FESTA DEL CORPUS DOMINI (2020)

FESTA DEL CORPUS DOMINI (2020)

Doppio di I cl. con Ottava privilegiata di 2° ordine.

Paramenti bianchi.

Dopo il dogma della SS. Trinità, lo Spirito Santo ci rammenta quello dell’Incarnazione di Gesù, facendoci celebrare con la Chiesa il Sacramento per eccellenza che, riepilogando tutta la vita del Salvatore, dà a Dio gloria infinita e applica alle anime in tutti i momentii frutti della Redenzione (Or.) ». Gesù ci ha salvati sulla Croce e l’Eucarestia, istituita alla vigilia della passione di Cristo, ne è il perpetuo ricordo (Or.). L’altare è il prolungamento del Calvario, la Messa annuncia « la morte del Signore » (Ep.). Infatti Gesù vi si trova allo stato di vittima; poiché le parole della doppia consacrazione ci mostrano che il pane si è cambiato in corpo di Cristo, e il vino in sangue di Cristo; di modo che per ragione di questa doppia consacrazione, che costituisce il sacrificio della Messa, le specie del pane hanno una ragione speciale a chiamarsi « Corpo di Cristo », benché contengano Cristo tutto intero, poiché Egli non può morire, e le specie del vino una ragione speciale a chiamarsi « sangue di Cristo », per quanto anche esse contengano Cristo tutt’intero. E così il Salvatore stesso, che è il sacerdote principale della Messa, offre con sacrificio incruento, nel medesimo tempo che i suoi i sacerdoti, il suo Corpo e il suo Sangue che realmente furono separati sulla croce, e che sull’altare lo sono in maniera rappresentativa o sacramentale. – D’altra parte si vede che l’Eucarestia fu istituita sotto forma di cibo (All.) perché possiamo unirci alla vittima del Calvario. L’Ostia santa diviene così il « frumento che nutre le nostre anime » (Intr.). E a quel modo che il Cristo, come Figlio di Dio, riceve la vita eterna dal Padre, così i Cristiani partecipano a questa vita eterna (Vang.) unendosi a Gesù mediante il Sacramento che è il Simbolo dell’unità (Secr.). Così questo possesso anticipato della vita divina sulla terra mediante l’Eucarestia, è pegno e principio di quella di cui gioiremo pienamente in cielo (Postcom.). « Il medesimo pane degli Angeli che noi mangiamo ora sotto le sacre specie, dice il Concilio di Trento, ci alimenterà in cielo senza veli », poiché saremo faccia a faccia nel cielo, con Colui che contempliamo ora con gli occhi della fede sotto le specie eucaristiche. – Consideriamo la Messa come centro di tutto il culto eucaristico della Chiesa; consideriamo nella Comunione il mezzo stabilito da Gesù per farci partecipare più pienamente a questo divino sacrifizio; cosi la nostra devozione verso il Corpo e il Sangue del Salvatore ci otterrà efficacemente i frutti della suaredenzione. Per comprendere il significato della Processione che segue la Messa, richiamiamo alla mente come gli Israeliti onoravano l’Arca d’Alleanza che simboleggiava la presenza di Dio in mezzo a loro. Quando essi eseguivano le loro marce trionfali, l’Arca santa avanzava portata dai leviti, in mezzo a una nuvola d’incenso, al suono degli strumenti di musica, di canti, e di acclamazioni di una folla entusiasta. Noi Cristiani abbiamo un tesoro molto più prezioso, perché nell’Eucaristia possediamo Dio stesso. Siamo dunque santamente fieri di fargli scorta ed esaltiamo, per quanto è possibile, il suo trionfo.

Incipit

In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps LXXX: 17.
Cibávit eos ex ádipe fruménti, allelúia: et de petra, melle saturávit eos, allelúia, allelúia, allelúia.
Ps 80:2 [Li ha nutriti col fiore del frumento, allelúia: e li ha saziati col miele scaturito dalla roccia, allelúia, allelúia, allelúia.]

Exsultáte Deo, adiutóri nostro: iubiláte Deo Iacob.

[Esultate in Dio nostro aiuto: rallegratevi nel Dio di Giacobbe.]


Cibávit eos ex ádipe fruménti, allelúia: et de petra, melle saturávit eos, allelúia, allelúia, alleluja

[Li ha nutriti col fiore del frumento, allelúia: e li ha saziati col miele scaturito dalla roccia, allelúia, allelúia, allelúia.

Oratio

Orémus.
Deus, qui nobis sub Sacraménto mirábili passiónis tuæ memóriam reliquísti: tríbue, quǽsumus, ita nos Córporis et Sánguinis tui sacra mystéria venerári; ut redemptiónis tuæ fructum in nobis iúgiter sentiámus:

[O Dio, che nell’ammirabile Sacramento ci lasciasti la memoria della tua Passione: concedici, Te ne preghiamo, di venerare i sacri misteri del tuo Corpo e del tuo Sangue cosí da sperimentare sempre in noi il frutto della tua redenzione:]

Lectio

Léctio Epistolæ beáti Pauli Apóstoli ad Corinthios
1 Cor XI: 23-29
Fratres: Ego enim accépi a Dómino quod et trádidi vobis, quóniam Dóminus Iesus, in qua nocte tradebátur, accépit panem, et grátias agens fregit, et dixit: Accípite, et manducáte: hoc est corpus meum, quod pro vobis tradétur: hoc fácite in meam commemoratiónem.
Simíliter ei cálicem, postquam cenávit, dicens: Hic calix novum Testaméntum est in meo sánguine. Hoc fácite, quotiescúmque bibétis, in meam commemoratiónem. Quotiescúmque enim manducábitis panem hunc et cálicem bibétis, mortem Dómini annuntiábitis, donec véniat. Itaque quicúmque manducáverit panem hunc vel bíberit cálicem Dómini indígne, reus erit córporis et sánguinis Dómini. Probet autem seípsum homo: et sic de pane illo edat et de calice bibat. Qui enim mánducat et bibit indígne, iudícium sibi mánducat et bibit: non diiúdicans corpus Dómini.

(Fratelli: Io l’ho appreso appunto dal Signore, ciò che ho trasmesso anche a voi: che il Signore Gesù la notte che fu tradito, prese del pane, e dopo aver reso le grazie, lo spezzò, e disse: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo che sarà offerto per voi: fate questo in memoria di me. Parimenti, dopo aver cenato, prese il Calice, e disse: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue. Tutte le volte che Lo berrete, fate questo in memoria di me. Poiché ogni volta che mangerete questo pane, e berrete questo calice, annunzierete la morte di Signore fino a che egli venga. Perciò chiunque mangerà questo pane, o berrà il calice del Signore indegnamente, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso, e poi mangi di questo pane e beva di questo calice. Poiché chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna, non distinguendo il corpo del Signore.)

