IL CUORE DI GESÙ E LA DIVINIZZAZIONE DEL CRISTIANO (4)

H. Ramière: S. J.

Il cuore di Gesù e la divinizzazione del Cristiano (4)

[chez le Directeur du Messager du Coeur de Jesus, Tolosa 1891]

SECONDA PARTE

MEZZI GENERALI DELLA NOSTRA DIVINIZZAZIONE

Capitolo I

L’INCARNAZIONE

L’incorporazione in Gesù Cristoper mezzo dell’Incarnazione e della Redenzione

Dio, come abbiamo appena visto, vuole la nostra divinizzazione attraverso la nostra incorporazione in Gesù Cristo. Ma, qual modo ha seguito per raggiungere questo scopo? Uno, i cui estremi sono due abissi: l’Incarnazione e la Redenzione. L’incarnazione, il principio, è l’abisso dell’umiltà. La redenzione, la fine, è l’abisso dei dolori. Confrontiamo questi due estremi per apprezzare meglio le loro relazioni e per capire quanto sia costato al nostro Salvatore l’averci innalzato alla dignità di figli di Dio e quanto dobbiamo al suo Cuore per aver ideato un mezzo di salvezza così ammirevole e misericordioso. – San Giovanni – ammesso prima di noi a contemplare queste bellezze – ha ascoltato una voce che diceva: « Ecco questo è il tabernacolo di Dio con gli uomini, ed Egli dimorerà con loro. Essi saranno il suo popolo, e Dio stesso sarà il loro Dio. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi; e non ci sarà più né morte, né dolore, né pianto » (Ap. XXI, 3-4). Sono promesse magnifiche, ma che sono lontane tuttavia dal farci conoscere tutta la verità. In questo tempio della grazia e della gloria soprannaturale, Dio non si accontenta di abitare con noi, ma si unisce addirittura a noi con un legame incomparabilmente più stretto. Lui stesso forma quel tempio con noi. Noi ne siamo le pietre vive (1 Pt. II, 5), ed Egli ne è la pietra angolare e il magnifico coronamento (Ephes. II, 20). – Egli e noi formiamo lo stesso edificio, lo stesso tempio spirituale: il vero tempio, di cui quello di Salomone non era che un’immagine grossolana (Ap XXXI, 22; 1 Cor. III, 17). Ecco fin dove si è spinto l’amore per la sua creatura. Non gli bastava distribuire i suoi doni soprannaturali agli Angeli e agli uomini. Egli scelse, così, tra tutti gli esseri creati, uno a cui Egli si consegnò tutto interamente, e attraverso di Lui a tutti gli altri. – Se vogliamo comprendere quest’opera in tutta la sua bellezza, se vogliamo formarci un’idea dell’onore che Dio ha fatto alla nostra natura, dobbiamo fissare gli occhi su Gesù Cristo e considerare chi sia Egli nella mente di Dio, cosa sia in Sé medesimo, e cosa siamo noi in Lui.

Il mondo materiale, razionale e soprannaturale, è opera dell’Amore Divino.

