LA SITUAZIONE (6)

LA SITUAZIONE (6):

DOLORI, PERICOLI, DOVERI E CONSOLAZIONI DEI CATTOLICI DEI TEMPI PRESENTI

OPERA DI MONSIGNORE G. G. GAUME PROTONOTARIO APOSTOLICO

Custos, quid nocte?

Sentinella: che è della notte?

ROMA tipografia Tiberina – 1861

PERICOLI

Lettera Sesta.

Caro Amico.

Nel dipingere il quadro della situazione presente, io ho toccato dei dolori dei Cattolici. E di fatto dopo il Calvario, ne conoscete voi di più legittimi e pungenti? Mirate all’Oriente: che cosa vi è dato di vedere? La Cocincina, cinquecentomila Cattolici, inseguiti da tre anni come bestie feroci, e fatti preda a tutti gli orrori della fame, delle prigioni, e delle torture. In Siria, vera carneficina di Cristiani; tale massacro, che per numero di vittime, raffinamento di crudeltà, durata ed estensione di sterminio, si distingue da tutti gli altri. Volgete i vostri sguardi all’Occidente: che spettacolo! – Il regno del demonio che si allarga con rapidità inaudita; un mondo che si dice cristiano, levatosi contro Dio e contro, il suo Cristo, in tutti i tuoni ed in tutte le lingueprorompe in insulti e bestemmie, pigliando a giuoco egualmente la loro autorità, le loro promesse, le loro minacce. Tutta una famiglia di popoli battezzati che calunnia la migliore delle madri, cui senza modo oltraggia; anzi la spoglia, la caccia in bando dal suo ultimo asilo, guerreggiandola con più accanimento che non faccia ai Turchi sterminatori dei loro fratelli. – I principii più sacri del diritto pubblico calpestati con un cinismo fin qui senza esempio;  la libertà umana, prezzo di un sangue divino, tradita, crocifissa; la proprietà, la famiglia scosse dalle loro fondamenta; l’ipocrisia di Giuda, la viltà di Pilato, la fellonia sotto tutti i nomi; e il furto, e’ il brigantaggio; e’ l rovesciamento di tutte cose divine ed umane elevati in diritti, ed anche in doveri: in fine, e soprattutto l’ingratitudine, e l’insensibilità dei colpevoli: ecco un de’ lati del quadro. Vedete da un altro lato quel Vecchio assai meno venerabile dai suoi capelli bianchi, che dalla sua dignità suprema e dalla sua angelica dolcezza, abbeverato di umiliazioni; quel Re il più legittimo di tutti i Re, che è passato facendo il bene, accusato di essere un malfattore; quel santo Pontefice, che non ha cessato di amare, di pregare, e di benedire, riserbato alla prigionia o alla morte: quel Rappresentante della libertà del mondo, condannato come un tiranno; quel Padre che piange, e domanda, ma invano, a coloro che si appellano suoi figli, se non qualche consolazione eguale ai suoi dolori, almeno in conto di elemosina qualche soccorso efficace nella sua estrema angoscia. Nessuna voce potente risponde alla sua; egli è costretto a dire: Ho nutrito ed esaltato dei figli, ed essi mi hanno dispregiato! Filios enutrivi et exaltavi; ipsi autem tpreverunt me! In tal guisa, Calvario sempre all’oriente ed all’occidente, e sempre la Chiesa nostra madre coronatavi di spine e crocifissa: in Oriente dagli infedeli, in Occidente dai suoi proprii figli. Al certo nulla manca alla scena del Golgota. Ed ecco, mio caro amico, il soggetto delle nostre lagrime, e delle lagrime di tutti i Cattolici. Dopo i dolori vengono i pericoli. Allorché il supremo attentato contro a Roma sarà consumato, gli spogliatori ed i loro adepti diranno: Egli è già un fatto compiuto; e si affetteranno di non più pensarvi. Ma noi, Cattolici, noi diremo: Gli è un fatto appena cominciato. Onde staremo in guardia; che l’ora dei perigli sarà arrivata, instabunt tempora periculosa. Che dico? amico, ormai ci siamo. E permettetemi ch’io v’indichi in questa lettera un pericolo terribilissimo, a cui un numero troppo grande di persone non ha saputo sottrarsi; il pericolo del sofisma. – satana è mentitore per natura, mendax; è padre della menzogna: pater mendacii. La prima rivoluzione fu fatta mediante una menzogna: eritis sicut dii. Figlie di questa, tutte le altre rivoluzioni vengono fatte con lo istesso procedimento. Più esse sono gravi; e viemaggiormente mentiscono; Ora oggigiorno le menzogne, le ipocrisie, isofismi, tessuti con un’arte infernale, vanno attorno fra noi più numerosi che gli atomi nell’aria; talché volumi interi non basterebbero a contenerli; onde mi limito a segnalarcene due o tre, intorno ai quali si aggruppano infiniti altri. Abbiamo veduto, che da quattro secoli in qua, una delle più discrete, ma più costanti sollecitudini dei governi cesarei fu di spogliare le Chiese particolari; soccorrendo la legge Civile, fatta dai medesimi spogliatori, che venne a consacrare il furto. Imperocché essa ha tenuto, e voluto, si tenessero per legittimi proprietari i possessori dei beni usurpati. Con un’audacia inaudita, si è domandato alla Chiesa madre ratificasse lo spogliamento delle sue figlie. Minacce di scisma, ostacoli di ogni genere all’esercizio della sua autorità spirituale, nulla è stato omesso per istrapparnele il consenso. La Chiesa Romana, per timore di mali maggiori, si è rassegnata a ben dolorose concessioni, contentandosi di esigere dai Governi una conveniente indennizzazione per le Chiese spogliate dei loro possedimenti. Questa è la base di tutti i moderni Concordati. – Or che cosa fa oggidì la rivoluzione? Rivolge contro la madre gli argomenti adoperati con successo contro le figlie. Da più tempo il fuoco della ribellione è fomentato negli Stati Romani; denaro, calunnie, derisioni sacrileghe, agenti segreti ed agenti accreditati, violenze aperte, ogni mezzo è stato messo in opera, per rendere impossibile il governo temporale del Santo Padre. Quando il suolo fu tutto minato, sì che una sola scintilla bastava allo scoppio finale, si è venuto a dire alPapa: « La vostra postura, Padre Santo, non può più sostenersi. Nel vostro vantaggio, e per causa di tranquillità pubblica, riconoscete il fatto compiuto. Imitate Pio VI vostro venerabile predecessore; consentite a smettere una parte dei vostri dominii; e in sì fare, voi non vi spoglierete, che gì’ imbarazzi. Che in conto d’indennizzazione, le nazioni cattoliche vostre figlie devote, vi forniranno magnifica dotazione ».

