IL CATECHISMO CATTOLICO DEL CARDINAL GASPARRI (8)

CATECHISMO CATTOLICO A CURA DEL CARDINAL PIETRO GASPARRI (8)

PRIMA VERSIONE ITALIANA APPROVATA DALL’AUTORE 1932 COI TIPI DELLA SOC. ED. (LA SCUOLA) BRESCIA

Brixiæ, die 15 octobris 1931.

IMPRIMATUR

+ AEM. BONGIORNI, Vie. Gen

III.

CATECHISMO PER GLI ADULTI DESIDEROSI DI APPROFONDIRSI NELLA CONOSCENZA DELLA DOTTRINA CATTOLICA.

CAPO III.

SEZIONE 3a. — Degli altri cinque articoli del Simbolo che contengono la dottrina circa la terza Persona della Santissima Trinità e l’opera della nostra santificazione, iniziata sulla terra mediante la grazia, da consumarsi in cielo mediante la gloria.

Art. 1. — DELLO SPIRITO SANTO E DEI SUOI DONI LARGITI AI FEDELI E ALLA CHIESA.

D. 117. Che cosa crediamo nell’ottavo articolo del Simbolo: Credo nello Spirito Santo?

R. Nell’ottavo articolo del Simbolo: Credo nello Spirito Santo noi crediamo che lo Spirito Santo è la terza Persona della Santissima Trinità, procedente dal Padree dal Figliuolo (Matt., XXVII, 19; 1 di Giov., XV, 26; XVI, 13-15).

D. 118. Perché crediamo nello Spirito Santo, come nel Padre e nel Figliuolo?

R. Noi crediamo nello Spirito Santo come nel Padre e nel Figliuolo, perché lo Spirito Santo è vero Dio come il Padre e il Figliuolo, e assieme al Padre e al Figliuolo un unico Dio (Matt., XXVIII, 19; 1.» di Giov., V, 7).

D. 119. Perchè l’appellativo di Spirito Santo suol essere riservato nelle sacre Lettere alla terza Persona della santissima Trinità?

R. L’appellativo di Spirito Santo suol essere riservato nelle sacre Lettere alla terza Persona della santissima Trinità, perché essa, con unica spirazione, procede per modo di amore dal Padre mediante il Figliuolo, ed è il primo e sommo Amore per cui vengon mosse e condotte le anime a quella santità che in ultima analisi consiste nell’amore verso Dio (Conc. di Lione, II, 1. c; Leone XIII: Encicl. Divinum illud munus, 9 maggio 1897; S. Agost.: De civ. Dei, II, 24; S.Tom., p. l. a, q. 36, a. I).

D. 120. Quando fu che lo Spirito Santo discese visibilmente sugli Apostoli e che cosa operò in essi?

R. Lo Spirito Santo discese visibilmente sugli Apostoli il giorno della Pentecoste, li confermò nella fede e li riempì dell’abbondanza di tutti i doni, affinché predicassero il Vangelo e propagassero la Chiesa nel mondo intero (Atti, 1-4).

D. 121. Che cosa opera lo Spirito Santo nei fedeli?

R. Lo Spirito Santo, mediante la grazia santificante, le virtù infuse, i suoi doni e le sue grazie attuali di ogni genere, santifica i fedeli, li illumina e li muove affinché essi, corrispondendo alla grazia, raggiungano il possesso della vita eterna (Giov., XIV, 16, 17; Paolo: ad Rom., VIII, 26; Ia ad Cor., III, 16; S. Basilio: Epist., 38, 4. — Si tratta della grazia alla domanda 278 e segg.; delle virtù e degli altri doni dello Spirito Santo alla dom. 507 e segg.).

D. 122. Che cosa è e che cosa opera lo Spirito Santo nella Chiesa?

R. Lo Spirito Santo è della stessa Chiesa quasi l’anima, in quanto col suo aiuto ognor presente perennemente la vivifica, a sé l’unisce e per mezzo dei suoi doni infallibilmente la guida nelle vie della verità e della santità. (Giov., XIV, 16, 26; XVI, 13; Leone XIII, 1. e; S. Tom., p. III q. 9, a. I, ad 3um).

Art. 2. — DELLA VERA CHIESA DI GESÙ CRISTO.

D. 123. Che cosa crediamo nella prima parte del nono articolo del Simbolo: La Santa Chiesa Cattolica?

R. Nella prima parte del nono articolo: La Santa Chiesa Cattolica, noi crediamo esservi una società soprannaturale,visibile, santa ed universale, istituita da Gesù Cristo mentre viveva la sua vita terrestre e da Lui chiamata la sua Chiesa.

Il Catechismo pei Parroci, p. I, c. X, n. 22, nota con precisione: « Ora, con mutata forma di espressione, professiamo di credere la Santa e non nella Santa Chiesa, onde ancora una volta, con questa formula diversa, Dio, creatore dell’universo, venga distinto dalle cose create, e noi stessi riteniamo quali benefici ricevuti dalla divina bontà tutte quelle meraviglie di cui la Chiesa fu arricchita. Per una maggiore comprensione di questo articolo gioverà ricordare come i teologi distinguano nella Chiesa tre parti: la trionfante, la militante e la purgante, le quali tuttavia costituiscono un’unica Chiesa di Cristo, poiché uno è il capo Gesù Cristo, uno lo Spirito che le vivifica e le cementa, uno il fine, cioè la vita eterna di cui gli uni già godono, e gli altri sperano di godere. Nel Simbolo si tratta della Chiesa militante.

D. 124. In qual modo la prima parte dell’articolo nono dipende dall’articolo ottavo?

R. La prima parte dell’articolo nono dipende dall’articolo ottavo, perché la Chiesa, pur avendo perennemente presente in se stessa Gesù Cristo suo fondatore, tuttavia, dallo Spirito Santo, come dal fonte elargitore di ogni santità, ricevette il dono di esser santa.(Cat. p. parr., p. I, c. X, n. 1).

A Dell’istituzione e costituzione della Chiesa.

D. 125. Perché Gesù Cristo istituì la Chiesa?

R. Gesù Cristo istituì la Chiesa per continuare sulla terra la sua missione, al fine cioè che in essa e mediante essa, il frutto della Redenzione, consumata sulla Croce, venisse applicato agli uomini sino alla fine dei secoli (Matt., XXVIII, 18-20; Conc. Vat.: Const. Pastor Æternus, dal principio.).

