SALMI BIBLICI: “CONFITEMINI DOMINO, ET INVOCATE NOMEN EJUS” (CIV)

SALMO 104: “Confitemini Domino, et invocate nomen ejus”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 104

Alleluja.

[1] Confitemini Domino, et invocate nomen ejus;

annuntiate inter gentes opera ejus.

[2] Cantate ei, et psallite ei; narrate omnia mirabilia ejus.

[3] Laudamini in nomine sancto ejus; lætetur cor quærentium Dominum.

[4] Quærite Dominum, et confirmamini; quærite faciem ejus semper.

[5] Mementote mirabilium ejus quae fecit, prodigia ejus, et judicia oris ejus.

[6] Semen Abraham, servi ejus; filii Jacob, electi ejus.

[7] Ipse Dominus Deus noster; in universa terra judicia ejus.

[8] Memor fuit in sæculum testamenti sui; verbi quod mandavit in mille generationes;

[9] quod disposuit ad Abraham, et juramenti sui ad Isaac;

[10] et statuit illud Jacob in præceptum, et Israel in testamentum æternum:

[11] dicens: Tibi dabo terram Chanaan, funiculum hæreditatis vestræ;

[12] cum essent numero brevi, paucissimi et incolæ ejus.

[13] Et pertransierunt de gente in gentem, et de regno ad populum alterum.

[14] Non reliquit hominem nocere eis; et corripuit pro eis reges.

[15] Nolite tangere christos meos, et in prophetis meis nolite malignari.

[16] Et vocavit famem super terram; et omne firmamentum panis contrivit.

[17] Misit ante eos virum; in servum venundatus est Joseph.

[18] Humiliaverunt in compedibus pedes ejus; ferrum pertransiit animam ejus;

[19] donec veniret verbum ejus, eloquium Domini inflammavit eum.

[20] Misit rex, et solvit eum; princeps populorum, et dimisit eum.

[21] Constituit eum dominum domus suæ, et principem omnis possessionis suæ;

[22] ut erudiret principes ejus sicut semetipsum, et senes ejus prudentiam doceret.

[23] Et intravit Israel in Ægyptum; et Jacob accola fuit in terra Cham.

[24] Et auxit populum suum vehementer, et firmavit eum super inimicos ejus.

[25] Convertit cor eorum, ut odirent populum ejus, et dolum facerent in servos ejus.

[26] Misit Moysen, servum suum, Aaron quem elegit ipsum.

[27] Posuit in eis verba signorum suorum, et prodigiorum in terra Cham.

[28] Misit tenebras, et obscuravit; et non exacerbavit sermones suos.

[29] Convertit aquas eorum in sanguinem, et occidit pisces eorum.

[30] Edidit terra eorum ranas in penetralibus regum ipsorum.

[31] Dixit, et venit cœnomyia, et ciniphes in omnibus finibus eorum.

[32] Posuit pluvias eorum grandinem, ignem comburentem in terra ipsorum.

[33] Et percussit vineas eorum, et ficulneas eorum, et contrivit lignum finium eorum.

[34] Dixit, et venit locusta, et bruchus cujus non erat numerus;

[35] et comedit omne foenum in terra eorum; et comedit omnem fructum terræ eorum.

[36] Et percussit omne primogenitum in terra eorum, primitias omnis laboris eorum.

[37] Et eduxit eos cum argento et auro, et non erat in tribubus eorum infirmus.

[38] Lætata est Ægyptus in profectione eorum, quia incubuit timor eorum super eos.

[39] Expandit nubem in protectionem eorum, et ignem ut luceret eis per noctem.

[40] Petierunt, et venit coturnix, et pane cœli saturavit eos.

[41] Dirupit petram, et fluxerunt aquae, abierunt in sicco flumina;

[42] quoniam memor fuit verbi sancti sui, quod habuit ad Abraham, puerum suum.

[43] Et eduxit populum suum in exsultatione, et electos suos in lœtitia.

