GNOSI, TEOLOGIA DI sATANA (40)

SUNTO STORICO DELLE ERESIE NEL LORO RAPPORTO COL PANTEISMO E COL SOCIALISMO (3).

[A. NICOLAS: “Del Protestantesimo e di tutte le eresie nel loro rapporto col socialismo”, vol. I – Napoli, tipogr. e libr. Gabr. ARGENIO – 1859]

Eresie del terzo periodo -1-

Il rapporto di tutte le eresie col panteismo è vero e costante sino ad esser nojoso. Il che però non ci terrà dal seguitarne l’esposizione poiché a nostro giudizio ne risulta una delle prove più luminose della verità di nostra fede e della necessità di far ritorno ad essa. Noi siam costretti a domandarci come mai una dottrina da cui non ci possiamo allontanare senza riuscir da tutte parti agli abissi non è la verità! come mai, se non fosse la verità medesima, potrebbe essa sola, fra tutte le concezioni e tutte le istituzioni, preservarci da questo fatal destino e preservarne il mondo facendolo del continuo progredire! Come mai ella regga sì bene e si conservi sì bene nell’operosità della sua scienza, per mezzo de’ suoi dottori e della sua universale applicazione, per mezzo de’ suoi apostoli, senza esagerazione né diminuzione né deviazione né confusione, e stia, benché sia stata sempre provocata, sempre bersagliata dalla violenza o dalle insinuazioni delle eresie, senza posa rinascenti intorno a lei, ma riconosciute appena nate, e fulminate appena riconosciute, senza che alcuna di esse abbia mai potuto, non dico atterrarla, ma neppur sorprenderla o imbarazzarla neppure una volta nel lungo correre di oltre diciotto secoli, e siano invece riuscite a favoreggiar la sua esposizione ed a provar la sua sapienza? Diversamente della statua marina di Glauco, che i flutti sempre battenti avevano sfigurata e mutata in un informe scoglio, la figura della Chiesa non è mai alterata dai flutti dell’eresia; e l’eresia venendo, continuamente a rompere contra di lei, ne ha fatto tutto al contrario uscir sempre più manifesti i tratti divini. Noi ci domandiamo sopra tutto come mai, difendendo i suoi più alti misteri, o meglio il suo unico mistero, la Chiesa si trovi difendere tutta la serie delle verità naturali e sociali; e sentinella vigile, posta alle Termopili dell’incivilimento, come veda sempre da lungi il suo nemico, come lo riconosca non ostante tutti i suoi travestimenti e tutti i suoi stratagemmi, come lo percuota sempre con sicurezza senza che l’astuzia la possa mai sorprendere, né l’audacia sgomentarla, né muoverla la violenza, né scoraggiarla l’ingratitudine di questa società medesima che elle, protegge, e farle abbandonare la sua immortale impresa? Che diremo poi quando si osservi che la meraviglia già sì grande che ci fanno questi prodigiosi caratteri della Chiesa va associata alla meraviglia della loro predizione e dell’infallibile parola che fino dal suo nascere e prima del suo nascere promise alla Chiosa tale stabilità contra la quale non potranno prevaler mai gli assalti dell’errore? – Tutto ciò si comprende facilmente da quelli che credono alla divinità dell’istituzione della Chiesa; rispetto a quelli che non vi credono ancora, essi non possono rispondere che col più muto stupore. Ma importa assai di accrescere questo stupore e così incalzarlo che non trovi più alcun termine ragionevole se non nella fede. – Dopo le eresie del periodo che abbiam chiamato dogmatico o teologico, vengono le eresie del periodo scolastico, quelle del secolo IX fino al XVI. Qui non vediamo eresie propriamente nuove, poiché le solenni decisioni della Chiesa avevano innanzi definite tutte le questioni; in quella vece vediamo da una parte una disposizione vaga all’eresia delle eresie, cioè all’indipendenza da ogni autorità, la quale prorompe la mercé di settari audaci; dall’altra vediamo il veleno delle prime eresie gnostiche e manichee diffondersi di nuovo, traviare i popoli ed esporre la civiltà ai più grandi pericoli.

I. — Noi non faremo lunghe parole dell’islamismo, il quale ha ritolto all’incivilimento i luoghi che furono la sua culla. Basti alcun cenno, l’islamismo si è stabilito la mercé dell’arianesimo, del nestorianismo e dell’eutichianismo, che infestavano allora tutto l’Oriente. Di fatto, queste tre eresie, attaccando il dogma dell’incarnazione e quello della maternità divina, aprirono la porta alla gran barbarie pel doppio battente del deismo fatalista e dell’avvilimento della donna. Perciò, cosa notevole, i due sentimenti opposti precipitarono l’Europa sull’Asia, e contrastarono questa alla barbarie, di cui liberarono almen quella: il culto di Gesù Cristo e il culto della donna; la croce e la cavalleria. Lascio che ciascuno sviluppi questi cenni e ne segua le luminose indicazioni.

