IL CATECHISMO CATTOLICO DEL CARDINAL GASPARRI (4)

CATECHISMO CATTOLICO A CURA DEL CARDINAL PIETRO GASPARRI (4)

PRIMA VERSIONE ITALIANA APPROVATA DALL’AUTORE 1932 COI TIPI DELLA SOC. ED. (LA SCUOLA) BRESCIA

Brixiæ, die 15 octobris 1931.

IMPRIMATUR

+ AEM. BONGIORNI, Vie. Gen

CATECHISMO PER I FANCIULLI CHE COMPLETANO LA LORO ISTRUZIONE CATECHISTICA (2)

CAPO III.

Del Decalogo.

(I fanciulli recitino distintamente i Comandamenti del Decalogo).

Art. 1. — DEI PRIMI TRE COMANDAMENTI DEL DECALOGO CHE RIGUARDANO I DOVERI VERSO DlO.

1° Non avrai altro Dio fuori che me;

2° non nominare il nome di Dio invano;

3° ricordati di santificare le feste.

D. 63. Che cosa proibisce Dio col primo comandamento del Decalogo: Non avrai altro Dio fuori che me?

R. Col primo comandamento del Decalogo: Non avrai altro Dio fuori che me, Dio proibisce di prestare alle creature il culto dovuto a Lui solo.

D. 64. Quale culto dobbiamo prestare a Dio?

R. A Dio, e solamente a Lui, dobbiamo prestare il culto supremo, ossia il culto d’adorazione.

D. 65. Non dobbiamo forse prestare culto anche ai Santi e alle loro reliquie?

R . Dobbiamo prestare culto anche ai Santi, specialmente alla beata Vergine Maria, e alle loro reliquie, ma un culto diverso e di ordine inferiore, cioè il culto della venerazione, per onorarli e conciliarci il loro patrocinio.

D. 66. Si deve prestare onore e venerazione anche alle sacre immagini?

R . Si deve prestare onore e venerazione anche alle sacre immagini, perché tale onore si riferisce a coloro che esse rappresentano.

D. 67. Che cosa Dio proibisce col secondo comandamento del Decalogo: Non nominare il nome di Dio invano?

R. Col secondo comandamento del Decalogo: Non nominare il nome di Dio invano, Dio proibisce qualunqueirriverenza verso il suo nome.

D. 68. E proibito di nominare invano anche il nome dei Santi?

R. È proibito di nominare invano anche il nome dei Santi, e specialmente della beata Vergine Maria, per la stessa ragione per cui li dobbiamo venerare.

D. 69. Che cosa comanda Dio col terzo comandamento del Decalogo: Ricordati di santificare le feste?

R. Col terzo comandamento del Decalogo: Ricordati di santificare le feste, Dio comanda di consacrare a Lui igiorni festivi, lasciate da parte le cure e i lavori materiali,come vien prescritto dalla legittima autorità.

Art. 2. — DEGLI ALTRI SETTE COMANDAMENTI DEL DECALOGO SUI DOVERI VERSO NOI STESSI E VERSO IL NOSTRO PROSSIMO.

4° Onora tuo padre e tua madre;

5° non ammazzare;

6° non commettere atti impuri;

7° non rubare;

8° non dire falsa testimonianza;

9° non desiderare la donna d’altri;

10° non desiderare la roba d’altri.

D. 70. Che cosa comanda Dio col quarto comandamento del Decalogo: Onora tuo padre e tua madre?

R. Col quarto comandamento del Decalogo: Onora tuo padre e tua madre Dio comanda che si presti ai genitorie a chi ne fa le veci il dovuto onore: cioè amore, rispetto,obbedienza e venerazione.

D. 71. Dobbiamo prestare ai genitori solamente onore?

R . Dobbiamo prestare ai genitori non solamente onore, ma anche aiuto, specialmente nelle loro necessità sia spirituali che temporali.

D. 72. Questo quarto comandamento prescrive solo i doveri dei figli verso i genitori?

R. No: questo comandamento prescrive non solo i doveri dei figli verso i genitori, ma indirettamente anche i doveri dei coniugi verso se stessi e verso i figli, ed anche i mutui diritti e doveri dei sudditi e dei superiori, degli operai e dei padroni.

D. 73. Quali doveri hanno i genitori verso i figli?

R. Per legge stessa di natura i genitori devono curare la buona educazione religiosa e morale dei figli e provvedere secondo le possibilità al loro benessere materiale.

D. 74. Che cosa proibisce Dio col quinto comandamento del Decalogo: Non ammazzare?

R. Col quinto comandamento del Decalogo: Non ammazzare, Dio proibisce di dar la morte o arrecar dannocorporale e spirituale al prossimo o a se stessi, o comunquedi cooperarvi.

D. 75. Che cosa proibisce Dio col sesto comandamento del Decalogo: Non commettere atti impuri?

R. Col sesto comandamento del Decalogo: Non commettere atti impuri Dio proibisce non solo l’infedeltà nelmatrimonio, ma ancora qualunque altro peccato esternocontro la castità e tutto ciò che induce al peccato d’impurità.

D. 76. Che cosa proibisce Dio col settimo comandamento del Decalogo: Non rubare?

R. Col settimo comandamento del Decalogo: Non rubare, Dio proibisce qualunque ingiusta usurpazione odanno alla roba altrui o comunque di cooperarvi.

D. 77. Che cosa proibisce Dio con l’ottavo comandamento del Decalogo: Non dire falsa testimonianza?

R. Con l’ottavo comandamento del Decalogo: Non dire falsa testimonianza, Dio proibisce la bugia, la falsatestimonianza e qualsiasi parola che possa comunquedanneggiare il prossimo.

D. 78. Che cosa proibisce Dio col nono comandamento del Decalogo: Non desiderare la donna d’altri?

R. Col nono comandamento del Decalogo: Non desiderare la donna d’altri Dio proibisce non solo tale cattivodesiderio ma anche qualunque peccato interno contro lacastità, come col sesto ne vieta espressamente i peccatiesterni.

D. 79. Che cosa proibisce Dio col decimo comandamento del Decalogo: Non desiderare la roba d’altri?

R. Col decimo comandamento del Decalogo: Non desiderare la roba d’altri Dio proibisce i desideri ingiusti edisordinati della roba altrui.

D. 80. Qual è il compendio di tutti i comandamenti del Decalogo?

R. Il compendio di tutti i comandamenti del Decalogo è: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze; e il prossimo tuo come te stesso.

D. 81. Sono obbligati tutti a compiere anche i doveri del proprio stato?

R . Tutti sono obbligati a compiere con diligenza anche i doveri del proprio stato, cioè que’ doveri, ai quali ciascuno è tenuto in ragione della propria condizione, o del proprio ufficio.

CAPO IV.

Dei precetti della Chiesa.

(I fanciulli recitino distintamente i precetti della Chiesa).

D. 82. Quanti sono i precetti della Chiesa?

R . Molti sono i precetti della Chiesa che il cattolico è tenuto ad osservare; ma al principio di questo Catechismo sono stati numerati solo i cinque che più si riferiscono all’ordinaria vita spirituale di tutti i fedeli.