« Non potete, SS. Padre, trovare cattivo per la Chiesa di Roma, quello che trovaste buono per le altre Chiese. Voi avete loro detto: un fatto violento vi ha tolti i vostri beni; e Noi ne siamo profondamente afflitti; ma contro la forza non è resistenza da opporre. Per lo bene delle anime, noi rinunziamo ai vostri diritti: onde voi accettate in cambio il trattamento stipulato. Né poi la Religione perirà, per essere voi meno ricche. » – Ridotto alla sua più semplice formula, questo discorso melato è un’argomentazione, men perdonate l’espressione, degna di un assassino di strada: « Io vi ho rubato jeri; dunque io ho il diritto di rubarvi oggidì. Ieri voi vi siete lasciato spogliare, e non ve ne è venuto tanto male; a resisterti oggi, oltre che tornerebbe pericoloso, sarebbe un mancare alla logica, e mentire ai vostri atti precedenti ». Se l’insolenza è odiosa, il sofisma per altra parte è palpabile. – Le concessioni dolorose che la Santa Sede ha creduto di poter fare in detrimento delle Chiese particolari, non può in verun conto farle per se medesima. Primieramente, un giuramento solenne prestato da ciascun Sommo Pontefice vi si oppone: in secondo luogo, con forza non minore vi resiste l ‘interesse della Chiesa universale. Tanta verità vi salterà certo agli occhi. – Che le Chiese di Francia o di Spagna, per esempio, siano per le loro temporalità sotto la dipendenza dei Governi; che questa dipendenza metta ostacoli più o meno alla loro libertà di parola o di azione; questa è grande sciagura, non ha dubbio; nondimeno è sciagura locale. Chequeste Chiese non avendo l’incarico di insegnare a tutte le Nazioni; né la verità cattolica, né il governo generale della Chiesa soffriranno essenzialmente a cagione della loro servitù. Ma ove si tratti della Chiesa di Roma, la questione è tutt’altra. A che diverrà l’insegnamento universale della verità, ed il governo del mondo cattolico, se la metropoli della verità, la maestra di tutte le Chiese cessa di essere appieno indipendente? Come il suo augusto Capo adempirà la missione divina di confermare i suoi fratelli nella fede, dappertutto, e sempre, se non è al tutto libero della sua parola e dei suoi atti? E supponendo pure che egli potesse dare tale insegnamento, che diventerebbe l’autorità di esso? Nelle parole del Papa spogliato di sua indipendenza territoriale, ospite, vassallo, o pensionato di chi che si fosse Sovrano, gli uomini saranno sempre inchinati a temere dell’influenza del padrone. La malignità stessa si studierà di cercarla, lo spirito d’insubordinazione, il mal volere, o la gelosia nazionale sapranno trovarla. E sì l’obbedienza cessa di esser cieca e filiale: essa comincia a dubbiare, sin che per tal modo la fede va a perdersi. E colla fede perisce la libertà umana. Questa libertà, che consiste in resistere fino al sangue, anziché piegare sotto il giogo dell’errore e della iniquità; questa libertà a cui il mondo deve tutte le sue glorie, sta e si posa essenzialmente sopra la fede immobile alla verità ed alla giustizia. Fate di rendere sospetto l’organo autentico dell’una e dell’altra, e l’uomo, anziché ubbidire sino al sangue, non ubbidisce affatto. Imperocché il governo della parola perde tutta la sua autorità; sostituitovi il governo della spada. Il Papa adunque in difendere la sua indipendenza, non è Ancona, né Bologna, né Roma, né qualsivoglia altro pezzo di terra che difende; ma tutela la più gloriosa prerogativa dell’uomo, quella di cui giustamente e’ si mostra più geloso, e di cui va più superbo, cioè la libertà; la libertà di tutti, la libertà del mondo. E vedremo fra breve come Pio IX nella sua eroica lotta, difende tutt’altro, che cosa di mondo. – Passiamo ad un secondo sofisma. « La Chiesa, si dice, sussistette anche senza indipendenza territoriale, né però il governo della parola fu meno potente. L’indipendenza territoriale non è dunque necessaria alla Chiesa ».

Ciò è un voler prendere il fatto pél diritto; o meglio un voler confondere i tempi e le circostanze a fine di intralciare la questione, e per diletto di fare un sofisma di più.. Ecco qual è la verità: nello stabilire la Chiesa, il Figlio di Dio le diede tutto quello che era necessario per conseguire il suo fine. Fine della Chiesa è la santificazione delle anime mediante il libero esercizio della sua autorità spirituale. Or l’indipendenza materiale della Chiesa Romana è necessaria all’esercizio dell’autorità spirituale del S. Padre, organo e Capo supremo della Chiesa. – Così appunto hanno dichiarato ben tante volte nei secoli passati i Vicari di Gesù Cristo; e nei tempi moderni Pio VI particolarmente, e Pio IX. Come l’avete e bene spesso inteso, il semplice buon senso lo dichiara così altamente, che è inutile di insistervi. L’indipendenza materiale della S. Sede è dunque di dritto divino. Senza dubbio, la Chiesa Romana non ne ha goduto sin dalla sua origine. Ma che? sivorrebbe forse che ella avesse posseduto l’indipendenza territoriale nel centro medesimo di un impero, il cui capo era Nerone? Ma perché, non poteva in quelle circostanze mettersi in effetto, non però il diritto era né meno reale, né meno necessario. Onde quando più tardi la Chiesa lo rivendicò ed esercitò, certo non inventò un diritto nuovo, ma semplicemente proclamò il diritto inerente alla sua costituzione. – Si aggiunge « che nei primi secoli, allorché la Chiesa Romana non godeva di alcuna indipendenza territoriale, il governo della parola non fu mai più potente». Bene mel so; ed i sanguinosi annali dei martiri ne sono la prova. Chi dunque imprimeva alla parola del Pontefice Romano la sua autorità onnipotente? In mancanza dell’indipendenza materiale, pegno visibile della libertà del suo insegnamento, Pietro offriva la sua indipendenza morale; egli dava la sua vita. In mezzo dell’anfiteatro, sotto la scure del carnefice, o sotto il dente delle tigri, a vista di un popolo immenso venuto da tutte parti del mondo, il Vescovo della gran Roma, il Padre dei Cristiani lasciandosi coraggiosamente immolare, dava sicurtà alla verità del suo insegnamento. Da Nerone sino a Diocleziano in simile guisa i Papi segnavano le loro bolle.» Come non credere a tali testimoni che si lasciano scannare, esclama Pascal? « Si credeva dunque: e la fede si posava sul martire. –  Questo stato di cose doveva forse, poteva forse durar sempre? Era cotesta un’esistenza regolare? Certo che no. Precisamente perché la Chiesa è militante, ed aveva gloriosamente combattuto, essa doveva crescere di conquiste. Col procacciarle l’indipendenza materiale, queste stesse conquiste, affine di rendere autorevole la di lei parola e comandare la fede, dovevano francarla dal martirio. Ecco, mio caro amico, la ragione profonda di questa indipendenza, che si cerca oggidì di rapire alla Chiesa. satana sa bene quello che fa. Come questa questione ha rapporto sì al presente, e sì all’avvenire, io aggiungo poche altre parole. I fatti d’accordo col ragionamento mostrano ad un tempo l’esistenza e la necessità del diritto sacro alla indipendenza. In effetto relativamente alla sua indipendenza territoriale, la vita della Chiesa si vuol considerare in quattro periodi. Il primo dal suo cominciamento sino a Costantino. A quest’epoca, nessuna indipendenza territoriale; ed è l’era delle persecuzioni e dei martiri; l’impero di satana sul mondo; il regno della Chiesa, potenza puramente spirituale, ristretto a semplici individualità. – Il secondo da Costantino a Carlomagno. A quest’epoca, indipendenza territoriale incompleta e mal definita; ed è, come è stato osservato prima di noi (Muzzarelli: Ricchezze del Clero), l’era delle tribolazioni e delle vessazioni incessanti della S. Sede; l’era delle eresie, che pullulavano come la zizania nel campo, senza difesa sufficiente del padre di famiglia; l’era delle lotte della Chiesa contro satana, che le disputa ancora palmo a palmo il terreno. – Il terzo da Carlomagno sino al rinascimento del paganesimo. A quest’epoca, indipendenza territoriale completa ed autentica: ed è il regno sociale della Chiesa sostituito a quello di satana; la sovranità visibile di Gesù Cristo dappertutto riconosciuta; disfatta di tutte le eresie, di cui nessuna giunge a tale di potenza, da prender radice nel suolo dell’Occidente. – Il quarto, dal rinascimento del paganesimo fino a noi. A muovere da quest’epoca, l’indipendenza territoriale della Chiesa è attaccata di nuovo, e, come l’abbiamo visto, molto tempo prima di Lutero. Quind’innanzi questa indipendenza diviene a più a più manca. Bentosto ricomincia l’era delle tribolazioni, degli scismi, e delle eresie. – Il regno sociale della Chiesa si indebolisce sensibilmente a veduta d’occhio, intanto che quello del male s’aggrandisce in proporzioni eguali. In fine, al dì d’oggi si tenta riportare la Chiesa al suo stato di dipendenza completa, e di potere puramente spirituale, regnante, come ai giorni delle catacombe, sopra semplici individui. Cesare ed il Papa sono l’un al cospetto dell’altro! Dio non voglia che domani ricominci l’era delle persecuzioni e dei martiri! Per tal guisa voi ben vedete a che stiamo, mio caro amico; la storia intera mostra l’autorità spirituale della Chiesa aumentare o diminuire nelle stesse proporzioni che si aumenta o diminuisce la sua indipendenza materiale. I fatti che ho finora indicati, nella loro alta significazione ricevono forza da altro fatto non meno costante. Ed è che si pretende l’indipendenza territoriale non essere necessaria alla Chiesa; le ricchezze del Clero essere piuttosto un male che un bene; la povertà convenire assai meglio alla sposa di un Dio povero, e conferirle, oggidì soprattutto, autorità morale più universale e più rispettata. – Ma se la cosa è tale, donde deriva che tutti i principi, tutti i popoli, in tutte le età in cui si è maggiormente amata la Chiesa, l’hanno circondata di rispetto tanto filiale, e si son dati premura di accrescere la sua indipendenza materiale, facendole omaggio di ricche proprietà, e qualche volta di città e di provincie? Il loro amore fu ben cieco! Per poco che fosse stato chiaroveggente, ei se ne sarebbero astenuti; meglio chiaroveggente, avrebbero ridotto la Chiesa alla dipendenza, ed alla mendicità. Al contrario, i principi eretici e scismatici, e i governi empii e rivoluzionarli, che hanno spogliato la Chiesa, e le impediscono di acquistare, essi sì che hanno soli compreso i veri interessi della religione! ……