II. — Lo scisma di Fozio, oltre che attaccava il principio dell’unità della Chiesa, conteneva un principio di eresia intorno alla processione del Santo Spirito, e per mezzo di questo partecipava indirettamente dell’arianesimo. Del resto, per quanto può sussistere un ramo separato dal tronco, la chiesa greca ha conservato nella loro forma le antiche tradizioni del Cristianesimo; anzi le ha conservate sino alla superstizione, e questa fedeltà minuta in alcuni riti primitivi, il cui mutamento non guasta in verun modo la sostanza della dottrina, non è in questa chiesa che una singolarità e sopra tutto un effetto della sua immobilità e del suo difetto di vita. È una testimonianza meravigliosa della vita divina in seno alla Chiesa Cattolica il confronto del suo stato e della sua azione collo stato e coll’azione della chiesa greca. La chiesa greca aveva per sé sulla Chiesa Romana questo immenso vantaggio, che pel luogo e pel centro in cui era posta era erede più immediata dell’incivilimento antico e del primo incivilimento cristiano. Costantinopoli, Antiochia, Efeso, Corinto, tutta l’Asia minore, tutto l’Arcipelago greco, ove i primi raggi della fede cristiana vennero a incrociarsi cogli ultimi raggi dell’incivilimento antico, ove l’impression viva e continua della vita del Salvatore, delle predicazioni apostoliche, dei primi combattimenti e de’ primi concili della Chiesa, delle prime testimonianze de’ Suoi confessori e de’ suoi martiri, e del miracolo luminoso della conversion del mondo pagano, della conversione di quello che esso aveva di più corrotto in ciò che v’ebbe mai di più puro e di più santo; tutte queste impressioni, tutte queste ispirazioni, tutti questi flutti di luce, di tradizione, di fede, di grazia, di vita, zampillanti dalle loro sorgenti medesime, davano alla chiesa greca un vantaggio immenso sulla Chiesa Romana. Come usò essa di questo vantaggio?Non solamente non l’ha propagato, non solo non l’ha conservato, ma lasciò che la notte della barbarie invadesse le regioni della luce; ed essa medesima vi è rimasta sepolta e stagnante senza far mai alcun sforzo per uscirne, e non presenta oggidì altro più che un cumulo di eresie e di superstizioni materiali cui la simonia compra dal dispotismo il diritto di traini dividendone con esso i profitti. La Chiesa Romana per lo contrario, inondata sin dal principio dai barbari; alle prese colle più maligne e più perseveranti eresie, dovendo combattere al tempo stesso l’ignoranza e la falsa scienza, la violenza e la sottigliezza; ricevendo in ogni istante nel suo seno elementi strani! ad ogni origine e ad ogni tradizion cristiana; distendendo essa medesima il suo apostolato nelle regioni, più lontane, più barbare, più selvagge, ove la lingua, i costumi, le superstizioni, le abitudini, il clima, le comunicazioni, tutto era ostacolo, pericolo, tutto doveva, umanamente parlando, alterarne, pervertirne, perderne la disciplina e la dottrina; la Chiesa Romana, ripeto, non solamente si è mantenuta intatta e libera in mezzo a questa confusione e a questi ostacoli, ma ha operato altresì su tutti questi clementi barbari, li ha signoreggiati, disciplinati, fusi; essa li ha ispirati del suo soffio, vivificati della sua vita; ha tratto da essi un incivilimento all’atto nuovo; essa ha raccolto ben anco gli ultimi avanzi dell’incivilimento antico che la chiesa greca non ha saputo conservare, e che da Costantinopoli sono venuti a riparare a Roma; essa ha creato il mondo moderno, il mondo attuale, in ciò che v’ha di più animato, di più puro, di più ricco e di più forte, a tal che esso non può opporre alla Chiesa medesima altro che l’abuso de’ benefizii che ne ha ricevuti. Qual prova più luminosa che la sola Chiesa Cattolica ha le promesse di Gesù Cristo, e che queste promesse sono divine così per la società del tempo come per quella dell’eternità!