Art. 1. — DEL PRIMO PRECETTO DELLA CHIESA.

1° Nella domenica ed altre feste comandate udir la Messa ed astenersi dalle opere servili.

D. 83. Che cosa prescrive la Chiesa col suo primo precetto?

R . Col primo precetto la Chiesa prescrive il modo di santificare la domenica e le altre feste di precetto; che consiste specialmente nell’ascoltare la Messa e nell’astenersi dalle opere servili.

D. 84. Quali sono le opere servili?

R . Sono opere servili quelle solite a farsi dai servi o mercenari, quelle cioè che specialmente esercitano le forze del corpo e sono specialmente dirette alla sua utilità.

D. 85. Vi sono opere servili permesse nelle domeniche e nelle altre feste di precetto?

R . Nelle domeniche e nelle altre feste di precetto sono permesse quelle opere servili, che riguardano da vicino il culto di Dio e le ordinarie necessità dei servizi famigliari e pubblici; quelle che la carità esige; quelle che non possono omettersi senza grave incomodo, o che sono tollerate da una legittima consuetudine.

D. 86. Oltre all’udir la Messa, a quali opere conviene che il Cristiano si dedichi nelle domeniche e nelle altre feste di precetto?

R . Oltre all’udirla Messa, nelle domeniche e nelle altre feste di precetto conviene che il Cristiano, per quanto può, si dedichi ad opere di pietà e di religione, specialmente assistendo alle funzioni sacre, alle prediche e al catechismo.

Art. 2. — DEL SECONDO PRECETTO DELLA CHIESA.

2° Nei giorni prescritti dalla Chiesa non mangiar carne ed osservare il digiuno.

D. 87. Che cosa prescrive la Chiesa col secondo precetto?

R . Col secondo precetto la Chiesa prescrive che nei giorni da lei stabiliti si osservi o il solo digiuno, o la sola astinenza dalla carne, o il digiuno insieme e l’astinenza.

D. 88. Che cosa prescrive la legge del solo digiuno?

R. La legge del solo digiuno prescrive che si mangi solo una volta al giorno, senza vietare però di prendere qualcosa alla mattina e alla sera, attenendosi ad una approvata consuetudine del luogo per quanto riguarda la quantità e la qualità dei cibi.

D. 89. Che cosa vieta la legge della sola astinenza dalla carne?

R . La legge della sola astinenza dalla carne vieta l’uso della carne e de’ suoi estratti, ma non già l’uso delle uova, dei latticini e di qualunque condimento di grasso.

D. 90. In quali giorni obbligano queste leggi?

R . Ove non intervenga la dispensa dalla legittima autorità:

1° la legge della sola astinenza obbliga in ogni venerdì;

2° la legge della astinenza insieme e del digiuno obbliga nel mercoledì delle Ceneri, nei venerdì e sabati di Quaresima, nelle ferie dei quattro Tempi e nelle Vigilie di Pentecoste, dell’Assunzione della beata Vergine Maria (modificata in seguito, con la vigilia della festa della Immacolata Concezione – ndr.-), di Tutti i Santi e del Natale;

3° la legge del solo digiuno obbliga in tutti gli altri giorni di Quaresima, eccettuate le domeniche.

D. 91. Vi sono dei giorni in cui queste leggi non obbligano?

R. Sì: nelle domeniche, nelle altre feste di precetto e nel sabato Santo dopo il mezzogiorno, cessa la legge dell’astinenza, dell’astinenza e del digiuno e del solo digiuno, eccettuate le feste di precetto nel tempo di Quaresima; le vigilie poi non si anticipano.

D. 92. Chi deve osservare l’astinenza e il digiuno?

R . Se non vi è legittima scusa o dispensa, devono osservare l’astinenza tutti coloro che, acquistato sufficientemente l’uso di ragione, hanno compiuto il settimo anno di età; il digiuno poi tutti quelli che han compiuto il ventunesimo anno e non han raggiunto il sessantesimo.

Art. 3. — DEL TERZO E QUARTO PRECETTO DELLA CHIESA.

3° Confessarsi almeno una volta l’anno;

4° Comunicarsi almeno in occasione della Pasqua.

D. 93. Che cosa prescrive la Chiesa nel terzo precetto con le parole: Confessarsi almeno una volta l’anno?

R . Colle parole: Confessarsi almeno una volta l’anno la Chiesa prescrive che i fedeli, raggiunta l’età delladiscrezione, facciano almeno annualmente la confessionedei peccati mortali non direttamente rimessi in precedenticonfessioni.

D. 94. Che cosa prescrive la Chiesa nel quarto precetto con le parole: Comunicarsi almeno in occasionedella Pasqua?

R. Con le parole: Comunicarsi almeno in occasione della Pasqua la Chiesa prescrive che ciascun fedele, raggiuntal’età della discrezione, riceva la S. Eucaristia almenonel tempo pasquale.

D. 95. Perché la Chiesa nel terzo e nel quarto precetto usa la parola almeno?

R. La Chiesa nel terzo e nel quarto precetto usa la parola almeno per insegnarci esser cosa molto utile, e da Lei assai desiderata, che i fedeli, anche quelli che non hanno se non peccati veniali o mortali già direttamente rimessi, si confessino più spesso e con pietà e frequenza anche quotidiana, si accostino alla mensa Eucaristica.

D. 96. Cessa il precetto della Comunione, se non sia stato soddisfatto durante il tempo pasquale?

R . No; il precetto della Comunione, se non è stato soddisfatto durante il tempo pasquale, non cessa; ma si deve adempiere quanto prima, nel corso dello stesso anno.

D. 97. Si soddisfa al precetto dell’annua Confessione o della Comunione pasquale con una Confessione o Comunione sacrilega o con una Confessione invalida?

R. No: non si soddisfa al precetto dell’annua Confessione o della Comunione pasquale con una Confessione o Comunione sacrilega, né con una invalida Confessione; che anzi, per il nuovo peccato, il precetto urge maggiormente.

Art. 4. — DEL QUINTO PRECETTO DELLA CHIESA.

4° Sovvenire alle necessità della Chiesa e del Clero.

D. 98. Che cosa prescrive la Chiesa nel suo quinto precetto?

R. Nel quinto precetto la Chiesa inculca ai fedeli il divino mandato di venire in aiuto alle necessità temporali della Chiesa e del Clero, secondo gli statuti particolari e le lodevoli consuetudini.

D. 99. Perché tale precetto?

R . Perché è giusto che i fedeli diano ai sacri ministri, che lavorano per la loro salvezza, quanto è materialmente necessario al culto divino e ad un onesto loro sostentamento.

CAPO V.

Della Grazia.

D. 100. Che cos’è la grazia?

R . La grazia è un dono soprannaturale, da Dio concesso gratuitamente alla creatura ragionevole affinché essa possa conseguire la vita eterna.

D. 101. Di quante specie è la grazia?

R . La grazia è di due specie: abituale, che vien detta anche santificante, e attuale.

