LA SUMMA PER TUTTI (14)

LA SUMMA PER TUTTI (14)

R. P. TOMMASO PÈGUES

LA SOMMA TEOLOGICA DI S. TOMMASO DI AQUINO IN FORMA DI CATECHISMO PER TUTTI I FEDELI

PARTE SECONDA

SEZIONE SECONDA

Idea particolareggiata del ritorno dell’uomo verso Dio.

Capo XXXVII.

L’amicizia. – Vizi opposti: disdegno, adulazione.

1220. Vi è ancora un obbligo morale richiesto nella società degli uomini per il bene perfetto della società stessa, quantunque non richiesto col medesimo rigore di quello della riconoscenza, della vendetta e della verità?

Sì; è il dovere dell’amicizia (CXIV, 2).

1221. Che cosa intendete per amicizia?

Intendo una virtù per la quale l’uomo nei suoi rapporti con gli altri, si ingegna in tutto ciò che riguarda il suo esterno, si tratti delle sue parole come dei suoi atti, a comportarsi con essi come si conviene, per dare alla loro vita comune il più perfetto ornamento (CXIV, 1).

1222. È questa una virtù di gran pregio nei rapporti degli uomini tra loro?

Sì; è la virtù sociale per eccellenza, e si potrebbe chiamare come il fiore ed il profumo più squisito tanto della virtù della giustizia che di quella della carità.

1223. In che modo si può peccare contro questa virtù?

Si può peccare in due modi contro questa virtù: per difetto, preoccupandosi poco o non preoccupandosi affatto di ciò che può far piacere o dispiacere agli altri; per eccesso, abbandonandosi al vizio della adulazione o non sapendo mostrare esternamente quando occorre, la disapprovazione che possono meritare gli atti o le parole di coloro coi quali si vive (CXV, CXVI).

Capo XXXVIII.

La liberalità. – Vizi opposti: avarizia e prodigalità.

1224. Quale è finalmente la virtù che si riferisce alla giustizia particolare, destinata ad adempiere l’ultimo aspetto dell’obbligo morale annesso alle relazioni degli uomini tra loro?

È la virtù della liberalità (CXVII, 5).

1225. Che cosa intendete per tale virtù?

Intendo una disposizione dell’anima per la quale l’uomo non è attaccato alle cose esterne che concorrono alla utilità della vita degli nomini tra loro, se non in una misura così perfettamente ordinata, da essere sempre pronto a rinunziare a tali cose e specialmente al denaro che le rappresenta, per il meglio della vita sociale tra gli uomini (CXVII, 1-4),

1226. Questa virtù è molto grande?

Presa nel suo oggetto immediato che è il bene delle ricchezze è la infima tra le virtù: ma nelle sue conseguenze essa si nobilita con la dignità di tutte le altre virtù, perché può concorrere al bene di ciascuna di esse (CXVII, 6).

1227. Quali sono i vizi opposti a questa virtù?

Sono l’avarizia e la prodigalità (CXVIII, CXIX).

1228. Che cosa intendete per avarizia?

Intendo un peccato speciale costituito dall’amore smoderato delle ricchezze (CXVIII, art. 1, 2)

1229. È molto grave questo peccato?

Considerandolo in ordine al bene umano che esso guasta è l’infimo dei peccati, perché non snatura che l’amore dell’uomo per i beni esterni che sono le ricchezze; ma considerando la sproporzione dell’anima e delle ricchezze alle quali questo peccato fa che l’uomo si attacchi indebitamente, diviene il più vergognoso e più spregevole dei vizi; perché fa che l’anima si assoggetti a ciò che è più al di sotto di sé (CXVIII, 4, 5).

1230. Questo vizio è particolarmente pericoloso?

Sì; questo vizio è particolarmente pericoloso, perché l’amore delle ricchezze non termina in se stesso; e per accumularle si può arrivare a commettere ogni delitto contro Dio, contro il prossimo e contro se stesso (CXVIII, 5).

