SALMI BIBLICI: “DOMINE, NON EST EXALTATUM COR MEUM” (CXXX)

SALMO 130: DOMINE, NON EST EXALTATUM cor meum

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS. 

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR

13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 130

Canticum graduum David.

[1] Domine, non est exaltatum cor meum,

neque elati sunt oculi mei, neque ambulavi in magnis, neque in mirabilibus super me.

[2] Si non humiliter sentiebam, sed exaltavi animam meam; sicut ablactatus est super matre sua, ita retributio in anima mea.

[3] Speret Israel in Domino, ex hoc nunc et usque in sæculum.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO CXXX.

Davide, accusato spesso di superbia e di ambizione di regno, loda la sua umiltà e modestia, non per vanto, ma per animare il popolo col suo esempio a non confidare che in Dio, del cui solo aiuto è frutto prezioso l’umiltà.

Cantico dei gradi.

1. Signore, non si è insuperbito il mio cuore, ed alti non portai gli occhi miei. Né aspirai a cose grandi, né a cose meravigliose sopra la mia capacità.

2. Se io (dando luogo al fasto dell’anima mia) non ebbi bassi sentimenti. Quali son quei d’un fanciullo, divezzato di fresco, verso sua madre: così sia data a me la mercede.

3. Nel Signore spéri Israele, da questo punto e pei secoli.

Sommario analitico

Per giustificarsi dal rimprovero di orgoglio che gli si faceva alla corte del re Saul ed anche nella sua famiglia, ed anche a nome del suo popolo, David dichiara che non si è inorgoglito dei successi che doveva a Dio solo, (2).

(1) L’ultimo versetto è forse anche la risposta di un coro o un’aggiunta fatta, nel tempo della cattività, all’opera primaria di Davide, secondo l’opinione che considera Davide l’autore di questa composizione,

(2) Questo salmo pare avere Davide come autore; d’altra parte, l’arditezza e l’oscurità dello stile, dice M. Le Hir, attestano la sua antichità.

I. Allontana da lui tutte le caratteristiche dell’orgoglio:

1° Il rigonfiamento del cuore; egli non ha desiderato i vani onori e non si è chiuso in sentimenti di vana gloria;

2° La fierezza dello sguardo; egli non si è elevato con arroganza attribuendosi una gloria che non gli è dovuta; 

3 ° L’ambizione; egli rigetta ogni desiderio di ambizione per le grandezze;

4 ° La presunzione nelle imprese (1).

II. – Egli si sottomette al castigo più rigoroso, cioè alla privazione di ogni consolazione, se non segue le vie dell’umiltà (2).

III.- Egli eccita, e con lui il popolo Fedele a sperare in Dio sin da ora e sempre (3).

