L’IDEA RIPARATRICE (2)

P. RODOLFO PLUS S. J.

L’IDEA RIPARATRICE (2)

[Traduzione del P. Giovanni Actis, S. J.  dalla 25° edizione originale]

Torino-Roma Casa Editrice MARIETTI 1926

Imprimi potest.

P . ANTONIOS ARGANO S. I., Præp. Prov. Taur.

Visto: Nulla osta alla stampa.

Torino, 26 Maggio 1925.

Teol. Coll. ATTILIO VAUDAGNOTTI.

Imprimatur.

Can. FRANCESCO DUVINA, Prov. Gen.

(30) PROPRIETÀ ARTISTICA LETTERARIA (2-xi-25-2M).

LIBRO I

Perché riparare?

CAPO SECONDO

LA RIPARAZIONE: DESIDERIO ESPLICITO DI NOSTRO SIGNORE.

La necessità della riparazione s’impone a ciascuno di noi non soltanto, come abbiamo visto fin qui, quale conseguenza legittima dei più saldi principii della nostra fede cattolica e in particolare della dottrina del Corpo Mistico di Gesù e del dogma della Redenzione, ma ancora per un obbligo esplicitamente inculcato e ripetuto dallo stesso nostro Divin Redentore. Apriamo il Santo Vangelo, consultiamo gli altri libri divinamente inspirati, ad ogni tratto noi troviamo che il Salvatore si mostra desideroso di trovare delle anime che sappiano rinnegare se stesse e mettere a profitto della gran causa della gloria divina e della salvezza di molti la propria abnegazione. – Incominciamo dai Santi Vangeli. La legge che più di ogni altra vi si ricorda è il dovere della penitenza riparatrice: e i testi sovrabbondano. Il divin Maestro manda innanzi a sé il Battista; quale la sua predicazione? — « Un battesimo di penitenza per la remissione dei peccati » . — Sulle rive del Giordano, ove verrà a lui lo stesso divin Salvatore per incominciare la sua missione, che ripete nelle sue lunghe giornate? — « Fate penitenza, perché si avvicina il Regno di Dio ». Ed egli stesso colla sua vita precede dandone l’esempio: poiché le sue vesti sono un rozzo cilicio, suo cibo le locuste del campo, suo compagno il silenzio del deserto. Vengono a lui le turbe e l’interrogano: « Tu chi sei? ». Ed egli risponde loro: « Chi io mi sia, lo volete sapere? Sono la voce che grida nel deserto: Raddrizzate le vie del Signore ». Voi siete fuori di strada, avete sbagliato il cammino, convien ritornare sulla buona via — riparare. E quando gli si accostano degli ipocriti, poco desiderosi certo di cambiar vita, e mostrano di voler esser purificati col suo battesimo, Giovanni li accoglie colle ben meritate invettive: « Razza di vipere, ipocriti! il vostro pentimento non è sincero. Il Signore esige frutti di penitenza proporzionati alla gravità delle vostre colpe. La scure è alla radice dell’albero. Quella pianta che non porta buoni frutti sarà tagliata e gittata al fuoco. Non tardate più oltre. V’ha chi deve venire — anzi Egli è già in mezzo a voi — e voi nol conoscete ancora. Avete presso di voi del buon grano? Egli lo raccoglierà per i suoi granai: non avete che della paglia? egli la butterà tra le fiamme che mai non si estingueranno ». Può darsi forse parola più decisa e più vibrata per inculcare la necessità della pena compensatrice, l’obbligo di ritornare sulla retta via, di riparare i propri errori, di sollecitare il perdono coll’offerta di una penitenza proporzionata ai propri falli? Ed ora sottentra lo stesso divin Salvatore ed incomincia la sua predicazione col digiuno di quaranta giorni nel deserto. Agli Apostoli che chiama alla sua sequela più intima Egli dice: « Abbandonate ogni cosa »; e alle turbe che si affollano intorno a Lui: Rinnegate voi stessi » . S. Matteo ce lo fa notare appositamente: « Da quel punto incominciò a predicare dicendo: Fate penitenza »; quasi per farci comprendere che tale insegnamento, molto frequente poi in appresso, Egli lo proponeva fin dal principio come un pensiero che gli era caro ed un tema che preferiva ad ogni altro. Anzi Egli passerà tutta la sua vita pubblica nello sviluppare questo tema: la rinunzia di sé stessi e la penitenza dei peccati. « Se voi avete due tuniche, vendetene una. Non vi turbate in vita vostra pel cibo e vestito necessario. Che importa il denaro? Quel che conta è il tesoro ammassato pel Cielo » . Lo sentirete continuamente fulminare di anatema quanti battono la via larga e invitare i pellegrini di quaggiù a preferire la via stretta. « Guai a voi, o ricchi! Guai a voi, o ipocriti, guai a voi! E chi sarà beato? Quelli che non posseggono nulla, i mansueti, quelli che piangono, gli assetati della giustizia, i misericordiosi, i puri, i pacifici, i perseguitati! Ecco: seriamente, volete voi impegnarvi al mio servizio, venire dietro di me? Un passo s’impone: Risolvete di rinnegare voi stessi e prendete a due mani la vostra croce. Altrimenti tutto è