SALMI BIBLICI: “CONFITEMINI DOMINO … DICAT NUNC ISRAEL” (CXVII)

SALMO 117: “CONFITEMINI DOMINO, DICAT NUNC ISRAEL”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 117

Alleluja.

[1] Confitemini Domino,

quoniam bonus, quoniam in sæculum misericordia ejus.

[2] Dicat nunc Israel:

Quoniam bonus, quoniam in sæculum misericordia ejus.

[3] Dicat nunc domus Aaron: Quoniam in sæculum misericordia ejus.

[4] Dicant nunc qui timent Dominum: Quoniam in sæculum misericordia ejus.

[5] De tribulatione invocavi Dominum; et exaudivit me in latitudine Dominus.

[6] Dominus mihi adjutor; non timebo quid faciat mihi homo.

[7] Dominus mihi adjutor; et ego despiciam inimicos meos.

[8] Bonum est confidere in Domino, quam confidere in homine.

[9] Bonum est sperare in Domino, quam sperare in principibus.

[10] Omnes gentes circuierunt me; et in nomine Domini quia ultus sum in eos.

[11] Circumdantes circumdederunt me, et in nomine Domini quia ultus sum in eos.

[12] Circumdederunt me sicut apes, et exarserunt sicut ignis in spinis; et in nomine Domini, quia ultus sum in eos.

[13] Impulsus eversus sum, ut caderem; et Dominus suscepit me.

[14] Fortitudo mea et laus mea Dominus; et factus est mihi in salutem.

[15] Vox exsultationis et salutis in tabernaculis justorum.

[16] Dextera Domini fecit virtutem, dextera Domini exaltavit me; dextera Domini fecit virtutem.

[17] Non moriar, sed vivam; et narrabo opera Domini.

[18] Castigans castigavit me Dominus, et morti non tradidit me.

[19] Aperite mihi portas justitiæ: ingressus in eas confitebor Domino.

[20] Hæc porta Domini, justi intrabunt in eam.

[21] Confitebor tibi quoniam exaudisti me, et factus es mihi in salutem.

[22] Lapidem quem reprobaverunt ædificantes, hic factus est in caput anguli.

[23] A Domino factum est istud, et est mirabile in oculis nostris.

[24] Hæc est dies quam fecit Dominus; exsultemus, et lætemur in ea.

[25] O Domine, salvum me fac; o Domine, bene prosperare.

[26] Benedictus qui venit in nomine Domini: benediximus vobis de domo Domini.

[27] Deus Dominus, et illuxit nobis. Constituite diem solemnem in condensis, usque ad cornu altaris.

[28] Deus meus es tu, et confitebor tibi; Deus meus es tu, et exaltabo te. Confitebor tibi quoniam exaudisti me, et factus es mihi in salutem.

[29] Confitemini Domino, quoniam bonus, quoniam in saeculum misericordia ejus.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO CXVII.

Davide invita se stesso e il popolo di Dio, che ei figurava, a lodare Dio pei beneficii, principalmente per la pietra angolare di Cristo, che unisce in sé le due pareti, i due popoli, de Gentili e degli Ebrei.

Alleluja: Lodate Dio.

1. Date lode al Signore perché egli è buono perché la misericordia di lui è eterna.

2. Dica adesso Israele, come egli è buono, e come è eterna la sua misericordia.

3. Dica adesso la casa di Aronne come è eterna la sua misericordia.

4. Dicano adesso quei che temono il Signore, come è eterna la sua misericordia.

5. Nella tribolazione invocai il Signore, e mi esaudì con’larghezza il Signore.

6. Il Signore è mio aiuto; non avrò paura di quel che uomo si faccia contro di me

7. Il Signore è mio aiuto, e io non farò caso dei miei nemici.

8. Buona cosa ell’è il confidar nel Signore, piuttosto che confidare nell’uomo.

9. Buona cosa ell’è il confidar nel Sonore, piuttosto che confidare ne’ principi.

10. Mi assediarono tutte le genti; ma nel nome del Signore presi di esse vendetta.

11. Mi assediavano strettamente, ma nel nome del Signore presi d’esse vendetta.

12. Mi circondarono come uno sciame d’api, e si accesero come fiamma suol tra le spine; rna nel nome del Signore presi di esse vendetta.

13. Mi fu data la spinta, fui fatto sdrucciolare perché cadessi; ma il Signore mi resse.

14. Mia fortezza e mia lode il Signore, ed egli fu mia salute.

15. Voce di esultazione e di salute ne tabernacoli dei giusti.

16. La destra del Signore ha fatto gran cose: la destra del Signore mi ha esaltato; la destra del Signore ha fatto gran cose.

17. Non morrò, ma vivrò, e racconterò le opere del Signore.

18. II Signore mi ha castigato severamente; ma non mi ha dato alla morte.

19. Apritemi le porte della giustizia; entrato in esse, darò lode al Signore: questa è la porta del Signore: per essa i giusti entreranno.

