’altra bestia aveva due corna come quelle dell’Agnello, a causa della potenza che avrà, nel dire ed operare cose meravigliose e sorprendenti, come è scritto con verità, a proposito di Gesù di Nazareth, (Luca, XXIV, 19): « Che era un profeta potente in opere e parole davanti a Dio e davanti a tutto il popolo. » Ora, questi due poteri di Gesù Cristo di parlare e di operare erano come due corni, come abbiamo detto nel capitolo V; ed è con questi due corni che combatté e sconfisse i Giudei e le nazioni. Il falso profeta avrà dunque un potere più o meno uguale in apparenza, ma falso in realtà; poiché egli avrà questo potere non da Dio, ma dal dragone dell’abisso, e avrà il potere del dragone, e lo userà per ingannare e fuorviare gli abitanti della terra. Perciò si aggiunge: E che parlava come il dragone, cioè il dragone gli impartirà una tale saggezza ed astuzia nell’arte di parlare ed ingannare gli uomini, che è come se egli stesso conversasse nel mondo. Infine, questi due corni sono la legge e i profeti; e come questi contengono le più belle e numerose testimonianze della verità di Gesù Cristo di Nazareth crocifisso, quelle con cui il Signore stesso convinse i discepoli di Emaus che Egli è il Cristo Figlio di Dio, secondo San Luca, (XXIV, 27): « Cominciando da Mosè e continuando attraverso tutti i profeti, interpretò loro ciò che era stato detto di lui in tutte le Scritture »; così questo idolatra, il più scellerato di tutti, si servirà di queste due testimonianze, la Legge e i Profeti, e le metterà, per così dire, sulla sua testa come due corna, con le corna dei Profeti. Egli dimostrerà con prove false ma capziose, che il Cristo è venuto solo in questi giorni e non prima. Il Cristo, dirà, è il Redentore della nazione giudaica, il Dio delle nazioni; il Cristo è il Re di Gerusalemme. E confermerà queste affermazioni con tali prodigi, che la grande maggioranza dei Cristiani sarà sedotta da questo scandalo; e quasi tutti, ad eccezione degli eletti, che saranno pochi rispetto alla massa, faranno defezione e negheranno il Nome di Gesù Cristo di Nazareth crocifisso. Ma prima di allora, i principali pastori di anime saranno stati allontanati dai loro greggi dalla persecuzione e dal martirio, secondo Daniele, (IX, 32 e segg.).

Vers. 12Essa esercitava tutto il potere della prima bestia in sua presenza; cioè, questa bestia avrà tutto il potere delle tenebre come il figlio della perdizione. Per mezzo di questo potere egli opererà prodigi e ingannerà tutte le nazioni; e quindi, gli uomini crederanno che l’anticristo sia il Cristo recentemente venuto nel mondo. Infatti, questo falso profeta avrà lo stesso spirito del figlio della perdizione, e sarà soggetto a lui. Egli sosterrà il suo onore e la sua gloria contro ogni aspettativa con il più grande zelo. Da qui queste parole: Essa esercitava tutto il potere della prima bestia in sua presenza. Perché queste parole significano l’onore e la glorificazione che un uomo dà ad un altro uomo operando prodigi, per esaltare la sua autorità di fronte al mondo; da cui segue: E fece sì che la terra e coloro che vi abitano adorassero la prima bestia la cui ferita mortale era stata guarita. Così questo apostata farà adorare dalla terra e da coloro che la abitano, prima bestia 1°. Sottomettendo al suo dominio, con la forza delle armi, molte terre. 2°. Con la persuasione, spronando gli uomini a rendere un vero culto al re di Gerusalemme come se fosse il vero Dio ed il Messia atteso. Ma come riuscirà a far cadere tanti popoli e nazioni, e gli stessi Cristiani, in tale follia e in simile crimine? Eccolo qui:

Vers. 13. – Farà grandi meraviglie, fino al punto di far cadere il fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini.

Vers. 14. – Ed egli ingannò quelli che abitano sulla terra con i prodigi che gli fu dato di fare in presenza della bestia, ordinando a quelli che abitano sulla terra di erigere un’immagine alla bestia, che fu ferita con la spada e vive.

Vers. 15. – E gli fu dato di animare l’immagine della bestia e di farla parlare, e di uccidere tutti quelli che non avrebbero adorato l’immagine della bestia. Tutte queste cose si adempiranno alla lettera. Sono veramente spaventosi tutti i prodigi che Dio permetterà in quel tempo, come punizione per i peccati degli uomini e come prova per i suoi eletti! Del resto, questo apostata farà questi prodigi in gran parte con il potere occulto del diavolo. Perché questi sarà allora più potente di quanto non sia mai stato dall’inizio del mondo. Ecco perché riuscirà a sedurre anche molti Cristiani. Per quanto riguarda questa immagine della bestia, questo è ciò che accadrà: Il Sacrificio continuo sarà soppresso su tutta la terra, tutte le Ostie consacrate saranno accuratamente cercate per essere calpestate, gettate nel fuoco, o per far loro subire altri oltraggi ancora più scandalosi. E i principali autori di questi scandali saranno soprattutto i Giudei che prevarranno ovunque. Essi distruggeranno gli altari, consegneranno alle fiamme i paramenti sacerdotali e gli ornamenti delle chiese. Anche le reliquie dei Santi saranno calpestate, i vasi preziosi saranno raccolti e destinati a diventare l’immagine della bestia, cioè dell’anticristo, re di Gerusalemme. Il demonio dimorerà in questi altari eretti in suo onore e per la sua adorazione. E queste immagini parleranno e daranno segni come se fossero vive! Tale sarà l’abominio della desolazione, di cui Gesù Cristo parla in San Matteo, (XXIV, 15): « Quando dunque vedrete l’abominio della desolazione, predetto dal profeta Daniele, etc. » In quei giorni, i Cristiani saranno ricercati e trascinati davanti agli altari della bestia per farla loro adorare, e per far loro riconoscere, con questo atto, che l’Anticristo è il Cristo, che è Dio che viene a visitare il suo popolo per raccoglierlo nella sua dispersione in mezzo alle nazioni, e che è venuto a liberare i Giudei dal giogo e dalla servitù dei Cristiani. Tutti coloro che rifiuteranno di adorarlo, saranno tormentati e messi a morte con i supplizi più raffinati e più orribili. Perché la bestia avrà il sopravvento ovunque. La potenza delle sue armi sarà tale che non ci sarà altra speranza di salvezza per i Cristiani, né altra vittoria da aspettarsi, se non i tormenti e la morte del martirio. Una debole immagine di questa persecuzione si trova in quella del re Antioco, (I, Macc.) che era egli stesso un vero prototipo dell’anticristo; ed anche nella tirannia di Diocleziano; ma l’anticristo le supererà di gran lunga. Perché allora la Chiesa sarà dispersa come un libro strappato in mille pezzi e gettato nel fuoco. Leggete il I libro dei Maccabei e avrete un quadro vivido di questi ultimi giorni. Ricordate anche i tempi di Diocleziano e Massimiano, quando iniziarono a realizzare il loro piano di sterminio di tutto il Cristianesimo. Ma siate certi che in tutto questo troverete solo un’ombra o una figura di ciò che accadrà sotto il regno dell’anticristo. Da qui questo passo di San Matteo, (XXIV, 21): « La tribolazione allora sarà grande, come non lo è stata mai dall’inizio del mondo fino ad oggi, né lo sarà mai ». Questa persecuzione differirà soprattutto dalle precedenti in quanto sarà la più crudele e la più estesa, e ci sarà un’incredibile seduzione degli uomini con prodigi capaci di sorprendere gli stessi eletti, se fosse possibile. Inoltre, essa supererà tutte le precedenti per la defezione di quasi tutto l’universo; e questo a causa dei tormenti più raffinati, più lunghi e più dolorosi che possano essere immaginati. Gli uomini ne saranno terrorizzati, e per evitarli sacrificheranno le loro anime in adorazione della bestia. Perciò saranno pochi gli uomini che si ostineranno a confessare il Nome di Nostro Signore Gesù Cristo crocifisso. Da qui queste parole degli stessi empi, che San Giovanni profetizzò: Chi è come la bestia e chi potrà combattere contro di essa

Vers. 16. E per essa piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi, porteranno il carattere della bestia nella loro mano destra e sulla loro fronte.

Vers. 17. – E nessuno potrà comprare o vendere se non colui che ha il carattere o il nome della bestia, o il numero del suo nome.

Vers. 18. – Qui sta la saggezza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia, perché è il numero di un uomo, e il suo numero è seicentosessanta e sei. Queste parole contengono: 1° il supplizio della fame, con cui i Cristiani saranno condannati a morire. Infatti, essi non potranno né comprare, né trovare il cibo necessario alla vita, a meno che non acconsentano ad adorare l’idolo o l’immagine della bestia. E siccome la fame è un tormento tanto più crudele quanto più lentamente uccide la sua vittima, questo mezzo sarà uno dei più efficaci tra tutti quelli che l’anticristo ed i suoi seguaci useranno per costringere gli uomini ad adorare l’idolo dell’abominio. 2° Queste parole indicano anche la cessazione di tutti gli scambi ed i commerci per coloro che rifiuteranno di compiere questo atto di idolatria; e questo mezzo può essere annoverato tra i più potenti sul cuore e sulla volontà dell’uomo, come dimostra chiaramente l’esperienza di ogni giorno, soprattutto nella classe media. Perché non c’è nulla che gli uomini non tentino o non sacrifichino per far sì che i loro traffici e i loro commerci abbiano successo. Così si vede dunque, quanti uomini porterà alla defezione e all’idolatria questo mezzo. Per quanto riguarda il carattere della bestia, questo è quello che ne sarà: i re e i principi, in occasione e in ricordo della loro nascita, della loro ascesa al trono o di qualsiasi altro fatto degno di nota, fanno coniare delle medaglie d’oro, d’argento o di bronzo e vi fanno incidere i loro nomi, gli anni del loro regno e le insegne della loro regalità: ora l’anticristo farà qualcosa di simile, ma in un modo ancora più crudele; poiché tutti coloro che aderiranno alla sua dottrina dovranno portare il suo carattere: gli uomini della classe più elevata, sulla mano destra, e quelli della gente comune sulla fronte. Questo carattere sarà impresso sulla pelle per mezzo di un tatuaggio, come si vede sulle braccia di certi mercenari. E chiunque si presenta volontariamente o forzatamente per offrire incenso all’idolo della bestia, dovrà immediatamente subire questa operazione e ricevere sulla mano o sulla fronte, secondo la sua condizione, l’impronta della figura dell’idolo. Da quel momento in poi gli basterà mostrarlo per godere della completa libertà di vendere, comprare, viaggiare, fare i suoi affari, ecc. Mentre coloro che non portano questo segno non oseranno esibirsi in pubblico, né occuparsi delle cose più necessarie della vita. Perché chiunque non porti questo segno, se viene scoperto, sarà preso, maltrattato e trascinato davanti all’idolo, e se si rifiuterà, subirà un orribile martirio. Questa sarà certamente una trappola ben piazzata; e affinché non fallisca il suo intento, poiché tutto sarà sottomesso al potere della bestia, saranno eretti altari ovunque, nei porti, nelle città, nei luoghi pubblici o di commercio, lungo le strade, etc. Questi altari saranno sorvegliati da forze armate, in modo che tutti coloro che si presenteranno in pubblico per vendere, comprare o fare qualsiasi altro affare, e che non hanno il carattere della bestia, saranno immediatamente condotti a forza davanti all’altare più vicino; e se non acconsentiranno a bruciare incenso e a ricevere il carattere della bestia, saranno mutilati e divorati da quella bestia feroce. Ora, l’eroismo dei veri Cristiani, in questi tempi di massima prova e desolazione immaginabile, sarà di morire per la fede e per l’amore di Gesù! Quanto sarà terribile questo martirio, ma quanto sarà glorioso! Con quale ammirazione i Santi del cielo non contempleranno questa mirabile ed eroica lotta dei loro fratelli, in cui la pazienza della vittima lotterà con la ferocia della bestia? E quando il sangue della testimonianza avrà innalzato dalla terra al cielo una fragranza profumata, sarà come ingaggiata una nuova lotta tra i testimoni sulla terra e i testimoni in cielo. Perché mentre i Santi coroneranno in cielo il trionfo della vittima sulla crudeltà della bestia, gli empi, da parte loro, proclameranno sulla terra, con vociferazioni infernali, il trionfo della bestia sulla vita della vittima. O amore di Gesù, come siete potente! Per il vostro bene, il Cristiano passa dalla vita alla morte, e attraverso di Voi passa dalla morte alla vita! O che dolce momento per lo Sposo che contempla dal cielo la sua amata sposa nella sua costanza, la sua perseveranza, il suo amore e la sua vittoria sulla terra; è allora che le rivolgerà queste tenere parole dal libro dei Cantici, IV, 11: « Le tue labbra, o mia sposa, sono un favo da cui si distilla il miele; miele e latte sono sotto la tua lingua, e l’odore delle tue vesti è come l’odore dell’incenso….. Le tue piante sono un giardino di delizie….. La fontana dei vostri giardini è una fontana di acqua viva che sgorga dal Libano. Aquilone, ritirati; vieni, vento del mezzodì; soffia da ogni parte nel mio giardino, fa’ che esali tutte le sue fragranze. » – San Giovanni indica sei classi di uomini che la bestia costringerà a portare il suo carattere, che sono: I piccoli e i grandi, i ricchi e i poveri, i liberi e gli schiavi. Niente in questo libro è scritto senza ragione, e ogni parola contiene la saggezza. Con i piccoli si intendono i bambini che nasceranno in questo tempo, o che nasceranno e saranno battezzati poco prima; poiché il figlio della perdizione e i suoi falsi profeti aboliranno tutti i Battesimi fatti nel nome della Santa Trinità. Avranno cura di costringere tutti i bambini ed i giovani di entrambi i sessi a ricevere in fronte il carattere della bestia, e a rifiutare il Battesimo istituito da Nostro Signore Gesù Cristo di Nazareth. (Stiamo attenti a mettere tutti questi titoli, perché i Cristiani che leggeranno questo libro in quel momento, sentiranno l’importanza di non confondere il vero Cristo con il falso messia). Quanto ai bambini appena nati, sarà loro impedito di essere battezzati, sarà loro impresso il carattere della bestia sulla fronte, e tutti i genitori che saranno scoperti per aver battezzato i loro figli, saranno orribilmente massacrati. Da qui questa profezia di Gesù Cristo in San Matteo, (XXIV, 29): « Guai alle donne che sono incinte o che allattano in quei giorni. » – Per i grandi sono designati gli adulti, e per i ricchi si intendono i principi, i grandi e l’alta classe. I poveri indicano la classe comune di persone in generale. Gli uomini liberi sono i cittadini delle repubbliche di quel tempo. Infine, per schiavi si intendono i mercenari, i servi, le ancelle, in generale, i servi a pagamento e i lavoratori a giornata; perché tutti questi schiavi accetteranno il carattere e adoreranno l’immagine della bestia. – E nessuno potrà comprare o vendere, se non colui che ha il carattere o il nome della bestia, o il numero del suo nome. Tutte queste differenze di denominazioni si riferiscono allo stesso oggetto e allo stesso nome, ed ecco come: Questo carattere della bestia sarà, come è stato detto, un certo segno che i settari dell’anticristo porteranno sulla mano o in fronte. Ora questo segno si chiama carattere, perché sarà impresso sulla pelle e conterrà certe lettere di una certa lingua. Inoltre, questo segno è chiamato un nome, perché queste lettere esprimeranno e formeranno un nome, e questo nome sarà quello della bestia. Infine, questo segno designerà un numero, perché le lettere di questo segno, prese separatamente, significano o rappresentano numeri, e i numeri di ogni lettera sommati fanno 666 che è il numero del suo nome e il numero degli anni in cui nascerà. Qui sta la saggezza.  Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia; perché è il numero di un uomo, e il suo numero è seicentosessantasei. Qui San Giovanni provoca la mente umana a risolvere questo enigma. Bisogna sapere prima di tutto che questo libro dell’Apocalisse fu scritto da San Giovanni in lingua greca. Ora questa lingua non ha una parola che esprima questo numero 666; ma il nome greco αντεμος (= antemos), che è composto da due parole, significa: 1° contrario, 2° che questa parola contiene, per le lettere di cui è formata, il numero 666. Perché è come per i greci come per i latini: certe lettere significano un certo numero, e così l’interprete latino dell’Apocalisse non ha espresso questo nome secondo il suo significato; ma ne ha interpretato il numero, e per mezzo del nome αντεμος (= antemos), dice: E il suo numero è seicentosessantasei. Questo nome greco αντεμος (= antemos) è un aggettivo, ed è dato al figlio della perdizione per antonomasia, cioè designando la qualità o il modo di essere dell’anti Cristo, che sarà effettivamente contrario a Cristo e a tutto ciò che è proprio di Dio. Ecco perché il nostro Salvatore gli ha dato il nome di anti Cristo, un nome composto da ἀντἱ (= anti), che in latino significa contra, (contro), e κρἰσος (= krisos), che significa Messia, cioè promesso, Salvatore del mondo. Così, questo nome αντεμος (= antemos) non sarà il suo nome proprio. Ma il nome che usurperà sarà quello di Cristo; ed è a questo nome che ogni ginocchio si inchinerà davanti a lui sulla terra. Da qui questi ripetuti avvertimenti che il Salvatore ci rivolge, (Matth. XXIV, 23): « Se dunque qualcuno vi dice: ecco che il Cristo è qui o là, non credetegli; perché sorgeranno falsi Cristi e falsi profeti, e mostreranno grandi prodigi e segni, in modo da ingannare, se fosse possibile, gli stessi eletti. Ve lo dico in anticipo. Se vi dicono: Ecco, è nel deserto, non uscite. Eccolo nel luogo più remoto della casa, non credeteci. » Queste parole sono dette in un senso enigmatico (Questo deserto e questo luogo più remoto della casa possono essere intesi come Gerusalemme e la Giudea, che è un deserto che l’assenza del sole della fede ha reso secco; e Gerusalemme è davvero il luogo più remoto, e il centro della casa d’Israele. Infatti, quando San Giovanni Battista che predicò la penitenza in Giudea, si dice che la sua voce era la voce di uno che grida nel deserto). – Questo carattere della bestia consisterà dunque in certe lettere ebraiche che saranno stampate sulla mano destra o sulla fronte degli uomini, e significheranno in greco κρἰσος (= krisos) e in latino Christus, il Cristo. Ora, poiché egli non sarà il Cristo, ma l’anticristo, come lo chiama il nostro Salvatore, ecco perché l’interprete latino si è contentato di esprimere questo nome con il numero che queste lettere greche, addizionate insieme, costituiscono, e cioè: seicentosessantasei. Infatti, la lettera greca α = 1, ν = 50, τ = 300, ε = 5, μ = 40, ο = 70, ς = 200; e tutti questi numeri sommati fanno 666. Ora questo numero 666 è il numero di mesi che corrisponde a cinquantacinque anni e mezzo, ed è il numero degli anni della bestia, cioè il tempo della sua nascita e la durata della sua vita. Perché nel mezzo dell’anno di Gesù Cristo 1855 nel diciannovesimo secolo, l’anticristo nascerà, e vivrà cinquantacinque anni e mezzo. Ed è negli ultimi tre anni della sua vita e negli ultimi sei mesi, cioè per tre anni e mezzo, che infierirà con il più grande furore contro la cristianità, ed in accordo con il suo falso profeta, l’antipapa, sterminerà la Chiesa, disperderà il gregge di Gesù Cristo, vincerà e ucciderà tutti i fedeli con il potere datogli per quarantadue mesi su ogni tribù, popolo, lingua e nazione, per far guerra ai santi di Dio e vincerli nel tempo in cui egli siederà nella pienezza del suo regno. Così, dunque, nell’anno 1911, i giorni della bestia, cioè del maomettanismo, si compiranno; e il figlio della perdizione sarà ucciso a metà del cinquantaseiesimo anno della sua vita dal soffio, cioè dalla parola che uscirà dalla bocca di Gesù di Nazareth crocifisso. Allora il resto dei Giudei si convertiranno e diranno: « Benedetto colui che viene nel nome del Signore ». Allora il firmamento si dissolverà e si frantumerà con grande violenza; e il Cristo verrà a giudicare i vivi e i morti (Matth. XXIV, 36): « Ma nessuno conosce quel giorno e quell’ora, nemmeno gli angeli del cielo; solo il Padre mio li conosce », dice Gesù Cristo. (N. B.: Abbiamo tre rivelazioni importanti nella Chiesa – ovviamente tra quelle approvate dalle autorità ecclesiastiche canonicamente valide – che ci annunciano una dilazione concessa a satana dal buon Dio perché potesse realizzare i suoi piani distruttivi nei confronti della Chiesa e del Cattolicesimo: 1° il 24 aprile del 1820 quella della venerabile Anna Caterina Emmerick; 2° il 13 ottobre 1884 lo stesso annuncio fu fatto in visione a S.S. Papa Leone XIII; 3° la Vergine Maria lo riconfermò, il 13 ottobre 1917 nel corso dell’ultima apparizione a Fatima. Ecco perché le date dell’Holzhauser sembrano errate. ndr. -).  

