LA SITUAZIONE (11)

LA SITUAZIONE (11):

DOLORI, PERICOLI, DOVERI E CONSOLAZIONI DEI CATTOLICI DEI TEMPI PRESENTI

OPERA DI MONSIGNORE G. G. GAUME PROTONOTARIO APOSTOLICO

Custos, quid nocte?

Sentinella: che è della notte?

DOVERI

Lettera Undecima

Caro Amico.

I doveri dei Cattolici derivano dalla nozione medesima della Chiesa; e si misurano dalla gravità delle circostanze in atto, che ne determinano la natura. Or che cosa è la Chiesa? In tutto rigore della parola, la Chiesa val quanto madre nostra, madre delle nazioni civili. Che essa in effetto è quella che ci ha generati alla vita soprannaturale, e come conseguenza, ai lumi, alla libertà, al ben essere, che innalzano grandemente i popoli cristiani sopra dei pagani antichi, e degl’idolatri dei nostri giorni. Profferite pure arditamente un premio, un brevetto d’invenzione, una statua a sua scelta nel Pantheon, all’uomo che scoprirà una libertà vera, un raggio di pura luce, un progresso reale, una instituzione completamente utile, una cosa veramente grande e bella, che non venga dalla Chiesa. La Chiesa è quella che ha tratto il mondo dalla barbarie, e gl’impedisce che vi ricada. Conciossiachè per tenere lontana una novella caduta dell’umanità, ella da diciotto secoli in qua ha versato a torrenti il suo sangue più puro. Veglie, lagrime, preghiere, fatiche, umiliazioni, lotte incessantemente rinascenti; a tutto si è ella sacrificata per il bene dei suoi figli. Ed è ben poca cosa all’amor suo il tutelarci i beni del tempo, se non ci conduce ancora al possesso dei beni futuri. Or questa madre, tante volte nostra madre, geme tutta oggidì nel dolore. Sicché dal primo tempo che essa viaggia nella valle di lagrime, non ha mai potuto dire con più di verità: O voi tutti che passate pel cammino della vita, Cattolici del secolo XIX, cercate nella storia del passato, e vedete , se v’ha un dolore che sia paragonabile al mio! Di faccia a questo nuovo Calvario, come dobbiamo noi diportarci? Un figlio vede oltraggiare la propria madre; la vede ingiuriata, schiaffeggiata, spogliata, cacciata brutalmente dalla sua dimora: qual è il suo primo sentimento, il suo primo dovere? Il suo cuore parla, il suo sangue ribolle. Meglio che una metà, e più ancora che se stesso, egli ama cotesta sua madre in que’ suoi patimenti; onde tutto quello che può fare per difenderla, tutto egli fa. Consociarci ai mali della Chiesa, difendere la Chiesa; ecco, o Cattolici, i due primi nostri doveri. La natura ciò detta, la fede ciò comanda. Ma che vuol dire consociarsi ai mali della Chiesa? Vuol dire riguardare, risentire come fatto a noi stessi quello che si fa a Lei. I suoi dolori devono esser nostri; occupare i nostri pensieri, alimentare le nostre conversazioni, inspirare le nostre preghiere. Il nostro cuore deve vivamente commuoversi alle ferite che a Lei si fanno; le nostre guance arrossire agli schiaffi che le si danno; la nostra anima indegnarsi alle calunnie colle quali si perseguita; i nostri occhi piangere alle umiliazioni colle quali viene abbeverata, ed alle lagrime che le si fanno versare: opprobria exprobrantium tibi ceciderunt super me. Se avvenisse altrimenti, ove sarebbe la nostra pietà filiale verso la Chiesa? Vergogna a colui, il quale può leggere con indifferenza il racconto giornaliero delle sue angosce; a colui, la cui vita non si covre di un velo di tristezza; a colui, il quale in questi momenti di dolore supremo non ha in orrore le feste e i piaceri mondani. Il figlio che ride e canta vicino a sua madre addolorata, fu egli mai un buon figlio? Questa compassione nondimeno non vuole essere sterile. Se finisce sulle labbra, chi la prenderà per verace? L’albero si conosce ai frutti; la realità di un sentimento si conosce solo agli atti. Gli atti inoltre di nostra compassione verso la Chiesa devono variare secondo le persone, e le circostanze. La Chiesa è povera: voi siete ricco; datele del vostro oro. Siete povero voi stesso? dividete con lei il vostro pane. La Chiesa è attaccata colle armi alla mano? un sangue generoso scorre nelle vostre vene: offritele adunque il vostro sangue. La Chiesa è indegnamente calunniata: voi avete una voce; parlate: avete una penna; scrivete per la di lei difesa. La Chiesa è abbandonata, tradita da coloro che si dicevano suoi figli devoti; la di lei confidenza è in Dio solo: affrettatele colle vostre preghiere il soccorso dall’alto. La nostra divisa in somma sia il motto di Tertulliano: « Oggidì ogni Cattolico dev’essere soldato: in his omnis homo miles. » – In questa lotta obbligata, inevitabile, se la spada dello zelo deve armare il braccio al Cattolico; lo scudo della fede deve covrire il suo capo. È questo un nuovo dovere che gli incombe. Che voglio dire con ciò, mio caro amico? Voglio dire che il Cattolico deve prima di tutto provvedere alla propria sicurezza in modo da non mai contristare la Chiesa col divenire egli stesso la vittima dell’errore e del sofisma. Per questo, che cosa deve egli fare? Conoscere con precisione ciò che è vero e ciò che è falso nella questione attuale; per conseguenza ciò che deve sostenere, o pur combattere, di maniera che non faccia mai concessioni sospette, triste preludio di deplorabili defezioni. Per ciò che la rivoluzione attacca egualmente la società e la Chiesa, essa ha sofismi pronti al servizio di questa doppia iniquità: tanti che volumi interi non basterebbero a contenerli, né, che è più, a confutarli partitamente. Sicché il cattolico, se vuole preservarsi dai tratti veementi del nemico, deve prendere per regola immutabile di sua condotta e dei suoi discorsi queste massime eterne:

1° Chi si espone volontariamente al pericolo, vi perisce. I cattivi discorsi divorano come la cangrena.

Il cattolico deve dunque con somma cura evitare le conversazioni, e le letture capaci di falsare il suospirito sopra gli avvenimenti del giorno. Che egli si diffidi soprattutto dei giornali, che sono grandi corruttori del senso morale e della coscienza pubblica. L’uomo èfiglio della sua educazione, si diceva in altri tempi; e ciò era vero. L’uomo èfiglio del suo giornale, può dirsi oggi giorno; e in cento lettori, questo si avvera almeno di ottanta.

2. ° In fatto di politica, dovere del Cattolico è il sapere e il dire:

« La forza non costituisce il diritto,

« Il successo non giustifica niente.

« Il sagrificarsi e soccombere in causa giusta, èvera gloria;

« Il tradimento che trionfa, èvera vergogna.

« Dio si ride dei consigli degli uomini.

« La giustizia di Dio rende il contraccambio con solennità!

« Aderirsi a Pietro è attaccarsi all’IMMUTABILE. I Re che fanno ciò, al dire degli oracoli divini, si armano di chiodi i loro occhi e di spade le reni.

3. ° In materia poi religiosa, ogni Cattolico, sia uomo, sia donna, sia fanciullo deve sapere a mente, e sostenere questi assiomi della fede, e del senso comune:

a) Spogliare il Santo Padre dei suoi Stati, non è una questione puramente temporale, e moralmente indifferente: chespogliare ingiustamente alcuno, fosse egli anche Papa, èrubare. Or rubare èquestione totalmente morale e religiosa.

b) Togliere alla Santa Sede la sua indipendenza materiale èmenare la Chiesa a scisma, ed il Papa al martirio. A Colui, la cui parola deve comandar le prescrizioni della fede all’universo, non sono possibili che due posti in questo mondo; il trono, o il patibolo.

c) Dire che si ha diritto di spogliare il Papa per causa di utilità pubblica, èun gridare la legittimità del diritto della forza, inaugurare i l comunismo , e prepararne il trionfo.

d) Negare la necessità, l’utilità delle possessioni temporali della Chiesa, approvare lo spogliamento, di cui essa è la vittima, biasimare la resistenza che ella oppone ai consigli degli uni, alle violenze degli altri, non turbarsi affatto dei suoi anatemi, anzi pensare che i suoi fulmini non colpiscano in cosiffatte materie; è lo stesso che volersi rendere colpevolissimo dinanzi a Dio, e degnissimo delle pene più severe: essendo un approvare quello che la Chiesa riprova, sostenere le dottrine che ella condanna, dichiarare incolpevoli quegli atti che ella vitupera. »

Presumere che il Papa spogliato del suo temporale venga più rispettato e meglio ubbidito; è un far la parte dell’assassino di strada, il quale dice al viandante: amico, se io ti svaligio, ciò è nel tuo migliore; camminando a piedi nudi, sarai più stimato; e da me alleviato di tutto quello che porti, ti sentirai molto più libero. Se non che si darà una pensione al Papa! — Pane di pensione, pane di munizione; pane di munizione, pane di sommissione; pane di sommissione, pane di lagrime e di dolore. Credere che le concessioni e le riforme avrebbero salvato il Papa, questo è pascolo di sciocchi. La rivoluzione ha già detto: « Solo una concessione, solo una riforma può appagarmi; ed è la piena ed intera cessazione del governo temporale della Chiesa ». (Parole dei rivoluzionari italiani – v. cit. Cardinal Antonelli). Il Papa in difendere i suoi stati, non difende già un pezzo di terra; ma difende il diritto da qualsivoglia punto si riguardi; diritto sociale, diritto di sovranità, diritto di proprietà! Questi grandi principii basteranno al Cattolico a fare giustizia dei tanti sofismi, al certo inetti, onde siamo assaliti come da uno sciame di vespe in furore. Contrassegnammo un secondo pericolo, che è lo scisma. – Or vi ha due mezzi da poterne campare, l’uno negativo, e l’altro positivo. Il primo consiste in ripudiare, qualunque sia il suo titolo o il suo patrono, ogni opinione contraria alla spirito della Sede Apostolica, alle dottrine romane, all’infallibilità personale del Vicario di Gesù Cristo, ed alla sua suprema autorità in tutta la Chiesa; in una parola, rinnegare ogni opinione che tenda a legittimare l’insubordinazione al Santo Padre insino ad un certo grado o punto, o, come molti non arrossiscono di dire, l’emancipazione dalle esigenze della corte di Roma. Il secondo consiste in prendere per guida invariabile le parole di S. Ambrogio: Ubi Petrus, ibi Ecclesia: Ove è il Papa, ivi è la Chiesa. Innalzare i suoi sguardi di sopra a tutte le teste, ed anche a tutte le mitre, per fissarli alla Tiara: sapere quello che pensa il S. Padre, e pensare come lui né più, né meno; approvare ciò che egli approva; condannare ciò che egli condanna; fare ciò che egli ordina, con una docilità da fanciulli, questo, amico mio, è l’infallibile secreto per tenersi nel cammino della verità, e dentro il girone della Chiesa.

