DOMENICA V DOPO PASQUA (2021)

DOMENICA V DOPO PASQUA (2021)

Semidoppio. – Paramenti- bianchi.

La liturgia continua a cantare il Cristo risorto e ci invita, in questa settimana delle Rogazioni, ad unirci a quella preghiera con la quale il Salvatore ha chiesto a Dio di far partecipe, con l’Ascensione, la propria umanità di quella gloria che, come Dio, possiede fin dall’eternità (Off.). Anche noi possederemo un giorno questa gloria, poiché ci ha liberati dal peccato con la virtù del Suo Sangue (Intr., Comm.). Poiché Gesù Cristo partendosi da noi ci ha lasciato come consolazione « di poter pregare in nome suo, onde la nostra gioia sia perfetta », cosi domandiamo a Dio « per nostro Signore » di non rimanere senza frutto nella conoscenza di Gesù, affinché, credendo alla sua generazione da parte del Padre, (Vang.) noi meritiamo di entrare con Lui nel Regno di suo Padre.

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Incipit

In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Isa. XLVIII: 20

Vocem jucunditátis annuntiáte, et audiátur, allelúja: annuntiate usque ad extrémum terræ: liberávit Dóminus pópulum suum, allelúja, allelúja.

[Annunciate la gioiosa notizia, che sia ascoltata, allelúia: annunciatela fino all’estremo della terra: il Signore ha liberato il suo pòpolo, allelúia, allelúia]

Ps LXV: 1-2

Jubiláte Deo, omnis terra, psalmum dícite nómini ejus: date glóriam laudi ejus.

[Acclama a Dio, o terra tutta, canta un inno al suo nome: dà a Lui lode di gloria].

Vocem jucunditátis annuntiáte, et audiátur, allelúja: annuntiáte usque ad extrémum terræ: liberávit Dóminus pópulum suum, allelúja, allelúja

[Annunciate la gioiosa notizia, che sia ascoltata, allelúia: annunciatela fino all’estremo della terra: il Signore ha liberato il suo pòpolo, allelúia, allelúia]

 Orémus.

Deus, a quo bona cuncta procédunt, largíre supplícibus tuis: ut cogitémus, te inspiránte, quæ recta sunt; et, te gubernánte, léadem faciámus.

[O Dio, da cui procede ogni bene, concedi a noi súpplici di pensare, per tua ispirazione, le cose che son giuste; e, sotto la tua direzione, di compierle.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Jacóbi Apóstoli.

Jac. I: 22-27

Caríssimi: Estóte factóres verbi, et non auditóres tantum: falléntes vosmetípsos. Quia si quis audítor est verbi et non factor: hic comparábitur viro consideránti vultum nativitátis suæ in spéculo: considerávit enim se et ábiit, et statim oblítus est, qualis fúerit. Qui autem perspéxerit in legem perfectam libertátis et permánserit in ea, non audítor obliviósus factus, sed factor óperis: hic beátus in facto suo erit. Si quis autem putat se religiósum esse, non refrénans linguam suam, sed sedúcens cor suum, hujus vana est relígio. Relígio munda et immaculáta apud Deum et Patrem hæc est: Visitáre pupíllos et viduas in tribulatióne eórum, et immaculátum se custodíre ab hoc sæculo.

“Carissimi: Siate osservanti della parola, e non uditori soltanto, che ingannereste voi stessi. Perché se uno ascolta la parola e non l’osserva, egli rassomiglia a un uomo che contempla nello specchio il suo volto naturale. Contemplato, se ne va, e subito dimentica come era. Ma chi guarda attentamente nella legge perfetta della libertà, e persevera in essa, diventando non un uditore smemorato, ma un operatore di fatti, questi sarà felice nel suo operare. – Se alcuno crede d’essere religioso, e non frena la propria lingua, costui seduce il proprio cuore, e la sua religione è vana. Religione pura e senza macchia dinanzi a Dio e al Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro tribolazioni, e conservarsi incontaminati da questo mondo”.

STUDIO E CURIOSITA”.

L’esposizione cristiana — ed è il Cristianesimo che noi, sulle orme degli Apostoli veniamo esponendo in queste spiegazioni — oscilla tra le verità più alte, trascendenti addirittura ed i concetti più umili, più pratici. Qualche volta il pensiero apostolico vola, tal altra cammina per vie piane, quasi trite. Abbiamo volato con Paolo, camminiamo oggi con S. Giacomo. Il quale è molto preoccupato dei pericoli della speculazione pura, anche religiosa. È facile illudersi e credere, per illusione, che il parlare molto di una cosa, o il meditarla profondamente, lo specularvi d’intorno voglia dire amarla per davvero. Illusione funesta sempre; ma più funesta quando la materia della illusione, sia religiosa; quando si creda religiosità o religione perfetta la speculazione teologica la più sottile e più alta. La speculazione ci vuole, perché noi uomini, anche nel campo religioso siamo esseri intelligenti, razionali: vogliamo capire. È un bisogno ed un dovere, è un ossequio a Dio: l’ossequio dell’intelligenza. Ma non basta, ma non è la cosa più importante. Perciò l’Apostolo dice ai fedeli: siate osservanti della Legge, non solo curiosi di essa. Mettetela in pratica, non appagatevi di conoscerla a perfezione. E continua osservando che il fare diversamente, il preferire la speculazione curiosa all’osservanza pratica, il guardare e sentire al fare, ancora il separare quello da questo, è un’illusione, un auto inganno. – E dopo avere insistito su questo concetto fondamentale, non con l’abilità del sofista, ma collo zelo dell’apostolo, conclude in un modo e con una formula anche più severamente e modestamente pratica, che per le sue qualità apparenti, può anche scandalizzare, ma che importa rammentare sempre per fare del buon Cristianesimo, fare della religione autentica. La quale consiste, dice l’Apostolo (e adopera la parola « religione pura ed immacolata presso Dio e il Padre ») nel « visitare i pupilli e le vedove tribolate ed oppresse, custodendo il proprio cuore senza macchia fra la corruttela del nostro secolo ». Visitare i pupilli e le vedove tribolate, oppresse; notoriamente i deboli sono stati il bersaglio della perversità vile. E nessuno è così tipicamente debole come la vedova coi suoi orfanelli. Le anime pagane approfittano di queste debolezze per opprimerle e spogliarle ed angariarle: prendono quel poco che c’è, spogliano di quel nulla che è rimasto. Le anime pagane… le quali proprio così, proprio in questo assalto ostile, cupido avido al poco benessere di questi deboli, si rivelano tali: pagane. Ed è inutile che ostentino così facendo, così trattando il prossimo, sentimenti buoni di adorazione, di amore per il loro Dio, per Iddio. L’abito religioso su queste anime egoistiche è una maschera, che non inganna nessuno, certo non inganna Dio. La pietà verso di Lui si rivela e traduce in modo irrefragabile solo nella carità operosa, benefica verso i poveri, anzi verso quei poveri che non sono più poveri, verso quelli dei quali chi fa il bene non ha nulla da umanamente ripromettersi, tanto sono poveri e miseri! I pupilli e le vedove, bersagliati, oppressi. Il linguaggio apostolico è di una singolare chiarezza. Senza questa carità o attuta, o almeno sinceramente voluta, non c’è religione, c’è una lustra di Cristianesimo. Ma basta questa carità, perché si possa dire religiosa un’anima? Basta? Delicato problema, ma a cui si può sicuramente rispondere: Se c’è in un’anima carità sincera, senza secondi fini, senza alterazioni innaturali, c’è la religione, almeno embrionalmente. Non c’è ancora la pienezza, c’è già il principio: non c’è ancora l’albero, c’è già il germe. Non siamo all’arrivo; siamo alla partenza per… verso la religione, verso Dio. Ecco perché noi possiamo predicare a tutti i nostri uditori, a quelli che hanno ancora la fede e a quelli che non l’hanno forse mai avuta, che forse l’hanno disgraziatamente perduta: siate caritatevoli, cioè fate la carità, e avrete nell’anima l’aurora e il meriggio di Dio.