Il Divin Salvatore ci ha dato la chiave dell’enigma che porta in sé quando ha detto: « Dio ha tanto amato gli uomini da dare loro il suo Figlio unigenito ». L’enigma racchiuso in queste due parole: Dio-Uomo, Verbo-Incarnato, era completamente insolubile per la ragione umana. – Invano cerchiamo nel linguaggio parole che esprimano idee così diverse, attributi tanto difficili da riunire nello stesso soggetto, come Dio e l’uomo, il Verbo e la carne. Come sono stati conciliati questi estremi? Dio amò, e amò come Dio. Come ogni amore, tende a dare e a comunicare la magnificenza dei suoi doni secondo Se stesso. Dio nell’amare non trovò nessun dono degno di Lui se non Egli stesso. Non si arrese finché non si diede tutto interamente. Tale è la storia dell’amore divino e la storia del mondo come opera dell’amore divino. È una successione di sforzi con i quali la sua infinita generosità cerca di essere soddisfatta e di poterlo realizzare, fino a quando non gli resti più nulla da dare. – Egli fa emergere prima di tutto i tesori del suo potere e da qui le meraviglie del mondo materiale: il cielo, la terra, la luce, il movimento, la vita. Dopo aver finito la sua prima opera riconosce che è essa è buona, ma non riesce ancora a riposare. Per quanto sia completa la sua creazione materiale, le manca ancora l’infinito, perché non ha intelligenza, non ha amore, non può conoscere o essere grata al suo Creatore. – Dio si rimette all’opera e produce un’intelligenza razionale, un cuore amante, un’anima simile a Sé, capace di conoscerLo, di dialogare con Lui e di glorificarLo. Il suo amore si è appena manifestato in un nuovo splendore. Ma quanto sarebbe ancora lontano dall’essere soddisfatto se la creatura razionale rimanesse chiusa nei limiti ristretti delle sue forze naturali! Se non potesse conoscere Dio se non per le sue opere, se non avere con Lui altri rapporti che quelli del servo con il suo padrone, se non potesse godere di Lui se non nei suoi doni, gli rimarrebbe comunque un estraneo, non lo possederebbe veramente, e non gli avrebbe dato veramente se stesso. Ora, il suo amore è così grande che sente un bisogno irresistibile di donarsi. – Ed ecco un altro sforzo ancora: egli illuminerà l’intelligenza razionale con la luce del suo Verbo; Egli verserà il fuoco della sua carità in quel cuore amante e, in quell’anima, inoculerà la sua vita divina. Egli si metterà in relazione diretta con la sua creatura, le parlerà, la guiderà, lavorerà con ella, la renderà capace di fare le sue opere e così di meritare la sua stessa felicità. Ecco dunque che l’uomo è divinizzato; entra veramente in possesso del suo Dio. L’amore divino è quindi pienamente soddisfatto? Ha raggiunto l’apice delle sue comunicazioni? Partendo dal nulla, è stato eretto un edificio che, di piano in piano, è salito fino all’infinito; l’uomo e l’Angelo, divinizzati dalla grazia, occupano la parte più alta dell’edificio. Gli manca ancora qualcosa? Sì, l’incoronazione!

Il coronamento dell’opera dell’Amore Divino.

L’uomo e l’Angelo sono molto vicini a Dio, ma non sono Dio. Possiedono davvero la divinità, ma non perfettamente. Solo chi possiede perfettamente la divinità può dire in tutta verità: io sono Dio. L’uomo e l’Angelo possono dirlo, ma in senso ristretto. Quindi non è stato fatto ancora tutto. L’Amore divino ha ancora da colmare un abisso immenso. Niente lo costringe ad andare oltre. Egli è completamente libero di limitarsi ad una divinizzazione ristretta della creatura, che la elevi infinitamente al di sopra della sua natura. Ma no! finché c’è qualcosa da dare, Egli non potrà essere soddisfatto. Andrà fino all’estremo, metterà la sua divina corona sull’edificio divino. All’uomo, alla carne, sarà unito il Verbo di Dio per fare un tutto unico con essa. Il Verbo sarà carne e l’uomo sarà Dio. Ora sì che l’Amore divino potrà essere soddisfatto, perché non può fare di più. Ha amato all’infinito. Ha anche dato all’infinito. Ha dato tutto quello che poteva dare. Il piano concepito dall’eternità si è realizzato nella pienezza del tempo (Efes. I, 9-10). L’opera divina ha il suo coronamento nell’Uomo-Dio. Lo spazio che separa il nulla dall’infinito è il male. La divinizzazione della natura umana ha raggiunto la sua massima perfezione.

Unione dell’anima razionale e del corpo: una sola persona ed una natura completa.