1231. L’avarizia è un peccato capitale?

Sì; l’avarizia è un peccato capitale, perché racchiude in sé o nel proprio oggetto una delle condizioni annesse alla felicità che ciascuno desidera, cioè l’abbondanza dei beni ai quali ognuno obbedisce (CXVIII, 7).

1232. Quali sono gli effetti dell’avarizia?

Sono la durezza del cuore che non sente più misericordia, la inquietudine, la violenza, l’inganno, lo spergiuro, la frode, il tradimento. Perché l’amore disordinato delle ricchezze può eccedere nel ritenerle, nell’acquistarle, nel desiderio di possederle, nel prenderle con violenza ed usando astuzia, nel discorso ordinario ed accompagnato dal giuramento; ed in via di fatto, riguardo alle cose e riguardo alle persone (CXVIII, 8).

1233. La prodigalità, che è l’altro vizio opposto alla liberalità, si oppone anche all’avarizia?

Sì: perché mentre l’avarizia eccede nell’amore e nella preoccupazione delle ricchezze, e non è abbastanza disposta ad utilizzarle donandole, la prodigalità al contrario non si preoccupa abbastanza di ciò che riguarda la custodia delle ricchezze stesse, ed ha troppa inclinazione a prodigarle (CXIX, 1, 2).

1234. Di questi due vizi qual è il più grave?

È l’avarizia; perché essa si oppone maggiormente al bene della virtù della liberalità, di cui la caratteristica è piuttosto il dare che il ritenere (CXIX, 3).

1235. Potreste, sotto forma di ricapitolazione, dirmi come sono ordinate e graduate le virtù annesse alla giustizia particolare, in ordine a coloro che ne sono l’oggetto?

Sì; ecco tutto in poche parole: In primo luogo viene la religione che riguarda Dio nel servizio e nel culto che gli si deve, per la ragione che Egli è il Creatore ed il Sovrano Signore e Padrone di tutte le cose. Quindi la pietà verso i genitori e verso la patria, per il grande benefizio della vita che dobbiamo loro; poi la osservanza, rispetto ai superiori in autorità, in dignità od in eccellenza, in qualunque ordine ciò possa essere. Poi la gratitudine o riconoscenza, riguardo ai nostri benefattori particolari; la vendetta, quando si tratta di malfattori o di coloro che hanno potuto nuocere in modo tale da reclamare la repressione del male. Finalmente la verità, la amicizia e la liberalità che dobbiamo usare con ogni essere umano, in ragione di noi stessi.

Capo XXXIX.

L’equità naturale o epicheia.

1236. Non avete detto che esiste anche una virtù annessa alla giustizia generale o legale?

Sì; ed è la virtù che possiamo chiamare col nome generale di equità naturale, e che si

chiama anche epicheia (CXX).

1237. Qual è il compito, ossia l’ufficio proprio di questa virtù?

Essa ha per proprio compito ed ufficio di rivolgere la volontà a cercare la giustizia in tutte le cose ed in tutti gli ordini al di fuori ed al di sopra di ogni testo di leggi e costumi esistenti tra gli uomini, quando la ragione naturale, in virtù dei suoi primi principi, dimostra che in un dato caso tal testi di leggi o tali costumi non possono né debbono applicarsi (CXX, 1).

1238. Questa virtù è molto preziosa?

Nell’ordine della giustizia e di tutte le virtù che regolano l’uomo nei suoi rapporti con gli altri, è la più importante e la più preziosa di tutte le virtù; perché in qualche modo le domina tutte e tutte le mantiene nell’ordine del bene sociale, in ciò che vi è di più profondo e di più essenziale (CXX, 2).

Capo XL

Del dono della pietà corrispondente alla giustizia e alle sue parti.

1239. Fra i doni dello Spirito Santo quale corrisponde alla virtù della giustizia?

Il dono della pietà (CXXI).

