LO SCUDO DELLA FEDE (171)

A. D. SERTILLANGES, O. P.

CATECHISMO DEGLI INCREDULI (VII)

[Versione autoriz. Dal francese del P. S. G. Nivoli, O. P. – III ristampa. S. E. I. – Torino 1944]

LIBRO SECONDO

1 MISTERI

1. — La nozione del mistero.

D. Che cosa è questa idea di mistero, che sembra ostruire le vie della religione e farle rischiare l’assurdo?

R. Il mistero è così poco l’assurdo che è quasi esattamente il contrario. L’assurdo ê l’evidenza del falso; il mistero nasconde il vero sotto la grandezza stessa del vero. Di modo che, nel primo caso, l’obbligo di cedere s’impone all’assurdo, nel secondo all’intelligenza. « La fede dice bensì quello che i sensi non dicono, spiega Pascal; ma non il contrario di quello che essi vedono. Essa è sopra, non contro. »

D. Donde trai codesto obbligo di abdicare che attribuisci all’intelligenza?

R. Limito per ora la portata di questa parola; ma nella misura che la mantengo, dico: Noi abdichiamo in favore dell’autorità divina. « lo credo arditamente dove non vedo niente, dice Bossuet, perché credo Colui che vede tutto ». Tu certo non mi domandi di ricominciare a fondare — per quanto brevemente e incompletamente io l’abbia fatto — questa stessa autorità.

D. Io mi attengo alla questione presente, ma temo che la religione abusi qui di una certa propensione dell’anima umana.

R. L’abuso sarebbe di proporre dei misteri senza garanzia offrendo la garanzia col mistero, la religione utilizza solamente 1a tendenza naturale dell’anima verso l’infinito.

D. Mi stupisco che in un sistema di lumi, tu trovi un posto naturale per l’oscurità.

R. Il mistero non è affatto oscuro in se stesso; se la nostra vista si potesse estendere fino ad esso, non lo chiameremmo più mistero, ma evidenza. Le stelle invisibili non sono forse, nel loro posto, dei globi abbaglianti? Non il mistero ê oscuro, ma noi; è la nostra condizione attuale che ci intercetta la comunicazione diretta con esso.

D. Le dottrine religiose che scartano il mistero son tuttavia più facili a credere.

B. In simile materia ciò che è facile a credere non merita di essere creduto.

D. I1 mistero sarebbe dunque a’ tuoi occhi una necessità?

R. « L’ultimo passo della ragione ê di riconoscere che c’è un’infinita di cose che la sorpassano; essa è fiacca se non arriva a conoscere questo? » (PASCAL).

D. Ma quello che ci sorpassa oggi ci può essere noto domani.

R. « I principii delle cose son nascosti in un segreto impenetrabile » (PASCAL).

D. Pascal dice: I principii; ma le cose?

R. Le cose dipendono dai loro principii e non sono conosciute di una conoscenza decisiva se non per mezzo di essi, di modo che tutte le scienze poggiano, come la religione, sopra l’incomprensibile. “Percorri la cerchia delle scienze, dice Giuseppe de Maistre, e vedrai che cominciano tutte da un mistero”. Del resto il mistero vi persiste e vi si ritrova a ogni nuovo passo, perché ogni passo della scienza dipende da’ suoi principii.

D. Il mistero maturale e il mistero religioso sono dello stesso ordine e dello stesso grado?

R. Non sono dello stesso ordine; ma praticamente non vi sono gradi nella piena notte. Teoricamente, guardando le cose in sé, il mistero religioso è più profondo, per la ragione che esso si avanza di più in Dio. Così Pascal aggiungeva alla prima frase ora citata: « Che se le cose naturali ci sorpassano, che si deve dire delle soprannaturali? »

D. Eppure ho letto questo, che mi ha recato meraviglia: « I misteri della Chiesa, paragonati ai misteri della natura, non sono che giochi da bambini. »

R. Chi parla così è Le Dantec, un ateo convinto, e il raffronto m’interessa; ma anche questo ê un errore per rovesciamento, per invertimento di valori. La Trinità è più nascosta che le leggi di costituzione della materia; l’ordine supremo è più oscuro che la gravitazione dei corpi. In questo senso, è vero il dire con Giulio Soury: « La scuola primaria dello spirito è la scienza. » Per conseguenza il mistero ci avvolge da ogni parte, ed è assai strano il vedere che una ragione cosi radicalmente impotente riguardo alle più semplici cose elimini con alterezza i dati religiosi che essa non capisce. Noi respiriamo nell’ineomprensibile; siamo noi stessi qualcosa d’incomprensibile, e l’incomprensibile è anche il nostro pane. Io ti propongo questa doppia definizione sommaria: Dio è un mistero che si nasconde, l’universo un mistero che non si nasconde.

