GNOSI, TEOLOGIA DI sATANA (41)

GNOSI TEOLOGIA DI SATANA (41)

SUNTO STORICO DELLE ERESIE NEL LORO RAPPORTO COL PANTEISMO E COL SOCIALISMO (4).

[A. NICOLAS: “Del Protestantesimo e di tutte le eresie nel loro rapporto col socialismo”, vol. I – Napoli, tipogr. e libr. Gabr. ARGENIO – 1859]

Eresie del terzo periodo [II.]

VII. — Ha considerato ben poco e poco osservato colui che non è convinto di questa importante verità, che lo stato materiale delle società è o diventa in breve conforme alle dottrine che si agitano nel mondo superiore delle intelligenze; e che dalle idee ai fatti, dal gabinetto del filosofo alla strada non v’ha che la distanza di alcuni gradi rapidamente corsi dalle passioni, sempre preste ad ascoltare chi può autorizzare la loro licenza. Il mondo delle intelligenze non è mai senza dottrine, e queste dottrine si tramutano sempre in avvenimenti, informano la società e la fanno muovere a grado delle loro ispirazioni. Le questioni più speculative della teologia e della filosofia sono sempre feconde d’ordine o di disordine, di vita o di morte. – E l’età di cui parliamo, del paro che la nostra, no fece terribili esperienze. Già una moltitudine di sette, conosciuto sotto il nome di catari, patarini, patelini, cotterelli, corrieri, triaverdini, bulgari, portavano il delirio e la loro perversità per tutta l’Europa. Il loro centro era principalmente nell’Alta Italia e nella Francia meridionale, donde si sparsero lungo il Reno, nella Svevia e in Inghilterra. Esse vennero tutte a concentrarsi ne’ valdesi e negli albigesi, i quali posero per un istante in questione l’universale incivilimento e l’obbligarono ad intraprendere contro di loro una crociata. Ora, quali dottrine avevano ripiene queste sette del loro veleno? Qual era l’ultima parola e lo scopo de’ loro attentati? Tutti gli storici sono unanimi nel farci ragione su questo soggetto. Le dottrine panteistiche che noi abbiam già veduto allo stato di eresia teologica, e che la Chiesa aveva successivamente fulminate sotto i nomi di ebionismo, di gnosticismo, di manicheismo, di montanismo, d’arianesimo, di nestorianismo, di eutichianismo siccome esposti al dogma dell’Incarnazione, tali erano le sorgenti certe di queste sette. Il loro scopo era la distruzione della religione, della famiglia e della proprietà, il più spaventevole comunismo. Noi abbiamo già veduto gli ebioniti e i gnostici manichei professare apertamente la comunanza d’ogni cosa; della terra, de’ beni della vita, delle donne, e pretendere che le leggi umane, invertendo l’ordine legittimo, hanno prodotto il peccato colla loro opposizione agli istinti più potenti deposti da Dio nel fondo delle anime (Epifanio, Della giustizia. — Iscrizioni della Cirenaica). – In sul suo nascere il Cattolicismo dovette fare i più grandi sforzi per domare questi mostri di dissoluzione e di barbarie. Essi non furono interamente vinti. Gli avanzi di queste sette gnostiche, sotto il nome di pauliciani, si accamparono in alcuni villagi dell’Armenia. Collegati in breve coi Saraceni e coi musulmani, essi menarono il gran guasto nell’Asia minore; sbaragliati poi dall’imperator Basilio, si tramutarono poco appresso dalle rive dell’Eufrate nella Tracia e nella Bulgaria, donde venne ad essi il nome di Bulgari (Il nome di Bulgari Bulgres, Burgres, designava un popolo: da poi, che è stato dato agli albigesi, è diventato un termine ingiurioso che fu applicato ad ora ad ora agli usurai ed a quelli che rompono nel peccato contro natura. – Gibbon). In brev’ora essi ammorbarono delle loro dottrine le frontiere della Bulgaria, della Croazia e della Dalmazia, ove sedeva il primate, e donde, a detta di Gibbon, penetrarono in Europa per tre comunicazioni:—mescolandosi colle carovane de’ pellegrini d’Ungheria, che andando e venendo da Gerusalemme dovevano passa per Filippopoli; — col favore delle relazioni di commercio e di ospitalità che Venezia aveva allora con tutta la costa del mare Adriatico; — finalmente, come arruolati