(G. Semeria: Epistole della Domenica – Milano – 1939)

Alleluja

Allelúja, allelúja.

Surréxit Christus, et illúxit nobis, quos rédemit sánguine suo. Allelúja.

[Il Cristo è risuscitato e ha fatto sorgere la sua luce su di noi, che siamo redenti dal suo sangue. Allelúia.]

Joannes XVI: 28

Exívi a Patre, et veni in mundum: íterum relínquo mundum, et vado ad Patrem. Allelúja.

[Uscii dal Padre e venni nel mondo: ora lascio il mondo e ritorno al Padre. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem.

Joann XVI:23-30

In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Amen, amen, dico vobis: si quid petiéritis Patrem in nómine meo, dabit vobis. Usque modo non petístis quidquam in nómine meo: Pétite, et accipiétis, ut gáudium vestrum sit plenum. Hæc in provérbiis locútus sum vobis. Venit hora, cum jam non in provérbiis loquar vobis, sed palam de Patre annuntiábo vobis. In illo die in nómine meo petétis: et non dico vobis, quia ego rogábo Patrem de vobis: ipse enim Pater amat vos, quia vos me amástis, et credidístis quia ego a Deo exívi. Exívi a Patre et veni in mundum: íterum relínquo mundum et vado ad Patrem. Dicunt ei discípuli ejus: Ecce, nunc palam loquéris et provérbium nullum dicis. Nunc scimus, quia scis ómnia et non opus est tibi, ut quis te intérroget: in hoc crédimus, quia a Deo exísti.

[“In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: In verità in verità vi dico, che qualunque cosa domandiate al Padre nel nome mio, ve lo concederà. Fino adesso non avete chiesto cosa nel nome mio: chiedete, e otterrete, affinché il vostro gaudio sia compito. Ho detto a voi queste cose per via di proverbi. Ma viene il tempo che non vi parlerò più per via di proverbi, ma apertamente vi favellerò intorno al Padre. In quel giorno chiederete nel nome mio: e non vi dico che pregherò io il Padre per voi; imperocché lo stesso Padre vi ama, perché avete amato me, e avete creduto che sono uscito dal Padre. Uscii dal Padre, e venni al mondo: abbandono di nuovo il mondo, e vo al Padre. Gli dissero i suoi discepoli: Ecco che ora parli chiaramente, e non fai uso d’alcun proverbio. Adesso conosciamo che tu sai tutto, e non hai bisogno che alcuno t’interroghi: per questo noi crediamo che tu sei venuto da Dio”].

Omelia

(Discorsi di s. G. B. M. VIANNEY Curato d’Ars – vol. II, 4° ed. Torino, Roma; C. Ed. Marietti, 1933)

Sulla preghiera.

“Amen, amen dico vobis si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis.”

(JOAN. XVI, 23).

Fratelli miei, nulla è più consolante per noi quanto la promessa che Gesù Cristo ci fa nell’Evangelo, assicurandoci che qualunque cosa domanderemo in nome suo al Padre, Egli ce la concederà. E non solo ci permette di domandargli ciò che vogliamo: ma ce lo comanda, ce ne prega. Egli diceva ai suoi Apostoli:  « Son già tre anni che mi trovo con voi, e voi non mi domandate nulla. Domandate dunque, affinché la vostra gioia sia piena e perfetta. » E questo ci mostra come la preghiera sia la sorgente di tutti i beni e di tutta la felicità che noi possiamo sperare sulla terra. Perciò, o F. M., se siamo così poveri, così privi della Luce e dei beni della grazia, questo avviene perché non preghiamo o preghiamo male. Ahimè! diciamolo piangendo: una gran parte di voi non sa nemmeno che cosa sia pregare, ed altri non hanno che una grande ripugnanza per un esercizio, che è sì dolce e sì consolante per un buon Cristiano. Alle volte vediamo alcuni che pregano, ma che non ottengono nulla; vuol dire ch’essi pregano male: cioè, senza prepararsi, e senza sapere nemmeno ciò che domandano a Dio. Ma per meglio farvi sentire, F. M., la grandezza dei beni che la preghiera attira su di noi, vi dirò che tutti i mali che ci colpiscono sulla terra, non vengono se non da ciò che noi non preghiamo, o preghiamo male; e, se volete saperne la causa, eccola. Se avessimo la fortuna di pregare il buon Dio come si deve, ci sarebbe impossibile cadere nel peccato; e se fossimo esentati dal peccato, ci troveremmo, per così dire, come Adamo prima della sua caduta. Per eccitarvi, F. M., a pregare spesso e a pregar bene, vi mostrerò: 1° che senza la preghiera è impossibile salvarsi; 2° che la preghiera è onnipotente presso Dio; 3° vi dirò quali sono le qualità che deve avere la preghiera per essere accetta a Dio e meritoria per chi la fa.