Spiegazioni e considerazioni

I. — 1

ff. 1. – Un gran numero di orgogliosi, lo sono interiormente; essi hanno una grande stima di se stessi, ma affettano esternamente umiltà; un gran numero di altri esprimono nel loro sguardo altero e sdegnoso tutto ciò che c’è di sprezzante verso i loro simili nel fondo del cuore, pieno di iattanza e di gonfiore. (Bellarm.) – Il Re-Profeta ci indica qui tutti i gradi dell’orgoglio, gonfiore del cuore: « Signore, il mio cuore non è rigonfio, » ecco l’orgoglio attaccato alla sua sorgente: « Ed i miei occhi non si sono alzati, » ecco l’ostentazione ed il fasto represso. Ah, Signore, io non ho avuto questo disdegno che mi ha impedito di gettare gli occhi sui mortali troppo rampanti, e che fa dire all’anima arrogante: « Non ci sono che io sulla terra … » (Bossuet, Or. f. de Mar. Th. et Serm. sur l’Ambit.) – « Perché il Vostro spirito si gonfia contro Dio, perché il Vostro cuore concepisce così alti sentimenti di se stesso, e perché lo smarrimento dei vostri occhi testimonia l’orgoglio dei vostri pensieri? » (Giob. XV, 12). L’orgoglio ha sempre il suo principio nel cuore, la fierezza dello sguardo ne è ordinariamente l’annuncio; ma talvolta l’orgoglioso sa prendere un atteggiamento modesto, e talvolta anche l’uomo più umile ha la sventura di sembrare fiero affin di dargli l’occasione di umiliarsi di un difetto che la natura ha messo in lui e per il quale il cuore non ha parte. – « Io non cammino nei vasti pensieri né nelle meraviglie che mi si presentano. » Egli combatte qui gli eccessi di orgoglio ed i disegni passionali che concepisce. L’orgoglio che monta sempre, dopo aver portato le sue pretese a ciò che la grandezza umana ha di più solido e di meno proibito, spinge i suoi disegni fino alla stravaganza, e si abbandona temerariamente ai progetti insensati, come faceva questo re superbo (degna figura dell’angelo ribelle) quando diceva in cuor suo: « Io mi eleverò sopra le nuvole, poserò il mio trono sugli astri, e sarò simile all’Altissimo (Isai. XIV, 13, 14). Io non mi perdo, dice Davide, in tali eccessi, ed ecco l’orgoglio disprezzato nelle sue follie (Bossuet, ibid.) –  Quanto è da temere soprattutto: l’elevazione che risulta dall’abbondanza della grazia! Che nessuno dunque si inorgoglisca dei doni di Dio, ma piuttosto ciascuno conservi l’umiltà e faccia ciò che è scritto: « Più siete grandi e più dovete umiliarvi in ogni cosa, e troverete grazia davanti a Dio. » (Eccli. III, 20). Quanto bisogna temere l’orgoglio che risulterebbe dai doni di Dio! Benché l’Apostolo san Paolo da persecutore fosse divenuto predicatore, egli ottenne tuttavia, in tutti i suoi lavori apostolici, una grazia più abbondante degli altri Apostoli, e con questo Dio volle mostrare che ciò che dà, appartiene a Lui, e non appartiene all’uomo … Egli ha dunque ricevuto la grazia più eccellente. Le lettere dell’Apostolo san Paolo nella Chiesa, hanno più spazio di quelle degli altri Apostoli. In effetti gli uni non hanno scritto, ma si sono limitati all’insegnamento della parola; gli altri hanno scritto, ma non hanno scritto né tanto come s. Paolo, né sotto l’ispirazione di una grazia così abbondante. Avendo dunque ricevuto tali grazie, avendo meritato che Dio gli facesse sì grandi doni, cosa ha detto in una delle sue lettere? « E per timore che la grandezza delle rivelazioni non mi elevi, Egli mi ha messo una spina nella carne, un angelo di satana, per schiaffeggiarmi. » (II Cor. XII, 7). Cosa vuol dire con ciò? Per paura che non si erga orgogliosamente come un giovane, egli è schiaffeggiato come un bambino. E da chi? Da un angelo di satana (S. Agost.) – Quanti uomini si vantano di aver fatto o di poter fare delle cose più grandi e stupefacenti che verità non lo permetta? Chi si lusinga di successi straordinari, che credono di eseguire dei capolavori, e che non contano che su se stessi per riuscire nei loro progetti! Quanti altri si fanno serie illusioni, immaginano di potersi compiere delle opera al di sopra delle loro forze e si ergono sopra un sagrato ben al di sopra del loro potere e delle loro opere! (Bellarm. Berthier). –  Il Profeta, non contento di aver dichiarato a Dio che sonda i cuori, che aveva sempre avuto in orrore ogni orgoglio, si condanna ad essere private delle dolcezze della contemplazione delle cose divine, o dei favori della liberalità dell’Altissimo, se si lasciasse trasportare dall’orgoglio. Così come il bambino svezzato prima del tempo resta triste e gemente sul seno o sulle ginocchia di sua madre, perché lo si è privato di questo latte sì dolce alle sue labbra e delle delizie della sua età, così anche la mia anima sia privata della dolcezza della consolazione divina, le … mie delizie preferite, le mie uniche delizie. La grandezza dei castighi ai quali il Profeta si vota, non sarebbe stato apprezzato che da coloro che, ripiti del medesimo spirito, hanno gustato quanto il Signore sia dolce. (Bellarm.). – Dio, in effetti, priva le anime orgogliose del latte della sua grazia, della dolcezza del suo amore, e non rimpiazza i suoi favori con altri. Quando l’uomo si eleva, si abbandona alla stima di se stesso, si perde nel fumo delle sue idee, Dio non si comunica a lui; Egli pertanto non spande più in lui l’unzione della sua parola divina; I tocchi segreti che Egli ancora dà, non fanno più impressione su di lui, e sono tratti passeggeri che non lasciano trace (Berthier). – La conclusione di questo salmo indica lo scopo che si è proposto Davide facendo l’elogio della sua umiltà. – Quest’uomo veramente umile non ha potuto avere l’intenzione di esaltare la sua virtù, ma ha voluto insegnare al popolo di Israele, quanto poco debbano presumere di sé, e quale immensa fiducia debbano avere in Dio (Bellarm.) – « … Fin nei secoli, » cioè finché non giungiamo all’eternità, sperando nel Signore nostro Dio, perché al di là di questo termine la speranza non avrà più luogo ed avrà fine, perché allora noi gioiremo di tutto ciò che avremo sperato (S. Agost.).