SALMI BIBLICI: “CREDIDI, PROPTER QUOD LOCUTUS SUM” (CXV)

SALMO 115: “CREDIDI, propter quod locutus sum”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 115

Alleluja.

[1]  Credidi, propter quod locutus sum;

ego autem humiliatus sum nimis.

[2] Ego dixi in excessu meo: Omnis homo mendax.

[3] Quid retribuam Domino pro omnibus quæ retribuit mihi?

[4] Calicem salutaris accipiam, et nomen Domini invocabo.

[5] Vota mea Domino reddam coram omni populo ejus.

[6] Pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum ejus.

[7] O Domine, quia ego servus tuus; ego servus tuus, et filius ancillæ tuæ. Dirupisti vincula mea:

[8] tibi sacrificabo hostiam laudis, et nomen Domini invocabo.

[9] Vota mea Domino reddam in conspectu omnis populi ejus;

[10] in atriis domus Domini, in medio tui, Jerusalem.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO CXV.

Ringraziamento a Dio per la vita eterna, che Il profeta, in isperanza, già cominciò a posseder. Gli Ebrei perciò fanno di questo un Salmo solo con il precedente, che è sospiro della vita eterna. Rende grazie a Dio della sua liberazione . Conviene ai Martiri di Cristo.

Alleluja: Lodate Dio.

1. Credetti: per questo parlai; ma io fui umiliato oltremodo.

2. lo dissi nella mia perturbazione: tutti gli uomini son mendaci.

3. Che renderò io al Signore per tutte le cose che egli ha date a me?

4. Prenderò il calice di salute, e invocherò il nome del Signore. (1)

5. I voti da me fatti al Signore scioglierò alla presenza di tutto il suo popolo:

6. preziosa nel cospetto del Signore è la morte dei santi suoi. (2)

7. Perché io, o Signore son tuo servo; io tuo servo, e figliuolo di tua ancella. (3)

8. Tu hai spezzate le mie ritorte: a te sacrificherò ostia di lode, e invocherò il nome del Signore.

9. Scioglierò i voti fatti da me al Signore alla presenza di tutto il suo popolo,

10. nell’atrio della casa del Signore, in mezzo a te, o Gerusalemme.

(1) Il Profeta fa qui allusione alla coppa ove era il vino che nella oblazione accompagnava i sacrifici di azioni di grazie, ove al calice che si chiamava il calice di azioni di grazie, che il padre di famiglia prendeva e faceva passare in circolo durante i pasti che si tenevano in seguito all’oblazione dei sacrifici di azioni di grazie e dal quale si beveva per onorare e lodare Dio.

(2) La morte dei santi è cosa preziosa agli occhi del Signore, cioè, secondo il senso adottato da diversi interpreti, Egli non abbandona la loro vita alla mercé dei malvagi, perché noi non diamo facilmente ciò che è prezioso ai nostri occhi

(3) «  Io sono Vostro servitor e figlio della vostra serva. » Tutti i Giudei si glorificavano di essere figli di Abramo  (Giov. VIII, 33, 37, 39). Io sono il vostro servo, ancor più io sono nella vostra casa, e di una madre già vostra serva ella stessa; di conseguenza la vostra schiava ha una perpetuità come i figli degli schiavi che erano nati nella casa erano in perpetuo schiavi del loro padrone.

Sommario analitico

Il Salmista parla qui a nome di Dio prorompendo in un canto di riconoscenza, e promette di adempiere ai voti che ha fatto, durante l’esilio, al Dio che ha spezzato i suoi legami, ed offrirgli solennemente in Gerusalemme dei sacrifici di lode. In un senso più elevato, e secondo il sentimento più autorizzato e più probabile, parla anche a nome dei martiri perseguitati per la causa di Dio, e fa vedere:

I. – La loro fede prima del combattimento

1° La forza con la quale essi fanno professione di fede; 2° l’umiltà che fa loro accettare tutti gli oltraggi per la causa della fede (1);

3° Il dono della contemplazione che li eleva ai di sopra di tutte le cose della terra, e dà loro una conoscenza perfetta della vanità degli uomini (2).