nell’esercito dell’impero di Bisanzio e trasportati con esso nelle province che l’imperatore possedeva in Italia e in Sicilia. Per mezzo di queste diverse migrazioni o comunicazioni, i manichei, pauliciani o bulgari, seminarono i germi delle loro dottrine nell’alta Italia e nella Francia meridionale. Questi germi, coltivati in società segrete e fomentati dalle nuove eresie scolastiche, che noi passiam ora in rivista, gettarono profonde radici sulle rive del Rodano e nel territorio degli albigesi, il cui nome è rimasto qual nome generico di questa moltitudine di sette impure che pigliavano la loro origine nell’antico manicheismo gnostico, e che minacciarono nel secolo decimoterzo di rigettar l’Europa nella notte donde il Cristianesimo l’aveva tratta e l’andava sempre più liberando – (La rapidità del nostro corso non ci permette di arrestarci e fare il ritratto di ciascuna di queste sette, e di distinguere i valdesi, i catari, gli enriciani, gli arnaldisti, i popelicani e una copia d’altre sette che differivano nelle loro follie, ma che tutte si univano nella negazione del dogma cristiano dell’Incarnazione e in un odio amaro contro la Chiesa o la società; gli è da quest’odio che procedevan tutte, come dice il loro storico Reinier: Sic pronessit doctrìna ipsorum et rancor. Noi prendiamo a disegnare i loro principali tratti negli albigesi). – Perciò noi ritroviamo negli albigesi le medesime dottrine antisociali che abbiam fatto palesi nei primi gnostici. Così gli albigesi professavano il panteismo dualista o il manicheismo. Essi rigettavano il dogma dell’Incarnazione nel suo punto di partenza, il dogma della Trinità, negando l’eguaglianza delle tre Persone divine come gli ariani; e lo rigettavano eziandio negando l’umanità di Gesù Cristo, o riducendola ad un puro fantasma insieme coi doceti e gli eutichiani. Il grande oggetto del loro odio era la Chiesa, la tradizione, i Sacramenti, le preghiere, pei morti, l’intercessione dei santi, l’Ave Maria, le cerimonie e le immagini, sopra tutto quella della croce; a dir breve, tutto ciò che mantiene, riproduce o ricordi la fede al gran mistero dell’Incarnazione, supremo oggetto del culto cattolico. Perciò la distruzione radicale di tutto ciò che aveva forma di culto e dii religione era il disegno e troppo spesso il risultato dei loro attentati; e siccome a quel tempo la religione era l’anima di tutto, ne sarebbe conseguitata altresì la distruzione d’ogni cosa. – In oltre, non solo la religione, ma attaccavano ben anco gli altri fondamenti della società. Quindi proscrivevano il matrimonio, il che era una conseguenza diretta della loro dottrina. A seconda delle loro opinioni manichee, come la materia e la carne erano l’opera del cattivo principio e ne erano impregnate, così era delitto il contribuire alla loro propagazione colla procreazione conjugale. Per la ragion medesima essi proscrivevano l’uso delle carni! Ma sotto questo doppio rispetto, affettavano una continenza ed una temperanza che erano solo apparenti e velavano i più mostruosi eccessi. Siccome a loro giudizio la concezione era quella propriamente che bisognava avere in orrore, così ei si abbandonavano a tutto fuorché a quello che era legittimo, e allentavano in sì fatto modo il freno alle brame colpevoli da lasciarlo assolutamente senza rimedio (Stupra, etiam adulteria, caeterasque voluptates in caritatis nomine committebant, mulieribus cum quibus peccant, et simplicibus quos deeipiebant impunitatem peccati promittentes, Deum tantummodo bonum et non justum prædicant. – Atto del sig. di Tinuières, del 1373, e lettere di Filippo Augusto ivi contenute, del 1211). – La proprietà e la giustizia non erano da essi attaccate meno del matrimonio e della religione. Eredi degli ebioniti, essi pretendevano di erigere in legge la povertà universale, vale a dire la più assoluta comunanza de’ beni: « Voi altri, dicevan essi ai Cattolici, voi aggiungete casa a casa e campo a campo. I più perfetti di voi, come i