COMMENTARIO ALL’APOCALISSE DI BEATO DE LIEBANA (9)

L’Angelo consegna il libro a Giovanni che misura il tempio (Apopc. X e XI.)

Beato de Liébana:

COMMENTARIO ALL’APOCALISSE (9)

Migne, Patrologia latina, P. L. vol. 96, col. 893-1030, rist. 1939, I, 877

[Dal testo latino di H. FLOREZ – Madrid 1770]

LIBRO QUARTO

COMINCIA IL LIBRO QUARTO DEI SETTE SIGILLI

(Ap. VI, 1-8)

Et vidi quod aperuisset Agnus unum de septem sigillis, et audivi unum de quatuor animalibus, dicens tamquam vocem tonitrui: Veni, et vide. Et vidi: et ecce equus albus, et qui sedebat super illum, habebat arcum, et data est ei corona, et exivit vincens ut vinceret. Et cum aperuisset sigillum secundum, audivi secundum animal, dicens: Veni, et vide. Et exivit alius equus rufus: et qui sedebat super illum, datum est ei ut sumeret pacem de terra, et ut invicem se interficiant, et datus est ei gladius magnus. Et cum aperuisset sigillum tertium, audivi tertium animal, dicens: Veni, et vide. Et ecce equus niger: et qui sedebat super illum, habebat stateram in manu sua.  Et audivi tamquam vocem in medio quatuor animalium dicentium: Bilibris tritici denario et tres bilibres hordei denario, et vinum, et oleum ne læseris. Et cum aperuisset sigillum quartum, audivi vocem quarti animalis dicentis: Veni, et vide. Et ecce equus pallidus: et qui sedebat super eum, nomen illi Mors, et infernus sequebatur eum, et data est illi potestas super quatuor partes terrae, interficere gladio, fame, et morte, et bestiis terræ.

[E vidi come l’Agnello aveva aperto uno dei sette sigilli, e sentii uno dei quattro animali che diceva con voce quasi di tuono: Vieni, e vedi. E mirai: ed ecco un caval bianco, e colui che v’era sopra aveva un arco, e gli fu data una corona, e uscì vincitore per vincere. E avendo aperto il secondo sigillo, udii il secondo animale che diceva: Vieni, e vedi. E uscì un altro cavallo rosso: e a colui che v’era sopra fu dato di togliere dalla terra la pace, affinché si uccidano gli uni e gli altri, e gli fu data una grande spada. E avendo aperto il terzo sigillo, udii il terzo animale che diceva: Vieni, e vedi. Ed ecco un cavallo nero: e colui che v’era sopra aveva in mano una bilancia. E udii come una voce tra i quattro animali che diceva: Una misura di grano per un denaro, e tre misure d’orzo per un denaro, e non far male al vino, né all’olio. E avendo aperto il quarto sigillo, udii la voce del quarto animale che diceva: Vieni, e vedi. Ed ecco un cavallo pallido: e colui che vi era sopra ha nome la Morte, e le andava dietro l’inferno, e le fu data potestà sopra la quarta parte della terra per uccidere colla spada, colla fame, colla mortalità e colle fiere terrestri.]

FINE

COMINCIA LA SPIEGAZIONE DEL LIBRO QUARTO:

IL CAVALLO BIANCO

[1] Quando il primo sigillo fu aperto, si dice che vide un cavallo bianco ed un cavaliere che teneva in mano un arco ed una corona: questa fu la prima cosa che accadde; poiché dopo che il Signore ascese in cielo ed aperto ogni cosa, mandò lo Spirito Santo, con la cui parola i predicatori, come frecce che inseguono il cuore umano, colpirono l’incredulità. La corona sul capo è stata promessa dallo Spirito Santo ai predicatori. Ecco perché dice che uno degli animali abbia detto – infatti iquattro sono uno – : vieni e vedi; vieni si dice all’invitato alla fede; vedi si dice a chi non vede. Il cavallo bianco è, quindi, la parola della predicazione inviata nel mondo insieme allo Spirito Santo. Il Signore dice infatti: « Questo Vangelo sia predicato in tutto il mondo come testimonianza a tutti i popoli, e allora verrà la fine » (Mt. XXIV, 14). Quando fu aperto il secondo sigillo, ho sentito il secondo animale dire: vieni a vedere. Ed uscì un altro cavallo, rosso, e a colui che lo cavalca è dato di togliere la pace dalla terra, cosicché si uccidano a vicenda; e gli fu data una grande spada. Il cavallo rosso e colui che lo cavalcava, avente una grande spada, è figura di guerre future. Come si legge nel Vangelo: « ci saranno guerre tra i popoli, e regno contro regno, e ci saranno grandi terremoti » (Lc. XXI, 10). Quel che dice, gente contro gente, significa che si ribelleranno popoli contro popoli … e regno contro regno, cioè Chiesa contro Chiesa: perché chi, con il pretesto della religione, finge di essere Chiesa, combatte sempre contro la Chiesa. E quelli che cavalcano il cavallo rosso, si lanciano contro la Chiesa vincente, che vince sul cavallo bianco, e combattono contro di essa insieme a coloro che versano apertamente il sangue innocente. Quindi, in generale, il cavallo, rosso come specie, include tutti coloro che sono chiamati « cavallo rosso » come fossero un solo membro. Questo cavallo è considerato il popolo sinistro macchiato dal sangue dal suo cavaliere che è il diavolo. Anche il profeta Zaccaria dice che il cavallo del Signore è rosso (Zac. I, 8) – e prosegue descrivendolo come tutto il corpo dei martiri – rosso invero del suo stesso sangue; questo invece è rosso del sangue di altri, poiché gli è stata data una grande spada per togliere la pace dalla terra. Egli toglierà davvero la pace, ma a chi ha la sua speranza sulla terra; la Chiesa ha invece la pace eterna che Cristo le ha lasciato, secondo dice: « Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, Io la do a voi. » (Gv. XIV, 27). – Egli chiama spada in generale ogni forma di morte; non solo l’omicidio materiale, ma anche quello di chi uccide spiritualmente con un esempio mortale « … Perché attraverso il peccato è venuta la morte » (Rm. V,12), sia di coloro che sono uccisi in morte, sia di quelli uccisi in vita. E la terra del diavolo, che è il suo corpo, fa che ci si uccida reciprocamente: ci si uccide infatti a vicenda quando uno incita l’altro al peccato mortale. Quando si è aperto il sigillo, ho sentito il terzo animale dire: “Vieni e vedi”. E c’era un cavallo nero; e chi lo montava aveva in mano una bilancia. E ho sentito una voce in mezzo ai quattro animali che diceva: “Un quarto di grano per un denaro, e tre quarti di orzo per un denaro“, ma non danneggiare l’olio e il vino. Il cavallo nero indica la fame spirituale all’interno della Chiesa, poiché a causa dei cattivi prepositi la parola della predicazione non viene data ai piccoli. Come sta scritto: « i piccoli chiedevano il pane e non c’era nessuno a darglielo » (Lam. IV, 4). E poiché il Signore ha esteso la sua Chiesa in tutto il mondo per farla conoscere, dice: « ci sarà fame in vari luoghi » (Lc. XXI, 11). La parola si estende fino al tempo dell’Anticristo quando ci sarà una grande fame e quando tutti ne soffriranno danno.  – La bilancia in mano è il peso del giudizio, nel quale si mostreranno i meriti di ciascuno, nonché la simulazione della giustizia, quando si insegna all’esterno ciò che non si ha dall’interno; ed infatti dice: non nuocere all’olio e al vino. Quando in mezzo agli animali si sente dice: non danneggiare, si manifesta che all’interno della Chiesa c’è una simulazione di santità che danneggia spiritualmente la stessa Chiesa, perché conduce alla sua setta le anime deboli; per cui si dice: non causare danno, come a voler dire, non punire con le piaghe l’uomo spirituale. E descrive il mistero del male e gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti (Ef. VI, 12), ai quali non è permesso, né a se stessi, né ad altri che la rispettano, profanare la virtù dei Sacramenti. L’olio e il vino si riferiscono all’unzione ed al sangue del Signore: per cui colui presso il quale essi si ritrovano non può ricevere danno. Con il grano e con l’orzo, ci si riferisce alla Chiesa nei grandi o nei piccoli, cioè nei Vescovi e nel popolo … però non è meno un litro che tre. Il litro è una misura, e tre litri sono tre misure: come nell’unità c’è la perfezione lo stesso avviene per la Trinità. Così il Signore dice che in tre misure di farina, cioè in tre litri, si nasconde il lievito (Mt XIII, 33). E se questo non si riferisse ad un mistero, non avrebbe detto che si nascondeva. E non l’avrebbe chiamato, come per bocca di un altro Evangelista, una misura di farina. Egli insegna che da un poco di fermento, cioè di dottrina, si riempie tutto il popolo dal numero sacro, che è la Trinità. E con il prezzo insegna che il grano è uguale all’orzo. Infatti anche se ci sono piccoli e grandi, e per merito gli uni superano gli altri in santità, entrambi sono stati acquistati per un denaro, cioè con un prezzo perfetto. E sebbene nella grazia si riconosca lo spirito di donazione, tuttavia il prezzo rende uguali i meriti. Si mostra qui che i grandi ed i piccoli formano un unico corpo, cioè i Vescovi con il popolo. Gli Apostoli sono rappresentati anch’essi nell’orzo; infatti gli avanzi del miracolo di Cristo (Mt. XIV, 20) hanno riempito dodici sporte, che sono il corpo dei prepositi, cioè degli Apostoli e di tutti i Vescovi, menzionati nel numero degli Apostoli; e oltre i preposti, sette ceste, che sono il corpo della Chiesa settiforme. Entrambi sono numeri sacri, ed entrambi indicano un numero perfetto. Perché le sporte e le ceste riempite con gli avanzi mostrano i resti dell’opera di Cristo, cioè la Chiesa dell’ultima epoca, che non può in alcun modo sminuire né i Vescovi né i fedeli, così come quando, secondo San Giovanni, il Signore comandò che nulla andasse perduto di ciò che era rimasto (Gv. VI: 12). Se un calunniatore contro questo dicesse: se secondo il suo potere, invece di essere pane d’orzo, fosse stato pane di grano, bastava perché avanzassero sette ceste? Ma più utile a noi che alla curiosità degli altri, è che entrambe le cose siano ormai riunite nella Chiesa: così come è stato che con l’orzo si sono manifestati i dodici Apostoli, così è stato che con il grano si sono manifestati i sette popoli: ovunque il numero sette è la pienezza di ciò di cui si tratta. Così infatti è stato detto nella figura della Chiesa sotto il persecutore israelita: Terrò per me sette uomini, quelli che non si sono inginocchiati davanti a Baal (1 Re XIX: 18). – Nel quarto cavallo si descrive la palese falsità e l’ipocrisia. Quando ha aperto il quarto sigillo, ho sentito la voce del quarto animale che diceva: vieni a vedere. E c’era un cavallo pallido; e colui che lo montava si chiamava Morte, e