III. — Ma è d’uopo che noi torniamo ad osservar questa verità ne’ particolari delle eresie del periodo scolastico, cogliendo il rapporto di ciascuna di esse col panteismo. Il primo movimento di eresia scolastica ci appare nel famoso Scoto Erigena. Per mostrare il rapporto della sua eresia col panteismo, non posso far meglio che lasciar parlare uno degli storici più esatti ed uno degli apprezzatori più riservati e più indulgenti degli avvenimenti cattolici. – « Malgrado la sua perspicacia divinatoria, dice Alzog, Erigena non seppe guarentirsi da’ più gravi errori. Dovendo lottare contra espressioni talvolta ribelli, nella sua esposizione delle verità intelligibili, egli non rimase sempre fedele al suo proprio principio di ben distinguere i termini propri e figurati, li confuse troppo spesso, ne abusò, divenne il predecessore di Berengario nella sua dottrina dell’Eucaristia e porse immediatamente occasion agli errori posteriori sui rapporti della fede e della scienza, di Dio e del mondo, sulla natura del male e sulla predestinazione. Le sue opinioni diventarono la sorgente, donde più tardi si trasse una teoria positivamente panteista. » (Elzog). Così, ecco uno spirito per niun modo mal intenzionato, ma temerario, il quale invece di svilupparsi nella profondità e sublimità della dottrina cattolica, come fece cosi potentemente il genio di san Tommaso, vuol passarne i confini; egli fa un passo fuor del dogma dell’Incarnazione eucaristica, e incontanente ove si dirige egli, ove riesce? Al panteismo! – Lo storico dal quale abbiam preso il giudizio che lo risguarda è uno  de’ più moderati verso di esso : egli fa ogni potere di scusarlo: « Gli è perché fu disconosciuta, dice egli, la distinzione chiaramente stabilita da Scoto tra il linguaggio proprio e il linguaggio improprio applicato al Creatore, che esso fu generalmente rimproverato di essere- panteista …. La proposizione, Dio è in tutto e diventa tutto, vuol dire secondo Erigene: Dio si manifesta in tutto: tutto ciò che è creato – è manifestazione di Dio ». Questa spiegazione è almeno molto benevola; ma la tendenza al panteismo non è punto meno manifesta nel dottor scozzese, e noi medesimi siamo troppo benevoli verso di lui non accagionandolo in ciò se non della colpa di tendenza.