monaci e i canonici regolari, se non possiedono beni in proprio, li hanno almeno in comune. Noi, che siamo i poveri di Gesù Cristo, senza riposo, senza dimora certa, noi andiamo errando dall’una città all’altra, siccome pecorelle in mezzo ai lupi, e patiamo persecuzione come gli apostoli e i martiri ». (Enervino.) Sotto questa bugiarda dolcezza e sotto questo falso distacco, essi rinnovavano l’errore antisociale de’ manichei e dei pelagiani, che era stato così vittoriosamente combattuto da sant’Agostino; abusavano delle massime del Vangelo per pretendere « che non bisognava punto dividere le terre né i popoli. » La qual cosa dice Bossuet, mira all’obbligo di porre ogni cosa in comune (Storia delle variazioni). Essi riprovavano tutte le magistrature, dicendo che tutti i principi e tutti i giudici sono dannati perché condannano i malfattori contro questa parola: La vendetta appartiene a me; dice il Signore; e contra quest’altra: Lasciateli crescere sino alla messe. » Ecco, dice Bossuet, come quegli ipocriti abusavano della sacra Scrittura, e colla loro finta dolcezza davano a tutti i fondamenti della Chiesa e degli stati (Storia dlle variazioni, lib. XIQuest’eresia sociale era talmente propria degli albigesi che secondo il concilio di Tarragona, esecutore dei decreti 3, e 4, del concilio di Laterano, la prova assegnata ai giudici per l’applicazione dei decreti fatti contra questi settari consiste in vedere se 1’accusato è uno di quelli qui dicunt potestatibus eeclesiasticis vel SAECULARIBUS non esse obediendum, et pœnam corporalem non esse infligendam in aliquo casu et similia. – Concilio di Tarragona a. 1242). » Così, giustizia, proprietà, famiglia, religione, tutti i fondamenti della società erano combattuti da questi eretici, in cui erano venute a compendiarsi tutte le antiche eresie. Cogliendo il pretesto di una rilassatezza di costumi che si faceva sentire allora così nel clero come nella società, e che voleva una riforma, queste sette ipocrite affettavano un rigorismo esagerato e falso, il quale non era che un modo di rovinare i principii invece di emendare e togliere gli abusi. – Intorno a tale argomento vuol essere notato che tutte le sette cominciano ordinariamente con una gran pretensione di rigorismo, di disinteresse e di riforma, col cui favore esse distillano il loro veleno. Primieramente seducono sé medesime, si vuol dirlo, con questa illusione d’orgoglio; ma due risultati funesti non tardano a dileguarla: il primo è che erigendo in precetto generale ciò che non è altro che un consiglio particolare, esse distruggono i fondamenti della natura e della società in profitto della passione della moltitudine, la quale si arresta a cotale distruzione senza poggiare sino a quella perfezione che ne è lo scopo chimerico: il secondo è che quei medesimi che aggiungono per qualche tempo a sì fatta perfezione, non potendo riuscirvi che a forza di tendere troppo le forze dell’immaginazione e della volontà, essendo privi affatto del soccorso dei mezzi soprannaturali che il Cattolicismo mette a disposizione delle anime, non tardano a precipitare: a tal che, per aver voluto innalzarsi naturalmente al di sopra della natura, queste sette orgogliose cadono al di sotto. Osservate tutte le sette: il loro principio è angelico, il loro fine rapido e satanico : desinit in piscem mulier formosa superne. Il Cattolicismo, che solo ha ne’ suoi sacramenti de’ mezzi soprannaturali di dominare la natura ne permette nondimeno le legittime soddisfazioni alla generalità degli uomini. Egli forma il santo senza disfar l’uomo, e rizza la città del cielo senza sturbare o meglio coll’assodare la società della terra. È il buon senso pratico della vita santificata. E perché? Sempre per la ragion medesima; perché esso distingue ed unisce il naturale e il soprannaturale, che tutte le sette tendono a confondere; perché esso continua Gesù Cristo, il quale era distintamente e ad un’ora perfettamente Dio e perfettamente uomo; che amava