Il mistero naturale che portiamo dentro di noi ci aiuta a farci un’idea del mistero soprannaturale che ha avuto luogo nel grembo di Maria quando Dio si è fatto uomo e l’uomo si è fatto Dio. La Chiesa stessa ci insegna questa analogia nel simbolo di Sant’Atanasio: « Come l’anima razionale e la carne non è che un uomo solo, così l’uomo e Dio non sono che un unico Cristo ». C’è una grande analogia tra queste due unioni, sebbene nella somiglianza non si raggiunge la perfetta uguaglianza. La considerazione della loro differenza e della loro somiglianza ci aiuterà a capire ciò che stiamo studiando. – Ci sono due nature in noi, diverse ed opposte per le loro proprietà: il corpo che è composto da parti, mentre l’anima è semplice. Tutti noi diciamo: penso, cammino, capisco. Lo stesso io e la stessa persona si attribuiscono il merito di queste azioni. Ciò nonostante, il primo di questi è spirituale, il secondo è corporeo, il terzo spirituale e corporeo allo stesso tempo. Ce ne sono ancora di più. Dalle due nature che compongono l’uomo, ne risulta una sola e stessa persona e, di conseguenza, una sola e medesima  natura completa. – Infatti, l’anima dell’uomo non è puramente spirituale, né il corpo è puramente materiale. Ci sono, nell’anima, facoltà che si esercitano solo attraverso il corpo, così come ci sono organi nel corpo che agiscono solo con l’aiuto dell’anima. Come potrebbe l’anima sentire gli oggetti esterni senza il corpo, e come potrebbe l’occhio vedere senza l’anima? Così, per distinguere in noi stessi le due parti del nostro essere, dobbiamo fare uno sforzo di riflessione. La sensazione che tutti noi abbiamo di noi stessi fin dai primi momenti della nostra vita, ci presenta la nostra natura unica, una natura sia corporale che spirituale, come un corpo animato ed uno spirito incarnato. – Tale è la mirabile e misteriosa unione con cui il Creatore ha voluto riunire nell’uomo le due grandi opere delle sue mani: la materia e lo spirito. Come se la caverà quando vorrà unirsi alla sua creatura e riunire estremi tanto lontani quanto l’infinita perfezione ed il nulla della nostra umanità? – Può rendere la natura umana e la sua natura divina una cosa sola? Ovviamente no; ciò significherebbe distruggerle entrambe nello stesso tempo. La natura umana non potrebbe diventare divina se non cessasse di essere quel che è. La natura divina non può passare attraverso un cambiamento radicale che ne risulterebbe da una natura umana. Di conseguenza le due nature sono mantenute integre in Gesù Cristo e non si opera alcuna confusione, nessuna mescolanza. L’unione della umanità e della divinità in Lui è puramente ipostatica o personale, ma non per questo è meno intima. In cosa consiste questa unione? Lo sapremo in cielo. Quaggiù, dobbiamo rassegnarci a non comprendere l’unione suprema che costituisce il coronamento del mondo fisico e morale. Ci basta sapere che, attraverso quell’unione, la Persona del Verbo si sia appropriata di tutte le debolezze della natura umana. Allo stesso tempo le ha conferito tutte le ricchezze della natura divina. Così come in noi dice la stessa persona: sono spirituale e sono corporeo, io penso e vedo; in Gesù Cristo, la stessa Persona ha potuto dire in tutta verità: sono nato ieri, e sono esistito prima dei secoli; il Padre è più grande di me, e il Padre ed Io siamo una cosa sola; Io sono il principio della vita e sono soggetto alla morte; sono uomo e sono Dio. Sì, Gesù Cristo-uomo è veramente Dio ed è sempre stato così, senza mai cessare di essere uomo. La sua umanità non è nemmeno per un solo istante esistita senza essere unita alla Persona del Verbo. E quell’unione lo ha fatto divinamente sussistere prima che potesse compiere qualsiasi azione.

La sussistenza divina e la vita divina del Dio-Uomo.