II. – La loro costanza in mezzo al combattimento che:

1° Ha come fondamento il desiderio di rispondere ai benefici di Dio (3);

2° Scoppia nell’ardore che essi testimoniano nel bere il calice delle loro sofferenze (4);

3° Si appoggia sull’invocazione del Nome di Gesù in mezzo ai tormenti, e non sulla loro forza (4);

4° Promette di compiere i voti fatti a Dio (5).

5° Stima gloriosa la morte sofferta per il nome di Gesù-Cristo (6);

III. – La loro riconoscenza dopo il combattimento

1° Essi proclamano che Dio è loro Signore, offrendogli il loro sacrificio di lode, ed invocandone frequentemente il Nome (7,8);

2° Essi compiono le promesse che hanno fatto: – a) in presenza di tutto il popolo; – b) nel sagrato della casa di Dio; – c) in mezzo alla celeste Gerusalemme (9, 10).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1, 2.

ff. 1, 2. – Il fuoco che avvolge un cuore non può restarvi rinchiuso per molto tempo; bisogna che faccia irruzione all’esterno e spanda le sue fiamme su ciò che lo circonda. Così, vedete la fede del Profeta, parlando a nome dei martiri; è un fuoco brillante che sfugge dal cuore con queste parole. « Io ho creduto, perciò ho parlato. » Cosa vogliono dire queste parole: « Io ho creduto, perciò ho parlato? » Il salmista  non aveva ancora detto nulla, ma ha fatto allusione al linguaggio interiore che aveva rivolto a se stesso, e che può tradursi così: Ricordando in me le calamità e gli infortuni dei giudei, questa intera distruzione e questo annientamento senza ritorno della loro nazione, lontano dal disperare il vedere per essi giorni migliori, io ne ho fatto l’oggetto delle mie speranze, e le ho annunziate, ne ho parlato pubblicamente, ne ho parlato sotto ispirazione della fede (S. Chrys.). – « Io ho veduto, perciò ho parlato. » Ecco la fede perfetta, perché non hanno una fede perfetta coloro che rifiutano di professare ciò in cui credono. E Davide non dice solamente: « Io ho creduto ed io ho parlato », ma dichiara che ha parlato perché ha creduto. (S. Agost.). – Necessità di professare esternamente la fede che abbiamo nel cuore: « bisogna credere con il cuore per ottenere la giustizia, e confessare con la bocca per ottenere la virtù. » (Rom. X, 10). « Giudicate se sia giusto davanti a Dio obbedire a voi piuttosto che a Dio (Act. X, 20). – Coloro che non professano la verità che credono, sono pure colpevoli e degni di riprovazione, come coloro che non credono la verità che hanno sulle labbra (S. Agost., S. Prosp.). – « Io ho creduto, ecco perché ho parlato. » Cosa ha creduto? La verità che ha enunciato nel versetto precedente (nell’ebraico, questo salmo è congiunto al precedente, cosa che si accorda molto bene con il suo soggetto). « Sarò gradito al Signore nella regione dei viventi. » Ecco ciò che ho creduto e che ho professato altamente. « Ma per me, io sono stato nella più profonda umiliazione. » O intelligenza profonda della divina parola! Io ho creduto – egli dice – che sarò gradito al Signore, che diventerò un angelo, che abiterò i cieli, che non mi sia mai inorgoglito; io non mi sono elevato, ma sono stato profondamente umiliato; perché se io entro nella regione dei viventi, è alla misericordia di Dio che sarò riconoscente. Per me, io mi ritengo essere terra e cenere … Io so che, secondo la condizione del mio corpo mortale, non sono niente; non c’è nessuna verità nella sostanza del mio corpo, non è se non come ombra e menzogna. (S. Gerol.) – « Io ho creduto, ed è per questo che ho parlato ». Spesso non c’è bisogno che di una parola ad un uomo al quale la reputazione, l’erudizione, il genio, la posizione, il carattere dà un certo credito nel mondo, per mantenere o per fortificare la fede e la religione negli spiriti prevenuti in suo favore e disposti ad ascoltarlo. È ciò che aveva così ben compreso il Profeta reale, e che noi stessi dobbiamo concludere, dicendo come lui: « Io ho creduto e non mi sono fermato là. » Io non ho cercato di dissimulare i miei sentimenti, né la mia credenza; io non ho avuto paura di esserne stato istruito e di aver conosciuto; ma nella persuasione che ne ho avuto e nella quale ancora sono, io devo questo omaggio alla verità e questa riconoscenza ai benefici del Maestro che me l’ha rivelato, io ne sono più esplicito nei miei discorsi e nella mia condotta (Bourd., Zèle pour l’honneur de la Rel.). Il salmo precedente comincia con « Io ho amato », e questo con: « Io ho Creduto »; il precedente con una ferma speranza di essere