IL SACRO CUORE DI GESÙ (46)

IL SACRO CUORE (46)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi; LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO SECONDO

DIFFUSIONE DEL CULTO

SECOLI XI E XV

Sguardo generale; le anime privilegiate; pratiche e favori.

La Vigna mistica, santa Mechtilde e santa Gertrude riassumono, si può dire, la divozione col sacro Cuore, come la conobbe e praticò il Medio Evo. Ciò, a rigore, potrebbe dispensarci dal raccogliere i testi che riguardano il sacro Cuore e citare i nomi di quelle anime privilegiate che, in quel periodo, furono in intima comunicazione col cuore di Gesù. Si hanno già liste numerose e ogni giorno vi si aggiungono, ora dei testi, ora dei nomi (Vedi sopratutto: FRANCIOSI, opera citata. Cf. pure: BARUTEIL, La Genése du culte du Sacré Coeur, Paris 1904, p. 13-17, et p. 69-94; GALIFFET, Addition au livore Il, art. | e N ; Nittes, 1. 1, part. III, c.1; Tkomas, 1. 2, c. 3. Nel Le Régnue du Coeur de Jésus, t. IV, p. 441-488; una doppia lista di serittori che hanno parlato del sacro Cuore, e delle sante anime divote del sacro Cuore, dal secolo XI al XVII — Per i Framcescani, vedi il P. HENRI e GRÊZES; per i Certosini Don Boutrais. Molti dei fatti e dei testi riguardano piuttosto l’amore e la ferita del costato che il cuore simbolo.). – Senza obbligarci a riferir tutto, segnaleremo quei tratti che ci sembrano più caratteristici. Prima, però, di venire ai particolari, diamo una rapida idea del soggetto. Dal XIII al XV. secolo, il culto si propaga; ma non si vede che esso si sviluppi. Il più sovente si rivolge alla ferita del cuore, qua e la va al cuore indipendentemente dalla ferita, riguardando il cuore come l’organo della vita affettiva e simbolo dell’amore. I favori compartiti ai privilegiati, sono: di essere ammessi ad appoggiare le labbra sulla ferita del costato, per succhiarne l’amore e le ricchezze del cuore: di penetrare in questo cuore, per riposarvi come in un’oasi, per trattenervisi come in un bel giardino, per immergervisi come in una fornace d’amore e di purezza; d’essere infiammati da una scintilla, uscita da quel cuore; di cambiare il proprio cuore, con quello di Gesù, e di non vivere, per così dire, che per il divin Cuore; di sentirsi uniti a Lui, per lodare Dio, o di poterlo offrire al Padre celeste, come bene proprio, di trovarvi un asilo sicuro contro gli assalti del demonio, e persino un rifugio contro la collera stessa di. Dio. Il simbolismo, lo si vede bene, occupa un gran posto in questi favori e visioni, e ci mostra sempre più quanto Gesù ci ha amato, Come veramente sia nostro, e come possiamo e dobbiamo amarlo in ricambio. Una parola di Gesù a santa Caterina da Siena riassume l’idea dominante della divozione. Essa gli diceva un giorno: « Dolce Agnello, senza macchia, voi eravate morto quando il vostro costato fu aperto; perché dunque avete voluto che il vostro cuore fosse così ferito ed aperto? ». Egli rispose: – « Per molte ragioni; di cui ti dirò la principale. Il mio desiderio, riguardante. la razza umana, era infinito, e l’atto attuale della sofferenza e dei tormenti, era finito. Con questa sofferenza, Io non potevo dunque manifestarvi quanto vi amassi, perché il mio amore era infinito. Ecco perché ho voluto rivelarvi i segreti del cuore, facendovelo vedere aperto. E perché comprendiate bene che esso vi amava assai più di quello che Io avessi potuto provarvi con un dolore che doveva aver fine » (Dialogo di santa Caterina da Siena. Terza edizione, Parigi, 1913. 2° risposta, 2a c. XLV, (75), p- 233- La vita di questa santa offre un esempio interessante dello scambio del Cuore. –  H P. Gautierer L. IL, aggiunta, art. 1, p- 107-109, ha trascritto il racconto, molto vivo e circostanziato, che fa il B.to RAIMONDO da Caprua, confessore e storico della beata. Ci si accorda nell’intendere di una impressione vera, quella che i soggetti dicono, in simili casi, della realtà delle cose. Cf.: TERRIEN, lib. III c. II, p. 187. Boudon nel secolo XVII, raccontando un caso analogo, aggiunge: « Non è già che noi pensiamo che si sia fatto un cambio materiale ma solo che Egli, (Gesù) si consacrò (il cuore della sua serva) con una nuova santificazione, unendolo al suo divin cuore, fornace immensa del puro amore, abisso di una carità infinita e sorgente di tutte le benedizioni ». L’amour de Dieu seul, ou Vie de le soeur Marie-Angéligue de la Providence, 3a parte, c. VII Oevres complétes de Boudon, Paris, 1856 (ediz. Migne), t. III, p. 721. La stessa nota fa il P. Jacouer, Oblato di Maria Immacolata, nella sua Sainte Lutgarde ou la Marguerite Marie belge, Jette, Bruxelles, 1907, p. 55-56. Cf.: ibid, p. 68, nota). – Per precisare questa veduta generale, sembra utile di raccogliere i fatti o i testi pit salienti e pit significativi, d’indicare a grandi linee il progredire della divozione e di ricrearne le tracce principali! Per essere meno incompleti, ritorneremo un poco sui nostri passi, per raccogliere gualche spiga che non potemmo mettere nel nostro covone nel capitolo precedente (Ve ne sono molte più in FRANCIOSI, nel P. HENRI DE GREZES – Ma questi autori precisano poco; appena si fa questione della piaga del costato e del cuore di Gesù; accade anche più d’una volta P. Henri de Grezes di tradurre per cuore le parole latus, costatum, pectus, ecc. che non hanno questo senso preciso).

II.

CISTERCIENSI E BENEDETTINI

Santa Ludgarda. La venerabile Ida.

Bisogna segnalare, da prima, santa Ludgarda (1182-1246). Più di una volta nella sua vita si fa questione del sacro Cuore. Si esagera, tuttavia, quando si vuol farne cinque secoli innanzi e la Margherita Maria Belga. È già molto che ella abbia avuto con Gesù, amantissimo e amabilissimo, qualche cosa di quelle relazioni intime che abbiamo già ammirato in Mechtilde e in Gertrude, le sorelle cadette della vergine di Saint Trond e d’Aywières. Il fatto più saliente è il dono reciproco dei cuori. Dio le aveva accordato la grazia di guarire i malati. Si accorreva dunque a lei, e ne rimaneva molto molestata nelle sue preghiere. Ella disse al Signore: « a che scopo, Signore, questa grazia che m’impedisce spesso di trattenermi intimamente con voi? Toglietemela; ma in modo da cambiarmela in meglio « E il Signore: « Che cosa vuoi, le rispose, in cambio di questa grazia? » Ed essa: « Vorrei, per mia maggior divozione, comprendere il mio Salterio. » E così fu. Poi prevedendo che questa grazia non le dava tutto il profitto che ne aveva atteso…, disse ancora al Signore: « E a che cosa serve, a me ignorante, sempliciotta e illetterata, di conoscere i segreti della Scrittura? » – « Che vuoi tu dunque ? », Rispose il Signore.  « Voglio il vostro cuore. » – « Sono piuttosto io che voglio id tuo ». – « Cosi sia, Signore, ma temperate alla misura del mio cuore l’amore del cuore vostro, e che in Voi io possegga sempre il mio cuore, messo al sicuro sotto la vostra custodia (Vita seritta da TOMMASO DI CANTIMPRÉ, C. 1, n. 12, Acta Santorum t. XXIV, giugno t. IV ad diem 14, p: 193; Francios, col. 187 Vi si trovano molti altri tratti che si riferiscono più o meno direttamente, alla nostra divozione. H P. ALET nella France et le Sacre-Caur, p. 200, racconta un tratto simile della Beata Giovanna de Maillé, con un vago richiamo ai Bollandisti.). – Un’altra Cisterciense, la venerabile Ida (1247-1300), vide un giorno Nostro Signore, andare a lei; Egli le mostrava il petto del Signore, e l’invitava ad avvicinarsi a Lui con prontezza onde bere a questa deliziosa sorgente – de pectore suo mellifluo. – Questa volta, pertanto, Ida non si accostò al petto del Signore … ma, altre volte, spesso anzi molto spesso, in rapimenti simili, mentre era fuori dai sensi, entrò nella cella binaria e … bevve alla sacra sorgente del petto del Signore (de sacro…. Dominici pectoris fonte potaverat – Vita, 2, c. 1., n. 4. Acta sanctorum, t. II. Apr.t. II, ad diem 13, p. 173. Franciosi, col. 210). Questi due esempi bastano per dimostrare la divozione al sacro Cuore, nella. grande famiglia benedettina e cisterciense, e ne abbiamo già veduti molti altri nel capitolo precedente, cioè: san Bernardo e i suoi discepoli, santa Mechtilde e santa Gertrude.

III.

I FRANCESCANI

Le cinque piaghe e il sacro Cuore. Cantici Francescani. Jacopone. Stimulus amoris et Philomena. Margherita da Cortona. Angela da Foligno. Francesca Romana. Giovanna di Valois. Battista Varani. Ubertino da Casale. Bernardino da Siena. Enrico di Herp.

Nella famiglia francescana si trovano pure delle tracce numerose della divozione al sacro Cuore. Il P. Henry de Grézes, ha scritto un grosso libro con testi ed esempi. Abbiamo già parlato di san Bonaventura; raccoglieremo ora qualche altro fiore nel giardino di san Francesco. Il più sovente non vi si ritrova la devozione al sacro Cuore così direttamente come nelle sante Mechtilde e Gertrude; è piuttosto, una divozione ardente e espansiva alle cinque piaghe, specialmente alla piaga del costato, spesso alla piaga del cuore e, per conseguenza, al cuore ferito col molteplice simbolismo che vi si riferisce. L’ordine di san Francesco si distinse subito per la divozione alle cinque piaghe. In questa divozione quella del costato attirava naturalmente l’attenzione, e nella piagha del costato è così facile fermarsi a considerare il cuore ferito, ferito d’amore per noi, come lo era stato dalla lancia del soldato. Si sa che Nostro Signore, fece vedere in una visione alla nostra beala Margherita Maria san Francesco d’Assisi come uno dei più grandi favoriti del suo sacro Cuore e glielo dette per guida e come un pegno del suo amore divino (Contemporaines, t. V, p. 254 (282); G. n. 254, pag. 249; Cf. t. II, pag. 161).

Sino dal XIII secolo si cantava fra i francescani: Riguarda un poco, e vedi

Com ‘io sto per amore, Ho trapassato il cuore Con una lanza …

Mio cor tuo cuor desia. Mi fai d’amor languire. Frettati a me venire, Dammi il core (2).