[44] Et dedit illis regiones gentium, et labores populorum possederunt:

[45] ut custodiant justificationes ejus, et legem ejus requirant.

SALMO CIV

Titolo del Salmo è Alleluia “lodate il Signore”, come lo è degli altri due Salmi che seguono; poiché in questi si narrano i beneficii di Dio al suo popolo, pei quali è Dio degno di ogni lode. Presso gli Ebrei l’Alleluia è in finti del Salmo superiore. — Ma i LXX e la Chiesa, a ragione, lo pongono in capo dei Salmi suddetti.

Alleluja, (cioè) lodate il Signore,

1. Date lode al Signore, e invocate il suo nome; annunziate le opere di lui tra le genti.

2. Cantate la gloria di lui sugli strumenti di musica, raccontate tutte le sue meraviglie.

3. Gloriatevi nel santo nome di lui; sia nell’allegrezza il cuore di quelli che cercano il Signore.

4. Cercate il Signore, e fatevi forti; cercate mai sempre la sua presenza.

5. Ricordatevi delle meraviglie che egli fece: de’ suoi prodigi, delle leggi ch’ei pronunziò di sua bocca,

6. O voi seme di Abramo, servi di lui; o voi figliuoli di Giacobbe, gli eletti di lui.

7. Egli il Signore Dio nostro; i giudizi di lui sono noti a tutta quanta la terra.

8. Egli si è ricordato sempre della sua all’alleanza: della parola fermata da lui per mille generazioni.

9. Della parola ch’ei diede ad Abramo, e del giuramento suo ad Isacco.

10. Giuramento ch’ei confermò quasi legge a Giacobbe, e ad Israele qual patto sempiterno;

11. Dicendo: A te darò la terra di Chanaan, divisa come vostra eredità.

12. Benché e’ fossero in piccol numero, pochissimi di numero, e in essa stranieri:

13. E passarono da una nazione ad un’altra, e da un regno ad un altro popolo. (1)

14. Non permise che uomo facesse loro alcun male, e per essi castigò de’ re. (2)

15. Non toccate i miei cristi, e non malignate contro de’ miei profeti.

16. E chiamò sulla terra la fame, e tolse tutto il sostegno del pane. (3)

17. Mandò avanti di lui un uomo: Giuseppe fu venduto per ischiavo. (4)

18. Lo umiliarono inceppandogli i piedi; il ferro trapassò l’anima di lui,

19. fino a tanto che si adempisse la sua parola. La legge del Signore lo avea messo nel fuoco;

20. il re mandò a scioglierlo: il principe de’ popoli lo liberò.