OMELIA I

A. Castellazzi: La scuola degli Apostoli, Sc. Tip. Vesc. Artigianelli, Pavia 1929)

IL SACRIFICIO DELLA NUOVA LEGGE

Nei primi tempi della Chiesa aveva luogo, in giorni determinati, un banchetto in comune, chiamato, agape, che doveva significare a stringere il vincolo della mutua carità tra i fedeli. Per seguire più da vicino l’esempio di Gesù Cristo che aveva istituito l’eucaristia dopo la cena pasquale, si faceva seguire/all’agape la celebrazione dell’Eucaristia. Non tardò l’introduzione degli abusi. A Corinto p. e. i ricchi, invece di mettere in comune il vitto sovrabbondante che portavano, affinché anche/i poveri potessero avere la loro parte, cominciavano, prima ancora che avesse principio il banchetto, a mangiare e bere più di quanto era richiesto da una cena simbolica. La conseguenza era duplice: accontentare la gola e privare della cena i più poveri, i quali ne provavano confusione. S. Paolo rimprovera severamente i Corinti, per questa loro sregolatezza e per la mancanza di carità verso il prossimo. E richiamata alla loro mente l’istituzione della S. Eucaristia, vuole che la si riceva degnamente, astenendovisi chi si riconosce reo di peccato grave. Quanto dice S. Paolo della istituzione della S. Eucaristia ci presenta l’opportunità di parlare di essa come:

1 Sacrificio della nuova Legge,

2 Superiore all’antico,

3 Che non ha limiti né di luogo, né di tempo.

1.

Fin dal principio gli uomini usavano rendere omaggio a Dio con l’offerta di cose sensibili, conforme al loro genere di vita. Così leggiamo che Caino, agricoltore, offre a Dio i frutti della terra, e Abele, pastore, gli offre le primizie del gregge. Sappiamo che Noè, uscito dall’arca, «eresse un altare al Signore, e, presi di tutti gli animali e di tutti gli uccelli mondi, li offri in sacrificio sopra l’altare» (Gen VIII, 20). E ai tempi di Abramo vediamo Melchisedech, re di Salem, offrire a Dio pane e vino in ringraziamento della vittoria riportata sopra i cinque re (Gen. XIV, 18-20). Più tardi Mosè, per ordine di Dio, prescrive delle norme che devono regolare i sacrifici. Ci sono i sacrifici cruenti, in cui si immolano animali, e se ne sparge il sangue; e ci sono i sacrifici incruenti, in cui si offrono alimenti, bevande, profumi. Nei sacrifici cruenti sono determinate varie qualità delle vittime, secondo la specie dei sacrifici, ed è determinato l’ufficio di chi presenta la vittima, l’ufficio del sacerdote e di coloro che lo coadiuvano. – Tutto questo doveva durare fino a che sarebbe stato offerto il sacrificio predetto dai profeti, del quale i sacrifici della legge erano una figura. Col sacrificio della croce Gesù Cristo compie la redenzione eterna, ma vuole che la Chiesa non manchi di un sacerdozio visibile e di un sacrificio visibile, che rappresenti il sacrificio della croce, ne rinnovi la memoria, e ne applichi i frutti. Ed ecco che  prima di incominciar la passione, trovandosi a cena con gli Apostoli, prese del pane, e dopo aver rese le grazie lo spezzò, e disse: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo che sarà offerto per voi… Parimenti, dopo aver cenato prese il calice e disse: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue. – In virtù di queste parole la sostanza del pane e del vino è totalmente cambiata nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo. Del pane e del vino non rimangono che le apparenze. La consacrazione a parte, poi, del pane e del vino, ci dà la separazione mistica del corpo e del sangue di Gesù Cristo; per la quale Gesù Cristo ci si presenta come sulla croce, mentre compie il sacrificio versando il proprio sangue. Questo è il mio corpo che sarà offerto per voi. Ecco la nuova vittima: Gesù Cristo. Egli « offre se stesso per noi e immola la vittima, essendo nel medesimo tempo sacerdote e quell’agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo » (S. Greg. Nisseno, In Christi Resurr. Orat. 1).

2.

 Sacrifici antichi hanno ormai perduta la loro ragione di essere. Ora abbiam il gran Sacrificio: il solo che possa piacere a Dio a salvare il mondo. «La luce scaccia le tenebre. In questa mensa del nuovo Re la nuova Pasqua della nuova Legge pon fine alla Pasqua antica » (Seq. Luada Sion), come dice S. Tommaso. Gesù dichiara: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue. La nuova Alleanza è, senza confronto, superiore all’antica. Anche il sacrificio che suggella questa alleanza deve, necessariamente, essere superiore all’antico. Quando il popolo ebraico, strinse alleanza con Dio obbligando a osservare i suoi comandamenti e le sue leggi; e Dio, da parte sua, promise di dar loro la terra di Cana e di proteggerli, Mosè prese il sangue dei giovenchi e lo sparse sopra il popolo dicendo: «Ecco il sangue del patto che il Signore ha stretto con voi» (Es. XXIV, 8.). Nel nuovo patto non si tratta di immolare giovenchi, e di versare il loro sangue. Si tratta di immolare il Verbo fatto carne; si tratta di versare il sangue dell’Unigenito di Dio. Vittima più preziosa, più gradita a Dio, più degna di Lui, la nostra mente non arriverà mai a immaginare Gesù Cristo si sacrifica e si annienta mistica mente nella Messa per il ministero del sacerdote: il primo e principale offerente, però, è Gesù Cristo stesso. Egli, dunque, è vittima e sacerdote. E qui abbiamo, oltre una vittima di valore infinito, un offerente senza macchia, segregato dai peccatori, che non ha bisogno di offrire il sacrificio per i propri peccati prima di offrirlo per i peccati degli altri. Se consideriamo poi i fini pei quali si soffre un sacrificio nessuno può dubitare dell’eccellenza del Sacrificio della Messa sopra gli antichi sacrifici. Se vogliamo rendere onore a Dio come padrone supremo dell’universo, non potremo mai farlo in modo migliore che offrendogli ciò che gli è più caro. E nella Messa gli offriamo appunto ciò che gli è più caro: gli offriamo il Figlio suo diletto. Tutte le adorazioni degli uomini e degli Angeli non onorano Dio come questa offerta. — Se vogliamo ringraziare Dio dei suoi benefici, che cosa potremo rendergli? Nessuno può dare quel che non ha. E noi non possediamo nulla, che sia degno dei benefici che Dio ci ha fatto. Quando i due Tobia, padre e figlio deliberano di ricompensare l’Arcangelo Raffaele, il figlio osserva: «Qual cosa vi sarà che possa essere degna dei suoi benefici?» (Tob. XII, 2) Nella Messa noi abbiamo ciò che è degno non solo dei benefici degli Angeli, ma di tutti gli innumerevoli benefici che dispensa il loro Creatore. Abbiamo una vittima divina. Tutti abbiam bisogno della grazia del pentimento e della remissione dei peccati. Per questo c’era nell’antica legge il sacrificio propiziatorio. Nessun sacrificio, però, può essere propiziatorio come il sacrificio della Messa. In essa Gesù Cristo stesso offre all’eterno Padre offeso il proprio sangue per la remissione dei peccati degli uomini. — Come sacrificio impetratorio, poi, per ottenere grazie e aiuto in tutte le necessità dell’anima e del corpo, la superiorità del S Sacrificio della Messa sul sacrificio ebraico, risalta subito se si considera che in essa viene immolato «il mediatore tra Dio e gli uomini. Cristo Gesù» (1 Tim. II, 5) « nelle cui mani il Padre ha posto ogni cosa » (Giov. III, 35). – Per dir tutto in breve, basti considerare che il s Sacrificio della Messa sostanzialmente è lo stesso che il s Sacrificio della croce. Tanto nel Sacrificio della croce, quanto nel Sacrificio della Messa Gesù Cristo è la vittima. Gesù Cristo è l’offerente. L’unica differenza è che sulla croce il sacrificio fu cruento; nella Messa, invece, è incruento. Nel Sacrificio della croce si ebbe la pienezza dei frutti della redenzione: nel s Sacrificio della Messa questi frutti vengono applicati. –  

3.