(2) Citato dal P. HENRI, pag. 41. Si continuò per lungo tempo a cantare queste e altre strofe simili, come composte da S. Francesco. La B.ta Battista Varani racconta questo tratto grazioso. Nel secondo venerdì che tenne dietro al nostro ingresso in monastero, io stava con suor Costanza. Essa filava accanto al fuoco, mentre io cuciva…, ed essa a un tratto si pose a cantare questo cantico del nostro Padre s. Francesco. « Alma benedetta dall’alto Creatore ». Io replicai, e dopo avere ascoltato la prima strofa, cantai la seconda. Quando ella venne a queste parole: Risguarda quelle mani, Risguarda quelli piedi, Risguarda quello lato », io non potei continuare, la parola mi mori sul labbro e svenni fra le braccia della mia sorella ». CONTESSA DI Ramputeau; ia B. Varani, Parigi 1909, p. 85. Pacheu attribuisce a Iacopone un canto che comincia con gli stessi versi. Le strofe somigliano molto per il pensiero e per il metro a quelle del cantico attribuito a san Francesco dalla Beata Battista Varani, ma i versi sono differenti, – Fra le poesie di Fra Iacopone da ‘Todi (morto nel 1306) più di una fa menzione del Cuor di Gesi. quella che comincia Mirami sposa è una commovente richiesta di Gesù in croce dell’amore dell’anima sua Sposa. « Guardami un istante …. sulla croce, dove soffrì così crudelmente, per darti il mio fuoco divino…. Tu sei scritta nel mio cuore con lettere di sangue…. Il mio amore per te mi costrinse a venire nel mondo; e il mio cuore santo e puro non indietreggio dinanzi alla morte! Le mie mani e i miei piedi, la mia testa insanguinata sono, lo vedi, fra brandi pene:; ma la mia pena più grande è che tu veda il dolore mio…. di me tuo Redentore, e che tu ne faccia meno caso che di un fuscello ». La risposta dell’anima é una risposta d’amore. « E a chi dunque devo io darmi se non a te, Sposo mio? Che solo in te speri e che il tuo amore cui consumi » (Cf.: Pacheu, Iacopone da Todi, p. 156-158). Senza fermarci a rilevare quel che nell’opera di lacopone ha relazione col sacro Cuore, citiamo ancora un passo. Il poeta, ebbro d’amore, dice a Gesù che gli chiede di moderarsi: « Perché dunque mi conduci a una tal fornace d’amore, se tu vuoi che io sia temperante? …. Dandoti a me, in siffatto modo, senza misura, tu togli a me ogni misura…. Se qui vi è qualche colpa, ê tua, Amore, e non mia, poiché questa strada ê stata tracciata da te, o Amore. Tu non hai saputo difenderti dall’amore. È l’amore che dal cielo ti fece venire sulla terra …. (fin qui ti abbassasti!) Tu non volesti avere né dimora, né terra; ma la povertà per arricchirci. In vita e in morte tu mostrasti, in modo ben certo, l’amore senza misura che ti ardeva nel cuore… Dunque, o Gesù… perché mi rimproveri se son pazzo (d’amore)…. poiché l’amore ha legato te stesso sì fattamente come privato di ogni grandezza.» (Amor di caritate, I c., p. 248-252.). Chi vorrebbe contestare che in tutto questo vi sia, più o meno distinto, della divozione al sacro Cuore (il Cuor di Gesù vi è menzionato più volte), quando lo spirito della divozione animava sì visibilmente queste strofe infiammate? Vi sarebbe molto ancora da spigolare, non solo sulla piaga del costato, ma sul sacro Cuore medesimo, nei sermoni che circolano sotto il nome di sant’Antonio di Padova (1195-1231). Accontentiamoci di qualche. citazione, secondo Henry de Grèzes, che, senza garantire le edizioni di cui si serve, si è però assicurato che i passi che indica si trovano nel testo autentico delle opere del santo (L. c., p. 48. I testi che citiamo, sono sparsi nelle pagine 52 e 62 del P. Henry. Per quanto è possibile, abbiamo riferito quelli il cui testo latino mi è stato accessibile, sia nel P. Henry, sia in Franciosi, col. 180-182). « Egli ha dato per te il suo cuore sulla croce, ed è perciò che Egli ha voluto avere il cuore ». « Cor suum dedit in consumationem operum » (52). « Egli ha aperto alla sua colomba il suo cuore, perché vi si nasconda. Nascondendosi nelle cavità della pietra, la colomba si mette al riparo dalle insidie dell’uccello di rapina; e, nello stesso tempo, si prepara una dimora tranquilla, ove riposa dolcemente, e dove può gemere in pace. E l’anima religiosa troverà nel cuor di Gesù un asilo sicuro contro tutte le macchinazioni di satana e un ritiro delizioso. Non ci accontentiamo dunque di rimanere nel limitar della grotta, ma penetriamo nel profondo. All’ingresso della grotta, alle labbra della ferita, troviamo pur sempre, è vero, il sangue che ci ha riscattato …, ma l’anima religiosa non deve fermarsi lì…. Ma vada sino alla sorgente, da cui scorre quel sangue, nella parte più intima del cuor di Gesù. Là troverà luce, consolazioni, pace e delizie ineffabili. E là, nella cavità profonda della pietra, siate come la colomba che costruisce il suo nido …. Ma con che cosa costruiremo noi quella nostra dimora nel Cuor di Gesù? » (56, 57). « Vi sono due cose da considerare nel Cristo, che ci strappan le lacrime: l’amore nel suo cuore, il dolore nel suo corpo. L’altare d’oro è la carità nel cuore di Cristo » (62). « Tutti questi testi non possono essere attribuiti, con assoluta certezza, a sant’Antonio, ma ci danno dei lumi sulla divozione dei Francescani al Cuor di Gesù e sul modo con cui la predicavano (Insieme con. la nota del P. Henry de Grzes sulle opere di sant’Antonio, bisogna consultare l’Appendice 2.a di Lepitre, S. Antoine de Padoue, Paris, 1901, p. 204-208). Come prova della divozione Francescana bisogna ricordare qualche passo dello stimulus amoris, stato attribuito, per lungo tempo, a san Bonaventura, ma che certamente non è suo, per quanto vi si ritrovino le sue idee e, persino, le sue espressioni (Vedi S. Bonaventure, Opera omnia, Quaracchi 1898, t. VIII, Prolegomena, c. IIl, art. 5, p. CXI, cf, pag. XCIV. Sarebbe di Fra Giacomo da Milano, 2.a metà dél secolo XIII). Qui ancora è la ferita del costato che attira l’attenzione; il cuore non è estraneo al pensiero, ma non è che di passaggio che se ne fa una menzione esplicita: «Io voglio fare tre tende, una nelle sue mani, una nei suoi piedi, ma soprattutto una che sia fissa nel suo costato…. Là io parlerò al suo cuore e otterrò tutto quello che voglio (1,1,634) (Traduco dal testo latino, ediz. Vives, Parigi 1867, t. XIII. Cf. Pungiglione d’amore, tradotto in francese dal P. Ubalpo di ALENCON, 1910, c. XIV, pag. 83,86, c. 18, pag. 33, c. XIII, pag. 75. II P. Ubaldo segue l’ediz. di Quaracchi dove mancano il 3° e il 5° testo). « Nell’eccesso dell’amor suo Egli si è aperto il costato, onde poterti dare il suo cuore » (1,1,635). « Se ti sei liquefatta (liquefacta) al solo udir la sua voce, come non ti sei tutta immedesimata (absorta) in lui entrando nelle sue ferite…. sino al suo cuore? » (2,8,672). « Se tu mediti la sua passione e penetri profondamente nel suo costato, arriverai ben presto al suo cuore. Beato il cuore che si unisce così teneramente al cuore di Cristo » (3,1,677). « Avviciniamoci a questo cuore profondo e immergiamoci tutti e interamente in questa profondità della bontà infinita. Avviciniamoci con fiducia al costato di Gesù; entriamoci » (1,14,657). Egli ha voluto mostrarci l’amore del suo cuore, attraverso l’apertura del suo costato » (3,14,690). – Quest’ultima espressione è, lo abbiamo veduto, la formula fondamentale della divozione al sacro Cuore. La ritroviamo in un poema del Medio Evo intitolato Philomena (forma popolare di Philomela), che pur si attribuisce a san Bonaventura, ma forse a torto (Vedi S. Bonaventura, Opera omnia, Quaracchi 1898, t. VIII, Prolegomena, c. II, art. 1:$ 7,3; p. CIV, CV, Cf. p. 699, nota 3)  « Finalmente Egli ti ha scoperto il suo cuore così tenero, per farti conoscere quanto ti ha amato: Domum suum dulce cor tibi denudavit. Ut sic innotesceret quantum te amavit (Strofa 67, ediz. di Quaracchi, t. VIII, XIV, p.-. 672. Ediz. Vivès, t. p. 165. Si potrebbe citare pure la strofa seguente, sopra tutto la seconda: Cor ignavi siquidem minime perpendit. Ad quid Christus optimum suum cor ostendit, Super alas positum crucis; nec attendit. Quod reclinatorii vices hoc prætendit. L’idea del Cuor di Gesù come reclinatorium (lettuccio?) si trova sino dall’XI secolo. Si riferisce a s. Giovanni, che riposa sul petto del Salvatore. Il testo latino di Taulero ci offre nello stesso senso la parola pulvinar (guanciale, cuscino -). Nel movimento francescano possiamo pur rammentare santa Margherita da Cortona (1242 – 1297), la grande peccatrice che divenne terziaria di san Francesco; la beata Angela da Foligno (1248 – 1309); santa Francesca Romana (1384-1440), che fu terziaria di san Francesco, prima di divenire figlia di san Benedetto, in un monastero fondato da lei stessa; la beata Giovanna di Francia (1404-1505), che fu del Terzo Ordine di san Francesco prima di fondare le suore dell’Annunziazione; la beata Battista Varani, Clarissa, (1458 – 1527). Nostro Signore Apparve un giorno a santa Margherita da Cortona (1247-1297), e le disse: « Metti le tue mani sulle piaghe delle mani mie ». Ella non osava, e rispose: « Oh: no, Signore ». In quel punto si aprì la ferita del costato e, in quell’apertura, ella vide il cuore del suo Salvatore. Allora in un trasporto d’amore (in quo excessu) Margherita abbracciò il suo Signor crocifisso e da Lui fu trasportata al cielo » (Vie, scritta dal suo confessore, c, VI febbraio t. III n. 152, Acta Sanctorum, t. VI, febbraio t. III: ad diem 22, P. 335. Testo latino in FRANCIOSI, col. 208). – Un altro giorno Nostro Signore le chiese: Figlia mia, mi ami tu?» Ella rispose: « Non solo vi amo, Signore, ma vi desidero, e vorrei, se Voi pur lo voleste, esser nel vostro cuore ». E il Signore: « Perché, le disse, se vuoi entrare nel mio cuore, non vi entri per la ferita del mio costato? ». Al che Margherita riprese: « Signore Gesù, se io sono nel vostro cuore, sarò pure nella ferita del costato » (Vie, c. V Acta Sanctorum, I, c. 330, Franciosi, 208). – Un giorno mentre ella Pregava per i Padri dell’anima sua, Nostro Signore le disse:« Dì ai miei Frati Minori, che le loro anime non ritardino di entrare in me per l’amore; perché Io entrerò nelle loro anime con la mia grazia. Con questo intendimento che comincino al mio presepio e continuino la loro meditazione…. sino al supplizio finale della mia passione. Ad ogni sosta delle mie sofferenze considerino l’amore del mio cuore ardente » (Vita, c.IX, n. 285, Acta Sanctorum, 1, c. p. 351 in Franciosi, 209). –  La beata Angela da Foligno (1248-1309) si occupa più, ella pure, della ferita del costato, che del cuore propriamente detto. Certi tratti, pertanto, meritano d’esser notati. Un giorno, dic’ella, « ebbi un sogno, in cui mi fu mostrato il cuore di Cristo, e mi fu detto: In questo cuore non vi è menzogna; tutto vi è verità » (Vie, par ARNAUD, suo contemporaneo, c. I, n.27, Acta Sanctorum, t. I., Gennaio t. l, ad diem 4, p. 189; Franciosi, 229. Cf. Le livre des visions et instructions de la’ B. Angéle de Foligno; Tradotto da Erneest Hello, con Avertissement di GEORGES Goyau, 5.a edizione, Paris 1914, p. 53. La santa aggiunge una spiegazione di cui non si vede il rapporto con la parola di Gesù: « Et hoc videbatur mihi quod acciderat, quia ego feceram quasi. truffas. de quodam pradicatore ». Il P., Henry traduce « Io compresi allora, che questa visione mi era data per mostrarmi la temerità che avevo avuta di criticare ciò che un predicatore aveva detto dalla cattedra, sui misteri del santo Cuore di Gesù ». E conclude che la divozione incontrava qua e là delle opposizioni. Ma è un andare più lungi nei testi). Un’altra volta, fra le altre spiegazioni sulle sue sofferenze, Nostro Signore disse: « Per i peccati del tuo cuore (s’intendono peccati interni d’invidia, collera, ecc.) io ho avuto il cuore e il costato trapassati da una lancia acuta, e ne è uscito un rimedio sovrano contro tutte le passioni e i peccati del cuore » (Vie, c. VI, n. 107; Ibid., p: 203; FRANCIOSI, 229, trad. Hello c. XXV, p. 151). – Santa Francesca Romana. vide un giorno « l’Agnello di Dio e dei bianchi agnellini che scherzavano davanti a Lui e gli facevano umilmente la riverenza. Poi una voce si fece udire: « Se qualcuno, ha sete, che venga a me e beva ». E l’Agnello divino presentava il petto agli agnellini per invitarli a bere alla gran piaga da cui era ferito. E gli agnelli accorrevano dolcemente. La devota serva di Dio vi fu pur condotta. Ella vide nella ferita. un oceano profondo di luce infinita, e, non contenta di bere, avrebbe voluto immergervisi tutta, se le fosse stato permesso. Ma ne fu impedita senza sapere da chi… E intese una voce che diceva: « Io sono questo amore che grida alto: ..Se qualcuno ha sete, che venga e beva; quelli che vengono, Io voglio satollarli e ho aperto il mio cuore per farne il loro asilo » (Vita, 1, II, visione 8, n. 15-16, Acta Sanctorum, t. VIII, marzo, t. Il, ad diem 9, p. 108; in Franciosi, col. 267.). In un altro luogo il suo storico ci dice: « Un giorno ch’ella beveva avidamente alla ferita del costato…, elle vide il cuore del Salvatore ferito da un lato (ex uno latere) dalla lancia » (Loc. cit., n. 17, P. 108 ; Franciosi, l. c.). Un altro giorno ella ebbe una visione analoga: « Nella piaga del costato vi era come un oceano di dolcezza infinita… ed ella intese una voce dolcissima che diceva: « Io sono l’amore fedele che mette l’anima nella verità….. E dalle mie piaghe esce uno splendore siffatto che ella diviene tutta accesa d’amore. E quando l’anima è così infiammata, io la trasformo, ed ella si abbandona tutta al mio amore e alla mia volontà; là trova un abisso di amore e di dolcezza » (Ibid., visione 14, n. 32, p. 112; Franciosi, col. 290). Si vede come siamo vicini al sacro Cuore. Lo tocchiamo quasi. Notiamo, pertanto, che è la piaga del costato che è il centro di tutto; tutti i particolari si coordinano in rapporto ad essa, quelli pure in cui si fa menzione del cuore. In Margherita Maria è il contrario; i particolari sono quasi sempre gli stessi, ma è il cuore che ne è il centro. – Il cuore simbolo si rivela meglio in una visione della beata Giovanna di Valois (1464-1505). Un giorno, « rapita in estasi vide Cristo e la Madre sua che le presentavano…, due cuori. Volendo essa stessa offrire il suo cuore, siccome il Cristo le domandava, ella si mise la mano nel seno e rimase sorpresa nel non trovarvi più il cuore, mentre il dolcissimo Gesù le sorrideva teneramente. E non è meraviglia, aggiunge lo storico, che ella non più lo trovasse, perché unito per l’amore al cuore di Cristo, vi viveva più che nel suo proprio corpo » (Vita, c. III, n. 8, Acta Sanctorum, t. IV, febbraio, t. I, ad diem 4, pag. 583; in Franciosi, col. 290). – Ancor più espressive e veramente degne di beata Margherita Maria sono le visioni della B. Battîsta Varani, Clarissa (1458-1527) ((3) Vedi Conressa. pe Ramsureau, La 8. Varani, Princesse de Camerino, et Religieuse francescaine, Paris, 1906, Si troveranno là quasi tutti i passi tradotti qui letteralmente dal testo latino dei Bollandisti. De Ramsureau rimanda per il testo italiano a Opere spirituali della beata Battista Varani, Camerino, 1894). Ella stessa parla in una relazione scritta nel 1419: « Non è meraviglia, mio dolcissimo Gesù, ch’io avessi voglia di entrare nel vostro cuore. Poiché voi mi avevate già mostrato il mio nome, là dentro, scritto in lettere d’oro. Oh! come mi parevano belle, nel vostro cuore purpureo, le lettere d’oro, in scrittura antica, che significavano: « Io ti amo Camilla » (Essa si chiamava Camilla di nome di battesimo). E voi mi avete presentato questo spettacolo perché io non potevo comprendere che aveste per me un tale amore, e voi quasi ve ne scusavate dicendo che non potevate farne a meno, poiché mi portavate scritta nel vostro cuore; e, alzando il vostro braccio glorioso, mi facevate leggere le parole che ho detto ». Da ciò naturalmente, si accendeva in lei un desiderio ardente « di perdersi nel cuore immenso di dolore, ove fu immerso il cuore di Gesù… Questo desiderio la tenne per due anni nella preghiera e nella meditazione…, sino a che fu ammessa in sacerrimum thalamum myrrhati cordis Jesu Christi, veri solique maris amarissimi, omni tam angelico quam humano intellectui in navigabilis » (Vita scritta da sè stessa, c. IV, n. 29 e 30. Acta Sanctorum t. XX, maggio, t. VII, ad diem 31; p. 478. In Franciosi, col. 292. Cf. contessa de RAMBUTPAU, p. 7-5 77). Ella intendeva per quella « camera sacra dal cuore imbalsamato di mirra » per quel « mare d’amarezza che non potrebbe esser navigato da nessuna intelligenza angelica, o umana », i dolori immensi e senza limiti del sacro Cuore. Noi andiamo a piene vele, lo si vede bene, verso quel mondo in cui si agita il pensiero di beata Margherita Maria. Sono quasi le sue stesse parole. Ciò che segue ricorda parimente una lettera della beata Visitandina al P. Croiset. « Una rivelazione meravigliosa, che io voglio che domandiate a Dio (scrive al suo figlio spirituale) è che vi faccia conoscere quello che siete, quello che potete, quello che sapete, quello che meritate; perché senza questa rivelazione, nessuno può giungere alla perfezione. Questo segreto, d’altronde, non s’impara che nel sacro petto di Cristo Gesù ; ed Egli non lo rivela a tutti…: (Supplemento alla Vita, c. Il, n. 10, p. 494, FRANCIOSI, 293). Vegliate dunque con tutta la cura possibile, anima cara, a essere umile di cuore (humilis ex animo), caritatevole, pio, dolce, con gli occhi fissi come su di uno specchio; sul purissimo cuore del dolce Gesù, rendendovi a Lui somigliante, se pur desiderate la sua dolce familiarità e la sua amicizia così onorevole. È in questo cuore, è in questo sacro petto, che vostra madre (Ella parla qui di sé stessa. -) ha attinto tutto quel che ha di bene esteriormente: e interiormente. Il dolce petto di questo amantissimo Gesù è stato la sua scuola; è là che ha studiato. Là non si legge che verità, mansuetudine, compassione, dolcezza, gioia del cuore e cristiana felicità; là non si trova che amore e carità per il prossimo. O cuor divino! lo non posso impedirmi di nominarvi, poiché ella si è veduta scritta in voi in lettere d’oro; belle e risplendenti. Entrate là, o anima, se volete esser presto perfetta. È questa via la via breve, nascosta, sicura, infallibile, per la quale ha camminato e cammina vostra madre: seguitela dunque » (Supplemento alla Vita, c. Il, n. 14, p. 495, in Franciosi 293). « Vi è, diceva ella ancora, la stessa differenza fra quegli che si esercita a meditare i dolori intimi (mentalibus) di Cristo e quegli che si ferma a considerare quelli della sua sola umanità (Bisogna intendere qui i dolori esteriori e corporali) che vi è fra il miele, o il balsamo, che è nel vaso, e le poche gocce che’ bagnano il vaso al di fuori. Chi desidera, dunque, di gustare la passione di Cristo, non deve accontentarsi di passare la sua lingua sull’orlo esterno del vaso, vale a dire le piaghe e il sangue che aderiscono a questo sacro vaso dell’umanità di Cristo…, ma entri nel vaso stesso, voglio dire nel cuore di Cristo benedetto, e là sarà