1240. In che cosa consiste precisamente il dono della pietà?

Consiste in una disposizione abituale della volontà, per la quale l’uomo è atto a ricevere l’azione diretta e personale dello Spirito Santo che lo innalza a trattare con Dio, considerato nei più alti misteri della sua vita divina, come con un Padre teneramente e filialmente onorato, servito ed obbedito; ed a trattare con tutti gli altri uomini e con tutte le altre creature ragionevoli, nei suoi rapporti con essi, in quanto lo richiede il bene divino e soprannaturale che li unisce tutti a Dio, come al Padre della grande famiglia divina (CXXI, 1).

1241. Si deve dire che il dono della pietà è quello che mette il suggello più perfetto ai rapporti esterni che gli uomini possono e debbono avere sia tra loro stessi che con Dio?

Sì: il dono della pietà è quello che mette il suggello più perfetto ai rapporti esterni che gli uomini possono o debbono avere sia tra loro stessi che con Dio. Esso è il coronamento della virtù della giustizia e di tutte le virtù annesse: e se ciascuno con questo dono mettesse in opera, corrispondendovi perfettamente, i moti e l’azione dello Spirito Santo, la vita degli uomini su questa terra sarebbe la vita di una grande famiglia divina, e come il pregustamento della vita degli eletti nel cielo.

Caro XLI.

Dei precetti del Decalogo relativi alla giustizia: i primi tre e gli ultimi quattro.

1242. La virtù della giustizia e le virtù annesse, col dono della pietà che le suggella, hanno dei precetti che vi si riferiscono?

Sì: sono tutti i precetti del Decalogo (CXXII, 1).

1243. Non si riferiscono che a queste virtù i precetti del Decalogo?

Sì; i precetti del Decalogo non si riferiscono che a queste virtù; e quelli che si riferiscono alle altre virtù son venuti dopo, come determinazioni o spiegazioni dei primi (CXXII, 1).

1244. Perché è avvenuto così?

Perché i precetti del Decalogo, essendo i primi precetti della legge morale dovevano riferirsi a ciò che immediatamente e per tutti ha manifestamente ragione di cosa dovuta od obbligatoria; e questo comprende i rapporti con gli altri, in quanto sono regolati dalla virtù della giustizia con le virtù annesse (CXXTI, 1).

1245. Come si dividono i precetti del Decalogo?

Si dividono in due parti chiamate le due tavole della legge.

1246. Che cosa comprendono i precetti della prima tavola?

Comprendono i primi tre precetti relativi alla virtù della religione, che regola i rapporti dell’uomo con Dio,

1247. Come sono ordinati questi tre precetti della prima tavola?

Sono ordinati in modo che i primi due escludono i due principali ostacoli che si oppongono al culto di Dio, vale a dire la superstizione, ossia culto dei falsi dei, e la irreligione, ossia mancanza di rispetto al vero Dio; il terzo poi stabilisce la parte positiva del culto del vero Dio (CXXII, 2, 8).

1248. Che cosa comprende questo terzo precetto del Decalogo?

Comprende due cose: astensione dalle opere servili, e la sollecitudine di attendere alle cose di Dio (CXXII, 4 ad 2).

1249. Che cosa si intende per astensione dalle opere servili?

Per astensione dalle opere servili si intende l’obbligo di sospendere un giorno per settimana, che attualmente è la domenica, e nei giorni di festa di precetto che sono per tutta la Chiesa il Natale, la Circoncisione, la Epifania, l’Ascensione, il Corpus Domini, la Immacolata Concezione, l’Assunzione, la festa di San Giuseppe, la festa dei Ss. Pietro e Paolo e la festa di Tutti i Santi, i lavori manuali che non sono necessari al mantenimento ed al buon ordine della vita materiale, o non richiesti da una urgente necessità (CXXII, 8 ad 3. – Codice, can. 1247).