SEZIONE II.

SUI CAPITOLI XIV E XV.

DELLA GLORIA E DEL TRIONFO DELLA CHIESA.

§ I.

Della gloria e del trionfo dei santi martiri che moriranno nell’ultima persecuzione, per il nome di Gesù e del Padre suo.

CAPITOLO XIV. – VERSETTI 1-14.

Et vidi: et ecce Agnus stabat supra montem Sion, et cum eo centum quadraginta quatuor millia, habentes nomen ejus, et nomen Patris ejus scriptum in frontibus suis. Et audivi vocem de caelo, tamquam vocem aquarum multarum, et tamquam vocem tonitrui magni: et vocem, quam audivi, sicut citharædorum citharizantium in citharis suis. Et cantabant quasi canticum novum ante sedem, et ante quatuor animalia, et seniores: et nemo poterat dicere canticum, nisi illa centum quadraginta quatuor millia, qui empti sunt de terra. Hi sunt, qui cum mulieribus non sunt coinquinati: virgines enim sunt. Hi sequuntur Agnum quocumque ierit. Hi empti sunt ex hominibus primitiæ Deo, et Agno: et in ore eorum non est inventum mendacium: sine macula enim sunt ante thronum Dei. Et vidi alterum angelum volantem per medium caeli, habentem Evangelium æternum, ut evangelizaret sedentibus super terram, et super omnem gentem, et tribum, et linguam, et populum: dicens magna voce: Timete Dominum, et date illi honorem, quia venit hora judicii ejus: et adorate eum, qui fecit cælum, et terram, mare, et fontes aquarum. Et alius angelus secutus est dicens: Cecidit, cecidit Babylon illa magna: quæ a vino iræ fornicationis suæ potavit omnes gentes. Et tertius angelus secutus est illos, dicens voce magna: Si quis adoraverit bestiam, et imaginem ejus, et acceperit caracterem in fronte sua, aut in manu sua: et hic bibet de vino iræ Dei, quod mistum est mero in calice iræ ipsius, et cruciabitur igne, et sulphure in conspectu angelorum sanctorum, et ante conspectum Agni: et fumus tormentorum eorum ascendet in sæcula sæculorum: nec habent requiem die ac nocte, qui adoraverunt bestiam, et imaginem ejus, et si quis acceperit caracterem nominis ejus. Hic patientia sanctorum est, qui custodiunt mandata Dei, et fidem Jesu. Et audivi vocem de caelo, dicentem mihi: Scribe: Beati mortui qui in Domino moriuntur. Amodo jam dicit Spiritus, ut requiescant a laboribus suis: opera enim illorum sequuntur illos. Et vidi: et ecce nubem candidam, et super nubem sedentem similem Filio hominis, habentem in capite suo coronam auream, et in manu sua falcem acutam.

[E vidi: ed ecco l’Agnello che stava sul monte di Sion, e con lui cento quaranta quattro mila persone, le quali avevano scritto sulle loro fronti il suo nome e il nome del suo Padre. E udii una voce dal cielo, come rumore di molte acque, e come rumore di gran tuono: e la voce, che udii, era come di citaristi che suonino le loro cetre. E cantavano come un nuovo cantico dinanzi al trono e dinanzi ai quattro animali e ai seniori: e nessuno poteva dire quel cantico, se non quei cento quarantaquattro mila, i quali furono comperati di sopra la terra. Costoro sono quelli che non si sono macchiati con donne: poiché sono vergini. Costoro seguono l’Agnello dovunque vada. Costoro furono comperati di tra gli uomini primizie a Dio e all’Agnello, e non si è trovata menzogna nella loro bocca: poiché sono di Dio. E vidi un altro Angelo, che volava per mezzo il cielo, e aveva il Vangelo eterno, affine di evangelizzare gli abitatori della terra, e ogni nazione, e tribù, e lingua, e popolo: e diceva ad alta voce: Temete Dio, e dategli onore, perché è giunto ii tempo del suo giudizio: e adorate colui che fece il cielo, e la terra, il mare, e le fonti delle acque. E seguì un altro Angelo dicendo: È caduta, è caduta quella gran Babilonia, la quale ha abbeverato tutte le genti col vino dell’ira della sua fornicazione. E dopo quelli venne un terzo Angelo dicendo ad alta voce: Se alcuno adora la bestia e la sua immagine, e riceve il carattere sulla sua fronte, o sulla sua mano anch’egli berrà del vino dell’ira di Dio versato puro nel calice della sua ira, e sarà tormentato con fuoco e zolfo nel cospetto dei santi Angeli, e nel cospetto dell’Agnello: e il fumo dei loro tormenti si alzerà nei secoli dei secoli: e non hanno riposo né dì, né notte coloro che adorarono la bestia e la sua immagine, e chi avrà ricevuto il carattere del suo nome. Qui sta la pazienza dei santi, i quali osservano i precetti di Dio e la fede di Gesù. E udii una voce dal cielo che mi diceva: Scrivi: Beati i morti, che muoiono nel Signore. Già fin d’ora dice Io Spirito, che si riposino dalle loro fatiche: poiché vanno dietro ad essi le loro opere. E vidi: ed ecco una candida nuvola, e sopra la nuvola uno che sedeva simile al Figliuolo dell’uomo, il quale aveva sulla sua testa una corona d’oro, e nella sua mano una falce tagliente. E un altro Angelo uscì dal tempio gridando ad alta voce a colui che sedeva sopra la nuvola: Gira la tua falce, e mieti, perché è giunta l’ora di mietere, mentre la messe della terra è secca. E colui che sedeva sulla nuvola, menò in giro la sua falce sulla terra, e fu mietuta la terra. E un altro Angelo uscì dal tempio, che è nel cielo, avendo anch’egli una falce tagliente. E un altro Angelo uscì dall’altare, il quale aveva potere sopra il fuoco: e gridò ad alta voce a quello che aveva la falce tagliente, dicendo: Mena la tua falce tagliente, e vendemmia i grappoli della vigna della terra: poiché le sue uve sono mature. E l’Angelo menò la sua falce tagliente sopra la terra, e vendemmiò la vigna della terra, e gettò (la vendemmia) nel grande lago dell’ira di Dio: e il lago fu pigiato fuori della città, e dal lago uscì sangue fino ai freni dei cavalli per mille seicento stadi.]

I. Vers. 1. – E vidi, ed ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion, e con lui cento quarantaquattromila, che avevano il suo nome e il nome di suo Padre scritto sulla  fronte. – E vidi, ed ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion. Questo agnello è il Cristo che è qui chiamato l’Agnello, perché come fu sacrificato nella sua passione come un agnello, e fu abbandonato da tutto il mondo alla sua morte; così nell’ultima persecuzione Egli sarà l’Agnello nei suoi martiri, che saranno uccisi come pecore, e che saranno abbandonati dagli uomini e anche da Dio per questa circostanza; perché saranno senza aiuto e senza un liberatore. In questi giorni di desolazione, Gesù Cristo si mostrerà dunque veramente come un agnello che permette ai nemici della Croce di infierire contro i suoi santi, di vincerli per questo mondo e di ucciderli. Si dice che questo Agnello fosse in piedi, perché sarà testimone dei loro tormenti e li rafforzerà nell’intimo delle loro anime, per non farli svenire. Così è riportato di Santo Stefano, (Atti VII, 55), che nel suo martirio egli era « pieno di Spirito Santo, e guardando verso il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù in piedi alla destra del Padre. » E vidi, ed ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion. Per Monte Sion si intende la Chiesa di Cristo, che Egli presiede sempre come suo Capo universale. Ed è soprattutto allora che Egli si ergerà come generale in capo per guidare la sua Chiesa e per incoraggiare i suoi soldati alla vittoria spirituale. Perché tale è la vittoria del martire, soffrire, morire ed essere sterminato nel suo corpo per vincere nella sua anima. E con lui cento quarantaquattromila. Questo numero deve essere preso in senso indeterminato, e designa l’universalità dei martiri che saranno immolati in grandissima moltitudine, e persevereranno in questi tempi nella confessione del Nome di Gesù e del Padre suo. Ecco perché il testo aggiunge: che avevano il suo Nome ed il Nome del Padre suo scritto sulla fronte; perché queste parole indicano che questi cento quarantaquattromila fedeli, cioè una moltitudine molto grande di Cristiani, che tuttavia saranno la minoranza relativamente alla massa di coloro che faranno defezione; questi Cristiani, diciamo, confesseranno apertamente e pubblicamente Gesù Cristo di Nazareth crocifisso, e il suo vero Padre Dio con Lui, e sigilleranno la loro testimonianza con il loro sangue, morendo divorati dalla bestia. Si dice che questi cento quarantaquattromila martiri erano in piedi con l’Agnello Gesù Cristo, cioè per combattere con Lui contro la bestia. Questi martiri saranno i dottori, i predicatori, i pastori delle anime; perché saranno soprattutto i sacerdoti dei vari ordini gerarchici della Chiesa militante che si presenteranno apertamente per resistere all’anticristo e ai suoi falsi profeti, e per proteggere il popolo cristiano dalla defezione. È di questi martiri che Daniele parla nella sua profezia, quando dice: (Dan. XI, 33 e segg.). « E i saggi del popolo insegneranno a molti, e cadranno di spada, nella fiamma, nella cattività e nella rovina di quei tempi. E nel momento della loro rovina saranno sostenuti da un debole aiuto, e molti si uniranno a loro in una finta alleanza. Ma i saggi cadranno, per essere rinnovati e resi bianchi fino al tempo stabilito. » Gli altri, invece, che saranno stati terrorizzati dall’orrore dei tormenti e dalla terribile tirannia della bestia, fuggiranno dalla sua presenza e si nasconderanno nei luoghi deserti, nelle solitudini, nelle gole delle montagne e nelle fessure delle rocce. Si dice anche, per distinguere i Cristiani impavidi da quelli che diserteranno, e come per indicare la gloria speciale di questi, che avevano il suo (di Gesù Cristo) Nome e il Nome di suo Padre scritto sulla loro fronte. E più avanti si dice che cantavano un canto nuovo, e che nessuno poteva cantare questo canto se non questi cento quarantaquattromila, come spiegheremo più avanti. Infine, il Profeta cita questo numero cento quarantaquattromila, perché è precisamente il numero dei dodicimila segnati da ciascuna delle dodici tribù di Israele di cui si parla nel cap. VII; e anche per significare l’universalità e la grande moltitudine delle vittime che saranno immolate nei vari ordini gerarchici della Chiesa; perché questi ordini sono come tribù di cui le dodici tribù d’Israele erano la figura.

II. Vers. 2. E udii una voce dal cielo, come il rumore di molte acque e come il rumore di un grande tuono; e la voce che udii era come il suono di molti arpisti che suonavano le loro arpe.

Vers. 3. Ed essi cantavano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro animali e ai seniori, e nessuno poteva cantare questo canto se non i cento quarantaquattromila che erano stati redenti della terra.

Vers. 4. Questi non si sono contaminati con le donne, perché sono vergini. Sono coloro che seguono l’Agnello ovunque egli vada: sono stati comprati tra gli uomini, come primizie consacrate a Dio e all’Agnello.

