IL BEATO HOLZHAUSER INTERPRETA L’APOCALISSE: LIBRO NONO

LIBRO NONO


SUI CAPITOLI XXI E XXII

La nuova terra ed il cielo nuovo, la Gerusalemme celeste, e il fiume d’acqua viva, etc.
SEZIONE I.

§


Del cielo nuovo e della terra nuova.


CAPITOLO XXI. VERSETTI 1-8.

Et vidi cœlum novum et terram novam. Primum enim cœlum, et prima terra abiit, et mare jam non est. Et ego Joannes vidi sanctam civitatem Jerusalem novam descendentem de cœlo a Deo, paratam sicut sponsam ornatam viro suo. Et audivi vocem magnam de throno dicentem: Ecce u Dei cum hominibus, et habitabit cum eis. Et ipsi populus ejus erunt, et ipse Deus cum eis erit eorum Deus: et absterget Deus omnem lacrimam ab oculis eorum: et mors ultra non erit, neque luctus, neque clamor, neque dolor erit ultra, quia prima abierunt. Et dixit qui sedebat in throno: Ecce nova facio omnia. Et dixit mihi: Scribe, quia haec verba fidelissima sunt, et vera. Et dixit mihi: Factum est: ego sum alpha et omega, initium et finis. Ego sitienti dabo de fonte aquae vitæ, gratis. Qui vicerit, possidebit hæc: et ero illi Deus, et ille erit mihi filius. Timidis autem, et incredulis, et execratis, et homicidis, et fornicatoribus, et veneficis, et idolatris, et omnibus mendacibus, pars illorum erit in stagno ardenti igne et sulphure: quod est mors secunda.

[E vidi un nuovo cielo e una nuova terra. Poiché il primo cielo e la prima terra passarono, e il mare non è più. Ed io Giovanni vidi la città santa, la nuova Gerusalemme che scendeva dal cielo d’appresso Dio, messa in ordine, come una sposa abbigliata per il suo sposo.E udii una gran voce dal trono che diceva: Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini, e abiterà con loro. Ed essi saranno suo popolo, e lo stesso Dio sarà con essi Dio loro :e Dio asciugherà dagli occhi loro ogni lagrima: e non vi sarà più morte, né lutto, né strida, né vi sarà più dolore, per- ché le prime cose sono passata. E colui che sedeva sul trono disse: Ecco che io rinnovello tutte le cose. E disse a me: Scrivi, poiché queste parole sono degnissime di fede e veraci. E disse a me: fatto. Io sono l’alfa e l’omega: il principio e il fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fontana dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore, sarà padrone di queste cose, e io gli sarò Dio, ed egli mi sarà figliuolo. Pei paurosi poi, e per gl’increduli, e gli esecrandi; e gli omicidi, e i fornicatori, e i venefici, e gli idolatri, e per tutti i mentitori, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e dì zolfo: che è la seconda morte.]

I. Vers. 1.E vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi e il mare non c’era più. In questo capitolo e nel prossimo, che sono gli ultimi due dell’Apocalisse, San Giovanni descrive la Chiesa Trionfante, cioè lo stato dei beati nella prossima vita. Infatti, come osserva Sant’Agostino (Civ., XXII, 27), sarebbe troppo stravagante intendere le cose che sono dette qui come dette del tempo presente; poiché le parole del verso di questo capitolo: “Dio asciugherà tutte le lacrime, ecc.“, sono così chiaramente adatte alla vita futura, all’immortalità e all’eternità dei Santi, che non saremmo in grado di trovare nulla di più ovvio nelle Scritture divine se dovessimo considerare questo passaggio come oscuro. Così, dopo la descrizione della caduta dell’anticristo e lo sterminio di tutti i nemici della Chiesa, e dopo aver parlato della risurrezione generale e del Giudizio universale, San Giovanni passa alla descrizione della gloria dei beati e del loro trionfo eterno. E vidi un nuovo cielo e una nuova terra. Questo nuovo cielo e questa nuova terra di cui parla San Giovanni saranno dunque la dimora dei beati nella gloria eterna di Dio; perché il primo cielo e la prima terra, che ora abitiamo, erano passati e il mare non c’era più. Questo cielo e questa terra rappresentano i beni del mondo, e il mare rappresenta i suoi mali; ora questi beni e mali terreni, che saranno stati il fuoco con cui Dio prova l’oro, spariranno per sempre e saranno consumati a loro volta dal fuoco del cielo, secondo (II. Pietro, III, 12): « La violenza del fuoco dissolverà i cieli e fonderà tutti gli elementi. » Non dobbiamo omettere qui questo passo di Isaia, LXV, 14: « I miei servi si rallegreranno, e voi (peccatori) sarete coperti di confusione; i miei servi esploderanno con canti di lode nell’estasi dei loro cuori, e voi scoppierete con grandi grida nell’amarezza delle vostre anime, e con tristi ululati nello strazio dei vostri spiriti; e voi renderete il vostro nome ai miei eletti come un nome di imprecazione: Il Signore Dio vi distruggerà e darà ai suoi servi un altro nome. Chi è benedetto in questo nome sulla terra sarà benedetto dal Dio della verità; e chi giura sulla terra giurerà nel Nome del Dio della verità, perché le precedenti tribolazioni saranno dimenticate e scompariranno da davanti ai miei occhi. Perché Io creerò nuovi cieli e una nuova terra, e il passato non sarà ricordato né risorgerà nel mio cuore. Ma voi vi rallegrerete e sarete pieni di gioia per sempre nelle cose che Io creerò, perché farò di Gerusalemme una città di gioia e del suo popolo un popolo di gioia. Mi rallegrerò di Gerusalemme, mi rallegrerò del mio popolo, e non ci sarà più né lutto né pianto. Non si vedrà un bambino che non viva che pochi giorni, né un vecchio che non completi i giorni della sua vita, etc. ».

II. Vers. 2Ed io, Giovanni, vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, che scendeva da Dio dal cielo, adorna come una sposa per il suo sposo. San Giovanni si riferisce a se stesso come testimone di ciò che accadrà, volendo dare più forza alle sue parole e renderci più attenti ad esse. E io, Giovanni, vidi la città santa che scendeva dal cielo. Questa città santa è la Chiesa trionfante, o l’assemblea dei beati che regneranno con Dio. Questa Chiesa è la nuova Gerusalemme che è venuta da Dio, e di cui la Gerusalemme terrena era la figura. Perché, come è stato detto, i Profeti usano spesso la stessa figura per significare diverse cose; e così la Gerusalemme terrena, che rappresenta come città e in senso materiale, la grande Babilonia, rappresenta anche in senso mistico la Gerusalemme celeste. San Giovanni la vide scendere dal cielo e dice che veniva da Dio, perché, secondo Sant’Agostino, (Civit. XX, 17), la grazia con cui Dio l’ha formata è celeste, e che, in principio, essa è scesa dal cielo, da dove fu mandato lo Spirito Santo. Essa veniva da Dio, adornata come una sposa per il suo sposo. Cioè, splendente di gloria e di bellezza, con la gloria dei suoi trionfi e la bellezza delle sue virtù e dei suoi meriti. Infatti, la sposa, per essere gradita al suo sposo, deve essere come Lui, poiché devono essere una sola carne. (Gen. II, 23). Adamo, che è tipo dello sposo Gesù Cristo, dice, parlando di Eva, il tipo pure della Chiesa: « Ecco, costei è ora osso delle mie ossa e carne della mia carne. »   Poi la Genesi continua: « Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie (come Gesù Cristo lasciò suo Padre e la sua gloria celeste, per rivestirsi della nostra umanità e unirsi alla nostra carne); e saranno due in una sola carne. » Ora, i Santi, nutrendosi della carne di Gesù Cristo nella santissima Eucaristia, e Gesù Cristo, rivestendosi della nostra carne, sono uniti nella stessa carne; e così lo Sposo celeste e la sua Sposa sono due in una sola carne. E quanto bella, quanto pura, quanto santa e quanto gloriosa deve essere la Chiesa per potersi unire allo Sposo divino? Ecco perché San Giovanni ci dice che la Chiesa sarà adornata come una sposa per il suo sposo.

III. Vers. 3. E udii una grande voce dal trono, che diceva: Questo è il tabernacolo di Dio con gli uomini, ed Egli abiterà con loro. Ed essi saranno il suo popolo, e Dio sarà il loro Dio in mezzo a loro. San Giovanni ha sentito nella sua immaginazione una grande voce dal trono; questa voce sarà quella di Dio Padre, che dirà, annunciando Gesù Cristo alla sua amata sposa: Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini, cioè, ecco Gesù Cristo mio Figlio, che è il tabernacolo, o alleanza della Divinità con gli uomini. Abbiamo visto come spesso San Giovanni si riferisca all’antico tabernacolo e al tempio. Attraverso questo tabernacolo e questo tempio, Dio aveva dato dei segni dell’alleanza che voleva fare con il popolo giudaico. Ma i Giudei furono infedeli, e le nazioni della terra che divennero cristiane ebbero il grande privilegio di vedere la promessa fatta ai Giudei, compiuta in loro, sotto la figura del tabernacolo e del tempio. Questa promessa si compì nella santissima Eucaristia, dove noi possediamo realmente Gesù Cristo sotto le specie del pane e del vino, in attesa di possederlo in cielo, dove diventerà il vero oggetto della nostra beatitudine, come ora è il vero oggetto della nostra fede. E abiterà con loro, con i suoi eletti, per tutta l’eternità, perché Egli è il sacerdote eterno, secondo l’ordine di Melchisedec; ed essi saranno il suo popolo, e Dio in mezzo a loro sarà il loro Dio. Cioè, gli eletti saranno il popolo di Dio, ed Egli sarà loro Dio, il loro Padre, il loro Re, il loro Sposo; li riempirà di ogni bene; i loro desideri eterni saranno sempre soddisfatti e la loro sete sarà sempre placata. Il loro amore salirà eternamente come una fiamma ardente verso l’oggetto immutabile del loro amore, e questo fuoco non sarà mai consumato. I giusti saranno sempre soddisfatti, secondo tutte le capacità delle loro anime, come vasi di diverse dimensioni che potrebbero sempre essere riempiti con le acque dell’Oceano, e infinitamente ancor più. Più godono, più vorranno godere, e non proveranno mai disgusto, perché ogni dolore cesserà. Questo è ciò che ci assicura San Giovanni nelle seguenti parole:

Vers. 4E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi; e non ci sarà più la morte, né il lutto, né il pianto, né il dolore, perché il primo stato è finito. Così dunque, il ricordo dei mali passati, il ricordo dei dolori, delle afflizioni, dei dispiaceri, delle disgrazie, delle malattie, dei disgusti, degli affanni, dei dolori, delle perdite, delle privazioni, della sete, della fame, dei rigori invernali, dei calori dell’estate, il ricordo delle tribolazioni, delle tentazioni, dei sacrifici più costosi alla natura; il ricordo delle ingiustizie, delle persecuzioni, degli insulti, del disprezzo, dell’abbandono, dell’isolamento; il ricordo dei travagli, della fatica, delle lotte, delle veglie, dei digiuni, delle mortificazioni; il ricordo delle umiliazioni, della perdita dei beni, della privazione dei piaceri; il ricordo stesso del peccato non affliggerà più i giusti, perché Dio asciugherà tutte le lacrime dai loro occhi. Tutti i mali della vita saranno cambiati per essi in beni immensi nella loro estensione ed eterni nella loro durata; perché non ci sarà più la morte, né il lutto, né il pianto, né il dolore, perché il primo stato è finito.

IV. Vers. 5: Allora colui che sedeva sul trono disse: Ecco, che Io faccio nuove tutte le cose”. Ed egli mi disse: “Scrivi, perché queste parole sono certissime e veraci. Ricordiamo che è Gesù Cristo stesso l’Autore di questa rivelazione, secondo queste parole del capitolo I, 1: La rivelazione di Gesù Cristo, etc. Non c’è quindi alcun dubbio che sia Gesù Cristo che San Giovanni ci rappresenta seduto sul trono; perché gli dice: scrivi, etc. Così, dopo aver regnato per il tempo, questo Sposo celeste continuerà a regnare per l’eternità. Egli regna già sulla terra con la sua legge e la sua dottrina; ma San Giovanni ci rappresenta il suo regno nel momento in cui farà nuove tutte le cose. Allora colui che sedeva sul trono disse: Ecco, io faccio nuove tutte le cose. Ed Egli mi disse: Scrivi, perché queste parole sono degnissime di fede e veraci. Questo è un modo per attirare la nostra attenzione su ciò che ci verrà rivelato e per garantirci la certezza di esso.

V. Vers. 6Ed ancora mi dice: Tutto è compiuto. Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine. Darò da bere gratuitamente dalla fonte di acqua viva a chi ha sete. Gesù Cristo disse a San Giovanni: Tutto si è compiuto, il tempo della profezia è passato e l’eternità è iniziata. Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine. Queste parole sono notevolissime, se si ricorda che nel capitolo I, 8, Gesù Cristo ha usato le stesse parole prima di annunciare tutto ciò che sarebbe accaduto nel corso delle epoche della Chiesa. E siccome tutto si sarà adempiuto come aveva predetto, ora ci avverte che tutto è compiuto. Io darò gratuitamente della fonte di acqua viva a colui che ha sete. Queste parole ci ricordano la giustizia di cui si parla nelle otto beatitudini, e di cui i Santi saranno stati assetati; e la giustizia dei Santi sarà la veste nuziale che li renderà degni di partecipare alla cena delle nozze dello Sposo. (Apoc. XIX, 8): E gli diede del puro lino bianco da indossare, e questo lino è la giustizia dei santi. Dobbiamo desiderare questa giustizia per ottenerla, e se la desideriamo veramente e sinceramente, saremo tra coloro di cui sta scritto, (Matth. V, 6): « Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati. » In effetti (Romani VIII, 27): « Chi scruta il cuore sa quali sono i desideri dello spirito, perché cerca per i Santi ciò che è secondo Dio. Ora sappiamo che tutto contribuisce al bene di coloro che amano Dio, di coloro che Egli ha chiamato, secondo il suo decreto, ad essere santi. Perché coloro che ha conosciuto nella sua prescienza, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio, affinché Egli stesso sia primogenito tra molti fratelli. E quelli che ha predestinato li ha chiamati, e quelli che ha chiamato li ha giustificati e quelli che ha giustificato li ha glorificati. » Ora, questa glorificazione sarà la fonte di acqua viva di cui parla il nostro testo: Darò da bere gratuitamente dalla fonte di acqua viva a colui che ha sete.  E si dice: Io darò gratuitamente, perché la giustizia che dovrebbe renderci eredi del regno eterno ci è concessa gratuitamente per la misericordia di Dio, secondo San Paolo, (Tito III, 5): « Ci ha salvati non per le opere di giustizia che abbiamo fatto, ma per la sua misericordia, in quanto ci ha fatto rinascere per mezzo del Battesimo e ci ha rinnovati per mezzo dello Spirito Santo, che ha riversato abbondantemente su Gesù Cristo nostro Salvatore, affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi della vita eterna, secondo la speranza. »