D. 102. Che cos’è la grazia abituale?

R . La grazia abituale è una qualità soprannaturale, inerente all’anima, che rende l’uomo partecipe della divina natura, tempio dello Spirito Santo, amico e figlio adottivo di Dio, erede della gloria celeste e perciò atto ad acquistare meriti per la vita eterna.

D. 103. È necessaria la grazia abituale per conseguire la vita eterna?

R. Sì: la grazia abituale è assolutamente necessaria a tutti gli uomini, anche ai bambini, perché conseguiscano la vita eterna.

D. 104. Come si perde la grazia abituale?

R . La grazia abituale si perde con qualunque peccato mortale.

D. 105. Che cos’è la grazia attuale?

R . La grazia attuale è un aiuto soprannaturale di Dio, che illumina l’intelligenza e muove la volontà a fare il bene e fuggire il male in ordine alla vita eterna.

D. 106. Ci è necessaria la grazia attuale?

R . Sì: la grazia attuale ci è assolutamente necessaria per fare il bene e fuggire il male in ordine alla vita eterna.

(I fanciulli recitino distintamente e con devozione il Pater Noster e l’Ave Maria).

D. 107. Che cos’è l’orazione?

R. L’orazione è una pia invocazione dell’anima a Dio per adorarlo, ringraziarlo de’ benefici ricevuti, chiedergli perdono per i peccati commessi e per domandargli tutto ciò che a noi o agli altri è necessario o utile.

D. 108. È necessario pregare?

R . Sì, è necessario pregare, perché tale è la volontà di Dio, e perché il Signore generalmente non suole concedere, se non a chi le chiede, tutte quelle cose di cui abbiamo continuamente bisogno.

D. 109. A chi è diretta la preghiera?

R. Ogni preghiera è diretta a Dio, che solo può darci ciò che chiediamo; ma preghiamo anche i Beati, specialmente la beata Vergine Maria, e le stesse anime purganti, affinché intercedano per noi presso il Signore.

D. 110. Come deve esser fatta la preghiera perché sia efficace?

R. La preghiera, perché sia efficace, deve esser fatta nel nome di Gesù Cristo, ai cui meriti si appoggia, con pietà, fede, speranza, umiltà e perseveranza.

D. 111. Qual è la più perfetta di tutte le preghiere?

R . La più perfetta di tutte le preghiere è l’orazione domenicale o Pater Noster, alla quale si suole aggiungere la salutazione angelica o Ave Maria.

SEZIONE 2a . — Dell’orazione domenicale e della salutazione angelica.

Art. 1. — DELL’ORAZIONE DOMENICALE.

Padre nostro che sei nei cieli,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno,

sia fatta la tua volontà, come in cielo cosi in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori,

e non ci indurre in tentazione,

ma liberaci dal male. Così sia.

D. 112. Perché il Pater Noster si chiama orazione domenicale?

R . Il Pater Noster si chiama orazione domenicale perché ci fu insegnato dallo stesso Gesù Cristo Signornostro.

D. 113. Nell’orazione domenicale chi invochiamo con le parole: Padre Nostro?

R . Nell’orazione domenicale con le parole: Padre Nostro invochiamo Dio, come padre tenerissimo, peresprimergli il nostro amore e la nostra fiducia e per conciliarcila sua benevolenza e misericordia.

D. 114. Che cosa chiediamo con la prima domanda:

Sia santificato il tuo nome?

R. Con la prima domanda: Sia santificato il tuo nome, chiediamo che il nome santo di Dio venga da tutti conosciutoe da tutti glorificato col cuore, con le parole econ le buone opere.

D. 115. Che cosa chiediamo con la seconda domanda: Venga il tuo regno?

R. Con la seconda domanda: Venga il tuo regno, chiediamo che Dio regni sulla terra, in noi e in tuttigli uomini con la sua grazia, nella società e nelle nazionicon la sua legge, affinché possiamo infine esser partecipidella sua gloria eterna in Paradiso.

D. 116. Che cosa chiediamo con la terza domanda:

Sia fatta la tua volontà?

R. Con la terza domanda: Sia fatta la tua volontà, chiediamo che, come i Beati in cielo e le anime sofferentinel Purgatorio, così tutti gli uomini in terra facciano

con amore, sempre ed in tutto la volontà di Dio.

D. 117. Che cosa chiediamo con la quarta domanda: Dacci oggi il nostro pane quotidiano?

R. Con la quarta domanda: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, chiediamo a Dio il pane spirituale, cioè tuttociò che è necessario alla vita dello spirito specialmente laSS. Eucaristia, e il pane corporale, cioè tutto quello cheoccorre alla sostentazione del corpo.

D. 118. Che cosa chiediamo con la quinta domanda: E rimetti a noi….?

R. Con la quinta domanda: E rimetti a noi…., chiediamo a Dio il perdono dei peccati e delle pene che ci siamo meritate, come noi da parte nostra perdoniamo ai nostri offensori le offese ricevute.

D. 119. Che cosa chiediamo con la sesta domanda: E non c’indurre in tentazione?

R. Con la sesta domanda: E non c’indurre in tentazione, noi, conoscendo la nostra debolezza, chiediamo a Dio che ci liberi dalle tentazioni, o almeno ci dia l’aiutodella sua grazia a vincerle.

D. 120. Che cosa chiediamo con la settima domanda: Ma liberaci dal male?

R. Con la settima domanda: Ma liberaci dal male, chiediamo a Dio che ci liberi dal male spirituale, cioè dal peccato e dal demonio che al peccato ci spinge, e da tuttigli altri mali, da quelli almeno che ci possono offrire occasionedi peccato.

Art. 2. — DELLA SALUTAZIONE ANGELICA.

Ave, o Maria, piena di grazia: il Signore è teco; Tu sei benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del ventre tuo, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Così sia.

D. 121. Nella salutazione angelica, di chi sono le parole: Ave, Maria, piena di grazia; il Signore è teco, tu seibenedetta fra le donne?

R . Tali parole sono dell’Arcangelo Gabriele annunziarne alla beata Vergine Maria il mistero dell’Incarnazione; e perciò questa preghiera si chiama salutazione angelica.

D. 122. Di chi sono e che cosa significano le parole:

Benedetto il frutto del ventre tuo?

R. Le parole: Benedetto il frutto del ventre tuo sono di S. Elisabetta, quando accolse nella sua casa la beata Vergine Maria; e significano che il nostro Signor Gesù Cristo, figlio della beata Vergine Maria, è sopra ogni cosa benedetto nei secoli.

D. 123. Di chi sono e che cosa chiediamo con le parole: Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatoriadesso e nell’ora della nostra morte?

R . Tali parole sono state aggiunte dalla Chiesa e con esse chiediamo il patrocinio della beata Vergine Maria in tutte le nostre necessità, ma specialmente nell’ora della morte.

D. 124. La beata Vergine Maria è vera madre di Dio?

R. Sì: la beata Vergine Maria è vera madre di Dio, perché concepì e diede alla luce, secondo l’umana natura, Gesù Cristo Signore nostro, che è vero Dio e vero uomo.

