SALMI BIBLICI. “DOMINE, EXAUDI ORATIONEM MEAM; AURIBUS” (CXLII)

SALMO 142: DOMINE, EXAUDI ORATIONEM MEAM; auribus…

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS. 

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 142

Psalmus David, quando persequebatur eum Absalom, filius ejus.

 [1] Domine, exaudi orationem meam; auribus

percipe obsecrationem meam in veritate tua; exaudi me in tua justitia.

[2] Et non intres in judicium cum servo tuo, quia non justificabitur in conspectu tuo omnis vivens.

[3] Quia persecutus est inimicus animam meam, humiliavit in terra vitam meam; collocavit me in obscuris, sicut mortuos sæculi.

[4] Et anxiatus est super me spiritus meus; in me turbatum est cor meum.

[5] Memor fui dierum antiquorum: meditatus sum in omnibus operibus tuis, in factis manuum tuarum meditabar.

[6] Expandi manus meas ad te; anima mea sicut terra sine aqua tibi.

[7] Velociter exaudi me, Domine; defecit spiritus meus. Non avertas faciem tuam a me, et similis ero descendentibus in lacum.

[8] Auditam fac mihi mane misericordiam tuam, quia in te speravi. Notam fac mihi viam in qua ambulem, quia ad te levavi animam meam.

[9] Eripe me de inimicis meis, Domine; ad te confugi.

[10] Doce me facere voluntatem tuam, quia Deus meus es tu. Spiritus tuus bonus deducet me in terram rectam.

[11] Propter nomen tuum, Domine, vivificabis me; in aequitate tua, educes de tribulatione animam meam;

[12] et in misericordia tua disperdes inimicos meos, et perdes omnes qui tribulant animam meam, quoniam ego servus tuus sum.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO CXLII

Davide, nella persecuzione di Assalonne, conoscendo il proprio peccato, lo deplora e invoca la misericordia di Dio. È Salmo penitenziale, che insegna ai veri penitenti la norma di pregare.

Salmo di David, quando lo perseguitava Assalonnesuo figlio.

1. Signore, esaudisci la mia orazione; porgi le orecchie alle mie suppliche secondo la tua verità; esaudiscimi secondo la tua giustizia.

2. E non entrare in giudizio col tuo servo; dappoiché nessun vivente sarà riconosciuto per giusto al tuo cospetto.

3. Perché il nimico ha perseguitato l’anima mia; ha umiliata la mia vita fino alla terra.

4. Mi ha confinato in luoghi tenebrosi, come i morti da gran tempo; ed è involto nell’affanno il mio spirito, il mio cuore si è conturbato dentro di me.

5. Mi son ricordato dei giorni antichi, ho meditate tutte le opere tue; meditava le cose fatte dalle tue mani.

6. A te io stesi le mani mie; l’anima mia è a te come una terra priva d’acqua.

7. Esaudiscimi prontamente, o Signore; è venuto meno il mio spirito. Non rivolger la tua faccia da me, perché  sarei simile a que’ che scendono nella fossa.

8. Fa ch’io senta al mattino la tua misericordia, perché in te ho sperato. Fammi conoscer la via che ho da battere, perché a te ho elevata l’anima mia.

9. Liberami, o Signore, da’ miei nemici, a te son ricorso; insegnami a far la tua volontà. Perché mio Dio se’ tu.

10. Il tuo spirito buono mi condurrà al diritto cammino, pel nome tuo, o Signore! Mi  darai vita secondo la tua equità.

11. Trarrai dalla tribolazione l’anima il e per tua misericordia manderai dispersi il nemici.

12. E dispergerai tutti coloro che affliggono l’anima mia perché tuo servo son io.

Sommario analitico

Davide, considerando la spada della giustizia di Dio sospesa sulla sua testa, durante la ribellione di suo figlio Assalonne, non osando invocare alcun merito personale, mette tutta la sua fiducia nella misericordia di Dio. Davide è qui la figura di ogni peccatore penitente.