l’Inferno lo seguiva. E gli fu dato il potere di uccidere con la spada, con la fame, con la morte e con le bestie della terra. Ci sono due parti nel mondo, il popolo di Dio ed il popolo del diavolo; ed il popolo del diavolo a sua volta è diviso in due parti, cioè in Cristiani e pagani. Queste due parti combattono contro un nemico comune, cioè contro la Chiesa. Per questo la Chiesa è chiamata “terza parte”, così come i falsi fratelli nella Chiesa sono chiamati “terza parte”, ed i pagani fuori della Chiesa sono chiamati pure “terza parte”. Lo spiegheremo chiaramente più avanti. Così, prima che l’uomo del peccato si riveli ovunque, e il figlio della perdizione, l’Anticristo, si manifesti pubblicamente, si è già manifestato in parte all’interno della Chiesa in queste tre parti: e là dove si vedevano in precedenza tre parti, ora nella Chiesa si è manifestata una quarta parte; queste parti sono allora: la Chiesa, il gentilesimo, gli scismatici, ed i falsi fratelli. Infatti la Chiesa non caccia via tutti i malvagi, ma solo quelli che sono apertamente malvagi, onde insegnare al mondo la tipologia della persecuzione finale. Essa tollera pazientemente gli altri, vale a dire gli ipocriti e gli scismatici; questi anche se spiritualmente sono fuori da Essa, tuttavia sembrano lavorarvi all’interno. « … è necessario infatti che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi. » (1 Cor XI, 19). In alcune regioni si vedono solo due parti, la Chiesa ed i gentili, in altre ce ne sono tre, e tra noi quattro. Affinché possiamo risolvere il nodo della questione in questo, usiamo l’orecchio del cuore. Così sembra che ci siano due popoli nel mondo, i battezzati ed i pagani, e che entrambi siano tra loro in disaccordo nella fede; pertanto uno sembra essere fuori e l’altro dentro. Ecco perché questa parte che sembra essere dentro si chiama “Chiesa universale”. In questa Chiesa universale, che sembra essere una sola, i nostri maggiorenti dicevano esserci tre parti, oltre a quella parte che abbiamo già considerato fuori. Di queste tre parti, che sembrano essere dentro, una è di Dio, e le altre due sono del diavolo. Del diavolo sono lo scisma ed i falsi fratelli. E la Chiesa è soltanto quella che è parte di Dio: queste due parti sembrano esserne all’interno, ma sono invero all’esterno. Sebbene ci siano scismi in alcune zone, questi avvengono in una città o non molto più in là. Noi qui ora non stiamo parlando di coloro che hanno occupato e macchiato i luoghi santi in tutte le province, e dai quali la Chiesa soffre apertamente; né si considerano altri gruppi eretici della Chiesa, né le varie forme di insania o di residui ereticali, ma solo lo scisma ed i falsi fratelli. Abbiamo già detto sopra che lo scisma è così chiamato a causa della divisione delle anime. Egli (lo scismatico) crede e vive con gli altri Santi; ma vive secondo il suo piano e desidera sempre separarsi dalla Chiesa nei suoi progetti. Senza dubbio, i falsi fratelli sono chiamati ipocriti, perché non distruggono chiaramente la Chiesa, ma sembrano Santi, benché non lo siano affatto. Non perché non distrugga apertamente la Chiesa l’ipocrita non è dalla parte del diavolo, infatti l’Apostolo dice: tutto il potere del diavolo contro i Santi è spirituale e consiste nella malvagità spirituale (Ef. VI,12). Per la stessa ragione il Signore ci avverte chiaramente nel Vangelo: « Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti, ecco Io ve l’ho predetto » (Mt. XXIV: 24). In questa quarta parte è dato potere al diavolo cavalcante il cavallo pallido – cioè il popolo morto – perché uccidesse con la spada, con la fame, con la morte e con le bestie della terra. La spada si riferisce apertamente alla morte cruenta. La fame e la morte sono la fame e la morte spirituale all’interno della Chiesa, perché questa quarta parte ha fatto sì che alcuni morissero senza una celebrazione religiosa. I restanti della Chiesa, che piangono in cattività tra di loro, attendono la totale purificazione della vita promessa da Daniele, onde essere purificati dal fuoco come l’oro. Le bestie si riferiscono a tutti gli uomini malvagi. Già all’interno della Chiesa c’è questa quarta parte; con le bestie intendiamo tutti coloro che sotto parvenza di Cristianesimo si dicono essere mondani: perché non siamo stati consegnati solo alla potestà degli ordinati da Dio, ma anche a tutti coloro che camminano sulla via del male. Così perciò pregava il profeta: « Non abbandonare alle fiere la vita di chi ti loda » (Psal. LXXIII,19). Queste quattro parti sono su tre cavalli. Ecco perché le immagini raffigurate nei dipinti mostrano queste bestie essere in tutti i malvagi. Questi tre cavalli ne costituiscono uno solo, e sono usciti donde ne è uscito il bianco e combattono contro il bianco, ed hanno come unico cavaliere il diavolo, che è la morte, così come il Signore è  chiamato la vita. Dice in generale che a questi era stata data una grande spada, e descrive la figura del suo cavaliere – o spada – due volte, cioè: in quello nero, che ha una bilancia e colpisce per mezzo di una sottile simulazione: queste sono le opere delle tenebre; nell’altro, per mezzo di manifesta ipocrisia, cioè la falsità – è l’abominio della desolazione – uccide con la spada, con la fame e con le bestie della terra. E se in Africa, ove sappiamo ora avvengono queste cose della quarta parte, si sta manifestando quello che fanno gli ipocriti già riconosciuti quando erano considerati con la Chiesa, questo sta accadendo in Africa perché sia per il mondo un esempio della futura manifestazione dell’Anticristo, che sotto la bilancia, cioè sotto apparenza di religione, compie le suddette opere di iniquità con la forza delle armi. Ma l’ipocrisia è qualcosa di sottile, e con difficoltà è riconosciuta dai saggi: non si può infatti parlare di ipocrisia per chi è uscito all’esterno: questi son seguiti dall’inferno, che li attende dopo la fine del loro operare. Che questi cavalieri siano il diavolo ed i suoi, lo manifesta pure il sesto sigillo, quando si dice che i cavalli sono riuniti per l’ultima battaglia. E il profeta Gioele dice dello stesso popolo: l’aspetto dei destrieri è come quello di cavalli all’inseguimento, come strepito di carri dall’alto. Questo cavallo del Signore che è la Chiesa, il profeta Abacuc lo dichiara essere molti, e dice che attraverso di loro si rende presente nel mondo l’ira e la salvezza di Dio, e che avendo il Signore come cavaliere, la moltitudine stessa delle acque è turbata, ed infatti dice: La tua ira brucia contro i fiumi, Signore; la tua furia contro il mare, così che tu cavalchi sui tuoi cavalli, nei tuoi carri della vittoria. Stendi il tuo arco sopra gli scettri e cavalchi i tuoi cavalli attraverso il mare, agitando le grandi acque (Abac. III: 15). Il Signore lo aveva promesso anche nella figura del cavallo pallido, cioè che tra le altre disgrazie ci sarebbero state grandi piaghe e morti spirituali. Così dice che l’inferno lo avrebbe seguito: aspetta cioè che divori le anime di molti empi. Questo è il cavallo pallido. Nel quinto sigillo presenta le anime degli uccisi, sia nella quarta parte che in tutto il mondo, che chiedono vendetta secondo Dio. In questo modo si dimostra che la chiedono per gli ultimi tempi, dal momento che dicono: fino a quando rimarrete senza giustizia? E che resti poco tempo, appare dal fatto che si ordini di aspettare ancora un po’. Perché dopo il quinto (sigillo), si presenta l’ultima battaglia nel sesto.