VI. Vers. 7. Colui che vincerà, possederà queste cose, e Io sarò il suo Dio, ed egli sarà mio figlio.

Vers. 8Ma i timidi, gli increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli avvelenatori, gli idolatri e tutti i bugiardi avranno la loro parte nel lago ardente di fuoco e di zolfo, che è la seconda morte. Questi due versetti possono ancora essere messi in relazione, per il significato che contengono, con la continuazione del passo di San Paolo che abbiamo appena citato, in cui l’Apostolo ci fa intravedere come avvenga la giustificazione degli eletti che hanno fame e sete di giustizia. E questi due passi di San Paolo e dell’Apocalisse coincidono mirabilmente insieme e si spiegano a vicenda. Infatti Gesù Cristo nella sua Rivelazione ci dice: Chi vincerà avrà queste cose, e Io sarò il suo Dio, ed egli sarà mio figlio. Ma i timidi, gli increduli, ecc. avranno la loro parte nel lago ardente di fuoco e zolfo, che è la seconda morte. Ora, San Paolo ci spiega come gli eletti e i predestinati potranno vincere, e  continua la sua spiegazione del mistero della giustificazione degli uomini mostrandoci come il Cristiano, attraverso il desiderio di giustizia, arrivi al possesso dell’ottava beatitudine, che è come la perfezione e il complemento delle altre, e ci garantisce il possesso del regno eterno, secondo San Matteo (V, 10): « Beati coloro che soffrono persecuzioni a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. » Ora, soffrire la persecuzione per amore della giustizia è vincere, e chi vincerà possiederà queste cose. San Paolo, volendo farci capire come chi ha fame e sete di giustizia possa e debba vincere, aggiunge nella sua epistola ai Romani, (VIII, 31): « Dopo questo, cosa diremo? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Se non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato alla morte per tutti noi, cosa non ci darà, dopo averlo dato a noi? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio stesso li giustifica. Chi li condannerà, quando Gesù Cristo non solo è morto, ma è risorto ed è alla destra di Dio, intercedendo per noi? Chi, dunque, ci separerà dall’amore di Gesù Cristo? Sarà l’afflizione, l’angoscia, la fame, la nudità, il pericolo, la persecuzione o la spada? Come sta scritto: Per causa tua siamo quotidianamente consegnati alla morte, o Signore, e siamo considerati come pecore da macellare; ma in mezzo a tutti questi guai noi vinciamo per la virtù di Colui che ci ha amati. Perché io sono sicuro che né la morte, né la vita, né gli Angeli, né i Principati, né le Potenze, né le cose presenti, né le cose future, né la violenza, né alcunché di superiore o inferiore, né alcuna altra creatura, potranno mai separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù nostro Signore. » È dunque con l’aiuto di Dio e con i meriti e l’amore di Gesù Cristo che possiamo vincere l’amore dei piaceri e la paura dei mali di cui ci parla San Paolo. Ma i timidi, i codardi e i pusillanimi, gli increduli, che non hanno la fede di Gesù Cristo, senza la quale è impossibile piacere a Dio, gli abominevoli, che non mettono la loro speranza in Dio, gli omicidi, che non hanno carità, i fornicatori, che si crogiolano nei piaceri della carne, i venefici, che cercano i beni altrui ingiustamente, gli idolatri, che si prostituiscono bruciando incenso alle creature e cercando il fumo degli onori, e tutti i bugiardi, che sono figli del diavolo, avranno la loro parte nel lago ardente con fuoco e zolfo, che è la seconda morte, la morte eterna. – Dopo aver annunciato un nuovo cielo e una nuova terra, San Giovanni ce ne dà una descrizione sotto la figura della Gerusalemme celeste.

§ II.

Della Gerusalemme celeste.

CAPITOLO XXI. – VERSETTI 9-27.

Et venit unus de septem angelis habentibus phialas plenas septem plagis novissimis, et locutus est mecum, dicens: Veni, et ostendam tibi sponsam, uxorem Agni. Et sustulit me in spiritu in montem magnum et altum, et ostendit mihi civitatem sanctam Jerusalem descendentem de cœlo a Deo, habentem claritatem Dei: et lumen ejus simile lapidi pretioso tamquam lapidi jaspidis, sicut crystallum. Et habebat murum magnum, et altum, habentem portas duodecim: et in portis angelos duodecim, et nomina inscripta, quæ sunt nomina duodecim tribuum filiorum Israel: ab oriente portæ tres, et ab aquilone portae tres, et ab austro portae tres, et ab occasu portae tres. Et murus civitatis habens fundamenta duodecim, et in ipsis duodecim nomina duodecim apostolorum Agni. Et qui loquebatur mecum, habebat mensuram arundineam auream, ut metiretur civitatem, et portas ejus, et murum. Et civitas in quadro posita est, et longitudo ejus tanta est quanta et latitudo: et mensus est civitatem de arundine aurea per stadia duodecim millia: et longitudo, et altitudo, et latitudo ejus æqualia sunt. Et mensus est murum ejus centem quadraginta quatuor cubitorum, mensura hominis, quæ est angeli. Et erat structura muri ejus ex lapide jaspide: ipsa vero civitas aurum mundum simile vitro mundo. Et fundamenta muri civitatis omni lapide pretioso ornata. Fundamentum primum, jaspis: secundum, sapphirus: tertium, calcedonius: quartum, smaragdus: quintum, sardonyx : sextum, sardius: septimum, chrysolithus: octavum, beryllus: nonum, topazius: decimum, chrysoprasus: undecimum, hyacinthus: duodecimum, amethystus. Et duodecim portæ, duodecim margaritæ sunt, per singulas: et singulae portœ erant ex singulis margaritis: et platea civitatis aurum mundum, tamquam vitrum perlucidum. Et templum non vidi in ea: Dominus enim Deus omnipotens templum illius est, et Agnus. Et civitas non eget sole neque luna ut luceant in ea, nam claritas Dei illuminavit eam, et lucerna ejus est Agnus. Et ambulabunt gentes in lumine ejus: et reges terrae afferent gloriam suam et honorem in illam. Et portæ ejus non claudentur per diem: nox enim non erit illic.  Et afferent gloriam et honorem gentium in illam. Non intrabit in eam aliquod coinquinatum, aut abominationem faciens et mendacium, nisi qui scripti sunt in libro vitæ Agni.

[E venne uno dei sette Angeli che avevano sette coppe piene delle sette ultime piaghe, e parlò con me, e mi disse: Vieni, e ti farò vedere la sposa, consorte dell’Agnello. E mi portò in ispirito sopra un monte grande e sublime, e mi fece vedere la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo dappresso Dio, la quale aveva la chiarezza di Dìo : e la luce di lei era simile a una pietra preziosa, come a una pietra di diaspro, come il cristallo.  Ed aveva un muro grande ed alto che aveva dodici porte: e alle porte dodici An- geli, e scritti sopra i nomi, che sono i nomi delle dodici tribù di Israele. A oriente tre porte : a settentrione tre porte : a mezzogiorno tre porte: e a occidente tre porte. “E il muro della città aveva dodici fondamenti, ed in essi i dodici nomi dei dodici Apostoli dell’Agnello. E colui che parlava con me aveva una canna d’oro da misurare, per prendere le misure della città e delle porte e del muro. E la città è quadrangolare, e la sua lunghezza è uguale alla larghezza: e misurò la città colla canna d’oro in dodici mila stadi : e la lunghezza e l’altezza e la larghezza di essa sono uguali. E misurò il muro di essa in cento quarantaquattro cubiti, a misura d’uomo, qual è quella dell’Angelo. E il suo muro era costrutto di pietra di diaspro: la città stessa poi (era) oro puro simile a vetro puro. E i fondamenti delle mura della città (erano) ornati di ogni sorta di pietre preziose. Il primo fondamento, il diaspro: il secondo, lo zaffiro: il terzo, il calcedonio: il quarto, lo smeraldo: il quinto, il sardonico: il sesto, il sardio: il settimo, il crisolito: l’ottavo, il berillo: il nono, il topazio: il decimo, il crisopraso: l’undecimo, il giacinto: il duodecimo, l’ametisto. E le dodici porte erano dodici perle: e ciascuna porta era d’una perla: e la piazza della città oro puro, come vetro trasparente. E non vidi in essa alcun tempio. Poiché il Signore Dio onnipotente e l’Agnello è il suo tempio. E la città non ha bisogno di sole, né dì luna che risplendano in essa: poiché lo splendore di Dio la illumina, e sua lampada è l’Agnello. E le genti cammineranno alla luce di essa: e i re della terra porteranno a lei la loro gloria e l’onore. E le sue porte non si chiuderanno di giorno: perché ivi non sarà notte. E a lei sarà portata la gloria e l’onore delle genti. Non entrerà in essa nulla d’immondo, o chi commette abbominazione o menzogna, ma bensì coloro che sono descritti nel libro della vita dell’Agnello.]

I. Vers. 9. – E uno dei sette Angeli che avevano le sette coppe piene delle ultime piaghe venne e mi parlò, dicendo: Vieni, e io ti mostrerò quella che è la sposa dell’Agnello. Questo Angelo rappresenta tutti gli altri Angeli che tenevano le sette coppe piene delle ultime piaghe. Come è consolante questo Angelo, che prima era così terribile! O Dio onnipotente, quanto siete severo nei vostri giudizi, ma quanto siete magnifico nelle vostre ricompense! Questo Angelo è il vostro braccio destro che colpisce i peccatori e premia i giusti. Per quanto la vostra voce fosse tuonante prima, tanto il vostro linguaggio è dolce e consolante ora che gli ultimi peccatori sono stati convertiti, e tutti i giusti, da Abele all’ultimo dei Martiri, sono riuniti per ricevere le carezze dello Sposo. Quest’Angelo venne dunque da San Giovanni e, dopo aver deposto il calice del vino dell’ira di Dio, gli parlò e gli disse: Vieni e ti mostrerò colei che è la sposa dell’Agnello.

II. Vers. 10E mi trasportò in spirito su un monte grande e alto, e mi mostrò Gerusalemme, la città santa, che scendeva dal cielo da Dio. – Questa montagna è una figura della grandezza e dell’elevazione di un’anima, alla quale Dio comunica le sue grazie per elevarla nelle regioni celesti. Questa montagna è sola, perché è solo la potenza di Dio che è capace di innalzarci così in alto. E San Giovanni ci dice espressamente che fu portato lassù in spirito, per farci capire che è con lo spirito, e non con la carne, che possiamo ascendere fino al cielo. Anche il nostro corpo è destinato a salire un giorno in queste alte regioni; ma sarà solo dopo che ci saremo spiritualizzati, per così dire, tagliando con la scure della mortificazione tutti i rami e le radici che ci tengono quaggiù e ci legano alla terra. Dopo essere arrivati in spirito su una grande e alta montagna, sulla montagna o sulla potenza di Gesù Cristo e della sua Chiesa, e dopo essere saliti per virtù di Dio al di sopra di tutte le altre montagne, al di sopra delle potenze terrene che erano appena scomparse nelle ultime piaghe, San Giovanni vide non più Gerusalemme, la grande Babilonia, ma la Gerusalemme celeste, la città santa, che scese da Dio dal cielo. Proprio come la grande Babilonia era sorta dalla terra, così la Gerusalemme celeste veniva da Dio. Lucifero era il re di quella, ed è Gesù Cristo, il Re dei re, che regna in questa. Se la potenza di Babilonia proveniva dall’inferno, la bellezza, la grandezza e la magnificenza della Gerusalemme celeste venivano dal cielo.

III. Vers. 11. – Questa città santa era illuminata dallo splendore di Dio, e la sua luce era come una pietra preziosa, come una pietra di diaspro trasparente come un cristallo. O ineffabile luce di Dio, dolce come la sua grazia, pura come la sua santità e giustizia, brillante come la sua gloria, e benefica come la sua misericordia e bontà! E la sua luce era come una pietra preziosa, come una pietra di diaspro, trasparente come il cristallo. Il diaspro è una pietra preziosa molto dura, il cui colore verdastro varia estremamente. Ora, questa solidità del diaspro rappresenta l’eternità della luce divina, e questa estrema varietà di colori rappresenta gli infiniti attributi di Dio. Inoltre, questa pietra era trasparente come il cristallo, per rappresentare la purezza di quella luce eterna in cui i Santi potranno vedere Dio come è. Essi ne godranno secondo l’ampiezza delle facoltà di cui ognuno di loro è dotato. E questa luce brillerà eternamente nei loro occhi, che non si stancheranno mai di contemplarla. Più la vedranno, più vorranno goderne; e tutti i loro desideri saranno soddisfatti in essa, perché la luce eterna li illuminerà e li aiuterà a contemplare le bellezze della luce eterna. Saranno come assorbiti per sempre nelle profondità infinite della felicità e della gloria di Dio stesso.

Vers. 12. – Questa città santa aveva una muraglia di grande altezza, dodici porte, dodici Angeli alle porte e nomi scritti, che erano i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. Questa muraglia della città santa è la fede di Gesù Cristo, le cui fondamenta sono i dodici Apostoli, secondo lo stesso testo (vers. 14): « Il muro della città aveva dodici fondamenta, e su di esse i dodici nomi degli Apostoli dell’Agnello. » E come la fede di Gesù Cristo, unita alla pratica delle buone opere, fa salire gli eletti al cielo, poiché secondo San Paolo, è la fede che ci giustifica, (Rom . V, 1): « Giustificati dunque per fede, etc. », San Giovanni ha ragione nel dirci che questa muraglia fosse di grande altezza. Questa muraglia deve essere costruita con pietre preziose, poiché esse rappresentano la fede, che produce le buone opere e le virtù dei Santi; e queste virtù e buone opere, così poco conosciute nel mondo attuale e nascoste nelle profondità della terra e nel seno delle montagne, che sono le potenze del mondo, devono essere scoperte e scelte all’aperto, ciascuna secondo le sue qualità ed il suo valore intrinseco, per servire nella costruzione di questa muraglia. Perché se la fede produce buone opere, le buone opere mantengono ed elevano la fede. Questa muraglia sarà innalzata ad una grande altezza e formerà il recinto della città celeste. Il cemento di questo muro sarà solido e durevole quanto la ragione che lega la fede alle buone opere e le buone opere alla fede. Infatti, come abbiamo appena detto, è la fede che produce e vivifica le buone opere, e sono le buone opere che mantengono e rafforzano la fede, secondo le parole dell’Apostolo: « Il giusto vive per la fede. » Le dodici porte attraverso le quali si può entrare in questa città rappresentano i dodici Apostoli secondo San Girolamo e Sant’Agostino. Perché gli Apostoli, nel diffondere la fede di Gesù Cristo sulla terra, furono veramente le porte attraverso le quali le dodici tribù dei figli d’Israele entrarono nella città santa. E queste dodici tribù i cui nomi sono scritti su queste porte, rappresentano tutti gli eletti. E dodici Angeli alle porte. Questi Angeli sono i dodici capi delle tribù d’Israele.