I. Egli chiede a Dio di essere esaudito, e riporta diverse ragioni in appoggio della sua preghiera:

1° egli prega di esaudirlo, secondo la verità delle sue promesse e l’equità della sua giustizia (1);

2° perché se Dio entra in discussione ed in giudizio con lui, nessun uomo vivente sarà giustificato davanti a Lui (2);

3° perché egli è stato perseguitato ed umiliato profondamente dal suo nemico, dal demonio (3);

4° perché è stato gettato nell’oscurità e nelle tenebre, come i morti da secoli;

5° perché la sua anima è stata piena di turbamenti, ansia ed angoscia (4).

II. – Davide ci insegna come abbia iniziato ad uscire da questo infelice stato:

1° ha passato in rassegna il ricordo della grandezza e delle misericordie di Dio;

2° ha considerato attentamente tutte le sue opere (5);

3° ha steso le sue mani verso Dio per ottenere che irrorasse con la sua grazia e rendesse feconda tutta la terra arida dell’anima sua (6);

4° egli prega Dio di non tardare nel soccorrerlo, a causa dell’estremità alla quale si trova ridotto (7).

III. – Egli chiede a Dio di fargli sentire senza indugi gli sforzi della sua misericordia (8), e di insegnargli la sua volontà:

1° facendogli conoscere la via celeste per la quale l’anima può giungere fino a Lui (8);

2° rompendo i legami nei quali i suoi nemici lo tenevano prigioniero (9);

3° insegnandogli come debba camminare in questa via (10);

4° chiedendo come sua guida lo Spirito-Santo, affinché non si allontani dalla via (10);

5° dandogli la vita e la forza necessaria per non cadere lungo il cammino (11);

6° liberandolo da tutte le sue tribolazioni e da tutti i suoi nemici perché egli è suo servo (12, 13).