D. 126. In qual modo Gesù Cristo volle che fosse retta la Chiesa?

R. Gesù Cristo volle che la Chiesa fosse retta dall’autorità degli Apostoli, con a capo Pietro e i suoi legittimi successori.

Conc. di Efeso: Ex actibus Concilii, Act. III; Conc. Vat., 1. c. cap. I; Innocenzo X, Ex decrelis S. Officii, 24 genn. 1647; S. Efrem: In Hebdomadam sanctam, IV, 1. — Gesù Cristo (Matt., XVI, 18, 19) prima della sua passione aveva promesso al beato Pietro il primato nella sua Chiesa: « Tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. E a te darò le chiavi del regno dei cieli. E quanto avrai legato sulla terra, sarà legato anche nei cieli; e quanto avrai disciolto sulla terra, sarà disciolto anche nei cieli ». Parole che Egli confermò dopo la risurrezione (Giov., XXI, 15, 17) nel conferire al beato Pietro il primato: « Pasci i miei agnelli,…. pasci le « mie » pecore », vale a dire: reggi l’universo mio gregge, tutta la mia Chiesa. Ora, coll’istituire la Chiesa, perennemente duratura nel suo capo (Matt., XXVIII, 19, 20), il primato del beato Pietro dové passare ai suoi legittimi successori. Quanto alla missione degli Apostoli con Pietro a capo, la S. Scrittura ce la fa conoscere; per es.: Matt., XXVIII, 19, 20; Marco, XVI, 14, 15; Atti, I, 8; XV, 6, 7; XX, 28; Paolo, ad Tit., I, 5; I ad Cor., XII, 28.

D. 127. Chi è il legittimo successor di Pietro nel reggimento della Chiesa universale?

R. Il legittimo successore di Pietro nel reggimento della Chiesa universale è il Vescovo della città di Roma, ossia il Romano Pontefice e, in altri termini, il Papa, poiché nel primato di giurisdizione il Papa succede a Pietro, il quale fu e morì Vescovo della Città di Roma.

Conc. Efes., 1. e; Conc. Vat., 1. c. cap. 2°. — Non v’è sulla terra autorità più grande, non più santo magistero, non più alta ed estesa paternità di quella del Romano Pontefice, il quale, in nome e in vece di Cristo, governa gli uomini per condurli all’eterna salvezza, e con infallibile certezza insegna loro ciò che divinamente fu rilevato. Memori del suo santissimo ufficio, ci stia dunque a cuore di prestargli ubbidienza, riverenza ed amore; di ottemperare non solo ai suoi ordini, ma d’inchinarci persino ai suoi consigli e ai suoi desideri; e infine di rivolgere a Dio frequenti le nostre preghiere per lui secondo le sue intenzioni.

D. 128. Chi è il vero capo della Chiesa?

R. Il vero capo della Chiesa è Gesù Cristo in persona, che invisibilmente in essa dimora e la regge e riunisce intorno a sé i suoi membri (Matt., XXVIII, 18 e segg.; Giov., I , 33; Paolo, l. a ad Cor., IV, 1; ad Eph., I, 22; ad Coloss., I , 18: « Egli stesso è ilcapo del corpo della Chiesa »; Cat. p. parr., p. I c. X, n. 13).

D. 129. Perché il Romano Pontefice vien detto ed è il capo visibile della Chiesa e il Vicario di Gesù Cristo sulla terra?

R. Il Romano Pontefice vien detto ed è il capo visibile della Chiesa e il Vicario di Gesù Cristo sulla terra, perché, una società visibile abbisognando di un capo visibile, Gesù Cristo costituì Pietro e il suo successore sino alla fine del mondo, capo visibile di essa e vicario della sua potestà (Matt., XVI, 18; Luca, XXII, 32; Giov., XXI, 15, 17; Paolo, ad Eph., I , 22; Cat. p. parr., p. I c. X, n. 13).

D. 130. Di qual natura è dunque la potestà del Romano Pontefice nella Chiesa?

R. Il Romano Pontefice ha nella Chiesa, di diritto divino, non solo il primato di onore, ma anche quello di giurisdizione, tanto nel campo della fede e dei costumi, quanto in quello della disciplina e del governo.

D. 131. Qual è la potestà del Romano Pontefice?

R. La potestà del Romano Pontefice è suprema. piena, ordinaria e immediata, tanto su tutte e singole le Chiese, quanto su tutti e singoli i pastori e i fedeli.

(Conc. II di Lione; Prof, fidei Mich. Palæologi; Conc. di Firenze: Decret. prò Græcis; Conc. Vat.: Const. Pastor æternus, c. 3; S. Leone IX: Epist. In terra pax, 2 sett. 1053; Bonifacio VIII: Bulla Unam sanctam, 18 nov. 1302. — La potestà del Romano Pontefice vien detta ordinaria, perché non delegata da altri, ma inerente al suo stesso primato, e perché sempre e dovunque esercitabile; essa viene così ad opporsi alla potestà straordinaria, esercitata solo in certi casi, p. es. quando un qualsiasi pastore inferiore manca al suo ufficio).

D. 132. Chi sono i legittimi successori degli Apostoli?

R. I legittimi successori degli Apostoli sono per divina istituzione i Vescovi, i quali, preposti dal Romano Pontefice alle Chiese particolari, le reggono con ordinaria potestà sotto l’autorità di Lui (Atti, XX, 28; S. Ign. Mart.: Epist. ad Smyrnæos, VIII, 1; S. Ireneo, Adv. hæreses, III, I, 1. — I Patriarchi, invece, gli Arcivescovi e gli altri Prelati sono d’istituzione ecclesiastica.).

D. 133. Che cos’è dunque la Chiesa istituita da Gesù Cristo?

R. La Chiesa istituita da Gesù Cristo èla società visibile degli uomini battezzati, i quali, congiunti tra loro mediante la professione della medesima fede e il vincolo della mutua comunione, perseguono lo stesso fine spirituale, sotto l’autorità del Romano Pontefice e quella dei Vescovi aventi comunione con lui (Pio XI: Encicl. Mortalium animos, 6 genn. 1928).

D. 134. Che cosa s’intende per corpo della Chiesa?

R. Per corpo della Chiesas’intende l’elemento che è in essa visibile e rende visibile la stessa Chiesa, vale a dire gli stessi fedeli in quanto sono aggregati, il regime esterno, l’esterno magistero, la professione esterna della fede, l’amministrazione dei Sacramenti, il rito, ecc.