20. Darò lode a te, perché mi hai esaudito, perché tu se’ mia salute.

21. La pietra cui rigettarono quei che edificavano, è divenuta testata dell’angolo.

22. Dal Signore è stata fatta tal cosa, ed ella è meravigliosa negli occhi nostri.

23. Questo è il giorno che è stato fatto dal Signore; esultiamo, e rallegriamoci in esso.

24 Salvami, o Signore; o Signore, concedi prosperità: benedetto lui che viene nel nome del Signore.

25. Abbiam dato benedizioni a voi, che siete della casa del Signore: il Signore è Dio, ed egli è a noi apparito.

26. Distinguete il giorno solenne co’ folti rami fino al corno dell’altare.

27. Mio Dio se’ tu, e a te io darò lode; mio Dio, se’ tu, e io ti esalterò.

28. Darò lode a te, perché mi hai esaudito, e sei mia salute.

29. Date lode al Signore, perché egli è buono, perché è eterna la sua misericordia.

Sommario analitico

In questo salmo, il Re-Profeta considera le diverse tribolazioni e le prove multiple attraverso le quali è passato Gesù-Cristo ed in seguito tutti i suoi fedeli servitori, la gloriosa resurrezione che ne è seguita ed ha coronato le sue sofferenze e, sotto l’impressione di questo magnifico spettacolo, nel nome stesso della Chiesa cristiana. [Questo salmo è stato composto per la processione solenne che i Giudei facevano con i rami in mano (27), l’ottavo giorno della festa dei tabernacoli. Quella di cui qui si tratta, è quella che coincise con la posa della prima pietra del secondo tempio (Esdr. III, 10, 11), o piuttosto quella in cui fu celebrata la dedicazione di questo tempio, la stessa forse della quale si è parlato (II Esdr., 8). Tutto il popolo condotto da uno dei suoi principali capi, si reca in processione sul monte Moriah cantando: « Confitemini, etc., » ed il seguito fino al versetto 18. Arrivati nei pressi del tempio, il capo chiede che le porte gli si aprano, (19); i sacerdoti che vengono rispondono dall’interno e si instaura un dialogo tra i sacerdoti, il popolo ed il suo capo (19-28). Dopo il v. 24, le porte si aprono, il popolo entra al canto dell’osanna, ed il cantico termina così come è cominciato (Le Hir.). È un dialogo tra il capo del popolo, i sacerdoti ed il popolo, benché gli interpreti non si accordino sulla distribuzione di questo dialogo (V, Distinction primitive des Psaumes en monologue et en dialogues.)

Il salmista:

I. – Invita a lodare la bontà e la misericordia di Dio (1)

1° Il popolo di Dio (2);

2° i sacerdoti (3);

3° Tutti coloro che temono il Signore (4);

II. – Ne dà le ragioni:

1° Dio lo ha esaudito in mezzo alle tribolazioni (5);

2° Gli ha dato un soccorso potente contro gli attacchi degli uomini e dei demoni (6, 7);

3° La sua speranza in Dio è stata più fruttuosa che se l’avesse messa negli uomini (8, 9);

4° gli ha dato la vittoria contro le persecuzioni dei suoi nemici più furiosi (10- 13);

5° lo ha salvato da una certa rovina, diventando sua forza e sua salvezza (13, 14).

III. – Descrive la felicità dei santi:

1° Essi si danno a trasporti di gioia e di allegria, in riconoscenza della salvezza che hanno ottenuto (15);

2° Essi saranno esaltati e glorificati da Dio stesso (16);

3° Dio darà loro l’immortalità nel cielo, dove lo loderanno per l’eternità (17-21).

 IV. – Celebra la gloria di Gesù-Cristo:

1° Dopo essere stato rigettato da coloro che costruivano l’edificio, è divenuto pietra d’angolo (22).

2° Questa mirabile opera è l’opera di Dio (23);

3° Il giorno in cui si è compiuta, è ora per fedeli un giorno di gioia e di allegrezza (24);

4° I fedeli lo celebrano con acclamazioni alla gloria del Salvatore (23, 26);

5° Essi gli consacrano questo giorno celebre per sempre, riconoscendolo e proclamandolo come loro Dio, rendono pubblico che essi sono stati salvati esclusivamente dalla sua grazia, ed invitano tutti gli uomini a lodare costantemente la sua bontà e la sua misericordia (27-29).  

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-4.