TERMINA LA SPIEGAZIONE DEI QUATTRO CAVALLI

COMINCIA LA STORIA DELI UCCISI NEL LIBRO QUARTO

(Apoc. VI, 9-11)

Et cum aperuisset sigillum quintum, vidi subtus altare animas interfectorum propter verbum Dei, et propter testimonium (Jesu), quod habebant: et clamabant voce magna, dicentes: Usquequo Domine (sanctus et verus), non judicas, et non vindicas sanguinem nostrum de iis qui habitant in terra? Et datæ sunt illis singulæ stolæ albæ: et dictum est illis ut requiescerent adhuc tempus modicum donec compleantur conservi eorum, et fratres eorum, qui interficiendi sunt sicut et illi.

(E avendo aperto il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di quelli che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza (di Gesù) che avevano, e gridavano ad alta voce, dicendo: Fino a quando, Signore santo e verace, non fai giudizio, e non vendichi il nostro sangue sopra coloro che abitano la terra? E fu data ad essi una stola bianca per uno: e fu detto loro che si dian pace ancor per un poco di tempo sino a tanto che sia compito il numero dei loro conservi e fratelli, i quali debbono essere com’essi trucidati).

COMINCIA LA SPIEGAZIONE DELLA STORIA DESCRITTA IN PRECEDENZA NEL QUARTO LIBRO

[2] Quando aprì – dice – il quinto sigillo, ho visto sotto l’altare di Dio le anime di coloro che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza di Gesù, che essi custodivano. E si misero a gridare a gran voce, etc… Si dice di aver visto le anime degli immolati sotto l’altare, cioè sotto terra. Infatti l’altare è chiamato cielo e terra, come lo denomina la Legge, considerandolo nel senso del vero, perché sono stati fatti due altari d’oro all’interno ed uno di bronzo all’esterno. Ma sappiamo che l’altare d’oro si chiama così – cielo – per la testimonianza che il Signore ce ne offre. Infatti dice: « … quando presenti la tua offerta davanti all’altare – e certamente le nostre offerte che presentiamo sono le preghiere – e ti ricordi lì che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all’altare … » (Mt. V, 23): veramente le preghiere salgono al cielo. Se allora il cielo è inteso come l’altare dorato che era all’interno (infatti i [sommi] sacerdoti, che avevano ricevuto il Crisma, erano introdotti all’altare dorato una sola volta all’anno, e con ciò lo Spirito Santo ci ha dato la possibilità di comprendere che Cristo lo avrebbe fatto una volta sola); come l’altare dorato rappresenta il cielo, così l’altare di bronzo è da intendere come la terra, sotto la quale si trovano gli inferi, regione remota di castighi e fuochi, ben lungi dal riposo dei Santi: è questi un luogo in cui i giusti sono visti e sentiti dai malvagi, ma ivi non possono essere trasbordati. Colui che vede tutto voleva farci sapere che solo costoro, cioè le anime degli immolati, attendono la vendetta del loro sangue, cioè del loro corpo, sopra gli abitanti della terra. Ma poiché la ricompensa dei Santi e la condanna dei malvagi avrà luogo negli ultimi giorni, è stato detto loro di aspettare, e a consolazione dei loro corpi … fu data a ciascuno di loro una stola bianca, e fu detto loro di aspettare ancora un po’, finché sia completato il numero dei loro compagni e confratelli che dovevano essere uccisi come essi. Dobbiamo esaminare con attenzione cosa significhi che Dio parli alle anime, o che le anime dei Santi parlino a Dio; come gli Angeli parlino a Dio o Dio agli Angeli, oppure come Dio parli al diavolo, quando gli dice: donde vieni? (Giob. I,7), e come il diavolo gli risponda, dicendo: Ho percorso la terra. Dobbiamo commentare il significato di questo modo di parlare. Né Dio, che è lo Spirito supremo e sconfinato, né satana, che non ha un corpo per natura, aspirano l’aria in modo umano nel loro interno, affinché diventi parola mediante l’organo della fonazione. Ma il fatto che una natura incomprensibile parli ad una natura invisibile implica che la nostra mente, superando la modalità dell’espressione corporea, si elevi ai modi sublimi e sconosciuti della locuzione interiore. Quanto a noi, per esprimere esteriormente ciò che sentiamo, lo esteriorizziamo con l’organo della gola e mediante il suono della voce. Certo agli occhi estranei la nostra mente resta nel segreto, coperta dalla parete del corpo. Ma quando vogliamo manifestarci, usciamo come attraverso la porta della lingua, mostrandoci all’esterno tali qual siamo. La natura spirituale però non è così, perché non è doppiamente composta da corpo ed anima. Dobbiamo allora sapere che quando la natura incorporea si esprime, il suo modo di parlare non è né unico, né della medesima qualità. Dio parla agli Angeli in un modo, in altro modo gli Angeli parlano a Dio, in un certo modo Dio comunica con le anime dei Santi, in altro le anime dei Santi con Dio; con un’altra modalità ancora Dio parla al diavolo, ed in altra il diavolo a Dio. Infatti le nature spirituali non hanno l’ostacolo dell’interposizione del corpo: Dio parla ai santi Angeli nel modo in cui manifesta ai loro cuori i suoi segreti reconditi, affinché vedano nella stessa contemplazione ciò che debbano fare e le gioie della contemplazione siano i comandi della sua voce. Ad essi viene detto, come ascoltatori, ciò che li ispira come contemplativi. Quando Dio ha instillato nei loro cuori il castigo come vendetta contro l’orgoglio degli uomini, ha detto: « Venite, scendiamo e confondiamo il loro linguaggio » (Gen. XI, 7).  A chi è unito a Lui si dice: vieni, perché il non decrescere mai nella contemplazione divina è il crescere continuamente in essa, e il non venir meno con il cuore è l’avvicinarsi sempre con movimento continuo. E a questi dice: andiamo giù e confondiamo il loro linguaggio. Gli Angeli salgono quando vedono il Creatore; gli Angeli scendono quando reprimono con rigorosa condanna la creatura che si vanta di ciò che è illecito. Il parlare di Dio significa, quindi, con lo scendere e confondere il loro linguaggio, mostrare in loro stessi ciò che va fatto con giustizia; e far conoscere alle loro anime con ispirazioni occulte, con la forza della visione interiore, le punizioni che devono realizzare. In altro modo gli Angeli parlano a Dio, come quando dicono in questa Apocalisse di Giovanni: « l’Agnello che è stato ucciso è degno di ricevere potenza e sapienza e divinità » (Ap. V, 12). Infatti la voce degli Angeli è la medesima ammirazione della contemplazione intima nella lode del Creatore. Il fatto di aver ammirato i prodigi della potenza divina: questo è l’aver parlato, poiché con il suscitare l’affetto del cuore con l’atto di adorazione, il clamore della voce alle orecchie dello spirito è grande e senza limiti. Questa voce si esprime attraverso parole diverse, perché si forma attraverso innumerevoli modi di ammirare. Perciò Dio parla agli Angeli quando rende loro visibile la sua volontà intima, e gli Angeli parlano a Dio quando, per il fatto che ciò che contemplano sia superiore ad essi, si elevano ad un moto di ammirazione. – In un certo modo Dio parla alle anime dei Santi, ed in un altro modo le anime dei Santi parlano a Dio. Ecco perché si dice ancora una volta nell’Apocalisse di Giovanni: ho visto sotto l’altare le anime di coloro che sono stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza di Gesù, che essi custodivano. Essi gridarono a gran voce dicendo: “Signore santo e verace, fino a quando non lo farai e non ti vendicherai del nostro sangue sul popolo della terra?”. E si aggiunge continuando: si diede ad ognuno di essi una stola bianca e si disse loro di aspettare un poco finché non fosse completo il numero dei loro compagni e fratelli. Che cosa significa che le anime esprimono la richiesta di vendetta, se non il desiderio del giorno del giudizio finale e della resurrezione dei corpi defunti? Il loro grande grido è il loro gran desiderio. Meno si piange, meno si desidera. E con quanta maggior potenza di voce ci si rivolge alle orecchie dello Spirito illimitato, più pienamente si amplia il proprio desiderio. Ed infatti le parole delle anime sono i loro desideri. Se i desidèri non fossero parole, il profeta non direbbe: « il tuo orecchio ha udito il desiderio dei loro cuori » (Psal. IX, 17). Ma se l’anima che chiede si muove di solito in un modo, e l’anima che riceve la supplica in un altro, come le anime dei Santi che sono così unite a Dio nel grembo dell’intimo segreto che ripongono in questa unione, perché si dice che chiedano, dal momento che le anime non sono mai chiaramente in disaccordo con la sua intima volontà? Come si dice che le anime chiedano se sono certe di non ignorare la volontà di Dio e sanno cosa accadrà? Tuttavia, aderendo a Lui, si dice che gli chiedano qualcosa, non perché desiderino qualcosa che sia in disaccordo con la volontà di Colui che stanno contemplando, ma perché aderendo a Lui più ardentemente, ricevano da Lui ciò che chiedono sapendo già quel che Egli voglia fare. Così bevono da Lui ciò di cui hanno sete, ed in modo ancora incomprensibile per noi, si saziano nella conoscenza anticipata di ciò di cui hanno fame quando lo chiedono. Sarebbero in disaccordo con la volontà del Creatore se si aspettassero ciò che vedono che Lui non voglia, e sarebbero meno uniti a Lui se reclamassero con desiderio flebile ciò che Egli vuole dar loro. A questi la risposta divina dice: riposati ancora un po’, finché il numero dei santi e dei tuoi fratelli sia completato. – Alle anime anelanti dice: riposate tuttavia ancora un po’, e questo perché coloro che sono ansiosi per l’ardore del desiderio ricevano consolazione dalla conoscenza anticipata: in tal caso, la voce delle anime è ciò che esse desiderano con amore; la parola di Dio che risponde è la forza in mezzo ai desideri per la certezza della retribuzione. Il rispondere loro è: lo sperare nel congiungimento dei loro fratelli, introducendo nelle proprie anime il prolungarsi del tempo di attesa, in modo che nel desiderare la risurrezione della carne siano anche felici di vedere aumentare il numero dei loro compagni fratelli. – In altro modo Dio parla al diavolo, ed in un altro modo ancora il diavolo parla a Dio. Il parlare di Dio al diavolo significa rimproverarlo delle sue vie e delle sue attività nell’attuare operazioni occulte, come quando gli dice: da dove vieni? La risposta del diavolo è tale che non può nascondere nulla alla sua onnipotente maestà; e pertanto risponde: « … Da un giro sulla terra, che ho percorsa » (Giob. I,7). Il suo modo di parlare è quello di dichiarare quel che fa perché non può nascondere nessuna delle sue azioni agli occhi di Dio. Dobbiamo quindi sapere che, come possiamo comprendere da questo testo, Dio parla al diavolo in quattro modi, ed il diavolo parla a Dio in tre modi. Dio parla al diavolo in quattro modi, infatti rimprovera la sua ingiustizia e gli oppone la giustizia dei suoi eletti, come quando dice: « Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male »; gli concede il permesso di mettere alla prova la sua innocenza, come quando gli dice: « Ecco, quanto possiede è in tuo potere »; ma gli proibisce tuttavia una prova, quando dice:  « ma non stender la mano su di lui » – Il diavolo parla a Dio in tre modi: quando comunica le sue vie, quando accusa l’innocenza degli eletti per falsi crimini, e chiede il permesso di verificare questa innocenza. Egli comunica i suoi modi quando dice: ho fatto un giro sulla terra che ho percorsa. Accusa l’innocenza degli eletti quando insinua: Giobbe non teme Dio per nulla? Non avete eretto una recinzione intorno a lui, alla sua casa e a tutti i suoi beni? Chiede il permesso di mettere alla prova questa innocenza quando dice: allunga la mano e tocca tutti i suoi beni; vedi se non ti maledice in faccia. – Ma il parlare di Dio è: da dove vieni? come abbiamo detto prima, ed è il riprovare con la forza della sua giustizia le vie della sua malvagità. Il parlare di Dio è ancora: Hai posto attenzione al mio servo Giobbe, che non c’è nessuno come lui sulla terra? E questo per giustificare i suoi eletti onde renderli tali, affinché chiaramente l’angelo apostata li invidi. Il parlare di Dio è: hai tutti i suoi beni nelle tue mani: per mettere alla prova i fedeli scatenando contro di loro con segreta forza l’attacco della malizia. Il parlare di Dio è: fai attenzione solo a non mettergli la mano addosso e, nel dargli il permesso, … di limitare l’impeto di una tentazione eccessiva. Il parlare del diavolo è: ho fatto un giro sulla terra che ho percorsa: non può nascondere ai suoi occhi invisibili la rapidità della sua malizia. Il parlare del diavolo è: Giobbe teme Dio per nulla? Questo per lamentarsi contro i buoni usando i recessi dei suoi pensieri ed invidiando il suo progresso, ricercare delle occasioni di riprovazione. Il discorso del diavolo è: allunga un po’ la mano e tocca tutti i suoi beni, per affliggere i buoni, soffocarli con gli ardori della malizia. Infatti per invidia desidera che siano tentati, ed allora quasi come pregando chiede che vengano messi alla prova. Ed ora che abbiamo esposto succintamente le diverse modalità di locuzioni interne, torniamo all’ordine dell’esposizione che abbiamo un po’ interrotto.

