LA SITUAZIONE (15)

LA SITUAZIONE (15):

DOLORI, PERICOLI, DOVERI E CONSOLAZIONI DEI CATTOLICI DEI TEMPI PRESENTI

OPERA DI MONSIGNORE G. G. GAUME PROTONOTARIO APOSTOLICO

Custos, quid nocte?

Sentinella: che è della notte?

DOVERI

Lettera Decimaquinta

Caro Amico

La prescienza divina di Nostro Signore, e la Previdenza che governa le Società, provate sino all’evidenza dal doppio diluvio delle iniquità che macchiano le nazioni moderne, e delle catastrofi ond’esse sono percosse e sconvolte, ecco, o mio amico, le due prime, e certo solidissime consolazioni che ne trae il Cattolico dei giorni nostri. Ve n’è una terza, anche più grande. Sapere che la Chiesa Romana, nostra Madre prediletta, è la sposa unica, sempre fedele, e sempre feconda dello Dio del Calvario; saper tanto per scienza certa, senza aver bisogno di ricorrere né a libri, né a dottori; vedere tuttocciò cogli occhi proprii, come si vede il Sole; questa sì, questa è oggidì la nostra suprema consolazione. E il Cattolico ne dee saper grado al diluvio di persecuzioni mosse contro la S. Sede. « O voi, la cui saggezza è uguale alla bontà, può egli esclamare col Profeta , voi, o Signore, avete proporzionato le vostre consolazioni alla moltitudine dei miei dolori. La Madre mia viene oltraggiata: io piango con lei! Ma sovrabbonda in me la gioia in mezzo alle sue tribolazioni. »

Voi mi richiedete di qual maniera io ciò intenda. Ed io domando a voi, amico mio, come intendete voi le parole pronunziate diciotto secoli fa intorno alla Madre vostra e mia? « Se voi foste della Città di satana, la Città di satana vi porterebbe alletto: ma perché voi non siete di essa Città di satana, ed essa vi detesterà. Anzi sarete oggetto d’odio eterno per cagion mia. Vi perseguiteranno, vi spoglieranno, vi tradurranno innanzi a tribunali, vi abbevereranno di obbrobrii, vi opprimeranno d’ingiurie e calunnie per causa del mio nome. Arriveranno sino a dire ed a far credere che col mettervi a morte, e’ servono gl’interessi della pace, della libertà, della giustizia, alla causa di Dio medesimo. (Joan. XV, 18-19; XVI, 2). Passeranno i secoli, passeranno gli uomini e gl’imperi, i cicli e la terra passeranno; ma queste parole non passeranno giammai. Che estendendosi a tutta la durazione del mondo, elle si avranno a compiere fino a tanto che la Chiesa sarà nel mondo. Or essa vi resterà infino a che non abbia raccolto l’ultimo fiato dell’ultimo degli eletti. Che promette mai alla sua sposa il Dio del Calvario e della Croce? Una corona di spine; una corona che le sarà a punto data, per essere sua sposa, la madre dei suoi figli, la depositaria della sua dottrina. E questo diadema di dolori non è promesso che a lei. In tutti i luoghi, fra l’onda di tutti i secoli, egli la distinguerà dalle sette menzognere, delle quali niuna potrà usurparlo. E infinattanto che essa si rimarrà fedele, mai esso non cadrà dalla sua fronte verginale.

« Noi comprendiamo, esclamava con trasporto S. Cipriano, l’illustre vescovo di Cartagine, mille e seicento anni sono, noi vediamo chiaramente i salutari disegni della Divina Maestà nelle persecuzioni. A fin di confondere gli eretici, Iddio mostra quale è la Chiesa, quale è il Vescovo unico scelto per ordine divino; quali i sacerdoti uniti al Vescovo mediante l’onore sacerdotale: qual è il vero popolo unito a Gesù Cristo, ed il gregge del Signore legato con la carità; chi sono quelli che l’inimico attacca, chi quelli per contrario che esso risparmia. Il nemico di Gesù Cristo non attacca in verità che i campi di Gesù Cristo; non perseguita, che i suoi soldati. In quanto agli eretici, già divenuti suoi, ei li lascia tranquilli. Sua unica cura è tutta in far cadere quelli che si mantengono ancora in piedi 1 ». (S. Cyprian. Ep. Ad Lucium, 58). Or vedendosi dopo diciotto secoli d’incessanti combattimenti la stessa preferenza riservata solo alla Chiesa Romana; quando si veggono ricomparire per la comune Madre i giorni della di lei infanzia; quando il verace Cattolico vede il mondo di oggidì, e i re, e gl’imperatori, ed i popoli scambiare il di lei dorso per incudine, e battervi sopra, come faceva il mondo d’altra volta; quando ascolta le medesime ingiurie, le medesime calunnie, i medesimi disegni, le stesse ipocrisie, le stesse violenze; quando in somma e’ con i suoi occhi vede appressare alle labbra della sua venerabile madre la stessa tazza di amarezza, onde fu già abbeverata nella sua culla; egli vede ad un tempo brillare sul di lei capo con splendore sempre antico e sempre nuovo, il diadema dei dolori, segno incomunicabile della sua incorruttibile fedeltà. – Con quale tenerezza pertanto non abbraccia egli questa madre augusta e prediletta! Con qual sentimento di nobile orgoglio egli non dice a se stesso: » Io son suo figliuolo; il figliuolo della vera Sposa! A dietro i sofismi dell’empietà ( Si scrive da Londra che in questo momento i protestanti inglesi battono le mani ad ogni nuova umiliazione della Chiesa romana. Ei stiano tranquilli; che non accadrà mai altrettanto alla loro chiesa. Miseri che non sanno nemmeno più leggere la Bibbia, e che si rallegrano di ciò a punto che forma la nostra gloria e la loro vergogna. Non c egli scritto che il Cristo deve soffrire per entrare nella sua gloria? Su questa terra la vera Chiesa non è essa la persona continuata di Gesù Cristo? Può essa arrivare al termine del suo pellegrinaggio altrimenti che per le persecuzioni?); a dietro gli scandali e le defezioni dei falsi fratelli; a dietro le minacce della tirannia: io sono il figlio di mia madre, il possessore della verità. Possessore della verità! sì, di quella verità che dura eternamente, che illumina il presente, ed assicura l’avvenire! Credete voi caro amico, che nei tristi tempi in cui viviamo, possa esservi consolazione paragonabile a questa? In quanto a me io non ne conosco maggiore, né uguale, eccetto quella di sapere che le potenze del male non prevarranno contro la Chiesa; che ella consumerà i suoi nemici come la lima consuma il ferro; che non cadrà un capello dal nostro capo senza la permissione del Padre onnipotente che veglia sopra di noi; e questi è al nostro fianco durante la tribolazione, il quale numera, e conta un per uno i nostri dolori, e parlerà per la nostra bocca davanti ai tribunali persecutori della nostra fede. – Di tal fatta sono le consolazioni fondamentali, che trae il Cattolico dalle attuali circostanze: e certo se non ve n’ha di più dolci, non ce n’ha di più feconde. – La calma in mezzo alla tempesta, la fermezza di carattere, la grandezza d’animo, la fedeltà a tutta pruova, il nobile sagrifizio, la dolce rassegnazione del confessore, ed accadendo ancora, il coraggio eroico del martire; tutto ciò in somma che onora l’uomo e santifica il Cristiano viene di là, come il frutto dall’ albero, ed il profumo dal fiore. Queste consolazioni, sarebbero, mi direte, purissime, se non fossero accompagnate sì dal pensiero delle sofferenze riservate ai buoni, e sì delle defezioni forse numerose, che s’hanno a temere. Ma essendo noi Cattolici, sì ragioniamo da Cattolici. Se all’oro fosse dato di poter parlare, e’ si rallegrebbe di esser messo nel crogiuolo. E di fatto dove perde esso la lega grossolana che lo abbassa di pregio? dove acquista il valore che fa col suo prezzo, l’abbagliante splendore onde brilla ai nostri occhi? Oro immortale, destinato abrillare come gli astri del firmamento nella corte del gran Re, non è egli necessario che il Cristiano venga purificato? Non è forse suo meglio che si purifichi ed affini su questa terra piuttosto che altrove? Il Maestro e Modello degli eletti non esultò forse di gioia alla vista della sua croce? Che sono per altra parte le tribolazioni del tempo paragonate alle delizie dell’eternità? Oltracciò non fa egli di bisogno che la Madre degli Eroi, cioè la Chiesa Cattolica mostri a tutti i secoli la sua eterna fecondità? Non convien forse clic essa faccia impallidire tutte le false virtù, davanti alle virtù dei suoi figli? E non sono, oggi più che mai, questi miracoli necessari? Quando coll’occhio della fede noi consideriamo la faccia del mondo cristiano, che altro vi vediamo? Milioni di anime battezzate che vivono come se non fossero tali; ed altri milioni di mezzi Cristiani la cui tiepidezza muove nausea; razza degenerante, di fede languida, di zelo intiepidito, di costumi ammolliti, di frivoli pensieri, di sensuali abitudini ed egoistiche; canne fluttuanti atutti i venti delle tentazioni dello spirito e del cuore; perpetuamente zoppicanti che hannodel continuo un piede nel bene ed un altro nel male; ed in mezzo atutto questo , appena un piccolo numero di Cristiani veramente degni di questo gran nome. E montava tanto adunque che il Figlio di Dio discendesse di Cielo e spargesse il suo sangue, per in fine ottenere sì tenue successo? A tale spettacolo per verità il cuore riman preso da noja mortale. La vita vi è di peso; onde si aspira ad uscirne, o a veder rinnovarsi la faccia della terra. Or questo prodigio è riservato alla tribolazione. E di fatto come la folgore squarcia la nube, così la prova lacera il lenzuolo d’indifferenza nel quale il Cristiano è ravvolto. Essa risveglia gli addormentati, risuscita i morti. – Le preoccupazioni terrestri, l’amore del lusso e del ben essere, tutto questo fascino delle frivolezze che diletta, seduce, e rovina, dà luogo a pensieri più gravi. Il  Cristiano rientra in se stesso; cosicché taluni si sarebbero perduti nella calma della pace, i quali si salvano mediante i pericoli, le privazioni, e le fatiche della guerra. Ed allora avviene, che le anime si ritemprano, perché si veggono apparire uomini di virtù eroica, che poi servono di modello alle generazioni future, e di vivente dimostrazione alla verità della Chiesa Cattolica. Tale avvenne in tutte le età; e la nostra non può fare che siane eccezione. Senza la persecuzione diretta contro la S. Sede, il mondo sarebbe mai stato testimonio di uno dei più beglispettacoli, che esso abbia contemplato? – Di nuovi Maccabei, al fiore degli anni, che si levano per difendere la terra sacra d’Israello; che abbandonano la famiglia e la patria, rinunziando a tutte le speranze di quaggiù; che lottano, malgrado il lor picciol numero, contro forze assai superiori, e benché assassinati e traditi, fanno prodigii di valore, sinché cadendo da eroi onorano la Chiesa e la stessa umanità con una morte più gloriosa della loro vita; evvi mai cuore sì freddo che non abbia palpitato a questo spettacolo? Ah! simiglianti miracoli, in quella che ci fanno esser superbi d’esser Cattolici, consolano del pari molti dolori!

Voi temete le defezioni: ed esse sono tristi senza dubbio. Ciò non ostante anch’esse hanno il lor lato consolante. Ascoltiamo in vero i nostri antenati. « La Chiesa è un’aja, dice S. Giangrisostomo. Ivi dobbiamo noi essere battuti e vagliati. Allorché il grano è pieno, sboccia dal suo inviluppo non appena è leggermente battuto. Se poi è piccolo e magro, n’esce più difficilmente: e vuoto, non vien fuora affatto, restando nell’inviluppo, da essere gittato al fuoco colla paglia. Così tutti gli uomini sono rinchiusi nelle loro affezioni terrestri, come il grano nella paglia. Colui che è sinceramente virtuoso, alla minima tribolazione che fosse, esce dalle sue affezioni grossolane, e si porta verso Dio. Se è un poco infedele, nol fa che dopo grandi tribolazioni. Se è del tutto infedele e vuoto, vien battuto invano; ch’egli non lascia la sua vita colpevole, e finisce coll’essere gittato fuori dell’aja cogl’infedeli. (Hom. XII, in Matth. Cap. II). La separazione dei veri dai falsi Cristiani importa a noi assai più che la separazione del buon grano dal cattivo non importa al lavoratore. La Chiesa rigettando dal suo seno i membri che la disonorano, fa tacere gli empii, ed allontana dall’ovile le pecore morbose che potrebbero infettare le buone. In quanto ai veri giusti, la persecuzione ne fa cadere molto meno che non si pensi. Tutti coloro che sembrano, non sono in realtà giusti: la prova manifesta la verità. « Nessuno creda che i buoni possano separarsi dalla Chiesa: niuno si dà alla parte degli eretici, se non il peccatore. Sicché le eresie hanno sì molta forza, ma contro coloro la cui fede non è forte. Gli è ben raro che coloro, i quali si sarebbero salvati nella Chiesa, siano dalla prova trascinati a perire fuori della Chiesa. » – Così parlano, illuminati da esperienza lor propria, S. Cipriano, Tertulliano, S. Agostino. (De unit. Eccl. – Præscript. cap. 2. – De vera Relig. cap. 8 . in Ps. 10.). È dunque falso che molti di coloro che si sarebbero salvati senza la persecuzione, si perdono nella persecuzione. Ordinariamente la persecuzione soprapprende la Chiesa nel tempo, in cui i costumi dei Cattolici sono sì cattivi, che piccol numero se ne salverebbe restando nella Chiesa. (v. Muzzarelli, Tribol. nella Chiesa p. 18). Né ciò basta. Iddio, che sa cavare bene dal male, fa uscire dalle cadute medesime ineffabili consolazioni. Onde si vede che tutti coloro, che ebbero la sventura di mostrarsi deboli, non perseverano nella loro viltà. Ve ne ha alcuni, che al meglio del combattimento si strappano all’apostasia. Tormentati fuori della Chiesa dai rimorsi strazianti della loro coscienza, più che non furono nella Chiesa dalle minacce dei loro nemici, essi riconoscono il loro fallo, rendono col loro ritorno una splendida testimonianza alla verità, e rinnovano alla Chiesa tutte le gioje del festino, ove il padre del figliuol prodigo il ricevette figliuolo pentito. Se un soldato pur per un istante infedele cagiona alla Chiesa sì dolci consolazioni; comprenderete la felicità di cui la inebbria colui che non disertò mai le di lei bandiere; anzi la difese con intrepidezza in venti campi di battaglie, ed ora ritorna tutto coverto di gloriose ferite. Oh! con quale orgoglio materno la Chiesa lo addita ai suoi amici ed ai suoi nemici! Mancante le parole per esprimere la sua gioja. Ascoltate quel che Ella diceva, sono ormai sedici secoli, per bocca di S. Cipriano: « Alla fine, eccolo il giorno cotanto desiderato. Alle oscure tenebre d’una lunga notte succede la luce divina. Con quale gioja noi vediamo i confessori che si sono segnalati per la loro fede! Noi non possiamo stancarci dal baciarli, dallo stringerli tra le nostre braccia. Voi avete vinto il mondo; voi avete offerto glorioso spettacolo agli Angeli; voi avete dato esempio alle future generazioni. Coteste mani venerabili hanno resistito ai sacrifizii sacrileghi; coteste labbra santificate dal corpo e dal sangue del Signore non patirono d’esser profanate dalle reliquie degl’idoli. La vostra fronte immacolata non ha consentito che il segno del demonio si posasse ove Dio ha impressa la sua immagine: essa si è riservata alla corona immortale. Con quale allegrezza la Chiesa vi riceve nel suo seno di ritorno dal combattimento! Quale felicità essa non sente in aprirvi le sue porte  onde vi entriate coi trofei riportati dai vinti nemici! Ed ancora le donne partecipano al trionfo. Anzi, combattendo esse, hanno vinto due nemici; il mondo e la loro debolezza. Giovani vergini, teneri fanciulli, dei quali la virtù vinse l’età, voi ritornate con doppia messe di gloria. Voi siete la gioja d’Israello, l’onore della Chiesa: la vostra gloria è la gloria di tutto il popolo. 1 » (S. Cyprian, De lapsis, cap. 1, 2). –  Tale è dunque la persecuzione nei suoi effetti provvidenziali: SEMPRE ESSA RINGIOVANISCE LA CHIESA. E quindi hanno origine quei trasporti di allegrezza materna, e Quegl’inni di trionfo, a’ quali testé accennammo. Essa non canta i suoi più belli cantici, se non dopo le grandi battaglie: la pace non gli ascolta. Poiché dunque la cosa è così, e che le gioje della Chiesa debbono essere le nostre gioje, come i suoi dolori sono i nostri dolori; ben voi vedete, mio caro amico, che i Cattolici del secolo decimonono hanno a poter sopportare il presente con coraggio, ed attendere l’avvenire con tranquillità. Due cose solamente sono loro domandate, la fedeltà ai loro doveri, e la fiducia in Colui, che ha detto: « Tutti i capelli del vostro capo sono numerati; neppur uno ne cadrà senza il permesso del vostro Padre celeste ». Con ciò il Cristiano può soffrire; egli può anche morire. La sofferenza per lui non è un male, ma un guadagno; la morte non è una disfatta, ma un trionfo: Evangelium tenens, et præcepta custodiens, occidi potest, vinci non potest.

Tutto vostro ecc.

Di Parigi il dì 23 Novembre, festa di S. Clemente Papa e martire.

FINE