satollato al di là dei suoi desideri… Ogni spirito non è atto a navigare in questo oceano…, ma Dio ne rende capace chi lo desidera e lo ricerca in verità » (Rivelazioni, n. 21, Acta Sanctorum, 1. c. p. 492, Franciosi, col. 294. Contessa de Rambuteau, p. 103). – I mistici francescani finiscono per introdurci nella piena divozione del Cuor di Gesù verso la fine del secolo XV o verso il principio del XVI. Qualche predicatore, di cui abbiamo gli scritti, ne ha pur parlato. I due principali sono fra Ubertino da Casale, l’ardente capo degli « spirituali », verso la fine del XIII secolo, e san Bernardino da Siena, l’amabile apostolo della divozione al Nome di Gesù. Nel suo libro sulla Passione, scritto del 1305, che egli intitola. Arbor vitæ, Ubertino parla spesso dei dolori del cuore (cordiales dolores), di Gesù. Egli si compiace a studiare le sofferenze intime del cuore divino. Racconta che egli stesso, nelle sue meditazioni. Sulla Passione, beveva l’acqua che scorreva dalla sorgente aperta in questo cuore, e come: « lo spirito di Gesù l’occuperà per quattordici anni dell’esteriore di Gesù, « circa forinseca Jesu »; prima d’introdurlo « nelle perfezioni. profonde dell’anima sua e nei dolori inesprimibili del suo cuore ». Egli amava « immergersi in quell’abisso di sofferenze dell’amor divino ». Egli. ci dice, in termini molto simili a quelli della beata Margherita Maria «il dolore amoroso del divin Cuore durante tutta la sua vita, come ricevé la croce, sino dal seno: della madre sua e sempre la portò nel cuore ». Più che lo studio della vita esteriore di Gesù, egli gusta quello della sua vita interiore, e il dono speciale dello Spirito Santo « a quelli che nel fervore di un amore serafico, sono introdotti nei sentimenti cordiali della perfezione del cuor di Gesù». Ci descrive Gesù mentre va al Calvario, « pieno d’amore, col cuore acceso d’ardore per compiere il mistero della redenzione che per trentatrè anni…. aveva compiuto nel suo cuore, esprimendo con segni esteriori l’amore intimo del suo cuore ». Le parole di Gesù in croce « venivano dall’abbondanza del suo cuore. Vi era, in quel cuore insieme con un ardente amore inestinguibile, con un dolore d’amarezza incomprensibile, un vigore di coraggio indomito (L. IV, c. 19, col. 2, Testo latino del P. Henry DE GREZES, pag. 124. Gli altri testi, /bid., p. 110-124. Cf. FrÉDÉGAND CALLAEY, Études sur Ubertin de Casal, nella Recueil des travaux pubblicata da l’Università di Louvain, 28 fascicolo, p. 87-90, Paris 1911) ». – Il P. Henry de Grèsez, a p. 112, interpreta così la dottrina di fra Ubertino: « La vita di Gesù Cristo si riassume in queste due parole: amore e sacrifizio. Egli mi ha amato, dice l’Apostolo, e, per amore, si è immolato per me: Dilexit me et tradidit. Il sacrifizio apparisce in tutta la vita esteriore del Salvatore, e la sua espressione culminante fu la immolazione sul Calvario. Ma questo sacrificio non era che il sacramento, vale a dire il segno visibile e sacro del sacrificio invisibile, che si era compiuto, e non cessava di compiersi nel cuor di Gesù tutto acceso d’amore. È dunque a questo augusto santuario che dobbiamo andare, se pur vogliamo comprendere la vita immolata del Salvatore e i suoi meriti infiniti. Noi non comprendiamo il martirio del corpo di Gesù, che studiando con amore il martirio del suo cuore ». – Io temo che l’interprete abbia messo qualcosa del suo, almeno nell’espressione, ed abbia un po’ rammodernato il suo autore. Ma il fondo rimane esatto, come lo mostrano i testi che abbiamo citato. Aggiungiamo questo, nel quale l’anima divota è invitata a fare come Maria: « La lancia salutare ha fatto un foro nella pietra, un asilo nella muraglia, come soggiorno di colomba. Alzati, dunque, Vergine Beata, unica, sola colomba tutta bella del diletto Gesù; fai il tuo nido all’apertura del foro, nel cuore aperto e nel costato del tuo Cristo…. E tu, figlio devoto della Vergine Madre, entra con la Vergine, vaso di divozione, nei segreti del cuor di Gesù che la lancia ha crudelmente aperto per te, e là completa ciò che manca alla passione di Cristo, gustando con la Vergine i dolori delle ferite del Salvatore » (L. IV, c. 24, Franciosi col. 223). Non attribuiamo a fra Ubertino più di quello che ha detto. Se il simbolismo del cuore non è molto accentuato in lui, vi è frequente la menzione del cuore, come sede dei sentimenti e delle virtù del divin Maestro, come centro della sua vita intima e particolarmente del suo amore, come luogo di riposo per l’anima contemplativa e d’ unione intima con Gesù, come principio amoroso di tutte le Opere e sofferenze di Cristo. – San Bernardino, 1383-1446, si avvicina di più alla nostra divozione, se se ne giudica da alcuni passaggi delle sue prediche: « O amore, che fai liquefar tutto, in quale stato hai ridotto il nostro Amico per operare il nostro riscatto? Affinché il diluvio dell’amore inondasse tutto, i grandi abissi hanno rotto le dighe, voglio dire le profondità del cuor di Gesù; la lancia crudele ha penetrato sino nel fondo, senza risparmiar nulla. L’apertura del costato ci fa conoscere l’amore del cuor di Gesù, sino alla morte, e c’invita ad andare a questo amore ineffabile che lo ha fatto venir sino a noi (ad illum ineffabilem amore ingrediamur, quo ille ad nos processit). Andiamo dunque al suo cuore, cuore profondo, cuore segreto, cuore che pensa a tutto, cuore che ama, o piuttosto, che arde d’amore. La porta è aperta; comprendiamo da ciò la vivacità del suo amore (Il testo latino è oscuro: Apertam portam intelligamus saltem in amoris vehementia.) e, col cuore conforme al suo, penetriamo in questo segreto, nascosto, sino all’ora, e svelato, per così dire alla sua morte, per l’apertura del costato (Serm. 51 per il venerdì santo, p. 2, ediz. di Venezia, 1745, t. I, p. 263, art. 2, c. III, in: FrANCIOSI, col. 270-271. Il dettaglio del pensiero è oscuro nel testo che abbiamo e non mi lusingo di aver compreso tutto. Cosa curiosa; questo testo si trova quasi parola per parola, come pure tutto lo sviluppo di cui fa parte nell’Opus in Quatuor Evangelia del B.to Simone da Cascia, che citeremo presto;Vedi: Franciosi; col. 339-341. Il senso è più chiaro nel testodi Simone : Et per apertam portam fiamus saltem in amoris vehementia cordiformes et mente intremus ad secretum…. Forse Bernardinonon vuol dire altra cosa).E poco prima diceva nello stesso sermone: « Gesù incroce, era tutto acceso d’amore per noi…. e si occupava della nostrasalute. Non aveva egli detto: L’uomo da bene ritraeil bene dal buon tesoro del suo cuore? Dunque dal buon tesorodel suo cuore; che è l’amore, Egli aveva sempre trattoil bene, ma Egli prodiga l’eccellente amore quando, per amornostro, era sospeso in croce. Là egli mostrò che il suo cuoreera una fornace della più ardente carità, per infiammare, perconsumare pienamente, efficacemente il mondo intiero » (Serm. 51, p. 2, art. 1, Ediz. di Venezia, t. I, p. 252. In Franciosi, col. 270). In un altro sermone, si esprimeva così: « Il Cuore di Gesù, non si potrebbe meglio paragonarsi, a causa del suo ardente amore, che a un incensiere pieno di carboni accesi » (Serm. 56, in Parasceve, 3° p., art. 2, c. III, ediz, Venezia, 1745; t. II, p. 370, FRANCIOSI, 272.). – Il gran mistico Enrico de Herp (Harphius), che morì verso il 1478, non fa che ripetere, e spesso coi medesimi termini, ciò che avevano scritto i suoi predecessori sulla piaga del costato, i Sacramenti che ne escono, ecc. Quello che dice del sacro Cuore coincide, presso a poco, sia in pensiero che in espressione; con ciò che ha scritto Ludolfo Certosino, sia che Harphius abbia copiato Ludolfo, sia che i due abbiano attinto alla stessa fonte. Vi sono, pertanto, dei tratti che sono suoi: « Che la volontà di Dio ci sia gradita in tutto e al disopra di tutto, poiché il cuore di Cristo è stato ferito per noi di una ferita d’amore, onde, per corrispondenza d’amore, noi possiamo entrare per la porta del costato sino al suo cuore e là unire tutto il nostro amore al Suo amore divino. E, come metalli diversi, fusi al fuoco e uniti insieme, si trasformano in in un’altra sostanza unica, così l’uomo deve fondere fedelmente tutti i suoi desideri nell’amore di Cristo (Nel testo si trova « amore Christi fundare» che, a prima vista, non dà perfettamente lo stesso senso; ma, riguardando più da vicino, mi sembra che vi sia un’idea di fusione, Forse bisognerebbe leggere fundere o intendere fundare nel medesimo senso), e rivolgerli a Dio…. Impara, anima fedele, di quale amore ardeva Gesù, poiché l’ampio recinto del cuore si è trovato troppo stretto e la fiamma dell’amore ha dovuto sprigionarsi per le aperte piaghe del cuore » (Theologia mystica, I. I, c. XVIII, ediz. di Brescia 1601, pag. 50 e 51; Franciosi, col. 280. Vedi più avanti, § 5, Lupolfo Certosino). A questi testi e a questi fatti bisogna aggiungere una parola su ciò che la famiglia francescana ha fatto onde familiarizzare le anime col sacro Cuore per mezzo delle immagini. Si sa come ci si abitua, poco a poco, a rappresentare la piaga del costato con una immagine del cuore, e come intorno a questa immagine si aggrupparono, in mille modi ingegnosi, le altre piaghe (Vedi Grimouard di s: Lorenzo; Les images du sacré Coeur, p. 46, ecc.). Così l’attenzione era sempre più concentrata sul cuore ferito. Propagando la divozione alle i cinque piaghe e moltiplicandone le immagini, preparavano il terreno alla nostra divozione (Vedi, oltre Grimouard di s. Lorenzo, l. c., il P. HENRY DE GREZES, I p. 29:2 e ss.).

