LO SCUDO DELLA FEDE (172)

A. D. SERTILLANGES, O. P.

CATECHISMO DEGLI INCREDULI (VIII)

[Versione autoriz. Dal francese del P. S. G. Nivoli, O. P. – III ristampa. S. E. I. – Torino 1944]

LIBRO SECONDO

1 MISTERI

II. — Il mistero della SS. Trinita.

D. Qual è il più grande dei misteri?

R. È il mistero della SS. Trinità. Esso ha per effetto di sopraelevare la nozione di Dio, e di portarla assai oltre a ciò che potrebbero concepire le più potenti intelligenze.

D. In che cosa la mozione di Dio è sopraelevata per via della Trinità?

R. In ciò che, per la Trinità, Dio prende vita, invece di offrirsi come una grande X nella formula del mondo; in ciò che « rimanendo unico, non è più solitario secondo la felice formula d’Ilario di Poitiers; in ciò che, vedendo l’universo materiale e l’universo spirituale come un sistema di scambi, noi ne ritroviamo il tipo meglio definito, più perfetto negli scambi interni che ci si descrivono. Il Dio trino ed uno è come un universo eterno, necessario, infinito e vivente. Egli è la Realtà della quale ciò che noi chiamiamo universo in certo modo non è che una proiezione molteplice e fragile. Lo spandersi di Dio nella natura, non è che lo espandersi di Dio in se stesso che le relazioni trinitarie ci fanno percepire. La teodicea, senza essere alterata, è così trasportata sopra un nuovo piano e si apre in una regione meravigliosa, chiusa al « Dio dei filosofi e dei sapienti ».

D. Il Dio di Aristotile e di Platone non è già sublime?

Il Dio di Platone è grande, e a quello che egli dice dell’amore supremo aggiungendo le parole di Aristotile che definisce Dio il Pensiero del Pensiero, si avrebbe già una trinità in abbozzo.

D. La tua Trinità non verrebbe forse appunto da queste sorgenti remote, attraverso al filtro alessandrino?

R. Non vi è dubbio che le dottrine platoniche abbiano influito sopra i sistemi trinitari di spiegazione; ma l’origine del dogma ê tutt’altra, e non ha niente di metafisico. La Trinità ci è stata consegnata come un fatto; la dichiarazione di questo fatto per mezzo di Gest Cristo fu un affatto occasionale, tratta dalla necessita di definire la persona del Redentore e le condizioni dell’opera sua. La formula di missione usata da Gesù mentre disperdeva i suoi apostoli: « Andate e insegnate a tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, e del Figliuolo, e dello Spirito Santo, dimostra bene il carattere pratico, costitutivo, rituale delle sue dichiarazioni trinitarie, che solo più tardi saranno sistemate e daranno luogo a un dogma, poi a una filosofia.

D. Dove si trova, nella Scrittura l’espressione più viva della Trinità?

R. In S. Giovanni, c. XIV, dove Gesù racconta, per così dire, la vita delle tre Persone tra loro e nell’anima dei veri Cristiani.

D. Sembra assai difficile vedere nella Trinità altro che dei modi di pensare Dio, dei punti di vista sopra Dio, come si dice: Dio potenza è il Padre; Dio sapienza è il Figliuolo, e Dio amore, lo Spirito.

R. Non è questo. In tali condizioni, non si parlerebbe di Persone.

D. Allora si tratta di emanazioni, e solo il Padre è Dio.

R. Non si tratta di emanazioni fuori di Dio; ma di emanazioni (o di processioni, secondo la parola consacrata) in Dio stesso. La vita di Dio si espande dentro come in tre centri di scaturigine, in tre termini di relazioni interiori, in tre io ugualmente divini. Il Padre è Dio fecondo secondo lo spirito; è la sua fecondità; è Dio stesso. Il Figliuolo è il frutto divino di questa fecondità di spirito, Verbo mentale, Idea reale, Assioma eterno, avrebbe detto Taine, e lo aveva sospettato anche Taine, è in Dio un soggetto sussistente; è Dio stesso. Lo Spirito Santo è il frutto della compiacenza che unisce il Padre e il Figliuolo, l’Intelligenza e l’idea, il Verbo e Colui che lo dice; perché il Verbo, espressione dell’infinito, infinito Lui stesso, implica un attraimento reciproco donde scaturisce l’amore. E questa compiacenza di Dio per Dio è altresì identica a Dio; essa è Dio, perché è essenziale e perfetta.