D. 125. La beata Vergine Maria, madre di Dio, è anche madre nostra?

R. Sì: la beata Vergine Maria, madre di Dio, è anche madre nostra per l’adozione che ci rende fratelli del Figlio suo: e Gesù Cristo stesso confermò questa maternità mentre moriva sulla croce.

D. 126. Quali beni si procura chi venera con tenera pietà la beata Vergine Maria?

R. Chi venera con tenera pietà la beata Vergine Maria ha la grande sorte d’esser riamato e protetto da Lei con particolare amore materno.

CAPO VII.

Dei Sacramenti.

(I fanciulli enumerino i Sacramenti della nuova Legge).

SEZIONE la. — Dei Sacramenti in generale.

Battesimo, Cresima, Eucaristia, Penitenza, Estrema Unzione, Ordine, Matrimonio.

D. 127. Che cosa s’intende per Sacramento della nuova legge?

R . Per Sacramento della nuova Legge si intende un segno sensibile istituito da Gesù Cristo per significare e conferire, a chi lo riceve degnamente, la grazia.

D. 128. Quale grazia ci danno i Sacramenti?

R . I Sacramenti ci danno o ci accrescono la grazia santificante, ci conferiscono ancora la grazia sacramentale, il diritto cioè ad aiuti speciali per conseguire il fine proprio di ciascun Sacramento.

D. 129. Quali sono i Sacramenti dei morti e quali i Sacramenti dei vivi?

R . Sono Sacramenti dei morti il Battesimo e la Penitenza; tutti gli altri si dicono Sacramenti dei vivi.

D. 130. Perché il Battesimo e la Penitenza si dicono Sacramenti dei morti, mentre tutti gli altri si chiamano Sacramenti dei vivi?

R . Il Battesimo e la Penitenza si dicono Sacramenti

dei morti, perché sono stati istituiti in modo speciale per tutti coloro che si trovano, a causa del peccato, privi della vita soprannaturale, ossia della grazia santificante; gli altri poi si dicono Sacramenti dei vivi perché non possono riceverli se non coloro che già hanno la vita soprannaturale.

D. 131. Chi riceve un Sacramento dei vivi col peccato mortale sulla coscienza, quale peccato commette?

R . Chi riceve un Sacramento dei vivi col peccato mortale sulla coscienza, non solo non ne riceve la grazia, ma commette ancora un grave peccato di sacrilegio.

D. 132. Quali sono i Sacramenti che possono riceversi una sola volta?

R . I Sacramenti che possono riceversi una sola volta sono il Battesimo, la Confermazione e l’Ordine, perché imprimono nell’anima un carattere indelebile.

SEZIONE 2a. — Dei singoli Sacramenti.

Art. 1. — DEL SACRAMENTO DEL BATTESIMO.

D. 133. Che cos’è il Sacramento del Battesimo?

R . Il Sacramento del Battesimo è il Sacramento istituito in forma di abluzione da Gesù Cristo: per mezzo del quale il battezzato diventa membro della vera Chiesa di Gesù Cristo, ottiene la remissione del peccato originale e di tutti i peccati attuali che abbia sull’anima, nonché della pena loro dovuta; e diventa capace di ricevere gli altri

Sacramenti.

D. 134. Quale dovere ha il battezzato?

R . Il battezzato ha il dovere di professare nella Chiesa Cattolica la fede cristiana e di osservare i precetti di Cristo e della Chiesa.

D . 135. Il Battesimo è necessario a tutti per salvarsi?

R . Il Battesimo è necessario a tutti per salvarsi, avendo Gesù Cristo detto: « Chi non rinasce con acqua e Spirito Santo, non può entrare nel Regno di Dio ».

D. 136. In caso di necessità chi può amministrare il Battesimo?

R . In caso di necessità chiunque può, senza solennità, amministrare il Battesimo, versando un po’ d’acqua naturale sul capo del battezzando e dicendo nello stesso tempo: « Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo ».

Art. 2. — DEL SACRAMENTO DELLA CRESIMA.

D. 137. Che cos’è il Sacramento della Cresima?

R . Il Sacramento della Cresima è il Sacramento istituito da Gesù Cristo per conferire grazia speciale e i doni dello Spirito Santo per i quali il cresimato vien rinvigorito nel professare la Fede con le parole e con le opere,

come si conviene ad u n perfetto soldato di Cristo.

D. 138. Oltre il Battesimo e lo stato di grazia, che cosa si richiede in colui che riceve la Cresima?

R . Oltre il Battesimo e lo stato di grazia, in colui che riceve la Cresima si richiede, se ha l’uso della ragione, la conoscenza dei misteri principali della fede e delle altre verità che riguardano questo Sacramento.

D. 139. La Cresima è assolutamente necessaria a tutti per salvarsi?

R . La Cresima non è assolutamente necessaria a tutti per salvarsi; tuttavia non è lecito trascurarla perché è mezzo per ottenere più facilmente e pienamente la salvezza.

Art. 3. — DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA.

D. 140. Che cos’è la Santissima Eucaristia?

R . La Santissima Eucaristia, quasi buona grazia o azione di grazie, è il divinissimo dono del Redentore e mistero di fede, nel quale sotto le specie del pane e del vino si contiene, si offre e si riceve Gesù Cristo stesso: sacrificio insieme e Sacramento della nuova Legge.

A) – Della presenza reale di Gesù Cristo nella Eucaristia.

D. 141. Quando Gesù Cristo istituì la SS. Eucaristia?

R . Gesù Cristo istituì la SS. Eucaristia nell’ultima cena avanti la passione, quando, preso il pane e rese grazie a Dio, lo diede ai suoi discepoli dicendo: « Prendete e mangiate, questo è il mio corpo »; e, preso il calice, lo diede ad essi, dicendo: « Bevete, questo è il mio sangue »; aggiungendo infine: « Fate questo in mia memoria ».

D. 142. Che cosa avvenne quando Gesù Cristo pronunziò le parole della consacrazione sul pane e sul vino?

R . Quando Gesù Cristo pronunziò le parole della consacrazione sul pane e sul vino avvenne la mirabile e singolare conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue di Gesù Cristo, rimanendo tuttavia le apparenze del pane e del vino.

D. 143. Che cosa intese Gesù con le parole: «Fate questo in mia memoria » ?

R. Gesù Cristo con le parole: «Fate questo in mia memoria », costituì i suoi Apostoli sacerdoti del nuovo Testamento e comandò ad essi e ai loro successori nel sacerdozio di consacrare parimenti, offrire e amministrare il corpo e il sangue suo, sotto le specie del pane e del vino.

D. 144. Quando i sacerdoti esercitano tale potestà ed eseguiscono questo comando?

R. I sacerdoti esercitano tale potestà ed eseguiscono questo comando quando, rappresentando la persona di Gesù Cristo, celebrano il sacrificio della Messa.

D. 145. Che cosa dunque avviene quando il sacerdote nella Messa proferisce sul pane e sul vino le parole della consacrazione?