IV.

I DOMENICANI

Santa Caterina da Siena. Taulero e gli scritti Tauleriani. Il B.to Enrico Suso. Le Domenicane di Colmar. La B.ta Cristina di Stommeln, Le Domenicane di Schonensteinbach. L’ufficio delle cinque piaghe e della piaga del costato.

Senza tornar qui su santa Caterina da Siena, della quale ho già parlato, troviamo negli scrittori e nei mistici domenicani molti tratti sul sacro Cuore. Giovanni Taulero, 1294-1361, ne ha fatto spesso menzione nei suoi sermoni, si citano, sotto il suo nome, altri testi, più commoventi ancora di quelli dei sermoni, ma son ricavati dagli Esercizi sulla vita e passione di Nostro Signor Gesù Cristo, che, secondo il P. Denifle, non sono da attribuirsi a lui. Spiegando in un sermone come tutta la vita cristiana deve esser piena del pensiero di Gesù, egli vuole che ci si addormenti su questo cuore sanguinante: « Si dormit, super cor illius cruentum sese reclinet » (In dominic. IV Adventus, sermo 2. Vedi D. 1. Thauleri clarissimi atque illuminati T. teologi, sermones…. reliquaque …. opera omnia, Parigi, 1623, p. 39. In: Franciosi, col. 242, ediz, Venezia 1556. Cf.: Noòel, Opere complete, t. I, p. 292, 1911); e che questo « cuore ci sia come un cuscino, corque suavissimus pulvinar » (In Dominic. XV post. Trinit., sermo 1, ibid, P. 449; Franciosi, L.c., NoeL, t. IV, p. 83). Egli fa dire a Nostro Signore: « Più che la morte mia, già così dura, sarebbe stato doloroso al mio cuore che ci fosse rimasto una sola goccia di sangue o d’acqua che io non avessi mversato da questo mio cuore per la salute dell’uomo. Poiché, come il sigillo imprime la sua forma alla cera, così la forza dell’amore con cui ho amato gli uomini, ha impresso in me nelle mie mani e nei miei piedi, e persino nel mio cuore, l’immagine dell’uomo, in maniera che io non posso cessare di pensare a lui» (In S. Pauli commemoration, ibid, p. 570 in FRANCIOSI, col. 243. Néel, t. V, p. 137.). Egli vuole che il discepolo di Cristo « si ritiri interamente nel cuore amoroso e dolcissimo di Gesù, nella camera deliziosa dello sposo, (che Egli stesso ha aperto a tutti quelli che ben vogliono dargli il cuore per abbracciarvelo .. .. fra le braccia del suo amore), e che là impari a rinunziare a se stesso in tutti i modi…, come il Signore vorrà, e come piacerà al suo divin cuore » (In Assumptione ; ibid, p. 593, in Franciosi, col. 243, Noel, t-V, p. 201). Ma se nei sermoni di Taulero si è molto parlato del sacro Cuore, più e meglio ancora è forse di esso parlato negli Esercizi sulla vita e passione di Nostro Signor Gesù Cristo. Dopo aver detto del sangue ed acqua uscite dal costato trafitto, l’autore aggiunge: « Il costato di Cristo è stato trafitto vicino al cuore per aprirci l’ingresso in quel cuore. Vi si vede il suo amore incomprensibile. Egli si dà interamente a noi, non riserba nulla nel suo cuore, se non per darcelo. Che cosa avrebbe potuto fare di più per noi? Il suo medesimo cuore Egli ce lo ha aperto come la sua camera segreta per introdurci là dentro come una sposa prescelta …. Egli ci ha dato il suo cuore orribilmente ferito, per farne la nostra dimora, sino a che, pienamente purificati, senza macchia, conformi al suo cuore, siamo resi capaci e degni di esser condotti con Lui nel cuore divino del Padre. Egli ci dà il suo cuore per nostra dimora e, in compenso, non chiede che il nostro per riposarvi » (Exercitia de vita et passione Salvatoris Nostri J.-C.; in Franciosi, col. 244-247, ediz. di Colonia 1706. Il P. Gracomo Talon dell’Oratorio, traduceva questi Esercizi nel 1669 (approvazione di Bossuet). Ho avuto sott’occhio la 3.a edizione di questa. Il passo tradotto, c. LIII, si trova alla pagina 385. Il P. Noel ne ha dato una nuova traduzione. Opere complete di Giovanni Taulero, t. VI e VII, 1912, 1913. Vedi t. VII, p. 181.). Si tratta qui del cuore di carne, del cuore ferito; ma è considerato simbolicamente, come lo dimostra il riavvicinamento col cuore di Dio. Siamo dunque qui, veramente, in faccia alla devozione del sacro Cuore. Il seguito è nello stesso senso e molto bello. In continuazione delle opere del Taulero, il Surio ha inserito un opuscolo anonimo, intitolato De decem cæcitatibus, « Dei dieci accecamenti ». L’opera non è, certo, del gran mistico, ma è ispirata alla sua maniera di vedere e piena del suo spirito. È un trattato dei principali ostacoli alla perfezione dell’anima e alla sua unione con Dio. Ora, alla fine del trattato, c. XX, si trova, come a riepilogo, un triplice esercizio divinamente rilevato, che contiene, in breve, tutta la perfezione della santità. Il primo si riferisce alla pratica perfetta dei doveri del proprio stato, mettendovi spirito interiore; il secondo all’esame attento della coscienza, con contrizione e fermo proposito; il terzo alla divozione nel servizio di Dio, secondo la propria attrazione. Qui il gran mezzo è meditare la vita e la passione di Cristo, studiandovi l’immenso amore che vi si manifesta e operando in conseguenza; poi s’impara a vivere in Dio per la fede, la speranza e la carità. Questa vita amorosa in Dio, si pratica eccellentemente con l’esercizio delle cinque piaghe, che ci fa passare per l’umanità per andare alla divinità. Nella piaga dei piedi si gettano tutte le proprie miserie per farla finita col peccato; alla piaga delle mani ci si abbandona in Dio e si riceve Dio in sé, meditando quanto Dio ci ha amato, e tutto quello che ha fatto per noi, sforzandoci di rispondere al suo amore e ai suoi benefici con un amore distaccato da tutto, un amore puro, vivo, efficace che riferisce tutto alla gloria dell’amico divino. « Ornato di questo triplice amore, pieno di una ardente carità, vi raccoglierete ed andrete al cuore di Gesù. È un tesoro immenso, una sorgente infinita di bontà e di carità. Voi vi entrerete per mezzo dei quattro esercizi seguenti », Il primo è l’offerta totale di sé, l’abbandono a Dio, quel che ora chiamiamo la consacrazione al Cuore di Gesù. Il secondo, è la domanda di ogni sorta di grazie, e soprattutto di Dio stesso. Il terzo, il desiderio di divenire conforme a Lui, nelle sue sofferenze, nelle sue umiliazioni, e nelle sue virtù, particolarmente nell’amor suo, per potersi trasformare in Lui. Il quarto è l’unione con desiderio e preghiera, che questa unione divenga sempre più stretta e perfetta. « Così unito a Lui, andrete alla stessa divinità . … e potrete immergervi tanto profondamente nel vostro Dio, così dolce, che le creature non vi trovino più come creatura, e là tutto il vostro desiderio sarà d’essere assorbita in Lui e, a vostra volta, assorbire Lui stesso, poiché Egli non è che una montagna o un mare immenso d’amore e di bontà … E se, mentre siete così nel Cuor di Gesù, la divinità vi assorbe, sarete felice ». È, conclude l’autore, « ciò che è accaduto, or non è gran tempo, a un amico nascosto di Dio » (D. I. Thauleri…. sermones…. reliquaque…. opera omnia, Parigi 1623, p. 806-905; Noel, t. VII, p. 504 ss.), che ha fatto questo triplice esercizio. Il Cuor di Gesù non è nominato che due volte in questo esercizio; ma vi occupa però una parte principale. L’unione a Dio è lo scopo supremo, ma Gesù ne è la via. Stringendosi a Lui, immergendosi nelle piaghe dei suoi piedi e delle sue mani, ci si prepara all’unione intima con Lui; ma è nella piaga del costato e nel cuore che si consuma. Ed ecco che questa unione con Dio fatto uomo, conduce l’anima anche più in alto, nell’intimo della divinità; dal cuore dell’Uomo-Dio, arriviamo al cuore di Dio. È la via spesso indicata dagli asceti e dai mistici del Medio Evo e abbiamo potuto afferrarne qualche traccia nella nostra rivista benché troppo rapida. L’autore che abbiamo analizzato vi ha indicato come dei punti di riposo e insinuato l’importanza speciale della fermata nel cuore di Gesù. Ora quel che egli dice combina con quello che ci avevano detto i primi testi precisi sulla divozione al sacro Cuore, quello specialmente di Guglielmo di Saint-Thierry che ci presentava il cuore di Gesù, come il Santo dei santi, ove Dio riposava, o come l’urna d’oro che conteneva la manna della divinità (Vedi più sopra c. I, § 2.). È nel medesimo senso che santa Margherita Maria intendeva la divozione, quando scriveva alla Madre Greyfié: « Egli mi ha fatto conoscere che il suo cuore è il Santo dei santi, il santo d’amore che Egli voleva fosse conosciuto al presente per essere come mediatore fra Dio e gli uomini » (Lettera XXXIII (XXXIV); Vita e Opere, t. Il, p. 68 (105). G. XXXVII, 300. Vedi più sopra 1. parte, c, II). –  Così il movimento della divozione è sempre e da per tutto lo stesso. Ciò riesce evidente dall’insieme di questo studio. Ma era, forse, utile di fermarci un momento nella nostra corsa frettolosa, per farlo osservare. – Vi sono dei tratti affatto simili nelle opere del B. Enrico Suso (1300-1366). Egli fa dire a Gesù: « Considerate tutti i cuori e vedete se uno solo è stato mai così ripieno d’amore come lo è stato il mio. Avrei voluto, al posto di tutte le mie membra, averne un solo, il più nobile…. il cuore, e avrei desiderato che questo cuore fosse trafitto, distrutto, straziato; fatto in pezzi…., avrei voluto che non ne rimanesse in me nulla che non fosse dato per dimostrarvi il mio amore » (Libro della sapienza, c. IV, in Oeuvres mystigues du B. Henri Suso, nuova traduzione del. P. G. Thiriot, O. P., t. II, p. 28, 29, Paris, 1899). E un po’ più avanti: « Bisogna che tu entri per il mio costato aperto nel mio cuore ferito d’amore e che tu ti rinchiuda là dentro; bisogna che tu vi cerchi una dimora e che tu vi rimanga. Io ti purificherò allora nell’acqua viva, e ti colorerò in rosso col mio sangue, mi immedesimerò con te e a te mi unirò eternamente ». L’anima fedele risponde: « Signore, nessuna calamita attira il ferro con tanta forza, quanto l’esempio delle vostre amabili sofferenze attira i cuori per unirli al vostro » (Ibid, c. XVIII, p. 130). – E quello che scrivevano Taulero e Suso vien realizzato dai mistici domenicani. Abbiamo parlato di santa Caterina da Siena, ma possiamo segnalare altri casi meno conosciuti. Esisteva a Colmar un convento di Domenicane molto devote alla Passione del Salvatore e alle sue sacre piaghe. Nelle notizie scritte da una di quelle suore, Caterina di Guebwiller intorno a diverse delle sue compagne che vissero là, dal 1250 al 1330, si vede che nella piaga del costato ritrovarono più d’una volta il Cuore divino. Una di esse, Gertrude di Sassonia, fu fatta vedere, alla badessa del monastero, come essendo nel cuore di Gesù su di una immagine meravigliosa del Crocifisso. Siccome egli se ne meravigliava, il Crocifisso gli disse: « Figlio mio, l’uomo può essermi unito più intimamente di quello che tu puoi credere; Io nascondo nel tesoro più segreto della mia divinità l’uomo che ho creato.» Un giorno che Gertrude era in orazione: da molte ore tormentata da una sete ardente finì per assopirsi. Allora le sembrò che le si ponesse dinanzi un vaso pieno sino all’orlo di acqua fresca e limpida e una voce le diceva: « Dissetati figlia mia, bevi di quest’acqua la cui sorgente è nel mio cuore ». Ella bevve e quando si svegliò la sua sete era calmata (Les inistigues d’Unterlinden a Colmar. Notizie scritte da una di esse e pubblicate dal V.te di Bussiéres, pag. 165, 222. In Franciosi, col. 235-6. Non saprei dire, non avendo il testo originale, se si tratta del cuore propriamente detto o del petto. Secondo il nostro punto di vista ciò stabilisce una differenza, quantunque il pensiero del cuore non sia assente in nessuno dei due casi). – La B.ta Cristina di Stommeln, presso Colonia, (1230-1312), si rivolgeva al cuor di Gesù quando il demonio minacciava di toglierle la vita: « Signore Gesù…. io vi prego per il vostro dolcissimo cuore torturato per amor nostro, se è vostro volere che questi maligni spiriti mi diano la morte, ricevete in pace il mio cuore turbato e agitato, custoditelo misericordiosamente nel vostro dolcissimo cuore » (Vita scritta da Pietro di Dacia O. P. suo contemporaneo in: Acta sanctorum, t. XXV, giugno, t. V, ad diem 23; p. 299; cf. p. 328). Dopo queste lotte terribili Nostro Signore sopravveniva all’improvviso e stringeva sul suo cuore dolcissimo il cuore della sua sposa (Ibid, p. 307, Franciosi, col. 231). Il P. Denifle ha trovato, in un manoscritto del XV secolo,  altre prove della divozione al sacro Cuore delle Domenicane di Alsazia nel decimo quinto secolo. – Suor Clara d’Ostren (morta nel 1447) del Monastero di Schéonensteinbach, diceva: « Ogni giorno io mi rinchiudo in un triplice castello. Il primo è il cuore purissimo e verginale della nobile Vergine Maria, contro tutti gli attacchi dello spirito maligno; il secondo è il cuore così buono del nostro amabile Signor Gesù Cristo, contro tutti gli attacchi della carne; il terzo è il Santo Sepolcro, dove mi nascondo accanto a Nostro Signore, contro il mondo e tutte le creature nocive ». Di Suor Clara Foeltzin (morta nel 1421), dello stesso monastero, si dice: « Ella aveva grazia speciale e particolare divozione al buono, dolce; soave Cuore del nostro amabile Signore e al santo Nome di Gesù (Comunicato dal P. Denifle al Nilles. V. Nilles, t. II, p. 53, nota). – L’ordine intiero di san Domenico si familiarizzò di buon’ora con l’idea del cuore ferito e del simbolismo che vi rifiorisce. Il venerdì dopo l’ottava del Ss. Sacramento, giorno destinato a divenire la festa del sacro. Cuore, essi dicevano l’ufficio della piaga del costato, e cantavano: Dulcis hasta, latus Dei/ Te replevit sanguine; / Dulcis mucro per cor Dei / Volvitur in flumine, / Sic salvantur omnes rei / Secreto Dei murere; ossia « Dolce lancia, sei stata tutta coperta di sangue, dal costato di un Dio. La dolce spada a traverso il cuore divino, s’immerge in un flutto di sangue. Così son salvati i colpevoli, per un dono misterioso di Dio. – E nel loro Ufficio delle cinque piaghe, cantavano pure: Si cor habes maculatum, / Inspice vulnus tam latum / Cordis ejus: illine fluit / Unda que sordes abluit; « Se il vostro cuore è macchiato; fissate lo sguardo sulla larga ferita del cuore. Di là scorre l’onda che lava tutte le sozzure ». Nella nona lezione del medesimo ufficio leggevano: « Egli ha voluto che il suo costato fosse aperto, per darci accesso a cìò che vi ha di più intimo (ad intima usque. sua). Poiché quando il costato fu ferito, il cammino fu aperto sino al cuore del Signore. Che l’uomo siaccosti, dunque, a questo Cuore sublime (E’ la parola del Salmo 63. « Accedet homo ad cor altum ». Non si sa sempre se gli autori, utilizzando questo testo, intendono «cuor profondo » o « cuor sublime ») e che Dio sia esaltato in lui. Ma chi salirà sino là? Chi vi farà suo riposo? Colui che ha le mani innocenti e il cuore puro, Ma che il peccatore non esiti. Se l’ingresso non gli è subito aperto, che pianga alla porta, là dove scorre il sangue, da dove esce. l’acqua: le porte sono aperte: il grido di coloro che piangon penetrerà facilmente sino al cuore del Signore, ecc. (Secondo Francesco Collius, De sanguine Christi, l. 4, c. 7; p. 616, Milano 1617. In Franciosi, col. 641).

V.

I CERTOSINI

Corrente continua di divozione. — Ludolfo di Sassonia. — Due certosini di Treviri. — Giacomo di Clusa. — Un Certosino di Norimberga, ecc. — L’immagine.