Spiegazioni e considerazioni

I. — 1-4.

ff. 1, 2. – Qua è la natura di questa preghiera? È questo un punto che gli uomini esaminano con cura per cui non si raccolgono in preghiera se non quando sembri loro giusto e legittimo. Ma cosa si domanda ordinariamente quando ci si rivolge agli uomini? Onori, ricchezze, la loro protezione contro l’ingiustizia; lo stesso avviene nel sollecitare i giudici nelle cose che oltrepassano il loro potere. Ma noi, al contrario, chiediamo a Dio la remissione dei nostri peccati, e facciamo ricorso alla preghiera, quando non abbiamo potuto ottenere perdono dal giudice interiore, cioè dalla nostra coscienza, che non ci lascia riposo alcuno. (S. Chrys.) – Cosa fate o Profeta? Voi dite in un istante: « Non entrate in giudizio con il vostro servo, perché nessun uomo vivente sarà giustificato davanti a voi, » e domandate qui di essere esaudito secondo le regola della giustizia? Egli non parla qui della sua giustizia; egli dirà anche, nel versetto seguente che, comparata a quella di Dio, essa non è nulla. La giustizia di cui qui si vuol parlare è la bontà. La giustizia degli uomini è senza misericordia, ma non è così la giustizia di Dio. La misericordia in Lui si trova sempre mescolata alla giustizia, ed in proporzione tale che la giustizia prenda nome di bontà. (S. Chrys.).  Egli implora dunque la giustizia divina, che si esercita propriamente in questo mondo con la misericordia, perché perdonando al peccatore, Dio usa del diritto supremo  che ha di cancellare i peccati e ristabilire la giustizia in un’anima che si era resa colpevole. –  Chi sono coloro che vogliono entrare in giudizio con Dio, se non coloro che, non conoscendo la giustizia di Dio, pretendono di stabilire la propria giustizia. « Perché, essi dicono, abbiamo digiunato e non l’avete visto? Perché tenuto la nostra anima nelle privazione e non l’avete saputo? » (Isai. LVIII, 3). È come se gli dicessero: noi abbiamo fatto ciò che avete comandato, perché non ci rendete ciò che avete promesso? Dio vi risponde: perché voi riceviate ciò che ho promesso, io ve lo darò; affinché voi fissiate di che meritare ciò che ho promesso, io ve l’ho dato … è dunque con ragione che l’uomo umile dice a Dio: « Non entrate in giudizio con il vostro servo; » non abbiamo infatti da dibattere tra noi; io non voglio avere processo da Voi, perché non abbia a mettere avanti la mia giustizia, e Voi non mi convinciate della mia iniquità. (S. Aug.) – « Non entrate in giudizio con il vostro servo. » Perché questo? « Perché nessun uomo vivente potrà giustificarsi davanti a Voi. » Che bisogno c’è di parlare di me, di questo, di quello? Non c’è alcun uomo sulla terra che possa essere trovato giusto, se entra in discussione con Voi sui comandamenti che gli avete imposto; il vostro trionfo è dunque completo. (S. Chrys.) – Quale speranza ci resterà, se Dio volesse giudicarci secondo le regole severe della sua giustizia, se esigesse che l’innocenza della nostra vita fosse in rapporto con la sua infinità santità? Chi è tra i mortali colui che potrebbe essere giustificato in presenza di Dio, allorché la collera, il dolore, la lussuria, l’ignoranza, l’oblio, la necessità, venisse a mescolarsi in tutte le sue azioni, con una sequenza naturale della debolezza del corpo o delle agitazioni di un’anima mobile ed incostante, allorché tutti i giorni è minacciato da un implacabile nemico, il demonio, che tende trappole all’anima fedele e la perseguita fino alla morte? (S. Hil.). – Noi dobbiamo temere che Dio entri con noi in giudizio: 1° a causa delle macchie e dei resti funesti che i peccati passati hanno lasciato nella nostra anima; – 2° A causa dei peccati attuali che non cessiamo di commettere; – 3° a causa delle imperfezioni anche delle buone opere; – 4° perché queste buone opere, quali siano, sono in numero troppo piccolo rispetto alle grazie che noi abbiamo ricevuto; – 5° perché Dio ci chiederà conto rigorosissimo di queste grazie; 6° perché l’uomo non sa se è degno di amore o di odio,  e colui al quale la sua coscienza rende testimonianza la più favorevole non può tuttavia essere sicuro di essere senza macchia davanti a Dio.   

ff. 3, 4. – Il Profeta dipinge qui le tristi sequel del peccato in un’anima che è stata perseguitata, perseguita, e vinta dal demonio. – I nemici della salvezza cominciano col perseguitarla, molestarla, presentandole mille occasioni di cadute, moltiplicando le tentazioni. – Essi la curvano interamente verso terra, e la umiliano piombandola nel fango delle passioni e nell’abisso del peccato: « Avevo altre volte delle ali e prendevo liberamente il mio volo; ora, il mio nemico, il demonio, ha perseguitato la mia anima, se ne è impadronita, ne ha legato piedi e mani, come un uccello che, caduto in potere dell’uomo, sembra come morto, perché non ha più la libertà di volare; è così che il mio nemico mi ha legato con la coscienza dei miei peccati. » (S. Gerol.). – Essi diffondono nell’anima delle tenebre dense che fanno considerare i falsi beni come dei veri beni; che gli nascondono i precipizi, affinché vi cada, ed il cammino del cielo per paura che vi entri. San Paolo ci dipinge queste tenebre spirituali, allorquando dice, parlando dei pagani: « Essi camminano nella vanità dei loro pensieri, hanno lo spirito pieno di tenebre, e sono interamente allontanati dalla vita di Dio, a causa dell’ignoranza che è in loro, e l’accecamento del loro cuore. » (Ephes. IV, 17, 18) – « Tribolazione, angoscia, per l’anima di ogni uomo che fa il male. » (Rom. II, 9). Il torbido si impossessa di tutte le sue facoltà; il suo spirito, creato per un fine più nobile, cade nel disgusto, nella noia; il suo cuore, divenuto il trastullo delle passioni, è il centro dei movimenti più tempestosi. Questo turbamento della coscienza, è la risorsa contro il peccato: se il peccatore vuol profittarne, il demonio non  lo ispira più, ma se ne serve per portare l’uomo alla disperazione.