21. Lo costituì padrone della sua casa, e principe di quanto ei possedeva.

22. Affinché egli sua sapienza comunicasse ai suoi grandi, e al senato di lui insegnasse prudenza. (5)

23. E Israele entrò nell’Egitto, e Giacobbe pellegrinò nella terra di Chain.

24. E (Dio) moltiplicò grandemente il popol suo, e lo rendette più forte de’ suoi nemici.

25. Ei cangiò il cuor di coloro, perché prendesser in odio il popol suo e facesser soverchieria a’ suoi servi.

26. Spedi il suo servo Mosè, e Aronne, cui pur egli elesse.

27. E pose nelle lor mani i suoi miracoli, e i prodigi da farsi nella terra di Cham.

28. Mandò le tenebre, e tutto fu oscurità; ed egli non rendette vane le sue parole. (6)

29. Cangiò in sangue le loro acque, e uccise i loro pesci.

30. La terra mandò fuora i ranocchi nelle più segrete stanze de’ regi stessi.

31. A una sua parola venner le mosche e i mosconi per tutto quanto il loro paese.

32. Mutò in grandine le loro pioggia: piovve sulla loro terra un fuoco divoratore.

33. E percosse le loro viti e le loro e fece in pezzi le piante delle loro re.

34. A una parola di lui venne la lo il bruco, ed erano senza numero;

35. E mangiaron tutta l’erba de’ lor reni, e mangiarono tutti i frutti dei loro campi.

36. E percosse tutti i primogeniti nel terra, le primizie di lor robustezza.

37. E menò via Israele coll’argento l’oro; e nelle lor tribù non era un malato.

38. Si rallegrò della loro partenza l’Egitto perché era sopraffatto dal timore che aveva di essi.

39. Stese una nuvola che li coprisse e fe’ che il fuoco gl’illuminasse di notte.

40. Chiesero e venner le quaglie; e li iniziò con pane del cielo.

41. Fendette la pietra, e scorser le sgorgaron fiumi in un luogo di siccità.

42. Perché  egli ebbe memoria di questa santa parola, detta ad Abramo suo servo.

43. E il suo popolo trasse fuora tutto esultante, e i suoi eletti pieni di allegrezza.

44. E diede loro i paesi delle nazioni, furon padroni delle fatiche dei popoli,

45. Affinché  osservino i suoi comandamenti e amino la sua legge.

(1) De gente in gentem, dalla Palestina in Egitto.

(2) Allusione al modo in cui Dio libererà Sara dalle mani di Abimelech e del faraone e Rebecca dalle mani di Abimelech.

(3) In ebraico: Omnem baculum panis, il pane è chiamato bastone, perché sostiene coloro che se ne nutrono, come il bastone sostiene coloro che vi si appoggiano.

(4) Egli fu gettato ai ferri finché non si fu compiuta la profezia che aveva fatto al gran panettiere, ed al gran coppiere del faraone.

(5) In modo tale che rese tutti I suoi principi dipendenti di Giuseppe, e Giuseppe formò in saggezza tutti gli anziani del faraone.

(6) Non exacerbavit, significa: Dio non ha annullato le sue parole.

(7) In tutte le tribù di Israele non si trovò un solo malato che fosse obbligato a restare in Egitto.

Sommario analitico

Questo salmo, che è come il seguito del salmo CIII, il salmista, dopo aver raccontato le meraviglie della creazione, mostra quelle della Provvidenza nel governo del popolo di Dio; il Profeta, ricorda la condotta paterna e provvidenziale di Dio nei riguardi del suo popolo. (I Paralip. ,XVI, 8-23) – [I primi quindici versetti di questo salmo si leggono nel primo libro dei Paralipomeni (XVI, 8-23); vi sono riportati come cantati alla traslazione dell’arca. È dunque probabile che siano stati composti da Davide stesso. Quanto al resto del salmo, non è certo che sia dello stesso periodo e dello stesso autore. Tuttavia, malgrado l’opinione di qualche esegeta che ne sposta la composizione a dopo la cattività, crediamo che l’uniformità dello stile sia una ragione per credere che sia interamente del medesimo autore.]

I. – Esorta gli israeliti a lodare, a celebrare Dio:

1° In parole, – a) per la confessione e la riconoscenza del suo sovrano ambito; – b) con l’invocazione del suo nome (1); – c) annunciando in pubblico le sue opere (2);

2° Nelle loro opere, – a) praticando delle virtù degne di lui; – b) applicandosi a cercare Dio con generosità (3, 4);

3° Nei loro pensieri: – a) conservando un vivo ricordo dei suoi benefici e dei suoi precetti (5).

II. – Gli fa conoscere le ragioni di questo dovere, che invita ad adempiere, che sono cioè i benefici di Dio:

1° Prima della loro entrata in Egitto: – a) l’alleanza fatta con Dio l’Onnipotente, con Abramo, Isacco e Giacobbe e la loro posterità, e la promessa che fece loro di donare la terra di Canaan (6-12); – b) la protezione con cui li ricoprì durante il loro viaggio (13-25); – c) la cura con la quale provvide alla sussistenza dei patriarchi durante la carestia, con la venuta di Giuseppe, la sua prigionia e la sua elevazione in Egitto (16-22);