Vedremo ben presto, studiando Lansperge, che la divozione al sacro Cuore incomincia con lui a fiorire in pratiche, preghiere, e vari esercizi. Lansperge non è uno isolato fra i Certosini. Anche prima di lui troviamo indicazioni molto precise di tracce di una corrente continua nel campo di questa devozione tra i certosini. La teoria ne è come abbozzata in tratti rapidi, ma chiari, da Ludolfo di Sassonia, detto il Certosino (1295-1378), che, nelle sue pie considerazioni sulla piaga del costato, riassume la tradizione e dice in poche parole qual sia la natura e lo spirito della divozione: «  Il cuore di Cristo è stato ferito per noi di una ferita d’amore affinché noi, con una corrispondenza amorosa, possiamo, per la porta del costato, avere accesso al suo cuore, e là unire tutto il nostro amore al suo amore divino, in maniera da non formare che uno stesso amore, come succede del ferro incandescente e del fuoco. Poiché l’uomo deve…. rivolgere tutti i suoi desideri verso Dio, per amore di Cristo e confermare in tutto la sua volontà alla volontà divina, in ricambio di quella ferita d’amore che ricevé per amor dell’uomo sulla croce, quando la freccia di un amore invisibile trapassò il suo dolcissimo cuore … Ricordiamo dunque quell’amore eccellente che il Cristo ci ha rivelato nell’apertura del suo costato, aprendoci così un largo accesso al suo cuore. Affrettiamoci di entrare nel cuore di Cristo, raccogliamo tutto quello che abbiamo di amore per unirlo all’amore divino, meditando su ciò che si è detto » (Vita Christi, 2.a parte, c. 64, n. 14; in Franciosi, col. 250. Si  può vedere tutto il passo in francese nel Mois du sacré-Coeur par danciens auteurs Chartreux, Veille, p. 29-35). – Noi vediamo nei certosini la divozione al sacro Cuore in azione nelle loro preghiere e nelle loro pratiche di pietà. Ecco una preghiera di dom Enrico di Calkar, priore di Strasburgo, nella seconda metà del XIV secolo: « Dolcissimo Gesù, io getto e rinchiudo nel vostro cuore i miei sensi, le potenze dell’anima mia, i miei pensieri, i miei affetti. Io li seppellisco per sempre nel vostro cuore, affinché io stia e dimori interamente con voi per tutta l’eternità » (Mois du sacré-Coeur, p. 295.). – Verso lo stesso tempo, un Certosino di Treviri, il cui nome ci è sconosciuto, scriveva: « Per attirare sempre più nell’anima vostra il fuoco del divino amore, sappiate che il cuore sacro, il cuore tenero di Gesù, è pieno per voi di un amore naturale e divino…. amore veramente immenso, senza misura e come senza fine…. Non è forse cosa sorprendente e ben degna di lacrime amare vedere che s’incontra sì raramente e sì poco, anche nel cuore di molti buoni Cristiani, l’amore di nostro Signor Gesù Cristo?…. Ah! se pure in questa vita il vostro cuore ricevesse, per amare Gesù, una piccola particella di quell’amore che consuma per voi il cuor di Gesù, il vostro cuore non potrebbe contenerlo: ma infiammato subitamente da così ardente fornace, prenderebbe fuoco, si spezzerebbe, scoppierebbe » (Mois du sacré- Coeur, p. 42-45). – Un altro Certosino, pure di Treviri, dom Domenico, nato nel 1384 o nel 1888 e morto nel 1461, insiste più ancora e precisa meglio. « Se volete perfettamente e facilmente purificarvi dei vostri peccati, liberarvi dalle vostre passioni, arricchirvi di tutti i beni,…. mettetevi alla scuola dell’eterna carità (dove è maestro lo Spirito Santo). Mettete, immergete spesso in ispirito…., tutto il vostro cuore e lo spirito vostro…. nel cuore dolcissimo del nostro Signor Gesù Cristo…. in croce. Questo cuore è pieno d’amore. Per suo mezzo abbiamo accesso al Padre nell’unità dello spirito; egli abbraccia in un immenso amore tutti gli eletti…. Elevate il vostro cuore, verso questo cuor salutare, dopo esservi raccolto in voi stesso…. In questo dolcissimo cuore di Gesù si trovano tutte le virtù, la sorgente della vita, la consolazione perfetta, la vera luce che illumina ogni uomo…., ma. sopratutto ritrova ciò chi ricorre a Lui devotamente in ogni afflizione e necessità. Tutto il bene che si può desiderare si attinge sovrabbondantemente in lui; ogni salute e ogni grazia vengono da questo Cuore dolcissimo e non da altre parte. Egli è il focolare dell’amor divino, sempre ardente del fuoco dello Spirito Santo, purificando, consumando, trasformando in sé  tutti quelli che gli sono uniti e che desiderano immedesimarsi con lui. Ora, siccome è da questo Cuore che ci viene ogni bene, così dovete riferir tutto a Lui…. rendergli tutto senza niente attribuirvi, senza riposarvi nei doni di Dio…. ma tutto ricondurre alla sorgente. In questo medesimo cuore confesserete i vostri peccati, domanderete perdono e grazia, loderete (psalles) e ringrazierete. Perciò bacerete frequentemente e con riconoscenza questo piissimo Cuore di Gesù, unito inseparabilmente al cuore divino, dove sono nascosti tutti i tesori della sapienza e scienza di Dio, immagine, dico, sia di questo cuore, sia del crocifisso. Aspirerete di continuo a contemplarlo faccia a faccia, a lui confidando le vostre pene. di là attirerete nel vostro cuore il suo spirito e il suo amore, le sue grazie e le sue virtù; a Lui vi abbandonerete nei beni e nei mali, in Lui avrete confidenza; a Lui vi stringerete; in Lui abiterete…., affinché Egli, in compenso, degni far sua dimora nel vostro cuore; là; infine, vi addormenterete dolcemente e riposerete nella pace. Quand’anche il cuore di tutti i mortali, vi ingannasse o vi abbandonasse, questo cuore fedelissimo non v’ingannerà, né vi abbandonerà. Non trascurate, neppure, di onorare e invocare la gloriosa Madre di Dio, la dolcissima Vergine Maria, affinché si degni ottenervi dal dolcissimo cuore del suo Figliuolo, tutto quello che vi sarà necessario. In compenso offrirete tutto al cuor di Gesù, per le sue mani benedette » (In appendice negli Exercitia D. Ioannis Thauleri piissima super vita et passione Salvatoris nostri 7-C.,- Lyon 1556. La 1.a edizione latina è quella di Colonia del Surio, traduttore, 1548. Ogni pagina è data spesso come del Lansperge. Così fa il B. Jean Eudes, Le coeur admirable, 1. 12, c. 14 (Oeuvres complètes, t. VIII, p. 283), riportandola al cap. 36 della Milice chrétienne. Egli seguiva in ciò Dom de Roignac, certosino, che l’aveva inserita nella sua traduzione della Milice chrétienne ou le Combat spirituel, Paris 1671. Io non saprei dire se qualche edizione latina la dà come di Lansperge. Dom Boutrais ne ha trascritto due volte degli estratti secondo Dom Roignac, nel suo Lansperge, p. 119-117 e nel Mois de Sacré-Coeur par d’anciens auteurs Chartreux. 15° giorno, p. 94-96, sempre attribuendolo a Lansperge. Vedi, ibid. 1.0 giorno, pag. 36-41, il passaggio integrale tradotto una seconda volta sul latino e attribuito a Dom Domenico di Triri. Ho tradotto abbreviando sul testo latino dato dal Franciosi, col. 275-276, completando la referenza dietro le indicazioni di M. de la Begassiere, e correggendo quà e là, una copia fatta da lui). Abbiamo qui, in germe, tutto un manuale pratico della divozione al sacro Cuore; l’immagine stessa non è dimenticata. Lansperge, che ha avuto certamente sott’occhio queste pagine del suo predecessore non avrà che a ripeterle e spiegarle. Qualche volta si accontenterà di spiegare il testo. Giacomo di Clusa (1386-1466), che fu abate Cistercense avanti di essere Certosino ad Erfurt, dice in uno dei suoi sermoni: « Se il nostro amore per Gesù si raffredda, riguardiamo il suo costato trafitto e aperto per noi, e tosto il fuoco della carità accenderà di nuovo l’anima nostra, perché necessariamente un cuore aperto deve accendere il fuoco dell’amore nell’anima che lo contempla » (Secondo Dom Boutrais, Lansperge, p. 182, che rimanda ai Sermones formales, pubblicati a Spira circa il 1470. Cf.: Mois de Sacré Coeur, IV giorno, p. 52). – Un altro Certosino in un libro stampato a Norimberga nel 1480, scrive: « Il vostro costato destro è stato «così profondamente ferito dalla lancia del soldato, che la punta di ferro, penetrò nell’interno del vostro petto e venne a trafiggere nel mezzo il vostro tenero cuore. O anima mia, entra nel costato del tuo Signore Crocifisso, entra per questa ferita benedetta, sino al fondo del cuore amante di Gesù, trafitto per amore ». Seguono belle effusioni sul cuore di Gesù, città di rifugio, sorgente inesauribile di misericordia e di grazia. E continua: « Avvicinati dunque e dissetati con la bevanda dell’amore a questa sorgente del Salvatore, affinché all’avvenire tu non viva più in te, ma in Colui che è. Stato crocifisso per te. Dona il tuo cuore a Colui che ti ha aperto il suo cuore. Viene in seguito la preghiera: « Re Gesù, Salvatore dei fedeli, che avete voluto che il vostro costato fosse aperto dalla punta di una lancia spietata, io vi prego umilmente, ardentemente, a volermi aprire le porte della vostra misericordia e a lasciarmi penetrare attraverso la larga apertura del vostro adorabile e santissimo costato, sino nell’interno del vostro cuore, infinitamente. amabile, in maniera che il mio cuore divenga unito al vostro cuore, con un indissolubile legame d’amore. Ferite il mio cuore col vostro amore, fate penetrare la lancia del soldato attraverso il mio petto e che il mio cuore sia aperto per voi solo e chiuso al mondo e al demonio » (Nel Mois-du Sacré Coeur, 5.0 giorno, p. 54-59). Noi siamo qui si vede bene, in piena devozione al sacro Cuore; anche adesso non abbiamo formole o pratiche diverse. – Potremmo raccogliere molti altri tratti dello stesso genere in Dionigi il Certosino (1394-1471), priore di Basilea (m. 1487), in Niccolò Kempf, nato a Strasburgo nel 1393, certosino in Austria, in Pietro Dorland, priore di Diest (1440-1507), in Pietro Bloemenvenna, priore della Certosa di Colonia dal 1506 al 1536 e maestro di Lansperge (Per Dionigi, i testi sono meno diretti, vedi Franciosi, col. 278-279; Dom Boutrais, p. 183; per Arnaud, Mies di Sacré Coeur, 6° giorno, p. 60-62; per Niccolò Kempf, ibid,. 7° giorno, p. 63-66; per Bloemenvenns, ibid. 8° giorno, p. 67-70; per P. Dorland, Dom Boutrais, p. 184). – L’atmosfera dei Certosini era tutta imbalsamata dalla devozione al sacro Cuore di Gesù. Essi avevano la sua immagine sotto gli occhi e la mettevano pure sotto gli occhi dei fedeli nei loro libri stampati e negli ornamenti della loro architettura.

VI

VARIA

Pietro di Blois. – Uno sconosciuto spagnuolo. – Il primo inno al Sacro Cuore. – Simone di Cascia. – Giuliana di Norvich, – La beata Dorotea. – Santa Liduina – S. Lorenzo Giustiniani.