IV. Vers. 13. – E questa città aveva tre porte ad Oriente, tre a Settentrione, tre a Mezzogiorno, e tre ad Occidente. 1º Queste porte distribuite così verso le quattro parti principali del mondo sono una figura sensibile dell’estensione del regno di Gesù Cristo su tutta la faccia della terra e della facilità con cui Egli offre a tutti gli uomini di entrare nel suo regno. 2° Si allude qui alla disposizione delle dimore delle dodici tribù di cui si è parlato nel libro dei Numeri, II. Vedere anche Ezechiele, XLVIII. Bisogna notare l’ordine in cui sono indicate queste parti del mondo; perché questo ordine sembra coincidere con la diffusione della fede e la conversione delle nazioni nelle varie epoche della Chiesa. Queste porte, divise in quattro categorie, alludono di nuovo al Vangelo di San Matteo XX, in cui il giorno di dodici ore è anche diviso in quattro parti di tre ore ciascuna, come anche la città è divisa in quattro parti, ciascuna delle quali ha tre porte; e tutte queste parole sono figure relative al tempo e all’eternità. Vediamo in questo Vangelo di San Matteo che i primi chiamati saranno gli ultimi, saranno i meno rappresentati nel regno di Dio; perché ci sono molti chiamati e pochi eletti tra coloro che dovevano entrare attraverso le prime tre porte in Oriente. Infatti, i Giudei sono stati i primi ad essere chiamati ad entrare nella Chiesa di Gesù Cristo, ma saranno gli ultimi a farlo; e siccome durante tutto il corso delle età della Chiesa, i Giudei saranno stati dispersi in tutte le regioni del mondo, potendo sempre entrare nella città santa attraverso tutte le porte, e poiché tuttavia non vi saranno entrati fino alla fine dei secoli, Gesù Cristo ha ragione di dirci che i primi saranno gli ultimi, e che questi ultimi saranno numericamente pochi rispetto alla massa di coloro che saranno periti nel corso delle epoche. «Perché molti sono chiamati, ma pochi sono gli eletti ».

V. Vers. 14. – Il muro della città aveva dodici fondamenta, e su di esse i dodici nomi degli Apostoli dell’Agnello. Infatti, sono stati gli Apostoli a porre le fondamenta della Chiesa in modo così solido che essa esisterà per tutta l’eternità. E poiché la pietra principale, la pietra d’angolo di questo edificio era l’Agnello sacrificato per i peccati del mondo, San Giovanni ha ragione di aggiungere: E su di esse sono i dodici nomi degli Apostoli dell’Agnello. Bisogna notare che San Giovanni parla espressamente dei nomi degli Apostoli, per farci capire meglio che si tratta dei dodici Apostoli dell’Agnello che hanno stabilito e propagato la fede di Gesù Cristo.

VI. Vers. 15. – E colui che mi parlava aveva una verga d’oro per misurare la città, le porte e le mura.

Vers. 16. E la città fu costruita in forma di quadrato, tanto lunga quanto larga. E misurò la città con la sua verga d’oro fino a dodicimila stadi, e la sua lunghezza e altezza erano uguali. L’Angelo delle piaghe che parlava a San Giovanni aveva in mano una canna, cioè una misura d’oro, per misurare la città, le porte e le mura. Si dice che questa misura fosse d’oro; e sappiamo che l’oro rappresenta la carità, che significa, in questa circostanza, l’amore e la misericordia di Dio nella distribuzione delle sue ricchezze eterne. Ora, come Dio è rigoroso nella sua giustizia e severo nei suoi giudizi, così magnifico e generoso è nel suo amore e nelle sue ricompense. Ecco perché la città santa che Egli destina ai suoi eletti sarà di estensione prodigiosa, e poiché questa città sarà la dimora della gloria e della felicità eterna, si deve supporre che la sua popolazione sarà proporzionata ed anche maggiore di quella della città più fiorente. Da questo possiamo concludere che il numero dei beati in cielo sarà molto grande. Infatti, Dio disse ad Abramo, il padre degli eletti, Gen. XXII, 17: « Io ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia sulla riva del mare; la tua discendenza possederà le porte dei loro nemici e tutte le nazioni della terra saranno benedette in Colui che uscirà da te (in Gesù Cristo), perché tu hai obbedito alla mia parola. (Ibidem, XVII, 6): « Ti farò crescere con molta abbondanza e ti renderò il capo delle nazioni; e da te usciranno dei re. E stabilirò la mia alleanza con te e, dopo di te, con la tua progenie per tutte le loro generazioni, con un’alleanza eterna; affinché Io sia il tuo Dio e il Dio della tua progenie dopo di te. »  Faremmo un’ingiustizia al Dio di ogni bontà se credessimo che la sua misericordia cedesse alla sua giustizia; e poiché la misericordia è un attributo di Dio, che lo porta a perdonare all’infinito, dobbiamo sperare, se facciamo penitenza, e se combattiamo legittimamente le battaglie del Signore, dobbiamo sperare, diciamo, per l’infinita misericordia di Dio e per la fede e i meriti di Gesù Cristo, di essere ammessi un giorno nella città celeste, che sarà di estensione prodigiosa. Perché quando Gesù Cristo, nella sua rivelazione, ci dà la misura di esso, vediamo che avrà 160.000 leghe quadrate, e che la sua altezza sarà uguale ai lati. Ora è ripugnante supporre che una città così grande non sarà popolata in proporzione alla sua estensione. Tuttavia, poiché non sappiamo se siamo degni di amore o di odio, secondo l’Ecclesiaste, (IX), e che tutte le cose sono incerte e saranno conservate per il futuro, continuiamo a servire il Signore con timore e tremore, sperando nella sua infinita misericordia. Seguiamo l’esempio e l’ammonizione di San Paolo: perché questo Apostolo sapeva bene cosa debba costare il regno di Dio nelle pene, lui che fu assunto in spirito al terzo cielo. Ecco perché « egli sacrificò tutto, finanche la sua vita per ottenere questo regno. » – « Io faccio tutte queste cose per amore del Vangelo, per averne parte », ci dice nella sua lettera ai Corinzi, (I Cor. IX, 24); e poi aggiunge: « Non sapete che quando uno corre nella corsa, tutti corrono, ma solo uno vince il premio? Corri, dunque, affinché tu possa vincere. Ora tutti gli atleti vivono nell’esatta temperanza, eppure è solo per vincere una corona corruttibile, invece di quella incorruttibile che noi aspettiamo. Ma io corro, e non corro a caso; combatto, non come se colpissi l’aria, ma castigo severamente il mio corpo e lo porto in schiavitù, per evitare che, avendo predicato ad altri, io stesso sia riprovato. Per questo io non voglio che ignoriate, fratelli miei, che i nostri padri erano tutti sotto la nube, che mangiavano tutti la stessa carne misteriosa, e tuttavia, c’erano pochi tra un gran numero che erano graditi a Dio, ed infatti, perirono nel deserto. Ora tutte queste cose (dette ai Giudei) erano figure di ciò che ci riguarda, affinché non ci abbandoniamo a desideri malvagi, come si abbandonarono loro. Non diventate idolatri come alcuni di loro, dei quali sta scritto: Il popolo si sedette per mangiare e bere e si alzò per divertirsi. Non commettiamo la fornicazione, come fecero alcuni di loro, cosicché ne morirono ventitremila in un giorno. Non tentiamo Gesù Cristo, come lo tentarono alcuni di loro, che furono uccisi dai serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, che furono colpiti dall’Angelo distruttore. Ora tutte queste cose che accaddero loro erano figure, e furono scritte per istruire noi che siamo alla fine dei tempi. Chi pensa di essere saldo, faccia attenzione a non cadere. » Questi sono i preziosi avvertimenti che San Paolo ci dà, avvertimenti che sono del massimo interesse per il nostro futuro nell’eternità. E come sarà questa eternità per noi? Saremo portati, come Lazzaro, nel seno di Abramo dalle mani degli Angeli per entrare a far parte delle dodici tribù dei figli d’Israele, o saremo precipitati, come il ricco cattivo, nell’abisso dell’inferno? Nessuno di noi può saperlo. Degni di odio o di amore; vittime forzate che il Signore rifiuta, o figli amati che chiama a sé; vasi di ignominia e di ira, o vasi di onore e di misericordia? Portiamo, come Uria, le nostre lettere sigillate; nessuno di noi può rispondere della sua sorte. Ma confortiamoci nel fatto che se siamo stati servi vigili e fedeli durante la nostra vita, Gesù Cristo ci assicura il suo regno alla nostra morte; e se, come le vergini sagge, teniamo le nostre lampade accese all’arrivo dello sposo, la sala delle nozze ci sarà aperta. Ascoltiamo San Paolo, che ci promette che se combattiamo con coraggio, ci sarà data una corona di giustizia dal più giusto dei giudici. Ascoltiamo anche San Giovanni, che ci dice che lo spirito di Dio testimonierà al nostro, che siamo figli del Signore, e che, anche se siamo incerti sulla nostra sorte, Egli ci concederà tutto ciò che gli chiederemo secondo la sua volontà, poiché già noi siamo stati esauditi in tanti casi.

VII. E misurò la città con la sua verga d’oro fino a dodicimila stadi, e la sua lunghezza e larghezza ed altezza sono uguali. Come è stato detto, questi dodicimila stadi corrispondono alle dodici tribù d’Israele, che rappresentano la massa degli eletti, così che ogni tribù occuperà mille stadi in lunghezza, in larghezza e altezza. Ci vogliono dieci stadi per fare un miglio romano, secondo il calcolo di Lucio Florus. (Vedi Martini, Nuovo Testamento, pagina 836) e sappiamo che tre miglia romane sono circa una lega di Francia. Da ciò possiamo concludere che questa città misurerà 160.000 leghe quadrate. Ma non dobbiamo dimenticare che Dio, volendo dare agli uomini un’idea delle cose celesti, fa uso di comparazioni tratte dal linguaggio degli uomini e delle cose terrene, così che questa figura della città celeste deve essere ammessa solo come figura, o per la sua forma, o per la sua estensione, o per i materiali di cui è costruita, o, infine, per coloro che dovrebbero essere i suoi abitanti, etc.

VIII. Vers. 17. – E misurò il muro, che era di centoquarantaquattro cubiti, la misura di un uomo, che era quella dell’Angelo. Questi centoquarantaquattro cubiti di misura dell’uomo corrispondono di nuovo alle dodici tribù d’Israele che rappresentano tutti gli eletti, perché 12 x 12 = 144. E siccome questa misura è una misura d’uomo, e siccome la misura del muro non è indicata in modo tale da poterla misurare, poiché l’Apostolo non dice se deve essere misurata in altezza, o in lunghezza, o in larghezza, si deve concludere che questa misura è indicata solo per misurare i posti che gli eletti occuperanno nel recinto delle muraglie della città. Abbiamo visto, inoltre, che questa muraglia rappresenta la fede; ora, gli effetti della fede sono incommensurabili e persino infiniti. Così questa misura dell’uomo, il cui numero corrisponde così esattamente al numero delle dodici tribù d’Israele, non è indicata se non per mostrarci che tutti i posti in paradiso sono contati, misurati e conosciuti dall’eterna prescienza di Dio, che nessuno di questi posti rimarrà vuoto, e che ognuno degli eletti occuperà il suo, secondo la misura determinata di santità e di giustizia che avrà acquisito. Infine, questa misura indica un quadrato perfetto, come simbolo di perfezione.

Vers . 18. – Il muro era costruito in pietra di diaspro, ma la città era d’oro finissimo, come vetro di grande purezza. Il paragone contenuto in questo versetto è veramente ammirevole; perché, come abbiamo visto, questa muraglia della città santa rappresenta la fede. Ora, come una muraglia difende l’ingresso di una città e protegge i suoi abitanti, così la fede serve da bastione per la Chiesa e protegge i fedeli. E chi entrasse nella Chiesa altrimenti che attraverso le sue dodici porte, che sono gli Apostoli e la loro dottrina, troverebbe un muro di altezza infinita come la fede, e solido come il diaspro, che è una pietra molto dura e che rappresenta l’eternità. Abbiamo detto che questa muraglia protegge i fedeli; da qui queste parole di San Paolo (Rom. VIII, 31): « Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? » Perché Dio è per noi se abbiamo fede, secondo la promessa fatta ad Abramo, il padre dei credenti (Gen. XVII, 7): « Io stabilirò la mia alleanza con te e, dopo di te, con i tuoi discendenti, per tutte la loro generazioni, con un’alleanza eterna; affinché Io sia il tuo Dio e il Dio dei tuoi discendenti dopo di te. » Allora la fede ci dà la speranza di cose celesti e infinite. Ecco perché si dice che questo muro è fatto di diaspro, che è una pietra preziosa, di un colore verdastro, le cui sfumature variano estremamente, perché il verde è il colore della speranza, e questo colore verdastro del diaspro, che varia estremamente, è di nuovo una figura di speranza di cose celesti ed infinite. Ma non è tutto: la fede ci conduce all’amore di Gesù Cristo, ed è in questo che diventa una muraglia impenetrabile per i nemici ed infinitamente potente per proteggere i fedeli, secondo San Paolo (Rom. VIII, 35): « Chi dunque ci separerà dall’amore di Gesù Cristo? L’afflizione, l’angoscia, la fame, la nudità, il pericolo, la persecuzione o la spada. Come sta scritto: siamo ogni giorno consegnati alla morte per causa tua; siamo considerati come pecore da macello. Ma in mezzo a tutti questi mali noi vinciamo per la virtù di colui che ci ha amato. Perché io sono sicuro che né la morte né la vita, né gli angeli, né i principati, né le potenze, né le cose presenti né quelle future, né la violenza, né tutto ciò che è di più alto o di più profondo, né qualsiasi altra creatura, potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù nostro Signore. » Così la fede, che ci dà speranza e ci conduce all’amore di Gesù Cristo, diventa uno scudo e persino una muraglia impenetrabile ai nemici, e infinitamente potente per proteggere i fedeli. E il muro fu costruito di diaspro, cioè di una sola pietra, per rappresentare l’unità della fede. Di diaspro, cioè di pietra molto dura, per rappresentare la fermezza, l’invariabilità, la solidità e la perpetuità della fede. E la fede cristiana è paragonata ad una muraglia, perché, come il muro di una città ne forma il recinto, così la fede in Gesù Cristo è come il recinto che racchiude l’amore di Dio e del prossimo. Poi, come la carità è una virtù più grande della fede e della speranza, rappresentata dal diaspro, secondo San Paolo, (I. Cor. XIII, 13): « Fede, speranza e carità ora rimangono; esse sono tre; ma la più grande delle tre è la carità. » Così San Giovanni, dopo aver paragonato la fede e la speranza al muro di diaspro che circonda la città, rappresenta la carità con la città stessa, volendo farci intendere la superiorità di questa virtù sulle altre due; e aggiunge: Ma la città era d’oro finissimo, come vetro di grande purezza. Così la fede e la speranza sono inferiori alla carità, come il muro di una città è inferiore alla città stessa. Dobbiamo fare attenzione a non applicare questa osservazione agli Apostoli, che hanno fondato il muro ma non sono il muro stesso. La fede e la speranza sono inferiori alla carità, soprattutto in quanto le prime due scompariranno, mentre la seconda rimarrà in eterno. E anche se la fede e la speranza devono scomparire, San Giovanni ha fatto bene a lasciare in piedi il muro che le rappresenta, perché questo muro separerà i buoni dai cattivi per tutta l’eternità, proprio come li ha separati nel tempo. Poiché è scritto: « E le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa ». Inoltre, le pietre di questo muro sono le buone opere, e queste buone opere sono una sola pietra, perché le buone opere ne sono una sola nella fede di Gesù Cristo, e questa pietra resterà in piedi per sempre, perché è scritto, Apoc. XIV, 13: « Beati coloro che muoiono nel Signore. D’ora in poi, dice lo Spirito, si riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono. » Infine, il muro di una città può essere visto da lontano, soprattutto se è grande; per questo la Chiesa è paragonata a una città. Infatti la Chiesa è visibile a tutti attraverso i quattro segni che la distinguono. 1° Poiché la Chiesa è una, cattolica, apostolica e santa, come la città di cui si tratta. Infatti, questa città celeste sarà una sola, poiché tutti i beati vi saranno riuniti in Dio. 2° Essa sarà cattolica, perché tutti, nel corso delle età, vi avranno avuto accesso. 3°. Sarà apostolica, perché è detto: Il muro della città aveva dodici fondamenta e su di esse i dodici nomi degli Apostoli dell’Agnello. 4. Infine, sarà santa, perché è detto: E io, Giovanni, vidi la città santa scendere dal cielo. Ma la città era d’oro finissimo, come vetro di grande purezza.  Si sa che l’oro rappresenta la carità, e questa carità dei beati sarà come l’oro più fine e più puro, poiché è detto al versetto 27 dello stesso capitolo, parlando di questa città: Niente di impuro entrerà in essa. – La città era simile a del vetro di grande purezza. Abbiamo visto, nel corso di quest’opera, che il Battesimo è paragonato ad un mare di vetro; così questo passaggio è una conferma di ciò che Gesù Cristo ci dice nel Vangelo sulla necessità assoluta del battesimo per purificarci (Jo. III, 5): « In verità, in verità vi dico che se uno non nasce da acqua e da Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio. »

IX. Vers. 19. – E le fondamenta della muraglia della città erano ornate con ogni sorta di pietre preziose. La prima fondazione era di diaspro, la seconda di zaffiro, il terzo di calcedonio, il quarto di smeraldo.