Vers. 5Nessuna menzogna è stata trovata nella loro bocca, perché sono puri davanti al trono di Dio. Tutte queste parole si applicano molto meglio alla Chiesa militante che alla Chiesa trionfante. Esse esprimono le virtù, la gloria e il coraggio di questi fedeli servitori di Dio di cui abbiamo appena parlato. Essi esprimono: 1° La loro impavida predicazione e la confessione del Nome di Gesù e del Padre suo; per questo è detto sopra: (Che essi) avevano il suo Nome e il Nome del Padre suo scritti sulle loro fronti…. E udii una voce dal cielo come il rumore di molte acque e come il rumore di un grande tuono. Questa voce è la voce dei predicatori e dei confessori del Nome di Gesù Cristo e di suo Padre nei giorni della bestia. Questa voce sarà come il suono di grandi acque, perché come le grandi acque fanno un grande rumore che eccita l’attenzione degli uomini e ispira loro paura; e come anche le acque lavano e sono un solvente molto attivo, così la predicazione di questi santi agirà fortemente sui cuori dei popoli Cristiani, che istruirà e preserverà nella fede ortodossa e nella confessione del Nome di Gesù e del Padre suo. Si dice inoltre che questa voce fosse come il suono di un grande tuono. Ci sono quattro cose nel tuono. 1° Il bagliore del fulmine. 2° Il boato del tuono. 3° Gli effetti dei fulmini. 4° La paura e il timore che gli uomini provano per questo. Ora, tali saranno gli effetti della predicazione dei ministri di Gesù Cristo negli ultimi giorni. 1° Risplenderà con grandi miracoli contro l’anticristo e i suoi falsi profeti. 2. Sarà forte e potente come il ruggito del leone. 3° Distruggerà e annienterà il prestigio dei prodigi della bestia; e 4° Ispirerà in una moltitudine di uomini un grande timore di Dio e dei mali a venire. Così la predicazione di questi santi confermerà il popolo nella fede, e lo incoraggerà a confessare il Nome di Gesù e del Padre suo, piuttosto che adorare la bestia e ricevere il suo carattere. Ma poiché questa non sarà in grado di vincere i martiri e trascinare le loro anime nell’abisso, si vendicherà sui loro corpi con il più grande furore, e li immolerà come i Giudei immolavano le pecore, i buoi e gli altri animali, quando solennizzavano la Pasqua in ricordo della loro uscita dall’Egitto. Ecco perché è detto nel capitolo precedente: Essa ricevé il potere di fare guerra ai Santi e di vincerli. – 2° Le parole del versetto 3, citato sopra, esprimono la perfetta concordanza degli spiriti e dei cuori di questi ministri del Signore, e anche un’esatta conformità delle loro opere con la loro dottrina, così che, la loro predicazione produca un dolce accordo, il cui suono toccherà e impressionerà potentemente i cuori del popolo e produrrà una piacevole armonia alla presenza di Dio e dell’Agnello. Da qui le parole del profeta: La voce che ho sentito era come il suono di molti arpisti che suonavano le loro arpe. Queste parole esprimono con grande bellezza la verità della dottrina, la purezza dei costumi e la perfezione della carità di quei santi che predicheranno in quel tempo nel Nome di Gesù Cristo e di Suo Padre, contro le abominazioni e gli errori della bestia. Infatti, così come molti arpisti, quando i loro strumenti sono in perfetta sintonia e quando suonano insieme pezzi armoniosi, producono un effetto meraviglioso ed esercitano un grande potere sulla mente e sui cuori della gente, così la predicazione della parola di Dio, confermata e abbellita dai santi esempi e dalla grande purezza degli ultimi apostoli, produrrà un effetto potente ed efficace sui cuori e sulle menti dei peccatori. Perché le buone opere sono l’anima di questo strumento celeste della Parola di Dio. Il Profeta usa questo bellissimo e toccante paragone per lodare questi santi e soldati di Gesù Cristo, che oseranno, in mezzo al pericolo e nella dispersione dei loro fratelli, usare le loro arpe per contenerli, raccoglierli e riportarli alla battaglia. E nessuno, tranne questi cento quarantaquattromila che sono segnati sulla loro fronte con il nome di Gesù Cristo e di suo Padre, oserà resistere alla furia della bestia. – Tutti gli altri fuggiranno dalla sua presenza in luoghi deserti o faranno defezione, riceveranno il suo carattere e adoreranno la sua immagine. – 3° E cantarono come un cantico nuovo. Queste parole designano la confessione di Gesù Cristo e del Padre suo, e anche la castità verginale o il celibato: due meriti che saranno così rari tra gli uomini di questo tempo, a causa soprattutto della tirannia della bestia, che appaiono come un nuovo canto. Perché allora la fede sarà completamente scomparsa, tutta la carne avrà corrotto le sue vie, gli uomini si crogioleranno nei piaceri della carne e la concupiscenza delle donne. Molti ecclesiastici calpesteranno persino i loro doveri più sacri, e diventeranno apostati per diventare sposi, e il volto della cristianità sarà livido e orribile, come non lo è mai stato prima. Ora siccome la fede e il celibato fiorirono nei secoli passati, ed erano ben noti nei tempi passati, ecco che l’Apostolo non dice assolutamente che le due virtù saranno canti nuovi, ma come o quasi nuovi. La parola cantare in questo caso contiene una metafora, e significa predicare in pubblico, proclamare, confessare la verità con gioia e con grande libertà e indipendenza di mente e di carattere, mettere tutta la propria gloria nel farlo, mostrando anche una certa esaltazione dello spirito; perché allora la Chiesa militante in mezzo alla sua desolazione, abbandono, dispersione e povertà, non sarà senza alcuna consolazione. E la consolazione della Chiesa in quel tempo sarà, per i cuori cattolici che sapranno apprezzarla, vedere tanti intrepidi soldati, uniti dai più forti legami, dai legami della carità in Gesù Cristo, far consistere la loro gloria, la loro speranza, il loro amore e la loro felicità nel versare il loro sangue per il Nome del Signore. – 4° Ed essi cantavano come un nuovo canto davanti al trono, e davanti ai quattro animali e ai seniori … – Queste parole devono essere intese sia della Chiesa militante che della Chiesa trionfante, per la grande gioia che il trionfo di questi intrepidi e costanti atleti della fede porterà a queste due Chiese. Perché cantare davanti a qualcuno è manifestargli e procurargli gioia; e questo sarà l’effetto prodotto dal canto di questi santi martiri, predicando, combattendo e sapendo morire se necessario, in difesa della loro fede e della loro verginità. In quei giorni di terrore, la persecuzione non solo infurierà contro la fede dei Cristiani, ma anche contro la verginità o il celibato sacerdotale; perché la bestia, che sarà affondata nella feccia del vizio e nella concupiscenza delle donne, disprezzerà la verginità. (Dan, XI, 37). – 5 ° E nessuno poteva cantare questo canto, se non i cento quarantaquattromila che furono comprati della terra. Queste parole contengono un segreto dell’eterna prescienza di Dio, un segreto che è stato tuttavia rivelato a San Giovanni, per informarci in anticipo del piccolo numero di coloro che resisteranno a una prova così dura. E Dio ci ha rivelato questo mistero, per evitare che i Cristiani se ne offendano e sia un’altra pietra d’inciampo aggiunta a tutte le altre, per scoraggiare i fedeli (la verifica di questa profezia dovrebbe, al contrario, essere per i retti di cuore ed i veri soldati di Gesù Cristo, un ulteriore motivo per rafforzare la loro fede e costanza). E nessuno poteva cantare questo canto se non i cento quarantaquattromila che furono acquistati della terra. Oh, che numero esiguo in proporzione alla massa degli uomini che popolano l’universo! Ah, In questo tempo di abominio, ci saranno mille malvagi per ogni dieci giusti, e cento empi per ogni santo. E nessuno poteva, etc. Queste parole mostrano fin troppo bene l’immensa difficoltà ed i pericoli incalcolabili che ci saranno per la salvezza delle anime. La crudeltà delle torture, la corruzione, la malizia degli uomini, gli incredibili prodigi dei falsi profeti, il potere dell’anticristo su tutto il mondo, il silenzio di Dio, che sembrerà chiudere gli occhi davanti a questa scena orribile, il rapimento e la scomparsa dei migliori per la violenza dei tormenti, saranno tutte cause di questa defezione universale. O Dio, quanto profondi sono i tuoi giudizi e quanto imperscrutabili le tue vie! – E nessuno poteva, etc. ….. Queste parole, messe al tempo imperfetto, non contengono un’impossibilità assoluta, ma una condizionale. Sarà infatti assoluta per quanto riguarda la prescienza di Dio; ma sarà condizionata per quanto riguarda la volontà umana. Perché coloro che lo desiderano potranno resistere, aiutati dalla grazia di Dio. Ma, oh disgrazia (Cor. IX, 24): « Non sapete che quando si corre in una gara, tutti partono, è vero, ma solo uno vince il premio. Corri, quindi, in modo da vincere. Ora tutti gli atleti mantengono un’esatta temperanza in tutte le cose; e (tuttavia) è solo per vincere una corona corruttibile, invece di quella incorruttibile che ci aspettiamo. Io (aggiunge San Paolo) corro, e non corro a caso; combatto, non come se colpissi l’aria, ma castigo severamente il mio corpo e lo porto in schiavitù, per evitare che, avendo predicato agli altri, io stesso sia riprovato. » (Questo è un esempio per noi, sacerdoti del Signore, e per tutti voi, Cristiani, discepoli di Gesù Cristo; la nostra vita deve essere una lotta continua; prepariamoci dunque alla grande opera di conversione del mondo che sta per cominciare, e poi alla lotta che minaccia così da vicino la Chiesa). E nessuno poteva cantare questo cantico. Ah, allora la carne e la concupiscenza prevarranno sullo spirito, e le donne coglieranno il frutto dell’albero della Chiesa, cioè i cuori di molti sacerdoti che solo Gesù Cristo dovrebbe possedere. Ci sarà allora una carenza di uomini coraggiosi, e la terra abbonderà di alberi egoisti e infruttuosi, di Cristiani infedeli e dai costumi corrotti. – 6° … che sono stati riscattati dalla terra. Questi cantori indicano gli eletti, i cittadini della Gerusalemme celeste, che sono stati comprati da questo mondo al prezzo del sangue dell’Agnello, e che saranno preservati e custoditi per la vita eterna, dal loro stesso sangue, che essi spargeranno generosamente per la fede e la confessione del Nome di Gesù.

Vers. 4 – 7º Questi non si sono contaminati con donne, cioè conserveranno fedelmente il celibato sacerdotale, che sarà un merito raro e una specialità in quei giorni. – 8°. Perché sono vergini. Questi buoni e santi sacerdoti sono chiamati vergini:

1°. Perché non si contaminano con nessun vizio della carne.

2°. Perché non si indeboliranno mai per accettare il carattere della bestia ed adorare la sua immagine, ma si terranno puri da ogni commercio e rapporto con essa, come le vergini e le donne oneste che sanno come preservarsi dagli insulti di un uomo impudente. Infine, rimarranno fedeli a Dio e all’Agnello con la loro fermezza nella fede cattolica. In questi brutti giorni, è vero, molti cadranno nell’apostasia e adoreranno l’immagine della bestia, per fragilità umana, per la crudeltà e la durata dei tormenti, e per il terrore che il potere della bestia ispirerà loro; ma in seguito riconosceranno la loro colpa, e con l’aiuto della grazia di Dio si rialzeranno prontamente dalla loro caduta, confesseranno i loro peccati, e saranno confermati e rafforzati nella vera fede. – 9 ° Questi sono quelli che seguono l’Agnello ovunque Egli vada. San Giovanni esprime con queste parole: 1° la perfetta obbedienza di questi santi che saranno sempre pronti a intraprendere tutto, anche ciò che è più difficile e più ripugnante per la natura, e che, mossi dallo spirito di Gesù Cristo, si esporranno, se necessario, a tutti i tormenti, alla prigione e persino alla morte, e confesseranno con gioia che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. 2° Questi sono coloro che seguono l’Agnello ovunque Egli vada. Queste parole significano inoltre una conformità della vita dei giusti con la vita di Gesù, loro modello e guida; poiché essi saranno poveri, miti, umili, afflitti, perseguitati, respinti dagli uomini e privati delle loro risorse e dei loro beni, secondo queste parole dell’Apostolo, Ebr. XI, 35: « Alcuni furono crudelmente tormentati, non volendo riscattare la loro vita presente, per trovarne una migliore nella risurrezione. Altri hanno subito insulti e frustate, catene e preghiere. Furono lapidati, furono segati, furono sottoposti alle prove più dure; morirono a fil di spada; condussero una vita errante, coperti di pelli di pecora e di capra, abbandonati, afflitti, perseguitati; coloro di cui il mondo non era degno (passarono la vita), vagando nei deserti e sulle montagne, e ritirandosi nelle tane e nelle caverne della terra. » Ora tali sono i tormenti riservati a questi santi, che tuttavia si mostreranno dolci come un agnello condotto al macello. Sopporteranno tutto con rassegnazione, pensando al risultato del loro martirio, e tenendo sempre davanti agli occhi l’immagine viva del loro Maestro infinitamente buono e perfettamente puro, Gesù Cristo. – 10°. Sono riscattati tra gli uomini, come primizie consacrate a Dio e all’Agnello. Con queste parole, San Giovanni vuole mostrarci, come ha già fatto sufficientemente sopra, che questi santi martiri apparterranno agli Ordini sacri, e che questi cento quarantaquattromila saranno presi tra i dottori, i predicatori, i pastori di anime, tra i sacerdoti in generale, e che saranno massacrati in odio soprattutto al santo Sacrificio della Messa, che la bestia cercherà di sopprimere. In questo testo di San Giovanni non si fa menzione del popolo cristiano, ma non c’è dubbio che anche una moltitudine molto grande di fedeli laici combatterà coraggiosamente per la fede, attraverso la parola e l’esempio dei loro pastori. Così i Cristiani in generale saranno sacrificati come pecore in tutto il mondo, e subiranno il martirio con l’aiuto di Dio. Questa affermazione è inoltre fondata sui versetti 9, 13 e 14 del capitolo VII. Essi sono stati riscattati di tra gli uomini, cioè questi santi sacerdoti, saranno scelti e separati dagli altri uomini perché osserveranno il celibato, e non si immischieranno negli affari del secolo, e perché si comporteranno veramente come primizie consacrate a Dio e all’Agnello.

Vers. 5 – 11° Nessuna bugia fu trovata nella loro bocca. Qui San Giovanni esprime l’amore per la verità e la semplicità di cuore che sarà l’ornamento di questi santi. Non saranno sedotti dalle imposture dei falsi profeti, essendo protetti dallo scudo della verità e della semplicità di cuore. Questo scudo sarà davvero la migliore difesa che potrà proteggerli sotto il regno della menzogna in questi ultimi giorni; perché è nella semplicità dei loro cuori che questi santi chiuderanno le loro orecchie ad ogni seduzione. Non crederanno in nient’altro che in Gesù Cristo e nella fede cattolica, che mantiene la verità sempre antica e sempre nuova. Questo è lo stesso scudo che usarono i figli d’Israele nella persecuzione di Antioco, quando dissero, I. Mach. II, 37: « Lasciaci morire tutti nella semplicità del nostro cuore, e il cielo e la terra testimonieranno che ci metti a morte ingiustamente. » Nessuna menzogna è stata trovata nella loro bocca, perché essi predicheranno e insegneranno al mondo tutta la verità, senza alcuna mescolanza di errori, senza circuire i loro fratelli con l’ipocrisia, la menzogna, la doppiezza, l’inganno, la seduzione e la falsa politica, di cui il mondo sarà allora infettato e coperto, come la terra è coperta di locuste nel calore dell’estate. Questi santi cammineranno in rettitudine e semplicità alla presenza di Dio e degli uomini. Per questo San Giovanni aggiunge: – 12° Perché sono puri davanti al trono di Dio. Cioè, si manterranno puri da ogni contaminazione in mezzo all’epoca più corrotta; perché questa epoca sarà la feccia della corruzione di tutte le epoche. Tutto ciò che è stato abominevole e criminale nel mondo dalla sua origine sarà ripetuto e portato al culmine sotto il regno dell’anticristo. È quindi con buona ragione che San Giovanni loda questi santi come se godessero di una prerogativa speciale ed eccezionale, perché sono puri davanti al trono di Dio.