AI di fuori di questi ordini religiosi, si trovano sparse, ma numerose, le tracce di questa divozione. Ritorniamo sui nostri passi, per raccogliere qualche testo. Eccone uno di Pietro di Blois, morto nel 1200. « Il ferro è penetrato sino al suo cuore, per farci vedere che col suo amore, si son rivelati i segreti del suo cuore, per mezzo dell’apertura corporale ci si mostrano le viscere misericordiose del nostro Dio. La lancia mi ha dischiuso il segreto…. del Signore….; la lancia è come la chiave che mi apre (perchè io veda) quanto è soave il Signore » (Pierre de Blois, Serzzo 19, De cena Domini; Migne, t. CCVII, col. 618). Come siamo vicini a S. Bernardo, per il pensiero e per l’espressioni! Riconosciamo, pertanto, che S. Bernardo e la sua scuola superano il pio arcidiacono per ciò che è della divozione propriamente detta. Molto più chiara si rivela l’idea del cuore, e più accentuata è la divozione a questo sacro Cuore in un opuscolo manoscritto, di un autore sconosciuto del secolo XII intitolato: Liber de doctrina cordis. Quelli che hanno scoperto e pubblicato questo bel passo, non banno, disgraziatamente, che poche notizie sul manoscritto, e nessuna sull’autore. Ne traduco gli estratti più significativi. «Offri il tuo cuore a Colui che…. per il primo ti ha dato il suo cuore, affinché tu gli renda cuore per cuore,… Gaudio felice in cui…. tu hai tutto per te, e il tuo cuore e il cuore di Cristo. Non ti ha Egli forse mostrato la casa del suo cuore (Domum cordis) allora in special modo che un soldato gli aperse il costato? Fu una breccia nella muraglia, fu una porta aperta da una chiave regia, affinché il tuo cuore avesse accesso al suo cuore, affinché per una fede retta, per amore indiviso tu possa penetrar sino al suo cuore senza incontrare ostacolo. Infiamma colà il tuo cuore con la fede e la meditazione » (Liber de doctrina cordis. Opera manoscritta di un autore sconosciuto del XII secolo. Testo 1atino in Franciosi, col. 163-164; secondo LLobet e Balaguer, Nacional Homenaje de las Ciencias, Letras y Artes Espanolas al Sacratisimo Corazon de’ Jesus, Barcelona. 1882, p.:180; s salvo che Francioso ha donum cordis, dove nel libro spagnuolo è domum Cordis. Non so quello che si trovi nel manoscritto, ma poco importa al nostro scopo. Un Gesuita spagnolo, ha voluto trascrivere per me la pagina 180 del Nacional Homenaje, ove si trovano altri testi, non meno espressivi. Il testo qui sopra riportato è al foglio CXLV del ms. Lo si attribuisce a un Tractatus de Doctrina cordis B. Gregorii. Magni. Lo scritto è stato trovato in uno dei due conventi di Poblet (Tarragona) mo di Santas Creus. Sono due conventi cisterciensi fondati nel 1154. Benchè i nostri autori attribuiscano il manoscritto al XII secolo, non sarebbe certo temerario di dirlo del XII o XIII). – Fra le opere di S. Bernardo si incontra una lunga preghiera ritmica per salutare ciascuna delle membra di Cristo penante e confitto in croce. Si rivolge ora ai piedi, ai ginocchi, alle mani, al costato, al petto, al cuore, alla faccia. Si può rilevare la distinzione del costato, del petto benché nell’applicazione mistica queste diverse parti vengano un po’ confuse insieme. La poesia, pertanto, non è di San Bernardo, ma è del XIII secolo, e vi si trova, nel ritmo lento e monotono delle strofe che cadono una ad una come gocce d’acqua, l’insieme delle considerazioni che, su questo soggetto, han nutrito la pietà del Medio Evo. Ecco qualche brano.

Per il costato ferito :

Salve, latus Salvatoris,

In quo latet mel dulcoris,

In quo patet vis amoris,

Ex quo scatet fons cruoris

Qui corda lavat sordida….

Salve, mitis apertura,

De qua manat vena pura,

Porta patens et profunda,

Super rosam rubicunda,

Medela salutifera….

(Salve, costato del Salvatore, dove si nasconde un miele dolcissimo, dove si mostra un ardente amore e da dove scorre una sorgente di sangue che lava tutti i cuori macchiati. Salve o dolce apertura da dove scorre un così puro ruscello, porta aperta e profonda, più rubiconda della rosa, e che è per noi salutare rimedio.).

Per il petto:

Salve, salus mea, Deus,

Jesus dulcis amor meus;

Salve, pectus reverendum,

Cum tremore contingendum,

Amoris domivilium….

Plaga rubens, aperire,

Fac cor meum te sentire,

Sine me in te transire

Vellem totus introire :

Pulsenti pande pauperi….

In hac fossa me reconde,

Infer meum cor profunde,

Ubi latens incalescat,

Et in pace conquiescat,

Nec prorsus quemquam timeat.

Jesu dulcis, pastor pie,

Fili Dei et Mariae,

Largo fonte tui cordis

Foeditatem meae sordis,

Benigne Pater, dilue.

(Salve, o Dio, mio. Salvatore, mio: dolce amore Gesù, salve petto venerabile, dimora d’amore che si deve toccare. O piaga purpurea apriti, e fa’ che il mio cuore ti gusti! Permettimi di venire in te… Io vorrei entrarvi tutto… deh! apri al poverello che batte (alla porta). Nascondimi in questa fossa e mettimi bene in fondo il mio cuore. Che nascosto là s’infiammi (d’amore) e che io riposi in pace senza temere nessuno al mondo. O dolce O dolce Gesù! O buon pastore! Figlio di Dio e di Maria; deh! fai che la bruttezza delle mie sozzure sia lavata dall’abbondante sorgente del vostro cuore).

Per il cuore :

Summi Regis, cor, aveto,

Te saluto corde læto,

Te complecti me delectat,

Et hoc meum cor affectat,

Ut ad te loquar animes….

Propter mortem quam tulisti,

Quando pro me defecisti,

Cordis mei cor dilectum,

In te meum fer affectum,

Hoc est quod opto plurimum.

Per medullam cordis mei,

Peccatoris atque rei,

Tuus amor transferatur

Quo cor totum rapiatur,

Languens amoris. vulnere….

Viva cordis voce clamo,

Dulce cor, te namque amo:

Ad cor meum inclinare,

Ut se possit applicare,

Devoto tibi pectore….

Rosa cordis, aperire,

Cuis odor fragrat mire,

Te dignare dilatare.

Fac cor meum anhelare,

Fiamma desiderii,

Da cor cordi sociari,

Tecum, lesu, vulnerari,

Nam cor cordi similatur,

Sic cor meum perforatur

Sagittis improperii.

(Salve, o cuore del Re sovrano, io ti saluto con lieto cuore, e mi compiaccio nell’abbracciarti, è il desiderio del mio cuore; non ho più vivo desiderio di questo. Che il tuo amore penetri nel fondo della midolla del mio cuore, e che bench’io sia peccatore e colpevole, rapisca tutto il mio cuore, il mio cuore ferito d’amore. Io grido con la voce più viva del cuore, dolce cuore, perché io ti amo. Deh! inclina il tuo cuore verso di me, divotamente a te, cuore a cuore, Schiudi, o rosa del cuore, il cui profumo è sì dolce, degnati dilettarti e rendi anelante il mio cuore sotto il fuoco del desiderio. Che il mio si unisca al tuo.  Che sia ferito con te; o Gesù perché i nostri cuori saranno simili se il mio cuore sarà trapassato dalle frecce dell’oltraggio. In appendice alle opere di S. Bernardo, Migne t. clxxxiv, col. 1321-1323. Il padre Blume ha, congetturato, e sembra a ragione, che le strofe sul cuore (Summi Regis cor aveto) devono aver formato in origine, un poema a parte, che sarebbe il primo canto conosciuto in onore del sacro Cuore. È vero che non si trovano mai isolate nei manoscritti (di cui i primi sono del principio del XIV secolo), ma non si collegano bene con l’insieme di cui fanno parte adesso… (per esempio, non cominciano col Salve come le altre), e l’insieme mi sembra farlo supporre. Le strofe al costato ferito e al petto dicono presso a poco la stessa cosa e fanno come un doppio ufficio. Blume va più lungi. Egli attribuisce la poesia così distaccata dalle altre al P. Hermann Joseph dell’ordine dei Premonstratensi, che morì a Zulpic nel 1241 e di cui ha pubblicato l’opera poetica nel 50° fascicolo degli Analecta hymnica medii ævi. Vedi l’articolo di Blume Gozllichen Herzens erster Sanger, der. sel. Hermann Joseph, in: Stimmem aus Maria-Laach, gennaio 1909; t. LXXVI, p. 121-124. Il testo di Blume differisce notevolmente da quello che io dò qui seguendo Magitron. Lo si troverà negli Etudes del 5 Giugno 1911, art. sulla Diffusione della divozione al XIII, XIV e XY secolo. Devo l’indicazione del lavoro di Brune alla cortesia di di F. TOURNIER.). Il beato Simone da Cascia (morto nel 1348), dell’ordine di Sant’Agostino, nella sua opera De gestis Christi, non è che l’eco fedele della tradizione quando ci parla dei misteri del sangue e dell’acqua sgorgati dalla piaga del costato, ma trova il sacro Cuore quando si ferma a considerare l’intenzione nascosta nell’uso della parola aperuit. « Bisogna vedere l’azione dello Spirito Santo nell’espressione dell’Evangelista. Egli vuole che il costato aperto ci manifesti l’amore di quel cuore che ci ha amato sino alla morte e che andiamo a quell’amore ineffabile che lo ha fatto venire a noi; vuole che ci accostiamo al suo cuore, quel cuore profondo, quel cuore che pensa a tutto e sa tutto…, a quel cuore che ama. Vuole che, grazie alla porta aperta, noi diveniamo, almeno nella vivacità dell’amore, simili al suo cuore (cordiformes) e che penetriamo in ispirito nel segreto nascosto da tutta l’eternità e come svelato alla sua morte per l’apertura del costato » (De gestis Christi, Colonia, 1533; 1. XIII, p, 807; in FRANCIOSI, col. 241. Abbiamo già veduto questo testo, quasi parola per parola, in un sermone di S, BERNARDINO DA SIENA). Nella contemplazione di una romita inglese del XIII secolo sulla passione di nostro Signore e l’apertura del costato, troviamo questo passo: « Essi fanno venire Longino che con la lancia gli trafigge il costato, gli apre il cuore, e da quella larga ferita scorre il sangue che ci ha riscattato e l’acqua che purifica il mondo dai suoi peccati…. Ah! Dolce Gesù! Voi mi aprite il cuore affinché io vi conosca veramente, là io vedo in giusta misura quanto mi avete amato. Come posso io rifiutarvi il mio cuore, poiché avete comprato cuore con cuore? (Citato da Dalgairns nel suo Essai sur la vie spirituelle en Angleterre au moyen age, che serve d’introduzione a l’Echelle de la perfection, di V. Hirron : Franciosi, 237), E questa, si vede bene, una formula perfetta della divozione al sacro Cuore simile a quella che abbiamo raccolto nella Vigna mystica. L’espressione vi è meno chiara, ma l’idea è la stessa della rivelazione fatta da nostro Signore a un’altra religiosa, la beata Giuliana di Norvich, nel 1373. « Nostro Signore, mostrandosi tutto lieto, riguardò il suo costato aperto e lo contemplò qualche tempo con visibile gioia. Poi, con un dolce sguardo, invitò il mio intelletto a penetrarvi per la ferita che vi fece la lancia, e mi mostrò un bel posto, ripieno di delizie e assai vasto, perché tutta la porzione del genere umano che sarà salva, possa riposarvi nella pace e nell’amore. Con questo mi ricordò allo spirito il Prezioso sangue e l’acqua che ne fece sgorgare per amore. Infine, tutto raggiante di gioia, mi fece vedere il suo divin cuore trafitto dalla lancia. E, mentre io godeva di una visione così dolce, Gesù mi svelò, in parte, la sua divinità, sforzandosi di attirare la mia |povera anima…, non dico a comprendere, ma a considerare che almeno un poco quell’amore infinito che non ha avuto principio, che è e sarà eternamente. Indi il nostro buon Salvatore mi disse deliziosamente : Vedi quanto ti ho amato !,, » (Giuliana DI Norvica, Révélations de l’amour de Dieu, tradotto da un Benedettino di Farnborough, Parigi 1910, c. 24. Decima rivelazione, p. 95-96.). La vita della beata Dorotea, un’altra reclusa, (1343-1394) ci offre, ma in una maniera più velata, un caso di cambio del cuore analogo a quello di santa Caterina da Siena. Un giorno che Ella aveva una tentazione di scoraggiamento, e pregava con grande fervore la Vergine Santa di venire in suo soccorso, « il Signore Gesù, suo meraviglioso amante, le tolse il suo vecchio cuore e le mise, in cambio, un cuore nuovo e infiammato. Nell’estasi, ella sentiva che le si toglieva il cuore e, al suo posto, si metteva una massa di carne tutta in fiamme; ricevendola era così felice che non poté, sul momento, farne parola con nessuno…. Questa estrazione del cuore, aggiunge il vecchio narratore, e questa sostituzione di un altro cuore, fu solo un’alterazione naturale, o un vero cambiamento di sostanza? Lo sa colui che rinnovò il cuore e che ben poteva rinnovarlo in una maniera, o nell’altra. (Vita Beatæ Dorotheæ, c. 3, n. 45. Acta Sanctorum, t. LXI, ottobre, t. XIII, ad diem 30, p. 517 in Franciosi, 260). – Un’ altro giorno in cui la beata aveva molto pregato, e con fervore speciale, « vide il Signore che si mostrava a lei amichevolmente, col costato e il cuore aperti (cum corde suo et latere aperto) ». « Da ieri sera al tramonto del sole, le disse, io ti ho mandato tre volte lo Spirito Santo, per ferirti e abbracciarti, affinché, a tua volta tu possa lanciare su di me delle frecce d’amore. Se io ti ho mostrato il mio costato aperto e il mio cuore piagato, è perché all’avvenire, ti sia facile di ritrovare il mio cuore e ferîrlo con dei dardi d’amore » (Apparitiones, c. 80, ibid, p. 581. Questi due fatti sono ricordati in una bella preghiera alla Beata Dorotea che i Bollandisti riportano da un vecchio manoscritto, « O dolcissimo Signore Gesù, che tagliando il suo vecchio cuore alla vostra serva Dorotea, le avete dato un cuor nuovo e l’avete spesso ferito con la lancia e le frecce del vostro cuore, io vi prego, per i suoi meriti e la sua intercessione… datemi, nella vostra misericordia, un cuor contrito, nuovo e umile, accordatemi di comprendere la vostra volontà e di compierla fedelmente con una buona condotta e una santa vita ». (ibid, p. 493). Non si fa qui menzione espressa del cuore di Gesù, ma si vede che tutta la preghiera è impregnata di questo pensiero). L’amore tenero, nell’ordine umano, si esprime naturalmente, col dono del cuore. L’amore verso Gesù usa delle formole simili; e queste formole ci riavvicinano al sacro Cuore. Così santa Liduina (1380-1433) diceva al Suo Buon Angelo: « Dite al mio Diletto l’ardore del mio cuore…. Salutatelo nél santuario del suo cuore e supplicatelo a non permettere che io dia mai posto nel mio cuore a un altro amante che non sia Tu » (Acta Sanctorum, Aprile, t. II, ad diem 24; Pg. 315; in FRANCIOSI, 263). Come Pietro di Blois, che conosce e cita, S. Lorenzo Giustiniani (1381-1455) mostra una divozione esplicita al Cuor di Gesù, ad eccezione, forse, di qualche citazione che fa. Ma parlando della ferita del costato, ha delle parole che esprimono a meraviglia la devozione al sacro Cuore. Fatene l’esperienza, vedete, gustate quanto è dolce, quanto gradevole, quanta sicurezza dà il far dimora nel costato di Gesù !». Pensare alle fatiche e ai dolori di Cristo, commenta, è entrare nelle piaghe dei suoi piedi, ricordare i suoi benefizi e i suoi miracoli, è entrare nelle piaghe delle sue mani; ma se gustate il suo amore ardente, la grandezza della sua dilezione, la sapienza ammirabile, i tesori della sua divinità, l’affluenza dei doni dello Sposo, l’unione delle due nature, trasalite di gioia, perché siete giunti a penetrare i segreti del suo custode… Si dice che in Epiro si trova una sorgente dove non solo, come in tutte le altre, si spengono le fiaccole accese, ma dove, a differenza delle altre, si possono accendere spente. Tali sono le sorgenti del Salvatore, le sue ferite; cioè vi si spengono gli ardori della concupiscenza e vi si accende il fuoco della carità » (De casto connubio, c. 8, n. 2. Oeuvres, Lyon, 1678, p. 155; pure Franciosi, col. 273).