Dobbiamo distinguere nell’Uomo-Dio due prerogative, inseparabili ma non identiche: la sua sussistenza, in virtù della quale è Dio, e la sua vita divina, in virtù della quale opera divinamente. – Ognuno di esse è il risultato di una certa unione dell’umanità del Salvatore con la divinità, ma si differenziano per le condizioni dell’unione. Gesù Cristo è Dio perché la sua natura umana, invece di avere un’esistenza autonoma, è unita alla Persona del Verbo, che la determina e completa, senza nulla togliere alla sua integrità; così come la reggia d’élite costruita a Versailles da Luigi XIV completa il modesto castello costruito dal padre e ne toglie l’esistenza indipendente, non distruggendolo o modificandolo, ma ingrandendolo. – Con questa prima unione, le azioni di Gesù Cristo sarebbero state azioni di Dio e, di conseguenza, delle azioni divine, anche se prodotte dalle facoltà umane del Salvatore. Ma non poteva essere così: le azioni dell’Uomo-Dio dovevano essere per di più divine e soprannaturali in sé. Era impossibile che, sussistendo divinamente, non vivesse divinamente. L’unione della sua natura umana con la Persona del Verbo ha richiesto questa prima unione delle facoltà dell’anima santa del Salvatore, la quale è attribuita nella Scrittura soprattutto allo Spirito Santo. Era impossibile che il Verbo di Dio non gli comunicasse contemporaneamente il suo Spirito. – Isaia aveva profetizzato che, dopo che lo stelo di Iesse avesse dato il suo fiore, lo Spirito del Signore si sarebbe posato su di esso con la pienezza dei suoi doni (Is. XI, 2). San Giovanni Battista testimonia che la profezia si è compiuta e che, mettendo tutte le ricchezze nelle mani del Verbo incarnato, Dio Padre gli ha dato senza misura il suo Spirito. Le opere dell’Uomo-Dio sono quindi divine, per due motivi: innanzitutto perché sono opere di un Dio e, in secondo luogo, perché sono fatte con l’aiuto della grazia soprannaturale e sotto l’influenza dello Spirito di Dio.

Nell’uomo – Dio siamo divinizzati e viviamo divinamente.

È importante non perdere di vista questa distinzione, che ci sarà in seguito di grande aiuto per spiegare la parte che tocca al Verbo incarnato nell’opera della nostra divinizzazione. D’ora in poi possiamo convincerci che questa parte deve essere stata immensa e che non solo l’umanità, ma anche la creazione sia stata veramente divinizzata in Lui. San Paolo espresse i risultati dell’Incarnazione del Verbo di Dio, quando disse che tutte le cose in cielo e in terra sono state unite a Lui come membri alla testa, e attraverso di Lui uniti alla divinità. –  Gesù Cristo riunisce nella sua anima tutte le facoltà dell’ordine spirituale, così come raccoglie nel suo corpo tutte le forze del mondo fisico. Facendo dell’uomo un piccolo mondo, riunendo in esso tutti gli elementi che compongono l’universo, ha dato inizio alla perfetta unificazione di tutte le cose, di tutti i suoi progetti. Quando venne la pienezza del tempo, fu sufficiente unire ipostaticamente quel piccolo mondo alla Persona del Verbo, affinché l’intero universo fosse divinizzato nell’Uomo-Dio. – In virtù di questa prima unione, di cui Lui stesso sussiste divinamente, Egli conferisce al creato una dignità incomparabile. Perché così come è vero, Egli, che è uno con noi e con tutto il creato, ci permette di considerarci divinizzati in Lui.  Ma Egli non poteva accontentarsi solo di questo. Così come non può sussistere divinamente senza vivere divinamente, né tantomeno vuole comunicarci la sua dignità divina senza la sua vita divina, così la comunicazione è molto più intima della prima. – Mentre questa può essere attribuita solo ad una relazione estrinseca, quella, invece, ci è stata data realmente. Essere vero Dio è prerogativa esclusiva del Figlio primogenito di Maria (S. Luc. II, 7). Ma vivere divinamente è un patrimonio che questo generoso primogenito divide tra tutti i suoi fratelli: se tiene per sé l’unione ipostatica, che è incomunicabile, ci fa però partecipi del suo Spirito, della sua grazia e della sua eredità eterna.