§ II.

Della voce dei tre Angeli e della voce dal cielo.

CAPITOLO XIV. VERSETTI 6-13

Et vidi alterum angelum volantem per medium caeli, habentem Evangelium æternum, ut evangelizaret sedentibus super terram, et super omnem gentem, et tribum, et linguam, et populum: dicens magna voce: Timete Dominum, et date illi honorem, quia venit hora judicii ejus: et adorate eum, qui fecit cælum, et terram, mare, et fontes aquarum. Et alius angelus secutus est dicens: Cecidit, cecidit Babylon illa magna: quae a vino irae fornicationis suæ potavit omnes gentes. Et tertius angelus secutus est illos, dicens voce magna: Si quis adoraverit bestiam, et imaginem ejus, et acceperit caracterem in fronte sua, aut in manu sua: et hic bibet de vino irae Dei, quod mistum est mero in calice iræ ipsius, et cruciabitur igne, et sulphure in conspectu angelorum sanctorum, et ante conspectum Agni: et fumus tormentorum eorum ascendet in sæcula sæculorum: nec habent requiem die ac nocte, qui adoraverunt bestiam, et imaginem ejus, et si quis acceperit caracterem nominis ejus. Hic patientia sanctorum est, qui custodiunt mandata Dei, et fidem Jesu. Et audivi vocem de caelo, dicentem mihi: Scribe: Beati mortui qui in Domino moriuntur. Amodo jam dicit Spiritus, ut requiescant a laboribus suis: opera enim illorum sequuntur illos.

[E vidi un altro Angelo, che volava per mezzo il cielo, e aveva il Vangelo eterno, affine di evangelizzare gli abitatori della terra, e ogni nazione, e tribù, e lingua, e popolo: e diceva ad alta voce: Temete Dìo, e dategli onore, perché è giunto ii tempo dèi suo giudizio: e adorate colui che fece il cielo, e la terra, il mare, e le fonti delle acque. E seguì un altro Angelo dicendo: È caduta, è caduta quella gran Babilonia, la quale ha abbeverato tutte le genti col vino dell’ira della sua fornicazione. E dopo quelli venne un terzo Angelo dicendo ad alta voce: Se alcuno adora la bestia e la sua immagine, e riceve il carattere sulla sua fronte, o sulla sua mano: anch’egli berrà del vino dell’ira di Dio, versato puro nel calice della sua ira, e sarà tormentato con fuoco e zolfo nel cospetto dei santi Angeli, e nel cospetto dell’Agnello: e il fumo dei loro tormenti si alzerà nei secoli dei secoli: e non hanno riposo né dì, né notte coloro che adorarono la bestia e la sua immagine, e chi avrà ricevuto il carattere del suo nome. Qui sta la pazienza dei santi, i quali osservano i precetti di Dio e la fede di Gesù. E udii una voce dal cielo che mi diceva: Scrivi: Beati i morti, che muoiono nel Signore. Già fin d’ora dice Io Spirito, che si riposino dalle loro fatiche: poiché vanno dietro ad essi le loro opere.]

Vers. 6. E vidi un altro Angelo che volava in mezzo al cielo, portando il Vangelo eterno, per predicarlo a coloro che siedono sulla terra, ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo.

Vers. 7. Dicendo a gran voce: Temete il Signore, e rendetegli gloria, perché l’ora del suo giudizio è venuta; e adorate Colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti. Il primo Angelo è Gesù Cristo, che ha annunciato al mondo la volontà del Padre. Questo secondo Angelo è chiamato un altro Angelo, perché è succeduto immediatamente a Gesù Cristo nella predicazione della parola di Dio. Così, dunque, questo Angelo, che San Giovanni vide volare in mezzo al cielo, portando il Vangelo eterno, ecc., è il corpo apostolico, il sacerdozio (o piuttosto San Michele che rappresenta la persona morale della Chiesa). Ora, verso la fine dei tempi, secondo il decreto della volontà del Cristo suo fondatore, il sacerdozio fiorirà di nuovo, e diventerà più bello come l’uccello quando rinnova le sue piume. E quando le ali della sua libertà sono cresciute, questo uccello volerà in mezzo al cielo. Per cielo si intende qui la Chiesa militante, il cui sacerdozio diventerà l’ornamento e la gioia per la sua santa condotta e la sua vita apostolica, metaforicamente rappresentata dal volo dell’Angelo. Per quanto riguarda il Vangelo eterno che San Giovanni vide nella sua mano, questa è l’interpretazione: Questo Vangelo eterno è la lode divina che Dio ha rivelato ai suoi Apostoli attraverso suo Figlio Gesù Cristo, e che essi hanno comunicato al mondo predicando il Vangelo su tutta la terra. Si dice che questo secondo Angelo portò il Vangelo eterno, perché il Vangelo fu effettivamente affidato alle mani degli Apostoli, ai quali spetta di annunciare la parola eterna di Dio. Da qui questo passaggio: Per proclamarlo a coloro che siedono sulla terra, ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo. Per coloro che siedono sulla terra si intendono i re, i principi, i governanti, i nobili, e in generale tutti coloro che hanno il dominio sulla terra, sulle nazioni, sulle tribù, sulle lingue e sui popoli.

Vers. 7. Dicendo a gran voce: Temete il Signore e rendetegli gloria, perché è giunta l’ora del suo giudizio; e adorate Colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti…. Dicendo a gran voce, cioè quest’altro Angelo che San Giovanni vide predicherà con zelo, ardore ed efficacia; e che il dito di Dio si manifesterà nella predicazione di quegli Apostoli che questo Angelo rappresenta. E diranno a coloro che governano la terra: Temete il Signore e dategli gloria, perché è giunta l’ora del suo giudizio; e adorate Colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti. Questa predicazione è enfatica e rappresenta implicitamente le cose più necessarie per la salvezza, cioè: temere il Signore ed adorarlo. San Giovanni aggiunge due motivi efficaci che questi Apostoli useranno per persuadere con la loro predicazione. La prima ragione è che Dio è il Creatore del cielo e della terra, del mare e delle fonti. Ora queste quattro cose contengono in sé tutte le creature, e sono menzionate qui come rappresentanti tutte le meraviglie del Creatore. La seconda ragione è il giudizio; perché l’ora del giudizio è stata stabilita per rendere ad ogni uomo secondo le sue opere; e quest’ora si avvicina sempre più, ed è come se fosse presente, in relazione all’eternità. Ora, poiché questi due motivi sono sempre stati molto efficaci nel mantenere gli uomini nel loro dovere verso Dio, è così che verso la fine dei tempi, la considerazione di queste verità sarà molto utile, e persino necessaria, per disporre gli uomini a resistere alla bestia. Infine, la predicazione di questo Angelo deve avvenire in due tempi diversi: Il primo è quando le nazioni, i popoli, gli uomini di varie lingue e molti re torneranno nel seno della Chiesa Cattolica, nella sesta epoca, come abbiamo visto nel capitolo X, vers. 11. Perché è attraverso il sacerdozio che avrà luogo questa grande opera di conversione generale degli increduli e dei peccatori che torneranno alla penitenza. Allora la voce del sacerdozio, o dell’Angelo che ne è il rappresentante, sarà veramente una voce forte e molto efficace.  La conversione dei peccatori avverrà prima che la bestia (l’impero turco) riceva la sua ferita mortale, e prima della caduta della prima Babilonia, che è il regno delle nazioni, come vedremo più avanti. La seconda epoca della predicazione di questo Angelo è quella degli ultimi tempi in cui la carità di molti si raffredderà, la fede scomparirà e si manifesterà il figlio della perdizione. Allora questo Angelo (il sacerdozio) alzerà la sua voce con potenza nel nome di Gesù Cristo e del Padre suo, e predicherà con audacia per tutta la terra; e dirà a tutti gli uomini che vi abitano: Temete il Signore e dategli gloria. E adorate colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le fonti. Perché in quel tempo, dice Daniele, (XI, 33): « I saggi del popolo ne istruiranno molti ». È allora che gli ultimi apostoli percorreranno la terra, portando il Vangelo eterno, e facendo meraviglie per la virtù dell’Onnipotente, e non per il potere di questo mondo. Questa seconda epoca sarà il tempo della fine, quando Babilonia, che è il regno di questo mondo, cadrà e sarà consumato dal fuoco, come vedremo più avanti.

II. Vers. 8.E un altro Angelo lo seguì dicendo: È caduta, è caduta, la grande Babilonia, che ha fatto bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua fornicazione. Babilonia e Babele sono sinonimi e significano confusione e mescolanza. Babilonia in questo libro dell’Apocalisse contiene un grande mistero, che San Giovanni descrive sotto la sua figura e il suo enigma. Essa ha due significati: 1° Essa rappresenta il regno speciale delle nazioni, un regno che fu sempre nemico e avversario della casa d’Israele nell’Antico Testamento, così come fu e sarà sempre opposto al Cristianesimo nel Nuovo Testamento, fino alla consumazione dei secoli. Ora, l’attuale regno delle nazioni è l’impero dei Turchi fondato da Maometto, e di cui l’Anticristo sarà l’ultimo e più potente sovrano. È con ragione e verità che San Giovanni gli dà il nome di Babilonia, poiché questo impero è formato e mescolato da vari popoli e nazioni, e la sua setta è una fusione di paganesimo, giudaismo e Cristianesimo, insegnando i dogmi più bizzarri o piuttosto errori, come si può vedere dal Corano. – Questo impero è anche chiamato Babilonia, perché la Babilonia caldea era una città molto potente e considerevole, che si poteva considerare come la metropoli del regno delle nazioni. 2º Babilonia rappresenta anche il mondo con tutte le sue delizie e tutte le sue voluttà, come l’aggregazione di tutti i malvagi uniti contro i buoni, sotto la guida del loro capo lucifero. Fu in questo senso che Gesù Cristo indicò questo mondo ai suoi Apostoli: (Jo. XV, 18, 19). Si distinguono due città, che sono le due capitali dei due regni che dividono la terra, di cui una è Sion o Gerusalemme, il cui re è Gesù Cristo, e i cui cittadini sono tutti i giusti o eletti, da Abele fino all’ultimo nato; e tutti gli abitanti di questa città costituiscono il regno di Gesù Cristo. L’altra città è Babilonia, il cui re è lucifero, e i cui abitanti sono i malvagi e i reprobi, da Caino fino al figlio della perdizione. Tutti questi costituiscono il regno delle nazioni, cioè di tutti gli empi; e questo regno è anche chiamato il mondo, il cui regno e la cui rovina San Giovanni descrive di seguito sotto la figura di Babilonia. È in entrambi questi sensi che questa Babilonia menzionata nel testo debba essere intesa anche letteralmente, ed è per questo che la sua rovina è ripetuta due volte: È caduta, è caduta, la grande Babilonia. La prima caduta si applica alla rovina dell’impero turco, e la seconda deve essere riferita alla rovina del regno di questo mondo, come vedremo più avanti. E un altro Angelo lo seguì, dicendo, etc. Questo Angelo rappresenta anche due persone: quella che annuncia la caduta di Babilonia a San Giovanni, e quella della persona rappresentata.  1°. Questo Angelo è San Michele, che ha annunciato in alto la caduta dell’impero turco, e la rovina finale di questo mondo. 2°. Questo Angelo rappresenta allo stesso tempo il potente Monarca sotto il cui impero il regno delle nazioni sarà distrutto, e l’impero dei turchi sarà mortalmente ferito. Ecco perché San Michele, che rappresenta la Chiesa militante sulla terra, si congratula con questa Chiesa per la caduta dell’impero turco e il regno delle nazioni, e le dà motivo di consolazione. Si dice che quest’altro Angelo seguì il primo, e questa differenza è dovuta al fatto che l’annuncio di un evento precede naturalmente la sua realizzazione. Infatti, nello spazio del tempo che separerà l’annuncio dall’evento stesso, Dio susciterà un potente Monarca tra i principi della terra, per abbattere il grande corno della bestia, cioè l’impero di Costantinopoli, o l’impero d’Oriente, e per occupare la sua sede. È caduta, è caduta; queste parole esprimono gioia e congratulazioni per un evento che è stato a lungo desiderato e atteso. – È caduta, è caduta; l’Angelo annuncia questa caduta al passato, per la consolazione della Chiesa e di tutta la Cristianità, che gemevano a causa della durata e della grande potenza dell’impero di Maometto, e che erano sul punto di disperare di non vedere mai la rovina e l’umiliazione di questo impero. È caduta, è caduta; esprimendosi al passato e non al futuro, come per garantire l’infallibilità dell’evento. È caduta, è caduta … è come se dicesse: per quanto potente, per quanto vasto e per quanto prospero sia l’impero turco, è altrettanto certo che cadrà come se lo fosse già accaduto. Ora sarà lo stesso con la fine del mondo, così a lungo desiderata dai giusti, e nella quale gli empi rifiutano di credere. È caduta, è caduta… lo ripete per due motivi.1° Per confermare la verità di questo grande evento, che sembra tanto più remoto, quanto più lo si attende con impazienza. 2° Per designare le due cose che sono la rovina dell’impero turco e delle nazioni in particolare, e poi la rovina universale di questo mondo, di cui parla a lungo nel seguito. È caduta, è caduta la grande Babilonia. È un modo di parlare con enfasi per esprimere questa caduta e questa rovina in due modi. 1°. La bestia cadrà dalla sua sede, che è Costantinopoli e l’Impero d’Oriente; perché così perderà la sua potenza, l’estensione del suo impero, la moltitudine dei suoi popoli, il fasto del suo orgoglio, e sarà umiliata al punto da possedere solo un piccolo stato. Il secondo modo è che questo mondo con tutte le sue voluttà, le delizie della sua gloria, la pompa e lo splendore delle sue ricchezze finirà. Tutti gli abitanti del mondo che hanno dimenticato Dio, il loro Creatore, e hanno vissuto senza temere i suoi giudizi e secondo i loro desideri corrotti, periranno con esso, per essere gettati tutti insieme nel lago di fuoco. Così si adempirà la parola del Salmista, (CXI, 9): « Il desiderio degli empi perirà ». Allora gli amori illeciti, le voluttà della carne, le ricchezze, gli onori, i principati, il fasto, la gloria, il lusso, svaniranno; i campi, i boschi, le vigne non daranno più frutti, e gli empi saranno agitati nei tormenti delle fiamme eterne, tormenti che saranno proporzionati alla malizia e al numero dei loro crimini, senza alcuna attenuazione e senza alcuna consolazione. Gli eletti, invece, si riposeranno dalle loro pene e fatiche temporali in una perfetta e incontaminata beatitudine per tutta l’eternità. La grande Babilonia è caduta. È chiamata grande per la potenza, l’estensione e la forza dei suoi regni sulla terra, e per l’orgoglio con cui dominava i poveri, gli umili, i semplici, i giusti che opprimeva, disprezzava e guardava con occhio di disdegno. È anche chiamata grande a causa della moltitudine innumerevole dei malvagi e degli empi, e a causa del numero e della grandezza infinita dei suoi peccati. Ecco perché San Giovanni aggiunge: Che ha fatto bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua fornicazione. Questo passaggio contiene tre sostantivi che esprimono l’enormità della sua malizia e la sua malvagità. Perché il vino inebria, l’ira suscita rabbia e tirannia, e la fornicazione esprime l’idolatria e ogni tipo di infedeltà commessa contro Dio e contro il suo Cristo. Così il vino dell’ira della sua fornicazione è la malvagità feroce della setta di Maometto, che ha fatto bere questo vino a tutte le nazioni, cioè che le ha eccitate, corrotte e sedotte, e le ha continuamente spinte alla tirannia contro il Cristianesimo, e le ha costrette ad apostatare e a rifiutare il culto del vero Dio, come la storia di tutti i secoli passati dimostra fin troppo chiaramente. Che questo sia detto nel primo senso spiegato sopra. – In secondo luogo, il vino dell’ira della sua fornicazione è inteso come le eresie, i vizi, le voluttà e le immondizie del secolo, di cui le nazioni e i popoli della terra si saranno come ubriacati, dimenticando Dio loro Creatore e rifiutando di rendergli omaggio con opere di santità e di giustizia. Ora il culmine di questa fornicazione sarà nel regno dell’anticristo, che farà bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua fornicazione, con la sua terribile tirannia e le sue seducenti imposture, costringendole ad apostatare e a rinnegare il loro Dio Gesù Cristo con il Padre suo.