I. Per mostrarvi, F. M., il potere della preghiera e le grazie ch’essa attira dal cielo, vi dirò che, solo per la preghiera i giusti hanno avuto la fortuna di perseverare. La preghiera è per la nostra anima ciò che è la pioggia per la terra. Concimate un terreno quanto volete, se manca la pioggia, il vostro lavoro servirà a nulla. Così, fate opere buone quante volete; se non pregate spesso e come si deve, non vi salverete mai; perché la preghiera apre gli occhi della nostra anima, le fa sentire la grandezza della sua miseria, la necessità di ricorrere a Dio e la fa temere per la sua debolezza. Il Cristiano fa conto su Dio solo e niente su se stesso. Sì, F. M., per la preghiera tutti i santi hanno perseverato. Infatti, chi ha spinto i santi a fare grandi sacrifici, abbandonare tutte le loro ricchezze, i parenti, le comodità, per andar a finire la vita nelle foreste a piangere i loro peccati? F. M., fu la preghiera che accese nel loro cuore il pensiero di Dio, il desiderio di piacergli, e di vivere unicamente per Lui. Vedete Maddalena, qual è la sua occupazione dopo la sua conversione? Non è la preghiera? Vedete san Pietro; vedete ancora S. Luigi, re di Francia, che nei suoi viaggi, invece di passare la notte in letto, la passava in chiesa a pregare, domandando a Dio il prezioso dono della perseveranza nella grazia. Ma senza andare così lontano, F. M., non vediamo noi stessi che quando trascuriamo la preghiera perdiamo subito il gusto delle cose celesti: non pensiamo più che alla terra; e, se riprendiamo la preghiera, sentiamo rinascere in noi il pensiero ed il desiderio delle cose celesti? Sì, F. M., se abbiamo la ventura d’essere in grazia di Dio; o ricorriamo alla preghiera, o siamo sicuri di non perseverare lungamente nella via del cielo. In secondo luogo, affermo, o F. M., che tutti i peccatori devono, senza un miracolo straordinario, il quale non avviene che rarissimamente, la loro conversione alla preghiera. Vedete che cosa fa S. Monica, per domandare la conversione del figlio: ora ai piedi del suo crocifisso prega e piange; ora a persone dabbene domanda il soccorso delle loro preghiere. Vedete S. Agostino stesso, quando volle seriamente convertirsi; vedetelo in un giardino che attende alla preghiera e si abbandona alle lagrime per commuovere il cuore di Dio e cambiare il suo. Sì, F. M., per quanto peccatori noi siamo, se ricorressimo alla preghiera e se pregassimo come si deve, saremmo sicuri che Dio ci perdonerebbe. Ah! F. M., non stupiamoci perché il demonio fa ogni sforzo per non farci fare le nostre preghiere o per farcele far male; egli sa meglio di noi quanto la preghiera sia terribile per l’inferno, e che è impossibile che Dio possa rifiutarci ciò che gli domandiamo colla preghiera. Oh! quanti peccatori uscirebbero dal peccato se avessero la fortuna di ricorrere alia preghiera! – In terzo luogo, affermo, che tutti i dannati si sono dannati perché non hanno pregato o hanno pregato male. E da questo concludo, F. M., che senza la preghiera ci perderemo irreparabilmente per tutta l’eternità, mentre colla preghiera ben fatta siamo sicuri di salvarci. Sì, F. M. tutti i santi erano così convinti che la preghiera era assolutamente necessaria per salvarsi, che non si accontentavano di passare i giorni a pregare, ma vi passavano altresì le notti intere. E perché, F. M., noi abbiamo tanta ripugnanza per un esercizio così dolce e confortante? Ahimè! o  F.M., è perché facendolo male, non abbiamo mai provato le dolcezze che provavano i santi. Vedete sant’Ilarione, che pregò senza cessare per cent’anni, e i suoi cento anni di preghiera furono così corti che la vita gli sembrò passata come un baleno. Infatti, F. M., una preghiera ben fatta è un olio imbalsamato che si spande sulla nostra anima, e che sembra farle pregustare la felicità che godono i beati nel cielo. E questo è sì vero, che leggiamo nella vita di S. Francesco d’Assisi che, spesso, quando pregava, cadeva in estasi al punto che non si poteva distinguere se egli era sulla terra o coi beati in cielo. E questo perché egli era infiammato dal fuoco divino che la preghiera accendeva nel suo cuore, fuoco che gli comunicava un calore sensibile. Un giorno trovandosi in chiesa provò uno slancio d’amore così violento che si mise ad esclamare ad alta voce: “Mio Dio, non posso più reggere.„ — Ma, penserete in cuor vostro, questo va bene per quelli che sanno pregar bene e dire delle belle preghiere. F. M., Dio non guarda alle preghiere lunghe né alle preghiere belle; ma a quelle che son fatte col cuore, con un grande rispetto ed un vero desiderio di piacere a Lui. Eccone un bell’esempio. Si narra nella vita di S. Bonaventura, che era un grande dottore della Chiesa, che un religioso, uomo semplicissimo, gli disse: “Padre, pensate voi, che io sì poco istruito, possa pregar bene Iddio ed amarlo?„ S. Bonaventura gli rispose: “Ah! amico, sono principalmente coloro che somigliano a voi quelli che il buon Dio ama di più e che gli sono assai cari… Il buon religioso, stupito d’una sì buona notizia, si mise alla porta del monastero, dicendo a tutti quelli che vedeva passare: « Ascoltate, amici, ho una buona notizia da darvi: il dottor Bonaventura m’ha detto che noi, sebbene ignoranti, possiamo amare Dio come i sapienti. Che felicità per noi poter amare Dio e piacergli anche senza essere istruiti!„ E dopo questo, F. M., vi dirò che niente è più facile quanto il pregare Dio, e che non vi è nulla di più consolante. La preghiera è un’elevazione del cuore a Dio. Dirò meglio, F. M., è una dolce conversazione del figlio col padre, del suddito col re, del servo col padrone, dell’amico coll’amico in seno al quale depone i suoi affanni e le sue pene. Per spiegarvi ancor meglio questa felicità: è una vile creatura che il buon Dio riceve nelle sue braccia per prodigarle ogni sorta di benedizioni. E che vi dirò di più, o F. M.? È l’unione di tutto ciò che vi è di più umile con tutto ciò che vi è di più grande, di più potente, di più perfetto. Ditemi, F. M., ci occorre di più per farci sentire la gioia della preghiera e la sua necessità? Vedete dunque, che se vogliamo piacere a Dio e salvarci, ci è assolutamente necessaria la preghiera. D’altra parte, noi sulla terra non possiamo trovare altra felicità che amando Dio, e non possiamo amarlo che pregandolo. Vediamo che Gesù Cristo per incoraggiarci a ricorrere spesso alla preghiera, ci promette che nulla mai ci rifiuterà, se lo preghiamo come si deve. Ma, senza tanti giri di parole, per intendere che dobbiamo pregare spesso, non avete che da aprire il vostro catechismo, e vi vedrete che il dovere di un buon Cristiano è quello di pregare alla mattina ed alla sera e spesso durante il giorno: vale a dire sempre. Alla mattina, un Cristiano che desidera salvare la propria anima, deve, appena svegliato, fare il segno della santa croce, dare il suo cuore a Dio, offrirgli tutte le sue azioni, disporsi a fare la sua preghiera. Non bisogna mai mettersi al lavoro prima di aver fatto orazione e sta bene farla in ginocchio, dopo aver preso l’acqua santa, e davanti al crocifisso. Non perdiamo mai di vista, F. M., che è alla mattina che il buon Dio ci prepara tutte le grazie che ci sono necessarie per passare santamente la giornata; poiché il buon Dio conosce tutte le occasioni di peccare che ci si presenteranno, tutte le tentazioni che il demonio durante il giorno ci muoverà; e, se preghiamo in ginocchio e come si deve, ci dà tutte le grazie di cui abbiamo bisogno per non soccombere. E per questo che il demonio fa ogni sforzo per farcela tralasciare o per farcela far male; convintissimo, come confessò un giorno per bocca d’un ossesso, che se può avere il primo momento della giornata, è sicuro d’avere tutto il resto. Chi di noi, F. M., potrà udire senza piangere di compassione, quei poveri Cristiani che osano affermare di non aver tempo per pregare? Non avete tempo! poveri ciechi; qual è l’azione più preziosa: lavorare per piacere a Dio e salvare la propria anima, ovvero andare a dar da mangiare alle bestie che sono nella stalla, oppure chiamare i figli od i servi per mandarli a smuovere la terra od il letame? Dio mio, quanto è cieco l’uomo!… Non avete tempo! ma, ditemi, ingrato, se Dio questa notte vi avesse fatto morire, avreste lavorato? Se Dio vi avesse mandato tre o quattro mesi di malattia avreste lavorato? Via, miserabile, meritate che il Signore vi abbandoni al vostro accecamento e che vi lasci perire. Ci par troppa cosa concedere a Lui qualche minuto per ringraziarlo delle grazie che ci concede ad ogni momento! — Bisogna attendere al proprio lavoro, mi dite. — Ma, amico, v’ingannate grandemente, non avete altro lavoro che procurar di piacere a Dio e salvare la vostra anima, tutto il resto non è vostro lavoro: se non lo fate voi, lo faranno altri; ma se perdete la vostra anima, chi la salverà? Andate, siete un insensato: quando sarete nell’inferno imparerete ciò che avreste dovuto fare; e che, disgraziatamente, non avete fatto. – Ma, mi direte, quali sono dunque i vantaggi che ricaviamo dalla preghiera che dobbiamo sì spesso fare? F. M., eccoli. La preghiera fa che le nostre croci siano meno pesanti, essa mitiga le nostre pene, e ci fa meno attaccati alla vita, attira su di noi lo sguardo della misericordia di Dio, fortifica la nostra anima contro il peccato, ci fa desiderare la penitenza e ce la fa praticare con piacere, ci fa sentire e comprendere quanto il peccato oltraggia il buon Dio. Dirò di più, F. M., colla preghiera piacciamo a Dio, arricchiamo le nostre anime e ci assicuriamo la vita eterna. Ditemi, F. M., occorre ancor di più per indurci a far sì che la nostra vita non sia che una preghiera continua per la nostra unione con Dio? Quando si ama uno, si ha bisogno di vederlo per pensare a lui? No, senza dubbio. Così, se amiamo il buon Dio, la preghiera ci sarà familiare come il respiro. Tuttavia, F. M., vi dirò che per pregare in modo d’attirare su di noi tutti questi beni, non basta impiegarvi un momento, o farla in fretta, e con precipitazione. Dio vuole che vi impieghiamo un tempo conveniente, quanto basta per domandargli le grazie che ci sono necessarie, per ringraziarlo dei benefizi ricevuti e per piangere i nostri falli passati domandandogliene perdono. – Ma, mi direte, come possiamo dunque pregare senza cessare mai? F. M.,niente di più facile: occupiamoci di Dio, di quando in quando durante il nostro lavoro; ora con un atto d’amore, per testimoniargli che l’amiamo perché è buono e degno d’essere amato; ora con un atto d’umiltà, riconoscendoci indegni delle grazie di cui Egli ci ricolma continuamente; ora con un atto di confidenza, perché, sebbene miserabili, sappiamo ch’Egli ci ama e che vuol renderci felici. Talvolta pensiamo alla morte od alla passione di Gesù Cristo, seguendolo in ispirito nell’orto degli Olivi, quando è incoronato di spine, quando porta la croce, quando su di essa viene crocifisso; oppure ripensiamo la sua incarnazione, la sua nascita, la sua fuga in Egitto; oppure riflettiamo alla morte, al giudizio, all’inferno e al cielo. Facciamo qualche breve orazione prima e dopo il pasto: quando suona la campana, che ci ricorda la fine che ci attende, risuoni sulle nostre labbra l’Angelus e riflettiamo che ben presto non saremo più sulla terra. Questo vi porterà a non attaccarvi troppo il cuore e a non restare nel peccato, per timore che vi colga la morte. Ecco, F. M., quanto è facile pregare incessantemente. Ecco, in che modo i santi pregavano sempre.