inutile ». E il Salvatore non ha sole parole. Se Iddio avesse tracciato soltanto delle formole, pochi avrebbero compreso. Ma la parola si mutò in atto, la parola ha preso corpo: Et Verbum caro factum est, il Verbo si è fatto carne. Così quanto poteva giungere soltanto agli orecchi nostri diventò visibile agli occhi di tutti. Il consiglio si cambiò in esempio. Il Salvatore farà consistere l’intera sua vita in una continua ostia per insegnare a noi l’immolazione. Fin dal suo primo ingresso nel mondo — ingrediens mundum — dichiara la natura della sua impresa. — Dicit: hostiam et oblationem noluisti. Tunc dixi: ecce venio. Poiché le vittime offerte fino a questo giorno non vi sono gradite, o Padre Celeste, ecco da questo momento, accettatemi, sarò io stesso la vittima. Nel seno di Maria, Gesù non fa altro che le prime prove di quella vita di ostia che Egli poi continuerà attraverso ai secoli nei chiusi tabernacoli sparsi sulla faccia della terra. Egli viene alla luce: il presepio, Betlemme, la stalla. Egli è ostia. A parto virgineo effectus hostia, dirà Tertulliano. E dopo la nascita da Maria SS. la serie dei sacrifizi si continua: la circoncisione, la fuga in Egitto, l’esilio; nulla manca. Il Saldatore doveva dire più tardi: « Beati quelli che soffrono, beati quelli che sono spogliati di ogni cosa ». Se Egli possedesse qualche cosa, se fosse nato in mezzo alle comodità, gliel’avrebbero rinfacciato. Oh! no, Egli sarà più di tutti noi povero e disgraziato. A Nazareth la vita nascosta. Senza di essa, predicando Egli più tardi l’umiltà, noi non avremmo accolte le sue parole: sono così pochi quelli che lo fanno anche dopo il suo esempio così eloquente! Noi amiamo tanto comparire… ed Egli si nasconde per trent’anni. Per ogni sorta di orgoglio, è conveniente un’ammenda speciale. Egli si nasconde e lavora ed il suo lavoro è faticoso. Holman Hunt, pittore inglese, in un quadro intitolato « L’ombra della morte nella bottega di Nazareth », ha dipinto il Cristo operaio che sospende per un istante il lavoro, si rizza sulla persona e stende le sue braccia per riposarsi dalla fatica. L’ombra della sua persona si proietta sul muro bianco attraversato orizzontalmente da un asse a cui sono appesi gli utensili da falegname. L’illusione è perfetta. Si direbbe un uomo che spicca in rilievo sopra una croce. Poi viene la vita pubblica colle sue faticose peregrinazioni in cerca di anime, il Cristo assetato domanda un po’ d’acqua alla Samaritana, le notti passate in preghiera, l’Apostolato infaticabile. Le volpi hanno una tana, gli uccelli un nido, il Figlio dell’uomo, nulla. Non un tetto per ricoverarsi. Egli sconta per tutti quelli che si perdono dietro alle vanità, per gli adoratori del vitello d’oro, per i figli di Dio che dimenticano o trascurano di ricorrere a Lui, per i seminatori di zizzania, e per quanti non accolgono o ricevono invano il seme divino. Al cominciar del suo ministero Giovanni Battista lo addita alle turbe chiamandolo semplicemente : « L’Agnello di Dio che porta i peccati degli uomini ». Comprendiamo bene: Ecco la vittima universale e silenziosa per cui il mondo avrà salvezza. Con pazienza veramente divina, per ben tre anni il Cristo cercherà di far comprendere ai suoi Apostoli che Egli dovrà sacrificarsi alla morte. Essi non ne saranno persuasi finché dai nascondigli in cui avranno potuto rifugiarsi ben dentro alla città di Gerusalemme, non lo scorgeranno lontano sulla vetta del Calvario confitto sopra la Croce. Finalmente ecco la Passione di Gesù: in essa specialmente il divin Salvatore si mostra l’ostia per eccellenza. Egli accetta di essere tradito, rinnegato, insultato, battuto, oltraggiato, inchiodato e sospeso al patibolo della Croce per insegnare a noi di soffrire com’Egli fece, nel nostro onore, nella nostra riputazione, nella nostra carne, nelle nostre affezioni e poi — perché necessaria la riparazione alla giustizia divina — per tutti quelli che se la godono e che si divertono, per tutti quelli che tradiscono il loro battesimo e la loro fede, pei rinnegati e quanti insultano il Crocefisso e perseguitano la religione, per quelli che schiaffeggiano la Chiesa, il suo capo e i suoi ministri, per tutti quelli insomma che per il loro svergognato egoismo non sanno sostenere la vista della Croce del Signore. È sì grande l’amore di Cristo per la riparazione che la glorifica nella Maddalena, la pubblica peccatrice, la quale in virtù del suo pentimento sincero e del suo grande amore è diventata la Maddalena di Betania — « Il Maestro è là che ti cerca — e la Maddalena del Golgota… Ai piedi della