COMINCIA LA STORIA DEL SESTO SIGILLO NEL LIBRO QUARTO

(Apoc. VI, 12-17)

Et vidi cum aperuisset sigillum sextum: et ecce terræmotus magnus factus est, et sol factus est niger tamquam saccus cilicinus: et luna tota facta est sicut sanguis: et stellae de cælo ceciderunt super terram, sicut ficus emittit grossos suos cum a vento magno movetur: et cælum recessit sicut liber involutus: et omnis mons, et insulæ de locis suis motæ sunt: et reges terræ, et principes, et tribuni, et divites, et fortes, et omnis servus, et liber absconderunt se in speluncis, et in petris montium: et dicunt montibus, et petris: Cadite super nos, et abscondite nos a facie sedentis super thronum, et ab ira Agni: quoniam venit dies magnus iræ ipsorum: et quis poterit stare?

(E vidi, aperto che ebbe il sesto sigillo: ed ecco si fece un gran terremoto, e il sole diventò nero, come un sacco di pelo: e la luna diventò tutta come sangue: e le stelle del cielo caddero sulla terra, come il fico lascia cadere i suoi fichi acerbi quand’è scosso da gran vento. E il cielo si ritirò come un libro che si ravvolge, e tutti i monti e le isole furono smosse dalla sede: e i re della terra, e i principi, e i tribuni, e i ricchi, e i potenti, e tutti quanti servi e liberi si nascosero nelle spelonche e nei massi delle montagne: e dicono alle montagne ed ai massi: Cadete sopra di noi, e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello: perocché è venuto il gran giorno della loro ira: e chi potrà reggervi?)