ff. 1 – 4. – Il Profeta non poteva esortarci più vivamente e con meno parole, a lodare Dio, che non aggiungendo: « perché Egli è buono. » Io non vedo nulla di più inteso che questa parola così concisa, perché la bontà è talmente propria a Dio, che il Figlio di Dio, chiamato il “buon Maestro”, detta ad un Giudeo che credeva che Egli non fosse che un uomo, rispondendo: « Perché mi chiamate buono? Nessuno è buono se non Dio solo. (Marc. X, 17, 18). Cosa volevano dire queste parole, se non che: « per chiamarmi buono, comprendete che Io sono Dio. (S. Agost.). – E che! La casa di Israele che ha sofferto innumerevoli cattività, che è stata ridotta in schiavitù, condotta fino alle estremità della terra e che, nel Salmista, è stata messa alla prova tra mali senza fine? Si, certo, risponde il Salmista, nessuno può rendere migliore testimonianza dei benefici di Dio, perché nessuno ne ha ricevuto di più numerosi ed importanti: le loro stesse tribolazioni sono pure una prova della sua infinità bontà. (S. Chrys.). –  I Cristiani sono i veri figli di Israele, perché imitano la fede di questi santi Patriarchi e devono ora cantare – e per tutta l’eternità – le bontà infinite e le misericordie eterne di Dio. – Egli invita qui i sacerdoti a cantare le lodi di Dio, per farci vedere l’eccellenza del sacerdozio; perché più essi sono elevati al di sopra degli altri, più essi hanno anche ricevuto gloria da parte di Dio, non solo in ragione del sacerdozio stesso, ma per tutti gli altri privilegi che sono stati accordati loro. (S. Chrys.). – I Sacerdoti di Gesù-Cristo che hanno parte al suo Sacerdozio, ben più eccellente di quello di Aronne, sono obbligati per statuto a cantare non solo con il cuore, ma con la bocca le misericordie del Signore, ed annunziarle ai popoli. – «Tutti coloro che temono il Signore, dicano: “Egli è buono”. Ecco, in effetti, coloro che possono conoscere la sua misericordia e penetrare tutti i segreti della sua bontà, perché queste divine perfezioni non toccano coloro che sono occupati nei loro piaceri, coloro che non considerano le tribolazioni di questa vita come l’effetto della bontà e della misericordia di Dio, coloro che non riflettono mai sulla natura del vero bene e del vero male, coloro che non pensano affatto all’enormità dei loro peccati ed all’opposizione che c’è tra Dio ed il peccato, coloro infine, che vogliono giudicare la bontà di Dio con quella degli uomini. (S. Chrys.). – Noi dobbiamo lodare Dio a causa della sua misericordia, perché essa è continua ed incessante, perché essa è eterna, perché si spande in tutto l’universo, perché essa ci circonda da ogni parte. (Ps. XXXI,10).

II. — 5-14.

ff, 5-7. – Il Salmista non dice: io ero degno di essere esaudito; egli non dice: io Gli ho presentato le mie buone opere, e nemmeno: io mi sono contentato di invocarlo e la mia preghiera è sufficiente per allontanare da me il malanno. (S. Chrys.). – Quando il demonio è padrone di un’anima, la serra e la tiene schiava; la protezione di Dio la strappa via e la mette in libertà. – Colui che è ben persuaso di essere nelle mani di Dio, che Dio regola tutto con la sua volontà, che Dio è più potente di tutti gli uomini, non teme ciò che l’uomo gli potrà fare. (Dug.). – Questo timore gli inspira non un orgoglioso, ma un generoso disprezzo dei suoi nemici. Quale elevazione di spirito, qual grandezza d’animo! Il Profeta si eleva al di sopra della debolezza umana, per  disprezzarne in seguito tutta la natura! … Notate che egli non dice: io sarò al riparo della prova, ma: « Io non temo ciò che l’uomo mi potrà fare; » vale a dire, io sarò senza paura in mezzo alle sofferenze, in mezzo anche ai miei nemici, esclamando con San Paolo: « Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? » (Rom. VIII, 31). Non sarà in effetti, il marchio di un’anima timida e pusillanime il temere i propri simili, quando è sicura dell’amicizia del suo Dio? (S. Chrys.).  