II. — Un secondo motivo che deve indurci a ricorrere alla preghiera, è che il vantaggio è tutto nostro. Dio vuole la nostra felicità, e sa che solo colla preghiera possiamo procurarcela. D’altra parte, F. M., quale grande fortuna per una vile creatura, come noi, che Dio voglia abbassarsi fino ad essa e con lei intrattenersi come fa un amico coll’amico? Vedete la sua bontà per noi concedendoci di metterlo a parte dei nostri affanni, delle nostre pene. E questo buon Salvatore si dà premura di consolarci, di sostenerci nelle prove. Ditemi, F. M., non è lo stesso che voler rinunciare alla nostra salute ed alla nostra felicità sulla terra, il rinunciare alla preghiera? giacché, senza la preghiera non possiamo essere che disgraziati, e colla preghiera siamo sicuri di ottenere tutto quanto ci è necessario per il tempo e per l’eternità? Miei cari, tutto è promesso alla preghiera; la preghiera ottiene tutto, quand’è ben fatta. È questa una verità che Gesù Cristo ci ripete ad ogni pagina dell’Evangelo. La promessa che Gesù Cristo ci fa è formale: « Domandate ed otterrete, Egli dice: cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto. Tutto ciò che domanderete al Padre mio in mio Nome, se lo fate con fede, l’otterrete ». – Gesù Cristo non si accontenta di dirci che la preghiera ben fatta ottiene tutto. Per meglio ancora convincercene, ce rassicura con giuramento: « In verità, in verità vi dico, tatto ciò che domandate al Padre mio in mio Nome, l’otterrete. » Dopo le parole di Gesù Cristo, mi sembra, F . M. che sarebbe impossibile dubitare del potere della preghiera. Del resto, di dove potrebbe venire la nostra diffidenza? Forse dalla nostra indegnità? Ma Dio sa che noi siamo peccatori e colpevoli, e che contiamo unicamente sulla sua bontà che è infinita, e che preghiamo in suo Nome. E la nostra indegnità non è forse coperta, e come nascosta dai suoi meriti? Forse perché i nostri peccati sono troppo orribili e troppo spaventosi? Ma a Lui non è ugualmente facile perdonare mille peccati come uno solo? Non ha Egli dato la vita principalmente per i peccatori? Ascoltate ciò che ci dice il santo Re-profeta: « Si è mai visto alcuno che abbia pregato il Signore, e la sua preghiera non sia stata esaudita ? (Questo testo non è tolto dai Salmi, ma dall’Ecclesiastico: Quis invocavit eum, et despexit illum? (Eccl.. II, 12). « Sì, egli soggiunge, tutti quelli che invocano il Signore, e che ricorrono a Lui, hanno provato gli effetti della sua misericordia. » Vediamolo con degli esempi, il che vi persuaderà di più. Vedete, Adamo dopo il suo peccato domanda misericordia. Non solo il Signore perdona a lui, ma altresì a tutti i suoi discendenti; gli promette che il suo Figlio s’incarnerà, soffrirà e morirà per riparare il suo peccato. Vedete i Niniviti, tanto colpevoli che il Signore mandò loro il profeta Giona per avvertirli che li avrebbe fatti perire nel modo più spaventoso piovendo su di loro fuoco dal cielo (Giona, predicando a Ninive diceva: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta…” senza indicare per qual castigo (Jon. III, 4). Forse il Beato confonde la distruzione di Ninive con la rovina di Sodoma annunciata da un angelo a Lot e che è così descritta nella Genesi: « Il Signore fece cadere dal cielo una pioggia di zolfo o di fuoco su Sodoma e Gomorra » – (Gen. XIX, 21). Essi si danno alla preghiera, ed il Signore perdona. Anche quando Dio era disposto a sommergere la terra nelle acque del diluvio universale, se quei peccatori avessero ricorso alla preghiera, sarebbero stati sicuri del perdono del Signore. Continuando, vedete Mosè sulla montagna mentre Giosuè combatte i nemici del popolo di Dio. Finché egli prega, gli Israeliti sono vittoriosi; ma quando cessa di pregare, essi sono vinti. Vedete ancora lo stesso Mosè che domanda grazia al Signore per trentamila colpevoli che Dio aveva risoluto di far perire: colle sue preghiere, obbligò, per modo di dire, il Signore a perdonar loro. « No, o Mosè, non domandar grazia per quel popolo, non voglio perdonargli. » Mosè continua, ed il Signore è vinto dalle preghiere del suo servo e perdona. Che fa Giuditta per liberare la sua patria dall’odiato nemico? Si mette a pregare, e, piena di confidenza in Colui che pregava, va da Oloferne, gli taglia la testa e salva così la patria sua. Vedete il re Ezechia, al quale il Signore manda il suo profeta per avvertirlo di mettere in ordine le sue cose giacché deve presto morire. Egli si prostra davanti al Signore pregandolo di non toglierlo allora da questo mondo. Il Signore commosso dalla sua preghiera gli dà ancora quindici anni di vita. Andate più innanzi, vedete un pubblicano che, riconoscendosi colpevole, va nel tempio a pregare il Signore perché gli perdoni. E Gesù Cristo stesso ci dice che i suoi peccati gli furono perdonati. Vedete la peccatrice che, ai piedi di Gesù Cristo, lo prega con lagrime. Gesù Cristo non le dice: « Ti son rimessi i tuoi peccati? » Il buon ladrone, sebbene carico dei più enormi delitti, prega sulla croce: non solo Gesù Cristo gli perdona; ma, per di più, gli promette che quel giorno stesso sarà con Lui in paradiso. Sì, F. M., se occorresse citarvi tutti coloro che per la preghiera sono stati perdonati, bisognerebbe ricordarvi tutti i santi che sono stati peccatori; poiché solo per la preghiera hanno avuto la fortuna di riconciliarsi con Dio, che si lasciò commuovere dalle loro preghiere.