II. — 5-7

ff. 5-7. – È una grande consolazione conoscere nello stesso tempo il passato ed il presente; perché come il mondo attuale è governato dalle stesse leggi divine delle generazioni che ci hanno preceduto, il ricordo degli avvenimenti antichi è una delle più dolci consolazioni per il presente. (S. Crys.). Ricordiamoci, dunque, in mezzo alle nostre prove, delle meraviglie che Dio ha operato nei secoli passati, in favore di coloro che hanno fatto ricorso a Lui. Quando il demonio si sforza di abbattere il nostro coraggio con il ricordo delle nostre colpe, meditiamo le grandi misericordie di Dio su coloro che hanno sinceramente rinunziato ai loro peccati. – Come la terra dura e disseccata sembra domandare la pioggia, solo esponendo al cielo la sua aridità, così l’anima, esponendo i suoi bisogni a Dio, lo prega veramente. È ciò che qui dice Davide: Ah! Signore, io non ho bisogno di pregarvi, è il mio bisogno che vi prega, la mia necessità vi prega, tutte le mie miserie e tutte le mie debolezze vi pregano: « La mia anima è davanti a Voi come terra arida e senza acqua. » (BOSSUET, Opusc. Prière au nom de J.-C.). « Sforzatevi, Signore, di esaudirmi, la mia anima è caduta in  disgrazia. » Cosa dite? Approntate la medicina della guarigione? No, ma accade d’ordinario alle anime che sono nell’afflizione, come agli uomini provati dalla sventura, cercare una pronta liberazione dai loro mali. (S. Chrys.). – In tutte le circostanze, bisogna attendere i momenti di Dio, ed è vero il dire che l’attitudine alla pazienza è veramente il genio del Cristiano. Ma quando si sente la propria anima mancare, quando la causa di questo mancamento è il pesante pensiero dei peccati commessi, quando infine è a Dio che ci si rivolge, è anche necessario sentire e testimoniare il desiderio che il soccorso richiesto non sia differito per lungo tempo (Rendu). – A meno di un ritorno favorevole a Dio, il peccatore discenderà sempre più nella fossa profonda del peccato, e di là nella tomba ancor più profonda dell’inferno.

III. — 8-13.

ff. 8-9. – « Fatemi sentire, fin dal mattino, la voce della vostra misericordia. « Io sono piombato nella morte, ma ho messo in Voi la mia speranza, finché non passi l’iniquità della notte » (Ps. LXI, 2). – « Al mattino, Voi ascolterete la mia voce; al mattino, mi porrò davanti a Voi e vi contemplerò » (Ps. V, 4. 5) « … perché ho messo in Voi la mia speranza. » In effetti, se speriamo ciò che non vediamo ancora, noi l’aspettiamo con il soccorso della pazienza. (Rom. VIII, 25). « La notte esige la pazienza, il giorno darà la gioia, » (S. Agost.) – « Fatemi conoscere la via in cui camminare. » Tutto il segreto della vita è in questa preghiera; conoscere la propria strada, vuol dire conoscere ciò che si deve credere quaggiù, ciò che si deve sperare, praticare; ciò che si deve fare perché questa vita sia come il vestibolo del cielo, ecco l’uomo intero e la vita in tutti i suoi aspetti … –  Quante volte i cuori più fermi sono sconvolti nelle loro vie, e vacillano nel cammino della vita! L’anima guarda in tutte le direzioni, e non scopre che le tenebre più fitte; non le resta che la preghiera del Profeta: « … fatemi conoscere la strada in cui volete che io cammini. » Ma anche essa prova allora che in un quarto d’ora di intrattenimento, di conversazione con Dio, si impara più dei nostri destini, sulla direzione da dare a certi affari delicati, che le più lunghe riflessioni e le più abili combinazioni dell’umana saggezza. (Mgr LANDRIOT, Prière, II, 10).   