D. Come la perfezione può avere effetto la moltiplicazione?

R. Se il mio pensiero mi diventasse intimo e adeguato al punto di essere identico a me, e se la mia compiacenza in me stesso avesse la stessa intimità e la stessa perfezione, io diventerei trinità, e non ne sarei se non maggiormente uno, più semplicemente e indivisibilmente me stesso. Colui che conosce porta in sé idealmente quello che egli conosce; colui che ama porta in sé affettivamente, in impressione, quello che egli ama: se è me stesso che io conosco ed amo, dunque io sono in me triplicemente: per il mio essere, per la mia concezione di me stesso, per il mio amore. Se non che, una sola di queste tre cose è me sostanzialmente; le altre non sono che accidenti della mia sostanza. In Dio, dove nulla è accidentale, dove tutto è Dio perché tutto è perfetto, il pensiero è sostanziale, l’amore è sostanziale, ed essi sono Dio senza cessare di essere pensiero, amore, distinti dalla sorgente da cui procedono secondo che ne procedono identici ad essa secondo tutta la positività d’un essere comune.

D. Intendi con ciò di spiegare la Trinità?

R. La Trinità non si spiega; si può solo vedere, Un giorno la vedremo; intanto la esprimiamo, senza la minima pretesa esplicativa e soprattutto dimostrativa.

D. Almeno bisognerebbe allontanarne la contraddizione, che a prima vista appare manifesta.

R. Nella nozione del Dio trino ed uno non vi sarebbe contradizione a meno che il tre e l’uno si riferissero allo stesso termine. Ora noi diciamo: Una sostanza, tre persone, come diremmo: Un albero e tre rami; un vivente e tre organi; un’anima e tre facoltà, etc. l’unità nella pluralità, anziché importare una contradizione, sembra la legge e la misura di perfezione di tutte le cose naturali; l’accrescimento di questa contradizione apparente è la legge stessa del progresso. Alla sommità, non recherà meraviglia trovare la più perfetta unità, e anche la più perfetta pluralità perché è la più semplice, la più completa, la meglio chiusa sopra Se stessa, cioè la trinità. Non è forse noto che la pluralità trinitaria tiene in questo mondo un posto privilegiato? Si potrebbero fornire miriadi di esempi, sia nelle realtà materiali, sia nell’anima, nella famiglia e fino nella logica, dove il sillogismo ne offre un’espressione smagliante. Non vi è nulla da stupirsi che in Dio si trovi, certo ineffabilmente, ma, riflesso in gualche modo, il piano della sua Creazione.

D. Si, ma tu sostieni nello stesso tempo la semplicità di Dio. Ora come dire semplice quello che è trino, e come dire semplice quello che è uno da una parte, trio dall’altra, specialmente sé l’unità e la trinità sono perfette?

R. Noi affermiamo in Dio il massimo di unità; vi troviamo anche il massimo di distinzione, che è l’opposizione di persona a persona. Io non mi incarico, ancora una volta, di spiegarti il mistero, di descriverti « questa unità così inviolabile che il numero non vi può portare divisione, e questo numero così ben ordinato che l’unità non vi mette confusione » (BOSSUET). Ma alla tua difficoltà precisa, io rispondo: Essa non avrebbe corso salvo che in Dio l’uno e il molteplice fossero ugualmente positivi. Ma, di positivo in Dio, non vi ê chela sua sostanza, o il suo essere, cioè l’unità; la molteplicità delle persone è costituita da pure relazioni. Ho già detto che la parola persona dev’essere corretta quando si applica a Dio. Del resto, persone, relazioni, ricoprono ugualmente dei misteri.