Giovanni, che piangeva Lazaro, che ordinava si pagasse il tributo a Cesare, che era commosso dalla sorte della sua patria, che carezzava i piccoli fanciulli, che beveva e mangiava coi peccatori, e che al tempo stesso comandava alla natura, faceva tremare i demoni, era servito dagli angeli, santificava le prostitute e i ladroni, moriva qual Dio sulla croce in mezzo a tutti i tormenti della natura umana. – La sette di cui ora favelliamo avevano concepito un singolar mezzo di conciliare il rigorismo colla licenza; si dividevano in due classi; una de’ buoni uomini o perfetti; l’altra dei credenti, di gran lunga più numerosa, che componeva la moltitudine. Ibuoni uomini si lodavano di un rigorismo fuor di misura, sopra tutto nell’esteriore e nel loro vestire. Icredenti potevano abbandonarsi a tutti gli eccessi, stimandosi dalla sola fede giustificati dei delitti più enormi, e assicurati della loro salute, purché prima di spirare avessero ricevuto l’imposizione delle mani di un perfetto, « senza pretendere di essere obbligati né alla confessione dei loro peccati né alla restituzione di ciò che essi avevano rubato colle usure, coi furti e colle rapine di cui non si facevano scrupolo alcuno, com’ era altresì di tutte le altre corruttele della voluttà, alla quale si abbandonavano con una libertà sfrenata; non dubitando punto della loro salute purché prima di morire potessero ricevere l’imposizione delle mani di qualcuno dei loro buoni uomini o perfetti (Storia degli albigesi, del rev. Padre Benoist, secondo tutti gli storici contemporanei. — Cosi i buoni uomini e i credenti si assistevano reciprocamente: i credenti commettevano le rapine e i guasti pei buoni uomini e i buoni uomini meritavano pei credenti). » Tutta la loro religione consisteva in questo. – Uno dei caratteri distintivi di questi settari, che si trova egualmente ne’ primi manichei, ne’ templari, ne’ rosa-crociati, ne’ franchimuratori, era il mistero delle loro società e dei loro giuramenti, i loro segni, il loro linguaggio di convenzione, la loro fraternità sotterranea, la loro propaganda invisibile, e quei terribili segreti che non era permesso al padre di svelare ai propri figliuoli, ai figliuoli di svelare al padre; segreti di cui la sorella non doveva parlare al fratello, nè il fratello alla sorella (Philicdorf, Contra Wald . cap. 13.—E cosa curiosissima il ritrovare nella descrizione che fa sant’Agostino delle cerimonie secrete de’ manichei, a’ quali aveva appartenuto nella sua gioventù, ciò che si pratica ancora precisamente nelle logge de’ franco-muratori. — Cosi il segreto ad ogni patto, jura, perjura, segretum prodere noli. Giura, spergiura, ma conserva il tuo segreto: era questa la loro divisa. — Lo stesso numero ancora e l’identità dei segni, signa oris, manuum et sinus.— La maniera di venirsi incontro con un tocco segreto di mano in segno che avete veduto la luce; ìl Manichæorum alter alteri obviam factus, dexteram dant sibi ipsis signi causa, velut a tenebria servati. — Finalmente perfino quel catafalco rizzato su cinque gradi, e quegli apparecchi di morte in memoria di quella di Manete che formano una delle principali cerimonie massoniche. Pascha suum, est Diem quo Manìchæus occisus, quinque gradibus instructo tribunali, pretiosis linteis adornato ac in promtu posito et objecto, adorantibus magrj. honoribus prosequuntur. (Aug. Contra epist. Manich.). Vedi intorno a’ manichei, a’ templarii, agli albigesi, ai muratori le Memorie per servire alla storia del giacobinismo, di Barruel.