LE INDULGENZE

LE INDULGENZE

(Enciclopedia Cattolica – C. d. VATICANO, 1951, vol. VI coll.1901-1910)

INDULGENZE. – Indulgentia, indulgere, in senso proprio indica condiscendenza, e condiscendere, nelle varie sfumature dell’idea. Gli storiografi imperiali-romani usano la parola nel senso tecnico di remissio tributi o remissio pœnæ, concessioni che gli imperatori solevano fare in certe occasioni. Valeva anche per indicare la abolitio, una specie di amnistia, decretata in occasione di lieti eventi pubblici. Nell’epoca carolingia era adoperato ancora come termine tecnico per per indicare condono di pene o di tributi (così nei Capitularia). Nel Codice Teodosiano (l. IX, tit. 38, De indulgentiis criminum) designa i condoni elargiti dagli imperatori cristiani specialmente a Pasqua; tanto è vero che la Domenica delle Palme, in molti testi dell’alto medioevo (calendari, sacramentari, vari Comes [cerimoniali], ecc.), viene detta dominica indulgentia. Quanto alla materia del condono delle pene, si riscontrano diversi termini che possono indicare anche l’indulgenza nel senso stretto attuale, ma che possono indicare e indicano di fatto anche altre idee simili o affini, in  quei tempi nei quali incominciò a svilupparsi la vera indulgenza. Da questa imprecisione di termini è nata tanta confusione fra gli studiosi meno cauti nelle loro ricerche. P. es., le parole absolutio, relaxatio, remissio, venia, condonatio e indulgentia, che possono indicare, nei secc. XI – XIII sia la indulgenza propriamente detta, sia, e più spesso, le varie forme di remissione, sacramentale e penitenziale, e anche extrasacramentale. Quest’ultima è la vera indulgenza, come oggi si intende. – Secondo la dottrina cattolica indulgenza è « la remissione dinanzi a Dio della pena temporale dovuta per i peccati, già perdonati riguardo alla colpa, che l’autorità ecclesiastica concede dal tesoro della Chiesa a modo di assoluzione per i vivi e a modo di suffragio per i defunti » (can. 911).

Sommario: I . Storia. – II. Natura. – III. Potestà di concedere indulgenza – IV. Divisione. – V . Requisiti per la concessione e l’acquisto delle indulgenze

I. STORIA

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8. Legislazione tridentina e post-tridentina. — Il Concilio di Trento, dopo quelli di Lione e di Vienna, tornò ad occuparsi delle indulgenze, soprattutto in vista della spietata guerra  spiegata dai riformatori contro di esse. Nella Sess. XXI, cap. 9, soppresse l’istituzione dei « questori », cioè dei raccoglitori di denaro per le indulgenze, che fece tanto male a causa degli abusi che vi si inserirono, e riservò la pubblicazione di indulgenze ai soli Ordinari; essi possono anche, se occorre raccogliere, senza compenso alcuno, eventuali elemosine. Finalmente, nella sess. XXV, si emanò il celebre decreto de indulgentiis, nel quale, dopo aver definito che la Chiesa ha il diritto di concedere indulgenze da Cristo Signore, si approva di nuovo l’uso delle indulgenze come christiano populo maxime salutarem, abolendo nuovamente ogni specie diquestua in vista di indulgenze, e ordina che i Vescovi vigilino seriamentenelle proprie diocesi sopra ogni possibile abuso, denunziandolo nei sinodi provinciali, e al Sommo Pontefice.Dopo il Concilio di Trento Clemente VIII eresseuna commissione cardinalizia per occuparsi delle indulgenze secondola mente del Concilio, la quale continuò sottoPaolo V i suoi lavori, preparando varie bolle e decretiin materia. Ma soltanto Clemente IX creò una vera Congregazioneper le indulgenze (e le reliquie), con breve del 6 luglio1669; nell’apr. 1668 uscirono i primi decreti della medesima. Pio X, con motu proprio del 28 genn. 1904,unì la Congregazione delle I. con quella dei Riti, ma nel1908, con il nuovo ordinamento della Curia, tutta lamateria delle indulgenze passò al S. Uffizio. Benedetto XV però,con motu proprio del 25 marzo 1915, trasferì la sezionedelle indulgenze dal S. Uffìzio alla Penitenzieria Apostolica, rimandandoal S . Uffizio tutto ciò che riguarda la dottrina sulleindulgenze. Così fu confermato dal Codice, can. 238 § 2.