ff. 8, 9. – Ma se io disprezzo i miei nemici, anche il giusto, con tutta l’amicizia che ha per me, non esige che io metta in lui la mia fiducia; perché «… è meglio confidare in Dio che confidare nell’uomo. » Ed anche se potessi, ad un certo punto, chiamare questo amico, un buon Angelo, non mi verrebbe in mente di confidare in lui, perché nulla è buono, se non Dio solo (S. Agost.). – La speranza con la quale il mondo ingannatore sorprende l’imprudenza degli uomini o abusa della loro credulità, non è altra cosa, a ben intendere, che una illusione piacevole; e questo il filosofo lo aveva ben capito quando i suoi amici lo pregavano di definire la speranza, ed egli rispose in una parola: « … è il sogno di una persona che è sveglia. » Considerate in effetti, ciò che è un uomo gonfio di speranza. A quale onore non aspira? Qual funzione, quale dignità non concede a se stesso? Egli naviga già tra le delizie, e già ammira le sue grandezze future. Niente gli sembra impossibile; ma quando, avanzando nella carriera che si era proposto, vede nascere da ogni parte le difficoltà che lo arrestano ad ogni passo; quando la vita gli manca, come un falso amico, in mezzo a tutte le sue imprese; o, forzato dall’incontro delle cose, torna al suo senso stantio, e non trova nulla nelle sue mani di tutta quella grande fortuna di cui si prospettava una vaga immagine, cosa può giudicare da se stesso, se non una speranza ingannevole che lo cullava un giorno per un tempo della dolcezza di un sogno piacevole? … O speranza del secolo, sorgente infima di cure inutili e di folli pretese, vecchio idolo di tutte le corse di cui il mondo si ride e che tutti inseguono, non è di te che io parlo; la speranza dei figli di Dio non ha nulla in comune con gli errori. Imparate a capire la differenza dell’uno e dell’altro: « Ah! Veramente è meglio sperare in Dio che confidare nei grandi della terra. » Questa differenza consiste in questo punto, che la speranza del mondo lascia il possesso sempre incerto ed ancora molto lontano; mentre la speranza dei figli di Dio è così salda ed immutabile, che io non temo di assicurare che essa ci metta dinanzi il possesso della felicità che ci propone, e che costituisca un inizio della gioia. (BOSSUET, Panég. de Ste Thér.). – Non vi appoggiate agli uomini, perché essi verranno meno, prima o poi. L’uomo è debole, indiscreto, incostante, leggero, incline a rapportare tutto a sé. Il più piccolo capriccio lo allontana, il minimo interesse è sufficiente a trasformarlo in un nemico. Allora egli si mostra per ciò che è, egli vi amava, ma … per se stesso, per profittare di voi al bisogno. – Al di fuori di Dio e di ciò che è divino, dove trovare quaggiù un solido terreno per far riposare le nostre speranze? Gli uomini son tutti dei castelli di sabbia che cedono sotto i nostri piedi quando vogliamo appoggiarci ad essi; le cose umane son delle foglie, e quando noi contiamo sul suo colore verdeggiante, l’ultimo giorno d’autunno è già per esse arrivato. Ma l’anima che confida in Dio è incrollabile; essa riposa su di un terreno solido; e quando anche tutto venisse a mancarle dal lato terreno e sul mare alto delle agitazioni umane, essa trova una sicurezza assoluta sulla rocca dell’eternità  (Mgr LANDRIOT, Ste Comm., 431.)

ff. 10-12. – Quale è il mezzo per sfuggire a questo pericolo? Si tratta in effetti di venire alle mani, di dar battaglia a nemici che sono presenti; il profeta è letteralmente accerchiato, avvolto come in una rete, come in una trappola, e non a causa di uno, due o tre popoli nemici, ma per tutte le nazioni riunite. Tuttavia, tutti questi legami sono distrutti dalla fiducia in Dio. (S. Chrys.). –  « Esse mi hanno circondato come delle api, come la fiamma che avvolge un cespuglio. » Esse mi hanno  circondato come le api circondano un favo di miele, per togliere tutta la dolcezza che Gesù-Cristo aveva effuso nella sua anima. (S. Gerol.). – Queste api, immagine di uomini pericolosi i cui perfidi discorsi, distillano per noi il miele della adulazione, mentre che, alle nostre spalle, non sognano che di erigere crudeli insidie. Quante simili api hanno ronzato intorno al Signore durante i giorni della sua vita mortale! Quando i farisei  volevano sorprenderlo nelle sue parole: « Maestro – gli dicevano – voi siete la stessa verità, e non fate eccezione a nessuno. » (Matth. XXII, 16). Era la goccia di miele; ma nello stesso tempo scagliavano contro di Lui il pungiglione del loro odio, e giuravano di farlo morire. Parlando per bocca del suo Profeta, il Signore li aveva già descritti in questi termini: « essi mi hanno circondato come api. » (Mgr DE LA BOUILL. Symb. II, 413.). – Le api figurano la vivacità dell’azione, e le spine sono il simbolo di una collera estrema e di un furore che nulla può sopprimere. Chi può spegnere, in effetti, il fuoco che si attacca alle spine? E tuttavia, benché i miei nemici abbiano preso fuoco e siano caduti su di me con la violenza e la rapidità dell’incendio, non solo ho avuto paura di sfuggire loro, ma io le ho annientate. (S. Chrys.). – È il Signore stesso, il capo della Chiesa, che è stato circondato dai suoi persecutori, come le api circondano un favo di miele. In effetti, lo Spirito Santo descrive qui, sotto una forma ingegnosa, ciò che i Giudei hanno fatto senza saperlo; perché le api depositano il miele nell’alveare, e coloro che hanno perseguitato il Signore gli hanno dato per noi, senza saperlo, una dolce novella, facendolo soffrire, affinché gustassimo e sentissimo quanto il Signore è dolce. (Ps. XXXIII, 9); … perché Egli è morto a causa dei nostri peccati ed è resuscitato per nostra giustificazione (Rom. IV, 25), (S. Agost.). – Qual è il fedele servo di Dio che non possa dire che i nemici della salvezza lo investano incessantemente, che lo circondano come uno sciame di api su di un favo di miele, e attacca colui che vuole depredare i suoi alveari? Questa truppa di avversari non è anche come un fuoco che cada su spine secche, e che le consumi in un momento? Oltre le potenze dell’inferno che fremono incessantemente intorno a noi, quali tempeste si levano nel nostro cuore? Noi siamo, in effetti, circondati da tre tipi di nemici, che il Profeta sembra designare ripetendo tre volte che è stato circondato da assedianti. Ma la carne è il più pericoloso delle tre: 1° perché essa ci è unita con la più intima unione; 2° perché è una sete continua che non possiamo impedire; si può mettere in fuga il demonio ed il mondo, ma per la carne, per poterla vincere, non possiamo né metterla in fuga, né preservare per sempre dagli attacchi, ed è quando finge di essere in pace con noi, che è ancor più pericolosa. Sono questi attacchi della carne che ci vengono qui figurati dalle api e dal fuoco che si attacca alla spine. In effetti l’ape, come la carne, che nello stesso tempo ci dà il miele, ci punge con il suo pungiglione; l’ape facile ad irritarsi, raffigura la carne che si rivolta così facilmente contro lo spirito; l’ape, come la carne, pungendo con il suo pungiglione, si dà la morte. – Vendicarsi nel nome del Signore, è rimettere nelle sue mani tutte le ingiurie che si sono ricevute. Egli si è riservato la vendetta, Egli ha promesso che l’avrebbe fatta! 