La gloria che da questo ne consegue  per l’umanità.

L’antica maledizione non può sussistere alla presenza di questo mistero di grazia e di amore. Come potrebbe essere maledetta l’umanità, se in sé ha la fonte di tutte le benedizioni celesti? Non benedice Dio Padre tutte le sue opere nel suo Verbo? E questa, non è la prima di tutte le benedizioni, la benedizione sovrana, in cui tutta la benevolenza divina in qualche modo si compendia? Dio Padre non ha detto di Lui: « Ecco il mio Figlio prediletto in cui mi sono compiaciuto »? Quando il Prediletto del Padre diventa uno di noi, possiamo mai temere la maledizione di Dio? Non è da quando il Cuore di Dio batte nel petto degli uomini, che Egli si è riconciliato con noi. Quando vogliamo distinguere un corpo vivo da un corpo morto, tastiamo il battito cardiaco, e se il cuore batte, non dubitiamo: tutti i membri possono anche essere paralizzati, ma la fonte della vita non è esaurita, è solo ostruita. Il deserto non è più un deserto quando le acque vive cominciano a diffondersi attraverso di esso. Queste acque vitali hanno bisogno solo di canali, perché il deserto possa essere rivestito di verde e di fiori. Questo è ciò che è accaduto alla nostra terra da quando la fonte delle acque vive è stata aperta in mezzo ad essa. – Queste acque non hanno ancora annaffiato tutte le parti. Ci sono ancora molte aree steppose, molte aride rocce, molte regioni sterili. Tuttavia, anche se si chiama deserto, ha in sé il principio della infinita fecondità. Si vedono germogliare fiori profumati, virtù celestiali, non solo nel Cuore di Gesù, ma in tutti i cuori che sono in contatto con Lui: nel cuore di Maria, nel cuore di San Giuseppe, nel cuore del popolo santo, vicino alla casa di Nazareth. Gli Angeli stessi, non lasciano i palazzi celestiali per trarre dalle fontane del Salvatore le delizie che non hanno ancora assaggiato? E se il Cuore di Gesù è per gli stessi Angeli l’inizio di una nuova vita, non sarà anche l’inizio di una nuova vita, di una vita nuova per gli uomini? – Sì, da quel momento in poi, la nostra vita ha un senso molto reale. Grazie a Lui viviamo già in Dio, noi siamo suoi veri figli. Anche se non siamo ancora uniti a Lui con gli ineffabili legami di amicizia che vuole poi stringere con ciascuno di noi, tuttavia ci appartiene e noi gli apparteniamo. Lui è in noi e noi siamo in Lui. Un bambino ci è nato, ci è stato dato un figlio; il cuore di quel Bambino, che è il cuore del nostro Dio, è anche il nostro cuore, e attraverso di Lui possiamo chiamare suo Padre, nostro Padre. Attraverso di Lui riceviamo il potere di diventare figli di Dio, e nella nostre mani c’è l’uso di questo potere. Quel cuore è come una porta immensa che rinnova tra il cielo e la terra le comunicazioni interrotte dal peccato. Quella porta dà sul cielo e sulla terra: sul cielo, perché il Cuore di Gesù è il cuore di un Dio. Dà sulla terra, perché è il cuore di un Uomo che chiama tutti ad entrare attraverso di Sé nella regione della vita, della santità e della felicità: « Rallegrati, o casa di Sion – dice il profeta – esulta per la gioia, canta un canto di lode, perché hai il Grande, il Santo d’Israele, in mezzo a te. » In effetti, abbiamo motivo di essere immensamente felici per avere il nostro Dio tra noi. Perché pensiamo così poco a tutto questo? Perché fissiamo il nostro sguardo sulle cause della tristezza che l’umanità ci presenta, invece che fissarle su ciò che assorbe l’attenzione di Dio? Sì, l’umanità è malvagia e corrotta in un gran numero dei suoi membri. Quando si vede tanta ignoranza, tanta barbarie, tanta brutalità, tanto abbrutimento, tanta ingratitudine nera ed empietà infernale, ci si vergogna di essere uomo e di avere qualcosa in comune con questi mostri di iniquità. – Ma quando si pensa che la natura è stata elevata in Gesù Cristo ad una dignità divina, che il suo Cuore umano ama Dio più di tutti gli Angeli messi insieme, ci si riconcilia con questa natura miserabile e si comincia a sperare tutto per essa. Sì, speriamo molto, perché ciò che Dio ha fatto per noi, ci porta a concepire le speranze più grandi. Quando Dio Padre ha deciso di darci il suo Figlio unigenito, ci ha conosciuto con le nostre miserie e con la nostra malvagità, ha previsto la nostra ingratitudine e resistenza, la nostra follia e la nostra empietà. Se, nonostante tutto questo, ci ha dato il suo tesoro più ricco, ci fa capire che era determinato a superare la nostra ingratitudine con la sua indulgenza; la nostra miseria con la sua liberalità. – E se Dio vuole ottenere la vittoria, chi può fermarlo? Non lasciamoci dunque scoraggiare dalla lotta feroce, dal tuono della tempesta, dalle nuvole che si addensano intorno a noi; finché il Cuore di Gesù non ci sarà tolto, anche in mezzo al caos, avremo l’inizio di una nuova creazione, ed una promessa infallibile di vita nel seno delle ombre della morte.