A questo modo Costantino, Carlomagno, ed i loro imitatori furono stolti e cattivissimi cristiani ; Errico VIII, ed i suoi somigliami furono uomini di buon senso e cristiani veramente evangelici. Garibaldi, e Vittorio Emmanuele, che oggidì non lasciano più al Papa ove riposare il capo, sono i due primi cattolici del mondo! E vi sono delle buone teste che si lasciano prendere ad un simile sofisma, che lo difendono, che lo propagano, che lo fanno accettare! Ora ne rimane un altro: ma di esso riserbo ad altra mia lettera appresso.

Tutto vostro ecc.

FESTA DELL’ANNUNCIAZIONE (2021)

FESTA DELL’ANNUNCIAZIONE (2021)

MESSA

Annunciazione della Beata Vergine Maria.

Doppio di I classe. • Paramenti bianchi.

Oggi commemoriamo il più grande avvenimento della storia: l’incarnazione di nostro Signore (Vang.) nel seno di una Vergine. (Ep.). In questo giorno il Verbo si è fatto carne. Il mistero dell’incarnazione fa sì che a Maria competa il titolo più bello: quello di « Madre di Dio » (Or.) in greco « Theotocos »; nome, che la Chiesa d’Oriente scriveva sempre in lettere d’oro, come un diadema, sulle immagini e sulle statue. « Avendo toccato i confini della Divinità »  (card. Cajetano, in 2a 2æ p. 103, art. 4) col fornire al Verbo di Dio la carne, alla quale si unì ipostaticamente, la Vergine fu sempre onorata di un culto di supravenerazione o di iperdulia: « II Figlio del Padre e il Figlio della Vergine sono un solo ed unico Figlio », dice San Anselmo. Maria è da quel momento la Regina del genere umano e tutti la devono venerare (Intr.). Al 25 marzo, corrisponderà, nove mesi più tardi, il 25 dicembre, giorno nel quale si manifesterà al mondo il miracolo che non è conosciuto oggi che dal cielo e dall’umile Vergine. La data del 25 marzo, secondo gli antichi martirologi, sarebbe anche quella della morte del Salvatore. Essa ci ricorda, dunque, in questa Santa Quarantena, come canta il Credo che « per noi uomini e per la nostra salute, il figlio di Dio discese dal cielo, si incarnò per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria, si fece uomo, fu anche crocefisso per noi, patì sotto Ponzio Pilato, e fu seppellito e resuscitò il terzo giorno ». Poiché il titolo di Madre di Dio rende Maria onnipotente presso suo Figlio, ricorriamo alla sua intercessione presso di Lui (Or.), affinché possiamo arrivare per i meriti della Passione e della Croce alla gloria della Risurrezione (Postc).

Incipit


In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XLIV: 13, 15 et 16
Vultum tuum deprecabúntur omnes dívites plebis: adducéntur Regi Vírgines post eam: próximæ ejus adducéntur tibi in lætítia et exsultatióne.

[Ti rendono omaggio tutti i ricchi del popolo: dietro di lei, le vergini sono condotte a te, o Re: sono condotte le sue compagne in letizia ed esultanza.]


Ps XLIV: 2
Eructávit cor meum verbum bonum: dico ego ópera mea Regi.

[Dal mio cuore erompe una fausta parola: canto le mie opere al Re].


Vultum tuum deprecabúntur omnes dívites plebis: adducéntur Regi Vírgines post eam: próximæ ejus adducéntur tibi in lætítia et exsultatióne.


[Ti rendono omaggio tutti i ricchi del popolo: dietro di lei, le vergini sono condotte a te, o Re: sono condotte le sue compagne in letizia ed esultanza].

Oratio


Orémus.
Deus, qui de beátæ Maríæ Vírginis útero Verbum tuum, Angelo nuntiánte, carnem suscípere voluísti: præsta supplícibus tuis; ut, qui vere eam Genetrícem Dei crédimus, ejus apud te intercessiónibus adjuvémur.

[O Dio, che hai voluto che, all’annuncio dell’Angelo, il tuo Verbo prendesse carne nel seno della beata Vergine Maria: concedi a noi tuoi sùpplici che, come crediamo lei vera Madre di Dio, così siamo aiutati presso di Te dalla sua intercessione.]