esaudito in conseguenza dell’amore, e questo con una confessione autentica della verità, come conseguenza della fede. Ecco tutta la religione. Sembrava essere sorprendente che il primo pensiero fosse l’amore, ma questo ci insegna una grande verità (spesso riprodotta in San Agostino), che il cuore non va mai verso la vera fede se non quando non sia inclinato dalla grazia, la quale tende sempre all’amore. (Berthier). – « Quanto a me, io sono stato umiliato all’eccesso. » In effetti egli ha sofferto numerose afflizioni a causa della parola di Dio che osservava fedelmente e che dispensava fedelmente, ed è stato oberato di umiliazioni, prove che temevano coloro che hanno preferito la gloria che viene dall’uomo alla gloria che viene da Dio. E cosa significano queste parole: « … Quanto a me? » se non che un uomo può essere ben umiliato da coloro che contraddicono la verità, ma non la verità che egli crede e che proclama? È quanto faceva dire all’Apostolo parlando delle sue catene: « Ma la parola di Dio non può essere incatenata. » (II Tim. II, 9). – Ugualmente il Profeta, figura dei santi testimoni, cioè dei martiri di Dio, ha detto: « Io ho creduto, ecco perché ho parlato, e quanto a me, io sono stato umiliato all’eccesso; ma ciò a cui ho creduto, la parola che ho predicato, non è stata umiliata. » – « Ed io ho detto nella mia estasi: » Egli chiama estasi lo spavento che avverte la debolezza umana alle minacce dei persecutori ed all’avvicinarsi delle sofferenze he causano i supplizi o la morte. (S. Agost.). – Io ho detto nel turbamento del mio spirito, nell’eccesso del mio dolore, nell’estremo del mio infortunio: « Ogni uomo è mendace. » Tale è in effetti la potenza della fede; essa è come un’ancora sacra che sostiene l’anima che vi si attacca, e questa potenza appare soprattutto quando in mezzo alle prove più difficili della vita, persuade colui che riceve le sue ispirazioni ad aspettare il compimento delle magnifiche speranze che essa gli dona, respingendo i ragionamenti umani che non possono che disturbarla.(S. Chrys.). – Ebbene il Profeta è rapito in estasi, per levarsi alla conoscenza della regione dei viventi, e questo è un pensiero da comparare con le grandezze di questa regione beata che gli avrebbe strappato questa confessione: tutto ciò che gli uomini raccontano della felicità umana non è che menzogna. Trasportato dal Signore nelle sfere elevate dello spirito in cui mi sono ritirato, e vedendo quanto sono falsi e mendaci i beni che gli uomini considerano solidi ed inalterabili, io ho detto: « ogni uomo che parla di felicità con umana compiacenza, e fa gran conto dei beni mortali e deperibili, è mendace. » (Euthym.). – Tutto è verità in Dio, tutto è menzogna nell’uomo! Egli inganna gli altri con la sua vita, le sue azioni, le sue parole; inganna se stesso con l’erranza dei suoi pensieri, la falsità dei suoi giudizi, e la sregolatezza dei suoi desideri. Egli sembra volere ingannare Dio con la sua ipocrisia, ma inganna se stesso; e così è mendace davanti a Dio e davanti agi uomini (Duguet). – Gli antichi dicevano: « L’errare è dell’uomo; » « … errare humanum est; » ed il salmista ha detto meno tristemente: « ogni uomo è mendace. » Anche quando è sincero, il maestro umano non cessa dall’essere ingannato dalla propria scienza. Egli sa l’indomani ciò che ignorava al la veglia; egli si riprende, si corregge, è tutto il progresso dell’uomo e tutto il cammino della scienza. (PerreyveEntret. sur l’Egl. Cath.). – È dunque vero che ogni uomo è mendace; ma d’altra parte questa parola è egualmente vera: « Io ho detto: voi siete tutti dei e figli dell’Altissimo. » Dio consola gli umili e li riempie non solo di fede per credere la verità, ma ancora di coraggio per la confessione, visto che perseverano nella loro sottomissione verso Dio, e che non imitano il demonio, uno dei principi del cielo, che non si è tenuto fermo nella verità, e che è caduto. Se in effetti, ogni uomo è mendace, essi cesseranno di essere mendaci quando cesseranno di essere uomini, perché saranno dei e figli dell’Altissimo. (S. Agost.). – Finché siamo uomini, noi siamo mendaci; quando diventiamo degli dei, cessiamo di mentire. Con la contemplazione delle cose divine, ci trasformiamo in dei; la nostra intelligenza si eleva all’altezza delle cose che essa contempla. Diventate santi e diventate Dio, per così dire, ed una volta che partecipate della natura divina, cessate di essere uomini e di essere mendaci (S. Gerol.).