Vers. 20. – E il quinto di sardonico, il sesto di sardio, il settimo di crisolito, l’ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisoprasio, l’undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. Queste dodici fondamenta della muraglia, che rappresenta la fede, sono gli Apostoli. E queste fondamenta, che San Giovanni descrive, erano adornate con ogni sorta di pietre preziose, che rappresentano tutti i doni dello Spirito Santo con i quali gli Apostoli erano particolarmente arricchiti e provveduti con più abbondanza. Questi doni sono paragonati a tutti i tipi di pietre preziose secondo le qualità particolari di ciascuna di queste pietre. E come tutti gli Apostoli si distinguono tra di loro per delle qualità più o meno speciali, San Giovanni designa queste qualità di ciascuno degli Apostoli con le pietre preziose che le rappresentano. Ecco perché queste pietre sono indicate nello stesso ordine degli Apostoli stessi. Così San Pietro, che è il primo di tutti, è paragonato al diaspro, cioè alla stessa pietra di cui è costruita la muraglia della città, che è la fede.  Da qui le parole che Gesù Cristo gli rivolse quando fondò la sua Chiesa, (Matth. XVI, 18): « Io ti dico che tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. » La seconda pietra di colore blu [zaffiro] rappresenta San Paolo che è salito al terzo cielo, ecc. Queste dodici pietre preziose erano rappresentate nell’Antico Testamento dalle dodici pietre del Razionale. Un interprete parlando di queste pietre preziose dice elegantemente: La pietra preziosa è un simbolo affascinante. Le pietre di questa natura sono più durevoli del sasso e dei metalli. sfidano il tempo, sovrano distruttore di tutto ciò che è deperibile; occupano poco posto nello spazio. Esse si abbeverano della più sottile di tutte le cose inanimate, la luce, e poi la irradiano in torrenti di colori brillanti. Questa è l’immagine delle anime perfette che si abbeverano alla luce della verità eterna e che sono infiammate dal fuoco dell’amore divino.

X. Vers. 21.E le dodici porte erano dodici perle; e ogni porta era fatta di ogni perla, e il luogo della città era d’oro puro come vetro trasparente. O grandezza e potenza di Dio, quale linguaggio potrebbe mai esprimere la magnificenza e lo splendore delle vostre opere! O bellezza ineffabile della città santa, di quell’immensa Gerusalemme celeste, le cui porte saranno fatte di una sola perla, e il luogo sarà d’oro puro come vetro trasparente! Le parole di questo versetto sono particolarmente notevoli in quanto ci fanno capire che la città di cui si parla in questo capitolo è solo una figura, per cui Dio si serve di cose visibili e materiali, per darci un’idea di come sarà il paradiso, la cui gloria e felicità non saremo in grado di comprendere finché rimarremo sulla terra, poiché sta scritto (I. Cor., II, 9): « Occhio non ha visto, né orecchio ha udito, né il cuore dell’uomo ha compreso ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano.» Diciamo quindi che queste parole ci fanno capire che qui si tratta solo di una figura. Infatti, queste dodici perle rappresentano i dodici Apostoli che sono le porte della città e le fondamenta del muro, come è detto altrove. E le dodici porte erano dodici perle, cioè i dodici Apostoli secondo San Girolamo e Sant’Agostino. E il luogo della città era d’oro puro come il vetro trasparente. Come possiamo vedere, San Giovanni applica alla città le qualità che sono proprie del popolo che la comporrà, dal che dobbiamo concludere che tutte queste bellezze e questa magnificenza che egli attribuisce alla città devono essere intese in senso mistico. Le parole che seguono rendono la nostra idea ancora più sensibile, poiché San Giovanni aggiunge:

XI. Vers. 22. E non vidi alcun tempio nella città, perché il Signore Dio Onnipotente e l’Agnello sono il tempio, come gli Apostoli e tutti i Santi ne sono la città. San Giovanni ci lascia intravedere cosa queste parole sottendano. E non vidi una città, ma l’aspetto di una città, perché gli eletti sono la città stessa. San Giovanni non ha visto un tempio nella città, e perché? Perché il Signore Dio Onnipotente e l’Agnello sono il tempio. Ora, poiché Dio è immenso ed è il tempio di questa città, ne segue che questa città è in Dio come Dio è nella città, ed è così che i beati vedranno Dio così com’è. Da qui le parole di San Paolo, (1 Corinzi XIII, 12): « Noi vediamo Dio ora solo come in uno specchio e sotto immagini oscure, ma allora lo vedremo faccia a faccia. Ora lo conosco solo imperfettamente, ma allora lo conoscerò come sono conosciuto da Lui. » Ora, conoscere Dio, secondo il linguaggio della Scrittura, è godere di Lui; e godere di Dio è godere di una felicità immensa nelle sue perfezioni ed eterna nella sua durata. Questo è ciò che vediamo in queste parole: Perché il Signore Dio Onnipotente e l’Agnello sono il tempio. – Perché San Giovanni parla ora dell’Agnello, e perché dice che è anche il tempio? Ne troviamo la ragione nell’Umanità di Gesù Cristo che è l’Agnello immolato per i peccati del mondo e per la salvezza dei suoi. Ora, l’unione dell’Umanità di Gesù Cristo con i corpi dei fedeli sarà simile all’unione che esisterà tra il Signore Dio Onnipotente e le anime dei beati. E come questa unione di spiriti inizia quaggiù con la fede, è rafforzata dalla speranza e si perfeziona con la carità; così l’unione dei corpi è realmente stabilita quaggiù sotto le specie eucaristiche, e continuerà ad esistere in cielo, senza il velo della fede, e nella pienezza della felicità. E così l’Agnello sarà il tempio, secondo le parole dell’Apostolo, (II Cor. VI, 16): « Voi siete il tempio del Dio vivente, secondo quanto dice Dio stesso: Io abiterò in loro e camminerò in mezzo a loro; Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. »

XII. Vers. 23. – E la città non ha bisogno del sole o della luna per dare luce, perché la gloria di Dio la illumina e l’Agnello è la sua torcia. Questo verso è una continuazione della stessa idea, e vediamo che tutto ciò che ci ricorda gli oggetti materiali e corruttibili scompare nel contesto, per essere sostituito dall’Essere infinito stesso, che prenderà il posto di tutto, e sarà l’unico oggetto della gloria e della felicità eterna dei beati. Ed è così che la città non ha bisogno del sole o della luna per essere illuminata, perché la gloria di Dio la illumina, e l’Agnello è la sua torcia. Queste parole sono al presente, perché i Santi della Chiesa trionfante stanno già godendo di questa luce eterna. Gli stessi eletti saranno così cambiati e trasformati che i loro corpi diventeranno corpi spirituali; poiché la carne e il sangue non possono possedere il regno di Dio, e la corruzione non possiederà questa eredità incorruttibile. Potresti pensare, caro lettore, che stiamo esagerando, ma ascolta le parole dell’Apostolo che è stato elevato al terzo cielo, e capirai ancora meglio la felicità che ti aspetta se sei fedele al Signore (I. Cor. XV, 35): « Ma come risorgeranno i morti e con quale corpo ritorneranno? Insensati che siete, ciò che seminate non prende vita se non muore prima. E ciò che si semina non è il corpo stesso come deve essere un giorno, ma solo il grano, ad esempio di frumento o di qualsiasi altro seme. E Dio dà a questo grano un corpo come gli piace, e dà ad ogni seme il corpo che gli è proprio. Tutta la carne non è la stessa carne; ma altra è la carne degli uomini, altra è la carne delle bestie, altra è la carne degli uccelli, altra è la carne dei pesci. »  L’Apostolo vuole farci capire che Dio nella sua onnipotenza può anche cambiare il nostro corpo terreno in uno celeste; ecco perché continua in questi termini: « Perché ci sono anche corpi celesti e corpi terreni, ma i corpi celesti hanno una lucentezza diversa da quelli terreni. Il sole ha la sua luminosità, la luna ha la sua luminosità, e le stelle hanno la loro luminosità; e tra le stelle, una è più luminosa dell’altra. Sarà lo stesso nella resurrezione dei morti. Il corpo è ora seminato nella corruzione, ma risorgerà incorruttibile. È seminato nella vergogna e risorgerà nella gloria. È seminato nell’infermità e risorgerà nella forza. Egli è seminato nel corpo animale e risorgerà nel corpo spirituale. Come c’è un corpo animale, così c’è un corpo spirituale, come è scritto: « Adamo, il primo uomo fu creato con un’anima vivente, e il secondo Adamo fu riempito di uno spirito vivificante. » Quindi vediamo che lo stato della natura di Adamo era ben diverso da quello della nostra natura e della sua dopo il peccato; perciò l’Apostolo aggiunge: « E il secondo fu riempito di uno spirito vivente », (essendo stato rigenerato nel battesimo.) « Ma non è il corpo spirituale che è stato formato per prima; ma il corpo animale, ed in seguito quello spirituale » Così da queste ultime parole dobbiamo concludere che questo corpo animale di Adamo, sebbene dotato di un’anima vivente prima del suo peccato, non era però in uno stato così perfetto come sarà in seguito alla sua rigenerazione. Infatti l’Apostolo aggiunge: « Il primo uomo (cioè Adamo, prima del suo peccato) è quello terreno, formato dalla terra; il secondo (cioè l’uomo rigenerato) è quello celeste, che è del cielo. Ecco perché la Chiesa canta del peccato di Adamo: « 0 felix culpa quæ tantum meruit habere Redemptorem! 0 felice colpa che ci ha dato un così grande Redentore! ». Perché Dio, che sa trarre il bene dal male, vendicò l’uomo della gelosia del serpente distruggendo la sua creatura caduta e portandola in uno stato ancora più perfetto di come l’aveva creata. Poi l’Apostolo continua: « Come il primo uomo (Adamo) era terreno, così i suoi figli sono pure terreni; e come il secondo (Gesù Cristo) è celeste, così i suoi figli sono pure celesti. Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo terreno, così portiamo l’immagine dell’uomo celeste. Ora quello che voglio dire, fratelli miei, è che la carne e il sangue non possono possedere il regno di Dio, e che la corruzione non possederà l’eredità incorruttibile. Ecco un mistero che vi insegnerò: tutti risorgeremo, ma non tutti saremo cambiati (nell’immagine di Gesù Cristo). In un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba; poiché la tromba suonerà, e i morti risorgeranno incorruttibili d’ora in poi, e noi saremo cambiati (cioè, i buoni saranno cambiati nell’immagine dell’uomo celeste, che è Gesù Cristo). Perché questo corpo corruttibile deve essere rivestito di incorruttibilità, e questo corpo mortale di immortalità. E quando questo corpo mortale sarà rivestito di immortalità, allora si compirà questa parola della Scrittura: la morte è stata assorbita dalla vittoria. O morte, dov’è la tua vittoria? O morte, dov’è il tuo pungiglione? Ora, il pungiglione della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge (la legge di Dio violata). Ma grazie siano rese a Dio, che ci ha dato la vittoria per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. Perciò, miei amati fratelli, rimanete fermi e incrollabili, lavorando sempre più per l’opera del Signore, sapendo che il vostro lavoro non sarà più inutile davanti al Signore. » Riprendiamo ora il nostro testo:

XIII. Vers. 24. Le nazioni cammineranno nella sua luce, e i re della terra vi porteranno la loro gloria e il loro onore.

Vers. 25. – E le sue porte non saranno chiuse di giorno, perché non ci sarà notte in quel luogo. Oltre al fatto che questo passo segue la descrizione della Gerusalemme celeste, dove saranno rappresentate tutte le nazioni della terra, e cammineranno nella luce eterna di Dio e dell’Agnello, alla quale i re della terra porteranno la loro gloria e il loro onore; queste  parole si riferiscono al primo passo del Vangelo secondo San Giovanni, dove si parla della luce che Gesù Cristo è venuto a diffondere tra gli uomini sulla terra, per dar loro il diritto di divenire figli di Dio a tutti coloro che avrebbero ricevuto questa luce e creduto in Gesù Cristo. Ora, questa luce divina, che è venuta nel mondo, condurrà coloro che la ricevono alla Gerusalemme celeste, le cui porte non saranno chiuse di giorno, perché non ci sarà notte in quel luogo. Infatti, questa luce è eterna, e l’oscurità della notte degli errori e dei vizi non la farà mai sparire. Il resto della notte sarà inutile, perché non ci sarà nessun lavoro, nessun dolore, nessuna fatica durante il giorno dell’eternità.