III. Vers. 9. – E un terzo angelo li seguì, gridando ad alta voce: Chi adora la bestia e la sua immagine e porta il suo carattere sulla fronte o sulla mano;

Vers. 10. Egli berrà del vino dell’ira di Dio, del vino puro preparato nel calice della sua ira, e sarà tormentato con fuoco e zolfo davanti agli Angeli santi e alla presenza dell’Agnello:

Vers. 11. – E il fumo dei loro tormenti salirà nei secoli dei secoli, e non ci sarà riposo né giorno né notte per coloro che hanno adorato la bestia e la sua immagine e hanno portato il suo nome.

Vers. 12. – Ecco la pazienza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù. Questo Angelo è l’ultimo Pontefice Romano. Egli è chiamato terzo Angelo, perché sarà il terzo dopo Gesù Cristo, di cui sarà l’immediato predecessore nel suo Secondo Avvento, come San Pietro fu il suo successore nel primo; e perché anche entrambi questi due soli Papi avranno portato il nome di Pietro. Infatti, secondo la profezia di San Malachia, Primate d’Irlanda, non ci sarà stato un tale nome in tutta la catena dei Papi, tranne il primo e l’ultimo. Questo Pontefice governerà la Chiesa nelle ultime e più grandi tribolazioni, quando la questione e l’orribile eresia del presunto arrivo di Cristo e del Messia, che la bestia che sale dalla terra annuncerà come il re di Gerusalemme, apparirà gradualmente; cioè, quando il figlio della perdizione si manifesterà. Allora questo Papa o terzo Angelo griderà a gran voce contro l’Anticristo e i suoi seguaci, contro i Giudei, le nazioni e i Cristiani apostati, con le sue definizioni apostoliche e con le sue Encicliche che rivolgerà a tutti i principi, a tutti i popoli e a tutta la cristianità. Li esorterà ad osservare i comandamenti di Dio e la fede in Gesù Cristo di Nazareth crocifisso, e li avvertirà di non essere ingannati da quella terribile eresia: che Gesù Cristo di Nazareth, che fu crocifisso dai Giudei, era un impostore, e che solo in questi giorni il vero Salvatore e Messia, atteso per tanti secoli dai Giudei e dalle nazioni, è finalmente apparso nel mondo. Perché questa eresia prenderà forme gigantesche, e sarà già stata condannata dalla Chiesa, prima che il figlio della Perdizione entri nella pienezza del suo regno e del suo potere. E poiché allora gli uomini avranno la testa dura, e questo tempo sarà la congregazione e la sintesi di ogni prevaricazione, questo Pontefice si servirà del ministero dei suoi apostoli, di cui abbiamo parlato sopra, per proteggere e difendere la verità e la giustizia. Li manderà per confermare e riportare il popolo nell’obbedienza e nella fede in Nostro Signore Gesù Cristo crocifisso, nel Padre suo e nello Spirito Santo. Ed egli griderà forte a tutti gli uomini, dicendo: Chiunque adora la bestia e la sua immagine e porta il suo carattere sulla fronte o nella mano, berrà il vino dell’ira di Dio, il vino puro che è preparato nel calice della sua ira; e sarà tormentato con fuoco e zolfo davanti agli Angeli santi e alla presenza dell’Agnello. E il fumo dei loro tormenti salirà per i secoli dei secoli, e non ci sarà riposo né giorno né notte per coloro che adorano la bestia e la sua immagine e che hanno portato il carattere del suo nome. Tutte queste parole devono essere intese alla lettera. Esse esprimono la dannazione eterna di tutti coloro che in quei giorni, per quanto malvagi possano essere, abbandoneranno la giustizia di Dio e la fede in Nostro Signore Gesù Cristo di Nazareth crocifisso. Inoltre, queste parole insegnano agli uomini a temere il vero Dio e i loro ultimi fini; perché dopo la morte e la passione di Gesù Cristo, questo timore sarà l’unico scudo del popolo cristiano, per ottenere la vittoria sul mondo e sui suoi falsi profeti: Chi adorerà la bestia ….. Egli berrà del vino dell’ira di Dio, del vino puro preparato nel calice della sua ira. Queste parole esprimono il tipo di punizione eterna, che è l’ira implacabile di Dio per tutta l’eternità; e questo è il più grande supplizio che possa affliggere i dannati. Questo tormento è chiamato il vino della sua ira, a causa della veemenza della giustizia e della vendetta divina. Di questo vino puro preparato nel calice della sua ira; poiché ognuno sarà punito secondo la misura delle sue iniquità. Più l’empio pecca, più sarà tormentato; e sarà tormentato con fuoco e zolfo. Queste parole esprimono il primo tipo di tormento che i dannati subiranno, il tormento del fuoco eterno. Infatti, sebbene i tormenti dell’inferno siano così grandi e così numerosi che è impossibile esprimerli, San Giovanni li indica tutti e li riassume mirabilmente con queste due forti espressioni: fuoco e zolfo. Perché il fuoco dell’inferno non servirà a illuminare i dannati, secondo San Matteo (VIII, 12): « I figli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori; là ci sarà pianto e stridore di denti. » Ma questo fuoco brucerà i corpi di questi miserabili per tutta l’eternità, e questo fuoco sarà mescolato con lo zolfo, così che lo zolfo alimenterà il fuoco, e il fuoco svilupperà l’orribile fetore dello zolfo. – Il secondo tipo di questi tormenti sarà la confusione eterna dei malvagi, espressa da queste parole del testo: Davanti agli angeli santi e alla presenza dell’Agnello. Così, dunque, tutta la corte celeste, e l’Agnello, che è il re Gesù Cristo, saranno testimoni per tutta l’eternità della terribile vergogna e della confusione dei peccatori. Perché non potranno più nascondere i loro peccati e le loro abominazioni, poiché il segreto dei loro cuori non esisterà più. – Il terzo tipo di questi supplizi sarà l’eternità, indicato da queste parole: E il fumo dei loro tormenti salirà nei secoli dei secoli. Ora nel luogo dal quale il fumo si alza incessantemente, c’è sempre il fuoco; e come questo fumo si alzerà per sempre, il fuoco che lo produce sarà eterno, perché non c’è alcuna redenzione per i dannati. – Il quarto tipo [di supplizi] è contenuto implicitamente nelle stesse parole di cui sopra, dalle quali si può concludere che questi miserabili esaleranno con il fumo dei loro tormenti, la bestemmia, l’invidia, la gelosia e l’odio contro l’Onnipotente, e faranno sentire lo stridore dei loro denti nei secoli dei secoli. È con buona ragione che questa rabbia dei peccatori contro il cielo è paragonata al fumo che non può mai salire abbastanza in alto per raggiungere le regioni celesti. Perché Dio, fondato sulla giustizia della sua causa, si befferà a sua volta degli empi che lo hanno disprezzato sulla terra. E questo tormento sarà orribile per i malvagi che saranno divorati dalla sete di vendetta, senza poterla mai esercitare. Perché le loro bestemmie saranno vane e senza effetto, come il fumo che sale nell’aria non potrà mai raggiungere le stelle. Pertanto, i malvagi cercheranno vanamente la vendetta e non ci riusciranno mai. Vorranno liberarsi dai loro tormenti, e nessuno verrà in loro soccorso. Ricorderanno i piaceri della loro vita, e ne saranno privati per sempre; desidereranno morire, e la morte fuggirà da loro; infine invocheranno il nulla o crederanno di trovarlo nel fuoco; ma il fuoco li brucerà eternamente senza mai distruggerli, perché il luogo che abitano è la terra dell’oblio. O voi dunque, figli degli uomini, ricordatevi dei vostri ultimi fini, e non peccherete più! – Il quinto tipo di supplizi nell’inferno è che non ci sarà riposo né di giorno né di notte, cioè i dannati non saranno mai sollevati dai loro mali da nessun sonno, e i loro dolori saranno continui e di ogni momento. – Qui si esercita la pazienza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù. Questa conclusione emerge dalla considerazione di quanto sopra, cioè dai supplizi eterni di cui i santi hanno una vivida immagine davanti ai loro occhi continuamente. Ecco perché sopportano con pazienza tutte le prove della vita presente, per evitare i supplizi dell’inferno. Così, nell’ultima persecuzione, i veri Cristiani, considerando il destino dei buoni, per confrontarlo con quello dei malvagi, sopporteranno con coraggio e rassegnazione tutti i tormenti che la bestia infliggerà loro, per quanto lunghi e crudeli possano essere; e rimarranno fedeli nell’amore e nella fede di Gesù, sfidando la furia della bestia. Ma chiunque adora la bestia e la sua immagine, e porta il suo carattere sulla fronte o nella mano, sarà tormentato con fuoco e zolfo per i secoli dei secoli. Perché Dio non ammetterà scuse per l’eccessiva crudeltà, e le seducenti imposture della bestia. Per questo motivo Gesù Cristo si preoccupa di informare in anticipo tutta la Cristianità, per rafforzare i fedeli e per esortarli a morire coraggiosamente e a sopportare con pazienza i tormenti temporanei con i quali Egli permetterà di mettere alla prova i suoi eletti. Gesù Cristo ha voluto che le pene dell’inferno riservate ai vigliacchi che Lo rinnegano adorando la bestia e la sua immagine e portando il suo carattere, siano solennemente promulgate dal sovrano Pontefice, che griderà a gran voce: Chi adora la bestia e la sua immagine ….. egli berrà il vino dell’ira di Dio, etc. .

IV. Vers. 13. – E udii una voce dal cielo che mi diceva: Scrivi: Beati quelli che muoiono nel Signore. Fin da ora, dice lo Spirito, si riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono. Questa voce è quella della Chiesa militante, che sarà intendere nella persecuzione dell’anticristo, per felicitarsi in anticipo con i giusti per il loro martirio, e allo stesso tempo per compatire i loro dolori e le loro fatiche nelle tribolazioni, nell’ora più difficile della tentazione e nell’ora della più terribile agonia che sia possibile subire. Beati coloro che godono del grande beneficio e della misericordia paterna che Dio concederà loro, per morire di peste, di carestia o di guerre che precederanno quei giorni pieni di pericolo per le anime. Vedi quanto detto nel Libro III, capitolo VII. Felici coloro che muoiono nel Signore. Cioè, felici coloro che sono morti in grazia di Dio, prima dell’ora di quella tentazione che è mille volte più orribile e pericolosa dei dolori e delle angosce del parto! Fin da ora, dice lo Spirito, si riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguiranno. Queste parole sono piene di consolazione per coloro i cui corpi e le cui anime riposano nel Signore: diciamo corpi, perché essi riposano, infatti, e dormono un dolce sonno nelle loro tombe, in attesa della loro gloriosa risurrezione, in cui saranno trasformati e liberati da tutte le fatiche, i pericoli e i dolori della vita presente. Beate le anime, cioè gli spiriti dei giusti, perché le loro opere li seguono. Perché essi sono nella gloria e non devono più soffrire alcun pericolo o tentazione. Sono inaccessibili agli errori, alle paure e agli inganni dei tiranni. Nessuno potrà più perseguitarli, né perderli, perché saranno in perfetta bellezza e riposo, che godranno davanti agli Angeli santi e alla presenza dell’Agnello nei secoli dei secoli. Beati coloro che muoiono nel Signore. Questa frase può essere presa al passato e al presente. Le parole sono piene di energia; sono un avvertimento per tutti gli uomini, e specialmente per quelli che vivranno nel tempo dell’anticristo. Gesù Cristo dice loro di ricordarsi della morte dei giusti e di confrontarla con la morte dei peccatori. Perché quando sono ben convinti dell’infinita differenza tra l’uno e l’altro, non esiteranno a sacrificare la vita presente per quella futura. Preferiranno di gran lunga il sacrificio del loro corpo deperibile a quello della loro anima immortale. Beati coloro che muoiono nel Signore. Queste parole sono la voce di un moribondo in una lunga e crudele agonia; perché in questi ultimi giorni i tormenti saranno lunghi e la morte tardiva!

§ III.

Sulla futura estirpazione delle eresie.

CAPITOLO XIV VERSETTI 14-20.

Et vidi: et ecce nubem candidam, et super nubem sedentem similem Filio hominis, habentem in capite suo coronam auream, et in manu sua falcem acutam. Et alius angelus exivit de templo, clamans voce magna ad sedentem super nubem: Mitte falcem tuam, et mete, quia venit hora ut metatur, quoniam aruit messis terræ. Et misit qui sedebat super nubem, falcem suam in terram, et demessa est terra. Et alius angelus exivit de templo, quod est in caelo, habens et ipse falcem acutam. Et alius angelus exivit de altari, qui habebat potestatem supra ignem: et clamavit voce magna ad eum qui habebat falcem acutam, dicens: Mitte falcem tuam acutam, et vindemia botros vineæ terræ: quoniam maturæ sunt uvæ ejus. Et misit angelus falcem suam acutam in terram, et vindemiavit vineam terrae, et misit in lacum irae Dei magnum: et calcatus est lacus extra civitatem, et exivit sanguis de lacu usque ad frenos equorum per stadia mille sexcenta.

[E vidi: ed ecco una candida nuvola, e sopra la nuvola uno che sedeva simile al Figliuolo dell’uomo, il quale aveva sulla sua testa una corona d’oro, e nella sua mano una falce tagliente. E un altro Angelo uscì dal tempio gridando ad alta voce a colui che sedeva sopra la nuvola: Gira la tua falce, e mieti, perché è giunta l’ora di mietere mentre la messe della terra è secca. E colui che sedeva sulla nuvola, menò in giro la sua falce sulla terra, e fu mietuta la terra. E un altro Angelo uscì dal tempio, che è nel cielo, avendo anch’egli una falce tagliente. E un altro Angelo uscì dall’altare, il quale aveva potere sopra il fuoco : e gridò ad alta voce a quello che aveva la falce tagliente, dicendo : Mena la tua falce tagliente, e vendemmia i grappoli della vigna della terra: poiché le sue uve sono mature. E l’Angelo menò la sua falce tagliente sopra la terra, e vendemmiò la vigna della terra, e gettò (la vendemmia) nel grande lago dell’ira di Dio: e il lago fu pigiato fuori della città, e dal lago uscì sangue fino ai freni dei cavalli per mille seicento stadi.]