ff. 13, 14. – Per darci un’idea della grandezza delle sue prove, il Profeta ci ha descritto la moltitudine dei suoi nemici, le loro minacce esterne, la vivacità dei loro attacchi, l’accanimento contro di lui; egli aggiunge ora che lo hanno fatto soffrire. Essi mi hanno assalito con tale impetuosità, che sono stati sul punto di cadere ed essere abbattuti; essi mi hanno spinto così violentemente che ne sono stato abbattuto, e hanno quasi buttato giù; ma nel momento in cui le mie ginocchia stavano per indebolirsi, o la mia caduta sembrava inevitabile, ed io non avevo più alcune speranza, Dio è venuto in mio soccorso. (S. Chrys.). – Dio lascia talvolta rovesciare i suoi eletti, fino ad essere sul punto di cadere, affinché l’uomo senta la propria debolezza, e non si attribuisca la vittoria, come una madre che lascia vacillare il proprio bimbo per insegnargli a camminare con maggiore precauzione. « Se il Signore non mi avesse dato il suo appoggio, per poco la mia anima non cadeva nell’inferno. » Se io dicevo: « i miei piedi sono vacillanti, la vostra misericordia, Signore, veniva a stabilizzarli. » (Ps. XCIII, 17, 18). Quali sono dunque coloro che cadono quando si spingono, se non coloro che hanno la pretesa di essere se stessi la loro forza e la loro gloria? Perché nessuno cade nella battaglia se non colui la cui forza e la glofia cadono egualmente. Colui, al contrario, di cui il Signore è la forza e la gloria, non cade più di quanto il Signore non cade. (S. Agost.). – « Il Signore è stato mia forza e mia lode, ed è diventato la mia salvezza. » Cosa significano queste parole: « Egli è stato la mia lode »? Egli è stato la mia gloria, il mio elogio, il mio ornamento, la mia luce; perché, non contento di togliere l’uomo da ogni pericolo, lo ha circondato di fulgore e di splendore, e lo vediamo aggiungere dappertutto la gloria e la protezione che salva. Queste parole racchiudono ancora un’altra verità: Dio sarà l’oggetto continuo dei miei canti, la mia voce è consacrata per sempre all’inno della riconoscenza, e tutto il mio dovere sarà ora quello di lodarlo. (S. Chrys.).

III — 15 – 21.

ff. 15, 16. – Quale differenza tra le case dei giusti e quelle dei peccatori: queste echeggiano troppo spesso di crisi di dissensi, di collera, di passione, di pianti, di mormorii, di rabbia, di disperazione; nella dimora dei giusti non si sentono che grida di allegria, canti di riconoscenza per la salvezza ricevuta da Dio (Duguet). – Ma qual è questa dimora dei giusti? Non è un luogo dove si possa pretendere di avere una permanente stabilità, è un padiglione, una tenda. Abramo e gli altri patriarchi eredi delle stesse promesse abitavano sotto delle tende, perché essi sapevano che questa vita non è che un viaggio, e che attendevano questa città che ha un fondamento saldo, di cui Dio stesso è il fondatore ed architetto (Heb. XI, 9, 10). – Linguaggio ben diverso tra quello degli orgogliosi e quello degli umili: gli orgogliosi si attribuiscono tutta la gloria del successo delle loro imprese, e dicono con insolenza: « è la nostra mano potente e non il Signore che ha fatto tutte le cose, » (Deuter. XXXII, 27);  gli umili dicono, con tanta riconoscenza ed umiltà. « La destra del Signore ha fatto esplodere la sua potenza, la destra del Signore mi ha elevato. » (Duguet). – È un atto di grande potenza elevare l’umile, divinizzare un mortale, estrarre la perfezione dalla debolezza, la gloria dalla soggezione, la vittoria dalla sofferenza, e produrre il soccorso per le stesse tribolazioni, affinché gli afflitti conoscano la vera salvezza che viene da Dio, rispetto a coloro che sono afflitti dalla vana salvezza che viene dall’uomo. Si, è un atto di grande potenza, ma perché ne sarete stupefatti? Ascoltate ciò che ripete il Profeta. Non è l’uomo che si è elevato, non è l’uomo che si è reso perfetto, non è l’uomo che si è dato la gloria, non è l’uomo che ha vinto, non è l’uomo che si è dato la salvezza, ma le destra del Signore che ha fatto un atto di potenza (S. Agost.).