Lectio


Léctio Isaíæ Prophétæ
Is VII: 10-15
In diébus illis: Locútus est Dóminus ad Achaz, dicens: Pete tibi signum a Dómino, Deo tuo, in profúndum inférni, sive in excélsum supra. Et dixit Achaz: Non petam ei non tentábo Dóminum. Et dixit: Audíte ergo, domus David: Numquid parum vobis est, moléstos esse homínibus, quia molésti estis et Deo meo? Propter hoc dabit Dóminus ipse vobis signum. Ecce, Virgo concípiet et páriet fílium, et vocábitur nomen ejus Emmánuel. Butýrum ei mel cómedet, ut sciat reprobáre malum et elígere bonum.

[In quei giorni: Così parlò il Signore ad Achaz: Domanda per te un segno al Signore Dio tuo, o negli abissi degli inferi, o nelle altezze del cielo. E Achaz rispose: Non lo chiederò e non tenterò il Signore, E disse: Udite dunque, o discendenti di Davide. È forse poco per voi far torto agli uomini, che fate torto anche al mio Dio ? Per questo il Signore vi darà Egli stesso un segno. Ecco che la vergine concepirà e partorirà un figlio, il cui nome sarà Emmanuel. Egli mangerà burro e miele, affinché sappia rigettare il male ed eleggere il bene].

Graduale


Ps XLIV: 3 et 5
Diffúsa est grátia in lábiis tuis: proptérea benedíxit te Deus in ætérnum.
V. Propter veritátem et mansuetúdinem et justítiam: et dedúcet te mirabíliter déxtera tua.

[la grazia è riversata sopra le tue labbra, perciò il Signore ti ha benedetta per sempre,
V. per la tua fedeltà e mitezza e giustizia: e la tua destra compirà prodigi].

Tractus


Ps XLIV:11 et 12
Audi, fília, et vide, et inclína aurem tuam: quia concupívit Rex speciem tuam.

[Ascolta e guarda, tendi l’orecchio, o figlia: il Re si è invaghito della tua bellezza.]


Ps XLIV:13 et 10
Vultum tuum deprecabúntur omnes dívites plebis: fíliæ regum in honóre tuo.

[Tutti i ricchi del popolo imploreranno il tuo volto, stanno al tuo seguito figlie di re.]


Ps XLIV:15-16
Adducéntur Regi Vírgines post eam: próximæ ejus afferéntur tibi.
V. Adducéntur in lætítia et exsultatióne: adducéntur in templum Regis.

[Le vergini dietro a Lei sono condotte al Re, le sue compagne sono condotte a Te.
V. Sono condotte con gioia ed esultanza, sono introdotte nel palazzo del Re].

Evangelium


Sequéntia +︎ sancti Evangélii secúndum Lucam
Luc 1:26-38
In illo témpore: Missus est Angelus Gábriel a Deo in civitátem Galilææ, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Joseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Quæ cum audísset, turbáta est in sermóne ejus: et cogitábat, qualis esset ista salutátio. Et ait Angelus ei: Ne tímeas, María, invenísti enim grátiam apud Deum: ecce, concípies in útero et páries fílium, et vocábis nomen ejus Jesum. Hic erit magnus, et Fílius Altíssimi vocábitur, et dabit illi Dóminus Deus sedem David, patris ejus: et regnábit in domo Jacob in ætérnum, et regni ejus non erit finis. Dixit autem María ad Angelum: Quómodo fiet istud, quóniam virum non cognósco? Et respóndens Angelus, dixit ei: Spíritus Sanctus supervéniet in te, et virtus Altíssimi obumbrábit tibi. Ideóque et quod nascétur ex te Sanctum, vocábitur Fílius Dei. Et ecce, Elísabeth, cognáta tua, et ipsa concépit fílium in senectúte sua: et hic mensis sextus est illi, quæ vocátur stérilis: quia non erit impossíbile apud Deum omne verbum. Dixit autem María: Ecce ancílla Dómini, fiat mihi secúndum verbum tuum.

[In quel tempo: L’Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, ad una Vergine sposata con un uomo della stirpe di Davide che si chiamava Giuseppe, e il nome della Vergine era Maria. Ed entrato da lei, l’Angelo disse: Ave, piena di grazia: il Signore è con te: benedetta tu tra le donne. Udendo ciò ella si turbò e pensava che specie di saluto fosse quello. E l’Angelo soggiunse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia davanti a Dio, ecco che concepirai e partorirai un figlio, cui porrai nome Gesù. Esso sarà grande e chiamato figlio dell’Altissimo; e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide, suo padre, e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine. Disse allora Maria all’Angelo: Come avverrà questo, che non conosco uomo ? E l’Angelo le rispose. Lo Spirito Santo scenderà in te e ti adombrerà la potenza dell’Altissimo. Perciò quel santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco che Elisabetta, tua parente, ha concepito anch’essa un figlio, in vecchiaia: ed è già al sesto mese, lei che era chiamata sterile: poiché niente è impossibile a Dio. E Maria disse: si faccia di me secondo la tua parola.]


OMELIA

ANNUNCIAZIONE DELLA VERGINE (PRIMO DISCORSO)

– predicato ai Minimi di Piazza reale, 1660.

[J. B. BOSSUET: LA MADONNA NELLE SUE FESTE – Vittorio Gatti ed. Brescia, 1934]

Iddio fece nel mondo una cosa nuova:

una donna da sola concepirà un uomo.

(Geremia, XXXI, 22).

Nella spaventosa catastrofe, in cui la ragione umana fece naufragio, perdendo in un istante tutte le sue ricchezze, ed in modo speciale la conoscenza del perché Dio l’aveva creata, nella povera mente umana rimase un segreto e vago desiderio di cercarne conoscerne qualche traccia. Da qui l’amore incredibile che ogni uomo prova per tutto ciò che è novità. Amore che si manifesta in molti modi ed agita gli animi in forme tanto diverse. Per tanti non farà che preoccuparli di raccogliere in gabinetti o musei mille e mille rarità forestiere: animali e cose; mentre altri sono assillati, perché più inventivi, della brama di nuove forme nell’arte; sistemi sconosciuti nella gestione dei grandi affari, o nello strappar segreti alla natura! Per non andar all’infinito, vi dirò che nel mondo non v’è attrattiva più lusinghiera ed universale, curiosità meno limitata che quella della novità. Dio che vuol guarire questa febbre, che sì stranamente divora l’umanità, presenta alla brama degli nomini, nella Sacra Scrittura, novità sante la cui curiosità diventa feconda di bene: il mistero d’oggi ce ne dà una prova luminosa. Il profeta Geremia la presenta con parole che indicano la sua attonita meraviglia, e per eccitare la nostra attenzione a qualcosa di prodigioso, più che mai ci obbliga a chiedere alla Madre l’aiuto del suo Figliuolo, con l’Ave Maria, che in nessun giorno più che in questo è la preghiera adatta a salutare la Vergine. Ave Maria.