BIBL.: 1. Letteratura storica: la storia delle indulgenze è stata diligentemente studiata non solo dai cattolici, ma anche dai protestanti, anche perché le questioni riguardanti le indulgenze, furono l’occasione per lo scoppio della tremenda rivoluzione religiosa-sociale, che va sotto il nome di riforma. È stato intuito fin dal sec. XVIII che le indulgenze, nel senso stretto della parola, risalgono soltanto al sec. XI e non sono che il frutto di una lunga evoluzione che si basa sulla storia e sullo sviluppo della penitenza ecclesiastica. Si può dire che l’opera storico-critica più antica sulle indulgenze, fu quella di E. Amort, De origine, progressu, valore ac fructu indulgentiarum accurata notitia historica, dogmatica, polemica, crìtica (Augusta 1735). Ma soltanto durante il secolo passato e nel presente gli studi sull’indulgenza, sono arrivati a tale punto da rendere chiara e sicura la storia dell’evoluzione genetica delle indulgenze. Il merito va in prima linea a N. Paulus, il quale, sin dal 1899, in una serie quasi innumerevole di articoli e studi particolari, ha raccolto un immenso materiale, soprattutto documentario, che gli permise finalmente di scrivere l’opera fondamentale sulle indulgenze: Geschichte des Ablasses im Mittelalter, 2 voll. Paderborn 1922-23. Chiarita soprattutto la nozione precisa dell’indulgenza, nel senso teologico-canonistico attuale, egli poteva ben discernere, fra le discordanti opinioni dei dotti, i presupposti storici, e la effettiva origine dell’i.: poteva eliminare molti documenti falsi e incerti, e chiarire, inserendole nel loro tempo, le diciture ambigue o malamente interpretate. Un altro studioso, B. Poschmann, fondandosi sopra il materiale storico del Paulus, continuò l’investigazione soprattutto dal punto di vista della penitenza cattolica e della sua prassi attraverso i secoli, per meglio chiarire ancora la natura dell’indulgenza e la sua, per dir così, legittimità, dimostrando che non è nata da elementi estranei alla prassi e dottrina della Chiesa sulla penitenza, ma che è conforme ad essa, anche se in apparenza si discostava da certe forme usuali nel suo tempo. Si citano subito le sue principali opere: Die abendlàndische Kirchenbusse am Ausgang des christlichen Altertums, Bonn 1928; Die abendlàndische Kirchenbusse im frulien Mittelalter, ivi 1930; Pœnitentia secunda, ivi 1940; Der Ablass im Lichte der Bussgéschichte, ivi 1948. Nella trattazione dell’argomento si inserì nel 1932  I. A. lungmann, con la sua poderosa opera: Die lateinischen Bussriten in ihrer geschichtlichen Entwicklung, Paderborn 1932. Altre opere interessanti di una certa importanza sono: A. Gottlob, Kreuzablasse und Alniosenablass. Eine Studie tiber die Frùhzeit des Ablasswesen, Stoccarda 1906; E. Goller, Der Ausbruch der Reformation und die spàtmittelalterliche Ablasspraxis, Friburgo 1917; H. Delehaye, op. cit. (5 articoli estratti dagli Anal. Boll., 44 [1926], 45 [1927], 46 [1928]). L’opera fondamentale pratica sulle indulgenze è: Die Abldsse, ihr Wesen und Gebrauch, pubblicata la prima volta dal p. F. Beringer, Paderborn l86 c, continuata da I. Hilgers e finalmente da P. A . Steinen (5a ed., 2 voll., I vl 1921 – 22). Lo Hilgers aveva anche pubblicato un suo studio: Die katholìsche Lehre von den Ablàssen und deren geschichtliche Entwicklung, ivi 1914, nel quale volle riportare l’origine delle indulgenze, quanto più indietro possibile, ma fu fortemente contrastato da Paulus. Nelle grandi enciclopedie francesi: E. Magnin, Indulgences, in DThC, VII, coll. 1594-1636; P. Galtier, Indulgerne, in DFC, II, coll. 718 – 52; H. Leclercq. Indulgence, in DACL, VII, coll. 535 – 40; gli stessi autori confessano candidamente di aver attinto il materiale per le loro esposizioni dalle opere e dagli articoli di N. Paulus. ( …. )