XIV. Vers. 26. E la gloria e l’onore delle nazioni saranno portati ad essa, perché tutte le nazioni avranno ricevuto quella luce, la luce vera che, secondo San Giovanni, (I, 9): « Illumina ogni uomo che viene in questo mondo. » E l’onore e la gloria delle nazioni saranno coloro che, avendo ricevuto questa luce, si sono distinti dagli empi per la pratica delle virtù cristiane, e coloro che, essendo stati illuminati da questa luce, si sono allontanati dalle tenebre che non l’hanno compresa. Perché i malvagi sono la vergogna delle nazioni, come i buoni ne sono la gloria e l’onore. Così la gloria e l’onore delle nazioni saranno coloro che, secondo San Giovanni, non sono nati dal sangue, né dalla volontà della carne, né dalla volontà dell’uomo, ma da Dio stesso.  In una parola, la gloria e l’onore delle nazioni saranno le pecore che hanno seguito il buon pastore nell’ovile della Chiesa, seguendo la sua luce, ascoltando la sua voce e vivendo della sua vita, secondo le parole di Gesù, (Jo, XIV. 6). « Io sono la via, la verità e la vita: nessuno viene al Padre se non per mezzo di me ». Così tutti coloro che non hanno conosciuto e praticato la dottrina di Gesù Cristo sulla terra non saranno ammessi nella città celeste. Poiché:

XV. Vers. 27.Non vi entrerà nulla di impuro, né alcuno di coloro che commettono abominazioni e falsità, ma solo coloro che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello. – Perciò non ci sarà notte in quel luogo, né la notte del vizio, né la notte dell’errore, perché nulla di impuro vi entrerà, né alcuno di coloro che commettono abominio e falsità. Ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello, cioè quelli che hanno vissuto della sua vita; « perché in lui era la vita », dice San Giovanni, (I, 4): « E la vita era la luce degli uomini. » E tutti coloro che hanno conosciuto questa luce dell’Agnello e hanno vissuto della sua vita nel tempo, godranno della sua luce e vivranno della sua vita nell’eternità. E allora i loro stessi corpi saranno cambiati in corpi spirituali, secondo San Paolo, e questi corpi avranno impassibilità, la chiarezza, l’agilità e la sottigliezza. 1º Questi corpi saranno impassibili, perché non saranno mai più soggetti ad alcuna sofferenza; perché « Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non ci sarà più la morte, né lutto, né pianto, né dolore, perché il primo stato è finito. » 2º Questi corpi possiederanno la chiarezza, poiché saranno la città che Dio abiterà, e Dio sarà il tempio e il sole di questa città. (Apoc. XXI, 22): « E non vidi alcun tempio nella città, perché il Signore Dio Onnipotente e l’Agnello sono il tempio. E la città non ha bisogno del sole, né della luna che le dia luce, perché la gloria di Dio risplende su di essa, e l’Agnello è la sua torcia. E le sue porte non saranno chiuse di giorno, perché non ci sarà notte in quel luogo. » – 3º Questi corpi avranno l’agilità; perché la loro vita sarà secondo la luce che li illuminerà; e poiché questa luce è immensa, la loro vita sarà nell’immensità di questa luce. E questa luce li condurrà e li illuminerà nell’immensità della vita di Dio, che potranno vedere e contemplare faccia a faccia, senza alcun ostacolo. Da qui queste parole: « Le nazioni cammineranno nella sua luce ». Così gli spazi non li fermeranno, dato che non ci saranno più limiti, e il tempo non li riterrà, perché non ci sarà più il tempo. 4 ° Perciò possederanno la sottigliezza, poiché non sperimenteranno più gli ostacoli che possono impedire loro di godere della gloria e della felicità infinita della luce eterna. – Da quanto abbiamo appena visto nel corso di questo capitolo, l’uomo può dare libero sfogo alla sua immaginazione finché gli piace, ma non riuscirà mai, finché è sulla terra, a immaginare la realtà della felicità che gli è riservata se ama Dio suo Creatore, perché è scritto, (I Corinzi II, 9): « Occhio non ha visto, né orecchio ha mai udito, né il cuore dell’uomo ha mai compreso ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano. ». Possiamo trovare paragoni più toccanti e magnifici di quelli usati da San Giovanni per descrivere le delizie della gloria eterna? Certamente no. Se l’Apostolo ha fatto ricorso a immagini sensibili per istruirci, è perché ha dovuto parlare l’unico linguaggio possibile per essere compreso dagli uomini. E quando la felicità e la gloria del paradiso non consistono che nel possesso di ciò che le nostre facoltà intellettuali ci permettono di concepire più perfettamente della realizzazione di questa figura, quale uomo, comprendendo bene i suoi interessi più cari, non sacrificherebbe tutti i beni del mondo e sopporterebbe tutti i tormenti del tempo, per essere ammesso un giorno nel numero dei cittadini di questa Gerusalemme celeste? Cosa sono le ricchezze, gli onori e i piaceri della terra in confronto alle delizie di questa città? Eppure, per quanto la magnificenza e lo splendore di questa città possano apparire ai nostri occhi mortali, dopo tutto è solo un’immagine. Ora, se c’è già una differenza estrema tra un uomo e il suo ritratto, tra una luce e l’ombra che ne deriva, tra il giorno e la notte, che differenza ci sarà tra i beni del cielo e quelli della terra, tra la realtà di questi beni e la loro figura, tra la verità e l’espressione, tra il tempo e l’eternità? Questa differenza è espressa in una sola parola; ma né i secoli né gli spazi possono contenere la sua realtà. perché questa realtà è l’infinito.

§ III.
Il fiume d’acqua viva.


CAPITOLO XXII

Et ostendit mihi fluvium aquæ vitæ, splendidum tamquam crystallum, procedentem de sede Dei et Agni. In medio plateæ ejus, et ex utraque parte fluminis, lignum vitæ, afferens fructus duodecim per menses singulos, reddens fructum suum et folia ligni ad sanitatem gentium. Et omne maledictum non erit amplius: sed sedes Dei et Agni in illa erunt, et servi ejus servient illi. Et videbunt faciem ejus: et nomen ejus in frontibus eorum. Et nox ultra non erit: et non egebunt lumine lucernæ, neque lumine solis, quoniam Dominus Deus illuminabit illos, et regnabunt in sæcula sæculorum. Et dixit mihi: Hæc verba fidelissima sunt, et vera. Et Dominus Deus spirituum prophetarum misit angelum suum ostendere servis suis quæ oportet fieri cito. Et ecce venio velociter. Beatus, qui custodit verba prophetiæ libri hujus. Et ego Joannes, qui audivi, et vidi hæc. Et postquam audissem, et vidissem, cecidi ut adorarem ante pedes angeli, qui mihi hæc ostendebat: et dixit mihi: Vide ne feceris: conservus enim tuus sum, et fratrum tuorum prophetarum, et eorum qui servant verba prophetiæ libri hujus: Deum adora. Et dicit mihi: Ne signaveris verba prophetiae libri hujus: tempus enim prope est. Qui nocet, noceat adhuc: et qui in sordibus est, sordescat adhuc: et qui justus est, justificetur adhuc: et sanctus, sanctificetur adhuc. Ecce venio cito, et merces mea mecum est, reddere unicuique secundum opera sua. Ego sum alpha et omega, primus et novissimus, principium et finis. Beati, qui lavant stolas suas in sanguine Agni: ut sit potestas eorum in ligno vitae, et per portas intrent in civitatem. Foris canes, et venefici, et impudici, et homicidae, et idolis servientes, et omnis qui amat et facit mendacium. Ego Jesus misi angelum meum testificari vobis haec in ecclesiis. Ego sum radix, et genus David, stella splendida et matutina. Et spiritus, et sponsa dicunt: Veni. Et qui audit, dicat: Veni. Et qui sitit, veniat: et qui vult, accipiat aquam vitæ, gratis. Contestor enim omni audienti verba prophetiæ libri hujus: si quis apposuerit ad hæc, apponet Deus super illum plagas scriptas in libro isto. Et si quis diminuerit de verbis libri prophetiae hujus, auferet Deus partem ejus de libro vitæ, et de civitate sancta, et de his quae scripta sunt in libro isto: dicit qui testimonium perhibet istorum. Etiam venio cito: amen. Veni, Domine Jesu. Gratia Domini nostri Jesu Christi cum omnibus vobis. Amen.

[E mi mostrò un fiume di acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. Nel mezzo della sua piazza, e da ambe le parti del fiume l’albero della vita che porta dodici frutti, dando mese per mese il suo frutto, e le foglie dell’albero (sono) per medicina delle nazioni. Né vi sarà più maledizione: ma la sede di Dio e dell’Agnello sarà in essa, e i suoi servi lo serviranno. E vedranno la sua faccia: e il suo nome sulle loro fronti. Non vi sarà più notte: né avranno più bisogno di lume di lucerna, né di lume di sole, perché il Signore Dio li illuminerà, e regneranno pei secoli dei secoli. E mi disse: Queste parole sono fedelissime e vere. E il Signore Dio degli spiriti dei profeti ha spedito il suo Angelo a mostrare ai suoi servi le cose che devono tosto seguire. Ed ecco io vengo presto. Beato chi osserva le parole della profezia di questo libro. Ed io Giovanni (sono) quegli che udii e vidi queste cose. È quando ebbi visto e udito, mi prostrai ai piedi dell’Angelo, che mi mostrava tali cose, per adorarlo: E mi disse: Guardati di far ciò: perocché sono servo come te, e come i tuoi fratelli i profeti, e quelli che osservano le parole della profezia di questo libro: adora Dio. E mi disse: Non sigillare le parole della profezia di questo libro: poiché il tempo è vicino. Chi altrui nuoce, noccia tuttora: e chi è nella sozzura, diventi tuttavia più sozzo: e chi è giusto, sì faccia tuttora più giusto: e chi è santo, tuttora si santifichi. Ecco io vengo tosto, e porto con me, onde dar la mercede e rendere a ciascuno secondo il suo operare. Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine. Beati coloro che lavano le loro stole nel sangue dell’Agnello: affine d’aver diritto all’albero della vita e entrar per le porte nella città. Fuori ì cani, e i venefici, e gli impudichi, e gli omicidi, e gl’idolatri, e chiunque ama e pratica la menzogna. Io Gesù ho spedito il mio Angelo a testificarvi queste cose nelle Chiese. Io sono la radice e la progenie di David, la stella splendente del mattino. E lo Spirito e la sposa dicono: Vieni. E chi ascolta, dica: Vieni. E chi ha sete, venga: e chi vuole, prenda dell’acqua della vita gratuitamente. Poiché protesto a chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro, che se alcuno vi aggiungerà (qualche cosa), Dio porrà sopra di lui le piaghe scritte in questo libro. E se alcuno torrà qualche cosa delle parole della profezia di questo libro, Dio gli torrà la sua parte dal libro della vita, e dalla città santa, e dalle cose che sono scritte in questo libro. Dice colui che attesta tali cose: Certamente io vengo ben presto: così sia. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo con tutti voi. Così sia.]

I. Vers. 1. – E mi mostrò un fiume d’acqua viva, limpida come il cristallo, che usciva dal trono di Dio e dell’Agnello. L’Angelo delle piaghe che ha mostrato a San Giovanni la Gerusalemme celeste, ora gli mostra un fiume di acqua viva. Questo fiume, secondo Sant’Ambrogio (Lib. III, De Spiritu Sancto, cap. XXI), significa lo Spirito Santo, fonte di ogni grazia, di ogni gloria e di ogni felicità. Secondo altri interpreti, questo fiume rappresenta l’abbondanza di doni e di consolazioni celesti di cui i Santi saranno inondati. Queste interpretazioni sono uguali nella sostanza, anche se sembrano differire nella forma. Infatti, nel mistero della Santissima Trinità, il Padre è la volontà e l’Onnipotenza, il Figlio è il Verbo, espressione della volontà e mano destra dell’onnipotenza del Padre, Onnipotente Egli stesso, e lo Spirito Santo è l’amore in unione con il Padre e il Figlio. Queste tre Persone, che non devono essere confuse l’una con l’altra, sono ugualmente perfette, perché hanno la stessa sostanza e sono un solo ed unico Dio, così che ciascuna delle tre Persone divine possiede in sé tutte le perfezioni delle altre. Ma noi sappiamo, e il nostro testo ce lo dice, sappiamo, diciamo, che è per mezzo dello Spirito Santo che la gloria e la felicità eterna sono comunicate ai Santi in cielo, così come è lo Spirito Santo che ci rende partecipi dei doni di Dio sulla terra. Perciò gli eletti, che sono stati chiamati dal Padre, giustificati dal Figlio e rigenerati dallo Spirito Santo nelle acque del Battesimo, saranno inondati dal fiume di acqua viva che procede dal trono di Dio Padre Onnipotente e dell’Agnello Gesù Cristo, generato dal Padre e seduto alla sua destra. Così questo passo dell’Apocalisse è un’ammirevole conferma del dogma della Chiesa Cattolica, e allo stesso tempo una condanna dell’errore della Chiesa greca, riguardante la processione dello Spirito Santo. Perché è espressamente detto che questo fiume d’acqua viva, figura dello Spirito Santo, è uscito non solo dal trono di Dio Padre, ma anche dall’Agnello Gesù Cristo sacrificato per i peccati del mondo. –  ….. E mi mostrò un fiume di acqua viva, limpido come il cristallo. Quando San Giovanni parla dei fedeli, (capitolo IV, 6), li paragona ad un mare trasparente come il vetro e simile al cristallo; e quando parla del fiume di acqua viva che alimenterà questo mare, non solo paragona questo fiume al vetro, ma dice anche che quest’acqua viva del fiume è essa stessa chiara come il cristallo. Perché questa differenza? È per farci capire che quest’acqua viene o procede dalla sua fonte divina, pura come il cristallo, per alimentare questo mare degli eletti, cioè la nostra umanità, che diventa trasparente come il vetro dalle acque del Battesimo, e sarà come il cristallo, cioè simile alla divinità, con le acque di gloria e felicità del fiume d’acqua viva che procede eternamente dal trono di Dio Padre e dell’Agnello Gesù Cristo per abbeverare gli eletti nel tempo e nell’eternità. Questo fiume di acqua viva renderà dunque gli eletti puri come il cristallo, cioè come Dio, come sta scritto (I. Jo., III, 2): « Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando Egli si manifesterà, noi saremo come Lui, perché lo vediamo come è. E chi ha questa speranza in Lui, diventa santo, come santo è Dio stesso. » – Come possiamo vedere, la purezza di Dio è paragonata a quella del cristallo, e la purezza dei Santi è pure paragonata a quella di un vetro trasparente. Ora questo vetro sarà puro e trasparente, perché gli eletti saranno senza macchia; e questo vetro sarà di una purezza simile a quella del cristallo, perché la purezza dei Santi sarà simile a quella di Dio stesso. Pertanto, i Santi che hanno imitato Gesù Cristo sulla terra diventeranno come Dio stesso attraverso la gloria e la felicità di cui saranno inondati in cielo, dal fiume di acqua viva che viene dal trono di Dio e dell’Agnello, cioè, come abbiamo detto sopra, dallo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. Così, Dio userà il fiume di acqua viva per colmare i Santi della sua gloria e felicità, così come usa le acque del Battesimo per rigenerarli con lo Spirito Santo. E siccome tutti questi doni di grazia, di gloria e di felicità celeste ci vengono comunicati dallo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio, comprendiamo perché Gesù Cristo, istituendo il Sacramento della rigenerazione, disse ai suoi Apostoli (Matth. XXVIII, 18): « Mi è stata data ogni autorità in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. »

II. Questo fiume d’acqua viva rappresenta anche la visione beatifica, secondo queste parole del salmista, Ps. XLV, 4: « Un fiume con il suo corso impetuoso inonda la città di Dio con gioia. L’Altissimo ha santificato il suo tabernacolo: Dio è in mezzo alla città santa. » E altrove: Sal. XXXV, 8: « Signore, i figli degli uomini saranno pieni di speranza sotto l’ombra delle tue ali. Si inebrieranno dell’abbondanza della tua casa, li nutrirai con il flusso delle tue delizie; perché in te è la fonte della vita, e nella tua luce vedremo la luce. »Sal. XXXVI: « Guardatevi dall’imitare i malvagi, e non invidiate quelli che commettono iniquità, perché appassiranno rapidamente come il fieno, e seccheranno rapidamente come le erbe dei prati. Riponi la tua speranza nel Signore e fai il bene, e allora dimorerai sulla terra e sarai nutrito con le sue ricchezze. Deliziatevi nel Signore, ed Egli realizzerà i desideri del vostro cuore. Scopri le tue vie al Signore, spera in Lui ed Egli agirà. Egli farà risplendere la vostra giustizia come luce, e farà risplendere la vostra innocenza come il mezzogiorno. » Ascoltiamo Isaia, LXVI, 12: « Questo è ciò che dice il Signore. Farò scorrere su Gerusalemme un fiume di pace; riverserò su di essa la gloria delle nazioni come un torrente straripante. Gerusalemme vi nutrirà con il suo latte, vi stringerà al suo seno e vi accarezzerà sulle sue ginocchia. Come una madre consola il suo bambino, così io vi consolerò e sarete consolati a Gerusalemme. Vedrete queste cose, e il vostro cuore si rallegrerà; le vostre stesse ossa ricresceranno forti come l’erba. ». Termineremo la spiegazione di questo passaggio con le ben rimarchevoli parole che troviamo nel Vangelo della Samaritana. Queste parole alludono anche al fiume di acqua viva, e di conseguenza contengono un’ulteriore conferma della processione dello Spirito Santo secondo il dogma cattolico, e un ulteriore chiarimento della questione che stiamo trattando. Ecco questo Vangelo (Jo. IV, 7): « Allora venne una donna di Samaria ad attingere acqua. Gesù le disse: Dammi da bere. Infatti, i suoi discepoli erano andati in città per comprare del cibo. La donna gli disse: Come puoi tu, giudeo, chiedere da bere a me, donna samaritana? Perché i Giudei non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le rispose: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice: Dammi da bere, avresti potuto chiedergli la stessa cosa ed Egli ti avrebbe dato acqua viva. La donna gli disse: Signore, voi non avete un recipiente da cui attingere e il pozzo è profondo; da dove prendereste quest’acqua viva? Siete forse più grande di Giacobbe nostro padre, che ci ha dato questo pozzo e ne ha bevuto lui stesso, così come i suoi figli e le sue greggi? Gesù le disse: Chiunque beve quest’acqua avrà ancora sete, ma chi beve l’acqua che io gli darò non avrà mai più sete. Ma l’acqua che Io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che zampillerà per la vita eterna. » Chi non riconosce in queste ultime parole il fiume d’acqua viva di cui parliamo; e qual è la fonte da cui l’acqua può sgorgare alla vita eterna, se non lo Spirito Santo, che è Dio, infinitamente perfetto, e che procede dal Padre e dal Figlio?