ff. 17, 18. – C’è qui una professione autentica dell’immortalità dell’anima, e di una vita ben superiore a quella del corpo. – Questo santo trasporto del Profeta è quello di ogni anima che il mondo non ha incantato; è lo slancio generoso del fedele che vive della fede nelle promesse: « Io non morirò, io vivrò. » La terra ritorna alla terra, e lo spirito va verso Dio che lo ha fatto (Eccl, XII, 7). Il mio corpo deve dissolversi, ma il mio corpo non è mio, è tutt’al più il velo grossolano che nasconde il mio vero essere, e la morte non è per me che l’inizio della vita. (M. DE BOUL. Sur l’immortalité.).- Creato nel tempo, concepito nell’eternità, io sono creato per l’eternità, io non morrò, perché le opere di Dio non sono fatte per perire. La materia se non è giunta con l’anima, non è nulla. Essa è alla creazione, ciò che il mio vestito è al mio corpo, e questo corpo tutto da solo, non sono io; esso è il vestito che si usa e che cambia. Io ho cambiato più volte vestito, più volte di corpo. Dov’è il mio corpo dell’infanzia? Dov’è il fiore e la forza della mia giovinezza? Questo è morto, come morto è il profumo ed i suoni che hanno traversato le arie. Ne resta ciò che resta dell’erba dei tetti! La vera creazione, la creazione imperitura, è ciò che è l’immagine di Dio. È là che ha ricevuto la perfezione dalle origini, e non perirà. (L. VEUILL., Jésus~ChristIa Partie, p. 6.) – Dio castiga come un medico e non come un nemico. Sembra che il medico perseguiti il suo malato, ma egli non perseguita che la sua malattia. Egli odia la sua malattia, perché egli ama l’ammalato; e non fa soffrire colui che ama, se non per liberarlo dal male di cui soffre (Duguet).

ff. 19, 21. – Il Profeta parla qui di diverse porte, poiché si serve del plurale; egli aggiunge che una di queste porte è quella del Signore, e che i giusti vi entreranno. Ci sono dunque due porte, due templi, due case di Dio: la Chiesa ed il cielo. La Chiesa è la prima dimora dei Cristiani, ma in questa vita i giusti si trovano mescolati ai peccatori; bisogna attendere il momento in cui sarà detto ai giusti: « Entrate nel riposo delizioso del vostro padrone. » Felici – dice l’Apostolo prediletto – coloro che lavano la propria veste nel sangue dell’Agnello; essi avranno diritto sull’albero di vita, ed entreranno per le porte della città. Lungi da qui i cani, gli avvelenatori, gli impudichi, gli omicidi, gli idolatri, e chiunque ami e preferisca la menzogna (Apoc. XXII, 14, 15). È sufficiente, nel mio lungo esilio, « che io abbia abitato le tende del Cedar, e che sia restato in pace in mezzo ad uomini che odiano la pace. » (Ps. CXIX, 5). Io ho sopportato fino alla fine l’essere mescolato con i malvagi; ma « ecco le porte del Signore, per le quali entreranno i giusti. » (S. Agost.). – Bisogna quindi intendere queste parole delle porte del cielo, che restano chiuse ai malvagi e si aprono alla virtù, all’elemosina, alla giustizia. Ci sono le porte della morte, le porte della perdizione; ci sono le porte della vita, le porte strette e piccole. È perché ci sono più porte che il Salmista ci da il segno distintivo della porta del Signore, dicendo: « è qui la porta del Signore. » Qual è questo segno? È che non ci sono se non coloro che Dio punisce, prova, che entrano per questa porta, perché essa è ben stretta e ben chiusa. Se dunque essa è stretta, solo coloro che sono stati radunati dalla tribolazione potranno entrare per questa porta (S. Chrys.). – È veramente la porta del Signore, perché Egli solo la chiude, senza che nessuno la possa aprire, come Egli l’apre senza che nessuno la possa chiudere; perché Egli solo conosce i suoi eletti, Egli solo giustifica i peccatori, ed Egli solo prende cura di punirli per renderli giusti. (Dug.). – Il profeta spiega ciò che sta per dire: « … Io entrerò e renderò grazie al Signore, » perché, benché i giusti in questa vita indirizzino a Dio preghiere molto diverse e numerose, tuttavia queste preghiere possono riassumersi tutte in questa sola domanda: « Io ho chiesto una sola cosa al Signore, e non cesserò di richiederla: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita; » ed il Salmista aggiunge per rendere più chiaro il suo pensiero: Voi che siete la mia speranza, Voi siete diventato la mia salvezza; Voi che siete il mio viatico, siete diventato la mia ricompensa. (Bellarm.). –  Se noi vogliamo che Gesù-Cristo ci apra un giorno le porte del cielo, apriamogli fin d’ora le porte del nostro cuore, affinché per Lui diventino le porte della giustizia. Ogni giorno Egli ci ripete: « Apritemi le porte della giustizia. » Le intendete dirvele nell’Apocalisse. « Ecco che Io sono alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, Io entrerò con lui, Io cenerò con lui, ed egli con me. » (Apoc. III, 20). – Aprite dunque a Gesù-Cristo le vostre porte, affinché Egli entri in voi; apritegli le porte della giustizia, aprite le porte della castità, aprite le porte della forza e della saggezza (S. Ambr. L. IV, de Fide, c. I). – Queste porte devono restare chiuse ad ogni altro, e nessuna creatura deve passarvi perché il Signore di Israele è entrato da questa porta. (Ezech. XLIV, 2).