II. – 3-6.

ff. 3-6. – Il Re-Profeta fa uscire il prezzo del beneficio, non solo dalla sua grandezza naturale, ma dall’indegnità di colui che lo riceve.  È in altri termini, la stessa verità che esprime in un altro salmo, quando dice: « Che cos’è l’uomo perché vi ricordiate di lui, ed il figlio dell’uomo perché vi degniate di visitarlo? » (Ps. VIII, 5). Ciò che raddoppia in effetti il prezzo dei benefici, è il loro valore intrinseco, ed il niente di colui che li riceve, e questa circostanza che ingrandisce il beneficio, deve aumentare anche la riconoscenza. Cosa renderò al Signore, « … che ha scelto l’uomo che non è che menzogna, misero e niente, per colmarlo di così gradi benefici? » (S. Chrys.). – Il salmista non dice: per tutto ciò che mi ha dato, ma: « Per tutto ciò che mi ha reso. » In cosa dunque l’uomo ha prevenuto Dio, perché si possano chiamare i benefici di Dio, non una donazione, ma una retribuzione? Cos’è dunque che ha prevenuto i benefici di Dio, da parte dell’uomo, se non il peccato? Dio ha dunque reso il bene per il male, Egli al quale gli uomini rendono il male per il bene. (S. Agost.). – Cosa render che sia degno del Signore per tanti benefici? Tutto ciò che potrò dargli mi viene da Lui, e gli restituisco dei beni piuttosto che donarglieli. Io non ho nulla che possa rendergli, se non spandere il mio sangue per Lui, essere martire per la sua gloria. È la sola cosa che possa offrirvi di degno, … darvi il mio sangue in cambio del sangue che Voi avete versato. Noi che siamo stati liberati, riscattati dal nostro Salvatore, siamo pronti a versare il nostro sangue per Lui … « Io prenderò il calice di salvezza ed invocherò il nome del Signore. » Nell’ebraico c’è: io prenderò il calice di Gesù, vale a dire del Salvatore. Qual è questo calice di Gesù? « Padre mio, se è possibile, che passi da me questo calice. » (Matth., XX). Ed ancora: « Potete voi bere questo calice? » per farci comprendere che il calice della sua passione è il martirio. È una gran cosa il martirio. Come è una gran cosa? Perché l’uomo vi rende a Dio ciò che ha ricevuto da Lui: Gesù-Cristo ha sofferto per lui, ed egli soffre per il Nome di Gesù-Cristo … Ma cosa c’è qui di simile? Un Dio ha sofferto per gli uomini, il Signore per i servi, il Giusto per i peccatori. Dov’è qui la similitudine? Ma siccome il servitore è qui nell’impotenza di rendere altra cosa al suo Signore, Dio, pieno di clemenza e di condiscendenza, riceve il martire come cosa uguale a ciò che Egli ha donato … Ma questo calice del martirio non dipende dalle mie forze; solo la grazia di Dio può rendermi capace di berlo. Io non posso dunque berlo se non dopo avere invocato il Nome del Signore, è Gesù che trionfa, è Gesù che viene coronato nel suo martirio. (S. Girol.). – Colui che parla in questo Salmo cerca dunque ciò che può rendere al Signore e non trova niente se non qualcosa che il Signore stesso gli abbia reso. « Io riceverò – egli dice – il calice di salvezza, ed invocherò il Nome del Signore. » O uomo, mendace per il tuo peccato, veridico per la grazia di Dio, elevato da questa stessa grazia al di sopra dell’uomo, chi ti ha dato il calice di salvezza che tu puoi, dopo averlo ricevuto ed invocando il suo Nome santo, rendergli per tutti i beni che Egli stesso ti ha reso? Chi? Se non Colui che ha detto: « Potete bere il calice che Io berrò? » (Matth. XX, 22); chi ti ha dato la forza di imitare le sue sofferenze se non Colui che per primo ha sofferto per te? (S. Agost.). – Il Profeta era già in quel tempo e prima della nascita del Messia, un vero Cristiano; tutti