Vers. 14. – E vidi, ed ecco una nuvola bianca, e sulla nuvola uno seduto come il Figlio dell’uomo, che aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce affilata.La descrizione del raccolto e della vendemmia di cui si parla in questo capitolo contiene una specie di enigma difficile e oscuro, sotto il quale è descritta la futura estirpazione delle eresie e della setta delle nazioni o dell’impero turco, estirpazione che avrà luogo sotto il potente Monarca e il santo Pontefice. Perché Dio consolerà ancora una volta la Sua Chiesa prima che venga la notte oscura del regno dell’anticristo. Ora l’interpretazione di questo enigma è questa: Colui che San Giovanni vide seduto sulla nuvola bianca è il grande Monarca di cui abbiamo già parlato più volte. Si dice che sia seduto su una nuvola bianca, perché il suo regno, designato dalla parola “seduto”, sarà un regno santo e stabile, sostenuto dalla protezione di Dio Onnipotente. Questo Monarca è chiamato simile al Figlio dell’Uomo, a causa delle sue grandi virtù con le quali imiterà il suo Salvatore Gesù Cristo. Egli infatti, sarà umile, mite, amante della verità e della giustizia, potente nelle armi, prudente, saggio e zelante per la gloria di Dio. Egli adempirà, per così dire, quella profezia di Isaia su Gesù Cristo, (XI, 2):« Lo spirito del Signore si poserà su di Lui; lo spirito di sapienza e di intelletto, lo spirito di consiglio e di fortezza, lo spirito di scienza e di pietà; ed Egli sarà pieno dello spirito del timore del Signore. Egli non giudicherà secondo le apparenze, né condannerà per sentito dire; ma giudicherà il povero con giustizia, e si dichiarerà il giusto vendicatore dei miti sulla terra. Egli colpirà la terra con la verga della sua bocca e ucciderà gli empi con il soffio delle sue labbra. La rettitudine sarà la cintura dei suoi fianchi e la fede i finimenti di cui sarà cinto. Il lupo abiterà con l’agnello, il leopardo si sdraierà con il cammello, il vitello, il leone e la pecora abiteranno insieme e un bambino li guiderà. Il vitello e l’orso pascoleranno insieme, agli stessi pascoli, i loro piccoli si riposeranno gli uni con gli altri, e il leone mangerà la paglia come il bue. Il bambino che allatta si trastullerà sulla buca dell’aspide; e lo svezzato metterà la mano nella caverna del basilisco. Non faranno del male né uccideranno su tutto il mio santo monte, perché la terra è piena della conoscenza del Signore, come il mare con le acque di cui essa è coperta. In quel giorno la radice di Iesse sarà esposta come vessillo davanti a tutti i popoli; e le nazioni verranno a offrirgli le loro preghiere e il suo sepolcro sarà glorioso. Allora il Signore stenderà di nuovo la sua mano per possedere i resti del suo popolo, che sono sfuggiti alla violenza dell’Assiria, dell’Egitto, di Phetros, dell’Etiopia, di Elam, di Sennaar, di Emath e delle isole del mare. Egli innalzerà il suo stendardo tra le nazioni; raccoglierà i fuggitivi d’Israele e radunerà dai quattro angoli della terra quelli di Giuda che erano stati dispersi. La gelosia di Efraim sarà distrutta e i nemici di Giuda periranno; Efraim non sarà invidioso di Giuda e Giuda non combatterà più contro Efraim. E voleranno sul mare verso i Filistei, e insieme saccheggeranno i popoli dell’Oriente; l’Idumea e Moab saranno soggetti alle loro leggi, e i figli di Ammon obbediranno loro. Il Signore renderà desolata la lingua del mare d’Egitto, alzerà le sue mani sul fiume e lo scuoterà con il suo soffio potente; lo colpirà e lo dividerà in sette torrenti, perché possa essere attraversato a piedi. E il resto del mio popolo che scamperà agli Assiri vi troverà un passaggio, come lo trovò Israele quando uscì dall’Egitto. » Ciò che è stato appena detto di Gesù Cristo, in questa profezia, può essere applicato, in qualche modo e per somiglianza, a questo potente Monarca del quale San Giovanni dice che sarà come il Figlio dell’Uomo, avendo sul capo una corona d’oro. Cioè, sarà un grande Monarca, ricco e potente, e il sovrano dei sovrani. Egli vincerà i re delle nazioni e sarà pieno dell’amore di Dio. Rileggiamo ciò che è stato detto di lui, capitolo III, nella sesta epoca della Chiesa. E nella sua mano una falce affilata. Il grande Monarca avrà in mano un esercito grande e forte, con il quale passerà attraverso i regni delle nazioni, le repubbliche e le roccaforti, e li trafiggerà da parte a parte (transfodiet). Si dice che la sua falce sia affilata, perché non combatterà se le sue armi non saranno vittoriose o se il nemico non subirà grandi perdite e massacri. Nell’Antico Testamento si dice di Giona e Saul che (II. Reg. I, 22): « mai la freccia di Gionata non tornò unta di grasso e di sangue, e mai la spada di Saul non uscì inoperosa dai combattimenti » – Ora, tale sarà l’esercito di questo grande e potente Monarca (Il Venerabile Holzhauser usa qui la parola re, ma non si può dedurre nulla sul titolo di questo Monarca, poiché egli usa quasi sempre questa parola, anche per gli imperatori, come quelli di Turchia, che egli chiama anche re e il loro impero regno. Si sarà notato sopra, che si dice di questo grande Monarca che sarà il figlio di un re e la gloria della sua casa reale. Inoltre, quest’ultima parola reale deve essere presa in generale per sovrana. Abbiamo usato la parola monarca, perché è il titolo che l’autore gli dà abitualmente e anche in questo caso; perché egli aggiunge il titolo di monarca a quello di re. Si sarà notato altrove che in occasione dell’ultimo Concilio i cui decreti questo monarca farà eseguire i decreti, l’autore parla dei suoi editti imperiali. (Il Monarca dalla sesta epoca sembra essere ben diverso da quello della fine della settima epoca – ndr. -). – Si dice che tenga in mano la sua falce, perché il suo esercito non intraprenderà nulla senza il suo consiglio, ed è lui stesso che lo dirigerà con i suoi consigli, come si racconta di Alessandro Magno. Si dice anche che tenga in mano la sua falce, perché il suo esercito gli obbedirà alla perfezione, e sarà attaccato a lui e lo amerà in modo tale che egli lo maneggerà come un bastone, e farà con esso cose grandi, sorprendenti e ammirevoli.

II. Vers. 15. E un altro Angelo uscì dal tempio, gridando ad alta voce a colui che sedeva sulla nuvola: Gettate la vostra falce e mietete, perché è venuto il tempo di mietere, perché la messe della terra è matura. Questa voce è quella di chi esorta con veemenza alla guerra e alla messe della zizzania degli eretici e dei turchi. Questo Angelo che uscirà dal tempio e griderà così è il grande e santo Pontefice di cui abbiamo parlato, che Dio farà sorgere in questi giorni. E questo Pontefice, mosso da un’ispirazione divina, esorterà e impegnerà questo Monarca a intraprendere questa guerra sacra. Gli dirà: Getta la tua falce, cioè il tuo potente esercito, e mieti, cioè abbatti, sradica e distruggi gli eretici ed i barbari, perché è giunta l’ora di mietere, poiché il raccolto della terra è maturo. Questo Pontefice pronuncerà questa parola per rivelazione, e con queste parole ecciterà i cuori dei principi e li spingerà ad unirsi per intraprendere questa guerra. E Dio disporrà i cuori dei soldati in modo che aderiscano con la mente e con il cuore all’impresa del loro potente Monarca. Perché il raccolto è maturo, cioè è il momento di tagliare la zizzania e di gettarla nel fuoco. È una metafora che significa l’annientamento e la rovina delle eresie e della barbarie.

Vers. 16. – E colui che sedeva sulla nuvola gettò la sua falce sulla terra, e la terra fu mietuta. Tutte queste parole esprimono il felice successo ottenuto secondo le parole del santo Pontefice. E la terra fu mietuta, perché il grande Monarca sterminerà o sottometterà al suo potere le nazioni dei turchi e degli eretici, e occuperà le loro terre.

Vers. 17. – E un altro Angelo uscì dal tempio che è nei cieli, e anche lui aveva una lama affilata. Questa falce è un altro esercito che gli Stati della Chiesa e i loro alleati, strettamente e fortemente uniti, riuniranno e manderanno in aiuto del grande Monarca. Ecco perché si dice che quest’altro Angelo uscì dal tempio, cioè, dagli Stati della Chiesa di cui il tempio è la figura, che è in cielo, cioè nella Chiesa militante che questa parola cielo significa e rappresenta. Colui di cui si dice: E un altro Angelo uscì dal tempio, sarà il grande generale in capo che questo santo Pontefice, di cui si è parlato, costituirà o nominerà per comandare quel forte esercito che sarà impiegato per distruggere e annientare il potere dei turchi e degli eretici.

Vers. 18. E un altro angelo uscì dall’altare e aveva potere sul fuoco, e gridò ad alta voce a colui che aveva la falce affilata: Getta la tua falce affilata e raccogli l’uva dalla vigna della terra, perché è matura. È ancora un’altra voce, che esorta con ardente zelo ad agire e a combattere con forza, per ottenere la vittoria sui nemici della Chiesa che l’avevano così affossata. Perché la bestia, che è l’impero turco, dovrà occupare prima l’Italia, e si espanderà molto ovunque. Arriverà così vicino alla Cristianità, che quest’ultima, ridotta all’ultima necessità, tenterà anche gli estremi, e otterrà un immenso successo. Essa distruggerà la sede o il regno della bestia, cioè l’impero turco, e relegherà la perfidia degli eretici all’inferno. È per questo che San Giovanni designa due tipi di nemici, che distingue con le parole raccolto e vendemmia. La prima parola significa le nazioni dei Turchi, e la seconda designa gli eretici. Infatti, i covoni di paglia sono le nazioni barbare, i grappoli d’uva selvatica sono gli eretici che si vantano di essere Cristiani. È di quest’ultimo che parla per allegoria il Vangelo (Jo., XV, 1-7): « Io sono la vera vite e mio Padre è il vignaiolo. Egli taglierà tutti i rami che non portano frutto in me, e poterà tutti quelli che portano frutto, perché ne portino di più. Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e Io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da solo, se non rimane unito alla vite, così è per voi, se non rimanete in me. Io sono la vite e voi i tralci. Chi rimane in me, e Io in lui, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla. Se qualcuno non rimane in me, sarà gettato via come un tralcio, appassirà, e sarà gettato fuori: seccherà, lo si raccoglierà e lo getteranno nel fuoco, e sarà consumato ».  Queste parole della mietitura e della vendemmia di cui parla l’Apocalisse sono una grande e difficile metafora. Perché Dio ha sempre dato grandi regni alle nazioni della terra, mentre ha racchiuso il suo popolo eletto entro confini stretti, serrati e svantaggiosi, come una terra delimitata da una siepe spinosa. E questo è lo stato in cui si trova ora la Chiesa, la vigna del Dio degli eserciti. Quindi, con la messe, o piuttosto con i covoni di paglia secca, o la zizzania, si intendono le nazioni della terra, e con l’uva che cresce sui tralci della vite, che è la Chiesa di Cristo, si intendono letteralmente gli eretici. Poiché Gesù Cristo è la vite, e nella sua vigna, che è la Chiesa, crescono due tipi di uva, quella buona, cioè i veri Cristiani, e quella selvatica, cioè gli eretici altrimenti rappresentati dai tralci secchi.

Vers. 19. – E l’angelo gettò la sua falce affilata sulla terra, vendemmiò la vite della terra e ne gettò l’uva nel grande torchio dell’ira di Dio. Queste parole insistono di nuovo sulla prosperità della Chiesa, e sulla certezza ed evidenza della testimonianza data da San Giovanni, che queste cose accadranno al loro tempo, per la consolazione della santa Chiesa Romana. Perché il Signore ha parlato e sempre eseguirà la sua parola. E ne gettò l’uva nel grande torchio dell’ira di Dio. Questo grande torchio dell’ira di Dio è il torchio o il tino in cui la giustizia divina compirà la sua vendetta sugli eretici e sulle nazioni barbare. È in questo grande torchio che il Signore ha sempre gettato gli uni e gli altri, per la consolazione del popolo d’Israele e della Chiesa di Cristo, affinché le nazioni non dicano: Dov’è il loro Dio? Si parla nella Scrittura di questa collera, o di questa vendetta di Dio (Ps. LXXVII, 65: « Il Signore si svegliò come se avesse dormito, e come un uomo reso più terribile dall’ubriachezza. E colpì i suoi nemici alle spalle e li coprì di confusione e di un obbrobrio eterno. » Questo tino sarà lo sterminio e la rovina delle nazioni barbare e degli eretici; ed è il potente Monarca che, con il permesso e la cooperazione della giustizia, della vendetta e dell’ira dell’Onnipotente, ve li precipiterà. Perché Dio è la causa principale e gli uomini sono come strumenti del suo braccio onnipotente.

Vers. 20. – E il tino fu pigiato fuori della città, e il sangue che usciva dal tino salì fino ai freni dei cavalli per lo spazio di mille e seicento stadi. Queste parole significano uno spargimento di sangue molto grande, che Dio, nella sua ira ed indignazione, farà versare ai suoi nemici dalle sue armate cristiane. E il tino fu calpestato fuori dalla città. Cioè, Dio porterà gli effetti della sua ira su queste nazioni, fuori dalla città santa e dalla Palestina, che era riservata alle nazioni, finché non verrà il figlio della perdizione. E il sangue della moltitudine salì fino ai freni dei cavalli. Questa espressione è iperbolica, e significa uno spargimento di sangue così grande, che i cavalli quasi nuoteranno nel sangue dei morti e dei feriti. Perché quando i cavalli nuotano, sono affondati nell’acqua fino alle narici. Nello spazio di milleseicento stadi. Questa è di nuovo un’iperbole che rappresenta l’immensa carneficina che i Cristiani infliggeranno ai loro nemici.

§ IV.

Della grande gloria e del trionfo che i Giudei e i Cristiani che sopravviveranno all’Anticristo renderanno a Dio Onnipotente e al suo Figlio Gesù Cristo.

CAPITOLO XV – VERSETTI 1-4.

Et vidi aliud signum in cælo magnum et mirabile, angelos septem, habentes plagas septem novissimas: quoniam in illis consummata est ira Dei. Et vidi tamquam mare vitreum mistum igne, et eos, qui vicerunt bestiam, et imaginem ejus, et numerum nominis ejus, stantes super mare vitreum, habentes citharas Dei: et cantantes canticum Moysi servi Dei, et canticum Agni, dicentes: Magna et mirabilia sunt opera tua, Domine Deus omnipotens: justæ et veræ sunt viæ tuæ, Rex sæculorum. Quis non timebit te, Domine, et magnificabit nomen tuum? quia solus pius es: quoniam omnes gentes venient, et adorabunt in conspectu tuo, quoniam judicia tua manifesta sunt.

[E vidi nel cielo un altro segno grande e mirabile: sette Angeli che portavano le sette ultime piaghe: perché con queste si sazia l’ira di Dio. E vidi come un mare di vetro misto di fuoco, e quelli che avevano vinto la bestia, e la sua immagine, e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di vetro, tenendo cetre divine: e cantavano il canto di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello, dicendo: Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente: giuste e vere sono le tue vie, o Re dei secoli. Chi non ti temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei pio: onde tutte le nazioni verranno, e si incurveranno davanti a te, perché i tuoi giudizi sono stati manifestati.]

I. Vers. 1 E vidi un altro segno grande e meraviglioso nel cielo: sette Angeli che portavano le sette ultime piaghe, con le quali si consuma l’ira di Dio. Questi sette Angeli con le loro sette piaghe sono menzionati nel prossimo capitolo.

II. Vers. 2.- E vidi un mare di vetro, mischiato al fuoco; e quelli che avevano vinto la bestia e la sua immagine, e non avevano voluto portare il carattere del suo nome, che erano in piedi su quel mare che brillava come vetro, portando delle arpe di Dio. Coloro che vinceranno la bestia, sono: 1° I resti dei Cristiani, che fuggendo e nascondendosi durante la durata della persecuzione dell’anticristo, gli sopravviveranno dopo la sua caduta all’inferno. – 2°. Con coloro che vinceranno la bestia si intende anche il resto dei Giudei, che, dopo essere stati testimoni del giudizio e dell’orribile morte del figlio della perdizione, gli sopravviveranno, e daranno gloria a Dio Padre e al suo Figlio Gesù Cristo, e saranno salvati. È di tutti questi che parla Daniele, quando dice: Cap. XII, 12: « Beato chi aspetta e arriva a milletrecento trentacinque giorni. » Il mare di vetro significa il Battesimo, perché i Cristiani che sono immersi nell’acqua del Battesimo diventano trasparenti come il vetro, essendo santificati da Gesù Cristo. Si aggiunge che questo mare di vetro è mescolato al fuoco. Il fuoco rappresenta lo Spirito Santo, che vivifica e santifica le anime nel Battesimo; e coloro che avranno vinto la bestia sono rappresentati in piedi su questo mare che brilla come vetro, perché dopo la morte dell’anticristo, i resti dei Giudei ed i Cristiani che saranno stati privati del Battesimo per paura della tirannia, saranno battezzati nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e confesseranno il Nome del nostro Signore Gesù Cristo, come il vero Figlio di Dio e Messia.- Quando tutti questi usciranno dal sacro bagno del Battesimo, saranno più saldamente costituiti nella grazia di Dio e nella confessione di Gesù Cristo di Nazareth crocifisso, e glorificheranno sopra ogni cosa il Signore del cielo e della terra, che ha creato tutto. Ecco perché sono rappresentati con le arpe di Dio. Con queste arpe di Dio, intendiamo le grandissime lodi che questi neofiti canteranno in onore di Dio, quando saranno stati testimoni della sua virtù e della sua onnipotenza, e la verità sarà stata loro chiaramente manifestata. Inoltre, queste arpe significano l’applauso e la gioia inesprimibile che esploderanno con trasporto, quando vedranno la grande misericordia che Dio ha usato nei loro confronti, nel preservarli da tanti pericoli e da una così grande rovina. Allora benediranno la sua bontà e la sua giustizia, come migliaia di arpisti suonano le loro arpe, di cui già si è parlato sopra.