Nella brama frenetica di grandezza e gloria che agita gente di ogni età e di ogni condizione, dobbiamo confessare, o Cristiani, che la moderazione rappresenterebbe tale novità da farne meravigliare il mondo e farla collocare tra le rarità, che se ne vedon casi così rari che quasi si dimenticano!… Spettacolo d’una rarità meravigliosa il vedere l’uomo contener se stesso nella sua piccolezza… e non sarebbe strabiliante addirittura se vedessimo un Dio spogliarsi della sua grandezza infinita scendere dall’alto del suo trono per nascondersi volontariamente… più ancora per annientarsi? È il mistero del — Verbum caro factum est — il verbo si è fatto carne, che la Chiesa presenta oggi, sublime novità che fa esclamare al profeta: « Dominus creavit novum super terram ». Iddio creò sulla terra cose nuove, quando mandò il suo Figlio umiliato annientato nel mondo. In questo abbassamento di Dio che si fa Uomo Dio, io contemplo due fatti straordinari: Dio, Dominus dominantium, il Signore dei Signori al di sopra del quale nessuno s’innalza… e la cui grandezza infinita si stende immensa senza che grandezza alcuna l’arresti, la limiti e nemmeno l’uguagli! ecco la novità strabiliante: Colui che non ha né sopra di sé né attorno a sé chi l’eguagli, dà a se stesso chi lo domini, e si fa simile all’uomo ch’Egli stesso ha creato. – Il Verbo uguale al Padre nella eternità si fa suo suddito nel tempo: Egli elevato infinitamente al di sopra degli uomini e degli Angeli stessi si fa uguale all’uomo. Quale strepitosa novità! Ha ragione il profeta di gridare al prodigio! Oh Padre celeste, o uomini della terra, oggi vi si fa onore così grande che io non so parlarne senza esserne sbigottito: il Padre non ebbe mai tal suddito, gli uomini mai simile fratello. Su dunque, e tutti, o fratelli, venite e contemplate il fatto inaudito di questo giorno: ma non dimentichiamo, mentre contempliamo il sublime mistero, l’altra parola che soggiunge il profeta: — Fœmina circumdabit virum — una donna concepirà un uomo — imparando da queste mistiche e misteriose parole una grande e consolante verità: Maria fu chiamata a compagna di Dio in quest’opera meravigliosa! contempliamola per ben capirla in questa festa in cui ha tanta parte. Il Verbo che si fa suddito, la sceglie perché sia il primo tempio nel quale renderà al suo Padre celeste il primo suo omaggio, e lo stesso Verbo, Dio uguale al Padre, che si fa simile agli uomini la sceglie e destina ad essere il canale per cui si comunicherà ad essi! – Per esser più chiaro: consideriamo attentamente come e quanto il Signore onora questa Vergine quando in Lei si annienta: e questo sarà il primo punto; quando per Lei si comunica a noi e sarà la seconda parte. Eccovi quanto vi dirò pregandovi della vostra attenzione.