i sentimenti erano concordi ai principi del Cristianesimo, e benché non avesse sotto gli occhi la croce di Gesù-Cristo, l’abbracciava già con i suoi desideri, vi si attaccava con la fede che aveva nel Redentore (Berthier). – Siccome il martirio non è un atto che viene dall’uomo, dalla sua virtù, dalla sua forza personale, il Profeta aggiunge: « Ed invocherò il Nome del Signore, » affinché mi dia la grazia di berlo coraggiosamente (S. Gerol.). –  La Chiesa mette queste belle e calorose parole sulla bocca del Sacerdote che sta per consacrare e consumare l’ostia divina; essa le mette anche sulla bocca del fedele che sta per ricevere il Corpo e Sangue di Gesù-Cristo. In questi felici momenti in cui l’anima riceve Gesù-Cristo e si dà a Lui, essa si sente disposta a fare tutto, a soffrire tutto per piacergli e compiere la sua santa volontà, che è che quella che essa esprima ripetendo in quel momento questa nobile dichiarazione. (Rendu). – Questo sacrificio di lode e di azioni di grazie, il Profeta è disposto ad offrirla non in luogo segreto e ritirato, ma pubblicamente, alla vista di tutti, in presenza di tutto il suo popolo, ed anche di fronte ai suoi nemici, dovendo essere la morte il prezzo del suo coraggio, « perché la morte dei Santi è preziosa agli occhi del Signore; » Vale a dire che Dio attribuisce il valore più alto alla morte dei Santi, ricevuti per la gloria e la confessione del suo Nome sacro, come presso gli uomini si stimano le pietre preziose che ornano il diadema dei re, e di cui nulla saprebbe eguagliare il valore (Bellarm.). La morte dei suoi giusti è brillata tra i gioielli più preziosi della sua corona; Egli la considera come la più ricca di tesori che possiede per il diritto del suo amore creatore (Faber., Le Créât, et la créât.). la morte dei suoi giusti è brillata tra i gioielli più preziosi della sua corona; questa morte dei Santi è preziosa davanti a Dio, perché Egli l’ha riscattata con il prezzo del suo sangue, che ha versato prima per la salvezza dei suoi servi, affinché i suoi servi non esitassero a versare il proprio sangue per il Nome del loro Padrone, benché l’utilità della loro morte fosse per se stessi e non per il Signore (S. Agost.). Cosa c’è di più prezioso di una morte che procura questo inestimabile vantaggio che tutti i peccati siano rimessi ed i meriti portati al loro grado più alto (S. Agost., De civit. Dei, c. VII.). – Ciò che rende preziosa davanti a Dio la morte dei Santi, è talvolta la vita, talvolta la causa della morte, altre volte le due cose insieme. Nei confessori che muoiono nel Signore, è la loro vita che rende la loro morte preziosa; nei martiri che muoiono per il Signore, ne è talvolta causa la sola loro morte; talvolta e più spesso ne sono causa e la loro morte ed il merito della loro vita. La morte preceduta, preparata dal merito di una vita santa, è preziosa; più preziosa, la morte sofferta per la causa della fede; ben più preziosa, infine, la morte in cui queste due cause di merito si trovano riunite. (S. BERN. Serm. XXIV ex parv.). « La morte dei giusti è preziosa davanti a Dio. » Questa morte beata arriva in sua presenza: Egli vi presiede con la sua grazia, con i suoi Sacramenti, con le consolazioni che effonde nella loro anima; Egli non risparmia loro i dolori, inseparabili da ogni vita umana che stia per finire; è necessario che ciò che è successo a Gesù-Cristo, accada a loro, che sentano il peso della loro mortalità. Ma questo momento è breve, queste tribolazioni leggera a paragone dell’immensa felicità che è loro riservata (Berthier).