2° Durante il loro soggiorno in Egitto: – a) la libertà che fu loro data dello stabilirsi in Egitto, la loro crescita, ed infine i prodigi operati da Mosè, la libertà che ottiene di uscire dall’Egitto con le ricchezze degli Egiziani (23-38);

3° Dopo la loro uscita dall’Egitto, – a) il loro viaggio miracoloso attraverso il deserto; – b) i prodigi operati in loro favore, la colonna di nubi e fuoco, il nutrimento che venne loro dal cielo, e l’acqua che zampillò miracolosamente dalla roccia, per la ragione di questi benefici passati e a venire, che è la promessa fatta ad Abramo (39-42);

4° Nella loro entrata nella terra di Chanaan: – a) Dio li mette in possesso di questa terra, tra i trasporti della più viva allegrezza (43-44). Il disegno di Dio, colmando così il suo popolo di benefici, era di renderlo fedele alle leggi che Egli gli donava (45).

Spiegazioni e Considerazioni (1)

I. — 1-5.

(1) N. B. Questo salmo ed i due seguenti, essendo per lo più una enumerazione dei benefici di Dio al suo popolo, dei suoi lamenti, della sua ingratitudine, della sua idolatria e dei suoi castighi che ne furono la giusta punizione, non hanno bisogno se non di un’analisi ragionata alla quale ci contentiamo di aggiungere qualche riflessione che sono un riassunto sommario della dottrina dei Padri.

ff. 1-5. – Tre sono i grandi oggetti dei nostri doveri: Dio, noi stessi, ed il nostro prossimo.  1° Noi dobbiamo offrire a Dio il tributo delle nostre lodi; 2° dobbiamo chiedergli le sue grazie; 3° dobbiamo far conoscere agli altri i doni di Dio. Noi compiamo il primo dovere con la fede, il secondo con la speranza, la terza con la carità. Aggiungiamo uno zelo puro e disinteressato, che non ci faccia cercare la nostra gloria, ma quella di Dio. Tale è il soggetto del salmo, come enunciano i primi tre versetti. – C’è una specie di gradazione in questo invito del Profeta: riconoscere dapprima la grandezza di Dio, e concepire delle idee sublimi della sua potenza, della sua maestà, della sua eternità, di tutto il suo essere. – Questo primo esercizio ci condurrà facilmente ad invocare il suo santo Nome, perché la conoscenza del bisogno che noi abbiamo della sua protezione ci porterà senza sforzo ad implorare il suo soccorso. Ma lo zelo della sua gloria e l’amore che dobbiamo ai nostri simili non ci permetteranno di mantenere il silenzio sulle opere della potenza divina; di là scaturisce l’obbligo di rendergli un culto pubblico nell’assemblea dei fedeli, di aggiungere i nostri canti di lode e le azioni di grazie a quelle dei ministri del santuario. – Alla lode succede ordinariamente l’invocazione, nella quale il peccatore forma come un fascio di tutto ciò che desidera; è così che l’orazione domenicale comincia con una breve lode a Dio, così concepita: « Padre nostro che sei nei cieli. » (S. Agost.). Glorificatevi non per le vostre virtù, né per il vostro coraggio, ma nel Nome di Dio che vi è stato predicato, secondo questa parla dell’Apostolo: « Chi si glorifica, si glorifichi nel Signore. » (I Cor., XI). – Nessuna vera gloria che c’è se non quella che si trova in Dio; nessuna vera gioia che quella che si gusta nel cercarlo (Dug.). – Che cos’è la faccia del Signore, se non la sua presenza? Ma che significa: « Cercate sempre il volto del Signore ? ». Con la parola “sempre”, il Profeta ha voluto dire che durante tutta la nostra vita quaggiù, come la viviamo dal momento in cui sappiamo che dobbiamo cercare Dio, noi dobbiamo cercarlo ancora dopo averlo trovato. Perché la fede lo ha già trovato, ma la speranza lo cerca ancora; e la carità che l’ha già trovato con la fede, cerca di possederlo con la visione nella quale Egli sarà sì pienamente trovato e che ci sarà sufficiente, e non avremo più da cercarlo. … Cercare il Signore significa che si ama il Signore, l’averlo trovato non ci impedirà di cercarlo ancora; ed al contrario, non facendo che accrescersi l’amore di Dio, la ricerca di Dio non farà che accrescersi pure, anche dopo che si sarà trovato (S. Agost.) – Nessuno si avvicina di più alla conoscenza della verità, di colui che comprende nelle cose divine in cui già ha fatto grandi progressi, ché restano ancora molte cose da cercare, da acquisire. (S. Leon, Serm. IX de Nativ.). – Per noi è un dovere cercare Dio sempre nelle nostre azioni senza far nulla senza la sua guida; di cercarlo sempre nella preghiera che deve essere continua, per essere uguale ai nostri bisogni; di cercarlo con il ricordo dei suoi giudizi e dei suoi benefici; di cercarlo sempre finché non godremo della chiara visione dei cieli. –  Noi dobbiamo sempre cercare la presenza di Dio ed applicarci con zelo perseverante affinché Dio ci conceda di gioire in sua presenza e non si allontani da noi. Durante questa vita, è la fede che cerca la presenza di Dio, la speranza che lo trova; ma è la carità che lo ottiene pienamente nella vita eterna, là dove l’amore della vera presenza non può né diminuire né estendersi. (S. PROSPER, in hunc psalm.).