R. Quando il sacerdote nella Messa proferisce sul pane e sul vino le parole della consacrazione, si fa presente veramente, realmente e sostanzialmente, sotto le specie del pane e del vino il corpo e il sangue del nostro Signor Gesù Cristo insieme con la sua anima e la sua divinità.

D. 146. Quale materia è atta e quali parole sono necessarie per la SS. Eucaristia?

R. La materia atta per la SS. Eucaristia è il pane di frumento e il vino d’uva; è necessario poi pronunziare le stesse parole che Cristo Signore pronunziò nell’ultima cena sopra il pane e il vino.

B) – Del sacrificio della Messa.

D. 147. È la Messa il vero e proprio sacrificio della nuova legge?

R . La Messa è il vero e proprio sacrificio della nuova legge, nel quale Gesù Cristo, per il ministero del sacerdote, con una mistica e incruenta immolazione, offre a Dio Padre, sotto le specie del pane e del vino, il suo corpo e sangue, in rappresentazione e memoria del sacrificio della Croce.

D. 148. Il Sacrificio della Messa è lo stesso sacrificio della Croce?

R . Il Sacrificio della Messa è lo stesso sacrificio della Croce che si rinnova, in quanto ché è la stessa vittima, lo stesso offerente, che si offre ora per mezzo del sacerdote e che allora offrì se stesso sulla Croce, sebbene in modo diverso.

D. 149. Come nel Sacrificio della Messa si applicano i frutti del sacrificio della Croce?

R . Nel Sacrificio della Messa si applicano a noi i frutti del sacrificio della Croce inquantochè Dio, placato da tanta immolazione, concede le grazie che Gesù Cristo ci meritò a prezzo del suo sangue.

D. 150. Qual è la maniera migliore di assistere alla Messa?

R . La maniera migliore di assistere alla Messa è che i fedeli presenti offrano a Dio, insieme al sacerdote, la vittima divina, meditino il sacrificio della Croce e s’uniscano a Gesù con la Comunione sacramentale, o, almeno, con la spirituale.

C) – Del Sacramento della Eucaristia.

D. 151. Che cos’è il Sacramento della Eucaristia?

R. Il Sacramento dell’Eucaristia è il Sacramento istituito da Gesù, nel quale, sotto le specie del pane e del vino, si contiene veramente, realmente e sostanzialmente Cristo stesso, autore della grazia, cibo spirituale delle anime nostre.

D. 152. Che cosa si richiede per ricevere degnamente l’Eucaristia?

R. Per ricevere degnamente l’Eucaristia, oltre il Battesimo, necessario per tutti gli altri Sacramenti, e lo stato di grazia necessario pei Sacramenti dei vivi, si richiede, sotto pena di peccato grave, anche il digiuno naturale.

D. 153. A che cosa obbliga il digiuno naturale?

R . Il digiuno naturale obbliga ad astenersi dal prendere, dalla mezzanotte fino al momento della Comunione, qualsiasi anche piccola quantità di cibo, bevanda o anche medicina.

D. 154. Chi si comunica non digiuno che peccato commette?

R. Chi si comunica non digiuno commette un peccato grave di sacrilegio.

D. 155. Quando è permessa la S. Comunione senza osservanza del digiuno naturale?

R . Senza osservanza del digiuno naturale la S. Comunione è permessa quando urge il pericolo di morte o la necessità d’impedire un’irriverenza al Sacramento.

D. 156. A quali infermi si permette la Santa Comunione senza osservare il digiuno naturale?

R. Agli infermi che giacciono da un mese senza certa speranza d’una sollecita guarigione, dietro prudente consiglio del confessore, è permessa la Santa Comunione una o due volte la settimana, anche dopo che abbian preso qualche medicina o altra bevanda.

D. 157. Che cosa si richiede per una Comunione devota?

R. Per una Comunione devota si richiede una diligente preparazione e un degno ringraziamento secondo le forze, la condizione e i doveri di ciascuno.

D. 158. In che consiste la preparazione alla S. Comunione?

R . La preparazione alla S. Comunione consiste nel meditare per qualche tempo, con attenzione e devozione, Chi si va a ricevere, e nell’esercitarsi con diligenza in atti di fede, speranza, carità e contrizione.

D. 159. In che consiste il ringraziamento dopo la S. Comunione?

R. Il ringraziamento dopo la S. Comunione consiste nel meditare per qualche tempo, con attenzione e devozione, Chi abbiamo ricevuto, e nel fare atti di fede, speranza, carità, fermo proposito, gratitudine e domanda.

D. 160. Quali effetti produce l’Eucaristia in quelli che la ricevono degnamente e devotamente?

R. L’Eucaristia in quelli che la ricevono degnamente e devotamente, produce i seguenti effetti:

1° aumenta la grazia santificante e il fervore della carità;

2° rimette i peccati veniali;

3° giova assai ad assicurare la finale perseveranza, sia diminuendo la concupiscenza, sia preservando dal peccato mortale, sia infine avvalorando nel fare il bene.

Art. 4. — D E L SACRAMENTO DELLA PENITENZA.

D. 161. Che cos’è il Sacramento della Penitenza?

R . La Penitenza è il Sacramento istituito da Gesù Cristo per riconciliare con Dio i fedeli ogni qual volta, dopo il Battesimo, siano caduti in peccato.

D. 162. Quando Gesù Cristo istituì questo Sacramento?

R. Gesù Cristo istituì questo Sacramento principalmente quando soffiò sui discepoli adunati insieme dopo la sua resurrezione, dicendo: « Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti » .

D. 163. Chi è il legittimo ministro della Penitenza?

R . Il legittimo ministro della Penitenza è il sacerdote debitamente approvato a ricevere le confessioni.

D. 164. Quali peccati sono materia della Penitenza?

R . Sono materia della Penitenza i peccati mortali, commessi dopo il Battesimo e mai direttamente perdonati in virtù della potestà della Chiesa, ma è utile all’anima il confessare anche i peccati veniali e i mortali già direttamente rimessi.

D. 165. Quali sono le parti di questo Sacramento?

R. Le parti di questo Sacramento sono gli atti del penitente, come materia di esso, e l’assoluzione del legittimo Sacerdote, che n’è la forma.

A) – Degli atti del penitente.

D. 166. Quali atti si richiedono dal penitente perché egli degnamente riceva il Sacramento della Penitenza?

R. Dal penitente, perché degnamente riceva il Sacramento della Penitenza, si richiede:

1° l’esame di coscienza;

2° la contrizione dei peccati commessi;

3° il proposito di non più peccare;

4° la confessione dei peccati;

5° la soddisfazione.

a) — Esame di coscienza.

D. 167. Che cos’è l’esame di coscienza?

R . L’esame di coscienza è una diligente ricerca dei peccati commessi dopo l’ultima confessione ben fatta.

D. 168. Come si deve fare l’esame di coscienza?

R. Nell’esame di coscienza il penitente, dopo d’aver implorato l’aiuto di Dio, richiami diligentemente alla memoria i peccati mortali commessi con i pensieri, colle parole, le opere e le omissioni contro i precetti di Dio e della Chiesa e contro i doveri del proprio stato.