Vers. 3. E cantarono il canto di Mosè, servo di Dio, e il canto dell’Agnello, dicendo: Grandi e meravigliose sono le tue opere, o Signore onnipotente. O Re dei secoli, le vostre vie sono giuste e vere. Con il canto di Mosè è significata la confessione dell’unico vero Dio, che ha creato il cielo e la terra. E con il canto dell’Agnello l’Apostolo intende la confessione di Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Ora queste sono due verità che il figlio della perdizione bandirà dalla terra. Questi due inni sono chiamati l’inno di Mosè e il Cantico dell’Agnello, perché il primo contiene la fede nell’unico vero Dio, che ha creato il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi, e la confessione dei Giudei su questa verità riguarda specialmente l’Antico Testamento; mentre la fede in Gesù Cristo è applicata più specialmente e come per appropriazione al Nuovo Testamento. Ora, siccome negli ultimi giorni del mondo, i resti dei Giudei saranno uniti dai legami della vera fede con il resto dei Cristiani, San Giovanni scrive eloquentemente: Ed essi cantavano il canto di Mosè servo di Dio e il canto dell’Agnello, dicendo: Grandi e meravigliose sono le tue opere, o Signore onnipotente! O Re dei secoli, le tue vie sono giuste e vere.

Vers. 4. Chi non ti teme, o Signore? E chi non glorificherà il tuo Nome, perché tu sei misericordioso; e tutte le nazioni verranno ad adorarti, perché Voi avete manifestato i vostri giudizi. Queste parole contengono un grande applauso, che gli ultimi Giudei e gli ultimi Cristiani faranno in onore della maestà divina, quando vedranno il suo braccio onnipotente ed il giudizio che ha esercitato sul figlio della perdizione e i suoi falsi profeti. Ecco perché: 1°. confesseranno la misericordia di Dio manifestata nella grandezza e nelle meraviglie delle sue vere opere. Opere che supereranno e confonderanno infinitamente le opere dell’anticristo. Perché queste non saranno altro che imposture con le quali il figlio della perdizione ingannerà così tanto i Giudei e le nazioni che lo riconosceranno come il Messia. 2°. Con queste parole gli ultimi Giudei e Cristiani proclameranno Dio come il vero Re dei secoli, perché solo Lui, con la sua saggezza, ha fondato tutti i secoli nella giustizia e nella verità. Ora questi due grandi attributi di Dio, la giustizia e la verità, sono descritti nell’Antico e nel Nuovo Testamento, che questi neofiti riconosceranno poi solennemente. Le vie di Dio sono veramente sorprendenti e ammirevoli nella manifestazione delle sue opere dalla creazione del primo uomo all’ultimo; ma queste vie di Dio, per quanto sorprendenti possano apparirci, sono fondate con ammirevole saggezza sulla sua giustizia infinita e la sua verità eterna. Questa giustizia e questa verità di Dio ci sono poco note ora, e appaiono come velate ai nostri occhi; lo saranno ancora di più agli occhi degli uomini, che vivranno al tempo del figlio della perdizione; ma dopo la sua sorprendente morte, e soprattutto nell’ultimo giudizio, questi due attributi saranno manifestati in modo evidente. Perciò i Giudei e i Cristiani glorificheranno grandemente il Dio del cielo, soprattutto per l’invio del suo unico Figlio e dello Spirito Santo sulla terra. E diranno: Le tue vie sono giuste e vere, o Re dei secoli! E i Giudei in particolare lo loderanno secondo la profezia di Gesù Cristo (Matth. XXIII, 39): « Perché io vi dico che non mi vedrete più, finché non mi direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore ». 3º I Cristiani e i Giudei negli ultimi giorni glorificheranno il Signore a causa dei suoi mirabili e imperscrutabili giudizi di Dio, anche nelle sue opere esteriori che custodiscono la creazione, la conservazione e il governo del genere umano, che sono abissi che saranno ben conosciuti solo negli ultimi giorni, e soprattutto nell’ultimo giudizio. Ed è la manifestazione di questi giudizi che risulterà allora: – 1° dal timore del Signore espresso da queste parole: Chi non vi temerà, o Signore? – 2° L’indescrivibile glorificazione del suo Nome, espressa in queste altre parole: E chi non glorificherà il tuo nome? – 3°. La confessione della misericordia e della fedeltà di Dio, perché tu solo sei misericordioso. – 4° È a causa di questa manifestazione dei giudizi di Dio, che tutte le nazioni, dall’inizio del mondo, riconosceranno la sua giustizia infinita: E tutte le nazioni verranno. 5° Infine, tutti gli uomini e anche i dannati riconosceranno tutti questi misteri divini, secondo queste parole: E adoreranno alla vostra presenza. I demoni stessi crederanno, secondo San Giacomo, II, 19: « Voi credete che c’è un solo Dio, fate bene; anche i demoni credono e tremano ».

Qui finisce l’interpretazione del venerabile servo di Dio BARTHÉLEMI HOLZHAUSER

IL BEATO HOLZHAUSER INTERPRETA L’APOCALISSE: LIBRO SETTIMO

IL SACRO CUORE DI GESÙ (47)

IL SACRO CUORE (47)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO Ill.

PRIMO SVILUPPO DELLA DIVOZIONE

(SECOLO XVI)

Si rileva dai fatti e dai testi raccolti nel capitolo precedente, che la divozione al sacro Cuore era molto diffusa verso la fine del medio evo e ai tempi del Rinascimento. Abbiamo ancora notato, benché vagamente, qualche corrente di propaganda, qualche centro d’irraggiamento. Abbiamo pur constatato che si avevano esercizî e pratiche determinate, come in santa Matilde, in santa Gertrude, in Taulero, in Domenico di Treviri, nella beata Varani, ecc. Ma sembra che nella seconda metà del XV secolo e nella prima metà del XVI la divozione tendesse a emanciparsi, a organizzarsi in divozione distinta, a fiorire in pratiche speciali e proprie. Non si tratta più soltanto di relazioni personali fra: Gesù e l’anima; essa si concretizza in certo qual modo e diviene una divozione che si propone, con esercizî suoi proprî e di cui si preconizza il valore e si concilia l’uso. Così passa, per così dire, dal dominio della mistica in quella dell’ascetica cristiana. Un certosino di Colonia, Lansperge, e un benedettino, Luigi di Blois, hanno avuto, sembra, la più gran parte in questa prima fioritura della divozione, ma intorno a loro, poco prima o poco dopo, possiamo notare altri nomi e segnalare altre influenze. Cominciamo con due testi che formano, per così dire, un legame fra questo e il capitolo precedente.

IN DANIMARCA E IN BAVIERA

Il manoscritto di Mariebo. Il Prete Bavarese.

In un libro di preghiere che l’abbadessa di Mariebo, in Danimarca, fece scrivere nel 1497, troviamo una preghiera al Cuor di Gesù: « Salve, cuore onorabile di Gesù Cristo, Io vi prego, o cuore dilatato (blühendes) e amante di Gesù Cristo dal quale scorre, ha scorso, e scorrerà sempre ogni bene, ogni gioia, ogni felicità. Io vi saluto, santo Cuore di Gesù che so capace di illuminare il mio cuore tenebroso e agghiacciato. Fortificatelo, confermatelo nel vostro amore e nel vostro santo timore, perché io possa amarvi temervi, perfettamente e lodarvi degnamente nell’eternità. Così sia » (Volktshimliche Andachtsitbungen der Dinen beim Ausgange des Mittelalters, articolo del P. W. Scumrtz, s. j. nella rivista Stimmen aus Maria-Laach, agosto 1891, t. XLI, p. 191, 192. Il P. Scumitz non dà il testo originale. Il manoscritto al quale rimanda, è della biblioteca reale di Copenhague, collezione Thott, n. 553, in 4°. La preghiera si trova, io credo, al foglio 32, ma il richiamo manca di precisione. Il manoscritto contiene, ci dite il P. Scamitz, una grande scelta di preghiere piene di unzione, specialmente quelle rivolte all’anima di Cristo, alla sua faccia, alle sue cinque piaghe, alla piaga del costato e al Cuore di Maria. L’indicazione di questo articolo si deve alla cortesia di P. Bernard.). – Nel 1510. un prete di Monaco componeva una raccolta di preghiere e di meditazioni sulla vita e sui dolori di N. S. Gesù Cristo, dove pur si trova un bell’esercizio della divozione. al sacro Cuore. È  nella meditazione 52, ma sulla ferita del costato. I pensieri sono quelli della tradizione sul simbolismo del sangue e dell’acqua, ma l’idea del cuore è sempre espressa. « La lancia del soldato…. ha raggiunto il vostro cuore sì buono e sì tenero, ha aperto la benedetta e viva sorgente del vostro sangue ». Seguono bellissimi commenti sulla virtù del sangue redentore, dell’acqua purificatrice, sul simbolismo della Chiesa che esce dal costato di Cristo, come Eva da quello d’Adamo, su questa ferita ancor più venerabile delle altre. « Chiunque, aggiunge il pio autore, chiunque beva alla divina e sacra sorgente di questa larga ferita, non foss’altro che una sol goccia del santo amore, dimentica tosto le sue tristezze e le sue pene…. Andiamo, andiamo, povera anima mia, penetra adunque nel costato destro del tuo Signore crocifisso. Entra per questa larga ferita nel cuore amantissimo di Cristo, che nel suo ardente amore sì è lasciato trafiggere. Cerca un rifugio nella cavità di questa roccia contro le inquietudini e il tumulto del mondo. Anima fedele penetra dunque in questo cuore sublime, in questo cuore nascosto, in questo cuore misterioso, in questo cuore divino, che si apre così largamente dinanzi a te; entra in quel mare, anima benedetta da Dio. Perché esitare sì lungo tempo? Davanti a te si dischiude la sorgente della. vita, la via della salute, la fontana celeste da cui scorrono i flutti preziosi che riconfortano e beatificano. Ecco la città di rifugio, contro gli attacchi dello spirito cattivo; ecco l’asilo inviolabile contro la collera del giudice che deve venire. Ecco la sorgente inesausta della divina grazia…. La sorgente che la potenza divina fece scaturire nel mezzo del paradiso terrestre. Anima cristiana, bevi dunque a questa sorgente sì pura del Salvatore, una goccia del divino amore…. ». Ciò che segue riguarda anche più direttamente il cuore. « Per questa santa ferita, o cristiano, penetra sino al più intimo del tuo Salvatore. Egli t’invita a dimorare in lui, lo esige. Tutto il suo desiderio è che il tuo cuore faccia un sol cuore col suo. Figlio mio, ti dice, dammi il tuo cuore. Il cuore…. intendi …. nessun’altra cosa; il cuore è il dono migliore che tu possa fargli. Se il Salvatore ha voluto che il suo costato fosse sì largamente aperto e il suo cuore sì profondamente ferito, è affinché tu possa entrare liberamente nel cuore del tuo diletto e gustare quanto è dolce e soave dimorare così nel santuario intimo del cuore del tuo Dio. Si opererà in questo modo una unione così intima e indissolubile che d’ora innanzi potrai compiere nella semplicità del tuo cuore ogni cosa per la maggior gloria di Gesù e cercare in tutto il suo buon volere e vivere interamente sotto la sua dipendenza. Dove potrai ritrovare una dimora più sicura, un riposo più tranquillo, un sonno più dolce, che nelle sacre piaghe di Gesù Cristo? Dove potrai trovare sapienza più grande, insegnamenti più utili per il tuo progresso spirituale, che pelle intime profondità del cuore del divin Crocifisso da cui scorrono le acque vivificatrici della grazia? Da dove potrai più efficacemente scacciare la tiepidezza? Da dove meglio infiammare il cuore di santo amore e dove trovare più facilmente rimedio alle tue ferite e raccoglimento perfetto, che nel cuore di Cristo? Nulla sulla terra potrebbe infiammare e attirare così irresistibilmente il cuore umano come l’amore infinito di Cristo sulla croce. Il mio Amore è stato trafitto e ferito, affinché io possa penetrare liberamente nel cuore amante dell’eterno Amore…. ». « Anima cristiana, stringiti al sacro Cuore del tuo Dio…. se lo puoi, strappati il Cuore dal petto e mettilo nel cuore del tuo Maestro, affinché lo custodisca, lo governi, lo. Protegga contro le seduzioni delle creature e le rovine del peccato…. ». – « Apri il tuo cuore, a questo Maestro, a Gesù, affidagli interamente il tuo cuore, dallo a Lui senza riserva, con tutti i suoi desideri, tutte le sue volontà, tutte le sue ripugnanze. Un sol cuore, un’anima sola con Gesù, una conformità perfetta di giudizi e di sentimenti in ogni cosa, una sottomissione assoluta alla sua sovrana volontà per tutto e sempre. Tu possederai così la pace più soave e dimorerai in Lui. La preghiera che si sprigiona da queste considerazioni e da queste esortazioni è tutta impregnata essa stessa dello spirito della divozione al sacro Cuore. « Dolcissimo Signore Gesù, sorgente d’intime gioie, voi che abitate nei cuori che vi amano e vi sono devoti…., Voi avete voluto che la lancia vi squarciasse il sacro costato; datemi dunque, io ve ne supplico, di poter entrare in quell’abisso senza fondo di misericordia; lasciatemi penetrare, per questa piaga, nell’intimo santuario del vostro Cuore amabilissimo, affinché il mio cuore si unisca al vostro cuore indistruttibile, e s’infiammi d’amore per Voi, affinché Voi dimoriate in me, ed io in voi, e che questa unione abbia eterna durata. Ferite il. mio cuore con i raggi penetranti del vostro amore sovrano; feritelo profondamente, questo cuore così freddo e così vile; trapassatelo da parte a parte, affinché, grazie a questa ferita salutare, la mia anima ricuperi una sanità perfetta e d’ora innanzi nessun amore s’impossessi del mio cuore e io non cerchi, e non trovi gioia e consolazione che in Voi solo. Che il mio cuore si apra solo per Voi, o Gesù, che sia chiuso a satana e al mondo, e protetto contro tutti gli attacchi, dal segno della vostra santissima. croce, o Gesù. Così sia. (Secondo le Bulletin de l’Oeuvre du Vœu national, 2 ottobre 1896, t. XXI, n. 19 P- 856-858. È da rimpiangere che il Bollettino, non dia nessuna indicazione precisa sul libro da cui ciò è ricavato. Dice solo che fu pubblicato nel 1887. FRANCIOSI ha riprodotto il testo dal Bollettino, col. 337. 340 trascrivendo, però, in maniera inesatta le indicazioni già insufficienti).

II.

LANSPERGE E LUIGI DI BLOIS

La divozione si concretizza. Pratiche è preghiere. — Da mistica diviene ascetica.