1250. E la sollecitudine di attendere alle cose di Dio che cosa comprende?

Comprende in modo totalmente esplicito e sotto pena di colpa grave, l’assistenza al santo Sacrificio della Messa, nelle domeniche e nei giorni di festa sopra notati (CXXII, 3ad 4).

1251. Se in tali giorni non si può assistere alla Messa, siamo obbligati a qualche altro esercizio di pietà?

Non siamo obbligati in maniera determinata ad alcun esercizio di pietà; ma certissimamente sarebbe un mancare all’obbligo positivo di santificare tali giorni, lasciandoli passare senza dedicarsi ad alcun atto di religione,

1252. Che cosa comprendono i precetti della seconda tavola?

Comprendono i precetti relativi alla virtù della pietà verso i genitori, ed alla virtù della stretta giustizia verso il prossimo chiunque esso sia (CXXII, 5, 6).

Capo XLII

La fortezza: virtù e atto: il martirio. – Vizi opposti: la paura, l’insensibilità, la temerità.

1253. Quale è la terza virtù appartenente alle virtù cardinali, che segue la giustizia?

È la virtù della fortezza (CXXII-CXL).

1254. Che cosa intendete per virtù della fortezza?

Intendo quella perfezione di ordine morale della parte affettiva sensibile, avente per oggetto di resistere contro i più grandi timori e di moderare i moti più arditi di audacia, sfidando anche i pericoli di morte nel corso di una guerra giusta, affinchè l’uomo al loro sopraggiungere, non tradisca mai il proprio dovere (CXXIII, 1-6).

1255. Questa virtù ha un atto più speciale in cui manifesta tutta la sua eccellenza e tutta la perfezione?

Sì; l’atto del martirio (CXXIV).

1256. Che cosa intendete per atto del martirio?

Intendo quell’atto della virtù della fortezza per il quale, nella guerra particolare che si ha da sostenere contro i persecutori del nome cristiano e di tutto ciò che vi si riferisce, non si teme di accettare la morte per rendere testimonianza alla verità (CXXIV, art. 1-5).

1257. Quali sono i vizi opposti alla virtù della fortezza?

Sono: da un lato la paura che non resiste abbastanza davanti ai pericoli della morte, e la insensibilità di fronte al pericolo che trascura di evitare quando si deve evitare: dall’altro la temerità per la quale si va incontro al pericolo, contrariamente ad una giusta prudenza (CXXV-CXXVII).

1258. Dunque si può peccare per eccesso di valore?

Non si pecca mai per eccesso di valore: ma si può, sotto la pressione di una troppo forte arditezza non moderata dalla ragione, lasciarsi andare a degli atti che, non essendo di vero coraggio, del valore hanno la sola apparenza (CXXVII, 1 ad 2).

Capo XLIII.

Virtù annesse: la magnanimità. – Vizi opposti: la presunzione, l’ambizione, la vanagloria, la pusillanimità.

1259. Vi sono delle virtù che si collegano con la fortezza imitandone l’atto, ossia il modo di agire, ma in materia meno difficile?

Sì; da una parte vi sono la magnanimità e la magnificenza; dall’altra la pazienza, e la perseveranza (CXXVIII).

1260. In che cosa si distinguono queste due specie di virtù?

Le prime due si collegano con la fortezza in ragione di quello tra i suoi atti che affronta ciò che vi è di più difficile e di più arduo; mentre le altre due le si collegano in ragione dell’atto che resiste contro i più gravi timori (CXXVIII).

1261. Qual è l’oggetto proprio della – magnanimità?

È quello di rafforzare il moto della speranza per il compimento di grandi azioni, in quanto ne risultano grandi onori o grande gloria (CXXIX, 1, 2).

1262. Dunque nella magnanimità tutto è grande?

Sì: tutto è grande in questa virtù, ed essa è propria dei grandi cuori.