II — 6-22.

ff. 6-22. – Il Profeta lascia l’entusiasmo ardente delle sue lodi e scende a parole proporzionate alla nostra intelligenza, per nutrire il nostro amore ancora debole e per così dire ancora da lattanti, per lo spettacolo delle meraviglie che Dio ha operato nei tempi. « o voi, razza di Abramo; o voi, figli di Giacobbe, ricordatevi delle meraviglie che Egli ha operato, dei suoi prodigi e dei giudizi della sua bocca. » Ma il salmista non vuole lasciar credere che egli si indirizzi alla sola nazione di Israeliti secondo la carne, senza comprendere di preferenza nella razza di Abramo i figli della promessa, piuttosto che i figli della carne (S. Agost.). – Questi figli di Giacobbe, che Dio ha cercato fin dall’eternità, e che sono i figli della promessa, sono soprattutto coloro che devono ricordarsi delle meraviglie che Dio ha operato, di ciò che Egli ha fatto e di ciò che fa tutti i giorni a favore degli uomini; dei prodigi di grazia che ha compiuto per farli uscire dal vero Egitto, che è il peccato; dei giudizi di giustizia e di misericordia che Egli esercita su chi gli piace. – Sono questi i sentimenti e le disposizioni dei veri Israeliti, che non hanno altro Dio che il Signore, e che adorano con profondo rispetto ed intera sottomissione, i giudizi che Dio esercita sulla terra quali essi siano. –  Dio non dimentica mai l’alleanza che ha concluso con gli uomini. La promessa di Dio non è soggetta a cambiamenti, come quelle degli uomini; essa non si affievolisce con la lunghezza dei tempi, ma si estende per tutte le età future. – Dio fa un giuramento, come per imporre a se stesso la necessità di eseguire ciò che ha promesso e di farne un decreto irrevocabile. – Terra di Canaan, eredità degli Israeliti, secondo la carne. – Felicità del cielo, vera terra dei viventi, eredità degli Israeliti secondo lo spirito. Piccolo gregge di eletti scelti nell’universalità delle nazioni, figura terribile del piccolo numero di coloro che devono possedere l’eredità del cielo. – La vita errante dei Patriarchi, è figura dei Cristiani che non hanno dimora fissa e stabile sulla terra, ove sono pellegrini e stranieri. (Dug. – Bellarm.). – Questa Chiesa antica era debole ed ancor giovane; dei pastori erranti ne erano i rappresentanti, e tuttavia Dio aveva con essa tutto il suo cuore, faceva riposare in essa tutte le sue speranze e far brillare per esse prodigi di ogni sorta. I castighi spaventosi con cui Dio puniva il re d’Egitto ed il suo popolo, quando da protettori degli Israeliti ne divennero i persecutori accaniti, sono i preludi ed i simboli degli spaventosi castighi che la giustizia divina ha fatto piombare sui numerosi persecutori che, secolo dopo secolo, hanno cercato di opprimere la Chiesa. – « Badate di non toccare coloro che sono consacrati con la mia unzione santa, e di esercitare malignità sui miei profeti. – Giudicare severamente i nostri fratelli è un disordine universalmente condannato da Dio; ma è condannabile in particolar modo quando ci attacchiamo alle potenze stesse; che noi osiamo giudicare da noi stessi coloro dai quali dipendiamo, coloro che Dio ha stabilito per condurci, che ci ha