ff. 10. –  Supponiamo che un uomo si sia smarrito in una foresta oscura o un deserto senza uscita: egli si agita con ardore per trovare una strada che lo conduca al termine del suo viaggio e, se non può riuscire, se l’impenetrabile caos degli alberi e l’onda inesorabile delle solitudini, rifiutano di rispondere alle sue voce, se le sue grida, malgrado i violenti sforzi per richiamare indicazioni e guide che lo illuminino, muoiono intorno a sé senza eco, la sua inquietudine diventa profonda e minaccia di raggiungere la disperazione. Ecco la nostra disperazione nella vita, se non sappiamo nettamente la direzione che essa debba prendere, e la via per la quale dobbiamo camminare … Conoscere esattamente la via che bisogna seguire, è evidentemente il bisogno più imperioso di ogni anima cristiana. (Mgr LANDRIOT, Euch. IV, 20.) – « Perché ho levato la mia anima verso di Voi » egli chiede a Dio la via che conduce a Lui, ma comincia a fare ciò che dipende da lui per entrarvi: « Io ho elevato la mia anima verso di Voi; » vale a dire che è verso Dio soltanto che sospira il mio cuore, è verso di Voi solo che io tengo fissi gli occhi. È in effetti, alla anime così disposte che Dio si compiace farsi conoscere. (S. Chrys.). – Egli va ancor più lontano, chiede di essere liberato dalla tentazione del demonio, che si sforza sovente di oscurarne l’intelligenza per impedirgli di vedere la via della giustizia; perché le concupiscenze scatenate dal tentatore fanno sì che le cose ci appaiono diverse da come in realtà esse sono. (Bellarm.).