D. 169. In tale esame di coscienza che cosa propria si deve ricercare?

R. In tale esame di coscienza si deve ricercare la specie e il numero dei peccati e le circostanze che ne mutano le specie.

b) — Contrizione dei peccati commessi e proposito di non più peccare.

D. 170. Che cos’è la contrizione dei peccati?

R. La contrizione dei peccati è il dolore dell’animo e la detestazione dei peccati commessi col proposito di non più peccare.

D. 171. Che cos’è il proposito di non peccare?

R. Il proposito di non più peccare è la ferma volontà di non peccare e di fuggire, per quanto si può, le occasioni prossime del peccato.

D. 172. Come deve essere la contrizione dei peccati?

R. La contrizione dei peccati deve essere: interna, che nasce dal cuore; soprannaturale, cioè ispirata da ragioni soprannaturali; somma, che ci fa detestare il peccato come il più grande di tutti i mali; universale, che si estende a tutti i peccati mortali commessi dopo il Battesimo e non ancora rimessi dalla potestà della Chiesa.

D. 173. E se il penitente non ha da accusare se non peccati veniali o mortali già direttamente rimessi?

R. Se il penitente non ha da accusare se non peccati veniali o mortali già direttamente rimessi, è necessario e sufficiente che abbia il dolore di alcuni o almeno di uno di essi.

D. 174. Di quante specie può essere la contrizione?

R. La contrizione può essere di due specie: perfetta, che suol dirsi semplicemente contrizione; imperfetta cheprende il nome speciale di attrizione.

D. 175. Che cos’è la contrizione perfetta?

R. La contrizione perfetta è il dolore e la detestazione dei peccati motivata dalla carità, ossia perché l’offeso è Dio, sommo bene e degno di essere amato sopra ogni cosa.

D. 176. Quale effetto produce la contrizione perfetta?

R. La contrizione perfetta cancella subito i peccati, riconcilia l’uomo con Dio anche fuori del Sacramento della Penitenza, ma richiede il desiderio del Sacramento, che è compreso nella stessa contrizione.

D. 177. Che cos’è la contrizione imperfetta?

R. La contrizione imperfetta è il dolore e la detestazione soprannaturale dei peccati, che generalmente nasce dalla considerazione della bruttezza del peccato o dal timore dell’inferno e delle sue pene.

D. 178. Per ricevere validamente il Sacramento della Penitenza quale contrizione è sufficiente?

R. Per ricevere validamente il Sacramento della Penitenza è sufficiente la contrizione imperfetta, quantunque sia da desiderarsi la perfetta.

D. 179. Quale peccato commette chi scientemente si accosta, senza alcuna contrizione, al Sacramento della Penitenza?

R. Chi scientemente si accosta, senza alcuna contrizione, al Sacramento della Penitenza, non solo non riceve il perdono dei peccati dei quali si è confessato, ma commette ancora un peccato grave di sacrilegio.

c) — Confessione dei peccati.

D. 180. Che cos’è la confessione dei peccati?

R. La confessione dei peccati è la loro accusa, fatta al sacerdote legittimamente approvato, per averne l’assoluzione sacramentale.

D. 181. Come deve essere la confessione per ricevere validamente il Sacramento della Penitenza?

R. Per ricevere validamente il Sacramento della Penitenza, la confessione deve essere vocale, o tale almeno da supplire la vocale, e integra.

D. 182. Quando è integra la confessione?

R. La confessione è integra quando il penitente si accusa di tutti i peccati mortali, non ancora direttamente rimessi, dei quali è consapevole dopo un diligente esame,

con il loro numero, specie e quelle circostanze che ne mutano la specie.

D. 183. Che cosa deve fare chi non ricorda il numero dei peccati mortali?

R. Chi non ricorda il numero dei peccati mortali deve indicarlo in modo approssimativo, aggiungendo la parola « circa ».

D. 184. E se nella confessione si è omesso senza alcuna colpa un peccato mortale?

R. Se nella confessione si è omesso senza alcuna colpa un peccato mortale, il Sacramento vale e il peccato viene indirettamente rimesso, ma il penitente, quando se ne ricorda, deve accusarlo nella prossima confessione.

D. 185. Quale peccato commette chi colpevolmente tace in confessione un peccato mortale?

R. Chi colpevolmente tace in confessione un peccato mortale, non solo non ritrae dalla confessione nessuna utilità, ma commette ancora un grave peccato di sacrilegio.

D. 186. Come deve essere la confessione per ricevere lecitamente il Sacramento della Penitenza?

R. Per ricevere lecitamente il Sacramento della Penitenza, la confessione deve inoltre essere devota e umile, esclusa ogni parola inutile, così che il penitente si accusi umilmente dei suoi peccati; non li scusi, né li sminuisca, né li accresca; e docilmente accolga gli avvertimenti del confessore.

d) — Sodisfazione.

D. 187. Che cos’è la sodisfazione?

R. La soddisfazione è la pena imposta dal confessore al penitente per i peccati manifestati in confessione: la qual pena, per i meriti di Gesù Cristo, applicati nel giudizio sacramentale, ha il valore speciale di liberare dalla pena temporale dovuta ai peccati.

D. 188. Perché il confessore impone la soddisfazione?

R. Il confessore impone la soddisfazione non solo per la perseveranza nella vita nuova e in rimedio all’umana debolezza, ma anche in riparazione e castigo dei peccati

commessi.

D. 189. Quando il penitente deve eseguire la soddisfazione imposta del confessore?

R. Se il confessore non assegna il tempo della soddisfazione, curi il penitente di eseguirla quanto prima.

B) – Dell’assoluzione sacramentale.

D. 190. Che cos’è l’assoluzione sacramentale?

R. L’assoluzione sacramentale è l’atto con il quale il confessore, in nome di Gesù Cristo, pronunziando la dovuta formula, rimette i peccati al penitente debitamente confessato e pentito.

D. 191. E tenuto il confessore al segreto sacramentale?

R. Il confessore è tenuto all’inviolabile segreto sacramentale, e non solo non può rivelare i peccati uditi in confessione, ma deve guardarsi ancora con ogni diligenza dal rivelare in qualunque maniera, per qualsiasi ragione, con parole o cenni od altro, il peccatore.

D. 192. Con l’assoluzione sacramentale, e compiuta la penitenza imposta dal confessore, vien rimessa sempre tutta la pena temporale dovuta ai peccati?

R. Con l’assoluzione sacramentale, e compiuta la penitenza imposta dal confessore, non sempre si rimette tutta la pena temporale dovuta ai peccati, ma essa nondimeno si può estinguere con altre penitenze volontarie e specialmente con le indulgenze.

D. 193. Che cosa s’intende per indulgenza?

R. Per indulgenza s’intende la remissione dinanzi a Dio della pena temporale dovuta ai peccati già cancellati in quanto alla colpa: remissione che la Chiesa concede fuori del Sacramento della Penitenza.

Art. 5. — DEL SACRAMENTO DELLA ESTREMA UNZIONE.