dato per pastori e maestri: i prelati ed i ministri della Chiesa. Perché? Perché in essi c’è un carattere che dobbiamo singolarmente rispettare e del quale non possiamo toccare senza ledere Dio fin nella pupilla del suo occhio, secondo questa parola di Zaccaria; « colui che vi tocca la pupilla del mio occhio. » (Zacc. II, 8). Ecco perché ci fa ancora questa divieto sì espressivo: non toccate coloro che sono gli unti del Signore, e guardatevi dall’esercitare su di essi la malignità dei vostri giudizi. Disordine essenziale opposto a questa subordinazione di cui Dio è l’Autore, e di conseguenza il conservatore ed il vendicatore, poiché, dal momento che censuro la vita e la condotta di chiunque sia al di sopra di me, mi elevo al di sopra di lui, mi faccio giudice del mio giudice, e pertanto inverto l’ordine in cui Dio mi ha posto, e mi espongo alle infelici sequele che l’Apostolo ci fa temere per una tale inversione. Disordine che indebolisce e che snerva; diciamo meglio: che rovina e che annienta l’obbedienza degli inferiori; perché è impossibile che questa facilità nel giudicare e nel giudicare male, non produca mano a mano un segreto disprezzo di colui anche di cui si giudica, e che questo disprezzo non faccia nascere la contraddizione, i lamenti, le rivolte dello spirito e del cuore; da ciò si arriva, anche nelle società più regolate, per lo più ad una obbedienza esteriore, un’obbedienza politica, un’obbedienza senza merito; perché questa non è un’obbedienza cristiana (Bourd. sur le jug. tém.). – « Essi sono passati da una nazione all’altra e da un regno all’altro. Egli ha chiamato la fame sulla terra, ha distrutto ogni forza del pane ». Non dimentichiamo l’esame dei termini impiegati dalla Sante Scritture: « Egli ha chiamato la fame sulla terra, » come se la fame fosse un personaggio o un corpo animato, o uno spirito capace di obbedire a colui che lo chiamasse, mentre che la fame non è che causa di distruzione provocata dalla mancanza di nutrimento, che diviene come una malattia per coloro che la provano … « Egli ha chiamato la fame, » nel senso che ha ordinato che la fame servisse, di modo che chiamare, significa nominare, e nominare significa dire, e dire significa ordinare; perché Egli ha chiamato la fame, « Egli che chiama le cose che non sono, come quelle che sono. » (Rom. IV, 17). Dio ha chiamato la fame. Vale a dire che ha fatto scoppiare questo flagello che già esisteva in una disposizione segreta della sua volontà (S. Agost.). – Fame spirituale delle anime tanto più spaventosa quando è meno sensibile. – Dio rimuove la forza del pane con la sua parola, quando permette che la verità sia annunciata in maniera sì umana, da divenire inutile a coloro che l’intendono. – « Egli ha mandato un uomo davanti ad essi. » Quale uomo? Giuseppe. Come lo ha inviato? « Giuseppe è venduto per essere schiavo. » Sicuramente questa vendita è stata il crimine dei fratelli di Giuseppe, e tuttavia Dio ha inviato Giuseppe in Egitto. Egli ci fa ben comprendere questa grande verità, che Dio estrae il bene dal male che gli uomini fanno, come gli uomini estraggono del male da ciò che di bene Dio fa … il ferro che