III. — Ma voi, forse, pensate: Perché dunque, malgrado tante preghiere, siamo sempre peccatori e mai progrediamo? Amico, la nostra disgrazia nasce da questo, che non preghiamo come si deve, cioè preghiamo senza prepararci e senza il desiderio di convertirci; spesso anche senza sapere ciò che vogliamo domandare al buon Dio. È veramente così, F. M., poiché tutti i peccatori che hanno domandata al buon Dio la loro conversione l’hanno ottenuta, e tutti i giusti che hanno domandato a Dio la perseveranza, hanno perseverato. — Ma forse mi direte: Siamo troppo tentati. — Siete troppo tentato, amico? Potete pregare e siete sicuro che la preghiera vi darà la forza di resistere alla tentazione. Avete bisogno di grazia? Ebbene! la preghiera ve l’otterrà. Se ne dubitate, ascoltate ciò che ci dice S. Giacomo, che colla preghiera comandiamo al mondo, al demonio ed alle nostre inclinazioni. Sì, F. M., in qualunque pena ci troviamo, colla preghiera, avremo la fortuna di sopportarla con rassegnazione alla volontà di Dio; e per quanto forti siano le nostre tentazioni, se ricorriamo alla preghiera, le vinceremo. Ma che fa il peccatore? Ecco. È persuasissimo che la preghiera gli è assolutamente necessaria per fare il bene e fuggire il male, e per uscire dal peccato, quando ha la disgrazia d’esservi caduto; ma, intendete, se lo potete, il suo accecamento: o non fa quasi mai preghiera o la fa male. Non è vero forse? Vedete come il peccatore fa la sua preghiera, dato che la faccia: poiché la maggior parte dei peccatori non ne fanno; ahimè! si alzano e si coricano come le bestie. Ma esaminiamo quel peccatore mentre fa la sua preghiera: Vedetelo appoggiato ad una sedia o contro il letto; prega vestendosi o spogliandosi, camminando o vociando, e fors’anche bestemmiando coi suoi servi o coi suoi figli. Che preparazione vi reca egli? Ahimè! nessuna. Spesso o quasi sempre, questi uomini finiscono la loro pretesa preghiera, non solo senza sapere ciò che hanno detto, ma anche senza pensare davanti a chi si trovavano e che cosa avevano fatto e domandato. Osservateli nella casa di Dio; fanno morire di compassione! Pensano essi che sono alla presenza del Signore? Niente affatto: guardano chi entra e chi esce, parlano l’un l’altro, sbadigliano, dormicchiano, s’annoiano, fors’anche si arrabbiano perché le funzioni, secondo loro, sono troppo lunghe. Attingendo l’acqua santa mostrano, press’a poco la stessa devozione di quando prendono nel secchio acqua per bere. Appena piegano il ginocchio a terra, e sembra loro gran cosa curvare un poco la testa durante la Consacrazione o la Benedizione. Vedeteli vagare i loro sguardi per la chiesa anche su oggetti che possono portarli al male; e non sono appena entrati che vorrebbero esserne già fuori. Quando escono li sentite gridare come persone tolte di prigione e messe in libertà. I bisogni del peccatore sono grandi, voi lo sapete, M. F. Ma egli prega al modo che v’ho detto: dobbiamo dunque stupirci se resta sempre nel suo peccato, e per di più, se vi persevera? Ho detto, che i vantaggi della preghiera derivano dal modo in cui s’adempie questo dovere:

1° Perché una preghiera sia accetta a Dio e vantaggiosa per chi la fa, bisogna che chi la compie sia in istato di grazia od almeno in una buona risoluzione di uscire prontamente dal peccato; perché la preghiera d’un peccatore che non vuol uscire dal peccato è un insulto fatto a Dio. Poi, perché una preghiera sia buona, bisogna che chi la fa sia preparato. Ogni preghiera fatta senza preparazione è una preghiera mal fatta; e questa preparazione consiste, nel pensare almeno un momento a Dio prima di mettersi in ginocchio, pensare a ciò che dovete dire, a ciò che dovete domandargli. Ahimè! quanto è scarso il numero di coloro che vi si preparano, e per conseguenza quanto pochi pregano come si deve, cioè in modo d’essere esauditi! D’altra parte, F. M., che cosa volete che Dio vi conceda, se non volete nulla e non desiderate nulla? Dirò di più: chi prega così somiglia ad un povero che non vuol elemosina, ad un ammalato che non vuol guarire, ad un cieco che vuol restare nel suo accecamento; ad un dannato, finalmente, che non vuol il cielo ed acconsente di andare all’inferno.

2° In secondo luogo ho detto, che la preghiera è l’elevazione del nostro cuore verso Dio, è un dolce e caro colloquio della creatura col suo Creatore. Dunque, F. M., non preghiamo Dio come si deve, se durante la preghiera pensiamo ad altre cose. Non appena ci accorgiamo che il nostro spirito si distrae, dobbiamo subito ritornarlo alla presenza di Dio, umiliarci davanti a Lui, e non lasciar mai la preghiera anche se nel farla non sentiamo alcun gusto; dobbiamo anzi riflettere che più ne proviamo disgusto e più la nostra preghiera è meritoria davanti a Dio, se continuiamo sempre nel pensiero di piacere a Lui. Si racconta nella storia che un giorno un santo diceva ad un altro santo: « Perché mai quando si prega il buon Dio, il nostro spirito si riempie di mille pensieri estranei, ai quali, spesso, se non si fosse occupati nella preghiera non si penserebbe? » E l’altro gli rispose: « Amico, non c’è da stupirsi: prima di tutto il demonio prevede le grazie abbondanti che colla preghiera possiamo ottenere, e per conseguenza dispera di guadagnare una persona che prega come si deve; e poi, più noi preghiamo con fervore e più lo rendiamo furibondo. » Un altro a cui apparve il demonio, gli domandò perché era continuamente occupato a tentare i Cristiani che stanno pregando. Il demonio, di sua bocca, rispose che egli non poteva tollerare che un Cristiano, tante volte peccatore, potesse colla preghiera ottenere il perdono; e che egli perciò fin che vi sarebbero Cristiani dediti alla preghiera, li avrebbe tentati. Chiese poi come li tentava:ecco ciò che il demonio rispose: « Ad alcuni metto un dito in bocca per farli sbadigliare; altri li addormento; di altri faccio correre la fantasia di città in città. » Ahimè! F. M., questo pur troppo è vero: noi proviamo ogni giorno tutto questo ogni volta che ci troviamo alla presenza di Dio per pregarlo. Si racconta che il superiore d’un monastero vedendo uno dei suoi religiosi che prima di cominciare le preghiere, faceva certi movimenti e sembrava parlare con qualcheduno, gli domandò di che s’occupasse prima di cominciare le sue preghiere. « Padre, rispose, prima di cominciare le mie preghiere, chiamo tutti i miei pensieri ed i miei desideri dicendo loro: Venite tutti, ed adoreremo Gesù Cristo nostro Dio. » — « Ah! F. M., ci dice Cassiano, com’era bello veder pregare i primi fedeli! Essi avevano un sì grande rispetto della presenza di Dio, che sembravano morti, tant’era grande il silenzio; in chiesa tremavano; non vi erano né sedie né banchi; stavano prostrati come colpevoli che aspettano la loro sentenza. Ma come il cielo si popolava presto, e come si viveva bene sulla terra! Ah! immensa felicità di quelli che vissero in quei tempi beati! »

3° In terzo luogo ho detto che le nostre preghiere devono esser fatte con confidenza, e colla ferma speranza che il buon Dio può e vuole accordarci ciò che gli domandiamo, se lo domandiamo come si deve. In tutti i luoghi in cui Gesù Cristo ci promette di accordare tutto alla preghiera, mette sempre questa condizione: « Se la fate con fede. » Quando qualcheduno gli domandava la sua guarigione od altre cose, non mancava di dir loro: « Vi sia dato secondo la vostra fede. » Del resto, F. M., che cosa potrà farci dubitare, giacché la nostra confidenza è appoggiata sull’infinita onnipotenza di Dio, sull’illimitata sua misericordia e sugli infiniti meriti di Gesù Cristo, in nome del quale preghiamo? Quando preghiamo in nome di Gesù Cristo, non siamo noi che preghiamo, ma è Gesù Cristo stesso che prega il Padre suo per noi. L’Evangelo ci dà un bell’esempio della fede che dobbiamo avere pregando, nella donna soggetta a perdite di sangue. Essa diceva tra se: « Se io arrivo anche solo a toccare l’orlo della sua veste io sono guarita. » Vedete com’essa credeva fermamente che Gesù Cristo poteva guarirla: aspettava con grande confidenza una guarigione che ardentemente desiderava. Infatti, passando il Salvatore vicino a lei, si gettò ai suoi piedi, gli toccò la veste, e sull’istante fu guarita. Gesù Cristo vedendo la sua fede, la guardò con bontà dicendole: « Va in pace, la tua fede t’ha salvata.  Sì, M. F., tutto è promesso a questa fede, a questa confidenza.