— Noi non vogliamo dedurre da ciò che i franchi-muratori debbano essere assimilati agli albigesi, ai templarii ed ai primi manichei, no; come non si può dire che i fratelli moravi somigliano agli ussiti: non sono che residui, che le ceneri fredde di que’ vulcani che furono in passato incendiarli. Il loro torto principale é di romperla con la luce, di cui si dicono nondimeno i settari, di essere perfettamente ridicoli e di perpetuare quel fondo di società segrete che l’incivilimento riprova quanto la Chiesa, e che in tempi di disordine possono tornare di bel nuovo il centro). – Così organizzati in una congiura antisociale, essi mettevano le loro dottrine ad esecuzione da per tutto ovunque potevano, abbattendo le chiese e le case religiose, trucidando inesorabilmente le vedove e i pupilli, i vecchi e fanciulli, non facendo alcuna distinzione di età e sesso; come i nemici giurati del Cristianesimo, distruggendo, mettendo ogni cosa a ruba nello Stato e nella Chiesa (Cosi li rappresentano Glaber, testimonio della loro prima apparizione ad Orleans, nel 1017, Reinier e gli altri storici contemporanei.— Ecco come parla Mézeray: « Scesero dall’Italia in Francia alcuni altri avvelenatori che vi arrecarono il pernicioso veleno de’ manichei; e furono questi, a credere, quelli che ammorbarono primieramente la diocesi d’Alby, per la qual cagione questi eretici si denominarono albigesi Questi paesi di Linguadoca e Guascogna erano pieni di un’altra specie di belve feroci che menavano le stragi. Essi non se la pigliavano solamente coi beni, ma assalivano le persone e attentavano alla loro vita, non avendo riguardo alcun, né a condizione né a sesso né ad età. Essi non erano d’alcuna religione ma assistevano gli eretici per avere argomento di mettere a ruba ed a saccheggio i sacerdoti e le chiese. Si chiamavano brabanzoni, aragonesi, navarresi. baschi, cotterelli e triaverdini. » [Compendio cronologico, tom. II, pag. 663]. Erano quei sbanditi che componevano la categoria dei credenti al servigio dei buoni uomini). – A dir bene, era la perversità umana scatenata sulla società dal fanatismo anticattolico: era il socialismo nato sotto forma di eresia teologica dai diversi oltraggi fatti al dogma salvatore dell’Incarnazione e giunto ad ogni confusione del bene e del male, ed alla più completa distruzione dell’uno e dell’altro. Il filosofismo fu largo sino a questi ultimi tempi di accuse alla Chiesa, accagionandola d’intolleranza per avere autorizzata la società a rintuzzar questi barbari. Oggidì che noi siamo illuminati dalla esperienza del medesimo pericolo, io non credo che nessun uomo onesto e ragionevole ricuserebbe di approvare il canone del concilio generale di Laterano, il quale consacrò la legittima difesa dell’incivilimento a quell’epoca: « Rispetto ai brabanzoni, aragonesi, navarresi, baschi, cotterelli e triaverdini, che esercitano sì gran crudeltà sopra i Cristiani, che non rispettano né le chiese né i monasteri e non risparmiano né le vedove né gli orfanelli né i vecchi né i fanciulli, non avendo riguardo né all’età né al sesso, ma abbattono e guastano ogni cosa, come pagani, noi ordiniamo a tutti i fedeli, per la remissione dei loro peccati, di opporsi coraggiosamente a questi guasti e di difendere i Cristiani contra questi cattivi (Conc. later., 1179, can. 27. Nei libri protestanti che trattano questa materia si citano le disposizioni dei decreti promulgati contra gli eretici, ma si usa la malizia di non citarne i motivi) ». La difesa de’ Cristiani contra i tristi è pur quello che noi facciamo oggidì. – Ma cadrebbe invano l’opera nostra se non facessimo ritorno al gran principio d’incivilimento, la cui negazione è la sorgente di questo cataclisma. Tutto il male e tutto il bene che si operano nel mondo non sono che l’errore o la verità ridotta in pratica. Ora, Gesù Cristo è la verità. Egli lo ha detto: Ego sum veritas, e questa parola sonerà in tutti gli avvenimenti sino alla fine de’ secoli. Ogni offesa fatta a Gesù Cristo è dunque fatta alla verità medesima, e riesce direttamente o indirettamente e tosto o tardi all’error totale, che è l’opposto di ciò che è Gesù Cristo, vale a dire alla confusione ed all’atterramento del finito e dell’infinito di cui esso è l’unione e la personificazione adorabile, al panteismo, al comunismo, al caos, alla morte. Cosa che noi non dobbiam dismettere di dimostrare sino alla fine.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.