III. — 7-10.

ff. 7-10. –  « Voi avete spezzato le mie catene, Signore, » diceva Davide nei primi momenti della sua liberazione; così, nell’eccesso della gioia e del santo piacere che mi trasporta, il vostro calice non ha più nulla di amaro per me; i doveri più penosi della vostra legge santa, lungi dal sembrarmi onerosi, costituiscono tutta la mia consolazione e le mie delizie più care: « Io prenderò il calice della salvezza. » I discorsi degli uomini invece di abbattere la mia risoluzione, animano la mia fede, e non mi sembrano che discorsi vani e puerili. O Signore, quanto è consolante essere nel numero dei vostri servi, e come mi sembra essere più glorioso contare tra i miei ancestri una sola anima che abbia attrattiva per voi, che una lunga sequela di principi e di conquistatori: « Io sono vostro servo e figlio della vostra serva. » (MASSILL., sur l’inconst., etc.). – Bisogna essere, dice S. Agostino, non solo servi di Dio, ma i figli della serva di Dio, cioè la Chiesa, fuori della quale si invoca invano il Nome di Dio, e si soffre anche invano il martirio. – L’uomo è legato da quattro catene che Dio solo può rompere: quella del proprio corpo, da cui San Paolo desiderava sì ardentemente essere liberato; quella del peccato al quale, secondo lo stesso Apostolo, si obbedisce per la morte; quella della concupiscenza, che faceva gemere sì amaramente questo grande Apostolo; infine quella della tomba, che il profeta chiama i lacci dell’inferno. Dio rompe la prima di queste catene, e nessuno ha il potere, né il diritto di accelerare o ritardare il momento della sua liberazione. Gesù-Cristo ha rotto la seconda facendosi vittima del peccato; non si tratta dunque che di raccogliere i frutti di questo grande sacrificio. La terza non si rompe interamente se non al momento della morte, ma la grazia di Gesù-Cristo diminuisce il peso per l’anima fedele che lo invoca con fiducia. L’ultima non si romperà che nel giorno della resurrezione generale, e sarà l’effetto della onnipotenza di Colui che dà la morte e che vivifica. (Berthier). – Questo sacrificio di lode è comune sia ai martiri che ad ogni anima consacrata a Dio. I martiri lodano il Signore: così i religiosi e le anime consacrate a Dio, che cantano notte e giorno le lodi del Signore. Devono avere la stessa purezza, perché sono anche martiri in un senso vero; ciò che gli Angeli fanno nel cielo, i martiri lo fanno sulla terra (S. Gerol.). – L’obbligo di acquistarsi dei voti che si sono fatti, è qui ripetuto per farne vedere l’importanza, principalmente quando si sia ricevuto da Dio qualche favore o che si sia ottenuto ciò che gli si domandava. Occorre farlo davanti al mondo, particolarmente quando si è obbligati a dare il buon esempio, e farlo nella Chiesa Cattolica, che è la casa del Signore. – Noi abbiamo un Padre che è Dio, abbiamo una madre che è la Chiesa; l’uno e l’altra sono eterni, ed è per questo che ci hanno generato alla vita che non ha fine. (S. Agost.). – Colui che mangia l’agnello fuori dalla casa di cui Pietro è il fondamento, non può essere che un  profano; egli si perderà come tutti coloro che non furono nell’arca di Noè durate il diluvio (S. Gerol.). – Coloro che compiono questi doveri fuori dalla Chiesa Cattolica non compiono niente; gli eretici possono essere uccisi, ma non saranno mai coronati; la loro morte non è la corona della fede, ma il castigo della perfidia. (S. CIPRIANO, de Unit. Eccl.). – Quando Davide diceva: io offrirò i miei voti al Signore, ma li offrirò in presenza di tutto il suo popolo, nella cinta del suo tempio, in mezzo a Gerusalemme, pretendeva fare qualcosa di più grande grande di quanto avrebbe potuto formare nel segreto del suo cuore. Ed in effetti, un voto solenne è ben diverso da un voto particolare in segreto, perché la Chiesa accetta l’uno e non accetta l’altro, ratifica l’uno e non ratifica l’altro, obbliga se stessa nell’uno e non si obbliga nell’altro, circostanze ben rimarchevoli in materia di voto.  (BOURD., Alliance de l’âme relig. avec Dieu.)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.