secondo il Profeta, ha trapassato la sua anima, rappresenta la sofferenza di una dura necessità e l’afflizione di Giuseppe fino a che la sua parola fu compiuta e l’avvenimento fu giustificato dalla sua interpretazione dei sogni (S. Agost.). – Cosa delle più infelici, quella di Giuseppe, se si giudicano le sue prove con lo spirito del mondo; ma cosa molto felice se si giudicano con le regole della saggezza di Dio! – Noi vediamo nella missione di Giuseppe le caratteristiche principali della missione data ai pastori delle anime, al predicatore del Vangelo: – 1° bisogna che sia “inviato”, “misit”; – 2° egli deve camminare davanti agli altri con il buono esempio che da loro, “ante eos”; – 3° deve essere dotato di una forza poco comune, di una forza virile “virum”; – 4° deve essere umile, fino a diventare il servitore, lo schiavo di tutti, « in servum venundatus est Joseph »: – 5° deve avere una pazienza a tutta prova e sopportare, se Dio lo permette, i trattamenti peggiori e più rudi, « umiliaverunt in compedibus pedes ejus »; – 6° deve essere pieno di zelo e di fervore, « eloquiam Domini inflammavit eum »; – 7° deve considerarsi come posto alla testa della casa di Dio, « costituit cum Dominum domus suæ »: – 8° deve istruire tutti coloro che vi sono sottomessi, anche i re ed i grandi della terra, « ut erudiret principes sicut semetipsum ». – Sant’Ambrogio considera Giacobbe come il modello di tutti coloro che vogliono vivere felici sulla terra. – Che può mancare in effetti a colui che è sempre accompagnato dalla virtù? In quale situazione non sarà potente? In quale stato di povertà non sarà ricco? In quale oscurità non sarà brillante? In quale inazione non sarà laborioso? In quale infermità non sarà vigoroso? In quale debolezza non sarà pieno di forza? In qual solitudine non sarà accompagnato? Egli avrà per compagna la speranza di una vita felice; per vestito la grazia dell’Altissimo, per ornamento le promesse della gloria (S. AMBR., de Jacob et vita beata.). – « Egli cambiò il loro cuore affinché prendessero il suo popolo in odio ». Bisogna prendere questa parola alla lettera e credere che Dio cambia il cuore dell’uomo perché commetta il peccato? O forse questa non era una colpa, o una colpa leggera odiare il popolo di Dio ed eliminare l’inganno contro i suoi servi? Non senza dubbio, gli Egiziani non erano buoni prima di odiare il suo popolo; essi erano al contrario molto malvagi ed empi da portare facilmente invidia verso il benessere degli stranieri stabiliti presso di loro. Moltiplicando il suo popolo, Dio, per questo stesso beneficio, indusse questi malvagi all’invidia. In effetti l’invidia è l’odio del benessere degli altri; è così che Egli portò il loro cuore all’odio verso il suo popolo con l’invidia ed a sopraffare i suoi servitori con mille inganni. Non è quindi facendo del male, ma facendo del bene al suo popolo che egli eccitò all’odio il cuore degli Egiziani, già malvagi di per se stessi. Non ha pervertito un cuore retto, ma ha diretto verso l’odio per il suo popolo il loro cuore già di per sé malvagio, alfine da estrarre il bene dal male che essi avrebbero fatto (S. Agost.).   