ff. 9 – 18. – È difficile immaginare una preghiera più bella e più santa di questa: « Insegnatemi Signore, a fare la vostra volontà, perché Voi siete il mio Dio. » 1° Essa contiene la confessione della nostra debolezza; noi riconosciamo che, senza la luce divina, siamo incapaci di compiere ciò che a Dio piace. 2° Essa racchiude la persuasione intima in cui noi siamo, o piuttosto la viva fede che abbiamo, che per noi vi sia un obbligo stretto di fare ciò che piace a Dio esigere da noi. 3° Essa offre a Dio l’omaggio di tutto ciò che siamo, perché, dal momento che noi dichiariamo che Egli è il nostro Dio, non escludiamo alcun tipo di dipendenza, alcun genere di servizio. (Berthier). – Non bisogna fermarsi alla conoscenza della volontà di Dio: « Non cessiamo di pregare per voi, diceva San Paolo ai Colossesi, e di chiedere a Dio che vi riempia della conoscenza della sua volontà e di ogni intelligenza spirituale. » Ma notate quale deve essere la fine di questa conoscenza, « … perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; » (Coloss. I, 9-10) – « … Perché Voi siete il mio Dio. » Non esiste che una sola volontà che abbia il diritto essenziale ed assoluto di essere obbedita, la volontà dell’Essere eterno che ha creato tutto e che conserva tutto: da qui la mirabile preghiera del Profeta-Re: « Insegnatemi Signore, a fare la vostra volontà, perché Voi siete il mio Dio. » Poiché Egli ci ha creato, e creati capaci di una buona e di una cattiva scelta, è Lui che ci insegna, e che cosa può insegnare di meglio se non fare la sua volontà? Questa volontà sovrana ha dei ministri per ricordare i suoi ordini e mantenerne l’esecuzione nella famiglia, nello stato, nella Chiesa, e l’obbedienza loro è dovuta, perché essi rappresentano Dio, ognuno nel suo ordine, secondo i gradi di una sublime gerarchia che risale dal padre al re, dal re al Pontefice, dal Pontefice a Gesù-Cristo, da Gesù-Cristo a Colui che lo ha inviato, e « dal quale ogni paternità, in cielo e sulla terra, prende il suo nome, » vale a dire la sua autorità. (Lam., imit.) – Perché Voi siete il mio Dio, « io sarei corso verso un altro, per essere creato di nuovo, se un altro mi avesse fatto » Voi siete il mio tutto, « perché Voi siete il mio Dio. » Cercherò un padre per avere la sua eredità? « Voi siete il mio Dio, » che non solo date un’eredità, ma siete Voi stesso mia eredità. » (Ps. XV, 5). Cercherò un maestro che mi riscatti: « Voi siete il mio Dio. » Cercherò un padrone che mi liberi: « Voi siete il mio Dio. » Infine, dopo essere stato creato, desidero essere ricreato nuovamente: « Voi siete il mio Dio » mio Creatore che mi avete creato per mezzo del Verbo e creato di nuovo per mezzo del Verbo. Ma Voi mi avete creato per mezzo del Verbo dimorante in Voi, e mi avete creato di nuovo per mezzo del Verbo fatto carne per la nostra salvezza. « Insegnatemi dunque a fare la vostra volontà, perché Voi siete il mio Dio. » – « Insegnatemi, » perché non può essere che nello stesso tempo Voi siate il mio Dio, ed io il mio maestro. Notate come il Profeta ci mostri qui la grazia. Conservate bene questo pensiero, penetrate in esso, e nessuno possa farlo uscire dal vostro cuore, per timore di avere per Dio uno zelo che non sia secondo scienza, per timore ancora che, ignorando la giustizia di Dio e volendo stabilire la vostra, non siate sottomesso alla giustizia di Dio (Rom. X, 2-3). – Voi riconoscete là, senza dubbio, le parole dell’Apostolo. Dite dunque: « Insegnatemi, affinché io faccia la vostra volontà, perché Voi siete il mio Dio. » (S. Agost.) – Il Padre ci ha creati con la sua potenza, il Figlio ci insegna le sue vie mediante la sapienza, lo Spirito-Santo ci fa entrare e ci conduce con la sua grazia. – E siccome Dio solo è buono, con la testimonianza di Gesù-Cristo, si può anche dire che non c’è che lo Spirito di Dio che sia buono. – Il vostro Spirito che è buono, e non il mio che è cattivo. « Il vostro Spirito, che è buono, mi condurrà in terra di giustizia, » perché il mio spirito che è cattivo, mi ha condotto in terra di ingiustizia. E cosa ho meritato? Quali buone opere ho fatto senza la vostra assistenza, che possano essermi accreditate, affinché o ottenga e sia degno di essere condotto dal vostro Spirito in terra di giustizia? (S. Agost.). – Ricordate la grazia che vi segnala qui il Profeta e che vi ha gratuitamente salvato: « A causa del vostro Nome, Signore, Voi mi farete vivere: nella vostra giustizia e non nella mia; non perché io l’abbia meritato, ma perché Voi siete misericordioso; perché se volessi mostrare i miei meriti, io non meriterei da Voi se non supplizi. Voi avete fatto sparire i miei meriti, e li avete compensati con i vostri doni. » (S. Agost.). Motivo della confidenza del Profeta, è la professione che fa di essere il servo di Dio. – Noi siamo servi di Dio a doppio titolo, perché Egli ci ha creati, perché ci ha riscattato come gli altri uomini e perché ci ha tratti da una servitù più gravosa della prima, perché proveniva dalla nostra volontà.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.