I. punto.

È mistero ed è verità indiscutibile questa o fratelli: Dio quantunque nella sua onnipotenza abbia tutti i mezzi per stabilire la sua gloria, è incapace, diciamo così, di aumentarla, se non nell’unirla all’umiltà; cosicché troviamo la sua gloria misteriosamente, ma necessariamente unita coll’umiliazione: verità misteriosa che riceve però grande luce dal mistero che oggi onoriamo. Autore della natura e delle sue leggi, Egli la può sconvolgere a suo piacimento, e spezzando le sue leggi con mille miracoli può manifestare agli uomini la sua potenza: ma, non potrà mai spinger più alto la sua grandezza di quando s’abbassa, si umilia, si annienta. – Ecco una novità strepitosa: non so se tutti comprenderanno il mio pensiero, ma le prove che io porto sono molto evidenti e chiare nello stesso mistero che abbiamo davanti. S. Tommaso nella terza parte della sua Somma, provò luminosamente che Dio non può far opera più grande di quando personalmente si unisce alla creatura umana nella Incarnazione. Senza addurre tutte le prove che, più adatte alla scuola, qui assorbirebbero troppo tempo, ognuno però comprende come Dio potenza, anzi potenza infinita, non poteva far opera più sublime del gesto con cui diede al mondo il Verbo incarnato, l’Uomo-Dio! I ll profeta Àbacuc la dice: opera di Dio — opus tuum Domine! — e dice: tu o Signore nulla puoi fare di più meraviglioso. È la più grande quest’opera, ne consegue che da essa sgorga la gloria più grande del Signore: poiché il Signore solo gloria se stesso nelle sue opere: « Gloriabitur Deus, canta il Salmista, in operibus suis ». Questo strepitoso miracolo Dio non lo poteva fare che facendo quanto S. Paolo dice con frase scultoria: Exinanivit semétipsum… si annichilì prendendo la figura di schiavo. Nell’umiliazione soltanto, dunque, Dio poteva fare la sua opera più grande… il suo capolavoro. – Il profeta grida, e noi diciamolo con lui: Deus creavit novum!… ma quale novità? Volle portare all’apice la sua grandezza per questo exinanivit  semetipsum! rivelandoci così lo sfolgorìo più abbagliante della sua gloria e maestà! Vestito delle nostre debolezze abitò tra noi, per questo vedemmo la sua gloria di Unigenito del Padre. Mai si conobbe gloria più fulgida perché mai neppure si immaginò umiliazione più profonda. – Non vorrei, fratelli miei, pensaste che io voglia colle mie parole dar pascolò alla vostra mente in una semplice contemplazione, quasi curiosa: per carità scacciate tale idea! Con le mie parole ad altro non miro che a farvi amare l’umiltà, virtù base della vita cristiana, mostrandovi quanto l’ami Iddio stesso: tanto che non potendola Egli, sommo amore e perfezione, trovare in se stesso, la viene a cercare in una natura creata. Sovrana grandezza non può aver in sé l’umiltà: non potendo rinnegare la sua natura deve sempre operare da Dio… sempre infinitamente grande quindi! Ma ecco che la sua natura infinitamente feconda non gli impedisce di ricorrere al prestito: viene a prestito dalla natura umana per arricchirsi delle grandezze dell’umiltà! Queste cerca il Figlio di Dio, per questo si fa uomo, perché in lui il suo Padre celeste contempli un Dio sottomesso ed obbediente. E che questo sia il suo programma, ce lo dice, fratelli, il sommo suo atto: quello che compie venendo nel mondo colla Incarnazione. – Vorreste, oggi, conoscere quale sia stato questo primo atto, del Verbo, quale il suo primo pensiero il primo movimento della sua volontà? Io rispondo sicuro di non sbagliare: fu un atto di obbedienza. Da chi, dove trovai svelato il segreto il grande mistero?… Oh ve lo dico subito: me lo svela S. Paolo nella sua lettera agli Ebrei al capo X, dove così parla del figlio di Dio che, entrando nel mondo, in quello che disse, svelavaci il suo pensiero. – Disse dunque al suo Padre celeste: « Non volesti, Padre, ostie ed oblazioni, nè ti piacquero (soddisfacevano) gli olocausti per il peccato; quindi a me formasti un corpo; ed allora dissi: andrò io stesso… perché?… per fare o Padre la tua volontà ». – E non ci dicono chiaramente queste parole, che il primo atto del Verbo che scende dal Cielo è un atto di umile obbedienza: « ut faciam, Deus, voluntatem tuam », per obbedirti, o Padre?… Ma noi possiamo andar più avanti nel vedere come Dio ami l’umiltà: Oh sublime atto, atto veramente divino d’obbedienza con cui il Cristo inizia la sua vita!… Sacrificio nuovo di un Dio sottomesso, in quale tempio, su quale altare sarai offerto all’Eterno Padre? Dove vedremo questo strepitoso miracolo d’un Dio umiliato ed obbédiente? Saranno, fratelli, le viscere immacolate di Maria, il tempio augusto, sarà il suo seno verginale il fortunato altare su cui il Figlio di Dio, fatto carne, consacrerà al Padre i primi voti di obbedienza. – Ma perché il Verbo incarnato sceglie la Vergine a tempio ed altare del suo sacrificio di umiliazione? È l’umiltà che ve lo induce, perché quel Tempio misterioso è costruito sull’umiltà e dalla umiltà venne consacrato! Ecco che ce lo mostra la Scrittura. Raccogliete nella lettura di questa pagina la vostra attenzione per veder come fu proprio l’umiltà di Maria che diede l’ultimo tocco, atteso dalla divinità, perché il Verbo iniziasse la sua dimora nel mondo. – Nel colloquio misterioso, tra la Vergine e l’Arcangelo, che il brano evangelico di questo giorno ci ritrae, osservo che due sole volte Maria parla all’Angelo, ma con quali meravigliose parole, o fratelli! Volle il Signore che in queste frasi, vedessimo brillare due virtù, due virtù capaci di innamorare della loro bellezza lo stesso cuore di Dio: una purezza senz’ombra… una umiltà profondissima. L’Arcangelo dice alla Vergine che concepirà il Figlio dell’Altissimo, il quale sarà Re e Liberatore di Israele! Siamo sinceri: sapremmo immaginare una fanciulla che a tale annunzio si turbi? un annunzio beato che doveva riempire di speranza di gloria!… una promessa, la più nobile… garantita dalla parola d’un Angelo che parla in nome di Dio: che si poteva non domandare ma neppure immaginare di più grande ed attraente? Eppure, vedetela. Maria si turba… trema esita, e quasi risponde che la cosa non è possibile: « Come avverrà quanto dici? Poiché io non conosco uomo ». È l’amore alla sua purezza verginale che fa tremare Maria, la turba, la rende incerta e quasi le fa rifiutare l’invito divino! Par quasi leggere nella sua mente la discussione: è vero sarà grande gloria il diventare Madre al Figlio di Dio, ma … e della mia verginità che avverrebbe… io non la voglio perdere!… Oh ammirabile purezza, sottoposta alla prova di promesse non d’uomini, ma di promesse e grandi promesse di Dio!… O Verbo del Padre, casto amante delle anime pure, a che tardate? se non v’attira nel mondo questo candore di purezza chi mai potrà attrarvi!? Bisogna attendere ancora: il gran tempio che sarà la sua dimora non ha ancor ricevuto l’ultimo tocco! Infatti l’Angelo risponde a Maria: « Verrà su di te lo Spirito del Signore »: non è dunque ancor sceso. – La prima parola di Maria all’Angelo fu detta dalla sua purità per la sua verginità! Udiamo la seconda: l’Angelo ha parlato ancora e Maria risponde: « Ecce ancilla Domini ». « Sono serva del Signore, si faccia di me secondo quanto mi dici ». La vedete da soli nevvero, senza che ve lo faccia notare io che è l’umiltà che parla qui, e svela il linguaggio dell’obbedienza? Maria nemmeno si lascia trasportare dalla gioia che pur era tanto santa!… nella sua grandezza trova una sola parola… quella dell’umiltà! – Si spalancano i cieli, torrenti di grazia scendono su Maria, l’onda piena dello Spirito Santificatore l’investe, la penetra tutta…: « Verbum caro factum est — il Verbo si è fatto carne del suo sangue purissimo » l’Altissimo la copre della sua potenza e il Figlio ch’Egli nell’eternità continuamente genera nel suo seno, il solo capace di contenerlo perché immenso… è ora racchiuso nel seno della Vergine Santa. – Come poté avvenire tanto prodigio? Chi potè dilatar le viscere caste della Vergine da farvi trovar dimora all’Immenso? L’umiltà fratelli, fu l’umiltà; essa sola è capace di racchiuder l’immenso! Fu questa virtù, o Maria, che vi fece possedere per prima Colui che si dava al mondo intero, a tutti gli uomini. – Ecco, esclama S. Eusebio, ecco che il Promesso del Signore nei secoli passati, tu prima meriti averlo in te, appena venuto in terra. Eccola, per nove mesi, Tempio del Dio incarnato. È il seno di questa Vergine, che l’umiltà fa dolce e cara dimora al Dio fatto Uomo. Per nove mesi la Vergine possederà e sola il Re e Signore dei secoli, il tesoro immenso speranza dell’umanità tutta. Oh mistero! oh privilegio! — Spes terrarum, Deum sæculorum, comune omnium gaudium peculiari munere sola possides. Tanto è vero che l’umiltà è la sorgente di tutte le grazie ed essa sola è capace di far abitare Dio Gesù tra noi. (S. Eusebio – La Vergine). E allora, o cari, voi con me non potrete meravigliare se Dio ci appare così lontano dagli uomini e se tanto restringe su di essi la sua mano piena di misericordia… l’umiltà è proprio bandita dal mondo! Un uomo veramente umile, lo dissi altre volte e lo ripeto perché fa bene il ripeterlo, un uomo umile modesto è oggi una rarità quasi sconosciuta. Se davvero fossimo noi tutti veramente umili ameremmo tanto follemente gli onori del mondo di cui Gesù non si curò neppure, anzi li disprezzò mentre sono il sogno delle nostre brame!? Non avremmo maggior pazienza in sopportare e non curare le ingiurie dei nostri fratelli? Invece siamo tanto permalosi! Se noi avessimo almeno un poco d’umiltà vera oh non tenteremmo né vorremmo abbassar gli altri per fabbricar sulle loro rovine il trono al nostro Io! Temeremmo fratelli, temeremmo e molto di noi e, né quel luogo, né quella compagnia né quell’incontro in cui la dura nostra esperienza, ci ricorda le nostre cadute, ci potrebbero, non solo portare ma neppure attrarre; invece spavaldi ci buttiamo nell’occasione e nel pericolo come fossimo invulnerabili… impeccabili!… Oh folle cecità… superbia sciagurata!… neppur la visione di un Dio umiliato ti potrà dunque guarire? Oh superbo nulla umano, chi ti abbasserà se non lo può un Dio annientato? Non ha alcuno sopra di sé e si crea un superiore facendosi uomo! – Tu, tu stretto da ogni parte, di sopra e ai piedi serrato dalle catene della schiavitù, tu non sai esser un poco sottomesso! Mi vorrete dire: ma io sono sottomesso, io cedo facilmente, mi adatto di buon animo, e, se occorre, so anche umiliarmi!… No no, fratelli, non è umiltà, è apparenza questa modestia che voi mi esaltate!… Ah io lo vedo bene chiaro… ci sottomettiamo, ma quanto spesso non è l’orgoglio, ed un orgoglio prepotente che ci abbassa!… Ci abbassiamo è vero… ma sotto quelli che sono detti potenti (poveri ciechi) ma perché da loro attendiamo aiuto per dominare gli altri! – Ah bisogna che l’orgoglio abbia sempre profonde radici in queste anime, se non giungono ad umiliarsi che per brama arrogante di potersi subito innalzare!… Superbia nascosta che si svelerà però subito… appena che una piccola onda di favore accarezza questi cuori… e si svelerà in tutta la paurosa sua prepotenza! O cuore umano, più leggero della paglia, che una piccola prosperità inattesa basta a stordire tanto che non riesci neppur più a riconoscerti! Tu non ricordi dunque che vieni dal fango: il fango ti circonda ed un cumulo d’umilianti debolezze vere, torna ed impara dalla Vergine a non lasciarti ubbriacare dal luccichio e dal gaudio d’un piccolo trionfo o d’un inatteso onore. Nella grande, sublime offerta dell’onore di Madre di Dio, Maria non trova via più comoda che d’abbassarsi… Dio innamorato da una profonda umiltà, si umilia Egli stesso è si fa carne nel suo seno. Ma non brilla ancora tutta la sua grandezza! Dio che volle annichilirsi e lo volle in Maria… vuole anche darsi agli uomini… e questo dono di sé all’umanità, lo farà per mezzo di Maria. Ve lo mostrerò nella seconda parte del mio discorso e sarò molto breve.