D. 194. Che cos’è il Sacramento dell’Estrema Unzione?

R. Il Sacramento dell’Estrema Unzione è il Sacramento, istituito da Gesù Cristo, con il quale si danno agli adulti gravemente infermi gli aiuti spirituali, massimamente giovevoli in pericolo di morte e talvolta anche di sollievo delle infermità corporali.

D. 195. Questo Sacramento è necessario alla salvezza?

R. Questo Sacramento non è assolutamente necessario alla salvezza, ma non è lecito trascurarlo, anzi è da curarsi con ogni zelo e diligenza che l’infermo, appena versi in pericolo di vita, mentre ancora ha coscienza di sé, lo riceva quanto prima.

Art. 6. — DEL SACRAMENTO DELL’ORDINE,

D. 196. Che cos’è il Sacramento dell’Ordine o della Sacra Ordinazione?

R. Il Sacramento dell’Ordine o della Sacra Ordinazione è il Sacramento istituito da Gesù Cristo per costituire nella Chiesa i Vescovi, i sacerdoti e i ministri con la rispettiva potestà e grazia, affinché possano, ciascuno nel proprio grado, compiere bene i sacri uffici.

D. 197. Qual è la dignità del Sacerdozio?

R. Altissima è la dignità del Sacerdozio, perché il sacerdote è ministro di Cristo e dispensatore dei misteri divini, mediatore tra Dio e gli uomini, avente potestà sul corpo reale e mistico di Cristo.

Art. 7. — DEL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO.

D. 198. Che cos’è il Sacramento del Matrimonio?

R. Il Sacramento del Matrimonio è lo stesso contratto matrimoniale validamente stretto tra cristiani, che, elevato da Gesù Cristo alla dignità di Sacramento, dà ai coniugi la grazia di bene compiere i doveri che essi hanno tra di sé e verso i figli.

D. 199. Si può avere tra cristiani un valido matrimonio che non sia anche Sacramento?

R. Tra Cristiani non si può avere un valido matrimonio che non sia per ciò stesso Sacramento, perché Gesù Cristo si degnò innalzare alla dignità di Sacramento proprio

lo stesso Matrimonio.

D. 200. Quali sono le proprietà essenziali del Matrimonio?

R. Le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità, che nel matrimonio cristiano acquistano una fermezza speciale per virtù del Sacramento.

D. 201. Da quale diritto è regolato il Matrimonio dei Cristiani?

R. Il Matrimonio dei Cristiani è regolato dal diritto divino ed ecclesiastico, salva la competenza della potestà civile circa gli effetti puramente civili.

D. 202. Come si contrae il Matrimonio?

R. Il Matrimonio si contrae esprimendo il mutuo consenso davanti al parroco, o a un sacerdote suo delegato ed almeno a due testimoni.

D. 203. Il Matrimonio celebrato in questa forma consegue in Italia anche gli effetti civili?

R. Il Matrimonio celebrato in questa forma consegue in Italia anche gli effetti civili, perché lo Stato italiano riconosce tali effetti al Sacramento del Matrimonio.

D. 204. Il Matrimonio così celebrato come consegue in Italia anche gli effetti civili?

R. Il Matrimonio così celebrato consegue in Italia anche gli effetti civili, mediante la sua regolare trascrizione nei registri dello stato civile, fatta a richiesta del parroco.

D. 205. Gli sposi cattolici possono compiere anche il Matrimonio civile?

R. Gli sposi cattolici non possono compiere il Matrimonio civile né prima né dopo il Matrimonio religioso: che se lo osassero, anche con l’intenzione di celebrare in appresso il Matrimonio religioso, sono dalla Chiesa considerati come pubblici peccatori.

D. 206. Gli sposi nel contrarre il matrimonio debbono essere in grazia di Dio?

R. Gli sposi nel contrarre il Matrimonio, che è uno dei Sacramenti dei vivi, debbono essere in grazia di Dio, altrimenti commettono un sacrilegio.

CAPO VIII. 

Delle virtù.

D. 207. Che cos’è la virtù?

R. La virtù è l’abito o la costante disposizione che inclina l’uomo a fare il bene e ad evitare il male.

D. 208. Di quante specie è la virtù?

R. Rispetto all’oggetto la virtù è duplice: teologale e morale.

Art. 1. — DELLE VIRTÙ TEOLOGALI.

D. 209. Che cos’è la virtù teologale?

R. La virtù teologale è la virtù che ha per oggetto immediato Dio, come fine soprannaturale, e dirige l’uomo a tal fine.

D. 210. Quante sono le virtù teologali?

R. Le virtù teologali sono tre: fede, speranza e carità.

D. 211. Le virtù teologali sono necessarie per salvarsi?

R. Le virtù teologali sono assolutamente necessarie per salvarsi, perché senza di esse né l’intelletto né la volontà possono debitamente dirigersi al fine soprannaturale.

D. 212. Qual’è la più eccellente tra le virtù teologali?

R. Tra le virtù teologali la più eccellente è la carità che è la perfezione della legge e perdura anche in Paradiso.

D. 213. Che cos’è la fede?

R. La fede è la virtù soprannaturale per cui, con l’ispirazione e l’aiuto della grazia, noi crediamo vero tutto ciò che Dio ha rivelato e ci insegna per mezzo della Chiesa, e lo crediamo per l’autorità dello stesso Dio rivelante, il quale non può né ingannarsi né ingannare.

D. 214. Dobbiamo noi credere tutte le verità rivelate?

R. Noi dobbiamo credere (almeno i n modo implicito) tutte le verità rivelate; per esempio dicendo: Credo tutto ciò che crede la S. Madre Chiesa; dobbiamo poi esplicitamente credere l’esistenza di Dio rimuneratore, e i misteri della SS. Trinità, dell’Incarnazione e Redenzione.

D. 215. Come si manifesta la fede?

R. La fede si manifesta professandola apertamente con le parole e con le opere fino a subire, se ve ne fosse bisogno, la stessa morte.

D. 216. Che cos’è la speranza?

R. La speranza è la virtù soprannaturale, per la quale, fondandoci sui meriti di Gesù Cristo, sulla bontà, onnipotenza e fedeltà di Dio, aspettiamo la vita eterna e le grazie necessarie per conseguirla, come Dio promise a coloro che compiono le opere buone.

D. 217. Come si manifesta la speranza?

R. La speranza si manifesta non solo con le parole ma anche con le opere, mentre, con intima fiducia nelle divine promesse, sopportiamo con pazienza le persecuzioni e i dolori della vita.

D. 218. Che cos’è la carità?

R. La carità è la virtù soprannaturale per la quale amiamo Dio per se stesso sopra tutte le cose e noi stessi e il prossimo nostro per amor di Dio.

D. 219. Come manifestiamo il nostro amore per Iddio?

R. Noi manifestiamo il nostro amore per Iddio osservando fedelmente i suoi precetti ed esercitandoci in altre opere, che, sebbene non comandate, gli sono però accette.