1263. Può esservi qualche vizio che le si oppone?

Sì; vi sono numerosi vizi che le si oppongono, sia per eccesso che per difetto.

1264. Quali sono i vizi che le si oppongono per eccesso?

Sono la presunzione, l’ambizione e la vanagloria (CXXX – CXXXII).

1265. Come si distinguono tra loro questi diversi vizi?

Si distinguono in questo,  che la presunzione induce a fare a fare delle azioni troppo grandi per le proprie forze e per il proprio valore; l’ambizione mira ad onori più grandi di quanto lo comportano il proprio stato ed i propri meriti;  la vanagloria cerca una gloria che non ha valore, o non è ordinata al suo vero fine, che è la gloria di Dio ed il bene degli uomini (Ibid.)

1266. La vanagloria è un vizio capitale?

Sì; la vanagloria è un vizio capitale, perché implica la manifestazione della propria eccellenza, che gli uomini cercano in tutto e che può condurli a molti errori (CXX.XII, 4).

1267. Quali sono gli effetti della vanagloria?

sono la iattanza, l’ipocrisia, la pertinacia, la contenzione e la disobbedienza (CXXXII,5)

1268. Qual è il vizio che si oppone alla magnanimità per difetto?

È la pusillanimità (CKXXIII).

1269. Perché la pusillanimità è un peccato?

Perché è contraria alla legge naturale che sprona ogni essere ad agire, in quanto la sua virtù ed i suoi mezzi lo rendono capace (CXXXIII, 1)

1270. È cosa dunque realmente biasimevole mettere in opera le virtù ed i mezzi di azione ricevuti da Dio, per diffidenza di se stesso o per non conveniente disposizione  verso gli onori e la gloria?

Si; è una cosa realmente biasimevole e bisogna ben guardarsi dal confonderla con la vera umiltà di cui presto parleremo (Ibid.)

Capo XLIV.

La magnificenza. – Vizi opposti: la grettezza e le spese eccessive.

1271. In cosa consiste la virtù della magnificenza?

Consiste in una disposizione della parte affettiva, che rafforza e regola il moto della speranza verso ciò che è arduo, nel dispendio richiesto per il compimento di grandi opere (CXXXIV, 1, 2).

1272. Questa virtù suppone grandi ricchezze e grandi occasioni di spese in vista del bene pubblico?

Sì; questa virtù suppone grandi ricchezze, che si ha occasione di spendere per tutto ciò che riguarda specialmente il culto divino ed il bene pubblico della città o dello Stato (CXXXIV, 3).

1273. Essa è dunque propriamente la virtù dei ricchi e dei grandi?

Sì; essa è propriamente la virtù dei ricchi e dei grandi.

1274. Quali sono i vizi opposti a questa virtù?

Vi è il vizio della grettezza in ciò che si fa, che porta l’uomo a restare al di sotto delle spese necessarie all’intrapresa dell’opera; ed il vizio della spesa eccessiva che porta a spendere senza ragione oltre la misura voluta dalla grandezza dell’opera stessa (CXXXV, 1, 2)

Capo XLV.

La pazienza. – La longanimità. – La costanza.

1275. Qual è la caratteristica della virtù della pazienza?

La caratteristica della virtù della pazienza è di sopportare in ordine al bene della vita futura, oggetto della carità, tutte le afflizioni che possono in ogni istante della nostra vita presente, esserci cagionate dalle contrarietà inerenti a questa vita stessa, e più specialmente dalle azioni degli altri uomini nelle loro relazioni con noi (CXXXVI), 1-3).

1276. La pazienza è la stessa cosa che la longanimità e la costanza?

No; perché se tutte e tre aiutano a  resistere contro le afflizioni di questa vita, la pazienza resiste soprattutto contro quelle cagionate a noi dalle contrarietà provenienti dai nostri rapporti quotidiani con gli altri nomini; mentre la longanimità resiste contro le afflizioni

causate dal ritardo nel conseguimento del bene che aspettiamo, e la costanza contro i disgusti che ci cagionano le diverse noie che possono sopraggiungere nel corso della pratica del bene (CXXXVI, 5).