INIZIA LA SPIEGAZIONE DELLA STORIA DESCRITTA NEL QUARTO LIBRO

[3] Ed egli guardò, ed ecco, aprì il sesto sigillo, e ci fu un grande terremoto: e il sole divenne nero come una panno di crini. In questo sigillo si descrive l’ultima persecuzione. Il sole divenne nero come un cilicio, la luna divenne tutta sangue e le stelle caddero sulla terra. Il sole, la luna e le stelle sono la Chiesa, la quale amministra la luce della verità: infatti come chiamiamo l’ignoranza: « tenebre », così definiamo la conoscenza « luce ». Vediamo che queste due realtà, la luce e le tenebre, sono presenti nell’unica Chiesa. Per luce intendiamo i saggi che conoscono rettamente, credono rettamente e rettamente operano. Per tenebre intendiamo gli erranti, cioè gli eretici, gli ipocriti e gli scismatici. Essi sembrano essere come le stelle, perché simulano una santità che non possiedono. E in questi due ordini, cioè nella luce e nelle tenebre, c’è il giorno e la notte. Il giorno è la Chiesa, e la notte è l’ignoranza. Quando si dice che il sole è tramontato assumendo il colore del cilicio, significa che sarà oscurata agli increduli la luminosità della dottrina. Quel che è il sole, lo stesso è la luna, e così le stelle, vale a dire la Chiesa. Per la parte infatti si intende l’insieme. Si dice « tutto », perché in tutto il mondo ci sarà un ultimo terremoto quando arriverà l’Anticristo. Prima della sua venuta se ne avranno sì, ma non in tutto il mondo, bensì solo in alcune regioni, come sta scritto: « … Ci saranno terremoti in alcune regioni: il sole si oscurerà, la luna diventerà color sangue, le stelle del cielo cadranno sulla terra » (Mt. XXIV, 27). Tutto questo indica la simulazione della santità, fino a quando non verranno sorpresi “i santi” nella loro falsità; quando ci si separerà da essi, si dice che si oscurano e cadono. Certamente la somiglianza della santità del sole, della luna e delle stelle, cioè l’ipocrisia e la falsa religione, è stato vista da San Giovanni come collocata nel nostro cielo, cioè nella Chiesa, perché nel cielo sovrastante, come è chiamato all’inizio (Ap. IV, 1), non si potevano vedere le stelle che sono sotto il cielo. Questo è quello che sta accadendo ora nella Chiesa. Nella venuta finale dell’Anticristo, la luna che si dice sia diventata sangue, rappresenta la Chiesa dei Santi che versano il loro sangue per Cristo. Le stelle che si dice stiano cadendo, rappresentano i fedeli che perturbati. …Come l’albero di fico scosso da un grande vento, si spoglia dei suoi fichi ancora verdi: si paragona qui l’albero del fico alla Chiesa che vive nelle asperità della penitenza. Così come l’albero di fico ha molti frutti, sia buoni che cattivi, così la Chiesa pure ne ha di buoni e di cattivi. Il fico prematuramente grande, suole distaccarsi dagli altri, e ne vediamo molti agitati da un vento leggero, che esteriormente sembrano buoni, ma interiormente sono cattivi. Non appena però vengono agitati da un forte vento, cadono immediatamente a terra. Ecco perché si dice che è come l’albero di fico scosso che fa cadere i suoi fichi verdi, cioè i fichi vuoti che sembravano buoni ma non lo sono. Perché abbiamo detto tutto questo? Perché questi rappresentano gli ipocriti ed i falsi fedeli che sono all’interno della Chiesa, coloro che in tempo di pace sembrano uniti alla Chiesa, ma non appena arriva il tempo della persecuzione, si staccano dalla Chiesa, così come il fico scosso dal vento perde i suoi fichi ancora verdi…. e il cielo è stato portato via come un libro arrotolato. Per cielo intendiamo sempre la Chiesa, che si ritira al verificarsi del terremoto, cioè si separa dal male e contiene in sé, come un libro arrotolato, i Santi solo ad essa noti. Nessuno può sapere cosa ci sia dentro un libro arrotolato finché non venga letto. Quando è piegato, è impossibile per chiunque leggerlo o conoscerlo. E se uno non lo conosce, quand’anche lo calpestasse con i piedi, o lo tagliasse con la spada, non lo danneggerebbe affatto, perché tenuto come per niente. Tale sarà la Chiesa alla venuta dell’Anticristo. Il cielo si arrotolerà come un libro, perché tutte le predicazioni delle Scritture cesseranno. Ed i Santi che ci saranno in quei giorni saranno calpestati e uccisi con la spada, come un libro arrotolato, tanto che coloro che non sanno cosa ci sia dentro il libro, penseranno di rendere un favore a Dio. Ed ogni montagna ed ogni isola è stata portata via dal suo posto. Cielo, montagne e isole, rappresentano l’unica Chiesa, che al tempo dell’ultima persecuzione dell’Anticristo sarà allontanata dalla sua sede. Ma può riferirsi pure ad entrambe le parti, quella buona e quella cattiva, perché la parte buona si allontanerà dalla sua sede fuggendo via; e la parte cattiva si muoverà dalla sua sede, cioè perderà la grazia o i carismi che sembrava avere, perché non ha voluto fare penitenza pubblica, come è già stato detto: toglierò il vostro candelabro dalla sua posizione se non farete penitenza (Ap. II, 15). Ed anche: « le montagne saranno portate in fondo al mare » (Psal. XLV: 3). Le montagne sono gli Apostoli, il “mare” è il secolo. Si mostra che in quella persecuzione andranno sui monti sia coloro che si sono ritirati dalla loro sede, sia i Santi che sono rimasti nella fede. I re della terra, i magistrati ed i tribuni, i forti e tutti, schiavi o liberi. Questi re e tutti quelli che vengono citati sono i Santi, dal piccolo al più grande, che rimarranno poi forti nella persecuzione dell’Anticristo. Non senza motivo sono chiamati re ed uomini potenti, perché non sottomettono il loro collo ai più empi. Inoltre, coloro che sono poi re nel mondo, tranne il persecutore stesso, l’Anticristo, fuggendo dalla sua presenza, cercheranno un luogo di protezione e si nasconderanno, come dice: … si nasconderanno nelle grotte e nelle rupi della montagna. Non ci si riferisce qui solo alle montagne che vediamo materialmente, ma a Cristo ed ai Santi Padri, dai quali si chiede e si implora aiuto. Infatti sta scritto: « … Rifugiatevi nelle caverne delle rocce e negli antri sotterranei » (Is. II,19). La grotta e la roccia sono la stessa cosa. E diranno ai monti ed alle rupi: Cadeteci addosso e nascondeteci dalla vista di colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello. Perché il grande giorno dell’ira è arrivato, e chi può resistere? L’espressione “cadere su di noi” racchiude tutto il desiderio di misericordia del supplicante e, in qualche modo, mostra come tutti coloro che ricevono la supplica, si trasformino in visceri di misericordia rispetto al supplicante, come sta scritto: « … Appena se lo vide davanti, gli si gettò al collo e pianse a lungo stretto al suo collo » (Gen. XLVI, 29). E ancora: giunga la tua misericordia su di me. Che la vostra abbondante misericordia mi prenda per mano e mi protegga. Diranno: occultiamoci, affinché l’uomo vecchio ed il peccatore si nascondano agli occhi di Dio. Infatti nell’uomo peccaminoso i peccati sono ora nascosti ed il Dio misericordioso si aspetta sempre il pentimento. Noi pecchiamo ogni giorno mentre Egli non si irrita ogni giorno. E noi nascondiamo i nostri peccati dall’ira di Dio con la misericordia di Dio stesso, come sta scritto: « … Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa, e perdonato il peccato. » (Psal. XXXI, 1). Copriamo i nostri peccati quando copriamo con le buone opere le cattive azioni. E anche: « la carità copre la moltitudine dei peccati » (1 Pt. IV, 8). Infatti come Dio esorta i peccatori a nascondersi dalla sua ira, così si mostra loro rifugio, dicendo: « Entra fra le rocce, nasconditi nella polvere, di fronte al terrore che desta il Signore, allo splendore della sua maestà » (Is. II, 10).  