D. 220. Come dobbiamo amare noi stessi?

R. Dobbiamo amare noi stessi cercando in ogni cosa la gloria di Dio e la nostra eterna salvezza.

D. 221. Come dobbiamo amare il prossimo?

R. Dobbiamo amare il prossimo con atti interni ed esterni, sia perdonando le offese, sia astenendoci dal recargli danno, ingiuria o scandalo, sia ancora aiutandolo, secondo le nostre forze, nelle sue necessità, specialmente per mezzo delle opere di misericordia spirituale e corporale.

D. 222. Quali sono le opere di misericordia spirituale?

R. Le opere di misericordia spirituale sono:

1° consigliare i dubbiosi;

2° insegnare agli ignoranti;

3° ammonire i peccatori;

4° consolare gli afflitti;

5° perdonare le offese;

6° sopportare pazientemente le persone moleste;

7° pregare Dio per i vivi e per i morti.

D. 223. Quali sono le opere di misericordia corporale?

R. Le opere di misericordia corporale sono:

1° dar da mangiare agli affamati;

2° dar da bere agli assetati;

3° vestire gl’ignudi;

4° alloggiare i pellegrini;

5° visitare gl’infermi;

6° visitare i carcerati;

7° seppellire i morti.

D. 224. Nell’amore del prossimo è compreso anche l’amore dei nemici?

R. Nell’amore del prossimo è compreso anche l’amore dei nemici, perché anch’essi sono prossimo nostro, e lo stesso Gesù ci diede, di tale amore, e il comando e l’esempio.

Art. 2. — DELLE VIRTÙ MORALI.

D. 225. Che cos’è la virtù morale?

R. La virtù morale è la virtù che ha per oggetto immediato gli atti onesti conformi alla retta ragione.

D. 226. Quante e quali sono le principali virtù morali?

R. Le principali virtù morali sono quattro: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza, che si chiamano anchevirtù cardinali.

D. 227. Perché queste virtù si chiamano cardinali?

R. Queste virtù si chiamano cardinali, perché sono come il cardine, cioè la base di tutto l’edificio morale, e ad esse si riducono anche le altre virtù morali.

CAPO IX.

Dei peccati attuali o personali.

D. 228. Di quante specie è il peccato?

R. Il peccato è di due specie: originale e attuale o personale.

D. 229. Che cos’è il peccato attuale?

R. Il peccato attuale è una trasgressione della legge di Dio, scientemente e deliberatamente commessa.

D. 230. In quanti modi si può commettere il peccato attuale?

R. Il peccato attuale si può commettere con il pensiero, con le parole, le opere e le omissioni; e ciò, contro Dio, contro noi stessi e contro il prossimo, secondoché la legge che violiamo riguarda direttamente Dio o noi stessi o il prossimo.

D. 231. Come si divide il peccato attuale?

R. Il peccato attuale si divide in mortale e veniale.

D. 232. Che cos’è il peccato mortale?

R. Il peccato mortale è una trasgressione della legge di Dio commessa scientemente e deliberatamente con consapevolezza della grave obbligazione.

D. 233. Perché questo peccato dicesi mortale?

R. Questo peccato dicesi mortale perché, allontanando l’anima dal suo ultimo fine, la priva della vita soprannaturale che è la grazia santificante; la fa rea di morte eterna nell’inferno; ne rende inefficaci i meriti acquistati così da non farli più giovare alla salvezza, finché non rivivano con la grazia riacquistata; e impedisce infine ogni altra opera meritoria per la vita eterna.

D.234. Che cos’è il peccato veniale?

R. Il peccato veniale è una trasgressione della legge di Dio commessa scientemente e deliberatamente con consapevolezza di lieve obbligazione.

D. 235. Perché questo peccato dicesi veniale?

R. Questo peccato dicesi veniale perché, non allontanando l’anima dal suo fine ultimo, né dandole la morte soprannaturale, più facilmente può ottenere il perdono anche senza la confessione sacramentale, ed è come una infermità dell’anima che, per la natura sua, può essere più facilmente guarita.

D. 236. Quali sono gli effetti più notevoli del peccato veniale?

R. Gli effetti più notevoli del peccato veniale sono che raffredda il fervore della carità, dispone l’anima al peccato mortale e rende l’uomo meritevole di pena temporale da scontarsi in questa o nell’altra vita.

D. 237. Oltre il peccato, dobbiamo fuggirne anche le occasioni?

R. Oltre il peccato, dobbiamo, per quanto possiamo fuggirne anche le occasioni prossime, quelle cioè cheespongono l’uomo a grave pericolo di peccare.

CAPO X.

Dei Novissimi.

D. 238. Che cosa s’intende per Novissimi?

R. Per Novissimi s’intende quanto attende l’uomo nell’ultima sua ora, cioè: la morte, il giudizio, l’Inferno e il Paradiso; dopo il giudizio, però, e prima del Paradiso, può esservi il Purgatorio.

D. 239. Che cosa dobbiamo soprattutto considerare intorno alla morte?

R. Della morte dobbiamo soprattutto considerare che essa è pena del peccato, che è il momento da cui dipende l’eternità, cosicché dopo morte non vi è più tempo né di penitenza, né di merito; che di essa infine è incerta l’ora e sono incerte le circostanze.

D. 240. Che cosa accade all’anima subito dopo morte?

R. Subito dopo morte l’anima si presenta al tribunale di Cristo per subirne il giudizio particolare.

D. 241. Di che cosa sarà giudicala l’anima nel giudizio particolare?

R. L’anima nel giudizio particolare sarà giudicata di tutto: dei pensieri, delle parole, opere ed omissioni e tale giudizio, quasi come in una esteriore manifestazione, avrà la sua conferma nel giudizio universale.

D. 242. Che sarà dell’anima dopo il giudizio particolare?

R. Dopo il giudizio particolare l’anima, se è priva della grazia per il peccato mortale, precipita subito fra le pene dell’Inferno; se è in grazia e libera da qualunque peccato veniale e da qualsiasi debito di pena temporale, sale immantinente in Paradiso; finalmente, se è in grazia, ma con qualche peccato veniale o con qualche debito ancora di pena temporale, resta in Purgatorio finché non avrà soddisfatto completamente alla divina giustizia.

D. 243. Che sarà dei dannati nell’Inferno?

R. Nell’Inferno i demoni e con essi gli uomini dannati, senza il corpo prima del giudizio universale, anche col corpo dopo, sono privati in eterno dalla visione beatifica di Dio e tormentati con un vero fuoco e con altre gravissime pene.

D. 244. Che sarà dell’anima nel Purgatorio?

R. L’anima in Purgatorio sconta, con la privazione della visione beatifica e con altri gravi tormenti, le pene temporali dovute ai peccati e non ancora perfettamente scontate in questa vita, finché non avrà sodisfatto completamente alla divina giustizia così da essere ammessa in Paradiso.

D. 245. Che sarà dei giusti in Paradiso?

R. In Paradiso le anime dei giusti, senza corpo prima del giudizio universale, anche col corpo dopo, godranno in eterno la visione beatifica di Dio e con essa ogni bene, senza mescolanza o timore d’alcun male, in dolce unione con Nostro Signor Gesù Cristo, la Beata Vergine Maria e tutti i Celesti.