IV. – 22-29.

ff. 22, 23. – Sono queste delle parole spiegate e consacrate da Gesù-Cristo stesso, e dagli Apostoli (Matth. XXI, 42; Marc. XII, 10; Luc. XX, 17; Act. IV; Rom. IX; Ephes. II). Gesù-Cristo è l’opera di Dio per eccellenza. È la principale pietra d’angolo, fondamento e legame della sua Chiesa, ove ha riunito nel suo corpo, e i Giudei che lo hanno rigettato, ed i Gentili che lo hanno crocifisso. – « La pietra che i Giudei hanno rigettata nel costruire, è divenuta la pietra d’angolo, » la pietra principale, il nodo ed il fondamento di tutto l’edificio. Questa pietra principale era il Cristo. Ora questa pietra doveva essere rigettata. Il Cristo doveva quindi essere rigettata; da chi, se non da coloro per i quali veniva? Non c’era stato nulla di meraviglioso che fosse ascoltato o ricevuto da coloro ai quali non parlava, come i Gentili; ma i Giudei, che dovevano costruire l’edificio principale, riprovarono questa pietra che diventa, con tale mezzo, la pietra d’angolo che unisce, in una sola costruzione, i Giudei ed i Gentili. « Ed è ciò che ci è sembrato meraviglioso ed un’opera che Dio solo poteva compiere. » (BOSSUET, Médit. Dern. Sem. XXXI jour.). – Questa non era un’opera umana, alcun essere privilegiato, sia pure tra gli Angeli, sia pure tra gli Arcangeli, poteva costituire la pietra che forma quest’angolo; era cosa impossibile per i giusti, i Profeti, gli Angeli, gli Arcangeli; Dio solo poteva operare questa meraviglia che gli appartiene e che gli è propria: a riunione dei due popoli in un’unica Religione. (S. Chrys.).

ff. 24. – « Questo è il giorno del Signore. » Questo giorno non deve intendersi come quello del corso ordinario del sole, ma per quello dei prodigi di cui è stato il teatro. Quando noi diciamo di un giorno che è cattivo, noi non vogliamo parlare del giorno misurato dal corso del sole, ma dei guai che la sua luce ha rischiarato. È così che il Re-Profeta chiama un giorno di felicità, quello che è stato testimone di avvenimenti felici, ed ecco il senso delle sue parole: Dio è l’Autore dei prodigi compiuti in questo giorno, e la sua mano possente era la sola capace di operarli (S. Chrys.). – Il giorno nel quale si è compiuto questo grande capolavoro è propriamente il giorno che il Signore ha fatto, come se, a paragone di questo giorno, il Signore non avesse fatto anche tutti gli altri, come se non avesse destinato che questo giorno nel manifestare la sua potenza, la sua saggezza, la sua bontà. – Queste parole sono anche applicate al giorno chiamato Domenica o “giorno del Signore”, giorno consacrato ai più grandi misteri delle operazioni divine, dice il Papa San Leone; giorno in cui il Padre aveva cominciato a manifestare la sua gloria con la creazione primordiale del mondo; giorno in cui il Figlio, con la sua Resurrezione, ha distrutto la morte ed aperto le sorgenti di una vita migliore; giorno in cui lo Spirito-Santo, discendendo sugli Apostoli, ha fondato definitivamente il regno spirituale ed eterno della Chiesa; giorno soprannaturale tanto superiore al “sabbat” primitivo, quanto la rivelazione cristiana è superiore alla rivelazione del primo giorno, tanto preferibile al sabbat giudaico quanto la nuova alleanza supera l’antica; giorno che ci dà, dice S. Ilario, tutta la realtà e la pienezza di ciò che l’antico sabbat non offriva che in figura ed in speranza; giorno che è l’inizio della creazione nuova, dice San Atanasio, come l’altro sabbat era la fine della creazione prima; giorno che il Signore ha fatto, e che sarà oramai quello che dobbiamo santificare con il riposo e con le sante gioie (Mgr PIE, Disc, et Inst. III, 388.) – Che questo giorno sia anche il nostro primo giorno, che questo giorno ci colmi di gioia; che questo giorno sia per noi un giorno di allegria e di santificazione, in cui diremo con Davide: « È questo il giorno fatto dal Signore; rallegriamoci e trasaliamo di felicità in questo giorno. » È il giorno della Trinità adorabile; il Padre vi appare con la creazione della luce, il Figlio con la sua rRsurrezione, e lo Spirito-Santo con la sua discesa. O santo giorno, o giorno felice, possa tu essere sempre la vera Domenica, il vero giorno del Signore per la nostra fedele osservanza, come Tu lo sei per la santità della tua istituzione!  (Bossuet, Elev. III, S, VII, E.)