Croce sul Calvario scorgiamo tre persone — come avviene sempre quando c’è da soffrire — un uomo e due donne. Maria SS., S. Giovanni, la Maddalena: tra due innocenze intatte, un’innocenza ricostruita… », ricostruita a prezzo di riparazione così cenerosa, col doppio spezzarsi dell’alabastro dei profumi e del suo proprio cuore— ricostruita di maniera che la peccatrice di una volta ora sarà la prima creatura a cui, dopo che alla Vergine SS., Gesù si mostri risorto — la Maddalena del mattino di Pasqua. Per conoscere meglio il pensiero di Cristo sulla riparazione dopo averlo studiato nei Santi Vangeli, vediamolo illustrato nelle grandi rivelazioni della Storia. Paray le Monial, Lourdes, La Salette, Pellevoisin, Pontmain… sono eloquenti. Si direbbe che Nostro Signore nelle sue apparizioni a Santa Margherita-Maria Alacoque non avesse altro scopo che mendicare delle immolazioni riparatrici. « Ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini e in compenso non riceve che ingratitudini e amarezze. Io domando quindi da te riparazione » (Autobiografia, p. 365). « Il S. Cuore — dice la Santa — cerca delle anime riparatrici che gli rendano amore per amore e che con profonda umiltà domandino perdono a Dio per tutte le ingiurie che gli si fanno ». – « È un fatto, mia diletta figlia, che il mio Cuore mi ha spinto a sacrificare tutto me stesso per gli uomini senza che ne avessi da parte loro corrispondenza alcuna. E questa una pena che mi addolora più di ogni altra da me sofferta nella mia Passione; essi non hanno che freddezza e ripulsa per quanto mi adoperi a far loro del bene… tu almeno recami questo piacere di supplire per la loro ingratitudine… » (Lettere 44, 30, 126). Verso il termine del febbraio 1669, nei giorni del Carnevale, la Santa scrive alla Madre De Saumaise: « Questo Cuore amabilissimo, se non erro, mi rivolse la seguente domanda: Vuoi tu farmi compagnia sulla Croce in questi giorni in cui sono cotanto afflitto per la sete del piacere che inebria il mondo? Io ti farò provare tali amarezze che tu potrai in qualche modo raddolcire quelle che i peccatori versano abbondanti nel mio Cuore: e tu coi tuoi gemiti incessanti uniti alle mie pene otterrai misericordia perché i peccati degli uomini non passino oltre l a misura » (M. Gathey: Vita ed opera della B. Margh. T. 2, p. 425). Allo stesso fine, la riparazione. Nostro Signore domanda l’istituzione di una festa speciale in onore del suo Cuore divino, la Comunione dei primi venerdì del mese. anzi la Comunione anche più frequente coll’approvazione dell’obbedienza, la pratica dell’Ora Santa, ecc. Quasi sempre nelle sue comunicazioni colla diletta discepola del suo Cuore, Gesù ha di mira il formare essa — e per mezzo di essa, ciascuno di noi — allo spirito della riparazione. Per l’Ora Santa, a mo’ d’esempio, il Signore domanda: « Ogni notte dal giovedì al venerdì io ti metterò a parte di quella tristezza mortale che io ho provato nell’Orto di Getsemani. Tu ti leverai dalle undici ore a mezzanotte: ti prostrerai per quell’ora vicino a me, la faccia a terra, sia per placare la giustizia divina domandando misericordia pei peccatori, sia per addolcire in qualche modo l’amarezza ch’io provai per l’abbandono dei miei apostoli che non avevano potuto vegliare un’ora vicino a me » (Autob. N. 57). – E sulle intenzioni del divin Maestro non è possibile andar errati. La prima volta che il divin Cuore si manifesta alla Santa, il 27 dicembre 1673, le si mostra sull’altare, luogo del sacrifizio, e con sembiante afflitto. L’immagine che suggerisce alla Santa perché venga disegnata ed esposta alla venerazione, deve rappresentare un cuore ferito, sormontato da una croce, e circondato da una corona di spine. Si spiegano quindi le parole piene di ardore nella Santa: « Se voi sapeste — scriveva essa — quanto il mio Sovrano mi spinge perché lo ami d’un amore di conformità alla sua vita dolorosa! Io non vedo che possa addolcire la lunghezza della vita fuorché il soffrire sempre per amore. Soffriamo dunque amando senza lamentarci mai, e riputiamo come perduti quei momenti passati senza dolore » . La vita della Santa si compendia in un inno alla Riparazione, un ardente invito ad amare Gesù « con un amore di conformità alla sua vita dolorosa ». È inutile continuare le citazioni della sua vita e delle sue opere: conviene scorrerle tutte quante. – Il P. Terrien, nell’opera piena di dottrina sulla Divozione al S. Cuore (L. 3, cap. 3), si esprime categoricamente così: « Riparare è la stessa cosa che amare, ma è soprattutto soffrire sacrificarsi interamente amando » (2).