4° In quarto luogo dico che quando si prega, bisogna avere purità d’intenzione in tutto ciò che domandiamo, e non domandar nulla che non possa tornare a gloria di Dio e a salute nostra. « Potete domandare cose temporali, ci dice S. Agostino; ma sempre col pensiero che ve ne servirete per la gloria di Dio e per la salute della vostra anima, o per quella del vostro prossimo: altrimenti, le vostre domande non nascono che dall’orgoglio e dall’ambizione: e se, in questo caso, il buon Dio rifiuta di accordarvi ciò che gli domandate, è perché non vuol contribuire alla vostra rovina spirituale. Ma che facciamo nelle nostre preghiere? Ci dice ancora S. Agostino. Ahimè! domandiamo una cosa e ne desideriamo un’altra. Recitando il Pater, diciamo: Padre nostro, che siete nei cieli; cioè: Dio mio, distaccateci da questo mondo; fateci la grazia di disprezzare tutto ciò che appartiene alla vita presente; concedetemi che tutti i miei pensieri e tutti i miei desideri non siano che pel cielo ! „ Ahimè! saremmo invece ben dolenti se il buon Dio ci facesse questa grazia; certamente un gran numero di noi lo sarebbe, confessiamolo! – Dobbiamo pregare spesso, F. M., ma dobbiamo raddoppiare le nostre preghiere nelle prove e nelle tentazioni. Eccone un bell’esempio. Leggiamo nella storia che al tempo dell’imperatore Licinio, si volle che tutti i soldati sacrificassero al demonio. Fra questi ve ne furono quaranta che si rifiutarono, dicendo che i sacrifici sono dovuti solo a Dio e non al demonio. Si fece loro ogni sorta di promesse. Vedendo che nulla poteva vincerli, dopo molti tormenti, furono condannati ad esser gettati nudi in uno stagno d’acqua gelata, di notte, nel rigore dell’inverno; affinché morissero pel freddo. I santi martiri, vedendosi così condannati, si dissero l’un l’altro: « Amici, che ci resta ora, se non abbandonarci nelle mani di Dio onnipotente, da cui solo dobbiamo aspettare la forza e la vittoria? Ricorriamo alla preghiera, e preghiamo senza interruzione per attirare su di noi le grazie del cielo: domandiamo a Dio d’avere la bella sorte di perseverare tutti. „ Ma per tentarli si mise là vicino un bagno caldo. Disgraziatamente uno d’essi, perdendo il coraggio, abbandonò il combattimento, e andò a mettersi nel bagno caldo; ma, entratovi appena, vi perdette la vita. Colui che li custodiva, vedendo trentanove corone discendere su di essi dal cielo, ed una sola restar sospesa: « Ah! esclamò, è di quell’infelice che ha abbandonato gli altri! » E si mise al suo posto, ricevette la quarantesima corona e fu battezzato nel proprio sangue. Il giorno dopo, siccome respiravano ancora, il governatore ordinò che fossero gettati nel fuoco. Vennero posti tutti su di un carro, ad eccezione del più giovane, che si sperava di poter guadagnare. La madre, che era presente, esclamò: “Ah! figlio mio, coraggio! un momento di dolori, ti varrà un’eternità di gioie. „ Preso il figlio, lo collocò sul carro cogli altri: e piena di gioia, lo condusse come in trionfo, alla gloria del martirio. Per tutto il tempo del loro martirio non cessarono di pregare, tanto erano persuasi che la preghiera è il mezzo più potente per attirare su di noi gli aiuti del cielo. – Sappiamo che S. Agostino, dopo la sua conversione, si ritirò per lungo tempo in un luogo romito, per domandare la grazia di perseverare nelle buone disposizioni. S. Vincenzo Ferreri, che ha convertite tante anime, diceva che nulla è tanto potente per convertire i peccatori, quanto la preghiera; essa è simile ad un dardo che ferisce il cuore del peccatore. Sì, F. M, possiamo dire che la preghiera fa tutto: ci fa conoscere i nostri doveri, lo stato miserabile della nostr’anima dopo il peccato, ci dà le disposizioni che ci sono necessarie per ricevere i Sacramenti: ci fa comprendere quanto la vita ed i beni del mondo siano poca cosa, il che ci porta a non attaccarvici; imprime vivamente il timore salutare della morte, dell’inferno e della perdita del cielo. Ah! F. M., se avessimo la fortuna di pregare come si deve, saremmo ben presto santi penitenti! Vediamo che S. Ugo, vescovo di Grenoble, nella sua malattia, non si stancava di ripetere il Pater noster. Gli si disse che ciò poteva contribuire ad aggravare il suo male. « Ah! no – rispose loro – invece mi solleva. » – Ho detto, F. M., che la terza condizione, perché la nostra preghiera sia gradita a Dio, è la perseveranza. Vediamo spesso che il Signore non ci accorda con prontezza ciò che gli domandiamo: lo fa per farcelo desiderare di più, o per meglio farcelo apprezzare. Questo ritardo non è un rifiuto, è una prova che ci dispone a ricevere con più abbondanza ciò che domandiamo. Vedete S. Agostino che per cinque anni domanda a Dio la grazia della sua conversione. Vedete S. Maria Egiziaca che, per diciannove anni, domanda al buon Dio la grazia di liberarla da cattivi pensieri. Ma che hanno fatto i santi? Sentite. Hanno sempre perseverato nel domandare, e per la loro perseveranza hanno sempre ottenuto ciò che avevano domandato. Noi, invece, che siamo coperti di peccati, quando il buon Dio non ci accorda subito ciò che gli domandiamo, pensiamo che Egli non vuol esaudire le nostre domande, e, subito, lasciamo la preghiera. No, F. M., i santi non si comportavano così quanto al perseverare: essi hanno sempre pensato ch’erano indegni d’essere esauditi, e che, se Iddio lo faceva, ascoltava la sua misericordia e non i loro meriti. Io dico dunque che quando preghiamo, sebbene sembri che il buon Dio non ascolti le nostre preghiere, non bisogna tralasciar di pregare; ma anzi continuare sempre. Se il buon Dio non ci concede ciò che gli domandiamo, ci concede un’altra grazia che ci è più vantaggiosa di quella che noi domandiamo. Abbiamo un esempio del modo con cui dobbiamo perseverare nella preghiera nella persona di quella donna cananea, che si indirizzò a Gesù Cristo per domandargli la guarigione di sua figlia. Vedete la sua umiltà e la sua perseveranza… Ecco un altro a mirabile esempio della potenza della preghiera. Leggiamo nella storia dei Padri del deserto, che i Cattolici erano andati a vedere un santo la cui riputazione si spargeva molto lontano, per pregarlo di venir a confondere un certo eretico, i cui discorsi seducevano molta gente; essendosi il santo messo in disputa con quell’infelice, senza poterlo convincere che aveva torto e ch’era un disgraziato, nato soltanto per rovinare le anime; e vedendo che colle sue lungaggini, voleva far credere che non aveva torto; gli disse: « Disgraziato, il regno di Dio non consiste in parole, ma in opere: andiamo tutti e due con tutta questa gente, che testimonierà, andiamo al cimitero, là invocheremo il buon Dio sul primo morto che ivi troveremo, e le nostre opere faranno vedere la nostra fede. » L’eretico sbigottì a questa proposta, e non osò accettare l’invito: domandò al santo d’aspettare fino al giorno seguente: il santo vi acconsentì. Il dì dopo, il popolo che desiderava ardentemente sapere come finirebbe la cosa, venne in gran folla al cimitero. Si attese l’eretico fino alle tre di sera; ma si annunciò al santo che il suo avversario durante la notte aveva preso la fuga e s’era ritirato in Egitto. Allora S. Macario condusse al cimitero tutto quel popolo che aspettava l’esito della loro conferenza, e soprattutto quelli ingannati da quel disgraziato. Fermatosi su di una tomba, in loro presenza s’inginocchiò, pregò per qualche tempo, e volgendosi al cadavere che da maggior tempo era sepolto in quel luogo, disse: « O uomo! ascoltami: se quell’eretico fosse venuto con me, e, davanti a lui, avessi invocato il nome di Gesù Cristo mio Salvatore, non ti saresti alzato per testimoniare la verità della mia fede? » A quelle parole, il morto si alzò ed in presenza di tutti, disse che, come lo faceva adesso, l’avrebbe fatto anche presente l’eretico. S. Macario gli disse: « Chi sei? in quale anno hai vissuto? Conosci Gesù Cristo? » Il morto risuscitato rispose che aveva vissuto al tempo degli antichi re; e che non aveva mai sentito il nome di Gesù Cristo. Allora Macario, vedendo che tutti erano convintissimi che quel disgraziato eretico era un impostore, disse al morto: « Dormi in pace fino all’universale risurrezione. » E tutti si ritirarono lodando Dio, che aveva sì bene fatto conoscere la verità della nostra santa Religione. S. Macario poi ritornò nel suo deserto a continuarvi la penitenza (Vita dei Padri del deserto, vol. III – S. Macario d’Egitto). Vedete, F. M., la potenza della preghiera, quando è ben fatta? Non riconoscerete dunque con me che se non otteniamo ciò che domandiamo al buon Dio, è perché non preghiamo con fede, con un cuore abbastanza puro, con una confidenza abbastanza grande, o che non perseveriamo abbastanza nella preghiera? No, F. M., Dio non ha mai rifiutato e non rifiuterà mai nulla a quelli che gli domandano, come si deve, qualche grazia. Sì, la preghiera è la sola via che ci resta per uscire dal peccato, per perseverare nella grazia, per commuovere il cuore di Dio, per attirare su di noi ogni benedizione del cielo, per l’anima ed anche per le cose temporali. – Di qui concludo che se restiamo nel peccato, se non ci convertiamo, se ci troviamo così disgraziati nei dolori che Dio ci manda, è perché non preghiamo o preghiamo male. Senza la preghiera, non possiamo frequentare degnamente i Sacramenti. Senza la preghiera, non conosceremo mai lo stato a cui Dio ci chiama. Senza la preghiera non può toccarci che l’inferno. Senza la preghiera, non gusteremo le dolcezze che possiamo gustare amando Dio. Senza la preghiera le nostre croci sono senza merito. Oh! quante dolcezze, F. M., proveremmo pregando, se avessimo la ventura di pregare come si deve! Non preghiamo dunque mai senza pensar bene a Chi parliamo e a ciò che vogliamo domandare a Dio. Preghiamo soprattutto con umiltà e confidenza, e con questo, avremo la bella sorte d’ottenere ciò che desideriamo, se le nostre domande sono secondo ciò che Dio vuole da noi. È quello che vi auguro…

Credo …

IL CREDO

IL CREDO

Offertorium

Orémus Ps LXV: 8-9; LXV: 20

Benedícite, gentes, Dóminum, Deum nostrum, et obœdíte vocem laudis ejus: qui pósuit ánimam meam ad vitam, et non dedit commovéri pedes meos: benedíctus Dóminus, qui non amóvit deprecatiónem meam et misericórdiam suam a me, allelúja.

[Popoli, benedite il Signore Dio nostro, e fate risuonare le sue lodi: Egli che pose in salvo la mia vita e non ha permesso che il mio piede vacillasse. Benedetto sia il Signore che non ha respinto la mia preghiera, né ritirato da me la sua misericordia, allelúia].

Secreta

Súscipe, Dómine, fidélium preces cum oblatiónibus hostiárum: ut, per hæc piæ devotiónis offícia, ad cœléstem glóriam transeámus.

[Accogli, o Signore, le preghiere dei fedeli, in uno con l’offerta delle ostie, affinché, mediante la pratica della nostra pia devozione, perveniamo alla gloria celeste].

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Ps XCV: 2

Cantáte Dómino, allelúja: cantáte Dómino et benedícite nomen ejus: bene nuntiáte de die in diem salutáre ejus, allelúja, allelúja.

[Cantate al Signore, allelúia: cantate al Signore e benedite il suo nome: di giorno in giorno proclamate la salvezza da Lui operata, allelúia, allelúia].

Postcommunio

Orémus.

Tríbue nobis, Dómine, cæléstis mensæ virtúte satiátis: et desideráre, quæ recta sunt, et desideráta percípere.

[Concedici, o Signore, che, saziati dalla forza di questa mensa celeste, desideriamo le cose giuste e conseguiamo le desiderate.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (1)

ORDINARIO DELLA MESSA

TUTTA LA MESSA (L’UNICA “VERA” CATTOLICA ROMANA) MOMENTO PER MOMENTO (1)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.