IV. — La cosa che importa sopra tutto di notare come una verità che sembrerà forse eccessiva, e che nondimeno è molto positiva e molto logica, ben giustificata sopra tutto dalla sorte delle eresie che noi esaminiamo in questo momento, è che se il dogma dell’Incarnazione è preservativo del panteismo come dottrina, lo è a condizione che sia vivificato e realizzato in noi come sacramento. La realtà della presenza soprannaturale di Gesù Cristo nell’Eucaristia ci fa sentir vivamente la distinzione dell’infinito e del finito; (E se ne giudichi da questo passo: « Il fiume intero (dell’essenza suprema) sgorga dalla sorgente prima: l’onda che ne zampilla si spande in tutta l’estensione di questo fiume immenso, e ne forma il corso, che si prolunga indefinitamente. Così la bontà divina, l’essenza, la vita, la sapienza e tutto ciò che è nella sorgente universale, si spande prima sulle cause primordiali e dà loro l’essere; discende poscia per queste medesime cause sull’universalità de’ loro effetti di una maniera ineffabile, in una  progression successiva, passando dalle cose superiori alle inferiori: queste effusioni sono in appresso ricondotte alla sorgente originale per la trasparizion nascosa de’ pori più segreti della natura. Di in qua deriva ciò che è concepito e sentito, tutto ciò che è superiore ai sensi ed all’intelletto. » Il movimento immutabile della bontà suprema e triplice, della vera bontà sopra sè medesima, la sua semplice moltiplicazione, la sua diffusione inesauribile che parte dal suo seno e vi ritorna, è la causa universale, o meglio essa è tutto, imperocché, se l’intelligenza d’ogni cosa è la realtà d’ogni cosa, questa causa che conosce tutto è tutto; essa è la sola potenza gnostica; essa non conosce nulla fuori di sé medesima: non vi ha nulla fuori di lei; tutto è in lei; essa sola è veramente, » – De divisione naturæ – lib, III, pag. 4.); e la partecipazione a questa divina realtà ci fa provare la loro comunione senza nuocere alla loro distinzione, che anzi ce la rende tanto più profonda pel sentimento della reciprocità dell’amore che ne dimostra chiaramente i due termini: Dio e noi, Dio in noi e noi in Dio, distinti ed uniti, altrettanto distinti quanto è la miseria più profonda della creatura dalla triplice santità del suo Autore; e altrettanto uniti quanto debbono essere per un amore che supera questa distanza e questa distinzione: due sentimenti, due bisogni profondamente necessari al cuor dell’uomo; la cui soddisfazione, per mezzo del Cattolicismo, salva l’uomo da tutti i traviamenti ai quali quei sentimenti lo spingono quando manca loro il proprio oggetto. – La scolastica nel medio evo non fu volta da alcuni begli spiriti alla speculazion razionalista se non collo scuotere il contrappeso divino e mantenne nelle vie sicure e larghe della teologia positiva gli Anselmo, i Tommaso d’Aquino, i Lanfranco, i Bernardo, i Gersone, i Bonaventura, il cui genio andò debitore di tutta la vigoria ed esattezza del suo volo alle ispirazioni della fede pratica. L’allontanamento dell’esca di questa fede, la privazione del soprannaturale eucaristico, condusse gli altri all’indebolimento della fede in questo soprannaturale e in quello di tutta la religione e bontosto al panteismo. Se invece di studiar cotanto a spiegare in sé ciò che è inesplicabile, essi fossero stati fedeli alla pratica del sacramento divino, avrebbero conosciuto Gesù Cristo alla frazion del pane, si sarebbero conosciuti essi medesimi, avrebbero conosciuto tutte le cose molto meglio che non investigandole in sé medesime; o almeno sarebbero stati illuminati e preservati nei pericoli delle loro investigazioni. Se non che avendo essi spirito orgoglioso e cuor molle, soccombettero nella lotta dei sensi e si trovarono trascinati da questa schiavitù a quella falsa libertà di ragionare e di pensare, di cui i nostri moderni razionalisti hanno tanto esaltato in loro l’iniziativa, e che non è in sostanza altro che la libertà di traviare e di inabissarsi, inabissando insieme il mondo. Tali furono principalmente Berengario, Boscelino, Abelardo, Guglielmo di Champeaus, Amalrico di Chartres, David di Dinan, Gilberto della Porretta. Il dogma dell’Eucaristia era stato insino allora rispettato. Il solo Scoto Erigena aveva cominciato ad attaccarlo. Ma Berengario di Tours fu nel secolo undecimo l’autore di una vera eresia su questo punto: egli si dichiarò in maniera più forte e più formale ancora di Erigena contro il dogma della transustanziazionee della presenza reale, e fin l’autore della setta dei berengariani, i quali furono i precursori dei luterani e dei calvinisti, e sono stati condannati da molti concilii, segnatamente da quelli di Vercelli, di Tours, di Parigi e di Roma nel 1079. Si è preteso, quantunque il fatto non sia ben provato, che questi attacchi contra la fede nel dogma dell’Eucaristia, Berengario ne mescolasse altri contra i primi fondamenti della società: che condannasse i matrimoni legittimi; che professasse il principio dover le donne essere comuni; che riprovasse altresì il battesimo de’ fanciulli, e finalmente che trascorresse nell’eresia dei gnostici e de’ manichei (Bergier, Dizionario di teologia.).