(2) [Il che non toglie affatto l’orrore che si ha istintivo pel dolore. Nostro Signore diceva a S. Teresa: « Mia figlia, tu chiedi il dolore e poi ti lamenti quando te lo concedo ». Ma poi aggiungeva: « Tuttavia io non lascio di esaudirti assecondando così non già le ripugnanze della tua natura, ma i desiderii della tua volontà » (Autobiografia di S. Teresa, p. 169). Insistiamo sulle parole Ttua volontà. La vera pietà non è fatta di sentimento, specialmente la pietà riparatrice. I nostri lettori non dimentichino mai questa osservazione mentre continuano scorrere le pagine seguenti]. – E altrove aggiunge: « Conviene attingere nel Cuore di Gesù quella preziosa perfezione della Carità che sola può rendere a Lui pienamente gradite le nostre riparazioni ». Gesù batte alla porta dei nostri cuori per averne le nostre riparazioni, ma quel po’ di elemosina che noi gli possiamo dare non ha valore alcuno se non passa come attraverso al suo Cuore divino. È come un flusso e riflusso di benedizione. Il suo amore ci chiama partendo da quel centro e il nostro amore non può efficacemente rispondere senza ritornare a quello stesso centro. – Davide diceva: « Ho trovato il mio cuore per pregare il Signore » . Noi abbiamo di meglio: lo stesso Cuore di Dio. S. Bonaventura non desiderava di meglio che di prendere in esso stabile dimora e rimpiangeva la cecità degli uomini che non sanno penetrare nel loro Gesù attraverso alle sue ferite, specialmente a quella del suo Costato. Diciamo dunque ancor noi: « Umile sì. ma risoluto, andrò fino all’altare del Signore. Introibo ad altare Dei ».