La terra a cui si riferisce è santa, ed è cioè il corpo di Cristo. Perché come può la terra fuggire in un’altra terra, se non a quella alla quale qui ci si riferisce? Ed inoltre, « In quel giorno ognuno getterà gli idoli d’argento e gli idoli d’oro, che si era fatto per adorarli … per entrare nei crepacci delle rocce e nelle spaccature delle rupi, di fronte al terrore che desta il Signore e allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra » (Is. II, 20). Non ha detto che si nascondano gli idoli, bensì gli uomini che portano gli idoli nel loro cuore, così che si seppelliscano gli idoli onde occultare l’uomo vecchio e rivestirsi dell’uomo nuovo e nascondersi nella roccia che è Cristo. Ora fa qui come una ricapitolazione: esorta ed incita tutti alla penitenza prima della persecuzione, e continuando, esorta a ricacciare gli idoli per entrare nella roccia, dicendo: quel giorno l’uomo scaccerà le sue abominazioni di oro e di pietà che si era fatto per adorarle – vane, vuote e malvagie – affinché entri in caverne compatte e nelle fenditure delle rocce. Gli idoli visibili vengono gettati via, e si entra nella roccia, cioè ci si converte pubblicamente e ci si avvicina a Cristo, quando gli idoli invisibili che si possedevano nel cuore vengono sepolti, nascosti e distrutti, quando cioè si crocifigge con Cristo l’uomo vecchio, in modo che possa essere trasformato in uno nuovo. Ma colui che secondo l’uomo vecchio, cioè esteriore, entra nella terra carnale del Signore, cioè nella carne di Cristo, e non vi seppellisce gli idoli spirituali, diventa egli stesso un idolo, e non si è quindi nascosto alla terribile vista del Signore. E questi il Signore rimprovera attraverso Isaia, dicendo: « … Urlate, o idoli, in Gerusalemme ». Invece, Giacobbe … nascose e distrusse gli idoli sotto un terebinto (Gen. XXXV: 4) fino ad oggi. Il terebinto è il corpo del Signore, come dice Egli stesso: « Come un terebinto ho disteso i rami, e i figli di mia madre hanno combattuto contro di me, come un terebinto che ha perso le sue foglie » (Sir. XXIV, 16). E ancora: « quel giorno, dice, l’uomo ha gettato via i suoi idoli » (Is. II, 20). Ha definito “un giorno”, tutto il tempo trascorso da quando il Signore ha sofferto la sua passione. Da allora gli uomini si nascondono in una terra nuova, dalla quale Egli resuscitò per far tremare la terra; vale a dire che, dal giorno in cui il Signore ha sofferto la passione, ha provato la morte ed è risorto, tutti i Santi si sono nascosti in questa roccia che è Cristo, prendendo sopra di sé il suo esempio, per seguirne le orme; per questo ha detto di nascondersi nella terra, quando è risorto per far tremare la terra. Si noti che in questo sesto sigillo si è fatta una ricapitolazione dall’inizio di Cristo, da quel versetto che dice: che i re e i potenti si nascondevano nelle grotte. Leggiamo ora Davide che dice: « Egli mi offre un luogo di rifugio nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua dimora, mi solleva sulla rupe » (Psal. XXVI, 5). Dice dunque che tutti si debbano nascondere, però non tutti si nasconderanno, tranne la parte che conosce Cristo, e di cui si parla col dire: tutta la luna è stata tinta di sangue, cioè persevera nel martirio. Ed ogni montagna ed ogni isola è stata rimossa dalla sua sede. E ogni servo e libero si nasconderà tra le montagne. Ma se di queste montagne visibili si dice che sono state rimosse dalle loro sedi, come si nasconderanno questi in esse? o come si nasconderà ogni servo, quando consta anche che tra i servi ci sarà chi verrà strappato alle nuvole? Perciò è chiaro che, quando dice che tutti si sono nascosti, ciò non accadrà in modo visibile, ma crediamo che avvenga in forma spirituale. In primo luogo, perché non tutte le regioni hanno montagne, nelle quali ogni uomo possa nascondersi. In secondo luogo, quando il Signore apparirà nel suo splendore, non si fermerà lungo il cammino, né gli uomini avranno il tempo di andare sulle montagne, nemmeno quelli che vivono sulle stesse montagne. Che dire di coloro poi che sono in campagna, per i quali la penitenza non convertirebbe da questa ignoranza, dacché la situazione delle regioni che abitano non offre loro la possibilità di nascondersi in montagna? Perché non è solo nell’ultimo terremoto, quando cioè molti elementi cadranno dal cielo, che taluni si rifugeranno sulle montagne, cioè sulla dottrina degli Apostoli, implorando la misericordia di Dio. Questo infatti è sempre accaduto dalla passione del Signore fino ad oggi. Ma in quel tempo accadrà in misura maggiore, quando si manifesterà il segno che sta arrivando il giorno del Signore, cioè il giorno del giudizio. Inoltre, questo è stato promesso ed è sempre stato realizzato, perché la santa profezia ha questa caratteristica: raccontare il futuro come già realizzato, e il passato come ancora da realizzare. Dio aveva promesso che in futuro gli altari elevati sarebbero stati distrutti, come quelli che Geroboamo aveva innalzato in Samaria, come dice il profeta Osea: « Le alture dell’iniquità, peccato d’Israele, saranno distrutte, spine e rovi cresceranno sui loro altari; diranno ai monti: “Copriteci” e ai colli: “Cadete su di noi“. (Os. VIII, 5 – X, 8). Questi altari furono distrutti da Giosia, Re di Giuda, come si legge nel Libro dei Re (II Reg. XXIII: 19). Senza dubbio però, nessuno disse ai monti: copriteci, ma coloro che avevano distrutto gli idoli, si nascosero nella terra del Signore. E questo è successo in figura per mezzo di Giosia. Tali cose sono state e saranno sempre realizzate nel Signore che distrugge ogni idolatria: Egli ha posto il suo accampamento in cima alle montagne, cioè nella meditazione contemplativa; col suo Corpo ha costruito la sua Chiesa, affinché negli ultimi tempi si evitasse il pericolo dei Giudei in queste montagne. Così il Signore nella Gerusalemme particolare descrive la distruzione generale della vecchia (Gerusalemme), dicendo: « Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili ed i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco? » (cfr. Lc. XXIII, 28), cioè se nel tempo dell’immaturità lo perseguitano così, come lo perseguiranno poi nel tempo della maturità ultima e favorevole? Quando avranno compreso che questa è la distruzione definitiva di Gerusalemme, fuggiranno sulle montagne, chiedendo di essere nascosti, e piangendo chiameranno felici coloro che non sono stati catturati o trattenuti da un qualche legame con la condizione umana del peccato. Inoltre dobbiamo considerare, avendolo davanti gli occhi del cuore, il genere di narrazione che lo Spirito Santo ha conservato in questo libro per tutti i periodi; mantenendo cioè uno stesso ordine fino al numero sei; passando poi al settimo, fa una ricapitolazione e, seguendo come in un ordine, conclude le due narrazioni nel settimo; ma questa ricapitolazione deve essere compresa secondo i testi: a volte fa la ricapitolazione di ciò che dirà dall’inizio della passione; a volte dal tempo medio, a volte solo dall’ultima afflizione, o un po’ prima. Tuttavia si mantiene invariabile la ricapitolazione fino al sesto sigillo. Ora, quindi, dopo aver descritto il sesto, torna all’inizio e ricapitola per dire, brevemente ed in altro modo, la stessa cosa.