Capo XLVI.

La perseveranza. – Vizi opposti: la mollezza e la pertinacia.

1277. Quali rapporti ha la perseveranza con le virtù di cui abbiamo parlato?

La perseveranza non riguarda le afflizioni, ma piuttosto il timore della fatica che

ci cagiona la sola durata prolungata della pratica del bene (CXXXVII, 1-3).

1278. La virtù della perseveranza ha dei vizi che le si oppongono?

Sì; sono la mancanza di resistenza, ossia la mollezza, per la quale si cede alla minima pena ed alla minima fatica; e la pertinacia per la quale ci si ostina a non cedere, quando invece sarebbe ragionevole farlo (CXXXVIII, 1, 2),

Capo XLVII.

Del dono della fortezza corrispondente alla virtù della fortezza.

1279. Vi è un dono dello Spirito Santo che corrisponde alla virtù della fortezza?

Si; è il dono che porta lo stesso nome, e si chiama appuntodono della fortezza (CXXXIX)

1280. Potreste spiegarmi in che cosa differisce il dono della fortezza dalla virtù dello stesso nome?

Sì; eccolo spiegato in brevi parole:  Come la virtù corrispondente, questo dono riguarda il timore ed in qualche modo l’audacia. Ma mentre il timore e l’audacia moderati dalla virtù della fortezza non riguardano che i pericoli che è in potere dell’uomo superare o subire, il timore e la confidenza dominati ed eccitati dal dono della fortezza riguardano i  pericoli ed i mali ed i mali che l’uomo non può assolutamente sormontare: quale è la stessa separazione che opera la morte da tutti i beni della vita presente, senza dare da sé il solo bene superiore che li compensa e li supplisce all’infinito, apportando ogni bene ed escludendo ogni male, cioè il conseguimento effettivo della vita eterna. Questa sostituzione effettiva della vita eterna a tutte le miserie della vita presente, malgrado tutte le difficoltà e tutti i pericoli che possono ostacolare il bene dell’uomo, compresa la morte che tutti li compendia, è opera esclusiva dell’azione propria dello Spirito Santo. Perciò soltanto a Lui appartiene di avviare effettivamente l’anima dell’uomo verso tale sostituzione, in modo che l’uomo abbia in Lui la fiducia ferma e positiva che gli fa sfidare il più grave di tutti i timori ed in qualche modo correre incontro alla morte stessa, non per soccombere ma per trionfarne. Ed è appunto per il dono della fortezza che l’uomo è così mosso dallo Spirito Santo; tantoché si potrebbe assegnare come oggetto proprio di questo dono, la vittoria sulla morte (CXXXIX,1).

Capo XLVIII

Dei precetti relativi alla fortezza.

1281. Vi sono dei precetti aventi relazione con la virtù della fortezza nelle legge divina?

Sì; e tali precetti sono dati come conviene. Perché specialmente nella legge nuova ove tutto è ordinato a fissare lo spirito dell’uomo a Dio, l’uomo è invitato sotto forma di precetto negativo a non temere i mali temporali, e sotto forma di precetto positivo a combattere senza posa il più mortale nemico che è il demonio (CXL, 1).

1282. Ed i precetti relativi alle altre virtù collegate con la fortezza, sono dati egualmente nella legge divina?

Sì; perché non si danno precetti affermativi, cioè primitivi, se non in riguardo della pazienza e della perseveranza, come appartenenti alle cose ordinarie della vita; in riguardo invece della magnificenza e della magnanimità, come rivolte a cose piuttosto all’ordine della perfezione, non si danno affatto precetti, ma semplici consigli (CXL, 2).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.