III. Vers. 2. – In mezzo alla piazza della città, ai due lati del fiume, c’era l’albero della vita, che porta dodici frutti e dà i suoi frutti ogni mese, e le foglie dell’albero guariranno le nazioni. Queste parole hanno un significato difficile, diremmo addirittura impenetrabile, poiché contengono i grandi misteri della Santa Trinità, dell’Incarnazione e della Redenzione. Senza voler dunque cercare inutilmente di scrutare verità così profonde che nessun mortale può comprendere, ci limiteremo a dimostrare come questo enigma contenga in sé verità così grandi:  Al centro della piazza della città, su entrambi i lati del fiume, c’era l’albero della vita. Come il fiume di acqua viva menzionato nel versetto precedente allude al fiume del paradiso terrestre menzionato nella Genesi, così l’albero della vita menzionato qui ricorda anche l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. E aggiungeremo anche che tutto il passo che citeremo da questo primo libro della Scrittura, è un tipo e una figura sensibile della città santa che abbiamo appena descritto. È riportato in Genesi, (II, 7): « Così il Signore formò l’uomo dall’argilla della terra ed effuse sul suo volto il soffio della vita, e l’uomo divenne vivo e vitale. Ora il Signore Dio aveva piantato fin dal principio un delizioso giardino, nel quale mise l’uomo che aveva creato. Il Signore aveva anche prodotto dalla terra ogni sorta di alberi, belli alla vista e il cui frutto era piacevole al gusto; e pose l’albero della vita in mezzo al paradiso, con l’albero della conoscenza del bene e del male. In questo luogo di delizie, uscì un fiume per irrigare il paradiso, etc. » Come possiamo vedere, questo delizioso giardino ci offre più o meno le stesse circostanze che troviamo nella Gerusalemme celeste. La prima è per il corpo animale ciò che la città santa è per il corpo spirituale di cui parla San Paolo. Questo giardino era un luogo di delizie per il corpo animale, e la Gerusalemme celeste sarà una dimora di felicità e gloria per il corpo spirituale. L’uomo è stato creato nel paradiso terrestre con un’anima viva; in cielo sarà riempito di uno spirito vivificante. Il primo uomo è quello terreno, formato dalla terra, dice San Paolo; il secondo è quello celeste, che viene dal cielo. Nel paradiso terrestre, c’era l’albero della vita, che doveva rendere incorruttibile il corpo corruttibile del primo uomo; ma c’era anche l’albero della conoscenza del bene e del male, che diede la morte all’anima e poi al corpo dei nostri primi genitori, quando disubbidirono a Dio, mangiando il frutto proibito. In cielo, ci sarà anche un albero della vita, ma quanto diverso da quello del giardino dell’Eden! Questo era materiale e terreno, questo è spirituale e divino. L’uno era destinato a preservare la vita del corpo, l’altro preserverà la vita del corpo e dell’anima. Il terrestre, tuttavia, non ha impedito al corpo umano di perire, il celeste distruggerà il male alla sua fonte e lo renderà impossibile; perché come il primo poteva conservare solo il corpo, il secondo conserverà l’anima, e le ridarà la vita nel tempo, in modo da rendere immortali nell’eternità sia il corpo che l’anima. Così la virtù di questo albero divino è infinitamente superiore a quella dell’albero terrestre, poiché non solo conserva i corpi viventi, ma salverà anche ciò che era perito, restituirà la vita ai corpi e li renderà incorruttibili, restituirà la grazia alle anime e le renderà impeccabili. Perché, secondo San Paolo, « questo corpo corruttibile deve essere rivestito di incorruttibilità, e questo corpo mortale di immortalità. E dopo che questo corpo di morte sarà stato rivestito di immortalità, questa parola della Scrittura si compirà: «la morte è stata assorbita nella vittoria: » la vittoria dell’anima sul corpo, la vittoria della vita sulla morte, la vittoria dell’albero della vita sull’albero della morte; e allora questo albero della morte, l’albero della conoscenza del bene e del male, non esisterà più in cielo, dove i Santi godranno di tutti beni, senza paura o possibilità o mescolanza di alcun male. Da qui le parole di San Paolo, (1 Cor. XV, 55), che alludono all’albero della vita, l’albero della vita eterna, e anche all’albero della morte, l’albero della conoscenza del bene e del male: « O morte, dov’è la tua vittoria? O morte, dov’è il tuo pungiglione? Ora il pungiglione della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge. » La legge di Dio violata, la legge che proibiva all’uomo di mangiare il frutto proibito. Poi San Paolo aggiunge subito queste parole rimarchevoli, in quanto coincidono perfettamente con il nostro testo: « Ma grazie a Dio, che ci ha dato la vittoria per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. » Così è dunque Gesù Cristo questo albero della vita, l’albero della vita eterna, di cui il primo, quello del paradiso terrestre era il tipo. E questo albero è anche la vite di cui si parla in San Giovanni XV: « Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo.  Egli taglierà tutti i rami che non portano frutto in me, e emenderà con la mortificazione cristiana tutti quelli che portano frutto, affinché portino ancor più frutto. Voi già siete puri a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e Io in voi. Come il tralcio della vite non può portare frutto da solo, se non rimane unito alla vite, così è per voi se non rimanete in me. Io sono la vite e voi i tralci. Chi rimane in me, e Io in lui, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla. Se qualcuno non rimane in me, sarà gettato via come un tralcio e appassirà, sarà raccolto e lo si getterà nel fuoco e ivi sarà bruciato. » – Come possiamo vedere, Gesù Cristo si paragona a una vite, e tutti i fedeli, dice, sono i tralci di questa vite senza i quali non possono fare nulla. I rami che rimangono attaccati alla vite portano molto frutto. Vedremo presto quali saranno questi frutti.

IV. In mezzo alla piazza della città, su entrambi i lati del fiume, c’era l’albero della vita, che porta dodici frutti e dà i suoi frutti ogni mese, e le foglie dell’albero guariranno le nazioni. Abbiamo visto nel capitolo precedente, che i fedeli credenti formeranno la piazza della città santa, e che questa piazza della città sarà d’oro puro come vetro trasparente. Ora, è al centro della piazza, cioè al centro dei fedeli, che sarà l’albero della vita di cui ci parla San Giovanni. E questo albero era su entrambi i lati del fiume. Come può essere che solo un albero sia posto su ciascuna delle due parti di un fiume? Questo può essere spiegato da ciò che sappiamo della processione dello Spirito Santo nel mistero della Santa Trinità, e soprattutto dalle parole del versetto precedente, in cui vediamo che questo fiume è uscito dal trono di Dio, e anche dall’Agnello, cioè dall’albero stesso di Gesù Cristo, che è la sua fonte. Inoltre, questo passaggio si spiega con il mistero dell’Incarnazione, che ci insegna che il Figlio di Dio si è rivestito della nostra umanità, in modo da essere Dio e uomo allo stesso tempo. Ora, come questo fiume di acqua viva sgorga dalla divinità del Padre e del Figlio, per fecondare l’umanità che Gesù Cristo rappresenta, essendo diventato Egli stesso uomo; ne consegue che questo fiume scorre tra due rive, alle estremità di ciascuna delle quali è posto l’albero della vita, Gesù Cristo, poiché Egli appartiene a queste due parti principali del fiume, la fonte e la foce, essendo Dio e uomo insieme. Come Dio, è la sorgente stessa del fiume, e come uomo e capo della Chiesa, ne è la foce. Possiamo trovare un paragone più ammirevole per rappresentarci, in due parole, l’unione delle tre Persone della Santa Trinità, e allo stesso tempo l’unione della Divinità con l’umanità? È nello stesso senso che la Chiesa termina le sue orazioni; poiché si rivolge a Dio Padre Onnipotente, per ottenere tutti i beni attraverso Nostro Signore Gesù Cristo, che vive e regna con il Padre in unione con lo Spirito Santo. Tanto per i misteri della Santa Trinità, dell’Incarnazione e anche della Redenzione. Ma quest’ultimo mistero è espresso ancora più chiaramente dalle parole che seguono:

V. In mezzo alla piazza… c’era l’albero della vita, che porta dodici frutti e dà i suoi frutti ogni mese, e le foglie dell’albero guariranno le nazioni. Chi non riconoscerà in queste ultime parole la santissima Eucaristia, che riassume tutto il piano della Redenzione divina e ci offre un quadro completo di tutta la storia dell’umanità, dall’uomo caduto nel paradiso terrestre all’uomo rigenerato nella Gerusalemme celeste. Infatti, abbiamo visto che Gesù Cristo si paragona a una vite di cui i fedeli sono i tralci, e che questi tralci, per portare molto frutto, devono rimanere attaccati alla vite. « Io sono la vite e voi siete i tralci. Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla. » Come fa ora Gesù Cristo a rimanere in noi e noi in Lui? Questo è ciò che ci spiega nel Vangelo, quando ci dice (Jo. VI, 51): « Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno; e il pane che Io darò per la vita del mondo è la mia carne. I Giudei, dunque, disputavano tra di loro, dicendo: Come può quest’uomo darci la sua carne da mangiare? E Gesù disse loro: In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e Io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è davvero carne e il mio sangue è davvero bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e Io in lui. Come vive il Padre mio che mi ha mandato, e Io vivo a causa del Padre mio, così chi mangia me vivrà a causa mia. Questo è il pane che è sceso dal cielo. Non è come la manna che mangiarono i vostri padri e che non impedì loro di morire. Chi mangia questo pane vivrà eternamente. » Ora confrontiamo queste ultime parole del Vangelo che abbiamo appena citato con quelle del nostro testo, e vedremo se questo pane di vita non è lo stesso delle foglie dell’albero che devono guarire le nazioni.

VI. In mezzo alla piazza della città … c’era l’albero della vita…; e le foglie dell’albero sono per guarire le nazioni. Questo paragone delle foglie è mirabilmente scelto per rappresentare la santissima Eucaristia, che è il pane di vita sceso dal cielo per dare la vita eterna agli eletti. Infatti: 1° La foglia di un albero si forma dalla sua sostanza. 2° L’albero che produce la foglia è vivo, ed è la linfa dell’albero che dà vita alla foglia. 3° La foglia di un albero è composta da due sostanze principali che sono le membrane e la linfa. 4° La foglia si stacca dall’albero. 5° Serve da ombra per riparare l’uomo. 6° Il vento la porta via e si sparge sul terreno. 7° Nel rigore dell’inverno l’albero non produce più foglie. 8° Le foglie di certi alberi sono eccellenti rimedi in medicina. 9° Le foglie sono sollevate dall’albero e scendono sulla terra. 10° Se il ramo è secco, non produce più foglie. 11° La foglia che cade ai piedi dell’albero serve, secondo le leggi della natura, a nutrirlo. Ora, queste sono precisamente le caratteristiche della Santissima Eucaristia. Ed infatti: 1°. La santissima Eucaristia è composta dalla sostanza stessa dell’albero della vita che è Gesù Cristo. 2°. Gesù-Cristo è vivente; quando Egli istituì la santa Eucarestia e quando pronunziò quelle parole per sempre memorabili: « Questo è il mio corpo, etc. », il pane che viene distribuito ai fedeli sotto forma di ostie, simile nella forma alle foglie di un albero, questo pane, diciamo, è stato cambiato in Gesù Cristo stesso e vivificato dalla linfa del suo prezioso sangue, un mistero adorabile che viene riprodotto ogni giorno sui nostri altari per la virtù della stessa parola di Dio « Fate questo in memoria di me » e anche perché Egli è il sacerdote eterno secondo l’ordine di Melchisedec. 3° Questo pane contiene due sostanze che sono la Divinità e l’Umanità, e contiene anche, sotto quest’ultimo aspetto, due sostanze essenziali che sono l’anima e il corpo; infine, sotto la sostanza del corpo ci sono due sostanze distinte, che sono il corpo e il sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. 4° La Chiesa dà a questo pane una forma più o meno simile a quella di una foglia d’albero perché possa essere più opportunamente distribuito ai fedeli. 5°. Gesù Cristo ci fa come ombra nella santissima Eucaristia, e ci protegge dal fuoco delle passioni. 6° È soprattutto con il vento delle persecuzioni che le foglie di questo albero si diffondono sulla terra, come ci mostra la storia della Chiesa. 7°. Nei rigori dell’inverno, cioè nelle regioni fredde che l’assenza del sole della fede rende aride, e anche nei periodi di grande siccità, questo albero produce poco o nulla in foglie. 8°. La santissima Eucaristia è il rimedio per eccellenza, perché guarisce e conserva il corpo e l’anima per l’eternità. 9°. Queste foglie cadono sulla terra da una grande altezza, perché sono il pane della vita che è sceso dal cielo. 10° I rami che sono stati separati dall’albero a causa delle eresie sono secchi e non producono più foglie. 11°. Infine, la foglia che cade ai piedi dell’albero per essere messa in bocca ai fedeli diventa feconda, perché i fedeli che si nutrono della santissima Eucaristia a loro volta nutrono l’albero della vita con la carità, che è il sacrificio di se stessi per la gloria di Gesù Cristo e la salvezza del prossimo, secondo il significato di questa parola: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare, etc. » Infine, se il fedele muore con questa foglia divina, sarà unito all’albero, che è Gesù Cristo, per l’eternità, secondo quest’altro detto: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e Io in lui. »

VII. Nel mezzo della piazza della città … era l’albero della vita che porta dodici frutti e dà i suoi frutti ogni mese; e le foglie dell’albero guariranno le nazioni.  1 ° Va notato che queste parole sono messe al presente, perché si applicano al tempo presente e anche all’eternità. E le foglie dell’albero della vita guariranno le nazioni. Questo passaggio significa che queste foglie, dopo aver guarito le nazioni nel tempo, daranno loro la vita per il tempo e per l’eternità. 2° L’albero della vita che porta dodici frutti e dà i suoi frutti ogni mese. Questi dodici frutti ci mostrano le qualità infinitamente preziose di questo albero della vita, la cui virtù celeste e divina guarirà tutti i fedeli credenti attraverso le epoche della Chiesa per il tempo e l’eternità. Infatti, questi dodici frutti corrispondono per il numero alle dodici tribù d’Israele che rappresentano l’universalità dei fedeli; poi questi dodici frutti si riferiscono anche ai dodici mesi dell’anno, e ancora alle dodici ore del giorno dell’esistenza del mondo. Così che troviamo in questa mirabile figura due pensieri infinitamente profondi, che sono l’immensità e l’eternità di Dio. Diciamo l’immensità, poiché un solo frutto di questo albero può guarire e nutrire tutti i credenti sia per il tempo che per l’eternità. Vediamo anche in esso l’eternità di Dio, poiché è espressamente detto che questo albero della vita dà i suoi frutti ogni mese, anche per il tempo e per l’eternità. 3º Alla lettera, questi dodici frutti sono i dodici Apostoli, e i dodici mesi corrispondono alle dodici tribù d’Israele che rappresentano l’universalità degli eletti nelle varie età della Chiesa; e siccome la fede predicata dai dodici Apostoli era radicata nell’albero della vita che è Gesù Cristo, per essere predicata e produrre i suoi frutti durante i dodici mesi che rappresentano tutte le età della Chiesa, San Giovanni aveva ragione di dire che questo albero dà i suoi frutti ogni mese; perché alla fine di questi dodici mesi, che rappresentano il tempo dell’esistenza della Chiesa, questi dodici frutti avranno prodotto i centoquarantaquattromila fedeli delle dodici tribù d’Israele che formeranno l’assemblea degli eletti nella Gerusalemme celeste. 4° Quest’albero, che fruttifica ogni mese, ce ne mostra la grande fertilità; poiché, come abbiamo visto nel capitolo della Gerusalemme celeste, il numero degli eletti, che Dio solo conosce e che è rappresentato, secondo l’uso dei profeti, dal numero determinato di centoquarantaquattromila fedeli, supererà di gran lunga questo numero; e il numero degli eletti di tutti i tempi e di tutte le nazioni che avranno mangiato le foglie dell’albero della vita sulla terra sarà molto grande. Mangiamo dunque le foglie di quest’albero nel tempo, se vogliamo godere della gloria e della felicità dei suoi frutti nell’eternità. È Gesù Cristo stesso, l’autore della vita, che ci invita a farlo; ascoltiamo dunque la voce di questo Padre buono, che ci chiama a sé e ci dice: « Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò riposo… Io sono il pane vivo disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo, ecc. ecc. » Ma non dimentichiamo le parole dell’apostolo San Paolo, I. Cor. XI, 27: « Chiunque mangia questo pane o beve il calice del Signore indegnamente, sarà colpevole del crimine contro il corpo e il sangue del Signore. Si metta dunque l’uomo alla prova, e dopo mangi di quel pane e beva da questo calice. Perché chi mangia e beve di esso indegnamente, mangia e beve la propria condanna, non facendo il discernimento del corpo del Signore. Per questo ci sono molti tra voi che sono malati e languenti, e molti sono morti. Che se noi ci giudicassimo da noi stessi, non saremmo giudicati da Dio, etc. ».

VIII. Vers. 3. – Non ci sarà là più alcuna maledizione, ma lì vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello, e i suoi servi lo serviranno. Questo versetto contiene anche la differenza tra il paradiso terrestre e quello celeste. Nel paradiso terrestre c’era, accanto all’albero della vita, l’albero della conoscenza del bene e del male, che portò all’umanità una così grande maledizione. Ma in cielo, non ci sarà più nessuna maledizione possibile, perché l’albero della scienza del bene e del male sarà sostituito dall’albero della vita. Il libero arbitrio, che è stato così fatale all’uomo, non esisterà più per perderlo, ma per goderne di tutta la gloria e la felicità fino alla fine dei tempi, cioè per quanto l’uomo vuole e può godere della luce eterna con l’aiuto della luce eterna. Lì non ci sarà più maledizione, perché non ci sarà più alcun male possibile, ma ci sarà il trono di Dio e dell’Agnello, fonte di ogni bene e di ogni gloria, senza alcuna mescolanza di bene e di male. E i suoi servi lo serviranno con gloria e felicità.

IX . Vers. 4 – Vedranno il suo volto e avranno il suo nome scritto sulla fronte. O Dio, qual gloria e felicità avete riservato a coloro che vi amano, perché potranno contemplarvi faccia a faccia, così da diventare simili a Voi, ed avranno il vostro stesso Nome scritto sulla fronte, perché saranno vostri figli ed eredi della vostra gloria, e porteranno il vostro Nome, come un figlio porta il nome del padre suo! Il loro nome sarà illustrato con la gloria di Dio stesso, e la loro eredità sarà immensa ed eterna come Dio. Questo è confermato dalle seguenti parole, che si spiegano da sole:

Vers. 5E non ci sarà più notte, non avranno bisogno di lampade, né della luce del sole, perché il Signore Dio darà loro la luce, ed essi regneranno nei secoli dei secoli.

X. Le parole che seguono sono una ricapitolazione degli avvertimenti generali che il Signore indirizza alla Sua Chiesa su questa rivelazione. E siccome questi passaggi sono già stati interpretati, ci limiteremo a citarli, lasciando al lettore il compito di farne il proprio confronto e l’applicazione per il proprio uso e per il beneficio che trarrà dalla ricezione di questo libro.

Vers. 6. Ed egli mi disse: Queste parole sono certissime e veraci: il Signore, il Dio degli spiriti dei profeti, ha mandato un Angelo per rivelare ai suoi servi ciò che deve avvenire presto.

Vers. 7. Io vengo presto: beato chi osserva le parole della profezia di questo libro.

Vers. 8  Io, Giovanni, ho udito e visto queste cose. E quando le ho sentite e viste, sono caduto in adorazione ai piedi dell’Angelo che me le ha mostrate.

Vers. 9: Ma egli mi disse: Guardati dal fare così, perché io sono un servo come te e come i tuoi fratelli profeti, e come coloro che osservano le parole di questo libro, adorate Dio.

XI. Vers 10. Ed egli mi disse: Non sigillare le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. Nel linguaggio dei Profeti, sigillare una profezia non significa che il suo significato debba essere impenetrabile alle menti degli uomini, come lo fu l’Apocalisse per molti secoli; ma sigillare una profezia significa che il suo adempimento non inizierà che molto tempo dopo la sua pubblicazione. Ma questo non fu il caso di questa rivelazione a San Giovanni. Poiché la sua Apocalisse contiene la storia di tutta la Chiesa dalla sua origine fino alla consumazione dei secoli; questa profezia cominciava già a realizzarsi al tempo di San Giovanni; e anche essa nascondeva sotto i suoi enigmi eventi che erano già passati quando questa rivelazione gli fu fatta. Ma non poté essere compresa per molto tempo, perché gli eventi che annunciava non si erano sufficientemente sviluppati per coglierne il significato e la sequenza. Comprendiamo, quindi, da quanto appena detto, che sebbene questa profezia non sia stata sempre compresa, non è stata, tuttavia, sigillata, poiché ha cominciato ad essere adempiuta dal momento della sua rivelazione ed anche prima; ma Dio ne nascose la comprensione agli uomini per molti secoli, sotto i suoi difficili e numerosi enigmi, perché lo scopo evidente di questa profezia era di colpire gli uomini come una nuova luce, specialmente verso la fine dei tempi, quando la fede comincerà a perdersi a poco a poco, mostrando, come all’improvviso, per rafforzare i suoi eletti, la verità di questa profezia, già verificata nei tempi passati, e come garanzia della certezza degli eventi futuri. Da qui questo passaggio del testo: Non sigillate le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino.

XII. Vers. 11. – Colui che commette l’iniquità la commetta ancora; colui che è contaminato sia contaminato ancora; colui che è giusto diventi più giusto ancora; colui che è santo sia santificato ancora. Queste parole sono terribili e consolanti allo stesso tempo. Perché contengono maledizioni eterne per i peccatori e benedizioni infinite per i giusti. Infatti, secondo il Salmista, Ps. XLI, 8: « Un abisso chiama un abisso. » Un abisso di ingiustizia richiede un abisso di ingiustizia e punizione; perciò il Salmista aggiunge: « Al fragore delle tue cascate; tempeste e delle acque che tu mandi, o mio Dio, tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati. » Al contrario, un abisso di giustizia richiede un abisso di misericordia. Infatti, il salmista continua: « Di giorno il Signore mi dona la sua misericordia, di notte per lui innalzo il mio canto: la mia preghiera al Dio vivente. Dirò a Dio, Voi siete mia difesa: perché mi avete dimenticato? Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico? Per l’insulto dei miei avversari sono infrante le mie ossa; essi dicono a me tutto il giorno: Dov’è il tuo Dio?. Perché ti rattristi, anima mia, perché su di me gemi? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio. Giudicatemi, o Dio, e distinguete la mia causa da quella di una nazione non santa. Toglietemi dalle mani dell’uomo malvagio e ingannatore.Poiché tu sei la mia forza, o Dio! Perché mi hai respinto? Perché mi vedo ridotto a camminare nella tristezza, afflitto dal nemico? Mandate la vostra luce e la vostra verità, ed esse mi condurranno al vostro santo monte e ai vostri tabernacoli. Ed entrerò fino all’altare di Dio, fino a Dio stesso, che riempie di gioia la mia gioventù. Canterò le tue lodi sull’arpa, o Dio, o mio Dio. Perché sei triste, anima mia, e perché mi conturbi? Spera in Dio, perché devo ancora lodarlo; Egli è la salvezza del mio volto ed è il mio Dio. » È soprattutto attraverso la preghiera che il giusto deve diventare ancora più giusto, e colui che è santo può diventare ancora più santo, perché la salvezza viene da Dio. Più ci si avvicina a Lui, più si desidera andare da Lui; e più ci si allontana da Dio, più si desidera allontanarsi da Lui. Il malvagio è come un albero che cade dalla parte in cui pende, e più l’albero tende ad inclinarsi per la forza di attrazione, finché alla fine cade da sé o per l’ascia del giardiniere. Il giusto, invece, si eleva in proporzione alla sua giustizia. Perché più l’albero è ritto, più di eleva. E la sua pianta, ora alta e bella, viene utilizzata per la costruzione di edifici e di mobilia, mentre il legno contorto e piegato, è destinato ad essere gettato nel fuoco.

XIII. Vers. 12Ecco, io vengo presto e avrò con me la mia ricompensa, per rendere ad ogni uomo secondo le sue opere. Perché secondo San Matteo, (III, 10): « Già la scure è posta alla radice dell’albero (dal germe di morte che portiamo in noi), e ogni albero che non porta buoni frutti sarà tagliato e gettato nel fuoco. »

Vers. 13. – Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine. Perché la verità è eterna, e la giustizia è eterna, e il passato e il futuro appartengono solo a Dio, che renderà a ciascuno secondo le sue opere. Io sono il principio e la fine; cioè, vi ho detto la mia parola all’inizio e vedrete il suo compimento alla fine.

Vers. 14. – Beati coloro che lavano le loro vesti nel sangue dell’Agnello, per avere diritto all’albero della vita e per entrare nella città dalle porte. Facciamo dunque degni frutti di penitenza e sottomettiamoci alla Chiesa, affinché possiamo un giorno entrare per questa porta nella vita eterna.

Vers. 15. – Lungi da qui i cani, gli avvelenatori, gli impudichi, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ami e proferisca menzogna. Lungi da qui i persecutori della Chiesa, che sono come cani rabbiosi, gli avvelenatori, gli eresiarchi, gli impudichi, chi indulge alle voluttà, gli omicidi, che trascurano le vie della giustizia e della carità, gli idolatri, che dimenticano Dio per prostituirsi alla creatura, e chiunque ami e preferisca la menzogna, perché il diavolo è loro padre.

XIV. Vers. 16. – Io, Gesù, ho mandato il mio Angelo a testimoniarvi queste cose nelle Chiese. Io sono la progenie e il figlio di Davide, la stella che brilla al mattino. Qui Gesù cita se stesso come testimone delle verità contenute in questo libro dell’Apocalisse, dicendoci che Egli è la progenie e il figlio di Davide, cioè, Gesù Cristo di Nazareth crocifisso, la stella che brilla al mattino dall’inizio della Chiesa, e la cui luce non sarà mai più eclissata, che ha mandato il suo Angelo a rendere testimonianza delle cose contenute nell’Apocalisse, e a pubblicarle nelle sette Chiese d’Asia, rappresentanti l’universalità e la perpetuità della Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana.