V. — Roscelino fu autore di una eresia sulla Trinità, la quale consisteva in vedere nelle tre Persone divine tre esseri, e per conseguenza tre dei: fu l’eresia dei triteisti, condannati in un concilio tenuto a Compiègne nel 1092, e contra la quale sant’Anselmo scrisse il trattato dell’incarnazione del Verbo. – Con questo attacco contro il dogma della Trinità, Roscelino cominciò la famosa controversia sui reali e sugli universali, che agitò cotanto quell’età e che sotto questi nomi barbari occultava lo scoglio fatale dello spirito umano deviato dalla fede, del quale mostriamo la presenza sotto tutte lo eresie. Le idee generali degli esseri sono esse qualche cosa di reale o di puramente nominale? V’ha egli altro di reale oltre gli esseri in sé medesimi presi individualmente? Non vi ha di reale che gli esseri medesimi presi individualmente, e le idee generali non sono che una pura astrazion nominale, sostenevano Roscelino e i nominali. Le idee generali son per lo contrario le sole realtà, e gli oggetti individuali non ne sono che le forme e i fenomeni, dicevano i realisti (Le qualificazioni di nominali e di realisti s’intendevan cosi per rapporto alle idee generali: i nominali dicevano che esse non erano che un nome: i realisti dicevano che erano le sole realtà). – Chi non riconosce la nostra gran questione sotto queste formule? Le idee generali degli esseri sono per noi i tipi dietro i quali si particolarizzano gli esseri medesimi, e sui quali noi li giudichiamo; esse implicano la generalità dell’idea e dell’essere, l’essere medesimo come loro principio e l’intelligenza infinita come loro sede. Negare un valor reale alle idee generali è dunque negare la generalità dell’essere, l’essere medesimo, è cadere nel naturalismo. E da un altro lato, non ammettere di reale che lo idee generali, e non vedere negli esseri particolari che le forme delle idee generali, che fenomeni dell’essere, non è evidentemente un cadere nel panteismo. – Naturalismo o panteismo, tali sono dunque i due partiti pei quali la filosofia si traeva da questa gran quistione. Il Cattolicismo affermando egualmente la realtà distinta del mondo soprannaturale e quella del mondo naturale, e l’accordo di questi due mondi nella gran personificazione del Cristo; appresentandoci il Cristo come il Verbo, vale a dire come il pensiero, l’idea eterna dalla quale tutto è stato fatto e tutto è rifatto, sia nell’ordine terrestre, sia nell’ordine celeste, e questo Verbo medesimo fatto carne, il Cattolicismo, ripetiamo, salva mirabilmente, raccogliendole, senza confonderle, la realtà delle idee generali nella realtà dell’Idea divina, e la realtà degli oggetti particolari nell’Individualità umana del Cristo. Egli mette la filosofia sulla strada di determinare la loro distinzione e la combinazione loro nelle conoscenze umane; e lasciando che gli spiriti si esercitino nel campo della controversia, li rattiene almeno nei termini generali della verità e pone barriere ai precipizii.

VI. — Il famoso Abelardo fu il continuatore moderato di Berengario, di Roscelino, di Amalrico di Chartres e di David di Dinan. Separando come essi la scolastica dalla mistica, la teologia speculativa dalla teologia positiva, cercando temerariamente di fondare la fede sulla ragione, invece di innalzar la ragione sui fondamenti della fede, egli spiegò un gran prestigio di spirito e di cognizioni, tale però che tendeva ad uscire ed uscì spesso dai limiti della fede. Il concilio ci Soissons condannò la sua Introduzione alla teologia, a motivo di molte proposizioni eretiche sulla Trinità. E guardate la fatale concatenazione dell’errore, le medesime proposizioni si trovavano essere panteiste e corrispondevano a proposizioni licenziose. Così, secondo lui, il Padre, o meglio la paternità, era la suprema divinità che si sviluppo nel Figlio e nel Santo Spirito, a tal che il Figlio e il Santo Spirito non son nulla in sé medesimi (aliæ vero duæ personæ nullatenus esse queant). Era negare implicitamente il dogma dell’Incarnazione del Verbo, della sua mediazione tra il mondo e Dio, cui Egli unisce senza confonderli, e per conseguenza era un aprir la porta al panteismo; era già un introdurre nel seno medesimo della Trinità il principio dell’emanazione, il quale, ammesso una volta, non si arresta più, e si estende necessariamente a tutti gli esseri. Negar le Persone divine è lo stesso che essere condotto a negare le personalità umane. Dio, l’Essere per eccellenza, la vita medesima non può, come abbiam già detto, concepirsi senza rapporti, i quali sono per conseguenza necessari. Se voi, colla soppressione delle Persone divine, gli togliete i termini di questi rapporti in sé medesimo, voi siete recato a darglierli nel mondo, assorbendovelo, o assorbendo il mondo in Lui. Aberardo giungeva a questa proposizione positivamente panteistica: secondo lui « il Padre solo è ed esiste pel suo rapporto col mondo e con la sua manifestazione nel mondo. » Quindi le cose sensibili, gli atti esteriori, i fatti non avevano valore reale ed esistenza obbiettiva per Abelardo. Lo spirito solo era tutto, e il peccato consisteva solo nella volontà perversa e non nelle opere. L’amante di Eloisa apriva così la via all’illuminismo immorale delle sette del libero spirito. San Bernardo combatté sopra tutto quest’ultima proposizione dell’Etica di Abelardo. Egli fu contra questo chimerico e brillante ingegno il campione della Chiesa e della società, come sant’ Anselmo lo tra stato contro Roscelino, e il beato Lanfranco contra Berengario. È pur mirabile questa unione della santità e della verità ne’ gran dottori della Chiesa! oh come tutto l’uomo col genio e col cuore si regge fermo, e la società insiem con esso, sul fondamento della fede, fuor del quale non si può porre il piede senza vacillare e trascinar seco la società negli abissi!

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(Continua …)