Il Salvatore, dopo aver consacrato il pane, disse agli Apostoli: fate questo in memoria di me. Con queste parole dava agli Apostoli e ai loro successori il potere di fare ciò che Egli ha fatto; cioè, di convertire il pane nel suo corpo e il vino nel suo sangue; in una parola, istituiva il sacerdozio, per mezzo del quale il sacrificio si sarebbe celebrato ovunque e sempre, come Malachia aveva predetto: « Da levante a ponente è grande il mio nome tra le genti; e in ogni luogo si sacrifica e si offre al mio nome un oblazione monda » (Mal. I, 11). Il sacrificio ebraico era ristretto ad un solo Paese. Il Sacrificio della nuova legge si offrirà in tutti i luoghi del mondo, e non sarà, come il sacrificio ebraico, privilegio d’una sola nazione. In ogni ora del giorno, tra popoli civili e tra popoli ancora barbari si offre questo Sacrificio vero e pieno. E dove non si offre ancora questo Sacrificio adesso, si offrirà un giorno. « Vi chiedo un altare per dirvi una Messa e un’isola selvaggia per morirvi ». Così pregava Dio il giorno della sua professione religiosa Mons. Verjus, l’Apostolo della Nuova Guinea (Cesare Gallina, Mons. Enrica Verjus, Roma 1925, p. 157). Ed ebbe l’isola selvaggia, in cui poté erigere l’altare, e celebrare il Sacrificio cruento, ove non era mai stato celebrato. Questo voto è quello di tutti i missionari. Poter innalzar un altare e offrirvi a Dio un’oblazione monda. E il voto si compie, mano mano che essi, succedendosi, allargano il campo delle conquiste della fede. A poco a poco scompaiono i sacrifici dell’idolatria per lasciar posto al Sacrificio della Messa. – Ogni volta che mangerete questo pane e berrete questo calice annunzierete la morte del Signore fino a che Egli venga. Queste parole pronunciate da Gesù Cristo dopo la consacrazione, oltre che dichiarare che l’eucaristia è un vero sacrificio commemorativo della passione di Gesù Cristo compiuta sul Calvario, dichiarano anche che il Sacrificio dell’eucaristia si offrirà per tutti i tempi sino alla fine del mondo, quando il Redentore verrà per il giudizio universale. Come dice S. Agostino, l’eucaristia è « il sacrificio quotidiano della Chiesa » (De Civ. Dei L. 10, 20). E siccome la Chiesa durerà sino alla fine dei secoli secondo la promessa di Gesù Cristo, sino alla fine dei secoli si offrirà il sacrificio eucaristico. – Qual fortuna per i Cristiani poter assistere tutti i giorni a un Sacrificio di tanto valore, e così partecipare in modo particolare dei suoi frutti. Il Sacrificio della croce la sorgente delle grazie: il Sacrificio della Messa è il canale che fa discendere queste grazie sui fedeli: ma è naturale che discendano più abbondantemente sui fedeli che vi assistono. Il sacerdote, che prega durante la Messa non prega solamente in nome suo; ma prega in nome di tutti gli astanti. Con la parola: «preghiamo» incominciano sempre le orazioni. Quando offre al Padre l’offerta ricorda in modo particolare «i circostanti»; cioè, coloro che assistono alla Messa. E quando si avvicina il momento più solenne invita i presenti a unirsi a lui nella preghiera: «Pregate, o fratelli, affinché il sacrificio mio e vostro torni accetto a Dio Padre onnipotente». È impossibile assiste alla Messa con le dovute disposizioni senza riportar abbondanza di grazie. E maggiori grazie si avrebbero ancora se coloro che assistono al sacrificio della Messa — assecondando il desiderio della Chiesa — si comunicassero non solo spiritualmente, ma anche col ricevere sacramentalmente l’Eucaristia. Ciascuno dovrebbe darsi premura di assistere, appena lo possa, al santo Sacrificio della Messa, anche quando non vi è obbligato, e di compire l’opera, accostandosi a ricevere la vittima immolata su l’altare, Gesù. Le miserie spirituali d’ogni giorno non devono trattenerci, quando non manchi la grazia e la retta intenzione; anzi, devono essere uno stimolo a non privarci «della medicina quotidiana del corpo del Signore».

Graduale

Ps CXLIV: 15-16
Oculi ómnium in te sperant, Dómine: et tu das illis escam in témpore opportúno,

[Gli occhi di tutti sperano in Te, o Signore: e Tu concedi loro il cibo a tempo opportuno,]

V. Aperis tu manum tuam: et imples omne animal benedictióne. Allelúia, allelúia,[Apri la tua mano: e colma ogni essere vivente della tua benedizione,]
Ioannes VI: 56-57
Caro mea vere est cibus, et sanguis meus vere est potus: qui mandúcat meam carnem et bibit meum sánguinem, in me manet et ego in eo. Alleluia.

[La mia carne è veramente cibo, e il mio sangue è veramente bevanda: chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui. Alleluia.]

Sequentia
Thomæ de Aquino.

Lauda, Sion, Salvatórem,

lauda ducem et pastórem
in hymnis et cánticis.

Quantum potes, tantum aude:
quia maior omni laude,
nec laudáre súfficis.

Laudis thema speciális,
panis vivus et vitális
hódie propónitur.

Quem in sacræ mensa cenæ
turbæ fratrum duodénæ
datum non ambígitur.

Sit laus plena, sit sonóra,
sit iucúnda, sit decóra
mentis iubilátio.

Dies enim sollémnis agitur,
in qua mensæ prima recólitur
huius institútio.

In hac mensa novi Regis,
novum Pascha novæ legis
Phase vetus términat.

Vetustátem nóvitas,
umbram fugat véritas,
noctem lux elíminat.

Quod in coena Christus gessit,
faciéndum hoc expréssit
in sui memóriam.

Docti sacris institútis,
panem, vinum in salútis
consecrámus hóstiam.

Dogma datur Christiánis,
quod in carnem transit panis
et vinum in sánguinem.

Quod non capis, quod non vides,
animosa fírmat fides,
præter rerum órdinem.

Sub divérsis speciébus,
signis tantum, et non rebus,
latent res exímiæ.

Caro cibus, sanguis potus:
manet tamen Christus totus
sub utráque spécie.

A suménte non concísus,
non confráctus, non divísus:
ínteger accípitur.

Sumit unus, sumunt mille:
quantum isti, tantum ille:
nec sumptus consúmitur.

Sumunt boni, sumunt mali
sorte tamen inæquáli,
vitæ vel intéritus.

Mors est malis, vita bonis:
vide, paris sumptiónis
quam sit dispar éxitus.

Fracto demum sacraménto,
ne vacílles, sed meménto,
tantum esse sub fragménto,
quantum toto tégitur.

Nulla rei fit scissúra:
signi tantum fit fractúra:
qua nec status nec statúra
signáti minúitur.

Ecce panis Angelórum,
factus cibus viatórum:
vere panis filiórum,
non mitténdus cánibus.

In figúris præsignátur,
cum Isaac immolátur:
agnus paschæ deputátur:
datur manna pátribus.

Bone pastor, panis vere,
Iesu, nostri miserére:
tu nos pasce, nos tuére:
tu nos bona fac vidére
in terra vivéntium.

Tu, qui cuncta scis et vales:
qui nos pascis hic mortáles:
tuos ibi commensáles,
coherédes et sodáles
fac sanctórum cívium.
Amen. Allelúia.