XV. Vers. 17. – Lo Spirito Santo e la sposa dicono: Venite. Colui che ascolta dica: “Venite”. Chi ha sete, venga; e chi lo desidera, riceva gratuitamente l’acqua della vita. Quante consolazioni sono contenute in questo versetto! Lo Spirito Santo e la sposa, che è la Chiesa, dicono: Vieni. Così non è solo la voce dei predicatori che ci invita; non sono solo i marchi visibili della Chiesa che attirano gli sguardi degli occhi di tutti gli uomini: dei buoni che ascoltano e seguono la sposa, e dei malvagi che la perseguitano; perché se questi potenti mezzi sembrano tuttavia troppo deboli per convincere gli uomini della verità eterna; se anche dei Cattolici non possono comprendere i giudizi segreti di Dio, chi rigetterà un gran numero di uomini nelle fosse dell’inferno, perché non sono appartenuti alla Chiesa Cattolica; e se questi giudizi sembrano loro troppo severi perché credono che i segni della vera Chiesa non siano sufficientemente visibili e sensibili per convincerci; questi Cattolici sappiano e imparino dalla bocca di Gesù Cristo stesso, che scruta i cuori e le menti, che non solo la Chiesa ma anche lo Spirito Santo dice a tutti nel segreto delle loro coscienze: Venite! E se tutti non sono venuti, a chi va data la colpa? Chi ascolta dica: “Venite“. Cioè, colui che vuole ascoltare questa voce interiore ed esteriore dica: Venite! Questo gli è sufficiente. Egli ha acconsentito ad accettare liberamente l’acqua della vita che è sempre offerta a tutti, sia per voce della Chiesa che per voce dello Spirito Santo. Questo gli è sufficiente, diciamo, poiché possiede con ciò una delle otto beatitudini che gli promette l’acqua della fonte eterna e il frutto dell’albero della vita; poiché è scritto, (Matteo V, 6): « Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. » Ho già visto sulle vostre labbra un sorriso di pietà, e lo spirito di incredulità vi suggerisce questo pensiero: come possono gli individui ritirati nel centro di nazioni barbare, tra le quali la luce della fede non è mai penetrata, avere anche solo l’idea dell’esistenza della Chiesa Cattolica? Gesù Cristo stesso vi risponde, che lo Spirito Santo dice loro nel segreto delle loro coscienze: Venite; la Chiesa ci dice che il battesimo di desiderio può bastare al bisogno, e il Vangelo aggiunge un mezzo che è possibile e anche facile per tutti gli uomini; un mezzo che chiuderà la bocca di tutti gli empi, che non avranno voluto ascoltare lo Spirito Santo; perché questo mezzo infallibile è a disposizione di tutti. Questo mezzo è tanto sicuro e facile quanto è vero il Vangelo, poiché è scritto: « Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. » E chi è l’uomo che, nonostante la sua ignoranza dei misteri della fede di Gesù Cristo, chi è l’uomo, diciamo, per il quale questa ignoranza sarà stata invincibile, che non abbia tuttavia sentito nel suo cuore come due voci opposte, una delle quali lo spingeva al bene e l’altra, diciamo, lo portava al male? Ebbene, questa prima voce era quella dello Spirito Santo, che continuava a dirgli: Venite; in altre parole, questa voce gli stava dicendo: Fa’ il bene ed evita il male, sii giusto e caritatevole verso i tuoi fratelli, resisti al torrente impetuoso delle tue passioni che la concupiscenza ha acceso nella tua anima, etc., etc. Ora, questi non sono forse sentimenti che ogni uomo ragionevole, per quanto ignorante delle verità della fede lo si possa supporre, … non sono sentimenti che la legge naturale, incisa nei nostri cuori, ci ispira costantemente, e che il soffio dello Spirito Santo cerca di far fruttare, secondo queste parole: Lo Spirito Santo e la sposa dicono: Venite? Se poi tutti gli uomini ragionevoli ascolteranno questa voce, Dio non li punirà per la loro invincibile ignoranza, ma li ricompenserà eternamente per i loro sforzi e la loro buona volontà, secondo le parole: « Pace agli uomini di buona volontà. » Perciò l’Apostolo aggiunge: Chi ascolta dica: Venite. Chi ha volontà, venga, e chi lo desidera, riceva liberamente, per la misericordia di Dio, l’acqua della vita, della vita eterna. Poiché sta scritto, (Matth. V, 6): « Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati. » Aggiungeremo che non è così difficile come si immagina, per le nazioni barbare, desiderare l’acqua della vita. Per convincersene, basta leggere gli annali della propagazione della fede, e si vedranno le frequenti richieste fatte da questi popoli per ottenere dei missionari. Felici queste nazioni, se sfuggono ai lupi che si presentano loro in veste di pecore, che in realtà non sono altro che lupi famelici che escludono le anime dal vero ovile! Perché allora non rimangono altre risorse per queste nazioni sedotte che quelle che abbiamo appena indicato, per assicurare la loro salvezza. Speriamo che Dio tenga conto delle difficoltà in cui il nemico li avrà gettati a loro insaputa e contrariamente ai loro pii e salutari desideri.Ma voi direte ancora: Queste nazioni barbare non hanno mai conosciuto Gesù Cristo, quindi come possono essere appartenuti allo spirito della sua Chiesa? Senza nascondervi la difficoltà dell’obiezione, vi risponderemo che essa non è insolubile nello Spirito Santo; secondo le parole di San Giovanni, III, 8: « Lo Spirito soffia dove vuole, e voi sentite la sua voce, ma non sapete da dove viene, né dove va; così è di ogni uomo che è nato dallo Spirito.  Cioè, ogni uomo che è nato dallo Spirito e non dalla carne, e ogni uomo buono che ha fame e sete di giustizia, sente la voce dello Spirito che gli dice: Venite. E l’uomo risponde: Venite. Perché lo Spirito soffia dove vuole. Allora vi diremo che la conoscenza della venuta passata o futura di un Redentore, non è così limitata come immaginate. Poiché Dio ha permesso nella sua bontà paterna e secondo il piano dei suoi segreti disegni, che le numerose e variate favole, che sono una corruzione della storia del giardino dell’Eden, fossero conservate e diffuse tra queste nazioni, come un mezzo segreto di cui Dio si è servito per dare loro l’idea di un Redentore. Quanto alle difficoltà che potrebbero essere sollevate circa l’assoluta necessità del Battesimo, attingendo alle parole di San Giovanni, (III, 5): « In verità, in verità vi dico: se uno non nasce di nuovo dall’acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio », ci basta far notare che non ci si salva solo col Battesimo d’acqua, ma anche col battesimo di desiderio e col battesimo di sangue, e che di conseguenza un numero molto grande di anime che non avrebbero potuto ricevere il Battesimo dell’acqua, saranno non di meno salvate dal Battesimo di desiderio o dal Battesimo di sangue. Quanto ai bambini morti senza Battesimo, la Chiesa non ha mai fissato il loro destino, e sappiamo che non sarà quello dei dannati. Come possiamo vedere, coloro che non rispondono a questa chiamata della Chiesa e dello Spirito Santo non avranno scuse davanti al tribunale di Dio Onnipotente. Essi non avranno nemmeno saputo dell’esistenza della Chiesa, direte voi; e Dio vi risponderà: È vero, ma avevano la legge naturale, che Io avevo inciso nei loro cuori; il mio Spirito Santo ha ispirato loro un desiderio di giustizia e il mio Vangelo ha promesso di soddisfarli. Venite, dunque, o voi tutti che non avete potuto entrare nel corpo della mia Chiesa, ma che vi siete appartenuti in spirito attraverso i vostri santi desideri; venite, perché mio Figlio vi ha riscattato dalla schiavitù del peccato; il Verbo si è fatto carne per salvare la carne e lo spirito. Venite, dunque, o voi tutti che avete risposto alla chiamata dello Spirito Santo e della Chiesa che vi ha detto sulla terra: Venite. Perché Voi li avete ascoltati ed avete detto loro a vostra volta: Venite. Voi avete fatto conoscere loro la vostra sete ascoltandoli e rispondendo loro con i vostri santi desideri: Venite. Ecco perché Io vi darò gratuitamente e di buon grado e misericordia l’acqua della vita, e sarete saziati per sempre, come sta scritto nella mia Apocalisse: lo Spirito Santo e la sposa dicono: Venite. Colui che ascolta dica: “Venite“. Chi ha sete, venga; e chi lo desidera, riceva gratuitamente l’acqua della vita. Lungi da qui i cani, i persecutori della Chiesa, gli avvelenatori, i predicatori del vizio e dell’errore, i falsi apostoli e gli scandalosi, gli impuri che seguono la legge della carne e rifiutano quella di Dio, gli omicidi, i tiranni, coloro che commettono ingiustizie, gli oppressori dei deboli, della vedova e dell’orfano, gli sprezzatori dei poveri, gli idolatri che si prostituiscono alla creatura, e tutti coloro che amano e preferiscono la falsità, perché sono figli del demonio.

XVI. Con ciò vediamo quanti Cristiani ci saranno ai quali si possono applicare quelle parole del Vangelo dette al popolo giudaico che sono la figura della Chiesa: « I primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi ». Quanti Cristiani, infatti, saranno stati i primi a conoscere la legge di Gesù Cristo, e tuttavia avranno vissuto solo secondo la carne? Quanti sono stati chiamati dalla voce dello Spirito Santo e dalla voce della Chiesa, eppure non hanno risposto a quella chiamata? E poiché molti cattivi Cristiani saranno morti nei loro peccati, e pochi di loro avranno risposto a questa chiamata facendo penitenza, non è giusto applicare loro queste parole rivolte al popolo giudaico, al quale possono essere paragonati per il crimine della morte di Gesù Cristo, che essi crocifiggono con i loro vizi. « Ci saranno molti chiamati e pochi eletti! » Ma poiché il numero dei veri Cristiani sarà stato molto grande, e poiché questo numero sarà immensamente accresciuto da coloro che hanno appartenuto in spirito alla Chiesa di Gesù Cristo tra le nazioni che non hanno potuto far parte del corpo dei fedeli, e poiché il numero di questi ultimi supererà forse di gran lunga il numero di coloro che hanno disertato, il risultato sarà una scena di inaspettata vergogna e confusione per i malvagi, ed una brillante manifestazione di gloria e consolazione, attesa per i giusti. Perché Dio non permetterà che si dica per tutta l’eternità che il sangue del suo Figlio è stato inutile. Quanto più, dunque, Gesù Cristo avrà manifestato la sua potenza, la potenza del Cristianesimo sulla terra, tanto più trionferà in cielo. Perché se, nonostante la sua grande superiorità sulle nazioni barbare, il Cristianesimo ci offre tuttavia sulla terra un’immagine continua delle umiliazioni del suo Autore, per servirci da esempio, come sarà nell’altra vita, quando vedremo l’inizio del vero regno dell’Agnello, e il Padre Onnipotente incoronerà lo Sposo e la sua Sposa per tutta l’eternità? Perché (Ps. CIX): « Il Signore dice al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché non avrò fatto dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi. Il Signore farà uscire da Sion lo scettro della tua potenza; tu stabilirai il tuo impero in mezzo ai tuoi nemici. La regalità è con te nel giorno della tua forza, in mezzo allo splendore dei tuoi santi. Ti ho generato dal mio seno prima dell’aurora. Il Signore ha giurato e non si pentirà: tu sei il sacerdote eterno, secondo l’ordine di Melchisedec. Il Signore è alla tua destra; Egli ha frantumato i re nel giorno della sua ira. Egli eserciterà il giudizio in mezzo alle nazioni; riempirà tutto di rovine; schiaccerà le teste di un gran numero. Egli berrà l’acqua del torrente nella via, “per mezzo del martirio”. » Tale sarà allora il regno di Gesù Cristo sulla terra. Ora ecco la sua gloria in cielo.  Infatti il Salmista aggiunge: « Ecco perché alzerà il capo ». Sarà innalzato sulla croce, e trionferà sulla croce. E quale sarà questo trionfo? Sarà solo il trionfo di una gloria eterna e di un onore infinito per pochi eletti? No, perché altrimenti la gloria del Figlio dell’uomo non sarebbe completa, poiché il Signore ha detto (Mt. XXVI, 28): « Perché questo è il mio sangue, il sangue della nuova alleanza, che sarà versato per molti per la remissione dei peccati. » Vediamo ora se questo sangue sarà stato sterile, e se non sarà stato veramente versato per molti. Ascoltiamo il Profeta che annuncia alla Sposa, sotto la figura di Gerusalemme, ciò che sarà soprattutto nel giorno dell’eternità: Isaia, LX: « Alzati, Gerusalemme, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore si è levata su di te. Poiché, ecco, le tenebre ricopriranno la terra, nebbia fitta avvolgerà le nazioni; ma su di te si leverà il Signore, la sua gloria si vedrà risplendere su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli verranno da lontano, le tue figlie verranno da ogni parte. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te. Sarete sommersi da una schiera di cammelli, dai dromedari di Madian e di Efa. Tutti loro verranno da Saba per portarti oro e incenso e per proclamare le lodi del Signore. Tutti i greggi del Cedar saranno riuniti a te; i montoni di Nabajoth saranno usati per il tuo servizio; saranno offerti al mio altare come ostie gradite, e io riempirò di gloria la casa della mia maestà. Chi sono coloro che si lasciano trasportare come nuvole nell’aria e volano come colombe quando ritornano alle loro colombaie? Perché le isole mi aspettano, e le navi sono pronte sul mare già da molto tempo, per far venire i tuoi figli da lontano, per portare con loro il loro argento e il loro oro, e per consacrarlo nel nome del Signore tuo Dio e del Santo d’Israele che ti ha glorificato. I figli degli stranieri costruiranno le tue mura e i loro re ti serviranno, perché ti ho colpito nella mia indignazione e ti ho mostrato misericordia riconciliandomi con te. Le tue porte saranno sempre aperte, non saranno chiuse né di giorno né di notte affinché le ricchezze delle nazioni siano portate a te e i loro re condotti a te. Perché il popolo e il regno che non si sottomette a te perirà, e io farò di quelle nazioni un terribile deserto. La gloria del Libano verrà in te; l’abete, il bosso e il pino serviranno insieme come ornamento del mio santuario, e glorificherò il luogo dove hanno riposato i miei piedi. I figli di coloro che ti hanno umiliato verranno a prostrarsi davanti a te e tutti quelli che ti hanno disprezzato adoreranno le orme dei tuoi piedi e ti chiameranno la città del Signore, la Sion del Santo d’Israele.  Perché siete stati abbandonati ed esposti all’odio, e non c’era nessuno che ti passasse accanto, io ti stabilirò in una gloria che non finirà mai, e in una gioia che durerà per tutti i secoli. Succhierete il latte delle nazioni, sarete nutriti dalla mammella dei re, e saprai che Io sono il Signore che ti salva e il forte di Giacobbe che ti riscatta. » Prestiamo ora attenzione alle parole che seguono, e che si applicano specialmente alla Gerusalemme celeste; perché il Profeta,  dopo aver annunciato la prosperità della fede sotto la figura di Gerusalemme, alla quale i popoli e le nazioni si sottometteranno, ci mostrerà ora la felicità e la gloria che risulteranno nell’eternità, per un immenso numero di uomini destinati a popolare la più grande e fiorente città che sia mai esistita, la città celeste. Il Profeta aggiunge: « Vi darò oro invece di ottone e argento invece di ferro; ottone invece di legno e ferro invece di pietre. Farò in modo che la pace regni su di voi e che la giustizia regni su di voi. La violenza non sarà più udita nel vostro territorio, né di distruzione e di oppressione in tutte le vostre terre. La salvezza circonderà le tue mura e le lodi si faranno sentire alle tue porte. Non avrai più il sole per illuminarvi durante il giorno, ed il chiarore della luna non brillerà su di voi; ma il Signore stesso sarà la vostra luce eterna, e il vostro Dio sarà la vostra gloria. Il vostro sole non tramonterà più e la vostra luna non diminuirà, perché il Signore sarà la vostra luce eterna e i giorni delle tue lacrime saranno finiti. Tutto il tuo popolo sarà un popolo di giusti; possiederà la terra per sempre, perché saranno i germogli che io ho piantato, le opere che la mia mano ha fatto per la gloria. Mille usciranno dal minimo di loro, e dal più piccolo un grande popolo. Io sono il Signore e farò improvvisamente queste meraviglie quando sarà giunto il tempo. »  – Chi oserà dire che questa profezia non si applichi molto di più alla Gerusalemme celeste che a quella terrena? E chi oserà dire, senza essere temerario, che il numero degli eletti sarà piccolo, dopo queste ultime parole che abbiamo citato in corsivo, affinché il lettore possa fissare la sua attenzione su di esse?

Vers. 18. Ma io dichiaro a tutti coloro che ascoltano le parole della profezia di questo libro, che se qualcuno vi aggiungerà qualcosa, Dio lo colpirà con le piaghe descritte in questo libro.

Vers. 19. – E se qualcuno toglierà una sola parola dal libro di questa profezia, Dio lo cancellerà dal libro della vita e lo escluderà dalla città santa, e gli toglierà la parte delle promesse descritte in questo libro. – Queste parole sono rivolte a tutti coloro che cercheranno di corrompere il significato o il testo dell’Apocalisse, come gli eretici non arrossiscono di fare. Tra quelli dei primi secoli si distingue soprattutto Marcione, poi Lutero e i suoi seguaci fecero lo stesso in molti passi della Scrittura.

Vers. 20: Colui che testimonia queste cose dice: “Sì, verrò presto”. Amen. Vieni, Signore Gesù. Gesù Cristo, l’autore di questa profezia, dando se stesso come testimone della sua veridicità, dice alla Chiesa che verrà presto; perché il tempo non è che un punto in relazione all’eternità. E i fedeli che hanno il vero Spirito di Gesù Cristo devono rispondere nel loro cuore: Vieni, Signore Gesù, secondo il significato di quelle parole che recitiamo ogni giorno nel Padre nostro. « Venga il tuo regno, sia fatta la tua santa volontà come in cielo così in terra ».

Vers. 21. Che la grazia del Signore Gesù Cristo sia con tutti voi. Questo libro inizia e finisce come una lettera alle sette Chiese d’Asia e a tutte le altre del mondo cristiano. Amen.

FINE DEL LIBRO NONO