D. Ti preme che non si comprenda?

R. « Se tu comprendi, non è quello », dice $. Agostino. Parlando di Dio, non sarebbe possibile eliminare il mistero. Che se per sfuggirlo si rifiuta la Trinità, lo si ritrova per la sua assenza. Come concepire Dio altrimenti che pensante, amante e beato? E come concepire, in Lui, un pensiero e un amore che non siano Dio stesso, e tuttavia distinti? Come concepire per Dio una felicita senza società, senza scambi, una felicità legata a quella spaventosa solitudine che sembrerebbe essere quella di un Dio senza universo — cosa eminentemente possibile — ed anche con un universo, che invero non gli aggiunge niente? Tuttavia la più severa delle filosofie non cristiane, quella di Aristotile, ha affermato la felicità di Dio, e ha definito Dio il Pensiero del Pensiero. Si può immaginare questo ritorno di Dio sopra Se stesso senza una certa molteplicità interiore, dove tuttavia l’unità eterna non s’interrompe? In fondo, quello che noi affermiamo è semplicemente la vita divina, la vita che consiste nell’individualizzare il suo pensiero perché esso sia perfetto, nell’individualizzare il suo amore perché esso sia perfetto. Il Dio Vivente, l’unità vivente, ecco la Trinità.

D. Pare che tu sprezzi l’universo come manifestazione di Dio, come vincolo di società con Dio.

R. Io non sprezzo niente quando Dio lo trova buono e lo fa. Ma è certissimo che l’attività di Dio non potrebbe avere il suo pieno effetto nella creazione contingente e imperfetta; essa si manifesta per mezzo del Figliuolo e dello Spirito Santo, nella stessa Divinità. L’arte divina non può esaurirsi e la paternità divina soddisfarsi se non nel Verbo, suo uguale e suo Figliuolo consostanziale, e solamente per lo Spirito contentarsi l’eterno amore.

D. Concepisci tu le tre Persone come operanti ciascuna a parte, e richiedono esse un culto a parte?

R. Ciascuna Persona, essendo Dio, merita l’adorazione; si adorano dunque tre Persone. Nondimeno l’adorazione è una, Laus tamen una. Quanto all’azione divina, essa è realmente una, poiché è la manifestazione dell’essere divino, che è uno; ma si usa appropriare una data natura d’azione a una data Persona divina che ne è il prototipo, come le azioni di sapienza al Verbo, come le opere di amore all’Amore vivente,

D. Ammetti realmente una grande importanza alla dottrina della Trinità?

R. Certamente! quale luce su Dio! quale modo decisivo di eliminare il Dio astratto, il Dio primo organismo del mondo, e di accendere la vita spirituale alla fiamma del Dio vivo!

D. Non è forse troppa vita, voglio dire una vita troppo umana?

R. La Trinità si oppone a un politeismo antropomorfico, e nello stesso tempo a un deismo freddo.

D. Il Dio d’amore è per te il Dio-Spirito?

R. Si, e per questo Dio arde, nel medesimo tempo che illumina, nel medesimo tempo che attrae. L’Amore, questa forza gloriosa che parte dal Padre verso il suo Uguale e  rimbalza tutta viva, attraversa nel suo slancio tutta la creazione; allaccia tutto al Padre e al Figliuolo, e compie tutte le cose, come compie Dio.

D. In tal condizioni, la Trinità deve tenere nel tuo dogma un posto eminente.

R. Già ti ho detto che essa è al centro di tutto. Come osserva il Catechismo del Concilio di Trento, essa fornisce gli “articoli”, cioè le articolazioni del Credo. Parte prima: Dio Padre e Creatore; parte seconda: Dio Figliuolo e Redentore; parte terza: Dio Spirito e Santificatore. La santificazione suppone la redenzione, questa l’incarnazione, questa la Trinità. Abbiamo già contato e conteremo ancora gli anelli di questa catena.

D. E praticamente?

R. Nella vita cristiana, tutto si fa nel nome del Padre, e del Figliuolo e dello Spirito Santo. Ogni preghiera rituale invoca la Trinità esplicitamente, e ogni preghiera privata vi si riferisce. Il Battesimo è conferito nel suo nome, il Gloria Patri, et Filo et Spiritui Sancto è il ritornello dei brani liturgici, e il Gloria in excelsis ne forma un sublime canto.

D. Tuttavia l’estetica del Dio uno tal quale il muezzin lo annunzia dall’alto del minareto mi apparisce superiore.

R. Quando si ascolta il muezzin o si legge il corano, si ha l’impressione di passare sotto un grande arco. Quando invece risuona il Credo o il Simbolo di S. Atanasio, si crede di camminare sotto le stelle.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.