D. 135. Che cosa s’intende per anima della Chiesa?

R. Per anima della Chiesa s’intende ciò che è il principio invisibile della vita spirituale e soprannaturale della Chiesa, cioè il perenne aiuto dello Spirito Santo, il principio di autorità, l’interna obbedienza al governo, la grazia abituale con le virtù infuse, ecc. (Paolo: ad Rom., X I I , 4, 5; ad Eph., IV, 16).

R. La Chiesa di Gesù Cristo vien detta ed è la via, oppure il mezzo necessario per la salvezza perché Gesù Cristo istituì la Chiesa affinché in essa e per essa venissero applicati agli uomini i frutti della Redenzione; perciò nessuno di quelli che ne stanno fuori può raggiungere l’eterna salvezza, secondo l’assioma: «Fuor della Chiesa non c’è salvezza »

(Marco, XVI, 15, 16; Conc. Lat., IV: Contra Albigenses, 1. c. ; Conc. di Fir.: Decretum prò Jacobitis; Inn. III: Epist. ad Archiep. Tarracon, 18 die. 1208; Bonif. VIII: Bulla Unam Sanctam, 18 nov. 1302; Pio IX: Alloc. Singulari quadam, 9 dic. 1854; Leone XIII: Encicl. Satis cognitum, 29 giugno1896; S. Cipriano: De unitate Ecclesiæ, 6; S. Gerol., Epist., 15, 2; S. Agost. : Sermo ad Cæsar Eccl. plebeem, 6. —Quell’assiona vien meglio illustrato alla dom. 162 e segg.).

D. 137. In qual maniera la Chiesa da Gesù Cristo istituita si distingue dalle altre Chiese che pur si vantano del nome Cristiano?

R. La Chiesa istituita da Gesù Cristo si distingue dalle altre Chiese che si vantano del nome cristiano a mezzo di note — cioè l’unità, la santità, la cattolicità e l’apostolicità — note che assegnate da Gesù Cristo alla sua Chiesa, trovansi esclusivamente nella Chiesa Cattolica, cui sta a capo il Romano Pontefice.

(Sotto questo nome di Note della Chiesa vanno intese le visibili e stabili proprietà della Chiesa istituita da Gesù Cristo; parecchie ve ne sono, ma il Simbolo di Costantinopoli enumera solo le quattro citate. Così dunque la Chiesa di Cristo, per volontà del suo divin Fondatore, deve essere una, d’unità di fede, di regime e di comunione, per cui tutti i suoi membri formano un corpo sociale, vale a dire il corpo mistico di Gesù Cristo, senza che a ciò si opponga benché minimamente la differenza dei riti (Giov., X, 16; Paolo: ad Rom., XII, 5, 6; 1a ad Cor., I, 10; XII, 12, 13; ad Eph., IV, 2-16); santa, per santità di fine (la salvezza delle anime) e di dottrina sia teoretica che pratica; donde consegue la santità di molti suoi membri, spesso anche eroica, comprovata dai miracoli, (Giov., XVII, 17-19; Paolo: ad Eph., V, 25-27; ad Tit., II, 14); cattolica, ossia universale, per la sua destinazione o missione, estendentesi a tutti gli uomini in tutti i luoghi della terra, missione integrata dall’attuale mirabile diffusione, che, iniziatasi sin dai tempi apostolici, non cessò mai a traverso difficoltà d’ogni genere; per quanto la diffusione attuale dipenda, sempre sotto l’assistenza di Dio, dai mezzi umani della propaganda e quindi ammetta un incremento successivo (Matt., XXVIII, 19; Luca, XXIV, 47; Atti, I, 8; Pio XI: Encicl. Rerum Ecclesiæ, 28 febb. 1926); apostolica, per la sua origine, in quanto, fondata sul fondamento degli Apostoli, e innanzi tutto di Pietro, con perenne continuità vien retta e governata dai loro legittimi successori (Paolo: ad Eph., II, 20; Apoc, XXI, 14). Ora, una cosa è certa: che mentre tali proprietà convengono alla Chiesa Cattolica cui sta a capo il Romano Pontefice, mancano invece a tutte le false religioni che si vantano del nome Cristiano (S. Agost.: Contra epist. Manichæi, 5, e De Symbolo, sermo ad Cathech., 14; Cat. p. parr., p. I, n. 11 e segg).

D. 138. C’è un’altra via più breve e più semplice per distinguere la vera Chiesa di Cristo dalle altre Chiese?

R. Per distinguere la vera Chiesa di Cristo dalle altre Chiese c’è una via più breve e più semplice, riferendosi cioè all’essenziale e visibile capo di quella stessa Chiesa, secondo l’antico principio dei Padri: Dov’è Pietro ivi è la Chiesa (1 S. Cipriano: Epist. 40, 5; S. Abr.: In Psalm. XI, 30.)

D. 139. In qual modo ciò si può dedurre dal detto principio?

R. Facilmente ciò si può dedurre dal detto principio, perché, avendo Gesù Cristo edificato su Pietro la sua Chiesa perennemente duratura, ne consegue necessariamente che la vera Chiesa di Gesù Cristo è quella soltanto che vien retta e governata dal legittimo successore di Pietro: e questi è il Romano Pontefice.

B) – Della podestà della Chiesa.

D. 140. Di qual potestà Nostro Signor Gesù Cristo investì la sua Chiesa per farle raggiungere il fine per cui venne istituita?

R. Nostro Signor Gesù Cristo, per far raggiungere alla sua Chiesa il fine per cui venne istituita, la investì della potestà di giurisdizione e della potestà di ordine; nella potestà di giurisdizione viene inclusa la potestà d’insegnare.

(Di  insegnare: Matt., XXVIII, 19, 20; Marco, XVI, 15, 16; — di giurisdizione: Matt., XVI, 19; XXVIII, 18, 19; Giov., XXI, 15, 17; Atti, XX, 28; — d’ordine: Giov., XX, 22, 23; Matt., VIII, 18; Marco, XVI, 16; Atti, VIII, 15, 17. — Da ciò consegue che la Chiesa è una società non omogenea.).

D. 141. Che cos’è la potestà d’insegnare?

R. La potestà d’insegnare è il diritto e il dovere della Chiesa di custodire la dottrina di Gesù Cristo, di tramandarla, di difenderla e di predicarla infine ad ogni creatura, indipendentemente da qualsiasi umano potere. (Matt., 1. c.; Marc, 1. c. ; Codice D. C, can. 1322).

D. 142. Nell’esercizio della potestà d’insegnare c’è una differenza fra battezzati e non battezzati?

R. Nell’esercizio della potestà d’insegnare c’è una differenza tra battezzati e non battezzati:

1° ai battezzati la Chiesa propone ed impone la sua dottrina; essi quindi devono ammetterla, non solo in forza dalla legge divina, ma anche in forza dalla potestà che la Chiesa ha su di essi in quanto sudditi;

2° ai non battezzati, invece, questa sua dottrina la Chiesa la propone, in nome dì Dio; e costoro son tenuti ad apprenderla e ad abbracciarla non per ordine della Chiesa ma in forza della legge divina.

D. 143. Chi sono quelli che nella Chiesa hanno la potestà d’insegnare?

R. Hanno nella Chiesa la potestà d’insegnare, il Romano Pontefice e i vescovi aventi comunione con lui; perciò si dice che essi costituiscono la Chiesa docente.

(Diritto e dovere dei Pastori della Chiesa è quello di predicare il Vangelo ad ogni creatura: ai figli devoti della Chiesa il compito di aiutarli nell’esercizio di una missione così santa e salutare. Contribuisci, quindi o Cristiano, secondo le tue forze, all’azione missionaria cattolica, offrendo le tue preghiere, le tue elemosine, la tua operosa energia. Così facendo, compirai un’opera lodevolissima di misericordia tanto corporale quanto spirituale a vantaggio di tuoi fratelli che sono ancora nelle tenebre e nell’ombra della morte, servirai alla gloria di Dio e farai cosa assai raccomandata dalla Chiesa e dai Romani Pontefici.)

D. 144. E’ infallibile la Chiesa nella sua funzione d’insegnare?

R. Nella sua funzione d’insegnare e grazie alla perenne assistenza dello Spirito Santo promessa da Gesù Cristo, la Chiesa è infallibile, ogni qual volta, con ordinario ed universale magistero, oppure con solenne giudizio della suprema autorità, propone doversi da tutti ritenere le verità concernenti la fede o i costumi, siano esse in sé rivelate o connesse con le rivelate (Matt., XVI, 18; XXVIII, 19, 20; Luca, XXII, 32; Giov., XIV, 16, 26; XVI, 13; Atti, XV, 28; Adamantio, Dialog., V, 28: S. Cipr., Inter S. Cornelii Epist., Ep. 12, 14; S. Pietro Crisol.: Epist. ad Eutychen, 2.).

D. 145. A chi appartiene di pronunciare questo solenne giudizio?

R. Il pronunciare questo solenne giudizio appartiene, tanto al Romano Pontefice, quanto ai Vescovi radunati col Romano Pontefice, soprattutto nel Concilio ecumenico.

D. 146. Che cos’è il Concilio ecumenico?

R. Il Concilio ecumenico, ossia universale, è la riunione dei Vescovi di tutta la Chiesa Cattolica convocati e presieduti — direttamente o a mezzo dei suoi Legati — dal Romano Pontefice, cui spetta con la sua autorità di confermare i decreti del Concilio (Codice Dir. Can., Can. 222.).

D. 147. Quand’è che il Romano Pontefice usa della prerogativa dell’infallibilità personale?

R. Il Romano Pontefice usa della prerogativa dell’infallibilità personale quando parla ex cathedra, quando cioè, esercitando le sue funzioni di pastore e dottore di tutti i Cristiani, definisce che una data dottrina in materia di fede e di costumi deve essere ritenuta dalla Chiesa intera (Conc. Vat., Const. Pastor aeternus, cap. 4. — Questo carisma dell’infallibilità Gesù Cristo lo promise apertamente a Pietro e ai suoi successori nel primato (Luca, XXII, 32), dicendo a Simon Pietro: « Io ho pregato per te perché la tua fede non venga meno, e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli ».).

D. 148. Qual è il nostro obbligo circa le verità in materia di fede e di costumi che la Chiesa a tutti propone da credersi come divinamente rivelate?

R. Quelle verità in materia di fede e di costumi che, o per ordinario ed universale magistero o per solenne giudizio, la Chiesa a tutti propone da credersi come divinamente rivelate, noi le dobbiamo credere di fede divina e Cattolica (Conc. Vat., Const. Dei Filius, cap. 3 ).

D. 149. Come si chiama una verità così definita?

R. Una verità così definita chiamasi dogma di fede, cui direttamente viene ad opporsi l’eresia.

D. 150. Quali sono le verità in sé non rivelate, ma connesse con le rivelate?

R. Le verità in sé non rivelate, ma connesse con le rivelate, sono in primo luogo i fatti dogmatici, e le censure di quelle proposizioni che la Chiesa ha proscritte e proibite.

(Sotto questo nome di fatti dogmatici vanno intesi quei fatti definiti dalla Chiesa, i quali in sé non rivelati, pure hanno qualche nesso col dogma, ove trattisi di custodirlo, di applicarlo o di rettamente proporlo. I più importanti tra i fatti dogmatici sono: il contenere o non contenere un dato libro, proposizioni opposte al deposito della fede; l’essere veramente santi e in possesso dell’eterna gloria quegl’individui che la Chiesa canonizza con sentenza definitiva; l’essere o non essere legittimo un dato Concilio; l’essere o non essere una data edizione o versione conforme al testo della Sacra Scrittura, ecc.).

D. 151. Dobbiamo noi ammettere anche quelle verità in sé non rivelate, ma connesse con le rivelate, che la Chiesa, similmente, a tutti propone da credersi?

R. Noi dobbiamo ammettere con la bocca e col cuore anche quelle verità in sé non rivelate, ma connesse con le rivelate, che la Chiesa, similmente, a tutti propone da credersi; e ciò a causa dell’infallibilità della Chiesa, che si estende anche a queste verità (Conv. Vat., 1. c. , cap. 4°, in fine; Aless. VII: Const. Regiminis Apostolici, 15 Febbr. 1664; Clem. XI: Const. Vineam Domini Sabaoth, 16 Lug. 1705; Pio X: Decr. Lamartabili, 3Lugl. 1907, prop. 7 inter damnatas. — Ne consegue che la Chiesaha il diritto di proibire i libri, cioè d’interdire ai fedeli dileggerli o tenerli presso di loro.).

D. 152. Come dobbiamo comportarci di fronte agli altri decreti dottrinali che la Sede Apostolica, sia direttamente, sia per mezzo delle Romane Congregazioni, pubblica in materia di fede e di costumi?

R. Gli altri decreti dottrinali che la Sede Apostolica, sia direttamente, sia per mezzo delle Congregazioni Romane, pubblica in materia di fede e di costumi, noi dobbiamo accoglierli per dovere di coscienza e in ossequio alla Sede Apostolica, la quale anche in questo modo esercita il magistero commessole da Cristo Signore (Pio IX: Epist. ad Archiep. Monacen-Frisingen, 21 Die. 1863 ; Pio X, 1. c. : prop. 8 inter damnatas.).

D. 153. Che cosa possono e debbono i Vescovi, ciascuno nella propria diocesi, in forza della potestà d’insegnare?

R. Ciascuno nella propria diocesi e in forza della potestà d’insegnare, i Vescovi possono e debbono, per sé o per mezzo di altri, proporre ed inculcare ai loro sudditi, secondo i bisogni, le verità concernenti la fede e i costumi ricevute dalla Chiesa, reprimere le pericolose novità nel campo della dottrina e, se sia il caso, deferirle alla suprema autorità della Chiesa (Cod. Dir. Can., can. 336, 343).

D. 154. Che cosa significa nella Chiesa la potestà di giurisdizione?

R. Potestà di giurisdizione nella Chiesa significa che il Romano Pontefice e i Vescovi, il primo nella Chiesa intera, i secondi nelle rispettive diocesi, posseggono la potestà di reggere, vale a dire la potestà legislativa, giudiziaria, coattiva e amministrativa, e questo per poter raggiungere il fine stesso della Chiesa (Cod. Dir. Can., can. 335).

D. 155. Che cos’è la potestà di ordine?

R. La potestà di ordine è quella di compiere le sacre funzioni, soprattutto nel ministero dell’altare, potestà che commessa alla Sacra Gerarchia, e massime ai Vescovi col sacramento dell’Ordine, tende direttamente a procurare la santificazione delle anime mediante l’esercizio del culto divino e l’amministrazione dei sacramenti e dei sacramentali; il che chiamasi cura delle anime(La potestà di ordine, rispetto al suo lecito esercizio, è subordinata alla potestà di giurisdizione.)

D. 156. Quali sono i coadiutori dei Vescovi nella cura delle anime?

R. I coadiutori dei Vescovi nella cura delle anime sono i sacerdoti, e massime i parroci soggetti ai Vescovi a norma dei sacri canoni (Gli stessi fedeli cristiani d’ambo i sessi possono efficacemente coadiuvare il ministero della Chiesa, sia con la loro azione personale intesa al bene spirituale del prossimo, sia per mezzo dell’azione Cattolica propriamente detta, tanto caldamente raccomandata dal Sommo Pontefice e alla quale lo stesso S. Paolo apertamente allude nella Lettera ai Filippesi. I fedeli Cristiani s’iscrivano quindi a quest’azione Cattolica ogni qualvolta lo possano; in tal modo, col prestare ai Vescovi la loro obbedienza, coll’osservare religiosamente le superiori norme emanate dall’Apostolica Sede, essi contribuiranno efficacemente al raggiungimento del fine della Chiesa, cioè al trionfo di Gesù Cristo sulla terra per la salvezza del genere umano.).

C) – Dei membri della Chiesa.

D. 157. Quali sono i membri della Chiesa istituita da Gesù Cristo?

R. I membri della Chiesa istituita da Gesù Cristo sono i battezzati, fra loro congiunti mediante il vincolo dell’unità della fede e della comunione cattolica.

D. 158. Chi sta fuori della Chiesa istituita da Gesù Cristo?

R. Stanno fuori della Chiesa istituita da Gesù Cristo:

i non battezzati;

gli apostati dichiarati, gli eretici, gli scismatici e gli scomunicati vitandi (S. Agost.: De fide et symbolo, 21; Cod. Dir. Can., can. 87; Cat. p. parr., p. I, c. IX, n. 9. — Il non battezzato è semplicemente fuori della Chiesa, per quanto, mercé l’aiuto della grazia, e per mezzo della carità, possa appartenere all’anima di essa. Il battezzato, invece, per il fatto di aver ricevuto validamente il Battesimo, viene aggregato al corpo mistico di Cristo, cioè alla Chiesa. Tale aggregazione è perpetua, e l’indelebile Carattere del Battesimo lo indica; da ciò segue che il battezzato appartiene sempre alla Chiesa in qualche modo. Ma egli può da sé separarsi dalla Chiesa, spezzando l’unione di fede e di comunione, con l’apostasia, l’eresia, lo scisma: può d’altra parte la suprema autorità ecclesiastica privarlo per gravissimo peccato di tutti i diritti dei fedeli ed escluderlo in tal modo dalla loro comunione. Costui allora vien realmente posto fuori della Chiesa, ma sempre con l’obbligo stretto di tornarvi, ottenendone la riconciliazione, quando abbia rinunziato alla sua contumacia e rimanendo intanto sottoposto alla Chiesa; così. come il transfuga o disertore, il quale, pur essendo realmente fuori dall’esercito, deve rientrare nei ranghi, e, pur privato dei privilegi degli altri soldati, rimane tuttavia soggetto ai capi della milizia, e passibile delle loro punizioni.)

D. 159. Chi sono gli apostati, gli eretici, gli scismatici, gli scomunicati vitandi?

R. Gli apostati sono quei battezzati che si sono del tutto allontanati dalla fede cristiana; gli eretici, coloro che pertinacemente negano qualche dogma della fede, o di esso dubitano; gli scismaticicoloro che ricusano di sottostare al Romano Pontefice, o di comunicare coi membri della Chiesa a Lui soggetti; gli scomunicati vitandi, coloro che a norma dei sacri canoni sono colpiti da questa censura (Cod. Dir. Can.: can. 2257 e segg.; can. 1325, § 2).

D. 160. Tutti costoro rimangono tenuti alle leggi della Chiesa?

R. Tutti costoro rimangono tenuti alle leggi della Chiesa in qualità di suoi sudditi, anche se ribelli, a meno che la Chiesa, espressamente o tacitamente, li ritenga esenti dalla sua legge.

D. 161. Gli scomunicati tollerati sono essi membri della Chiesa?

R. Gli scomunicati tollerati sono membri della Chiesa; vengono però esclusi da quegli effetti della comunione dei fedeli che i sacri canoni enumerano, né possono ricuperarli a meno di recedere dalla loro ostinazione e di essere assolti da tale gravissima pena.

D. 162. L’adulto che muore senza il sacramento del Battésimo, può esso salvarsi?

R. L’adulto che muore senza il sacramento del Battesimo può salvarsi, non solo se abbia la fede nelle verità che sono necessariamente da credersi di necessità di mezzo e la carità che supplisce al Battesimo stesso, ma anche se, per l’operante virtù della luce e della grazia divina, nell’ignoranza invincibile della vera religione e pronto ad obbedire a Dio, avrà fedelmente osservato la legge naturale.

(S. Tom.: De verit., q. 14, a. II, ad I.um, così insegna trattando il caso di coloro che cresciuti, ad esempio, in mezzo alle foreste, mai giunsero a conoscere la vera Chiesa, esclusa naturalmente ogni colpa da parte loro: « Spetta alla divina « Provvidenza di fornire a ciascun uomo i mezzi necessari per « salvarsi, purché ciò stesso non venga dall’uomo impedito. Se « infatti un uomo cresciuto in mezzo alle foreste, seguisse, nel « desiderio del bene e nella fuga dal male, la guida della ragione naturale, è da ritenersi con assoluta certezza che Dio, o « gli rivelerebbe mediante un’ispirazione interna le cose necessarie da credersi, o metterebbe sul suo cammino un predicatore della fede, come fece per Cornelio spedendogli Pietro » — Inn. II: Epist. Apostolicam Sedem, ad Episc. Cremon,; Pio IX: Epist. Quando conficiamur, ad Episcopos Italiæ, 10 ag. 1863.).

D. 163. Un adulto validamente battezzato, ascritto senza sua colpa ad una setta eretica o scismatica, può salvarsi?

R. Un adulto validamente battezzato, ascritto senza sua colpa ad una setta eretica o scismatica, può ugualmente salvarsi, qualora non abbia perduto la grazia ricevute nel Battesimo, o, perdutala peccando, la recuperi mediante la debita penitenza.(Pio IX, 1. c. -— Tale penitenza sarà, o la contrizione perfetta, assieme al voto — in questa contenuto — di venir alla Chiesa di Cristo e di ricevere il Sacramento della Penitenza, oppure la contrizione imperfetta e quello stesso Sacramento realmente ricevuto.)

D. 164. Che dire di coloro che, pur avendo conosciuta la verità della Chiesa di Gesù Cristo, volontariamente ne stanno fuori?

R. Coloro che, pur avendo conosciuta la verità della Chiesa di Gesù Cristo, volontariamente ne stanno fuori, peccano gravemente e non possono quindi salvarsi qualora perseverino in questo loro stato.

D. 165. Coloro che stanno fuori della Chiesa di Gesù Cristo, e ne hanno però qualche conoscenza, a che cosa sono tenuti?

R. Coloro che stanno fuori della Chiesa di Gesù Cristo, e ne hanno però qualche conoscenza, sono tenuti a cercare sinceramente la verità nel Signore, ad ammaestrarsi secondo le loro possibilità nella dottrina di Cristo quale gli vien proposta, e ad entrare nella Chiesa di Cristo quando l’abbiano riconosciuta per vera.

D) – Della distinzione che passa fra la Chiesa e lo Stato e della competenza dell’una e dell’altra società.

D. 166. La Chiesa istituita da Gesù Cristo è distinta dallo Stato?

R. La Chiesa istituita da Gesù Cristo è distinta dallo Stato; non può tuttavia lo Stato né essere, né venir costituito separato di diritto dalla Chiesa, benché, in speciali e gravi circostanze, possa tale separazione venir talvolta tollerata od anche preferita. – (Spieghiamo qui brevemente la dottrina circa le mutue relazioni fra Chiesa e Stato in base ai numerosi documenti pontifici, soprattutto di Leone XIII, Encicl. Immortale Dei, 1 nov. 1885; Encicl. Au milieu, 16 febb. 1892; Epist. Longiqua oceani, 1895. Mentre la Chiesa si prefigge come suo prossimo fine la santificazione soprannaturale delle anime, condizione necessaria e misura dell’eterna felicità da raggiungersi in cielo, lo Stato invece ha per fine prossimo il comune bene temporale, anche d’ordine morale, coll’osservanza dell’ordine giuridico e supplendo all’insufficienza dei singoli uomini e delle famiglie.Ora, per quanto il compito diretto ed essenziale della Chiesa sia quello di curare la santificazione soprannaturale delle anime, pur tuttavia essa promuove anche il bene comune sia pubblico che privato, e in maniera così reale, così efficace che più non potrebbe se quello fosse il suo compito diretto, per esempio quando ai singoli potentemente inculca l’obbligo di compiere il proprio dovere qualunque esso sia; così pure lo Stato il quale, mentre direttamente procura il bene comune temporale, nello stesso tempo indirettamente coopera alla soprannaturale santificazione delle anime. Atteso dunque che le società si distinguono per il loro fine prossimo, e che il fine della Chiesa è distinto da quello dello Stato, ne viene di conseguenza che sono società fra sé distinte: la prima è una società spirituale e soprannaturale; la seconda una società naturale e temporale; ciascuna nel suo genere è una società perfetta col massimo della potestà correlativa, poiché tanto l’una quanto l’altra possiede in sé e per sé i mezzi necessari a conseguire il rispettivo fine. Questa distinzione tuttavia non va intesa nel senso che lo Stato possa comportarsi quasi fosse del tutto separato dalla Chiesa, come se Dio non esistesse, e trascurare la religione come cosa del tutto estranea e senza interesse alcuno, oppure tra le varie religioni sceglierne una a piacere; deve infatti anche lo Stato, non meno dei singoli cittadini, onorare Dio a mezzo di quella religione che, voluta da Lui, offre certi indubitabili indizi di essere fra tutte l’unica e sola vera; e questa è esclusivamente la vera Chiesa di Gesù Cristo. Una separazione giuridica fra Chiesa e Stato può tollerarsi solo in speciali e gravi contingenze, quando cioè tale separazione serva ad evitare mali maggiori, sempre che alla Chiesa venga assicurata la libertà di vivere e di agire. Pertanto, poiché la società spirituale e soprannaturale, per ragionedel fine superiore a cui tende, sorpassa in eccellenza e nobiltà la società temporale, lo Stato, nato per l’utile comune, deve procurare il bene temporale dei cittadini non creando mai impedimenti al fine della Chiesa, anzi facilitandone in ogni modo il conseguimento.)

D. 167. Quali sono i principi che definiscono la competenza delle due Società?

R. I principi che definiscono la competenza delle due Società sono i seguenti:

1° quanto spetta alla salute delle anime e al culto di Dio appartiene alla potestà della Chiesa.

2° Tutto il resto, nel campo civile e politico, appartiene alla potestà dello Stato.

3° Ove i due diritti s’incontrano, natura vuole, ed esige il divino volere, che fra l’una e l’altra potestà regni la concordia, mercé la quale vengono evitate contese funeste ad ambedue. (Leone XIII: Encicl. Diuturnum illud, 29 giug. 1881, e Encicl. Immortale Dei, 1 nov. 1885 Pio X: Encicl. Vehementer, 16 feb. 1906).

D. 168. E’ la Chiesa competente anche negli affari di natura civile e politica?

R. Anche negli affari di natura civile e politica la Chiesa è competente, qualora tali affari presentino qualche nesso con la regola della fede e dei costumi e quindi con la salute delle anime.

D. 169. A chi appartiene di giudicare se esiste o no il detto nesso?

R. Il giudicare se esiste o no il detto nesso appartiene alla Chiesa, al cui magistero e governo non è lecito ai Cattolici di rifiutare ossequio (Pio IX: Epist. Gravissimas inter, 11 dic. 1862; Leone XIII: Encicl. Immortale Dei, 1 nov. 1885).

Art. 3. — DELLA COMUNIONE DEI SANTI.

D. 170. In qual modo la seconda parte dell’articolo nono: la Comunione dei Santi si riconnette alla prima?

R. La seconda parte dell’articolo nono: la Comunione dei Santisi riconnette alla prima in quanto ne è unaspiegazione: vi s’insegna infatti quali vantaggi ricavanoi membri della Chiesa dalla santificazione in essa e a mezzodi essa ottenuta (Cat. p. parr., p. I, a. IX, n. 23, 24).

D. 171. Che cosa crediamo in questa seconda parte dell’articolo nono?

R. In questa seconda parte dell’articolo nono noi crediamo che fra i membri della Chiesa e in forza dell’intima unione che li congiunge fra loro sotto l’unico Capo Cristo, esiste una comunicazione di beni spirituali (Paolo: ad Rom., XII, 4, 5; I.a ad Cor., XII, 11-31; ad Eph., IV, 4-13; Cat. p. parr., p. I, c. X , n. 24, 25. — I comunibeni spirituali della Chiesa sono: gl’infiniti meriti di Gesù Cristo,i meriti sovrabbondanti della beata Vergine Maria e deiSanti, le indulgenze, le preghiere e le opere buone che si fannonella Chiesa, i Sacramenti, il sacrificio della Messa, le pubblichepreci e i riti esterni: tutte cose che stabiliscono come unsacro vincolo di unione tra i fedeli e Cristo e i fedeli tra loro.).

D. 172. Tutti i membri della Chiesa godono di questa comunione?

R. Non tutti i membri della Chiesa godono pienamente di questa comunione ma quelli soli che trovansi in istato di grazia: ecco perché la detta comunione si chiama Comunione dei Santi.

D. 173. Chi è in peccato mortale è privato di detta comunione?

R. Chi è in peccato mortale non è del tutto privato di detta comunione, in quanto può essere aiutato a ricuperare la grazia e dalle pubbliche preci della Chiesa e dalle preci e opere buone di chi sta in grazia di Dio.

D. 174. V’è comunione con quelli che sono in possesso della gloria del Paradiso?

R. V’è comunione con quelli che sono in possesso della gloria del Paradiso in quanto, mentre noi li onoriamo e li invochiamo con supplice cuore, essi intercedono per noi presso Dio (Tob., XII, 12; Eccl., XLIV, 1; Dan., III, 35; II Macc, XV, 14; Apoc, V, 8; VIII, 3; Conc. di Tr., sess. XXV: De invoc. Vener… Sanctorum; S. Gerol.: Contra Vigilantium, 6).

D. 175. V’è comunione anche con le anime trattenute in Purgatorio?

R. V’è comunione anche con le anime trattenute in Purgatorio, in quanto noi possiamo aiutarle coi nostri suffragi, cioè con il sacrificio della Santa Messa, indulgenze, orazioni, elemosine ed altre opere di pietà e di penitenza; esse ci aiutano presso Dio con le proprie orazioni (S. Cirill. Geros.: Cathecheses, V, 8; S. Agost.: De Civitate Dei, XX, 9, 2. )

D. 176. Quali sono le orazioni che i fedeli sogliono più di frequente recitare per le anime trattenute in Purgatorio?

R. Le orazioni che i fedeli sogliono più di frequente recitare per le anime trattenute in Purgatorio sono il salmo De profundise quest’altra breve orazione: « L’eterno riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Così sia ». (« Santo…. e salutare è il pensiero di pregare per i defunti »; II Machab., XII, 46. — Santissimo ufficio di carità quello di aiutare coi nostri suffragi le anime del Purgatorio, specie quando si tratti di coloro cui ci unì qualche vincolo di parentela o l’obbligo della gratitudine. E oltre che santissimo, saluberrimo, in quanto con questa nostra carità verso anime a Dio tanto care, ci conciliamo la benevolenza di Dio e l’attiva riconoscenza di quelle stesse anime sante.).

Art. 4. — DELLA REMISSIONE DEI PECCATI.

D. 177. Che cosa crediamo nel decimo articolo del Simbolo: La remissione dei peccati?

R. Nel decimo articolo del Simbolo: La remissione dei peccati, noi crediamo esservi nella Chiesa la verapotestà di rimettere i peccati in virtù dei meriti di GesùCristo (Matt., XVI, 19; XVIII, 18; Giov., XX, 23; Conc. Lat. IV, c. I ; Conc. di Tr., sess. XIV, c. 1 e can; S. Leone IX: Symbolum fidei.).

D. 178. Con quali mezzi otteniamo noi nella Chiesa la remissione dei peccati?

R. Noi otteniamo nella Chiesa la remissione dei peccati mortali a mezzo dei Sacramenti a questo scopo istituiti da Nostro Signor Gesù Cristo, oppure mediante un atto di contrizione perfetta unitamente al proposito di ricevere i detti Sacramenti; possiamo poi ottenere la remissione dei peccati veniali anche a mezzo di altri atti di religione, sempre rimanendo il debito della pena temporale da saldarsi da ognuno in questa vita o nell’altra, vale a dire in Purgatorio (Ad ottenere la remissione dei peccati veniali basta nell’uomo giusto un atto qualsiasi compiuto col soccorso della divina grazia, purché in tale atto sia contenuta, per lo meno implicita, la detestazione della colpa. Il perdono quindi dei peccati leggeri può venir impetrato non solo a mezzo dei Sacramenti che conferiscono la grazia, ma anche a mezzo di atti cui vada congiunta una qualche detestazione della colpa, quale, per esempio: il recitare il Pater Noster o il Confiteor, il percuotersi il petto, ecc.; o ancora a mezzo di atti con cui si esprima la riverenza verso Dio e le cose divine: per esempio: la benedizione del sacerdote, l’aspersione dell’acqua benedetta, una qualsiasi unzione sacramentale, un’orazione in una Chiesa dedicata…. (S. Tom., Suppl., p. III q. 87, a. 3).

Art. 5. — DELLA RISURREZIONE DEI MORTI E DELLA VITA ETERNA.

D. 179. Che cosa crediamo nell’undecimo articolo del Simbolo: la risurrezione della carne?

R. Nell’undecimo articolo del Simbolo: la risurrezione della carne, noi crediamo che alla fine del mondotuti i morti verranno richiamati alla vita e risorgerannoper il giudizio universale, ogni anima venendo a riprendere,per non più separarsene, quel corpo stesso cui erastata congiunta nella vita presente (Giobbe, XIX, 25-27; Matt., X III, 40-43; Giov., V, 28,29; VI, 39, 40; Atti, XXIV, 15; Paolo, J . a ad Cor., XV, 12 e segg.; Conc. Lat., IV, cap. I; S. Leone IX, 1. e ; Inn. III: Profess. fidei Waldensibus præscripta; S. Cirillo Aless., In Joan, VIII, 51; S. Giov. Cris.: De resurect. mortuorum, 8; Cat. p. parr., p. I, c. XII, n. 6 e segg.).

D. 180. Per qual virtù avverrà la risurrezione della carne?

R. La risurrezione della carne avverrà per la divina virtù di Gesù Cristo, il quale, come suscitò dai morti il proprio corpo, così pure susciterà alla fine del mondo i corpi di coloro che dovrà giudicare (Giov., V , 28, 29; S. Giov. Cris., 1. c, 7; S. Tom., p. 3, q. 56, a. I.)

D. 181. Per qual ragione Iddio ha voluto che i corpi dei morti risuscitassero?

R. Dio ha voluto che i corpi dei morti risuscitassero affinché tutto l’uomo raggiungesse eternamente, a seconda dei suoi meriti, o il premio in Paradiso o la pena nell’Inferno.

D. 182. I corpi dei morti risorgeranno tutti allo stesso modo?

R. I corpi dei morti risorgeranno tutti immortali, ma solo i corpi degli eletti, a somiglianza di quello di Cristo, risorgeranno muniti delle doti del corpo glorioso (Paolo, I ad Cor., XV, 52; ad Philipp., III, 21; Apoc, XX, 12, 13; S. Cirillo Ger.: Cathecheses, XVIII, 18-19).

D. 183. Quali sono le doti del corpo glorioso?

R. Quattro doti si enumerano di solito del corpo glorioso: l’impassibilità, la chiarezza, l’agilità e la sottigliezza.

(Paolo, I ad Cor., XV, 42-44. — Il Catechismo dei parroci, p. I, c. XII, n. 13, chiarisce l’argomento come segue: « La impassibilità farà sì che il corpo glorioso non potrà più assolutamente patire, né essere afflitto dal benché minimo dolore o disagio. All’impassibilità segue la chiarezza, che è un fulgore ridondante nel corpo come conseguenza della somma felicità dell’anima, così che può dirsi che la chiarezza sia un comunicarsi al corpo della beatitudine di cui l’anima gode. Alla chiarezza va congiunta l’agilità, grazie alla quale il corpo potrà muoversi con la massima facilità in qualunque senso l’anima vorrà. Aggiungesi infine la sottigliezza, in virtù della quale il corpo verrà assoggettato all’impero dell’anima, pronto a servirla, ad ogni suo comando ». S. Tom.: Suppl., q. 82 e segg.)

D. 184. Che cosa crediamo nell’ultimo articolo del Simbolo: La vita eterna?

R. Nell’ultimo articolo del Simbolo: la vita eterna, noi crediamo che dopo la morte è preparato agli elettiin Paradiso una felicità perfetta e senza mai fine, mentreinvece le pene eterne dell’Inferno attendono i reprobi.

(Matt., XXV, 46; S. Pietro Canisio, De fide et symbolo fidei, n. XXI: « Quando trattisi di raggiungere quella vita, nessun’operadi pietà è troppo ardua per il vero credente, nessuntravaglio troppo grave, nessun dolore troppo acerbo, nessuntempo troppo lungo e molesto all’agire e al patire. Che se nullariteniamo di più dolce, di più desiderabile della vita presente,piena d’altronde di calamità, che cosa dunque dovremopensare di quell’altra donde è bandito il più lontano timore ol’eco più lontana del male, ove senza fine celesti ed ineffabiligioie, delizie e godimenti d’ogni sorta per sempre abbonderanno?»).

D. 185. Che cosa significa la parola Amen alla fine del Simbolo?

R. La porla Amen alla fine del Simbolo significa che ogni e singola cosa contenuta nel Simbolo, è vera, e che noi la crediamo e professiamo senza il benché minimo dubbio.

D. 186. Per conseguire la vita eterna basta credere quel che è da credersi?

R. Per conseguire la vita eterna non basta credere quel che è da credersi; ma bisogna inoltre osservare quanto Dio stesso e la Chiesa hanno comandato di operare (Matt., V, 16; VII, 26, 27; IX, 15; XXV, 35 e segg.; Giac, II, 14 e segg.).

IL CATECHISMO CATTOLICO DEL CARDINAL GASPARRI (9)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.