Parlerò ora della persecuzione, che è l’altra prova, cui noi possiamo essere chiamati? Rilegga il Cattolico gli annali dei suoi eroici avi, o la storia contemporanea dei suoi fratelli dell’estremo Oriente. E quindi apprenderà in una, e le precauzioni a cui attenersi per sfuggire ai suoi nemici, la rassegnazione onde soffrire la perdita dei suoi beni, e la sublime calma colla quale deve rendere omaggio alla verità, vivere nelle prigioni o nell’esilio, portare le catene del confessore, o soffrire i tormenti del martire. Questi nobili esempi dati da uomini di ogni età e condizione, da donne deboli, e da timide verginelle, infiammeranno il suo coraggio, e gli faranno dire: Perché non potrò io quello che tanti altri? cur non potero, quod isti et istæ? – Soprappreso da tanto eroismo in nature fragili, come lui, ben comprenderà essere il martirio una grazia, la più grande di tutte, ricompensa a lunga fedeltà! Se accade, riconciliarsi seriamente con Dio, mettere in regola i suoi affari temporali, mostrarsi scrupolosamente fedele nelle piccole cose, affine di meritare di essere fedele nelle grandi; soprattutto cibarsi sovente dell’Eucaristia, pane dei forti, vino che feconda le vergini; senza la quale, a giudizio dei primitivi Cristiani, il martirio è impossibile. E tali sono pei Cattolici i mezzi d’esser sempre, come diceva Tertulliano, di stirpe generosa, pronta al morire, expeditum morii genus. Se noi non siamo degni di fornire il sanguinoso arringo della persecuzione, altre prove ci aspettano. Le calamità pubbliche, gli sconvolgimenti sociali, le angosce di più sorte non possono mancare. Per renderle meritorie al cattolico, due virtù saranno la sua armatura; la pazienza e la carità. – Paziente, egli dirà a se stesso: Io ho bisogno di espiazione. E che sono le pene di questa vita al confronto delle gioie e delle ricompense dell’altra? Gittando ad ogni patimento i suoi sguardi sull’antico patriarca del dolore, ei dirà come Giobbe: « Il Signore me l’aveva dato, il Signore me l’ha tolto; Egli ha fatto ciò che ha trovato buono; sia benedetto il suo santo nome »; e sulla gran Vittima del mondo, dirà col Divino Modello: » Padre, se può essere, questo calice si allontani dalle mie labbra; intanto si faccia la volontà vostra, e non la mia». Caritatevole poi, riguarderà le creature non come causa delle sue sofferenze, si come strumenti della Providenza, la quale percuote per purificare, o per abbellire. Ed alla sua memoria s’appresenterà il precetto evangelico: « Pregate per coloro, che vi perseguitano: » Anzi sulle sue labbra saranno le parole del Divino Maestro spirante: » Padre, perdonateli, poiché essi non sanno quello che si fanno ». Onde degno figlio dei suoi avi, egli imiterà i primitivi Cristiani, i quali lungi dall’odiare i loro persecutori, pregavano notte e giorno per essi, e loro ubbidivano in tutto quello che Dio non proibisce. Tuttavolta egli saprà vituperare il male con energia, e chiamare gli empii col loro nome, come anche quelli facevano. – Il Divino Maestro, di cui poco fa abbiamo letta la tenera preghiera, non ha Egli forse chiamato i suoi persecutori lupi rapaci, lupi rapaces, sepolcri imbiancati, sepulcra dealbata, figli di satana, a patre diabolo? Il di lui Precursore non ha qualificati i Giudei increduli per razza di vipere, genimina viperarum? Per Tertulliano, il nome di Nerone non significa forse tutti i delitti? E da Lattanzio, Decio era un esecrabile animale, execrabile animal Decius! Per quanto siano dure, queste qualifiche non possono offendere, se non coloro che le meritano, o coloro che sconoscono i diritti dello zelo, perché ignorano quelli della verità. Usando di queste necessarie cautele, il Cattolico provvede alla propria sicurezza. Imperocché così egli combatte il male nelle sue manifestazioni e nei suoi effetti. Ma ciò non basta: chebisogna attaccarlo anche nella sua causa, che è un altro dovere di cui vi ragionerò fra  breve.

Tutto vostro etc.

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