Nell’inno alle Lodi per la festa del Sacro Cuore si canta: « O Cuore, altare sul quale il Cristo Sacerdote ha offerto e offre ogni giorno il Sacrifizio cruento e mistico, chi non vi adorerà, chi non vi amerà, chi non vi sceglierà come dimora per abitar in esso eternamente? ». Questo suo Cuore, in cui Gesù di continuo rinnova il suo sacrifizio, sarà il mio asilo benedetto, in esso io offrirò la mia modesta partecipazione all’opera della Redenzione. E come il farò.” Cercando di unire i miei sentimenti a quelli di questo Cuore adorabile, seguendo, per esempio, l’indirizzo dell’Apostolato della Preghiera — non è questo l’unico modo di farlo, ma è certo uno dei migliori.

Quali sono questi sentimenti del Cuor di Gesù?

« Ecce venio: eccomi. Signore, io mi offro, mi dono a voi » . La vita di Gesù è un ecce perpetuo, una continua conferma dell’immolazione del primo giorno. Ecce rex, ecco le Palme: Ecce homo, ecco la Passione; Ecce Agnus, ecco Gesù del Giordano e dell’Eucaristia. Maria SS., fedele imitatrice di Gesù, anch’essa nella sua lunga vita non fece che ripetere quel suo: « Ecce, ecce ancilla Domini. Eccomi, io mi abbandono al vostro volere ».

