IL SENSO MISTICO DELL’APOCALISSE (7)

G Dom. Jean de MONLÉON

Monaco Benedettino

Il Senso Mistico dell’APOCALYSSE (7)

Commentario testuale secondo la Tradizione dei Padri della Chiesa

LES ÉDITIONS NOUVELLES

97, Boulevard Arago – PARIS XIVe

Nihil ObstatA: Elie Maire Can. Cens. Ex. Off.

Imprimi potest: t Fr. Jean OLPHE-GALLIARD Abbé de Sainte-Marie

Imprimatur: LECLERC.

Lutetiæ Parisiorum die II nov. 194

Copyright by Les Editions Nouvelles, Paris 1948

Terza Visione

LE SETTE TROMBE

TERZA PARTE

L’ANGELO ED IL PICCOLO LIBRO.

Capit. X. – (1- 11)

“E vidi un altro Angelo forte, che scendeva dal cielo, coperto d’una nuvola, ed aveva sul suo capo l’iride, e la sua faccia era come il sole, e i suoi piedi come colonne di fuoco: e aveva in mano un libriccino aperto: e posò il piede destro sul mare, e il sinistro sulla terra: e gridò a voce alta, come rugge un leone. E gridato ch’egli ebbe, i sette tuoni fecero intendere le loro voci. ”E quando i sette tuoni ebbero fatto intendere le loro voci, io stava per iscrivere: ma udii una voce dal cielo, che mi disse: Sigilla quello che hanno detto i sette tuoni, e non lo scrivere. ”E l’Angelo, che io vidi posare sul mare e sulla terra alzò al cielo la mano: e giurò per colui che vive nei secoli dei secoli, che ha creato il cielo e quanto vi è in esso: e la terra e quanto vi è in essa: e il mare e quanto vi è in esso, che non vi sarà più tempo: ma che nei giorni del parlare del settimo Angelo, quando comincerà a dar flato alla tromba, sarà compito il mistero di Dio, conforme evangelizzò pei profeti suoi servi. E udii la voce dal cielo che di nuovo mi parlava, e diceva: Va, e piglia il libro aperto di mano dell’Angelo, che posa sul mare e sulla terra. E andai dall’Angelo dicendogli che mi desse il libro. Ed egli mi disse: Prendilo, e divoralo: e amareggerà il tuo ventre, ma nella tua bocca sarà dolce come il miele. E presi il libro di mano dell’Angelo e lo divorai: ed era nella mia bocca dolce come miele: ma, divorato che l’ebbi, ne fu amareggiato il mio ventre: E disse a me: Fa d’uopo che tu profetizzi di bel nuovo a molte genti, e popoli, e re.”

 1. — L’Angelo che stava sulla terra ed il mare.