III. — 23-45.

ff. 23-45. – La mirabile moltiplicazione del popolo di Dio nell’Egitto, è figura della Chiesa che agli inizi era ridotta a poche persone, e che il Signore ha moltiplicato al punto in cui la vediamo ora. – Impossibile era per i veri servi di Dio essere per lungo tempo d’accordo con gli Egiziani, cioè con i mondani: essi li odieranno sempre, perché non possono soffrire né le loro massime, né la loro condotta, e non mancheranno mai di trovare mille artifici per sopraffarli. Missione divina, quella di Mosè ed Aronne. – più una missione è nuova e straordinaria , più essa ha bisogno di essere confermata da miracoli straordinari. – Piaghe d’Egitto- (V. Ps, LXXXVIII). – Uscita trionfante degli Israeliti. – Uscire da una dura prova caricati di enormi ricchezze, qual inestimabile felicità! – Nessuna malattia corporale nelle tribù d’Israele; né alcuno che non sia malato nell’anima e in Israele ed anche tra i Cristiani. – Era per paura e non per coscienza e per amore, che gli Egiziani diedero la libertà agli Israeliti: immagine troppo fedele delle disposizioni di tanti Cristiani che non fanno nulla se non per timore interessato, sempre pronti a rivoltarsi contro Dio, senza mai cedere se non con colpi tanto sensibili, o almeno alle minacce della sua rigorosa giustizia. – « Il Signore fece uscire gli Israeliti con molto oro ed argento, » perché non erano ancora capaci di disprezzare il salario temporale, senza dubbio, ma legittimo, dovuto ai loro lavori. Ora, se gli Israeliti hanno ingannato gli Egiziani, prendendo loro dell’oro e dell’argento, non bisogna credere che Dio comandi simili trucchi a coloro il cui cuore è rivolto al cielo, o che li approvi se li mettono in opera. In effetti Dio, secondo queste parole, ha permesso piuttosto che prescrivere questa azione a questo popolo del quale vedeva il cuore e del quale conosceva l’avarizia. Tuttavia delle anime carnali potrebbero allegare come motivo di approvazione per la condotta degli Israeliti, che gli Egiziani non hanno sofferto per parte loro ciò che avrebbero meritato e che, se gli Israeliti hanno impiegato l’inganno, non hanno fatto altro che riprendere da uomini ingiusti il salario che era loro dovuto. Ma rispondiamo semplicemente che Dio si è servito tanto dell’ingiustizia degli Egiziani, che della debolezza degli Israeliti, per figurare e predire con questi fatti le cose che un giorno avrebbe compiuto. (S. Agost.). – Provvidenza di Dio su di un popolo nel deserto, benefici nuovi, ragione di questi benefici, e fine che Dio si proponeva; – la densa nube che Egli stende per proteggerli, è figura della fede e dei due rapporti che la caratterizzano: la sua oscurità e la sua luce. Essa è oscura perché ha Dio per oggetto; luminosa perché è data all’uomo; oscura perché l’uomo è limitato; luminosa perché è ragionevole; oscura per non confonderla con le verità che ingannano sotto i sensi; luminosa per distinguerla dall’errore; oscura alfine perché deve sottometterci, e luminosa, perché deve confonderci (Mgr. De Boulog. “sur la Foi”). – « E diede loro in possesso i paesi delle nazioni, e li fece entrare in possesso dei lavori dei popoli. » Come se noi comandassimo quale è il valore di questi beni dati agli Ebrei, e nel timore che non si pensi che questa felicità temporale accordata da Dio al suo popolo sia il sovrano bene, il Profeta ci porta di seguito alla ricerca del sovrano Bene, e ci segnala nel corpo del salmo, l’anima che vi si trova in qualche modo nascosta: « affinché – egli dice – essi riguardino le sue ordinanze piene di giustizia e ricerchino la sua legge. » Bisogna concludere che se i servi e gli eletti di Dio, figli della promessa, vera e legittima razza di Abramo ed imitatori della sua fede, ricevono da Dio i suoi beni terreni, non è perché sprofondino nel lusso, e si intorpidiscano in una colpevole sicurezza. Essi devono, al contrario, possedere questi beni che la misericordia divina ha preparato loro e nella ricerca dei quali potrebbero lasciarsi assorbire da laboriose preoccupazioni, in modo tale che si applichino alla ricerca di ciò che può loro procurare il Bene eterno, cioè che attendano ai suoi ordini e ricerchino la sua legge. (S. Agos.).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.