TERMINA LA SPIEGAZIONE

COMINCIA LA STORIA DEI QUATTRO ANGELI DEI VENTI

(Apoc. VII, 1-3)

“Post hæc vidi quatuor angelos stantes super quatuor angulos terræ, tenentes quatuor ventos terræ, ne flarent super terram, neque super mare, neque in ullam arborem. Et vidi alterum angelum ascendentem ab ortu solis, habentem signum Dei vivi: et clamavit voce magna quatuor angelis, quibus datum est nocere terræ et mari, dicens: Nolite nocere terræ, et mari, neque arboribus, quoadusque signemus servos Dei nostri in frontibus eorum.”

(Dopo queste cose vidi quattro Angeli che stavano sui quattro angoli della terra, e ritenevano i quattro venti della terra, affinché non soffiassero sopra la terra, né sopra il mare, né sopra alcuna pianta. E vidi un altro Angelo che saliva da levante, e aveva il sigillo di Dio vivo: e gridò ad alta voce ai quattro Angeli, ai quali fu dato di far del male alla terra e al mare, dicendo: Non fate male alla terra e al mare, né alle piante, fino a tanto che abbiamo segnati nella loro fronte i servi del nostro Dio.).

[4] Dopo questo vidi – dice – quattro Angeli in piedi ai quattro angoli della terra, che trattenevano i quattro venti della terra. I quattro Angeli ed i quattro venti sono una identica cosa, ed è come se si dicesse chiaramente: ho visto quattro Angeli che trattengono quattro Angeli o venti. Dall’inizio abbiamo detto per qual motivo si divida una stessa cosa. Ed infatti questi Angeli o venti sono buoni e cattivi. Essi sono solo quattro, ma sono bipartiti, come spiegheremo più avanti. Questi venti hanno una parte buona ed una cattiva. Troviamo in Ezechiele i quattro venti buoni della terra, che ridanno vita alle ossa secche e alla carne morta per avviare la prima resurrezione (Ez. XXXVII, 9). Egli chiama i quattro venti – cioè l’anima e la mente – che la Chiesa ha nei quattro angoli della terra e con i quali ispira profetizzando le medesime cose negli stessi luoghi e resuscitando i morti. Questo fiato, cioè i quattro venti, è detto nel profeta Daniele essersi sollevato contro il popolo: « i quattro venti del cielo si abbattevano impetuosamente sul Mare grande e quattro grandi bestie, salivano dal mare » (Dan. VII: 2), che l’angelo disse essere i quattro regni del mondo. I sette Angeli, come è già stato detto, sono la Chiesa; essi sono sette, anche se ne viene nominato uno solo che li comprende tutti: secondo che lo esiga la ragione, ne dice il numero. Ad esempio, ora ha parlato di quattro Angeli, per indicare che la Chiesa li trattiene ai quattro estremi confini della terra; e dal canto loro che non devastino la sua parte prima di aver impresso il sigillo, affinché essa non soffra inganno. Ma quando tutto Israele sarà salvato alla fine del mondo, sarà portato via da colui che lo trattiene. Ed allora la quarta parte degli Angeli, rilasciata al momento opportuno si apre, cioè predica, come dice l’Apostolo: « E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato qual è l’empio (2 Tess. II, 6), l’Anticristo. » E siccome abbiamo detto che i quattro Angeli sono divisi ed insieme mescolati, – essi sono cioè la Chiesa ed i regni del mondo – cercheremo di ricordare in forma opportuna che i regni del mondo, e soprattutto il regno presente, è dentro la Chiesa in tutto il mondo per mezzo dei falsi fratelli – cioè gli ipocriti – nel mistero dell’iniquità. Non esiste infatti un regno unico in cui i falsi fratelli siano relegati, ed infatti tutti i malvagi del mondo sono chiamati re, ivi precipitati dalle loro voluttà. L’Apostolo ha detto di tali principi che « Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla (la sapienza); se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria » (1 Cor. II, 8). La Scrittura nel Vangelo dice chi furono coloro che crocifissero il Signore. Ed infatti Pilato, un principe, non ha crocifisso il Signore, ma lo ha lasciato ai calunniatori. E l’Apostolo Pietro, poiché Israele aveva crocifisso Cristo, parlò loro così: « Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso! ». (Act. II, 36). Ed il Signore disse che il mondo era nei falsi fratelli: « … Voi siete di quaggiù, Io sono di lassù; voi siete di questo mondo, Io non sono di questo mondo. » (Gv. VIII, 23). E in un’altra occasione disse ai suoi discepoli: « Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me » (Gv. XV, 18). – Essi trattenevano i quattro venti della terra – dice – in modo che il vento non soffiasse sulla terra, né sul mare, né su nessun albero. Egli chiama gli uomini: terra, mare e alberi; … trattenevano il vento perché non soffiasse, cioè non trasmettessero il loro spirito facendoli diventare ad essi simili. E vidi un altro Angelo che saliva donde sorge il sole, con il sigillo del Dio vivente. Egli chiama alla Chiesa un altro Angelo; da dove sorge il sole – come dice – cioè dalla passione del Signore, e grida ai quattro angoli della terra. Il sole è Cristo. Ma questo non è l’ordine della rivelazione, per cui dopo i quattro Angeli ne ha visto un altro, no, ma quello che ha visto all’inizio del libro e questo di adesso sono uno stesso Angelo di Dio: infatti è l’unico ed il medesimo: la Chiesa che predica alla Chiesa.  – E gridò a gran voce ai quattro Angeli, ai quali fu dato di devastare la terra e il mare. Prima aveva detto che gli Angeli dovessero trattenere i venti, perché non soffiassero sulla terra o sul mare; ora comanda agli Angeli di non arrecare danno alla terra o al mare. Indica con questo la stessa cosa. In un’altra ricapitolazione, al momento dell’ultima battaglia, egli dice: « Sciogli i quattro Angeli incatenati sul gran fiume Eufrate ». (Ap. IX, 14). Lo stesso vale per coloro che ha mandato a trattenere il vento. Infatti da quando il Signore ha iniziato la sua passione, il diavolo è stato legato, come dice il Signore: « Come potrebbe uno penetrare nella casa dell’uomo forte e rapirgli le sue cose, se prima non lo lega? » (Mt. XII: 29). È chiaro che il diavolo è stato legato e soggiogato ai piedi della Chiesa, come sta scritto: « … Oracolo del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi ». (Psal. CIX, 1).  Il diavolo è legato nel suo corpo, cioè negli uomini malvagi, perché non inganni le nazioni credenti ai quattro estremi della terra, cioè la Chiesa, che è il corpo di Cristo, corpo del quale Egli dice: Non causate danno né alla terra, né al mare, né agli alberi; basta segnare con un sigillo sulla fronte i servi del nostro Dio. È un ordine del Signore quello che l’Angelo, cioè il suo corpo, che è la Chiesa, annuncia e dice ai sinistri causanti danno – cioè dice all’ipocrita -: non causare danno, perché danneggi spiritualmente la Chiesa. Questa è la stessa voce che in mezzo ai quattro animali diceva a chi faceva danni: non provocare danni al vino o all’olio. Il Signore ha ordinato che la sua terra, cioè la sua Chiesa, non venga danneggiata spiritualmente, finché ogni servo di Dio non sia segnato con il sigillo.

TERMINA LA SPIEGAZIONE SOPRA I QUATTRO ANGELI DEI VENTI

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.