D. Ammetteresti dunque la dottrina dell’Inconoscibile?

R. Niente affatto. Ciò che si chiama l’Inconoscibile, con una maiuscola, ê una specie di mistero infinito, in tutti modi inaccessibile, un  “oceano per il quale noi non abbiamo né barca né vela (Litteé) e in seno al quale tutto il reale non è che un’isola sperduta”. Il mistero cristiano è finito, circoscritto è incluso in un sistema di spiegazioni di tal natura da soddisfare la nostra intelligenza. Non è un grande abisso nero, ma un seminato di macchie oscure circondate da luce, e dietro alle quali si annunzia una luce più viva che in nessun’altra parte.

D. Definiresti dunque il mistero

R. Un viottolo d’ombra che si apre sopra chiarezza.

D. Quali conseguenze di contegno ne trarresti?

R. Dove che l’Inconoseibile ê una zona interdetta per definizione, il mistero è un invito a tentare le ricerche, come si cammina verso un fuoco lontano. I genii cristiani mai non si manifestarono meglio che su questa via; vi si sono arricchiti in tutto il percorso, e se non hanno rischiarato niente di ciò che deve restare oscuro, l’hanno però ricamato di chiarezze preziose, l’hanno mostrato in rapporto con tante cose, che alla fine queste tenebre si mostrano le sole plausibili spiegazioni.

D. Ecco un bel paradosso.

R. Non è affatto un paradosso. Un punto d’ombra è rischiarante quanto un punto luminoso, quanto si tratta di stabilire delle convergenze e di costruire uno schema completo della nostra vita e del nostro universo. In se stesso, il mistero è misterioso: è la sua natura; messo in concordanza con tutto il resto, é una fonte di chiarezza: è il suo compito.  “Salve, grande notte della fede, scrive Paolo Claudel. Ecco la notte, meglio del giorno, che ci documenta sulla via.

D. Il mistero dunque non é una vessasione delle religione, una “prova” inflitta allo spirito?

R. É così poco una vessazione che or ora l’ho chiamata una provocazione a pensare, per la speranza di sempre nuove conquiste. Una prova la è in un certo senso, perché si amerebbe di vedere tutto; ma è assai più una liberazione, perché senza di esso, non ê più solamente l’oscurità che ei spia, ma la stravaganza.

D. Spieghi enigmi con altri enigmi?

R. Esattamente come per Dio, il caso del quale fa qui ritorno. Non bisogna forse che le chiavi abbiano la complessità delle serrature? Altrimenti non aprirebbero.

D. Ma allora in che consiste la spiegazione?

R. In ciò che il mistero, per quanto inesplicato sia in se stesso, apre la via ai nostri sguardi, e un giorno si aprirà esso stesso. Senza, di esso, i fatti della nostra esperienza sono incomprensibili; esso ce li fa comprendere attirando a sé le loro oscurità, che allora sono al loro posto e prendono un carattere provvisorio. Esso rischiara localizzando la notte.

D. Per conseguenza il mistero oltrepassa la ragione, e una ragione oltrepassata non potrebbe essere una ragione soddisfatta.

R. Una ragione oltrepassata è meravigliosamente soddisfatta, quando in ciò che la oltrepassa le si fa vedere il mezzo di rassicurarsi e di comprendere, là dove essa stessa non si soddisfaceva. Il sistema cristiano risolve i suoi propri misteri, in grazia di una convergenza, e risolve il mistero del reale, riunendo tutte le linee della mostra esperienza e del nostro pensiero.

D. È certamente per questo che esso provoca la tua ammirazione.

R. Certo. 1 nostri misteri hanno un bell’essere oscuri, ma sono costrutti dentro, sono rilegati di fuori, sono architettonici e danno un’impressione d’armonia, sono come una cattedrale nell’ombra.

D. A questo titolo essi devono prestarsi a saggi di spiegazione relativa?

R. Si spiega sempre appunto quello che non si comprende (BARBEY DAUREVILLY)-

D. Ma in questo caso le spiegazioni devono essere sovente erronee.

R. Sovente. Lo spirito umano si vendica delle sue ignoranze e dei suoi errori (Id.).

D. Non sarebbe anche fatale?

R. No. La notte dei misteri ha questa strana proprietà di far produrre alla mente retta che li scruta il suo massimo di luce; essi sono la pietra di paragone del genio come quella della fede.

D. Dove si trova a loro proposito la più alta teologia?

R. In S. Paolo. Ma bisogna intenderlo. $. Paolo ê il teologo del Vangelo; $. Tommaso d’Aquino è il teologo di S. Paolo

LO SCUDO DELLA FEDE (172)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

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