ff. 25, 26. – « O Signore, salvatemi, fate prosperare il viaggio. » Poiché è il giorno di salvezza, salvatemi; affinché al ritorno dal nostro esilio lontano, saremo separati da coloro che odiavano la pace, e mentre noi siamo pacifici verso di loro, essi ci attaccano senza motivo: mentre noi parliamo loro piacevolmente, rendete prospero il viaggio del nostro ritorno, poiché Voi vi siete fatto nostra via. (S. Agost.). Esistono tre tipi di prosperità: le battaglie nella pienezza della vittoria: « Nella vostra maestà avanzate, siate felice e stabilite il vostro regno con la verità » (Ps. XLIV, 5); la prosperità della via, per la grazia che ci è accordata: « Il Dio che ci salva ci renderà felice la via in cui camminiamo, » (Ps. LXVII, 20); la prosperità della patria, in cui Dio ci ricolmerà di gloria. « l’Agnello che è in mezzo al trono sarà loro pastore, e li condurrà alle fontane di acqua viva, e Dio asciugherà dai loro occhi tutte le lacrime. » (Apoc. VII, 17). – I Giudei applaudirono a Gesù-Cristo entrando da Gerusalemme, e gridavano. « Benedetto Colui che viene nel nome del Signore, » e pochi giorni dopo ne chiesero la morte. Un grande numero di Cristiani credono che Gesù-Cristo sia venuto nel Nome di Dio, e non praticano ciò che è venuto ad insegnare. Non è dunque sufficiente dire. « Benedetto Colui che viene nel nome di Dio », bisogna chiedere perché Egli venga e cosa sia venuto ad insegnare. – Le benedizioni sono date qui, non dalla terra, ma dalla casa di Dio; è la Chiesa che ne è la depositaria, e le distribuisce nel Nome di Gesù-Cristo, che l’ha stabilita. Se si è fuori da questa casa, non si può aver parte alle sue benedizioni (Berthier).

ff. 27-29. – « Il Signore è Dio, Egli ha fatto brillare la sua luce su di noi. » Dio non ha potuto trattare in modo più sfavorevole le anime che i corpi, il mondo spirituale che il mondo fisico. È lo stesso Dio che effonde la luce sul firmamento spirituale, e che la versa con più profusione, su una creazione più elevata, su di un mondo più prezioso, il mondo delle anime. Il bagliore della verità: « Lo stesso Dio – dice San Paolo – che ha comandato alla luce di fendere le tenebre e di risplendere, lo stesso Dio risplende nei nostri cuori (II Cor. IV, 6); « la grazia di Dio nostro Signore si è manifestata a tutti gli uomini, per insegnarci a rinunziare all’empietà ed ai desideri del secolo, e perché noi vivessimo quaggiù con sobrietà, con giustizia e con pietà nell’attesa del gran Dio e nostro Salvatore Gesù-Cristo » (Tito, II, 11, 12). Questa festa solenne, queste tende ombreggiate da foglie d’alberi fino ai coni dell’altare, mi avvertono di considerare nella Religione come un celebrare una festa continua. Non si tratta di mettersi in pompa, di praticarvi esercizi di grande splendore: la Chiesa, in certi giorni, non dimentica di colpire gli occhi dei suoi figli con l’apparato delle sue cerimonie; ma il Cristiano, penetrato dalla grandezza dei misteri della Religione, li riverisce tutti i giorni nel segreto del suo cuore, nel silenzio della preghiera; egli entra, per così dire, nella nube del Signore, si nasconde all’ombra delle sue ali, vi offre un sacrificio perpetuo di azioni di grazie, si immola incessantemente sull’altare dell’amore divino. Le anime favorite da un dono di orazione concepiscono bene questa solennità perpetua, come un’oscurità misteriosa, questo altare sempre eretto nel loro cuore. In qualunque posto voi siate – diceva San Crisostomo – e pregate, voi siete un tempio, voi portate dappertutto il vostro altare. (Berthier). – Voi siete il mio Re ed il mio Dio, perché non è il peccato, ma Voi che regnate su di me. Voi siete il mio Dio, perché io non sono di coloro che hanno per loro Dio il proprio ventre ed i loro istinti grossolani; perché Voi siete la stessa virtù, ed io desidero avere tutte le virtù. È per questo che Voi siete il mio Dio, vale a dire la mia virtù (S. Gerol.). – La fine di questo salmo è pieno di sentimento: « O Signore, Voi siete il mio Dio! » Chi merita più di Voi le mie adorazioni e la mia riconoscenza? Voi mi avete esaudito, Voi mi avete liberato dai nemici che mi perseguitavano, Voi siete la bontà essenziale, e la vostra misericordia è senza limiti. L’essenza e le perfezioni di Dio, sono l’oggetto di questi versetti. Egli è l’Eterno, il Dio forte, il solo degno delle adorazioni di tutte le creature.  

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.