[Loda, o Sion, il Salvatore,  loda il capo e il pastore,  con inni e càntici.
Quanto puoi, tanto inneggia:  ché è superiore a ogni lode,  né basta il lodarlo.
Il pane vivo e vitale  è il tema di lode speciale,  che oggi si propone.
Che nella mensa della sacra cena,  fu distribuito ai dodici fratelli,  è indubbio.
Sia lode piena, sia sonora,  sia giocondo e degno  il giúbilo della mente.
Poiché si celebra il giorno solenne,  in cui in primis fu istituito  questo banchetto.
In questa mensa del nuovo Re,  la nuova Pasqua della nuova legge  estingue l’antica.
Il nuovo rito allontana l’antico,  la verità l’ombra,  la luce elimina la notte.
Ciò che Cristo fece nella cena,  ordinò che venisse fatto  in memoria di sé.
Istruiti dalle sacre leggi,  consacriamo nell’ostia di salvezza  il pane e il vino.
Ai Cristiani è dato il dogma:  che il pane si muta in carne,  e il vino in sangue.
Ciò che non capisci, ciò che non vedi,  lo afferma pronta la fede,  oltre l’ordine naturale.
Sotto specie diverse,  che son solo segni e non sostanze,  si celano realtà sublimi.
La carne è cibo, il sangue bevanda,  ma Cristo è intero  sotto l’una e l’altra specie.
Da chi lo assume, non viene tagliato,  spezzato, diviso:  ma preso integralmente.
Lo assuma uno, lo assumino in mille:  quanto riceve l’uno tanto gli altri:  né una volta ricevuto viene consumato.
Lo assumono i buoni e i cattivi:  ma con diversa sorte  di vita e di morte.
Pei cattivi è morte, pei buoni vita:  oh che diverso esito  ha una stessa assunzione.
Spezzato poi il Sacramento,  non temere, ma ricorda  che tanto è nel frammento  quanto nel tutto.
Non v’è alcuna separazione:  solo un’apparente frattura,  né vengono diminuiti stato  e grandezza del simboleggiato.
Ecco il pane degli Angeli,  fatto cibo dei viandanti:  in vero il pane dei figli  non è da gettare ai cani.
Prefigurato  con l’immolazione di Isacco, col sacrificio dell’Agnello Pasquale,  e con la manna donata ai padri.
Buon pastore, pane vero,  o Gesú, abbi pietà di noi:  Tu ci pasci, ci difendi:  fai a noi vedere il bene  nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e tutto puoi:  che ci pasci, qui, mortali:  fa che siamo tuoi commensali,  coeredi e compagni dei santi del cielo.  Amen. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangéli secúndum S. Ioánnem.

Ioann VI: 56-59
In illo témpore: Dixit Iesus turbis Iudæórum: Caro mea vere est cibus et sanguis meus vere est potus. Qui mandúcat meam carnem et bibit meum sánguinem, in me manet et ego in illo. Sicut misit me vivens Pater, et ego vivo propter Patrem: et qui mandúcat me, et ipse vivet propter me. Hic est panis, qui de coelo descéndit. Non sicut manducavérunt patres vestri manna, et mórtui sunt. Qui manducat hunc panem, vivet in ætérnum.

[Gesù disse un giorno alle turbe della Giudea: « La mia carne è veramente cibo, e il mio sangue è veramente bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, resta in me, e Io in lui. Come il Padre vivente ha mandato me, e io vivo per il Padre; così chi mangerà da me, vivrà per me. Questo è il pane che discese dal cielo. Non come i vostri padri, che mangiarono la manna e morirono: chi mangia di questo pane, vivrà in eterno » (Giov. VI, 56-59). ]

OMELIA II

IL ” CORPUS DOMINI „

(Discorsi di s. G. B. M. VIANNEY Curato d’Ars – vol. II, 4° ed. Torino, Roma; C. Ed. Marietti, 1933)

Incola ego sum in terra.

(Ps. CXVIII, 19)

Queste parole, F. M., ci ricordano tutte le miserie della vita, il disprezzo che dobbiamo avere delle cose create e periture, ed il desiderio di uscirne per andare nella nostra vera patria, poiché la nostra patria non è il mondo. Tuttavia, F. M., consoliamoci nel nostro esilio: vi abbiamo un Dio, un amico, un consolatore ed un redentore, che può addolcir le nostre pene, e da questo luogo di miserie ci fa scorgere grandi beni; il che deve portarci ad esclamare, come la sposa dei Cantici: ” Avete visto il mio diletto? e se l’avete visto, ah! ditegli che io altro non faccio che languire d’amore. „ — “Ah! sin a quando, Signore, esclama il santo Re profeta nei suoi trasporti d’amore e d’ammirazione; ahi sino a quando prolungherete il mio esilio lontano da voi ? (Ps. CXIX, 5) „ Ma, F . M., più felici dei santi dell’Antico Testamento, non solo possediamo Dio nella grandezza di sua immensità per la quale trovasi dappertutto; ma l’abbiamo ancora tal quale fu durante nove mesi nel seno di Maria, e sulla croce. Ancor più felici dei primi Cristiani che percorrevano cinquanta o sessanta miglia per aver la fortuna di vederlo, ogni parrocchia lo possiede, ogni parrocchia può goder quanto vuole della sua dolce compagnia. Ah! popolo felice quello dei Cristiani! E qual è, F. M., il mio proposito oggi? Eccolo. Voglio mostrarvi quanto è buono Iddio nella istituzione del sacramento adorabile della Eucaristia, ed i grandi vantaggi che ne possiamo cavare.

I. – F. M., ciò che forma la felicità d’un buon Cristiano, costituisce la sventura del peccatore. Ne volete la prova? Eccola. Per un peccatore che non vuol uscire dal peccato, la presenza di Dio diviene il suo supplizio: vorrebbe poter cancellare il pensiero che Dio lo vede e lo giudicherà: si nasconde, fugge la luce del sole, si immerge nelle tenebre, ha orrore di quanto può richiamargliene il pensiero: un ministro di Dio gli fa ombra, lo odia, lo fugge: ogni volta che pensa d’avere un’anima immortale, che Dio la ricompenserà o la punirà nell’eternità, a norma di quanto avrà fatto: è per lui uno strazio che lo divora senza tregua. Ah! triste esistenza quella d’un peccatore che vive nel peccato! Invano, amico mio, vorresti toglierti dalla presenza di Dio, non lo potrai! ” Adamo, Adamo, dove sei? „ — ” Ah! Signore, esclama, ho peccato, e temo la vostra presenza!. „ Adamo, tutto tremante, corre a nascondersi, e proprio nel momento in cui credeva che Dio nol vedesse, la sua voce si fa sentire: “Adamo, tu mi troverai dappertutto: tu hai peccato, ed io fui testimonio del tuo delitto: i miei occhi eran fissi su di te. „ — “Caino, Caino, dov’è tuo fratello? „ Caino, udendo la voce del Signore, fugge come disperato. Ma Dio l’insegue colla spada alle reni: “Caino, il sangue di tuo fratello grida vendetta (Gen. III, 10). „ Oh! è dunque vero che il peccatore è nel timore, nella disperazione continua. Peccatore, che facesti? Dio ti punirà. — No, no, esclama, Dio non mi ha visto, “non vi è Dio „ — Ahi disgraziato, Dio ti vede e ti punirà. Da ciò concludo che un peccatore può ben tentare di rassicurarsi, di dimenticar i peccati, di fuggir la presenza di Dio e procurarsi quanto il suo cuore può desiderare; non sarà che un infelice: trascinerà dappertutto le sue catene ed il suo inferno. Ah! triste esistenza! No, F. M., non andiamo più oltre, questo pensiero è troppo straziante, questo linguaggio non conviene oggi davvero: lasciamo quei poveri sventurati nelle tenebre, poiché vogliono restarvi: lasciamoli dannarsi, poiché non vogliono salvarsi. “Venite, figli miei, diceva il santo re David, venite, ho grandi cose da annunciarvi; venite, e vi dirò quanto è buono il Signore con chi l’ama. Ha preparato ai suoi figli un nutrimento celeste, che produce frutti di vita. Dappertutto lo troveremo il nostro Dio: se andiamo nel cielo, là Egli vi è; se traversiamo i mari, lo vedremo al nostro fianco; se ci nascondiamo negli abissi del mare, ci accompagnerà (Ps. XXXIII, XXXII, CXXXVIII). „ No, no, il nostro Dio non ci perde di vista, come una madre non perde di vista il bambino che incomincia a muovere i primi passi. “Abramo, dice il Signore, cammina alla mia presenza e la troverai dappertutto. „ — “Mio Dio! esclama Mosè, mostratemi di grazia la vostra faccia: avrò quanto posso desiderare.„ (Es. XXXIII, 12). Ah! un Cristiano è consolato da questo caro pensiero che Dio lo vede, che Egli è testimonio delle sue pene e delle sue lotte, che Dio è al suo fianco. Ah! diciamo meglio, F. M., egli stringe Dio continuamente al suo seno. Ah! popolo cristiano, quanto sei avventurato di avere vantaggi che tanti altri popoli non hanno! E non avevo ragione di dirvi che se la presenza di Dio è un tormento pel peccatore, essa però è una felicità ineffabile, un cielo anticipato pel buon Cristiano? Sì, F. M., tutto questo è bello, è vero: ma è ancor poco, per così dire, in confronto dell’amore che Gesù Cristo ci porta nel sacramento adorabile dell’Eucaristia. Se parlassi ad increduli o ad empi che osano dubitare della presenza di Gesù Cristo in questo Sacramento adorabile, comincerei col dar loro delle prove così chiare e convincenti, da morir pel dolore d’aver dubitato d’un mistero basato su ragioni tanto forti e convincenti; io direi loro: Se Gesù Cristo è verace, lo è pure questo mistero, che preso del pane disse ai suoi Apostoli: « Eccovi del pane: ebbene lo cambio nel mio corpo; ecco del vino, lo cambio nel mio sangue: questo corpo è veramente lo stesso che sarà crocifisso, ed il sangue è lo stesso che verrà sparso per la remissione dei peccati: ogni volta che pronuncerete queste parole, voi farete il medesimo miracolo: questo potere voi lo comunicherete gli uni agli altri sino alla consumazione dei secoli „ Ma qui lasciamo da una parte queste prove: questo ragionamento è inutile per Cristiani, che tante volte gustarono le dolcezze che Dio loro comunica nel Sacramento d’amore. S. Bernardo ci dice che vi sono tre misteri ai quali non può pensare senza sentirsi il cuore morir d’amore e di dolore. Il primo è quello dell’Incarnazione, il secondo quello della Passione e Morte di Gesù Cristo, e il terzo quello del Sacramento adorabile dell’Eucaristia. Quando lo Spirito Santo ci parla del mistero dell’Incarnazione, adopera frasi che ci mettono nell’impossibilità di poter comprendere sin dove arriva l’amor di Dio per noi, dicendoci: “Così Dio ama il mondo, „ come se ci dicesse: lascio al vostro spirito, alla vostra immaginazione la libertà di formarvi quelle idee che vorrete: quand’anche aveste tutta la scienza dei profeti, i lumi dei dottori, le cognizioni degli Angeli, vi sarà impossibile comprendere l’amore che ebbe per voi Gesù Cristo in questi misteri. Quando S. Paolo ci parla dei misteri della Passione di Gesù Cristo, ecco come si spiega: “Benché Dio sia infinito in grazia e misericordia, sembra essersi esaurito per l’amor nostro. Eravamo morti, ci ha dato la vita. Eravamo destinati ad essere infelici per tutta l’eternità, e per sua bontà e misericordia cambiò la nostra sorte! (Ef. II, 4-6) „ Infine, quando S. Giovanni ci parla della carità che Gesù Cristo ebbe per noi istituendo il Sacramento adorabile dell’Eucaristia, ci dice « che ci ha amati sino alla fine » (Giov. XIII, 1) , „ cioè ha amato nel corso della sua vita l’uomo d’un amore senza confronto. Dirò meglio, F. M., ci ha amato quanto poteva amarci. O amore, quanto sei grande e poco conosciuto! Ecchè, amico mio! non ameremo un Dio che ha sospirato per la nostra felicità durante l’eternità intera?… Un Dio, che ha tanto pianto i nostri peccati, ed è morto per cancellarli! Un Dio, che volle lasciare gli Angeli del cielo, dov’è amato d’amor sì puro e perfetto, per venire in questo mondo, quantunque sapesse benissimo come sarebbe stato disprezzato. Conosceva anticipatamente le profanazioni di cui sarebbe stato oggetto in questo Sacramento d’amore. Sapeva che gli uni lo riceverebbero senza contrizione; gli altri senza desiderio di correggersi: altri forse col peccato nel cuore, e lo farebbero morire. Ma no, tutto questo non poté arrestare il suo amore. O popolo fortunato quello dei Cristiani!… “O città di Sion, rallegrati, fa conoscere il tuo giubilo, esclama il Signore per bocca del profeta Isaia, perché il tuo Dio abita in mezzo a te „ (Is. XII, 6). Sì, F. M., ciò che il profeta Isaia diceva al suo popolo, posso dirlo a voi, anzi con più verità. Cristiani, rallegratevi! Il vostro Dio vuol comparire in mezzo a voi. Questo tenero Salvatore vuol visitare le vostre piazze, le vostre e vie, le case vostre: dappertutto vuol spargere le sue benedizioni più abbondanti. O case avventurate, davanti alle quali Egli passerà! O strade fortunate, che sosterranno i suoi passi santi! Potremo, trattenerci di dire dentro di noi, quando ritorneremo per la medesima via: Ecco dove è passato il mio Dio, ecco la strada che ha preso quando spargeva benefico le sue benedizioni su questa parrocchia. – Oh! quanto è consolante questo giorno per noi! Ah! se è permesso gustare qualche consolazione in questo mondo, non è in questo momento felice? Sì, dimentichiamole è possibile, tutte le miserie. Questa terra d’esilio sta per divenire veramente l’immagine della celeste Gerusalemme, le feste e le gioie del cielo discendono sulla terra. Ah! « se la mia lingua può obliare questi benefici, s’attacchi al mio palato !… „ (Ps. CXXXVI). Ah! se i miei occhi debbono ancor volgere i loro sguardi sulle cose terrene, che il cielo rifiuti loro la luce! Sì, F. M., se consideriamo tutto quanto Dio ha fatto: il cielo e la terra, questo bell’ordine che regna nel vasto universo, tutto ci annuncia una potenza infinita che ha tutto creato, una saggezza ammirabile che tutto governa, una bontà suprema che a tutto provvede con la stessa facilità che se fosse occupata d’un essere solo: tanti prodigi, non possono che riempirci di stupore e di ammirazione. Ma, se parliamo dell’adorabile sacramento dell’Eucaristia, possiamo dire che qui v’è il prodigio dell’amore d’un Dio per noi: qui la sua potenza, la grazia, la bontà sua risplendono in modo al tutto straordinario. Possiamo dire con tutta verità, che qui v’è il pane disceso dal cielo, il pane degli Angeli, che ci è dato per cibo delle anime nostre. E questo pane dei forti che ci consola, ed addolcisce le nostre pene. È qui veramente ” il pane dei viatori; „ diciamo anzi, F. M., la chiave che ci ha aperto il cielo. “Chi mi riceverà, dice il Salvatore, avrà la vita eterna: chi non mi riceverà, morrà. Chi ricorrerà, dice il Salvatore, a questo sacro banchetto farà nascere in sé una fonte che zampillerà sino alla vita eterna  „ (Giov. VI, 54, 55). Ma per meglio conoscere l’eccellenza di questo dono, bisogna esaminare sino a qual punto Gesù Cristo ha spinto il suo amore per noi in questo Sacramento. No, F. M., non bastava al Figlio di Dio l’essersi fatto uomo per noi: per accontentare il suo amore, bisognò che si desse a ciascuno di noi in particolare. Vedete, F. M., quanto ci ama. Nel medesimo istante che i suoi poveri figli si preparavano a farlo morire, il suo amore lo porta a fare un miracolo, per restare in mezzo ad essi. Si vide, si può vedere un amore più generoso e più splendido di quello che ci mostra nel Sacramento del suo amore? Non possiamo dire, come il Concilio di Trento, che in esso la sua liberalità e generosità hanno esaurito tutte le loro ricchezze ? (Sess. XIII, cap. II). Può forse trovarsi qualche cosa sulla terra, ed anche in cielo, capace di essergli messa a confronto? Si vide alcune volte la tenerezza d’un padre, la liberalità d’un re pei suoi sudditi andar sì oltre quanto quella di Gesù Cristo nel Sacramento dei nostri altari! Vediamo che i genitori, nel testamento danno i loro beni ai figli: ma nel testamento che Gesù Cristo ci fa, non ci dà i beni temporali, poiché li abbiamo…, ma ci dà il suo Corpo adorabile ed il suo Sangue prezioso. Oh! felicità del Cristiano, quanto poco sei gustata! – No, F. M., non poteva spingere più lungi il suo amore che dandosi a noi: poiché ricevendolo, lo riceviamo con tutte le sue ricchezze. Non è questa la vera prodigalità d’un Dio per le sue creature? Sì, se Dio ci avesse data la libertà di domandargli quanto desideravamo, avremmo osato spinger sì lontano le nostre speranze? “D’altra parte, Dio stesso, benché Dio, poteva trovare cosa più preziosa da donarci?„ domanda S. Agostino. Sapete, F. M., che cosa indusse Gesù Cristo ad acconsentire di restar notte e giorno nelle nostre chiese? Ah! F. M., fu perché ogni volta volessimo vederlo, potessimo trovarlo. Ah! tenerezza di padre, quanto sei grande! Può esserci cosa più consolante per un Cristiano, che sa di adorare un Dio presente in Corpo ed Anima!” Ah! Signore, esclama il Re-profeta, un giorno passato vicino a Voi, è preferibile a mille passati nelle adunanze del mondo!„ (Ps. LXXXIII, 11) Che cosa rende le nostre chiese così sante e rispettabili? Non è la presenza di Gesù Cristo? Ah! popolo felice quello dei Cristiani!

II. — Ma, chiederete, cosa dobbiamo fare per testimoniare a Gesù Cristo il nostro rispetto e la riconoscenza nostra? — Ecco, F. M.:

1° Non ci presenteremo davanti a Lui se non col più grande rispetto, e lo seguiremo in processione con gioia tutta celeste, raffigurandoci alla mente il gran giorno di quella processione che si farà dopo il giudizio universale. – Sì F. M., per penetrarci del rispetto più profondo basta ricordarci che siamo peccatori, che siamo indegni di seguire un Dio così santo e puro. E un padre buono che tante volte abbiam disprezzato ed oltraggiato, che ci ama ancora, e ci dice che è pronto ad accordarci perdono. Cosa fa Gesù Cristo quando lo portiamo in processione? Eccolo. È come un re buono in mezzo ai suoi sudditi, come un buon padre circondato da’ suoi figli, come un buon pastore che vigila il suo gregge. Qual pensiero dobbiamo avere seguendo il nostro Dio? Eccolo. Dobbiamo seguirlo come i primi fedeli lo seguivano quand’era sulla terra, e beneficava tutti. Se avessimo la ventura di accompagnarlo con fede viva, potremmo essere sicuri di ottenere quanto gli domanderemo. Leggiamo nel Vangelo, che due ciechi, trovatisi sulla via seguita dal Signore, si posero a gridare: “O Gesù! Figlio di Davide, abbi pietà di noi! „ Gesù, n’ebbe compassione e domandò loro cosa volessero. “Ah! Signore, gli dissero, fate che noi vediamo. „ — “Ebbene! vedete, „ disse loro il buon Salvatore. (Matt. XX, 30-34). Un gran peccatore, Zaccheo, desiderando vederlo, s’arrampica su d’un albero: ma Gesù Cristo, che non ora venuto che per salvare i peccatori, gli gridò: “Zaccheo, discendi, perché oggi voglio fermarmi in casa tua. „ In casa tua! È come se gli avesse detto: Zaccheo, da lungo tempo la porta del tuo cuore è chiusa pel tuo orgoglio e le tue ingiustizie: aprimi oggi,vengo a darti il perdono. Sull’istante Zaccheo discende, si umilia profondamente davanti al suo Dio, ripara tutte le sue ingiustizie, e non vuol più che la povertà ed i patimenti per sé. O  fortunato momento che gli valse una felicità eterna! Un altro giorno in cui il Salvatore passava per un’altra via, una povera donna, afflitta da dodici anni da una perdita di sangue, lo seguiva. “Ah! diceva tra sé, se avessi la fortuna di toccare anche solo il lembo del suo abito, sono sicura che guarirei. „ (Luc. XIX, 1-10). Piena di confidenza, corre a gettarsi ai piedi del Salvatore, tocca il lembo del suo abito e sull’istante è liberata dal suo male. Sì, F. M., se avessimo la medesima fede, la medesima confidenza, otterremmo le medesime grazie: perché è lo stesso Dio, lo stesso Salvatore, lo stesso Padre, animato dalla stessa carità. “Venite, diceva il Profeta, venite, Signore, uscite dai vostri tabernacoli, mostratevi al popolo vostro che vi desidera e vi ama. „ Ahimè! quanti ammalati da guarire: quanti ciechi, cui render la vista! Quanti Cristiani, che seguiranno Gesù Cristo, e la loro povera anima è ricoperta di piaghe! Quanti Cristiani che sono nelle tenebre, e non vedono che son vicini a cadere nell’inferno! Mio Dio! Guarite gli uni ed illuminate gli altri! Povere anime, quanto siete sventurate! S. Paolo ci dice che essendo ad Atene, trovò scritto sa un altare : “Al Dio ignoto, „ o almeno dimenticato (Act. XVII, 23). Ah! F. M.! io potrei ben dirvi  al contrario: vengo ad annunciarvi un Dio che sapete essere il vostro Dio, e non lo adorate e lo disprezzate. Quanti Cristiani che nei giorni di domenica non sanno che fare del loro tempo; che non si degnano neppure di venire per qualche breve momento a visitare il loro Salvatore, che arde di desiderio di vederli a sé vicini, per dir ad essi che li ama e vuol colmarli di benefizi. Oh! qual vergogna per noi!… Succede qualche novità? Si lascia tutto, e si corre. Per Iddio altro non facciamo che disprezzarlo e fuggirlo; il tempo ci pesa alla sua santa presenza; quanto facciamo è sempre lungo. Ah! qual differenza tra i primi fedeli e noi! essi consideravano come il tempo più felice di lor vita quello in cui avevano la fortuna di passare i giorni e le notti intere nelle chiese a cantar le lodi del Signore, od a piangere i loro peccati: ma oggi non è più così. Egli è lasciato, abbandonato da noi, v’è persino chi lo disprezza: la maggior parte ci presentiamo nelle chiese, in questi luoghi sacri, senza rispetto, senza amor di Dio, senza neppur sapere cosa vi veniamo a fare. Gli uni lasciano occupare il loro spirito ed il cuore da mille cose terrestri, e forse anche peccaminose: gli altri vi stanno con noia e disgusto: altri s’inginocchiano a fatica, mentre un Dio sparge il suo sangue prezioso pel loro perdono: altri infine lasciano appena discendere il Sacerdote dall’altare e subito sen fuggono. Mio Dio, come i figli vostri vi amano poco, o piuttosto vi disprezzano! Infatti, quale spirito di leggerezza e dissipazione non mostrate voi, quando siete in chiesa! gli uni dormono, gli altri parlano, e quasi nessuno si occupa di quanto dove fare.

2° F. M., tutti noi, fatti per Iddio, ricolmati di continuo de’ suoi benefizi più abbondanti, tutti dobbiamo testimoniargli la nostra riconoscenza, e affliggerci di vederlo tanto oltraggiato. Dobbiam fare come un amico che si rattrista per la sventura di un amico: così gli mostra sincera amicizia. Eppure, F . M., per quanti servigi abbia quest’amico potuto rendere all’amico, non avrà fatto mai quanto Dio ha fatto per noi. — Ma, chi deve, a quanto pare, dimostrare un amore più grande ed ardente per gli oltraggi che Gesù Cristo riceve da parte dei cattivi Cristiani? — Certamente tutti debbono affliggersi dei disprezzi che gli si fanno, e procurar di risarcirnelo: ma alcuni fra i Cristiani vi sono obbligati in modo particolare; ed eccoli: sono coloro che hanno la ventura d’appartenere alla confraternita del Ss. Sacramento. Dico: “Che hanno la fortuna. „ Ah! può darsi sorte più cara di quella d’esser scelti per far riparazione a Gesù Cristo degli oltraggi che riceve nel Sacramento del suo amore? Ma non illudetevi, F. M; come confratelli, siete obbligati a condurre una vita ben più perfetta che il resto dei Cristiani. I vostri peccati sono assai più sensibili per Gesù Cristo. Miei cari, non basta portare una candela in mano, per mostrar d’essere fra coloro che Dio ha scelto: ma bisogna che ci distingua la nostra vita, come la candela ci distingue da chi non l’ha. Perché, F. M., brillano queste candele? se non perché la vita vostra dev’essere un modello di virtù, e voi dovete gloriarvi d’essere figli di Dio, pronti a dar la vita per sostenere gli interessi del vostro Dio, al quale vi consacraste con grande sincerità? Sì, F. M., affaccendarsi ad abbellir le chiese ed i tabernacoli: sono queste buone e lodevoli dimostrazioni esteriori: ma non bastano. I Betsamiti, quando l’arca del Signore passò per il loro territorio, mostrarono la maggior premura e lo zelo più ardente: appena scortala, il popolo uscì in folla per incontrarla: tutti si affrettarono di uccidere buoi pel sacrificio. Eppure cinquanta mila furon colpiti da morte, perché non era stato abbastanza grande il loro rispetto!. (1 Re, VI). Oh! F. M., ci deve ben far tremare quest’esempio! Cosa rinchiudeva quell’arca? Ahimè! un po’ di manna, le tavole della legge: eppure, perché coloro che vi s’avvicinano non sono abbastanza penetrati della sua presenza, il Signore li colpisce di morte. Ma, ditemi, chi riflettendo alquanto alla presenza di Gesù Cristo, non sarebbe colto da timore? Quanti, F. M., sono così sciagurati da far compagnia al Salvatore, col cuore macchiato di colpe! Ah! disgraziato, potrai ben piegar le ginocchia, mentre Dio si alza per benedire il suo popolo: i suoi sguardi penetranti non lasceranno di vedere gli orrori che sono nel tuo cuore. Ma se l’anima nostra è pura, presentiamoci a seguire Gesù Cristo come un gran re che esce dalla sua città capitale a ricevere gli omaggi dei sudditi, e colmarli di benefici. Leggiamo nel Vangelo, che i due discepoli d’Emmaus camminavano col Salvatore senza conoscerlo: quando lo riconobbero, scomparve. Rapiti di gioia, si dicevano l’un l’altro: “Come mai non l’abbiamo conosciuto? I nostri cuori non si sentivano forse infiammati d’amore quando ci parlava spiegandoci la santa Eucaristia?„ (Luc. XXIV, 13-32) Mille volte più felici, F. M., di quei discepoli, che camminavano con Gesù Cristo senza conoscerlo, noi sappiamo che è il nostro Dio ed il nostro Salvatore, che parla in fondo al nostro cuore, e vi fa nascere un numero infinito di buoni pensieri, di buone ispirazioni. “Figlio mio, ci dice, perché non vuoi amarmi? Perché non lasci quel maledetto peccato, che mette un muro di separazione tra noi due? Ah! figlio mio, vuoi dunque abbandonarmi? vorrai costringermi a condannarti ai supplizi eterni? Figlio mio, eccoti il perdono: vuoi tu pentirti? „ Ma che gli dice il peccatore? “No, no, Signore, preferisco vivere sotto la tirannia del demonio ed esser riprovato, anziché domandarvi perdono. „ Ma, mi direte, noi non diciamo questo al buon Dio. — Ed io vi soggiungo, che lo dite continuamente, ogni volta Iddio vi manda il pensiero di convertirvi. Ah! infelice, verrà un giorno che domanderai quanto oggi rifiuti; e forse non ti sarà accordato. È certo, F. M., che se avessimo la fortuna di tanti santi, ai quali Dio si faceva vedere, come a S. Teresa, talora come bambino nella culla, talora confitto sulla croce, avremmo senza dubbio maggior rispetto ed amore per Lui: ma non lo meritiamo; e poi ci crederemmo già santi: il che ci sarebbe argomento d’orgoglio. Ma, sebbene il buon Dio non ci conceda una tal grazia, non è meno presente e pronto ad accordarci quanto gli domanderemo. – Raccontasi nella storia, che un sacerdote, dubbioso di questa verità, dopo aver pronunciato le parole della consacrazione: “Come è possibile, diceva tra sé, che le parole di un uomo facciano un sì gran miracolo? „ Ma Gesù Cristo, per rimproverargli la sua poca fede, fece trasudare sangue all’Ostia santa in grande abbondanza. Ascoltate che cosa ci dice il medesimo autore: essendosi appiccato il fuoco in una cappella, tutta la costruzione fu abbruciata e distrutta: e la santa Ostia restò sospesa in aria, senza appoggio alcuno: venuto il sacerdote a riceverla in un vaso, subito vi discese dentro (È  il miracolo delle sante Ostie di Faverney, nella diocesi di Besançon, avvenuto il 26 Maggio 1608. Mgr de Ségur, La Francia ai piedi del Ss. Sacramento, xv, ricorda alcune particolarità del fatto in modo un po’ differente dal racconto del Beato). Leggiamo nella storia ecclesiastica (Questo celebre miracolo avvenne in Parigi l’anno 1290. Vedi Rohrbacher, Storia universale…, lib. LXXVI), che la fantesca d’un giudeo, per pura compiacenza verso del padrone, gli portò un’ Ostia santa. Dopo ricevutala in bocca, questa disgraziata la prese, la mise nel fazzoletto e la portò al padrone. Questo mostro, ebbro di gioia per aver Gesù Cristo in suo potere, come già i padri suoi quando lo misero in croce, si abbandonò a quanto il furor suo poté ispirargli. Gesù Cristo volle mostrargli quanto vivamente sentisse gli oltraggi che gli faceva. Il disgraziato, messa l’Ostia santa su d’una tavola, la colpì parecchie volte col temperino: l’Ostia si coperse tosto tutta di sangue: il che fece fremere la moglie ed i figli suoi, presenti a così raccapricciante spettacolo. Ripresala, la sospende ad un chiodo, e le dà molti colpi di staffile e di lancia: il sangue usciva in grande abbondanza come prima. La riprende per la terza volta, e la getta in una caldaia d’acqua bollente. Subito l’acqua fu cambiata in sangue: e nello stesso istante Gesù Cristo riprende la forma che aveva sull’albero della croce. In tal modo sembrava volesse Gesù Cristo tentar se poteva di commuoverlo. Ma il disgraziato, simile a Giuda, considera il suo delitto come troppo grande, e, disperando del perdono, fu condannato ad esser abbruciato vivo. F. M., non possiamo udir questi orrori senza fremere. Ahimè! quanti Cristiani lo trattano ancor più crudelmente! Ma, mi direte, come è possibile diportarsi in tal modo? — Ahimè! amico mio, Dio voglia che non vi tocchi mai tale sventura! Ogni volta che acconsentite al peccato!: un pensiero di orgoglio lo calpesta sotto i piedi e gli dà la morte: un pensiero impuro gli squarcia il cuore. — Ahimè! in questa processione raffiguriamoci il Salvatore come se andasse al Calvario: gli uni gli davano dei calci, gli altri lo ricoprivano d’ingiurie e di bestemmie… soltanto alcune anime sante lo seguivano piangendo, e mescolavano le lor lagrime col Sangue prezioso, di cui bagnava la via. Oh! quanti Giudei e carnefici stanno per seguire Gesù Cristo, e non si accontenteranno solo di farlo morire una volta, ma sopra tanti calvari, quanti sono i loro cuori! Ah! è possibile che un Dio che ci ama tanto sia così disprezzato e maltrattato? Sì, F. M., se amassimo il buon Dio, ci faremmo una gioia ed una felicità di venir tutte le domeniche a passar alcuni istanti per adorarlo, domandargli la grazia di perdonarci: considereremmo questi momenti come i più belli della vita. Ah! che gli istanti passati con questo Dio di bontà sono dolci e consolanti! Siete nell’affanno! venite a gettarvi un momento a’ suoi piedi, e vi sentirete consolati. Siete sprezzati dal mondo? venite qua, e troverete un amico che non vi mancherà di fedeltà. Siete tentato? oh! è qui che troverete delle armi forti e terribili per vincere il vostro nemico. Temete il giudizio formidabile che ha fatto tremare i più gran santi? approfittate del tempo in cui il vostro Dio è il Dio della misericordia, ed in cui vi è sì facile ottenere la sua grazia. Siete oppresso dalla povertà? Venite qui,vi troverete un Dio infinitamente ricco, e che vi dirà che tutti i suoi beni sono per voi, non in questo mondo, ma nell’altro. “E là ch’io ti preparo dei beni infiniti; disprezza questi beni perituri, e ne avrai altri che non periranno mai. „ Vogliamo incominciare a gustare la felicità dei santi? veniamo qui, e ne gusteremo il beato inizio. Ah! quanto fa bene, F. M., il godere i casti amplessi del Salvatore! Non li avete mai gustati? Se aveste avuto tal felicità non potreste più abbandonarla. Non meravigliamoci più che tante anime sante abbiano passata la lor vita nella sua casa giorno e notte: esse non potevano più separarsi dalla sua presenza. – Leggiamo nella storia, che un santo sacerdote trovava tante dolcezze e consolazioni nelle chiese, che dormiva sul pavimento dell’altare per aver la fortuna, svegliandosi di trovarsi presso il suo Dio: e Dio, per ricompensarlo, permise che morisse ai piedi dell’altare. Vedete S. Luigi, che nei suoi viaggi, Invece di passar la notte nel letto, la passava ai piedi degli altari, vicino alla dolce presenza del suo Salvatore. Perché, F. M., abbiamo tanta indifferenza e disgusto quando dobbiamo venir qui? Ahimè! perché mai gustammo questi momenti felici. Che dobbiam concludere da tutto ciò? Eccolo. Dobbiam riguardare come il momento più felice di nostra vita quello, in cui possiamo tener compagnia ad un amico sì buono. Seguiamolo in processione con un santo timore: siamo peccatori, domandiamogli con dolore e lagrime il perdono dei nostri peccati e saremo sicuri di ottenerlo… Riconciliati, sollecitiamo il dono prezioso della perseveranza. Diciamogli che piuttosto di offenderlo ancora, preferiamo morire. No, F. M., fin che non amerete il vostro Dio non sarete mai contenti: tutto vi peserà tutto vi annoierà: ma dacché l’amerete, passerete una vita felice, e aspetterete la morte con desiderio… Quella morte avventurata che ci riunirà al nostro Dio!… Ah! felicità! quando verrai?… Quanto è lungo questo tempo! Ah! vieni! tu ci procurerai il più grande di tutti i beni, il possesso di Dio!… Ciò che… vi desidero.

CREDO …

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/12/il-credo/

Offertorium

Orémus
Levit. XXI: 6
Sacerdótes Dómini incénsum et panes ófferunt Deo: et ideo sancti erunt Deo suo, et non pólluent nomen eius, allelúia. [I sacerdoti del Signore offrono incenso e pane a Dio: perciò saranno santi per il loro Dio e non profaneranno il suo nome, allelúia.]

Secreta

Ecclésiæ tuæ, quǽsumus, Dómine, unitátis et pacis propítius dona concéde: quæ sub oblátis munéribus mýstice designántur.

[O Signore, Te ne preghiamo, concedi propizio alla tua Chiesa i doni dell’unità e della pace, che misticamente son figurati dalle oblazioni presentate.]

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/comunione-spirituale/

Communio

1 Cor XI: 26-27
Quotiescúmque manducábitis panem hunc et cálicem bibétis, mortem Dómini annuntiábitis, donec véniat: itaque quicúmque manducáverit panem vel bíberit calicem Dómini indígne, reus erit córporis et sánguinis Dómini, allelúia.

[Tutte le volte che mangerete questo pane e berrete questo calice, annunzierete la morte del Signore, finché verrà: ma chiunque avrà mangiato il pane e bevuto il sangue indegnamente sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore, allelúia.]

Postcommunio

Orémus.
Fac nos, quǽsumus, Dómine, divinitátis tuæ sempitérna fruitióne repléri: quam pretiósi Corporis et Sanguinis tui temporalis percéptio præfigúrat: [O Signore, Te ne preghiamo, fa che possiamo godere del possesso eterno della tua divinità: prefigurato dal tuo prezioso Corpo e Sangue che ora riceviamo].

Preghiere leonine:

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/preghiere-leonine-dopo-la-messa/

https://www.exsurgatdeus.org/2018/09/13/ringraziamento-dopo-la-comunione-1/

https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.