VII.

OSSERVAZIONI E CONCLUSIONI.

Numero dei fatti. — Correnti d’idee e movimenti che si disegnano. — Testi comuni. — Centri d’ influenza. — La certosa di Colonia.

Si. può, da questa lunga rassegna, raccogliere qualche conclusione generale, per la storia della nostra divozione? È possibile. Ma mi accontento di annotare qui qualche tratto preciso. Si constata, per prima cosa, quanto la divozione sia diffusa. Si ritrova dappertutto e non bisogna dimenticare che i fatti citati son lungi dall’esser tutti i fatti. Quanti altri se ne potrebbero ancora raccogliere! Tutti i giorni ne vien segnalato qualcuno. E quanti rimarranno ignorati per sempre! senza parlare dei casi numerosissimi in cui la divozione al cuore si confondeva con quella alla piaga del costato, per modo da non poterla distinguere con sufficiente chiarezza. Altra constatazione. Non vi sono solamente dei fatti sparsi; ma si hanno pure delle correnti d’idee, dei movimenti che si disegnano, dei centri d’influenza, delle linee direttrici. Pur tenendosi in guardia contro premature generalizzazioni, si può sempre segnalare qualche fatto. Esisteva già un fondo comune d’idee; assai facile a riconoscersi. Dapprima il simbolismo delle. piaghe e, in modo speciale, di quella del costato da cui escono, coi sacramenti, tutte le grazie di Dio; dove si trova un rifugio, dove l’amore può riposare tranquillo. Ora, la piaga del costato è riguardata, almeno a partire dal XII secolo, come se fosse pur anche la piaga del cuore « vulnus lateris et cordis ». Generale era pur l’idea che il discepolo prediletto, riposando. sul petto di Gesù, avesse bevuto alle sorgenti del Salvatore, « de fontibus Salvatoris, » l’amore, la virtù, i segreti divini. Ma nel mondo del simbolismo, petto e cuore, «pectus cor » si confondono facilmente per designare l’intimo di Gesù, i segreti dell’amor suo, ciò che infine noi chiamavamo cuore; e quantunque la parola del Vangelo, pectus, fosse la più usata vi si ritrova pure la parola cor. Sant’Agostino aveva già detto che il riposo di Giovanni sul petto di Gesù, significava che egli aveva bevuto i segreti più profondi nell’intimo del cuore divino, « de intimo ejus corde » (In Joann., 18. n. 1, Migne, 35 1536). Questi testi, e gli altri che ho segnalato al cap. I, §° 1 e 2, come pieni della divozione del sacro Cuore, erano generali, e d’uso comune; bandivano dunque dappertutto quelle idee che una meditazione amorosa, faceva sgorgare, come naturalmente, da questa divozione. – Poi, quando le idee cominciarono ad essere espresse in termini precisi, i testi che le esprimevano, erano studiati, copiati, utilizzati in mille modi. Qualche esempio può essere utile. San Bernardo, nel Sermone 61 sulla Cantica, ha una pagina ammirabile sulle ferite di Gesù e, in special modo, sulla ferita del costato, qualche linea allude anche direttamente al cuore (l’ho tradotto più sopra, potet arcanum cordis per foramina corporis, etc.). Tutto questo sviluppo, con qualche tratto sia del sermone Seguente, sia di altri, è forse un po’ rimaneggiato o con qualche aggiunta. Esso fu ripreso dai compilatori. Come tale fu inserito nella raccolta che ebbe sì gran successo; e continua ancora a nutrire le anime pie, sotto il titolo di Manuale, attribuito a Sant’Agostino (Migne, t. XL, col 960-961, qui append. II, n. 5). Fu pure inscritto in un’altra compilazione sull’anima, « Libri de anima », che circolò sotto il nome di Ugo da San Vittore (Migne, t. CLXXVII, col. 181, qui append. II, n. 5), e fu inserito pur’anco in altri opuscoli e raccolto qua e la dai predicatori o dagli asceti. È citato come di S. Bernardo o S. Agostino negli « Esercitia de vita et passione Salvatoris Nostri. » (Vedi il passo in FRANCIOSI, col. 246. Si trova nello stesso luogo un altro passaggio attribuito a Sant’Agostino,. dove si fa ugualmente menzione del sacro Cuore. È nostro Signore che parla e invita l’uomo ad amarlo, ricordandogli i suoi benefizi e l’amor suo. « Denique cor meum tibi patefici, potum tibi præbens ipsum roseum sanguinem cordis mei »). Ludolfo il Certosino lo cita pure (Franciosi, col. 251) e quanti dopo, di loro! Altri testi meno salienti e. di autori meno, conosciuti, passavano pure di mano in mano, di bocca in bocca, di raccolta in raccolta. Ho già detto che Harphius, il. Mistico francescano, ha copiato Ludolfo Certosino, a meno che l’uno e l’altro non abbiano copiato da un terzo, Si è molto sorpresi di trovare in San Bernardino. da Siena un lungo commento del B. Simone da Cascia, sulla ferita del costato e il sacro Cuore. Nella Milice chretienne di Lansperge, fu inserita una pagina di Domenico di Tréviri, che si è potuto leggere più sopra. I fatti circolavano come i testi ed esercitavano la loro influenza sulla divozione ed hanno potuto pure esercitarla sino sui fenomeni d’ordine mistico. E che dire delle comunicazioni fra persona e persona? Santa Lutgarda passa dalle Benedettine alle Cirstercensi, Santa Francesca. Romana, dopo essere stata lungo tempo sotto la direzione dei Francescani, passa sotto quella degli Olivetani; Ubertino da Casale, comincia per essere francescano, diviene poi benedettino e muore cirstercense. Ludolfo Certosino era stato già domenicano. Quanti legami, invisibili qualche volta, ma reali, e che possiamo supporre. Possiamo anche discernere certi centri d’influenza e di comunicazione e zone di influenza. Segnalo, specialmente la Certosa di Colonia. I particolari verranno dati nel capitolo seguente, ma per ora raccogliamo qualche fatto caratteristico. Bloemenvenna vi avev a tradotto Harphius, il mistico francescano.; Lansperge  vi tradusse S. Mecthilde e S, Gertrude, le mistiche cirstencensi; Surio, fece lo Stesso, per Suso e Taulero, i mistici domenicani, senza parlare di Ruysbroeck e sante mistiche; un po’ più tardi Bruno Loér vi ristampava le opere mistiche di Harphius e le dedicava ad Ignatio di Loyola. Van Esch (Eschius), molto divoto, egli pure, del Cuore di Gesù, era in intimo rapporto con Lansperge e i Certosini di Colonia, ai quali condusse Surio, uno altro discepolo dello stesso maestro, Pietro Canisio, condiscepolo e amico del Surio, era pur familiare della Certosa. Nel 1543, aveva pubblicato una edizione di Taulero, nel testo originale tedesco, che servì di base alla traduzione del Surio (Questo « certo Pietro Noviomagus » di cui parla il P. Noel nella sua Introduzione alla traduzione francese del Taulero, t. I, p. 87; non è altri che Canisio, nato a Nimegue: Noel lo ha riconosciuto nei volumi seguenti.). Fu forse nei suoi rapporti col coi suoi amici che Canisio attinse quella tenera devozione al cuor di Gesù che ne ha fatto uno dei precursori della B. Margherita Maria? Infine, i Certosini di Colonia, pubblicavano, nel 1541 presso Jaspar Gennepaeus, un volumetto di 88 pagine intitolato: Hortules devotionis, che non è altro che una raccolta di preghiere, pie pratiche, ove ad ogni istante  si fa questione del sacro Cuore. Vi si offre a Dio il cuore di Gesù per i peccati del cuore….. vi si trova buon numero d’esercizi in onore delle cinque piaghe; e le preghiere alla piaga del cuore (è sempre l’espressione usata) sono in particolar modo pie e commoventi. D’altra parte, Luigi di Blois seguiva con attenzione quel movimento ‘di pietà…. Egli conosce e utilizza Lansperge, approfondisce Taulero, cita Harghius e Ruysbroeck, fa raccolta fra i mistici d’Helfta…. e la sua divozione al sacro Cuore si arricchisce con la divozione del passato. (Per diversi dettagli vedi Dom Bourrais, p. 44-50 altri sono presi da Hurter, Nomenclator litterarius, t. IV, Innsbruk 1899, ai nomi di Harphius, Tauler, Suso e t. I, ai nomi di Brosius e Surius.). Precisare anche di più, sarebbe un andar troppo per le lunghe, e su molti punti sarebbe ancor temerario, dato lo stato attuale delle nostre conoscenze. Le indicazioni che precedono bastano, del resto, per farci intravedere non solo quanto la divozione era diffusa verso la fine del XV secolo e il principiare del XVI, ma ancora per quali vie e in qual modo, pur restando una divozione privata, si diffondeva e tendeva via via a entrare nel dominio del pubblico. Vediamola adesso, prender forma, per così dire, in divozione distinta, con pratiche che le son proprie.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.