II. NATURA. –

Secondo l’insegnamento della Chiesa ogni peccato, anche veniale, lascia nell’anima non solo lo stato di colpa ma anche lo stato di pena. Ora il fedele, che confessa i suoi peccati o emette un atto perfetto di contrizione con il proposito di confessarsi, ottiene sicuramente la remissione della colpa e il condono della pena eterna, che segue ogni colpa grave, ma non sempre o almeno non del tutto consegue la remissione della pena temporale, la quale può essere rimessa in questa vita per mezzo delle opere satisfattorie e delle indulgenze, oppure dovrà essere rimessa nell’altra vita, in Purgatorio. L’indulgenza pertanto non è remissione della pena eterna, la quale viene condonata unitamente alla colpa, né remissione di colpa sia mortale sia veniale. Né molto meno può dirsi che l’indulgenza sia la remissione dei peccati futuri, come hanno insegnato alcuni protestanti: lo ha dichiarato espressamente Papa Eugenio IV in una concessione d’indulgenza a favore della Congregazione di S. Giustina (E. Amort, De origine indidgentiarum, Augusta 1735, p. 136). L’indulgenza invece è un atto di giurisdizione, che suppone lo stato di Grazia e che viene esercitato, pur in diverso modo, sui fedeli vivi e sui defunti. Per i vivi l’indulgenza è concessa per modo di assoluzione, ossia di remissione per un atto di potestà giudiziale, che porta con sé una soluzione, ossia  un pagamento operato con i beni comuni della famiglia cristiana. Ai defunti l’indulgenza è applicata per modo di suffragio: e defunti non sono più sottoposti alla giurisdizione della Chiesa, quindi non si può parlare di assoluzione giudiziale, ma solo di suffragio, nel senso che i fedeli pellegrini in questa terra (homines viatores) pongono un’opera buona e mediante l’autorità della Chiesa offrono i meriti satisfattori di Gesù Cristo al Sognore pregandolo che voglia accettarli in remissione delle pene, che le anime purganti debbono ancora scontare. Tale remissione di pena opera non solo in foro esterno, davanti alla Chiesa, ma anche in fòro interno, davanti a Dio. L’autorità ecclesiastica nel concedere le indulgenze, attinge al tesoro della Chiesa, costituito dai meriti satisfattori di Gesù Cristo, ai quali vanno aggiunti quelli della Vergine e dei santi. Ogni opera buona, fatta in stato di Grazia, oltre la parte meritoria, ch’è inalienabile e che dà diritto alla ricompensa, porta con sé la parte satisfattoria, per mezzo della quale si può scontare il debito temporale contratto con il peccato e che può esse ceduta anche agli altri. Tale tesoro viene applicato mediante la Comunione dei santi, in forza della quale la Chiesa trionfante, la purgante e la militante non costituiscono tre società, ma formano un solo corpo, di cui Cristo è il capo ed i fedeli le membra, le sono talmente unite dal vincolo dell’amore che i beni della comunità sono come propri di ciascuno e vanno a beneficio dei singoli (I Cor. XII, 12-26).

III. POTESTÀ DI CONCEDERE INDULGENZE

Risiede nella Chiesa, in coloro ai quali è stata commessa la potestà delle chiavi e che perciò per diritto divino hanno il governo della Chiesa. Tale verità, definita dal Concilio di Trento (Denz.-U, 989), si deduce dalle parole di Gesù Cristo dirette a s. Pietro: « Ti darò le chiavi del Regno dei cieli … Qualunque cosa scioglierai in terra, sarà sciolta in cielo » (Mt. XVI, 19). Se la Chiesa può, nel Sacramento della Penitenza, lavare l’anima dalla macchia della colpa, può certamente liberarla anche da un male più leggero, ossia dallo stato di pena.