Parole molto chiare e consolanti dei Santi Padri sul particolare.

« Il Verbo di Dio si è fatta uomo – diremo con San Giovanni Crisostomo – ascoltalo, o Cristiano, e lascia liberi i tuoi pensieri. Se le nostre magnifiche dottrine sull’esaltazione soprannaturale abbagliano il tuo spirito e confondono la tua modestia, impara dalla meraviglia del Dio Incarnato, a credere a ciò che della vostra lodevole dignità ti viene insegnato. Alfine, infatti, la ragione umana trova più difficile credere che Dio diventi uomo, piuttosto che l’uomo diventi Figlio di Dio. In ogni caso, la prima meraviglia apre la porta alla seconda. – No, non inutilmente il Verbo si è così abbassato: lo ha fatto per elevarti all’altezza in cui Egli era. Egli è nato secondo la carne, per rigenerarti secondo lo spirito; è diventato figlio della Vergine, perché tu non fossi solo figlio di donna; Egli, vero e naturale Figlio di Dio, si è fatto figlio di Davide e di Abramo per farti figlio dell’Altissimo » (S, G. Crisostomo, Om. II in Matteo II, MG: 57, 73). – Concludiamo con queste parole di San Gregorio Nazianzeno: « Ritorniamo a nostro modello la gloria che dovrebbe dargli l’immagine; riconosciamo la nostra dignità, onoriamo il nostro esempio, imitandolo; comprendiamo la potenza del mistero; riconosciamo il perché di Cristo che si sia fatto uomo. Siamo come Cristo, perché Cristo è stato come noi; siamo divinità per Lui, perché si è fatto uomo per noi. Se ha fatto ciò che è basso in noi, è stato per comunicarci ciò che è alto in Lui. Se è diventato uomo, è per arricchirci con la sua povertà; se ha preso la forma di schiavo, è stato per renderci liberi; se è sceso sulla terra, è stato per elevarci al cielo; se è stato tentato, è stato per farci raggiungere la Vittoria; se è stato umiliato, è stato per riempirci d’onore; se è morto, è stato per darci la vita; se è salito al cielo, è stato per portare con sé coloro che giacciono sulla terra sopraffatti dal peso del peccato » (S. Greg. Naz. Orat. XLI, a Pentec., MG: 36, 427).

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