II° punto.

Signori miei, eccovi una novità non meno sorprendente della prima! Siete rimasti sorpresi nel vedere un Re fatto suddito, ma credo rimarrete attoniti quando lo vedrete, anche Sovrano, unico, incomparabile, far alleanza e abitare tra gli uomini. « Il Verbo si è fatto carne ed abitò fra di noi ». A ben comprendere il nuovo mistero, tentiamo formare nella nostra mente un’idea quanto più esatta di un Dio Uno d’una perfetta unità! Unità perfetta che necessariamente lo fa infinito incomunicabile… unico in ogni sua opera. Egli solo: il Sapiente, il Felice? Egli solo il Re dei re, Signore dei dominatori, unico nella sua maestà da un trono inaccessibile domina colla sua infinita potenza. Noi non abbiamo neppur parole capaci non di parlarne ma neppure di esprimerla degnamente, questa misteriosa unità. Ecco però che Tertulliano ha parole, che mi pare, ci diano una idea, grande quanto può capirla la mente umana: Tertulliano chiama Dio — il grande Sovrano: — Summum magnum — il Sommo grande, più esattamente, Sovrano sommo, dice, in quanto sovrasta a tutti ed a tutto — Summum Victoria sua constat — Non potendo quindi sopportare alcuna eguaglianza, quanto potrebbe tentarlo rimane tanto sotto di lui, e tanto basso che attorno a lui rimane una solitudine in cui sola è la sua Eccellenza. Sono parole dure, quasi strane: ma questo genio avvezzo alle espressioni scultorie, pare vada cercando parole nuove per parlare di una grandezza senza esempio. Nulla di più maestosamente augusto di questa solitudine. – Per me, quando ci penso, mi immagino questa maestà infinita concentrata in se stessa nascosta nei suoi stessi splendori, separata da tutte le cose, perché al di là di tutte si estende: in nulla simile alla grandezza umana in cui c’è sempre debolezza, e che se da un lato s’innalza dall’altro si sprofonda; maestà che dovunque la si contempli dovunque la si trova egualmente forte, egualmente inaccessibile! Chi allora non spalancherà strabiliati gli occhi vedendo questo Unico incomparabile lasciar la sua maestosa solitudine per aver dei compagni?… e, sta qui la strabiliante novità, quali compagni? Gli uomini, gli uomini peccatori! Non angelos apprehendit… non agli Angeli volse il suo sguardo, che pur erano più vicini alla sua solitudine. Venne, dice la Scrittura, a passi di gigante valicando i monti cioè passando sopra i cori celesti degli spiriti, e cercò la povera natura umana, che per la sua mortalità era relegata molto in basso, anzi all’ultimo grado degli esseri intelligenti dell’universo e che alla ineguaglianza di natura aveva aggiunto, insormontabile ostacolo, la colpa! la cercò e l’unì a sé anima e corpo, prendendo carne umana, una carne simile alla nostra povera carne condannata a morte. Oh misericordia infinita, o bontà di un Dio che si fa uomo per farci stringere alleanza con Lui, e trattò noi da eguali, perché da eguali trattassimo con Lui! esclama Tertulliano contro l’eretico Marcione : Ex æquo agebat Deus cum hominibus, ut homo agere ex æquo cum Deo posset ». Chi mai intese tale prodigio?… qual popolo o nazione della terra ebbe dei che tanto fossero vicini come a noi s’avvicina il nostro Iddio?Questo gesto di infinita misericordia, dovrebbe più a lungo essere oggetto della nostra meditazione: ma il mistero di questo giorno mi fa volgere la mente alla Vergine beata. Un Dio si è dato a noi: felicità grande per la povera natura nostra! Ma qual gloria per la Vergine santa perché per mezzo suo Egli si dona all’umanità! Per Maria Egli entra nel mondo e per Maria stringe con noi questa fortunata alleanza: non gli basta l’averla scelta al grande ministero, ma le manda, apportatore della sua parola, un Angelo tra i più belli, quasi per chiedere il suo consenso.Quale mistero è mai questo o Cristiani? Tentiamo penetrarne il segreto leggendo nel piano dei disegni di Dio, come Dio a noi lo svela. Dalla Scrittura e dall’intero consenso della cristianità di tutti i tempi, io imparo che nel mistero adorabile della redenzione della nostra natura caduta,Dio aveva fissato che alla nostra salvezza dovesse servire tutto ciò che aveva servito alla nostra rovina. Non cercatemene le ragioni, che dovrei dilungarmi troppo spiegandovele; accontentiamoci di ascoltarle tutte in una sola parola: In una misericordiosa emulazione Dio venne a lotta e volle distruggere il nostro nemico, volgendo verso di lui i suoi piani di guerra, sconfiggendolo, a così dire,con le stesse sue armi. Ecco che la fede ci insegna che un uomo ci perde ed un uomo ci salva! La morte regna nella discendenza d’Adamo, ma da questa stessa discendenza sgorga la vita, e la morte, castigo della colpa, ne sarà la riparazione: un albero ci uccide ed un albero ci risuscita. L’Eucaristia sarà cibo di vita, come un cibo avvelenato lo fu di morte. Davanti a questo piano meraviglioso della Provvidenza divina per la nostra salvezza conchiuderemo che i due sessi della creatura umana come operarono la morte devono anche concorrere alla sua salvezza. – Nel suo libro « Della Carne di Cristo » Tertulliano già insegnava ciò fin dai primi secoli della Chiesa, e parlando della Vergine diceva che lo stesso sesso che aveva portato la rovina, era giusto che portasse agli uomini la salute: « ut quod per eius modi sexum abierat in perditionem per eundem sexum redigeretur ad salutem ». Prima di lui lo disse S. Ireneo martire, e dopo lo ripete S. Agostino, e tutti i Padri insegnarono nei secoli che vennero, questa dottrina dalla quale io tiro questa conseguenza: Dio doveva predestinare un’Eva novella come un Adamo nuovo per dare alla terra, al posto dell’antica stirpe condannata, una nuova discendenza santificata dalla grazia. – Se meditiamo i segreti consigli della divina Provvidenza nel mistero della redenzione umana vediamo nella festa d’oggi un esatto parallelo Eva e Maria, parallelo che ci persuade della forza di questa dottrina dei Padri tanto santa quanto antica. L’opera di morte è cominciata per Eva, quella della risurrezione per Maria: Eva disse la parola di morte, Maria il fiat che ci ridà la vita: Eva vergine ha il suo sposo, e lo ha pure Maria la Vergine delle Vergini: per Eva vi fu la maledizione. Maria fu benedetta: « Benedicta tu inter mulieres ». L’angelo delle tenebre parla ad Eva, ed un Angelo della luce parla a Maria: quello inganna Eva mostrandole la via di una falsa grandezza – « sarete come dei — eritis sicut Dii » le diceva; mentre Gabriele conferma a Maria la sua sublime grandezza e le dice: « Dominus tecum-— Dio è con te » L’angelo tentatore eccita Eva alla ribellione « ma perché Dio ti proibì il mangiare un frutto così bello? » . L’Angelo della luce quasi induce Maria all’obbedienza: « Non temere, Maria, a Dio nulla è impossibile ! » – Eva crede al serpente, Maria all’Angelo, cosicché, dice Tertulliano, una pia fede cancella il delitto una temeraria credulità: Maria, credendo, ripara il delitto che Eva aveva compiuto credendo: « quod illa credendo deliquit, hæc credendo delevit ». – Infine per completare il quadro: Eva sedotta dal demonio fugge dalla faccia del Signore, Maria istruita dall’Angelo è fatta degna di portare il Cristo: Eva all’uomo presentò il frutto di morte, Maria offre il frutto delle sue viscere, frutto di vita… Perché, dice qui il Martire Ireneo, Maria Vergine fosse l’avvocata di Eva vergine peccatrice. Questo parallelo, o fratelli, non è frutto di mente umana, e non ci è lecito dubitare che Maria non sia l’Eva fortunata del nuovo patto, la Madre del popolo nuovo avendo essa lavorato alla nostra salute come alla nostra rovina lavorò la prima madre Eva. Essendo Madre del Salvatore, come Eva era stata la madre di tutti i condannati: Maria divenne la madre dei viventi, perché Madre del primogenito dei viventi; Eva lo fu di tutti i morituri! Iddio stesso vuol persuaderci questa verità nell’ordine meraviglioso dei suoi consigli, e nell’economia meravigliosa dei suoi disegni, nell’evidente convenienza di quanto abbiamo esposto, e nel collegamento necessario che esiste nei misteri della riparazione umana. – I poveri nostri fratelli, che si sono staccati dalla madre comune la Chiesa, non possono sopportare la nostra devozione alla Vergine: non vorrebbero che la credessimo, dopo il Cristo, la cooperatrice principale della nostra salute. Ma tentino, se ci riescono, di distruggere gli innegabili rapporti che collegano tra loro i misteri divini: ci dicano per qual ragione Dio manda un Angelo alla Vergine! Non poteva Iddio compiere la sua opera anche senza il suo consenso?… Non appare più chiaro del giorno che il Padre Eterno, abbia voluto espressamente ch’Ella cooperasse alla Incarnazione del suo Verbo, con la sua obbedienza e carità? E allora: se questo affetto materno tanto fece per la nostra felicità nella Incarnazione, sarà diventato sterile ed inerte dopo, e non vorrà più nulla fare a nostro bene? Ah fratelli, io penso che non lo si possa non solo non affermare ma neppure immaginare! Ora se noi aspettiamo l’aiuto suo, che venga in nostra difesa e soccorso, quale delitto commettiamo domandandolo?… Ah è questa dunque la causa per cui, voi fratelli, tanto cari, spezzaste l’unità della fede rifiutaste quella comunione nella quale e per la quale i padri nostri morirono beati nel bacio del Signor Nostro Gesù Cristo? Ma forse nessuno di loro c’è ad ascoltarmi… – Ed io non posso più dominarmi… i palpiti del mio cuore sono violenti… il mio cuore diventa padrone della mia lingua e vuol gridare con l’intera Chiesa Cattolica apostolica romana: O santa Vergine, o cara Maria, o Madre, noi miseri figli d’Eva, poveri reietti gridiamo gementi a te: « Ad te clamamus exules filii Evæ gementes ». Ma a chi potremmo ricorrere, noi figli schiavi di Eva l’esiliata se non alla Madre dei liberi? E se è questa la dottrina dei Padri tutti, se tale è la fede dei Martiri… che voi siete l’avvocata di Eva… rifiutereste la difesa, la tutela dei suoi figli che nascon nei secoli?… Ah, se qualche altra Eva, ci presenta il frutto avvelenato che ci ammazza… accorrete o Maria… dateci colle vostre mani benedette il frutto del vostro seno… che ci doni la vita eterna! « Et Jesum benedictum fructum ventris tui nobis ostende! » Oh meraviglia, oh prodigio dei segreti divini… oh mirabile armonia della nostra fede… il mistero si spezza: Cristo a noi è dato dalle mani e nelle mani di Maria… lo dà a noi perché noi siamo a Lui fratelli, a lei figli… Oh che la nostra vita sia la vita dei fratelli di Gesù, dei figli della Vergine sua Madre: perché il Cristo venne: « Ut homo divine agere doceretur » perché l’uomo imparasse a vivere ed operare l’opere di Dio.