Dopo aver descritto nel capitolo precedente l’assalto delle potenze del male contro la Chiesa, sotto il regno dell’Anticristo, l’autore mostrerà ora l’aiuto fornito da Dio ai suoi servi contro questi terribili eventi. Da un lato, questo aiuto sarà l’assistenza speciale del Figlio di Dio e la rinnovata predicazione del Vangelo, di cui si parlerà nel presente capitolo; dall’altro, l’intervento di due misteriosi testimoni che consoleranno i fedeli di Cristo negli ultimi giorni, e la cui missione sarà descritta nel prossimo capitolo. E vidi un altro Angelo – dice San Giovanni – un Angelo molto diverso dai quattro di cui ho appena parlato. Infatti, questi sono usciti dalle profondità dell’abisso, dove erano incatenati, per devastare la terra; questo altro è sceso dal cielo per riparare le rovine del peccato. Era forte, era il Forte per eccellenza, a cui niente può resistere. Fu questa forza che gli permise di sopportare le terribili sofferenze della sua passione senza vacillare, di schiacciare la testa di satana e di strappare all’inferno tutti gli uomini che hanno voluto credere in lui. Scendeva dunque dal cielo avvolto in una nuvola, cioè nella carne immacolata di cui si era rivestito nel grembo della Beata Vergine Maria. Questa carne è paragonata ad una nuvola, perché la sua innocenza la mantenne sempre leggera e come immateriale, al di sopra delle affezioni terrene; infatti la sua ombra si interpose tra il cielo e la terra per proteggere gli uomini dagli ardori della collera divina; e portò con sé una pioggia abbondante di grazie, capace di fecondare tutta la terra. Isaia aveva già fatto uso della stessa immagine: « Ecco – dice – il Signore cavalcherà su una nuvola leggera ed entrerà in Egitto, cioè nel mondo » (XIX, 1). –  « Aveva, – continua San Giovanni – un arcobaleno intorno alla testa. » L’arcobaleno, come sappiamo, è il segno con cui Dio fece sapere agli uomini, dopo il diluvio, che la sua ira era placata. Dicendo che il suo capo ne era coperto, l’autore vuole farci capire che tutti i pensieri di Cristo, tutte le sue riflessioni erano volte a ristabilire la pace tra Dio e gli uomini. Il Suo volto era splendente come il sole, cioè la presenza della divinità in Lui si manifestava nel modo più brillante; e i Suoi piedi erano come colonne di fuoco. I piedi del Salvatore qui denotano i predicatori del Vangelo, che dovevano portare la Parola ai quattro angoli del mondo, come i piedi portano il corpo dove vuole andare. Il profeta Isaia aveva detto nello stesso senso: « Come sono belli i piedi di colui che annuncia la pace! » (LII, 7), Questi predicatori sono paragonati a delle colonne, per marcare sia la fermezza della loro fede, che la pazienza con cui sopportano tutte le contraddizioni, tutti gli insulti, tutti i tormenti. E queste colonne erano di fuoco, come le colonne che un tempo condussero gli Ebrei alla Terra Promessa, perché l’ardore della loro carità illuminava le menti e guidava i cuori verso la patria eterna. E l’Angelo teneva in mano un piccolo libro aperto: questo piccolo libro si riferisce al Vangelo, che non è più grande, come sappiamo da solo, di un grano di senape. È aperto perché è più facilmente accessibile a tutte le menti rispetto ai libri dell’Antico Testamento. Cristo lo tiene in mano perché non si è limitato a predicare la sua dottrina da un pulpito: l’ha praticata alla lettera e ne ha eseguito puntualmente tutti i precetti. – E pose il suo piede destro sul mare e il suo piede sinistro sulla terra; cioè, mandò i suoi discepoli sia sulla terra che nelle isole del mare, per predicarvi il Vangelo. Tuttavia, nella distinzione fatta tra il piede destro e il piede sinistro, possiamo vedere, con Ruperto di Deutz, un’allusione più sottile: il mare rappresenta talvolta nella Scrittura i gentili, abbandonati al movimento delle loro passioni, in opposizione al popolo giudaico, che era la terra scelta da Dio per far crescere il frutto più bello della creazione, Cristo Gesù. D’altra parte, il piede destro simboleggia gli Apostoli confermati nella fede dopo la Resurrezione; il piede sinistro, lo stesso, ma ancora debole e vacillante, perché, dice San Tommaso, “sinistra non ita nobilis et fortis est ut dextra pars“. Gli Apostoli, infatti, non erano sempre stati i pilastri di cui abbiamo parlato prima. Ricordiamo la loro esitazione davanti ai primi annunci dell’Eucaristia: « Molti dei suoi discepoli – dice il Vangelo – quando sentirono Gesù parlare loro della necessità di mangiare la sua carne e bere il suo sangue, dissero: questa è una parola dura, e chi può intenderla? E molti se ne andarono e non vennero più con Lui » (1(il Jov. VI. 61 – 67). E ci sovviene anche la loro fuga quando il loro Maestro fu arrestato, e la negazione di San Pietro. Finché erano in questo stato di debolezza spirituale, Nostro Signore li fece predicare solo in Giudea e proibì loro di andare oltre i suoi limiti: Non andrete – disse loro – per la via dei Gentili, né entrerete nelle città dei Samaritani; ma andate piuttosto dalle pecore che disperse della casa d’Israele (Mt., X, 5, 6). Ma quando, al contrario, lo Spirito Santo fu venuto e li confermò nella grazia, li rivestì della potenza di Dio e li rese uomini della sua destra, allora il divino Maestro li mandò ad evangelizzare il mondo intero: « Andate – disse loro – e ammaestrate tutte le nazioni, e battezzatele nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt. XXVIII, 19). Dal che possiamo dedurre che chi non è fermo nella fede e trasportato da uno zelo ardente, non deve impegnarsi per andare a convertire gli infedeli; ma può comunque lavorare per evangelizzare i suoi prossimi. In senso morale, i piedi rappresentano, come sappiamo, la misericordia di Nostro Signore. Questa misericordia è sentita da noi talvolta sotto forma di consolazioni: è il piede destro; talvolta sotto forma di prove, destinate a purificarci: è questo il piede sinistro. Il Salvatore mette il suo piede destro sul mare quando, con la dolcezza della sua visita, calma le agitazioni dell’anima e le dà pace; mette il suo piede sinistro sulla terra quando, con le prove che invia, preme sui punti malati, sulle affezioni troppo terrene da cui è infettata e li incide come ascessi.

§ 2 – I sette tuoni ed il giuramento dell’Angelo.

E l’Angelo gridò con una voce forte, come quella del leone quando ruggisce. Questa voce forte era quella che aveva risuscitato Lazzaro dal suo sepolcro, chiamandolo per nome; era quella che aveva pronunciato sulla croce quel grido straziante, capace di commuovere tutti i cuori fino alla fine del mondo: Eli, Eli, lamma sabactani! Come il ruggito del leone fa tremare tutti gli altri animali, come ci insegna il profeta Amos: « Il leone ruggisce – dice – chi allora non avrà paura? » (III, 8) Così la voce di Cristo aprì le tombe, spaccò la roccia, scosse gli inferi, terrorizzò i demoni e liberò i giusti che erano nel limbo. – E quando Egli ebbe gridato, i sette tuoni emisero le loro voci. I sette tuoni rappresentano qui tutte le profezie dell’Antico Testamento. Non è forse ogni profeta, come il tuono, una voce dal cielo? Prima della nascita di Cristo, grandi e piccoli tuonavano sul popolo d’Israele e pronunciavano minacce spaventose, il cui significato rimaneva incomprensibile, perché Colui che è la chiave delle Scritture non si era ancora mostrato. Quando è venuto, quando ha parlato Lui stesso, allora queste profezie hanno fatto sentire la loro voce; allora sono diventate chiare, almeno per coloro che avevano orecchie attente. E poiché San Giovanni era uno di questi, si mise a scrivere ciò che aveva sentito, per far uscire i Giudei dalla loro cecità. Ma il Signore glielo proibì: « Sigilla – gli disse – ciò che i sette tuoni hanno detto, e non scriverlo  ». Non è ancora arrivato il momento di rivelarlo al pubblico dominio. Il significato mistico della parola divina non deve essere dato a coloro che non sono in grado di ascoltarlo, perché se ne farebbero beffe e sprofonderebbero ancora di più nella loro incredulità. – San Giovanni conosceva indubbiamente, come tutti gli Apostoli, il significato occulto della Scrittura: molti passaggi nei Vangeli e nelle Epistole lo mostrano chiaramente. Ma non era il loro compito l’esporlo: la Chiesa era ancora troppo piccola, la sua fede era troppo vicina al paganesimo, perché la maggioranza dei nuovi convertiti potesse sopportarla. Questo doveva essere il compito dei Padri e dei Dottori nelle epoche successive. Per questo San Paolo ci dice: « Io ho posto il fondamento; un altro vi costruisce sopra » (I Cor., III, 19). – E l’Angelo che avevo visto in piedi sulla terra e sul mare alzò la mano al cielo: Nostro Signore, quando ebbe terminato l’opera di Redenzione, elevò la propria Umanità al cielo nel giorno della sua gloriosa Ascensione, come segno di richiamo per attirare tutti gli uomini al loro destino eterno. E giurò, cioè affermò nel modo più solenne, sotto la garanzia di Dio onnipotente, che vive nei secoli dei secoli, e che è dunque la fonte inesauribile di ogni vita; che creò il cielo e tutto ciò che contiene, cioè il sole, la luna, l’infinita varietà di stelle; la terra e tutto ciò che contiene, cioè gli animali, gli alberi, le piante, ecc. il mare e tutti i pesci che esso racchiude. Egli ha dunque affermato, da parte di questo Dio che è il Creatore e Maestro sovrano di tutte le cose, che dopo la tromba del settimo Angelo, il tempo cesserà di scorrere, vale a dire: non ci sarà più tempo per la penitenza. Allora si realizzerà ciò che l’apostolo San Paolo ha annunciato: che all’ultima tromba risorgeremo tutti in un batter d’occhio (I Cor. XV, 51, 52.). Allora non ci saranno più vicissitudini per gli eletti, non ci sarà più la notte che si alterna al giorno, non più l’inverno che succede all’estate, non più prove che minacciano la loro felicità. Saranno fissati per sempre in una beatitudine che nulla potrà mai più turbare. Questa immutabilità, tuttavia, non si estenderà ai reprobi, che continueranno a soffrire vari tormenti, e a passare, secondo Giobbe, dalle gelide acque della neve al calore eccessivo (XXIV, 19). Il Salmista ci dice che il tempo per essi durerà nei secoli, cioè per sempre (Ps. LXXX, 14). – Allora dunque, quando la settima tromba comincerà a suonare, quando si sentirà la voce dei predicatori degli ultimi giorni, allora il mistero di Dio sarà consumato; allora il giudizio supremo, che ora ci è nascosto, si compirà nella pienezza dei tempi; allora le ricompense che attendono i buoni saranno brillantemente rivelate, così come i castighi riservati ai malvagi, come Dio l’aveva così spesso predetto attraverso i suoi servi i Profeti.

§ 3 – Il libro che deve essere divorato.

E udii la voce dal cielo che mi parlava di nuovo, dicendo: “Va’ e ricevi il libro aperto dalla mano dell’Angelo, che sta sulla terra e sul mare“; cioè: « Va’ e chiedi a Cristo la comprensione della Sacra Scrittura, che ora domina tutte le potenze della terra e tutte le persecuzioni, perché è Lui che ne ha manifestato i segreti con la Sua vita, morte e risurrezione. » Queste parole non furono rivolte a San Giovanni in persona, poiché egli aveva già ricevuto la comprensione delle Scritture la sera di Pasqua, quando nostro Signore la diede a tutti gli Apostoli. (Lc, XXIV, 45). Ma Dio gli parlava in questo modo perché era la figura dei predicatori a venire, per far capire a tutti loro che la loro prima cura, prima di andare a predicare, doveva essere quella di dotarsi di una conoscenza approfondita dei Libri Santi, studiati alla luce della vita e della morte del Salvatore. –  San Giovanni se ne andò dunque verso l’Angelo, mostrando con questo gesto che l’uomo apostolico deve essere sempre pronto a lasciare tutto per seguire Cristo; e gli chiese il libro: cioè lo pregò, con fervente preghiera, di dargli quella misteriosa conoscenza della Scrittura che il lavoro dell’uomo è impotente a scoprire, ma che Dio concede ai cuori puri. E mi disse: Prendi il libro, cioè ricevilo così com’è, in spirito di fede e di obbedienza, senza pretendere di giudicarlo e interpretarlo a modo tuo. Poi mangialo: studialo attentamente, incidilo nella tua memoria, rimugina su di esso nelle tue meditazioni. Riempirà il tuo ventre di amarezza, ma sarà più dolce del miele nella tua bocca. La Sacra Scrittura è davvero amara per il nostro ventre, inteso in senso spirituale: per la nostra sensualità, per la parte inferiore della nostra anima; perché predica costantemente la rinuncia, la penitenza, la mortificazione; taglia tutte le piccole dolcezze della vita presente, ricorda che è per dura et aspera che si raggiunge il regno di Dio. Allo stesso modo Geremia gemeva: Ventrem meum, ventrem meum doleo, il mio ventre, il mio ventre soffre (IV, 19), esprimendo in questa forma originale la ripugnanza della natura umana di fronte al calice che Dio prepara per ciascuno dei suoi servi. Ma questa divina Scrittura è allo stesso tempo un favo di miele per la bocca, cioè per la parte superiore dell’anima, perché le dà una refezione infinitamente dolce: illumina la sua intelligenza, le rivela l’amore infinito di Dio per l’uomo, eccita il suo fervore e la fa fremere nel profondo di se stessa con tocchi profondi che il linguaggio umano non può imitare. Ecco perché anche il salmista ha cantato: « Quanto sono dolci le vostre parole per la mia gola! Esse sono più dolci del miele nella mia bocca (Ps. CXVIII, 103). – E presi il libro dalla mano dell’Angelo –  continua San Giovanni – e lo divorai; lo ricevetti con fede ardente, gli spalancai le porte del mio interiore assenso. Ed era nella mia bocca dolce come il miele; e quando l’ho divorato, il mio ventre si è riempito di amarezza. E l’Angelo mi disse: « Tu devi ancora profetizzare ai Gentili, ai popoli, alle lingue e a molti re. » Questo deve essere inteso così: « So bene che dopo aver gustato questo cibo celeste, il vostro desiderio più ardente sarebbe quello di essere liberati dai legami del vostro corpo e di andare a vedere faccia a faccia Colui che hai imparato a conoscere sotto il velo delle Scritture. Ma la tua missione non è finita: mentre sei in esilio a Patmos, il tuo gregge si rilassa, compaiono le eresie, si moltiplicano gli anticristi, i re vengono sedotti, abbandonano la vera fede ed i loro popoli li imitano. Devi istruirli di nuovo e ristabilire davanti a loro la sana dottrina. » – Infatti, San Giovanni tornò a Efeso dopo la sua prigionia. Vi insegnò per molti anni e, per difendere la divinità di Cristo e la sua generazione eterna contro gli errori emergenti, scrisse il Vangelo che si apre con questa solenne dichiarazione: « In principio era il Verbo, e il Verbo era in Dio, e il Verbo era Dio », parole che dovevano essere tradotte in tutte le lingue e servire all’istruzione dei popoli e delle nazioni, dei re e dei loro sudditi, fino alla fine dei tempi.

Terza Visione

LE SETTE TROMBE

QUARTA PARTE

IL RITORNO DEI DUE TESTIMONI

Capitolo XI. – (1 – 18)

“E mi fu data una canna simile ad una verga, e mi fu detto: Sorgi, e misura il tempio di Dio, e l’altare, e quelli che in esso adorano. Ma l’atrio, che è fuori del tempio, lascialo da parte, e non misurarlo: poiché è stato dato alle genti, e calpesteranno la città santa per quarantadue mesi: ma darò ai due miei testimoni che per mille duecento sessanta giorni profetino vestiti di sacco. Questi sono i due ulivi e i due candelieri posti davanti al Signore della terra. E se alcuno vorrà offenderli, uscirà fuoco dalla loro bocca, e divorerà i loro nemici; e se alcuno vorrà loro far male fa d’uopo che in tal guisa sia ucciso. Questi hanno potestà di chiudere il cielo, sicché non piova nel tempo del loro profetare: e hanno potestà sopra le acque per cangiarle in sangue, e di percuotere la terra con qualunque piaga ogni volta che vorranno. Finito poi che abbiano di rendere testimonianza, la bestia, che viene su dall’abisso, loro muoverà guerra, e li supererà, e li ucciderà. E i loro corpi giaceranno nella piazza della grande città, che spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il lor Signore è stato crocifisso. E gente d’ogni tribù, popolo, lingua, e nazione, vedranno i loro corpi per tre giorni e mezzo: e non permetteranno che i loro corpi siano seppelliti. E gli abitanti della terra godranno, e si rallegreranno sopra di essi: e si manderanno vicendevolmente dei presenti, perché questi due profeti hanno dato tormento agli abitatori della terra. Ma dopo tre giorni e mezzo lo spirito di vita che viene da Dio entrò in essi. E si alzarono in piedi, e un grande timore cadde sopra coloro che li videro. E udirono una gran voce dal cielo che disse loro: Salite quassù. E salirono in una nuvola al cielo: e i loro nemici li videro. E in quel punto avvenne un gran terremoto, e cadde la decima parte della città: e nel terremoto furono uccisi sette mila uomini: e il restante furono spaventati, e diedero gloria al Dio del cielo. Il secondo guai è passato: ed ecco che tosto verrà il terzo guai. E il settimo Angelo diede fiato alla tromba: e si alzarono grandi voci nel cielo, che dicevano: Il regno di questo mondo è diventato del Signor nostro e del suo Cristo, e regnerà pei secoli dei secoli: così sia. E i ventiquattro seniori, i quali siedono sui loro troni nel cospetto di Dio, si prostrarono bocconi, e adorarono Dio, dicendo: rendiamo grazie a te, Signore Dio onnipotente, che sei, e che eri, e che sei per venire: perché hai fatto uso della tua grande potenza, e ti sei messo a regnare. – E le genti si sono adirate, ed è venuta l’ira tua e il tempo di giudicare i morti, e di rendere la mercede ai profeti tuoi servi, e ai santi, e a coloro che temono il tuo nome, piccoli e grandi: e di sterminare coloro che mandano in perdizione la terra. E si aprì il tempio di Dio nel cielo: e apparve l’arca del suo testamento nel suo tempio, e avvennero folgori, e grida, e terremoti e molta grandine.”

§ 1. – La canna della discrezione.

San Giovanni continua, in questo capitolo, il racconto della sua terza visione: la descrizione dei prodigi che accompagneranno l’avvento dell’Anticristo e precederanno la fine del mondo. Dio lo aveva informato in precedenza che presto avrebbe dovuto lasciare il suo ritiro a Patmos per ricominciare a predicare. Ma fu anche avvertito che prima di riprendere questo ministero avrebbe ricevuto una guida speciale, cosa che qui esprime dicendo che l’Angelo gli diede una canna, simile ad uno scettro. Questa canna rappresenta la virtù della discrezione, così cara a San Benedetto, e che segna con un timbro speciale la sua Regola, così come la sua opera; una virtù tanto necessaria a chiunque debba istruire gli altri, quanto la penna (o la canna) a chi scrive. Senza di essa, è impossibile far penetrare nei cuori la dottrina che si insegna. Ogni esortazione, anzi, ogni predicazione deve essere adattata alla capacità di coloro che l’ascoltano: le stesse verità non possono essere esposte indifferentemente ad ogni uditorio. Non si parla lo stesso linguaggio agli innocenti ed ai peccatori, ai bambini e agli uomini adulti, a coloro che hanno fede e a coloro che la cercano, a coloro che hanno abbracciato la vita perfetta e a coloro il cui ideale non va oltre l’osservanza del decalogo (Il famoso Uber pestoralis di San Gregorio Magno non è che uno sviluppo di questa nozione fondamentale di discrezione). Questa preziosa discrezione è paragonata sia a uno scettro che a una canna. Uno scettro, perché permette a chi lo possiede di dominare le proprie passioni e di governare gli altri uomini. Quando è presente in un’anima, tutto è ordinato e armoniosamente equilibrato. Quando è assente, tutti gli eccessi sono da temere e la rovina è fatale. Necessario per ogni persona per regolare la propria condotta, lo è doppiamente per coloro che hanno la responsabilità di istruire o comandare agli altri. Il re Salomone, che la Scrittura ci dà come modello di saggezza, lo capì bene quando la chiedeva a Dio preferendola alla ricchezza, alla gloria o a una lunga vita, per governare bene il suo popolo (3 Reg., III, 11). Ma questa virtù delicata è allo stesso tempo paragonata ad una canna, perché è leggera come il giogo di Cristo stesso; « essa si piega ma non si spezza », sa tenere conto delle circostanze, dei tempi e dell’ambiente, e applicare i principi della morale evangelica ai casi più diversi. Per rendere più chiaro il simbolismo di questa verga, l’Angelo dice a San Giovanni, e con lui a tutti i predicatori: Alzati: non accontentarti di stare seduto sul tuo pulpito; metti in pratica ciò che insegni, e questo sforzo personale renderà il tuo insegnamento più preciso, più sfumato, più efficace; misura il tempio, l’altare e coloro che vi adorano. Misura il tempio, cioè la Chiesa, e ricorda che Dio l’ha fatta per gli uomini, non per gli Angeli; misura l’altare, cioè l’Umanità di Gesù Cristo Nostro Signore, che è il centro della nostra liturgia, il propiziatorio sul quale devono essere poste tutte le nostre preghiere e tutti i nostri sacrifici, se vogliamo che siano accettati da Dio; ricordati della mitezza di questo Agnello, della sua pazienza, della sua dolcezza, della sua umiltà, della sua povertà, e basa il tuo insegnamento e la tua condotta sul suo esempio; misura coloro che vi adorano, che sono uomini di carne, soggetti all’errore e a mille debolezze; ricordati che non hanno tutti lo stesso temperamento, gli stessi bisogni, le stesse aspirazioni, le stesse risorse; parla loro in un linguaggio che sono in grado di sentire, e imponi a ciascuno solo il fardello che è in grado di portare. – Ma l’atrio fuori dal tempio, non lo considerare,  e non lo misurare. Ma coloro che appartengono solo esteriormente alla Chiesa, come il cortile appartiene alla casa senza farne realmente parte; coloro che, pur mantenendo simulacri esteriori di religione, non accettano né la fede né le leggi della Chiesa nella loro integrità, come fanno i peccatori incalliti e gli eretici, cacciali via, tagliali fuori dalla tua comunione; non discutere con loro, non misurarli affatto, non tenere alcun conto delle loro pretese. È del tutto inutile cercare di adattare la Verità rivelata alle esigenze di coloro che hanno deciso in anticipo di non ascoltarla. Ecco perché Nostro Signore, nell’ora della Sua Passione, non rispose nulla ai giudici che Lo interrogavano; ecco perché, anche oggi, la Chiesa rifiuta così fermamente qualsiasi “conversazione” , [… dialogo] che si proponga un compromesso tra la sua dottrina con quella delle sette dissidenti. Il dogma cattolico è un blocco di diamante da cui è impossibile rimuovere o cambiare una qualsiasi parte. Occorre prenderlo così com’è. Non misurate dunque il mio cortile, perché è dato ai gentili; infatti questi falsi Cristiani saranno dalla parte dei nemici della Chiesa nell’ora della prova. La calpesteranno per quarantadue mesi, cioè il tempo del regno dell’Anticristo. La calpesteranno, come si calpesta l’uva nel torchio, per far uscire il vino della carità; ma non potranno schiacciarla, perché sta scritto che le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. – Tuttavia, quest’ultima persecuzione sarà di una violenza inaudita; perciò Dio fornirà un aiuto straordinario ai suoi fedeli, per evitare che cadano nell’apostasia. A questo scopo, Egli susciterà le due misteriose figure di cui parlerà ora San Giovanni, e che avranno la missione di dare una testimonianza particolarmente eclatante a Cristo, alla sua dottrina, alla sua Chiesa.