IV. DIVISIONE. –

Le indulgenze si dividono in: a) plenarie, e parziali. È plenaria quella che, secondo la mente del concedente, rimette tutta la pena temporale: può essere però plenaria totaliter o relative secondo le disposizioni di chi l’acquista (can. 926). L’indulgenza plenaria, se non è detto espressamente il contrario, può acquistarsi una sola volta al giorno, anche se le opere prescritte vengono compiute più volte (can. 928 § 1); se può acquistarsi più volte al giorno vien detta toties quoties. Tra le indulgenze plenarie toties quoties è ben nota quella della Porziuncola concessa per il 2 di ag. L’indulgenza plenaria quotidiana, che suol concedersi per la visita ad una chiesa, va intesa nel senso che  può guadagnarsi in qualsiasi giorno, ma una volta soltanto nell’anno (can. 921 § 3). Il Giubileo è una indulgenza plenaria arricchita di particolari privilegi dal Romano Pontefice, e differisce dalle altre indulgenze plenarie per le solennità con cui è concesso e per i privilegi da cui è seguita. Queste circostanze estrinseche sono ordinate a rendere più profonde le disposizioni dei fedeli, e perciò stesso più sicura, soggettivamente, la remissione di tutte le pene temporali. Si deve pertanto ritenere il Giubileo non è superiore alle altre indulgenze plenarie quod effectum, ma soltanto quoad affectum (cf. F. L. Ferraris, Prompta bibliotheca canonica, IV, Montecassino 1848, p. 280). Parziale è l’indulgenza che rimette soltanto parte della pena temporale: se non è detto espressamente il contrario, essa può lucrarsi tante volte al giorno quante volte vien compiuta l’opera  prescritta (can. 928 § 2); b) personali, reali e locali, secondo che vengono concesse direttamente alle persone o ceto di persone, p. es., a religiosi; oppure sono annesse all’uso di particolari oggetti sacri, p. es., medaglie, corone, ovvero sono concesse la visita ad un determinato luogo sacro; c) perpetue o temporanee, secondo che sono accordate senza restrizione di tempo oppure sono limitate ad un certo numero di anni; d) indulgenze per i vivi o per defunti oppure per vivi e defunti. Per alcune indulgenze  personali, annesse all’appartenenza all’Azione Cattolica, alle Confraternite ed ai  Terz’ordini, v. alle rispettive voci. Così pure per alcune principali indulgenze: (ad es., Via Crucis, altare privilegiato, Porziuncola e reali, quelle annesse alle varie Corone,  agli Scapolari; alle medaglie o simili ecc.).

V.  REQUISITI PER LA CONCESSIONE E L’ACQUISTO DELLE INDULGENZE

Da parte del concedente si richiede che abbia la legittima potestà: distribuire infatti i beni di una società, quali sono le indulgenze rispetto alla famiglia cristiana, spetta a coloro che presiedono alla società medesima. Si richiede inoltre una causa giusta e legittima: chi è infatti preposto alla concessione delle indulgenze, non è dissipatore ma dispensatore del tesoro della Chiesa. Da parte dell’acquirente si richiede (can. 925):

a) che sia battezzato. Possono partecipare dei beni di società soltanto coloro che ne sono membri: si diviene membri della Chiesa per mezzo del Battesimo;

b) che sia in stato di Grazia, almeno quando pone l’ultima opera ingiunta: fino a che vi è la colpa, non vi può essere remissione alcuna di pena;

c) che sia suddito del concedente (ma se il concedente è il Vescovo di una diocesi, possono lucrare l’indulgenza anche tutti coloro che si trovino nel suo territorio: can. 927);

d) che abbia l’intenzione, almeno generale, di lucrare l’indulgenza; non è necessario che tale intenzione sia attuale o virtuale: è sufficiente l’abituale;