Dal Cuore di Gesù erompe di continuo un duplice desiderio: — una fame divorante di compiere la volontà del Padre; — una sete ardente d’esser battezzato nel proprio sangue per strapparci dalla morte. Orbene, questo doppio desiderio pervade in Gesù tutto quello che gli appartiene. Di fatto, al presente, Gesù anche nella Umanità sua propria non è più passibile di umiliazione né di patimento; ma gli restiamo noi, suo Corpo mistico. Ed è per ciascuno di noi in particolare che Egli desidera l’abbandono totale ai voleri divini, per ciascuno di noi ha sete di quelle immolazioni che debbono unirci al suo Sacrifizio. Gesù non può più umiliarsi in se stesso, lo può fare in noi: non può più in se stesso soffrire, soffre in noi. Noi siamo in qualche modo Lui stesso: questa è la ragione per la quale aspetta la nostra partecipazione e le nostre offerte. Ahimè! troppo pochi son quelli che s’accorgono dei desideri di Gesù, meno ancora quelli che vi corrispondono. Tuttavia a questo tende la divozione al S. Cuore di Gesù: meglio, questo appunto ne costituisce l’essenza. Chi la giudica altrimenti la diminuisce o la falsa del tutto. Inoltre per farci comprender meglio le sue intenzioni, il divin Salvatore ha voluto rimanere in mezzo a noi sotto la figura di ostia. Sotto i veli eucaristici Gesù non può di fatto soffrire pei sacrilegi e per l’indifferenza, per la ribellione e per l’orgoglio, per la sensualità e le immodestie degli uomini. Ma un tempo, mentre viveva mortale quaggiù, per tutti questi oltraggi alla sua Maestà divina e per così crudele dimenticanza della sua legge, Egli ha già provato nel suo cuore e nel suo corpo indicibili tormenti. Egli tutto ha previsto, scoperto e penetrato fino al fondo e per ciascun delitto in particolare ha sofferto la corrispondente pena. Egli ci domanda un po’ di compassione che lo compensi, che lo conforti in quella sue agonie di Cuore, e poiché ha scelto di perpetuare nell’Eucaristia il Sacrifizio compiuto già sulla Croce, non potremo fare di meglio che perpetuare ancor noi insieme con; mesto suo sacrifizio, il che vuol dire diventare con Lui altrettante ostie viventi. Ancora: poiché nel Sacramento di amore si prolunga misticamente la fame divorante che il Salvatore prova di compiere in tutto la volontà del Padre e la sete ardente che ha di soffrire per nostra salvezza, non potremo fare di meglio che entrare ancor noi in quei sentimenti che animano di continuo il Prigioniero dei nostri tabernacoli. – Più innanzi, quando dimostreremo come un’anima riparatrice deve amare l’Eucaristia, ritorneremo sull’argomento. Per ora fermiamoci qui. Chi comprende bene il S. Cuore fa consistere la vita eucaristica nell’unione di due ostie in un solo perfetto abbandono al volere divino; chi comprende bene la vita eucaristica, cioè l’unione con Gesù Ostia, mette praticamente l’amore al Cuore di Gesù in uno sforzo energico per spogliarsi di se medesimo, e diventare come una « specie sensibile » sotto la quale solo vivrà Gesù. Una « specie sensibile » che nelle mani di Gesù, sarà come uno strumento per continuare a compiere la sua opera, una « specie sensibile » che Egli sacrifica incessantemente con se stesso, nell’unità di un medesimo sacrifizio, alla gloria dell’Adorabile Trinità e alla salute delle anime. Noi ci siamo un po’ dilungati, e se ne comprende facilmente la ragione, su Paray e sulla divozione al S. Cuore di Gesù. Ma anche nelle grandi apparizioni della S. Vergine in Francia, nel secolo XIX, per non dir che di quelle, noi troviamo sempre l’intento divino di richiamarci al nostro dovere della vita di riparazione. – A Bernardetta si rivolge Maria lamentando che gli uomini si abbandonino sempre più al peccato e le domanda una doppia compensazione: Si preghi e si faccia penitenza. Ella fa recitare alla fanciulla il Santo Rosario, vuole si edifichi un tempio ove il Signore sia glorificato, si promuovano pellegrinaggi per cui le folle vengano a portare in un’epoca fredda e blasfema, l’omaggio delle loro pubbliche adorazioni, delle loro infuocate acclamazioni, della loro fede vendicatrice. Ma sovra ogni altra cosa Maria insiste domandando: ce Penitenza! Penitenza! Penitenza! » (24 febbr. 1858). – A Pellevoisin, a Pontmain, alla Salette la Vergine benedetta non domanderà niente di più, ma ancora una volta domanderà appunto quello stesso: La preghiera e la penitenza, in espiazione di tutti i delitti che si commettono. « Pregate, pregate, ragazzi miei! ». « Fate penitenza!…  Ai due pastorelli della Salette la Regina del Cielo fa sapere che ormai non può più trattenere il braccio vendicatore del suo divin Figliuolo. I peccati si moltiplicano, la bilancia sta per dare il tracollo: « Se il mio popolo non vuole sottomettersi io finirò per dover lasciar libera la mano di mio Figlio. Essa è sì grave e sì pesante ch’io non la posso più sostenere. È già lungo tempo ch’io soffro per voi; se voglio ottenere che Gesù non vi abbandoni io debbo continuamente rivolgergli la mia preghiera. E voi? e voi non ci badate punto ». E la Santa Vergine versava calde lacrime. – E poi continuò: « Io vi ho lasciato sei giorni pei vostri lavori e mi sono riserbato soltanto il settimo e voi non volete accordarmelo ». Qui la Vergine parla la persona di suo Figlio, e Melania racconta che a queste parole apparve, come vivente, sul petto di Maria SS. tutta in lagrime, Gesù Crocifisso, il quale in segno di approvazione inclinò il suo capo. – Dopo aver richieste riparazioni per la violazione delle feste di precetto, la Madonna aggiunge nuove domande riguardo al vizio della bestemmia: « I mulattieri, i carrettieri non sanno più parlare senza frammettere ai loro detti il nome del mio divin Figliuolo. La bestemmia e la violazione della festa sono le due iniquità che rendono così pesante il braccio del mio Figliuolo ». – È necessario un contrappeso sulla bilancia altrimenti la giustizia divina, che francamente non può più esser trattenuta, scatterà. – Quale lezione per noi! Anime, anime ci vogliono che si dedichino alla riparazione. Iddio è irritato. Guai a noi se sull’altro piatto della bilancia divina non vi gettano le loro immolazioni compensatoci delle anime generose.

https://www.exsurgatdeus.org/2020/07/31/lidea-riparatrice-3/