CREDO…IL CREDO

Offertorium

Luc 1:28 et 42
Ave, Maria, grátia plena; Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui.

[Ave, María, piena di grazia: il Signore è con te: benedícta tu tra le donne, e benedetto il frutto del tuo ventre].

Secreta

In méntibus nostris, quǽsumus, Dómine, veræ fídei sacraménta confírma: ut, qui concéptum de Vírgine Deum verum et hóminem confitémur; per ejus salutíferæ resurrectiónis poténtiam, ad ætérnam mereámur perveníre lætítiam.

[Conferma nelle nostre menti, o Signore, Te ne preghiamo, i misteri della vera fede: affinché noi, che professiamo vero Dio e uomo quegli che fu concepito dalla Vergine, mediante la sua salvifica resurrezione, possiamo pervenire all’eterna felicità.]

Præfatio

V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.

de Beata Maria Virgine
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Et te in Festivitáte beátæ Maríæ semper Vírginis collaudáre, benedícere et prædicáre. Quæ et Unigénitum tuum Sancti Spíritus obumbratióne concépit: et, virginitátis glória permanénte, lumen ætérnum mundo effúdit, Jesum Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Cæli cælorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admitti jubeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes:

[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Te, nella Festività della Beata sempre Vergine Maria, lodiamo, benediciamo ed esaltiamo. La quale concepí il tuo Unigenito per opera dello Spirito Santo e, conservando la gloria della verginità, generò al mondo la luce eterna, Gesú Cristo nostro Signore. Per mezzo di Lui, la tua maestà lodano gli Angeli, adorano le Dominazioni e tremebonde le Potestà. I Cieli, le Virtú celesti e i beati Serafini la célebrano con unanime esultanza. Ti preghiamo di ammettere con le loro voci anche le nostre, mentre supplici confessiamo dicendo:]
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Is VII:14
Ecce, Virgo concípiet et páriet fílium: et vocábitur nomen ejus Emmánuel.

[Ecco, una vergine concepirà e partorirà un figlio: al quale si darà il nome di Emmanuel]

Postcommunio

Orémus.
Grátiam tuam, quǽsumus, Dómine, méntibus nostris infúnde: ut, qui. Angelo nuntiánte, Christi Fílii tui incarnatiónem cognóvimus; per passiónem ejus et crucem, ad resurrectiónis glóriam perducámur.

[La tua grazia, Te ne preghiamo, o Signore, infondi nelle nostre anime: affinché, conoscendo per l’annuncio dell’Angelo, l’incarnazione del Cristo Tuo Figlio, per mezzo della sua passione e Croce giungiamo alla gloria della resurrezione.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA