IL CATECHISMO CATTOLICO DEL CARDINAL GASPARRI (7)

IL CATECHISMO CATTOLICO

A CURA DEL CARDINAL PIETRO GASPARRI (7)

PRIMA VERSIONE ITALIANA APPROVATA DALL’AUTORE 1932 COI TIPI DELLA SOC. ED. (LA SCUOLA) BRESCIA

Brixiæ, die 15 octobris 1931.

IMPRIMATUR

+ AEM. BONGIORNI, Vie. Gen

III.

CATECHISMO PER GLI ADULTI DESIDEROSI DI APPROFONDIRSI NELLA CONOSCENZA DELLA DOTTRINA CATTOLICA.

CAPO III.

SEZIONE 2a . — Degli altri sei articoli del Simbolo, che contengono la dottrina circa la seconda Persona della Santissima Trinità e l’opera della Redenzione.

Art. 1. — Dì GESÙ CRISTO E DELLA SUA DIVINITÀ.

D. 79. Che cosa crediamo nel secondo articolo del Simbolo: E in Gesù Cristo, suo unico Figliuolo, Signore nostro?

R. Nel secondo articolo del Simbolo: E in Gesù Cristo, suo unico Figliuolo, Signore nostro, noi crediamo che il Figliuol di Dio, quello stesso che fattosi uomo chiamasi Gesù Cristo, è l’unico Figliuolo del Padre, Signor nostro,vero Dio da vero Dio, nel quale noi crediamo come nel Padre. (Giov., I, 1, 14; Paolo: ad Eph., I , 20-23; ad Coloss., I, 13-20; la ad Tim., VI, 15, 16.)

D. 80. Perché crediamo in Gesù Cristo come in Dio Padre?

R. Crediamo in Gesù Cristo come in Dio Padre, perché Gesù Cristo è vero Dio come il Padre, unico Dio col Padre (Giov., I, 1; X, 30).

D. 81. In qual modo si prova che Gesù Cristo è il Messia, cioè il Redentore del genere umano, promesso da Dio nell’Antico Testamento?

R. Si prova che Gesù Cristo è il Messia, cioè il Redentore del genere umano, promesso da Dio nell’Antico Testamento, principalmente dalle profezie riguardanti il Redentore, che si compirono esattamente in Gesù Cristo; nonché dalla testimonianza di Gesù Cristo medesimo

(I profeti avevano predetto che il Messia sarebbe nato nella città di Betleem (Mich., V , 2), da una vergine (Is., VII, 14), dalla stirpe di Davide (Is., XI, 1); che sarebbe stato un gran dottore (Is., LXI, 1), avrebbe operato miracoli (Is. XXXV, 5-6), avrebbe sofferto i più atroci dolori (Is., L, 6; LIII, 11-12), sarebbe morto (Sal., XXI, 1 e segg.), risuscitato (Salm., XV, 10, LXVIII, 22), asceso in cielo (Sal., CIX, 1; Att., II, 24). Queste e tante altre cose ancora, predette dai profeti del Messia, si compirono perfettamente in Gesù Cristo. Inoltre ci sono le testimonianze dello stesso Gesù Cristo: ad esempio: Matt., XI, 3-6; XVI, 13-19; XXVI, 63, 64; Marco, XXIV, 26; Giov., IV, 25, 26; XI, 25; XIV, 9, 10; XVI, 15).

D. 82. Quali sono i principali argomenti che ci muovono ad ammettere la divinità di Gesù Cristo?

R. I principali argomenti che ci muovono ad ammettere la divinità di Gesù Cristo sono:

il costante magistero della Chiesa Cattolica;

le profezie dell’Antico Testamento, nelle quali viene preannunziato il promesso Redentore come vero Dio (Salmo II, 7; XLIV, 7; CIX, 3; Is., IX, 6, 7; XL, 3 11.);

3° la testimonianza di Dio Padre quando dice: « Questo è il mio Figliuolo diletto nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo!» (Matt., III, 17; XVII, 5; Marco, I, 11);

la testimonianza di Gesù Cristo medesimo comprovata dalla santità della sua risurrezione (Matt., XI, 25-27; XVI, 13-19; XXVI, 63-65; Luca, XXII, 66-71; Giov., V, 18, 19, 23; X, 30);

5 ° la dottrina degli Apostoli confermata dai miracoli. (4 Giov., XX, 31; la di Giov., I V , 15; V, 20; Paolo, ad Rom., IX, 5 ; ad Philipp., II, 6-7 ; ad Hebr., I, 2)

6 ° la confessione d’innumerevoli martiri;

la mirabile propagazione e conservazione della Chiesa di Cristo.

D. 83. Perché il Figliuolo di Dio, fattosi uomo, fu chiamato Gesù?

R. Il Figliuolo di Dio, fattosi uomo, per espressa volontà di Dio, fu chiamato Gesù, vale a dire Salvatore, perché con la sua passione e morte ci salvò dal peccato e dall’eterna dannazione (Matt., I, 21; Paolo: ad Philipp., II, 8-11; Catech. p. parr., p. I, c. III, n. 6).

D. 84. Perché Gesù è detto anche Cristo?

R. Gesù è detto in greco Cristo, in ebraico Messia, in latino Unctus, perché in antico, re, sacerdoti e profeti venivano unti; e Gesù è difatti re, sacerdote e profeta (Esodo, XXX, 30; 1.° dei Re, IX, 16; XVI, 3; 3.° dei Re,XIX, 16; Atti, X, 38; Paolo: ad Hebr., I, 9; Catech. p. parr., p. I, c. III, n. 7.

D. 85. Perché Gesù Cristo è detto Signore nostro?

R. Gesù è detto Signore nostro, perché, in quanto Dio, Egli è il creatore e il conservatore di tutte le creature, con assoluta potestà su di esse; in quanto Uomo-Dio, Egli è il Redentore di tutti gli uomini, sicché giustamente Lo si chiama e venera come: « Re dei re e Dominatore dei dominanti »

(Matt., XXV, 34; XXVIII, 18; Giov., XVIII, 37; Paolo: ad Philipp., II, 6 – 11; ad Coloss., I, 12 – 20; Ia ad Tim., VI, 15; Apoc, I, 5; XLX, 16; Pio XI: Encicl. Quas Primas, 11 dic. 1925; Cat. p. parr., p. I, c. III, n. 11).

D. 86. Perché la seconda Persona della santissima Trinità è chiamata Verbo del Padre?

R. La seconda Persona della santissima Trinità è chiamata Verbo del Padre, perché procede dal Padre come atto d’intelletto, quale concetto della mente, così come in noi l’interno concetto della mente chiamasi verbo(Giov., I , 1 e segg.; l a di Giov., I , 1; Apoc, XIX, 13; S. Tom., p. la, q. 34, a. I, 2).

Art. 2. — DELL’INCARNAZIONE E DELLA NATIVITÀ DEL FIGLIUOLO DI DIO.

D. 87. Che cosa crediamo nel terzo articolo del Simbolo: Il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine?

R. Nel terzo Articolo del Simbolo: II quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, noi crediamo che il Figliuolo di Dio, al disopra di qualsiasi ordine naturale e per virtù dello Spirito Santo, assunse l’umana natura, vale a dire corpo e anima, nel purissimo grembo della beata Vergine Maria e che da essa nacque.

 (Matt., I, 20, 21; Luca, I, 31, 35. — Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, volle nascere in Betlemme di Giuda; e poiché non vi era luogo per lui all’albergo, dalla beata Vergine Maria fu posto a giacere in una mangiatoia d’animali, per insegnare agli uomini con questo suo esempio, dato sin dalla nascita, l’umiltà e la fuga degli onori e dei piaceri di questo mondo.).

88. Come si chiama il mistero per cui il Figliuolo di Dio fecesi uomo?

R. Il mistero per cui il Figliuolo di Dio fecesi uomo si chiama la divina Incarnazione del Verbo.

D. 89. Il Figliuolo di Dio, fattosi uomo, cessò di essere Dio?

R. Il Figliuolo di Dio, fattosi uomo, non cessò di essere Dio, ma, pur rimanendo vero Dio, cominciò a essere anche vero uomo (S. Efrem: In Hebdom. sanctam, VI, 9).

D. 90. Quante Nature e quante Persone vi sono in Gesù Cristo?

R. In Gesù Cristo due sono le Nature: la divina e l’umana, ma una sola Persona, cioè la Persona del Figlio di Dio (Conc. di Calcedonia: Definitio de duabus naturis Christi; Conc. III di Costant.: De duabus voluntatibus Christi; Conc. Later., IV, c. I; S. Leo IX, Symbolum fidei. « Poiché, dice il Simbolo Atanasiano, allo stesso modo che anima razionale e carne come sono un sol uomo, così Dio ed uomo sono un sol Cristo».).

D. 91. Per qual ragione il Figliuolo di Dio si degnò di assumere l’umana natura?

R. Il Figliuolo di Dio si degnò di assumere l’umana natura « per noi uomini e per la nostra salvezza »; in altri termini: per offrire a Dio una degna soddisfazione dei peccati, per ammaestrare gli uomini nella via della salvezza mediante la predicazione e gli esempi, per riscattarli dalla schiavitù del peccato mediante la sua passione e morte, per ricostituirli nella grazia di Dio e così ricondurli alla gloria del Paradiso (Gesù Cristo, Redentore dell’uman genere, per merito 0della sua passione e morte, volle bensì che fosse restituita quella giustizia e santità in cui il primo uomo era stato costituito, non però l’integrità di natura. Per il Battesimo, dunque, vien distrutto quanto può aver carattere di peccato, ma rimane il fomite della concupiscenza, perché questa, rimasta per la lotta, non ha forza di nuocere a chi, non acconsentendovi, virilmente la respinge con la grazia di Gesù Cristo; non solo, ma chi giustamente avrà combattuto, verrà coronato (Conc. di Trento, Sess. V). Ancora: la Redenzione non restituì all’umana natura l’immunità dalla morte e dagli altri dolori della vita, cui vollero soggiacere lo stesso divin Redentore e la stessa sua Madre. (S. Epif., Ancoratus, 93).

D. 92, Fu necessaria l’incarnazione del Verbo per la condegna soddisfazione dei peccati?

R. Per la condegna soddisfazione dei peccati fu necessaria l’incarnazione del Verbo, perché non poteva una semplice creatura fornire una condegna, ossia adeguata, soddisfazione dei peccati.

D. 93. Perché una semplice creatura non poteva fornire condegna, ossia adeguata soddisfazione dei peccati?

R. Una semplice creatura non poteva fornire condegna, ossia adeguata, soddisfazione dei peccati, perché il peccato mortale è di una gravità in un certo senso infinita, se si guarda l’infinita Maestà da esso offesa.

(S. Tommaso, p. IIIa q. I , a. 2, ad 2um: « Il peccato commesso contro Dio ha certo carattere d’infinità per l’infinità stessa della maestà divina: l’offesa infatti tanto più è grave quanto più è grande Colui contro il quale si manca: per aver quindi una condegna soddisfazione fu necessario che l’atto di chi sodisfaceva avesse un valore infinito…. »).

D. 94. Perché l’opera dell’Incarnazione viene attribuita allo Spirito Santo?

R. Per quanto solo il Figliuolo di Dio abbia assunta l’umana natura e l’opera dell’Incarnazione — come d’altronde qualsiasi opera ad extra — sia di tutta la Trinità, tuttavia l’opera dell’Incarnazione viene, per titolo speciale, attribuita allo Spirito Santo, in quanto lo Spirito Santo è l’Amore del Padre e del Figliuolo; e l’opera dell’Incarnazione manifesta precisamente l’immenso e singolare amore di Dio verso di noi (Paolo, I. ad Tim., III, 16; Leone XIII, Encicl. Divinum illud munus, 9 maggio 1897; Cat. p. parr., p. I. a, c. IV, n. 3.)

D. 95. La beata Vergine Maria è vera Madre di Dio?

R. La beata Vergine Maria è vera Madre di Dio, perché concepì e partorì, secondo l’umana natura, Gesù Cristo Signor nostro, il quale è vero Dio e vero uomo.

 (Luca, I, 31, 35; II, 7; Conc. di Ef.: Anathematismi Cyrilli, can. I; Conc. II di Costant.: Tria capitala, can. 6; Conc.III di Costant.: Definitio de duabus voluntatibus Christi; S.Gregorio Naz.: Epist. 101; S. Giov. Dam.: Oratio prima de Virginis Mariæ nativitate. – I misteri della divina Incarnazione di Gesù Cristo e della divina Maternità della beata Vergine Maria vengono così esposti brevemente nel Catechismo per i parroci, p. I, c. IV, n. 4: Non appena la beata Vergine Maria, nel dare il suo assenso alle parole dell’Angelo, disse: Ecco l’ancella del Signore, sia fatto a me secondo la tua parola, immediatamente, cioè in quello stesso primissimo istante, per virtù dello Spirito Santo, dal purissimo seno della beata Maria Vergine, venne formato il santissimo Corpo di Cristo, congiunta al corpo la sua anima umana (creata dal nulla) e unita al corpo e all’anima la divinità. Perciò nel medesimo istante di tempo si ebbe un Dio perfetto e un uomo perfetto, e la beata Vergine Maria fu veracemente e propriamente chiamata Madre di Dio e dell’uomo, per aver concepito in quello stesso momento un uomo che era Dio.).

D. 96. S. Giuseppe fu padre di Gesù Cristo?

R. S. Giuseppe non fu, a titolo di generazione, padre di Gesù Cristo; tuttavia così vien chiamato, perché, vero sposo della beata Vergine Maria, esercitò ne’ riguardi di Lui i diritti e i doveri di un padre, come capo di quella società coniugale ch’era stata direttamente preordinata allo scopo di accogliere, difendere e nutrire Gesù Cristo (Luca, III, 23. — Andate a Giuseppe, dice la Chiesa ai fedeli bisognosi di grazie, come altre volte diceva il Faraone agli affamati Egiziani, quando li rimandava a quell’antico Giuseppe. Né è da dubitarsi che il santissimo Patriarca accolga ognora propizio le preghiere de’ suoi devoti, soprattutto nell’ora della loro morte; né è possibile che a lui rifiuti nulla la beatissima Vergine di cui fu l’amantissimo sposo, o Gesù Cristo di cui egli fu il fedele e provvido custode. Leone XIII: Encicl. Quanquam pluries, 10 ag. 1885.).

D. 97. La beata Vergine Maria fu sempre Vergine?

R. La beata Vergine Maria fu sempre vergine, e in modo altrettanto mirabile quanto singolare, la perpetua verginità andò in lei congiunta alla divina maternità (Is., VII, 14; Matt., I , 23; Luca, I , 27; S. Leone M.: Epist. ad Flavianum, Const. Episcopum; S. Efrem: Oratio ad SS. Dei Matrem; Didimo Aless.: De Trinitate, III, 4; S. Epif.: Adv. hæreses, 78, 6; S. Gerolamo: Adv. Helvidium, 19)

Art. 3. — DELL’OPERA DELLA REDENZIONE DEL GENERE UMANO.

D. 98. Che cosa crediamo nel quarto articolo del Simbolo: Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, mortoe seppellito?

R. Nel quarto articolo del Simbolo : Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morto e seppellito, noi crediamoche Gesù Cristo, al fine di redimere il genere umano col suo sangue prezioso, patì sotto Ponzio Pilato, Procuratoredella Giudea, fu inchiodato sulla croce, morì sopra di essa, indi, deposto dalla croce, venne sepolto.

D. 99. In che cosa consiste l’opera della redenzione compiuta da Gesù Cristo?

R. L’opera della redenzione compiuta da Gesù Cristo consiste in ciò ch’Egli, « mosso dalla sovrabbondante carità con la quale ci amò, mediante la sua santissima passione sul legno della Croce, ci meritò la giustificazione, sodisfacendo per noi al Padre ». (Conc. di Trento, Sess. VI, c. 7).

D. 100. Gesù Cristo patì e morì in quanto Dio o in quanto uomo?

R. Gesù Cristo patì e morì in quanto uomo, perché in quanto Dio non poteva né patire né morire; però la sua stessa incarnazione ed ogni suo ancorché minimo patimento per noi, fu di un prezzo infinito a causa della sua Persona divina (S. Atanasio: Epist. ad Epictetum, 6. — Il Catechismo pei parroci, p. I, c. IV, n. 6, aggiunge qui ben a proposito: « L’uomo muore quando l’anima si separa dal corpo; per cui, quando diciamo che Gesù morì, intendiamo dire che la sua anima si divise dal corpo; con ciò non diciamo che la sua divinità sia stata disgiunta dal corpo. Anzi costantemente crediamo e professiamo che, divisa che fu l’anima dal corpo, la sua divinità rimase sempre congiunta tanto al corpo nel sepolcro, quanto all’anima negl’inferi ».).

D. 101. Perché dunque Gesù Cristo volle subire una passione e una morte così acerba e obbrobriosa?

R. Gesù Cristo volle subire una passione e una morte così acerba e obbrobriosa per abbondantemente soddisfare alla divina giustizia, per dimostrarci più manifestamente il suo amore, per eccitare in noi un odio ancor più grande del peccato e per darci maggior forza nel sopportare i travagli e le asprezze della vita.

D. 102. Per chi patì e morì Gesù Cristo?

R. Gesù Cristo patì e morì indistintamente per tutti gli uomini.

(Is., LIII, 4-6; Paolo, 2a ai Cor., V, 15; la ad Tim., II, 6; IV, 10; Innocenzo X, 31 mag. 1653, Contro le propos. Di Giansenio, n. 5; S. Ambrogio: Epist. XLI, 7. — Una tal prova d’incomparabile amore non deve mai cancellarsi dalla memoria degli uomini; con tutto il cuore dobbiamo amare Colui che, né suo malgrado, né a ciò costretto, subì una morte amarissima, ma sol perché indottovi dall’amore che ci portava. Dice S. Agostino: De cathechìz. rudibus, 7: « Se l’amare poteva esserci di peso, almeno ora non ci sia di peso il riamare; non c’è infatti più potente invito all’amore, che prevenire amando, e troppo duro sarebbe l’animo di chi non volendo per il primo amare, si rifiuti anche di riamare ».).

D. 103. Allora tutti gli uomini vengono salvati?

R. Non tutti gli uomini vengono salvati, ma quelli solo, che mettono in opera i mezzi stabiliti dalla stesso Redentore per partecipare al merito della sua passione e morte (Conc. di Trento: Sess. V I , c. 3. — Vedasi l’enumerazione di tali mezzi alla domanda 178.).

D. 104. Gesù Cristo, morendo sulla croce, offrì se stesso a Dio in vero e proprio sacrificio?

R. Gesù Cristo, morendo sulla croce, offri se stesso a Dio in vero e proprio sacrificio di valore infinito per la redenzione degli uomini, offrendo in loro favore alla divina giustizia una soddisfazione d’infinito valore (Paolo: ad Hebr., IX, 11-28; Conc. di Trento, 1. c, cap. 7; Leone XIII: Encicl. Tametsi futura, 1 nov. 1900; S. Ignazio Mort.: Epist. ad Smyrnæos, 2; S. Giov. Cris. : In Epist. Ad Hebr., XVII, 2; Cat. p. parr., p. I, c. V, n. 9.).

D. 105. Che cosa crediamo nelle parole del quinto articolo del Simbolo: discese all’inferno?

R. Nelle parole del quinto articolo del Simbolo: Discese all’inferno, noi crediamo che l’anima di Gesù Cristo, separata dal corpo, sempre però congiunta con la divinità, discese all’inferno (1a di Pietro, III, 19; Cat. p. parr., p. I, c. VI, n. 2 e segg.).

D. 106. Che cosa s’intende quando si dice: all’inferno?

R. Quando si dice: all’inferno, s’intende non l’Inferno propriamente detto, non il Purgatorio, ma il Limbo dei Santi Padri, ove le anime dei giusti aspettavano la promessa e bramatissima redenzione (S. Ciril. Geros.: Catechesis, IV, 11).

D. 107. Perché Gesù Cristo discese nel Limbo?

R. Gesù Cristo discese nel Limbo per annunziare l’avvenuta redenzione alle anime dei giusti e colmarle quindi d’immensa gioia, nel mentre le faceva partecipi, prima ancora di condurle con sé in Cielo, della visione beatifica di Dio (Cat. p. parr., 1. c. n. 6. — Il Limbo dei Santi Padri, compiuta la redenzione, cessò.).

D. 108. Che cosa crediamo con le altre parole del quinto articolo del Simbolo: Il terzo giorno risuscitò da morte?

R. Con le altre parole del quinto articolo: Il terzo giorno risuscitò da morte, noi crediamo che Gesù Cristo, il terzo giorno dopo la sua morte, per virtù propria e secondo aveva predetto, ricongiunse di bel nuovo l’anima sua al suo corpo, venendo così a rivivere immortale e glorioso (Cat. p. parr., p. I, c. VI, n. 8.).

D. 109. Per quanto tempo e per qual ragione Gesù Cristo rimase sulla terra dopo la sua risurrezione?

R. Gesù Cristo rimase sulla terra dopo la sua risurrezione lo spazio di quaranta giorni al fine di confermare gli Apostoli nella fede della risurrezione stessa e dar compimento alla sua divina predicazione e all’istituzione della Chiesa. (Atti, I, 3.)

Art. 4. — DELL’ASCENSIONE IN CIELO DI GESÙ CRISTO E DEL SUO RITORNO ALLA FINE DEL MONDO PER L’UNIVERSALE GIUDIZIO.

D. 110. Che cosa crediamo con le parole del sesto articolo del Simbolo: salì al cielo?

R. Con le parole del sesto articolo del Simbolo: salì al cielo, noi crediamo che Gesù Cristo, dopo compiutaormai ed assolta l’opera della Redenzione, quarantagiorni dopo la sua risurrezione, per virtù propria, asceseal cielo, in anima e corpo (Conc. Lat. IV, c. I; S. Leone IX: Symbolum fidei; S. Leone Magno: Sermones 73 et 74 De Ascensione Domini; S. Ireneo: Adv. hæreses, I, 10, I.).

D. 111. Che cosa significano quelle altre parole del medesimo articolo: Siede alla destra di Dio Padre Onnipotente?

R. Quelle altre parole del medesimo articolo: Siede alla destra di Dio Padre Onnipotente, significano la gloria perpetua del Redentore in cielo, dove Gesù Cristo trovasi, in quanto Dio uguale al Padre, e in quanto uomo, nel possesso più alto, fra tutte le creature, dei beni divini.

(Dan., VII, 13, 14; Marco, XVII, 19; Giov., V, 27; Paolo: ad Rom., VIII, 34; ad Hebr., VIII, 1; S. Greg. Nazian.: Oratio 45; S. Tom., p. 3, q. 58, a. 4. — Il Catechismo pei Parroci, p. I, c. VII, n. 3 : « La parola sedere non significa qui sito o figura corporale, bensì chiarisce quel fermo e stabile possesso della regia e somma potestà e della gloria, che Gesù Cristo ha ricevuto dal Padre ».

D. 112. Che cosa crediamo nel settimo articolo del Simbolo: Di là ha da venire a giudicare i vivi e i morti?

R. Nel settimo articolo del Simbolo : Di là ha da venire a giudicare i vivi e i morti, noi crediamo che alla fine del mondo Gesù Cristo verrà dal Cielo assieme ai suoi angeli per giudicare gli uomini tutti, tanto quelli che il giorno del giudizio troverà vivi ancora, quanto quelli morti anteriormente, « e allora renderà a ciascuno secondo le sue opere » (Matt., XVI, 27; XXIV, 30; XXV, 31-46; Atti, X, 42; Paolo: ad Hebr., IX, 28; Conc. Lat. I V , S. Leone I X e Benedetto XII, 1. c.; S. Giov. Cris.: In Epist. Ia ad Cor., XLII, 3; S. Pietro Canisio: De fide et symbolo, n. 15; Cat. p. parr., p. I).

D. 113. Quale sarà la sentenza nell’universale giudizio?

R. Nell’universale giudizio la sentenza sarà, per gli eletti: « Venite, benedetti del Padre mio, possedete il regno a voi preparato sin dalla costituzione del mondo » ; per i reprobi invece: « Andate lungi da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato al diavolo ed ai suoi angeli » (Matt., XXV, 34, 41; San Bonav.: Soliloq., III, 5: « Anima mia, non si cancelli mai dalla tua memoria quell’« Andate, maledetti, nel fuoco eterno; venite, benedetti, possedete il regno ». Può pensarsi una cosa più lamentevole, più paurosa di quell’andate? Una più gradevole di questo « Venite! »? Due parole, di cui nessuna suona all’orecchio più orribile della prima, nessuna più dolce della seconda ».).

D. 114. Oltre l’universale giudizio alla fine del mondo, ve ne sarà un altro?

R. Oltre l’universale giudizio alla fine del mondo, vi sarà un giudizio particolare per ciascuno di noi, immediatamente dopo la morte (Paolo: ad Hebr., IX, 27. — Il catechista faccia notare che del giudizio particolare come degli altri Novissimi si tratterà nella dom. 583 e segg.).

D. 115. A quale intento ha voluto Iddio il giudizio universale dopo quello particolare?

R. Dio ha voluto il giudizio universale dopo quello particolare, per la propria gloria e per quella di Cristo e degli eletti, per la confusione dei reprobi e perché l’uomo ricevesse in anima e corpo e in presenza di tutti la sentenza che lo premia o lo condanna (Sap., V, 1 e segg.; Matt., XXV, 31-46; Il Catechismo pei parroci, p. I, c. VIII, n. 4. —

Dio è, invero, infinitamente giusto, ma non sempre durante questa vita temporale rende a ciascuno quel che gli spetta, bensì dopo la morte, nel giudizio tanto particolare, quanto universale. È quindi evidente quanto sia grossolano l’errore di coloro che nel constatare come di frequente i malvagi godono la prosperità e i buoni soffrono l’avversità, non arrossiscono di trattar Dio d’ingiusto. A dire il vero, come non è perfetta la felicità dei malvagi cui rimorde la coscienza del peccato e turba il terrore della divina vendetta, così non è priva di consolazioni l’afflitta condizione dei buoni, cui conforta la tranquillità della coscienza e la speranza delle eterne ricompense. Ma quando sarà sopravvenuta la morte, allora sì che nessun merito sarà lasciato senza mercede, come nessun peccato senza punizione.).

D. 116. Perché viene attribuita a Gesù Cristo la potestà di giudicare il genere umano?

R. Per quanto la potestà di giudicare sia comune a tutte le Persone della Santissima Trinità, viene a titolo speciale attribuita a Gesù Cristo, come Dio e come uomo, per la ragione ch’Egli è « Re dei re e Dominatore dei dominanti » ; infatti tra le potestà regali si annovera quella giudiziaria, tra le cui funzioni vien compresa anche quella di premiare o di punire ciascuno secondo i suoi meriti.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.