e) che adempia a tutte le condizioni. Quelle che comunemente sogliono imporsi per l’acquisto delle indulgenze plenarie sono: la Confessione, la Comunione, la recita di qualche preghiera secondo l’intenzione del Sommo Pontefice e la visita di una chiesa o di un oratorio pubblico, ovvero, per coloro che legittimamente ne usano, di un oratorio pubblico. – Quando è prescritta la Confessione, questa va fatta anche da coloro che non hanno coscienza di alcun peccato mortale; essa però può farsi entro gli otto giorni immediatamente  precedenti a quello, cui è annessa l’indulgenza, o entro gli otto giorni seguenti. Quando, poi, si tratta di indulgenze annesse a pii esercizi (tridui, settenari, novene), la Confessione può farsi anche entro gli otto giorni che seguono immediatamente il compimento dell’esercizio. Inoltre: non è obbligatoria in quest’ultimo caso la Confessione per chi si comunica quasi tutti i giorni con retta intenzione, anche se se ne astenesse una o due volte la settimana; né per chi si confessa abitualmente almeno due volte al mese. È eccettuata da questo privilegio la Confessione prescritta per l’acquisto del Giubileo o di indulgenze concesse a modo di Giubileo (can. 931). La Comunione deve essere sacramentale e non basta la spirituale; vale quella ricevuta per Viatico e anche quella pasquale (eccettuato il caso del Giubileo o di indulgenza a modo di Giubileo). Basta sia fatta la vigilia del giorno a cui è annessa l’indulgenza; o nell’ottava che lo segue. Nel caso di indulgenze concesse per tridui etc., vale per la Comunione quanto fu detto per la Confessione. Non è necessario che la Comunione sia fatta in chiesa, di cui è prescritta la visita per l’acquisto dell’indulgenza.  Con una sola Comunione si possono lucrare parecchie indulgenze plenarie concesse per il medesimo giorno, purché si adempiano le altre condizioni prescritte per ciascuna delle indulgenze che si vogliono acquistare (can. 931). La visita ad una chiesa, quando è prescritta, può farsi dal mezzogiorno della vigilia sino alla mezzanotte del giorno stabilito per l’indulgenza. (can. 923). Si richiede di accedere al luogo prescritto con l’intenzione generale o implicita di onorare Dio. Se il luogo delle visite non è prescritto in modo determinato, le persone viventi in una casa religiosa, collegi, convitti, ospedali, ecc., e le persone addette loro assistenza o servizio, possono lucrare le indulgenze visitando la cappella dell’Istituto, nella quale soddisfano al precetto festivo (decr. della S. Penitenzieria Apostolica del 20 sett. 1933, A. A. S. , 25 [1933], p. 446). La preghiera deve essere vocale almeno in parte e non solo mentale (can. 934 § 1), ed è libera a scelta, se non vi sono p r e scrizioni speciali. Per soddisfare alla clausola « secondo l’intenzione del Sommo Pontefice » basta la recita di un Pater, Ave e Gloria (decr. cit., ibid., p. 446); però trattandosi della indulgenza del « Perdono di Assisi » o di indulgenza toties quoties, per cui si richiede la visita di una chiesa, si dovranno recitare 6 Pater, Ave e Gloria, senza poter sostituire altra preghiera, anche più lunga (decr. della S. Penit. Apost. del 5 luglio 1930, A A S, 22 [1930], p. 363). Da notare, che le preghiere possono essere recitate alternativamente con un compagno, o seguite mentalmente quando sono recitate da un altro (can. 934 § 2); i muti possono acquistare le indulgenze unendosi coi fedeli che pregano e innalzando il cuore a Dio; e le preghiere possono recitarle mentalmente, espresse con i gesti loro propri percorse sul libro con gli occhi (can. 936). Infine, le indulgenze annesse alle invocazioni e giaculatorie si possono da tutti acquistare con la sola recita mentale (decr. della S. Penit. del 7 dic. 1933; A A S , 26 [1934], p. 35). Quando per causa ragionevole non si può tenere in mano il Rosario o il Crocifisso indulgenziati, si possono acquistare le indulgenze, se si porta indosso l’oggetto indulgenziato (decr. S. Penit. del 9 nov. 1933; A.A.S., 25 [1933], PP- 502 -13).

BIBL.: E. Amort, De orìgine, progressu ac fructu indulgentiarum, Augusta 1735; I. B. Bouvier, Traìté dogmatique et pratique des indulgences, des confrérìes et du jubìlé, X ed., Parigi 1855; P. Moccheggiani, Collectio indulgenti arimi theologice, canonice et historice digesta, Quaracchi 1897; G. Grimaud, Ordo des ìndulgences plénìères apprativo par la S. C. des Indulgences, Parigi 1904; L. Fanfani, De indulgentiis, Torino 1926; A. Lépicier, Le indulgenze: loro orìgine, natura e svolgimento, Vicenza 1931; J. Lacau, Précieux trésors des indulgences, 10a ed., Torino-Roma 1932; 1Theologia Mechliniensis, Tractatus de indulgentiis, 5a ed., Malines 1933; G. Demaret. Indulgences à l’usage de tous les fidèles suìvìes d’une manuel de piété, Parigi 1940; A. Legrand, Florilegium seu fasciculus precum et indidgentiarum, 3a ed., Bruges 1941; V. Heylen, Tractatus de indulgentiis, 6a ed., Alalines 1948; S. De Angelis, De indulgentiis. Tractatus quoad earum naturam et usum, 2a ed., Città del Vaticano 1950.

Serafino De Angelis

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.