§ 2 – I due testimoni.

E io darò ai miei due testimoni – continua l’autore sacro – la forza e la saggezza di cui avranno bisogno per combattere le battaglie degli ultimi giorni, per animare i fedeli, per convertire i miscredenti e per affrontare il martirio. Essi predicheranno la verità, annunciando come una certezza, e senza vacillare, la prossima rovina dell’Anticristo, nonostante i suoi incredibili successi, nonostante il suo potere, il suo genio, le sue ricchezze e gli stupefacenti prodigi che compirà. Vivendo nella più grande austerità, vestiti di sacco in segno di penitenza, profetizzeranno per milleduecentosessanta giorni, cioè circa tre anni e mezzo, che è la stessa durata promessa al regno dell’Anticristo. Chi sono questi due profeti che appaiono improvvisamente nella trama della narrazione apocalittica, e i cui nomi non sono rivelati? La tradizione cattolica li ha sempre visti come Enoch, vissuto prima del diluvio, ed il profeta Elia: entrambi, infatti, sono scomparsi in modo misterioso dal mondo dei vivi, e la Sacra Scrittura lascia intendere in modo velato che un giorno dovranno tornare. Leggiamo, per esempio, nella profezia di Malachia: « Ecco, io vi manderò il profeta Elia prima che venga il giorno grande e terribile del Signore » (IV, 5); e nel Vangelo di San Matteo, dalla bocca di Nostro Signore stesso: « Elia verrà ancora e restaurerà tutte le cose » (XVIII, 11). San Gregorio Magno insegna a questo proposito che il profeta del Carmelo, dopo essere stato portato via sulle rive del Giordano in un carro di fuoco, fu trasportato in una parte sconosciuta dell’universo, dove attende la fine del mondo, per riapparire allora, e pagare il tributo che ogni uomo deve alla morte (Hom. XXIX sul Vangelo). Questa opinione è stata seguita da tutti i dottori della Chiesa: Elia, secondo il loro comune sentire, non è in cielo; non gode, come gli eletti, della visione beatifica. Ma ha recuperato uno stato simile a quello dei nostri primi genitori prima della loro caduta. Temporaneamente liberato dalle condizioni ordinarie della vita umana, attende, in mezzo ad una grande pace del corpo e dell’anima, in uno stato di felicità continua che supera tutte le gioie della terra, il momento di tornare a confessare Cristo, e di versare il suo sangue a testimonianza della sua fede. – Per Enoch, la Tradizione si basa su un passo della Genesi, dove si dice di lui che scomparve, perché Dio lo portò via (V, 32.); e ancora di più sul testo seguente, « Enoch fu gradito a Dio e fu portato in paradiso per predicare la penitenza alle nazioni » (XLIV, 16.); vale a dire: fu posto in un luogo di riposo per tornare un giorno a predicare la penitenza alle nazioni. Alcuni commentatori, tuttavia, hanno pensato che qui si intendesse Mosè, in ricordo della scena della Trasfigurazione; ma la grande maggioranza ritiene che Enoch fosse il compagno di Elia. Questi due uomini sono la figura dei Santi che Dio manda alla sua Chiesa nei tempi della prova, per consolarla e difendere la sua dottrina. L’autore sacro, dunque, dopo aver annunciato il ritorno di questi due servi di Dio, li paragona a due ulivi, e poi a due candelabri: a due ulivi, perché saranno pieni dell’unzione dello Spirito Santo, e perché produrranno carità come l’ulivo produce l’olio; a due candelabri, perché porteranno in loro la luce della verità divina, e serviranno ad illuminare gli altri uomini. Staranno alla presenza del Padrone della Terra, cioè saranno sempre attenti alla presenza di Dio, cercando solo l’esecuzione della sua volontà, indifferenti alle attrazioni e alle minacce del mondo. Ma per compiere la missione di cui saranno incaricati, Dio fornirà loro un potere sovrumano. Se qualcuno cerca di far loro del male, il fuoco uscirà dalla loro bocca e divorerà i loro nemici. – Queste parole devono essere prese in senso figurato; esse significano che se qualcuno vuole tentare di sedurli e cercare di distoglierli dalla predicazione della verità, sentirà una tale saggezza e carità ardente nelle loro parole che sarà coperto di confusione. E se, rifiutando di essere convinto, si sforzasse di usare violenza contro di loro e di ferirli nel corpo, sappia che, per la giustizia divina, si condannerebbe a perire. I due testimoni avranno il potere di chiudere il cielo ed impedire la caduta della pioggia; il potere di trasformare le acque in sangue e di colpire la terra con qualsiasi piaga tutte le volte che lo desiderano. Leggiamo nella Sacra Scrittura che Elia, per fermare l’empietà di Achab, condannò la Palestina ad una siccità di tre anni (III Reg., XVII, 1); che Mosè, per liberare il popolo ebreo dall’oppressione del faraone, trasformò le acque in sangue e colpì l’Egitto con dieci piaghe (Ex., VII e seguenti). È naturale supporre che coloro che devono sottomettere l’Anticristo saranno dotati di un potere ancora maggiore. Tuttavia, alcuni commentatori pensano che, per lasciare all’ultima persecuzione tutta la sua violenza, Dio non concederà a nessuno il potere di fare miracoli. In questa ipotesi, le parole appena dette devono essere intese in senso figurato: Il potere di chiudere il cielo sarà quello di impedire ogni predicazione; gli eretici si sentiranno così dominati dalla saggezza dei due profeti che non oseranno più dire nulla pubblicamente; il potere di trasformare le acque in sangue darà ai due testimoni l’autorità necessaria per far vedere ai più ignoranti il carattere mortale delle perniciose dottrine che fino ad allora avevano bevuto come acqua; quello infine di colpire la terra con ogni sorta di piaghe permetterà loro di toccare i cuori e di imprimere loro la paura del castigo eterno. Quando avranno completato la missione affidata loro da Dio e avranno dato sufficiente testimonianza della divinità di Gesù Cristo, saranno a loro volta consegnati all’Anticristo per subire il martirio. Allora – dice San Giovanni – la bestia che sale dall’abisso farà guerra contro di loro e li vincerà, almeno in apparenza, e li metterà a morte. La bestia non è altro che l’Anticristo stesso, il quale, per la violenza delle sue passioni, assomiglierà ad una vera bestia selvaggia. Tuttavia, farà attenzione a non mostrare la crudeltà che sarà il fondo del suo carattere. Al contrario, si sforzerà di mostrarsi liberale e generoso, per sedurre gli uomini e rendersi accettabile per loro come capo e re. Ma in seguito, quando il suo potere sarà saldamente stabilito, la bestia risorgerà dall’abisso, la malvagità nascosta nel suo cuore sarà rivelata e si tradurrà in atti di inaspettata ferocia. Irritato dalla resistenza dei due profeti, dichiarerà una guerra feroce contro di loro e, vittorioso per un momento, li farà mettere a morte. E i loro corpi rimarranno insepolti nelle piazze della grande città. L’autore sacro dice qui: le piazze, al plurale, perché i corpi dei due martiri saranno portati a turno, si dice, nei luoghi principali della città, per mostrare a tutti il potere dell’Anticristo e per servire da monito a chiunque sia tentato di resistergli. La grande città dove il loro Maestro, cioè il Signore Gesù, fu crocifisso si chiama Gerusalemme. Questa è misticamente chiamata Sodoma o Egitto: l’Egitto è per eccellenza la terra dell’idolatria, il suo nome significa, in ebraico, « tenebre »; Sodoma è il tipo dell’abominio, il suo nome significa il muto o il cieco: con queste espressioni, l’autore vuole farci capire la cecità e la miseria morale in cui cadde la città santa, per non aver saputo riconoscere il suo Salvatore e per non aver voluto confessare le sue colpe. I corpi dei due martiri rimasero così esposti, senza sepoltura, per tre giorni e mezzo. Molti commentatori pensano che queste ultime parole non debbano essere prese alla lettera, ma che questo spettacolo durerà a lungo, poiché, secondo il resto del racconto, gli uomini di tutte le tribù, tutti i popoli, tutte le lingue, tutte le nazioni potranno contemplarli. Questa esecuzione sarà fonte di gioia per gli uomini che abitano la terra, cioè per coloro che sono interamente dedicati, anima e corpo, alle cose della terra, senza alcuna aspirazione ai beni eterni. In questa occasione faranno feste e doni gli uni agli altri in segno di gioia, lieti di vedere la fine del tormento di angoscia causato dai due profeti con i loro terribili avvertimenti e le loro continue minacce di castighi. Ma quando il termine fissato da Dio sarà scaduto, le anime dei due martiri ritorneranno nei loro corpi. (San Giovanni, a questo punto della sua narrazione, passa senza transizione dal futuro al perfetto, per mostrare che tutto, sia passato che futuro, è simultaneamente presente davanti a Dio, e che gli eventi qui annunciati sono così certi come se fossero già avvenuti. Tuttavia, abbiamo mantenuto il tempo futuro in questo commento per rendere il significato più chiaro). Improvvisamente saranno visti entrambi alzarsi e stare in piedi, e coloro che li avevano visti morti saranno pieni di gran terrore; non dubiteranno più, a questo segno, che i profeti abbiano detto la verità e che le loro minacce saranno presto eseguite. Ma essi, non avendo più niente da fare sulla terra, saranno chiamati da Dio. E saliranno al cielo in una nuvola, tra lo stupore dei loro nemici.

§ 3 – La settima tromba.

Subito dopo la loro ascensione, un terremoto tremenda scuoterà tutta la terra e la decima parte della città sarà distruttoa. La Chiesa ci insegna nell’Ufficio della Dedicazione (Cfr. Inno dei Vespri), che la Città di Dio è costruita, non con pietre ordinarie, ma con pietre vive, cioè con le anime dei giusti. Questi, come si ammette, vengono ad occupare, secondo un’opinione comune tra gli autori mistici, i posti lasciati liberi dagli angeli apostati. Così sono incorporati nelle gerarchie celesti e, secondo il grado della loro carità, sono divisi, come gli Angeli, in nove cori. La decima parte, di cui parliamo qui, sono coloro che non trovano posto in nessuno di questi cori, e che sono quindi condannati alla rovina eterna con i demoni. Questi includeranno nelle loro file un buon numero di servitori dell’Anticristo, ed è la perdita di questi ultimi che San Giovanni qui intravede simbolicamente, sotto la figura dei settemila uomini che allora morirono senza fare penitenza. Gli altri, spaventati da questi terribili eventi, si convertiranno e, tornando a Dio, gli renderanno grazie per averli voluti strappare al potere delle tenebre.

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Così finirà la seconda delle tre grandi tribolazioni che devono precedere la fine del mondo, cioè: la persecuzione dell’Anticristo. Ora ecco la terza, che sta per arrivare: e questo sarà il terrore-panico che assalirà l’umanità quando i segni del Giudizio cominceranno ad apparire nella natura. Ma sarà preceduta da un breve periodo di pace, annunciato dalla tromba del settimo angelo. Quest’ultima tromba rappresenta gli ultimi predicatori che si sentiranno nella Chiesa, per dire agli uomini dell’imminente avvento del Figlio di Dio, e dell’urgente necessità di convertirsi. Allo stesso tempo, un nuovo inno di gioia risuonerà in cielo: « Il regno di questo mondo – canteranno gli eletti – che per tanto tempo è stato l’impero del diavolo, ora è diventato il regno del Signore Dio nostro e del suo Cristo, ed Egli regnerà nei secoli dei secoli. Amen. » E i ventiquattro anziani che stanno sui loro seggi alla presenza di Dio, cioè tutti i Profeti, gli Apostoli e i Santi che serviranno come assistenti a Nostro Signore nel giorno del Giudizio, come Egli stesso ha promesso; San Giovanni vide prostrarsi tutti quanti con la faccia a terra, adorando Dio e dicendo: Ti rendiamo grazie, Signore, Sovrano Padrone di tutte le cose; Dio Onnipotente, al quale nulla può sfuggire, nulla può resistere; Tu che sei, che eri e che vieni. – Tu che sei, che eri e che vieni. Tu che sei, che sei immutabile nel tuo Essere eterno; Tu che eri presente, anche quando gli empi negavano la tua esistenza e ti deridevano; Tu che vieni incessantemente a giudicare l’universo. – Noi vi ringraziamo che vi degnate di usare il vostro potere per raccogliere la vostra Chiesa, per schiacciare i suoi nemici, e che avete hai stabilito il tuo regno nei nostri cuori. Le nazioni, cioè tutti coloro che sono rimasti nello stato di natura, che non sono stati rigenerati in Cristo, tutti gli ostinati servi del mondo, si sono adirati con voi invece di umiliarsi e fare penitenza davanti ai prodigi di cui sono stati testimoni. Perciò la misura è colma: l’ora della vostra giusta collera è arrivata. È giunta l’ora di giudicare i morti, di premiare i vostri servi, i profeti, i santi e coloro che temono il vostro nome, grandi e piccoli, perché Voi non dimenticherete nessuno; e sterminerete al contrario, coloro che hanno infettato il mondo con la loro corruzione.

IL SENSO MISTICO DELL’APOCALISSE (8)