Queste preghiere e questi esercizî di cui, senza dubbio, sarebbe facile moltiplicare gli esempi, preparavano un nuovo divozione. Non era ancora una divozione  organizzata se così può dirsi, una esistenza stabile e distinta e le sue pratiche speciali; ma questa organizzazione era in via di sviluppo. Due uomini vi diedero potente aiuto, cioè: il devoto Lansperge della Certosa di Colonia (Giovanni Giusto, o Gerecht, di Landsberg in Baviera, morto nel 1539) e il pio Luigi di Blois (Blosius), benedettino, abate di Liessies, in Hainaut, che morì nel 1566. – Lansperge fu il primo e sembra aver fatto il più. La sua influenza si esercitò sullo stesso Luigi di Blois, che lo conobbe e lo citò: ma anche Luigi fece pur molto per propagare e rendere popolari alcune pratiche destinate a diffondersi molto. Nei due, pertanto, la divozione si presenta come un esercizio eccellente della vita ascetica e buon numero di pratiche e di preghiere ci son date per renderla facile. Lansperge è più ricco e più vario. Egli offre modelli mirabili di preghiere e di affetti al sacro Cuore. Fu uno dei primi a portare delle immagini del cuore. Per i particolari rimando a dom Boutrais, ma bisogna pur citare almeno qualche passo per mostrare con quale insinuante pietà raccomanda la sua cara divozione. Per lui, questa divozione « è traboccante d’amore e di misericordia » e cerca uno stimolo nell’immagine sensibile del cuore. – Ecco come ne scrive a una novizia: « Cerca di onorare il Cuore del tenerissimo Gesù Cristo, Nostro Signore, tutto traboccante d’amore e di misericordia; abbi la divozione di salutarlo spesso; bacialo; penetra in ispirito e fa a Lui le tue domande e offrigli i tuoi esercizi, Esso è il deposito (apotheca) di tutte le grazie, la porta per cui andiamo a Dio e Dio viene a noi. Abbi dunque un’immagine del Cuor divino o delle cinque piaghe, o di Gesù sanguinante e piagato, mettila in qualche luogo dove vieni tu a passare di frequente, affinché ti ricordi la tua pratica e il tuo esercizio d’amore verso Dio. A questa vista…. innalza a Dio il tuo cuore e solo con lo spirito, senza strepito di parole, grida verso di Lui, desiderando che il tuo cuore sia purificato e che il tuo cuore e la tua volontà si riuniscano al cuore di Cristo e alla sua divina volontà. Potrai pure, se la divozione ti spinge a ciò, baciar questa immagine, che intendo del cuor di  Gesù, su cui stringerai le labbra col desiderio d’imprimervi il tuo cuore, d’immergervi il tuo spirito, di assorbirti là, figurandoti di attirare dal suo Cuore grazioso nel tuo il suo spirito, le sue grazie e le sue virtù, e tutto quello che, nella sua immensità, contiene di salutare per te. Il cuore del Signore trabocca di tutto ciò. È dunque molto utile e molto pio onorare devotamente il Cuore del Signore Gesù. Ricorri ad esso in ogni necessità e attingi ad esso consolazioni e conforti d’ogni specie. Ancorchè tutti i cuori ti abbandonassero ed ingannassero, non temere; questo Cuore fedelissimo non ti abbandonerà né ingannerà (Pharetra divini amoris, libro 1, parte 5°. Exercitium ad piissimum Cor Jesu, p. 196, Montreuil 1892, completa secondo l’edizione in 18.mo, Parigi 1576, senza impaginatura e secondo la lettera  citata nel Mois du Sacré-Coeur de Jèsus par d’anciens auteurs Chartreux; p. 552. Montreuil 1886. L’ultima frase è quasi testualmente in Domenico di Treviri. Vedi p. 262. È difficile, nei minuti particolari di espressione, avere il testo esatto di Lansperge, tanto tutto questo è stato ritoccato. L’edizione della Pharetra, Montreuil 1895, differisce molto da quella di Parigi 1526, che si dà come l’edizione principe, (nunc primum typis excusa) e che è, probabilmente, una semplice ristampa della prima edizione che dovè uscire a Colonia; la distribuzione della materia è tutt’altra, e le preghiere e gli esercizî non sono sempre gli stessi. Ve ne sono di più nell’edizione del 1892; ma mancano documenti di prim’ordine e indicazioni pratiche che facevano della Pharetra un manuale di vita spirituale eccellente. Si aveva forse avuto paura di dar pretesto ad accuse di quietismo?). A questi consigli bisogna aggiungere, non foss’altro che come esempio, qualche estratto delle pie aspirazioni che ci propone: O Gesù amabilissimo, quando mi toglierai questo cuore macchiato, e mi darai il cuor tuo?…. Quando sarà che il mio cuore potrà essere tutto imbalsamato dell’odore delle tue virtù e infiammato d’amore per le cose celesti? Ah! dolcissimo Gesù, chiudi il mio cuore; rimani tu solo, siane il solo padrone; deh! che il mio cuore sia nobilitato e abbellito dalla nobiltà del tuo cuore. Imprimi, te ne prego, nel mio cuore, tutte le ferite del tuo cuore ferito, affinché io vi legga incessantemente, l’amore immenso del tuo cuore per me e i suoi vivi dolori » (loc. cit. p. 197). Né si potrebbe tralasciare questa bella preghiera, una di quelle che afferrano meglio «al vivo e in azione la divozione al sacro Cuore. – «O cuore sì nobile, sì buono, sì dolce, del mio fedele amico Gesù Cristo, mio Dio e mio Signore, attira, assorbi in te, te ne prego, il mio cuore e tutti i miei pensieri, i miei affetti, con tutte le potenze dell’anima mia e i miei sensi e tutto quello che è in me, tutto quello che io sono e che posso; che io non viva che per la tua gloria e a seconda della tua santissima volontà ». – « O misericordiosissimo Gesù, io mi rimetto e mi abbandono interamente nel tuo Cuore. Io ti prego, o Dio di bontà, di togliermi questo mio cuore corrotto, senza pietitudine; dammi il tuo cuore divino, o, almeno, rendi il mio cuor secondo il cuor tuo, e lavoralo come  più ti piace ». – « Ah! Signore, mio Dio, mio Salvatore e Redentor mio, togli i miei peccati e tutto quello che ti dispiace in me, e in me versa dal tuo santissimo Cuore quel che ti è grato. Cambiami e possiedimi tutto. Che io non viva che per piacerti, o Dio santissimo, e per amarti. Fai che il mio cuore si unisca al tuo Cuore e la mia volontà alla volontà tua; che nulla io voglia, che mai possa io nulla volere all’infuori di quel che tu vuoi e che a te piace. Che io ti ami, o dolce Gesù, mio Dio, con tutto il cuore e al disopra di tutte le cose. Amen » (Pharetra, loc. cit., p. 198. Con questa differenza che l’ultimo paragrafo si trova avanti del primo. lo ho seguito l’ordine antico. Molti altri testi in Franciosi, 294-301). – Io non credo che possa trovarsi, anche oggidì, nulla di più pio in onore del sacro Cuore, nulla di più penetrante, di queste aspirazioni o di queste preghiere di Lansperge. Sono veramente delle frecce d’amore. – Luigi di Blois ci consiglia a rifugiarci nel Cuore di Gesù per la piaga aperta del suo costato nelle tentazioni, afflizioni, miserie della vita, per trovarvi forza e misericordia, per attingervi consolazione e gioia (Margaritum spirituale, pars. 3, c. XIX, Opera in fol., edizione d’Ingolstadt, 1726, p. 603. Le parole stesse sono quelle degli Erercitia Tauleriana. Ho sott’occhi per questa 4.a edizione D. Ludovici. Blosii…., opera accurate recognita, Colonia 1615. Il capitolo indicato si trova a p. 604-607). Ci raccomanda: con insistenza « di offrire le nostre buone opere al dolcissimo e sacratissimo Cuore di Gesù Cristo, affinché le purifichi le perfezioni (Conclave anima fidelis, part. 1, speculum spirituale; c. VII, p. 4, n. 4, loc.. cit., p. 450, edizione del 1615; p. 59). – A questo scopo ci suggerisce delle formule bellissime, come, ad esempio, questa; «Io ti offro, o Padre celeste, l’amore infiammato e i desideri ardenti del cuore di Gesù,. Tuo Figlio diletto, per supplire all’aridità e alla freddezza del mio povero cuore » (Conclave, pars 4. Scriniolum p. 5, l. c. p. 507. Ed. 1615, p. 135). Egli ha, per salutare il Cuore, delle parole di una tenerezza squisita..« Salve, cuore amantissimo, buonissimo, dolcissimo (mellitissimum), ferito per me. Salve, tesoro (gazophylacium) incomparabile d’ogni bene e di ogni beatitudine. Di grazia (eia), sii per me un gradevole asilo (umbraculum) alla morte, e, dopo la. morte, la mia dimora eterna » (Institutio spiritualis. Appendice III, endologia 6, p. 272, ed. 1615, p. 473). Ci raccomanda, di poi, di appropriarci le intenzioni del sacro Cuore e di offrire tutte le mostre preghiere, azioni e pene, in unione con Lui, per la gloria di Dio e la salute della sua Chiesa (Institutio spiritualis, c. 1X, P. 253. Ed. 1615, p. 447. Per più ampi dettagli vedi Franciosi, col. 310-312). È la pratica che l’Apostolato della preghiera doveva lanciare, un giorno, attraverso il mondo.

III

INFLUENZA DI LANSPERGE E DEI CERTOSINI

Eschio. Canisio. I Certosini.

Lansperge e Luigi di Blois sembrano avere avuto una missione speciale nella nostra divozione, e cioè organizzarla e propagarla. I loro scritti la fecero conoscere e praticare anche lontano. Accanto a Lansperge e, in parte almeno, sotto la sua influenza, la vediamo praticata da Eschio, da Canisio e dai Certosini. – Eschio o Van Fsch (1507-1578), il maestro di Pietro Canisio o del Surio fu, come già ho notato, l’amico di Lansperge e della Certosa di Colonia. Ci rimangono di lui degli esercizî molto commoventi della divozione al sacro Cuore « O dolcissimo Signore Gesù Cristo, io ti prego per l’ardente amore del tuo cuore divino, per il tuo cuore umano trafitto e per le tue angosce, imprimi il mio cuore in quel tuo cuore trafitto e riempilo di quella carità perfetta che possa sradicare in me ogni amore personale per me stesso e per le creature. Che la freccia del tuo ardente amore mi ferisca e mi infiammi per siffatto modo che io possa amarti perfettamente con tutta l’anima, con tutto il cuore, con tutto lo spirito, con tutte le forze e puramente per la tua bontà, senza preoccupazione alcuna di ricompensa. Possa io, per amor tuo, rinunziare a molto, molto agire e soffrire senza mai stancarmi! Possa io, per i miei desideri ardenti e senza limiti, per le mie suppliche, ottenere la perfetta rinunzia di me e l’amorosa unione con te, aspirare incessantemente a te, a te innalzare la voce e battere alla tua porta. Possa io pensare a te, aver fame e sete di te, e cercarti e trovarti, sino a che, tutto trasformato in te, divenga con te un solo spirito, io vivendo sempre in te e tu in me! Dammi anche di amare col medesimo amore il prossimo mio con te e per te come me stesso » (Escercitium cruciforme ad Vulnera Domini lesu. Exercitium VII in orationis formulam prætice redactum… Ad cor lesu. In appendice agli Exercitia del Taulero, Lione, 1556, p. 906-497. Testo latino, in Franciosi, 320. Il P. Talos ha unito alla sua traduzione dei suddetti esercizi quella pure degli Exercitia di Eschio. Vedi più sopra c. 2, par. 4.a. Il passo qui tradotto si trova a p. 479). – Non meno pia è un’altra preghiera d’Eschio « per entrare attraverso le ferite sino al cuore e alla divinità di Gesù, per nascondervisi contro le distrazioni e tentazioni d’ogni genere »: « Signore Gesù Cristo, crocifisso per i peccatori, accogli questo peccatore che si rifugia in te, e proteggimi sotto l’ombra delle tue ali che distendi sulla croce, fra le braccia del tuo amore. Che esca dalle tue sacre ferite e cadano su di me raggi d’umiltà, di povertà, d’obbedienza, di pazienza e di carità. Dalla ferita del tuo cuore trafiggi il mio cuore, affinché io arda veramente, languisca nei sospiri dell’anima mia (in desiderio animæ) e. illuminato dalla luce che proietta la tua morte, possa io comprendere veramente, i dolori e le sofferenze che hai sopportato nelle mani, nei piedi, nella testa, nel corpo, nel cuore e nell’anima tua » (Margarita Evangelica, 1. 4, (Appendice), c. 6, 2.a Ed. latina, Dilingæ, 1610. Tradotto su di una copia latina cortesemente comunicatami da J. Brucker.). m- Non separiamo da Eschio il suo discepolo, il B. Pietro Canisio (1521-1597), amico e familiare come lui dei Certosini di Colonia, che, divenuto Gesuita, ricordava con tanta riconoscenza il suo santo maestro e i giorni della sua pia gioventù. Nel giorno della sua professione solenne, fatta a Roma nella Basilica Vaticana fra le mani di sant’Ignazio, fu invaso, quasi al momento di pronunciarli, da un sentimento profondo della sua miseria e della sua povertà, ma il sacro Cuore volle supplire a tutto. « Voi, dice egli a Gesù nel suo Memoriale, m’apriste allora il cuore del vostro sacro corpo, e mi sembrava vederlo vicinissimo a me; mi diceste di bere a quella sorgente, invitandomi così ad attingere le acque della mia salute alle vostre sorgenti, o mio Salvatore. Ed io desideravo ardentemente che di là venissero sino a me flutti di fede, di speranza e di carità… Quando osai accostarmi al vostro dolcissimo cuore e spegnervi la mia sete, voi mi prometteste una veste tessuta in tre parti » (Beati Petri Canisii Epistula et Acta, per Orto Braunsberger, t. I, p. 55, Fribourg-en-Brisgau, 1896). Si trovano molte altre tracce della sua divozione al S. Cuore. In un manoscritto, scritto di suo pugno, si trova fra le altre preghiere che egli aveva composto e raccolte, una preghiera per salutare al mattino il Cuore di Cristo, che è quella stessa di santa Matilde : « io vi lodo, vi benedico, vi glorifico e vi saluto, o dolcissimo e buonissimo Cuore di Gesù Cristo, mio fedele amico, ringraziandovi per la vostra vigilanza nel custodirmi durante la notte, e per la vostra attenzione continua a lodare e ringraziare per me Dio Padre e a rendergli ogni onore in mia vece. Ed ora, o mio unico amico, io vi offro il mio cuore come una rosa di primavera, la cui grazia attiri tutto il giorno i vostri sguardi e il cui profumo incanti il vostro cuore divino, ecc. » (Ibid, p. 58. Cf.: Revelationes mechtildianæ, pars tertia, c. 17, Pi 207). Si trova pure, nello stesso manoscritto, una graziosa preghiera per il momento di coricarsi, nella quale si unisce alla « riconoscenza di cui tutti i Santi trovano la sorgente nel sacro Cuore » e loda Dio; e li unisce pure allo « spirito d’orazione che dal Divin Cuore si è sparso in tutti i Santi», ecc. (Ibid, p. 59. Inspirato a santa Matilde, ibid, c. 31, p. 238.). – Nello stesso libro scriveva: « Il cuore di Gesù arde per noi di un tale amore, che questo Figlio di Dio e della Vergine è pronto…., che dico?, è desideroso di soffrire per te solo tutte le amarezze interiori e esteriori che Egli ha sofferto per il mondo intiero, piuttosto che permettere la tua perdita o la rovina di un’anima sola » (Otto Braunsberger, loc. cit, p. 59). – E, infine, nelle sue Exhortations domestiques, rivolte ai suoi fratelli in religione, raccomandava loro « d’unire la propria volontà col Cuore di Gesù, perché, come Egli ci ha dato il suo cuore, così bisogna rendergli il nostro »; che essi « imitino la liberalità con la quale ci ha dato da bere il sangue del suo Cuore, in unione con la gratitudine che i Santi attingono nel Cuore di Gesù, ringraziandolo dei doni che ne han ricevuto »; e che facciano il loro nido nella cavità della pietra e si rifugino, in ogni tentazione, nell’amabile Cuore di Cristo » (Exhortationes domesticœ B. P. Canisii, ed. del P. Giorgio Schlosser, Ruremonde 1876, p. 181 e 435-457. Vedi: Nix, p. 8. E Braunsbarger, p. 58). La divozione al sacro Cuore, con i suoi molteplici esercizi, non era, peraltro, concentrata esclusivamente nella Certosa di Colonia. Altri Certosini s’incontrano, e da per tutto, non meno divoti, non meno pii, nell’esprimere la loro devozione. Dom Boutrais, nel suo Mese del S. Cuore d’antichi Certosini, ci dà delle belle pagine di Giovanni di Torralba, priore della Cour-Dieu, 1578, di Antonio Volmar, priore di Astheim, nato circa il 1550, di don Giovanni Michele di Vesly, 44mo generale dei Certosini, che nel 1598, pubblicò a Lione un Manuel d’exercices de piété, per l’uso giornaliero dei Certosini, dove si fa menzione ad ogni pagina (Vedi Dom Boutrain, Larsperge, p. 185) del sacro Cuore, senza parlare di quelli che appartengono al XVII secolo.