CALENDARIO LITURGICO DELLA CHIESA CATTOLICA: FEBBRAIO 2020

CALENDARIO LITURGICO DELLA CHIESA CATTOLICA: FEBBRAIO 2020

FEBBRAIO è il mese che la CHIESA DEDICA alla SANTISSIMA TRINITA’

All’inizio di questo mese è bene rinnovare l’atto di fede Cattolico – autentico e solo – recitando il Credo Atanasiano, le cui affermazioni, tenute e tenacemente professate contro tutte le insidie della falsa chiesa dell’uomo vaticano-secondista e della gnosi modernista, protestante, massonica, pagana, atea, comunisto-liberista, noachide-mondialista, permettono la salvezza dell’anima per giungere all’eterna felicità. 

 IL CREDO Atanasiano

 (Canticum Quicumque * Symbolum Athanasium)

“Quicúmque vult salvus esse, * ante ómnia opus est, ut téneat cathólicam fidem: Quam nisi quisque íntegram inviolatámque serváverit, * absque dúbio in ætérnum períbit. Fides autem cathólica hæc est: * ut unum Deum in Trinitáte, et Trinitátem in unitáte venerémur. Neque confundéntes persónas, * neque substántiam separántes. Alia est enim persóna Patris, ália Fílii, * ália Spíritus Sancti: Sed Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti una est divínitas, * æquális glória, coætérna majéstas. Qualis Pater, talis Fílius, * talis Spíritus Sanctus. Increátus Pater, increátus Fílius, * increátus Spíritus Sanctus. Imménsus Pater, imménsus Fílius, * imménsus Spíritus Sanctus. Ætérnus Pater, ætérnus Fílius, * ætérnus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres ætérni, * sed unus ætérnus. Sicut non tres increáti, nec tres imménsi, * sed unus increátus, et unus imménsus. Simíliter omnípotens Pater, omnípotens Fílius, * omnípotens Spíritus Sanctus. Et tamen non tres omnipoténtes, * sed unus omnípotens. Ita Deus Pater, Deus Fílius, * Deus Spíritus Sanctus. Ut tamen non tres Dii, * sed unus est Deus. Ita Dóminus Pater, Dóminus Fílius, * Dóminus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres Dómini, * sed unus est Dóminus. Quia, sicut singillátim unamquámque persónam Deum ac Dóminum confitéri christiána veritáte compéllimur: * ita tres Deos aut Dóminos dícere cathólica religióne prohibémur. Pater a nullo est factus: * nec creátus, nec génitus. Fílius a Patre solo est: * non factus, nec creátus, sed génitus. Spíritus Sanctus a Patre et Fílio: * non factus, nec creátus, nec génitus, sed procédens. Unus ergo Pater, non tres Patres: unus Fílius, non tres Fílii: * unus Spíritus Sanctus, non tres Spíritus Sancti. Et in hac Trinitáte nihil prius aut postérius, nihil majus aut minus: * sed totæ tres persónæ coætérnæ sibi sunt et coæquáles. Ita ut per ómnia, sicut jam supra dictum est, * et únitas in Trinitáte, et Trínitas in unitáte veneránda sit. Qui vult ergo salvus esse, * ita de Trinitáte séntiat. Sed necessárium est ad ætérnam salútem, * ut Incarnatiónem quoque Dómini nostri Jesu Christi fidéliter credat. Est ergo fides recta ut credámus et confiteámur, * quia Dóminus noster Jesus Christus, Dei Fílius, Deus et homo est. Deus est ex substántia Patris ante sǽcula génitus: * et homo est ex substántia matris in sǽculo natus. Perféctus Deus, perféctus homo: * ex ánima rationáli et humána carne subsístens. Æquális Patri secúndum divinitátem: * minor Patre secúndum humanitátem. Qui licet Deus sit et homo, * non duo tamen, sed unus est Christus. Unus autem non conversióne divinitátis in carnem, * sed assumptióne humanitátis in Deum. Unus omníno, non confusióne substántiæ, * sed unitáte persónæ. Nam sicut ánima rationális et caro unus est homo: * ita Deus et homo unus est Christus. Qui passus est pro salúte nostra: descéndit ad ínferos: * tértia die resurréxit a mórtuis. Ascéndit ad cælos, sedet ad déxteram Dei Patris omnipoténtis: * inde ventúrus est judicáre vivos et mórtuos. Ad cujus advéntum omnes hómines resúrgere habent cum corpóribus suis; * et redditúri sunt de factis própriis ratiónem. Et qui bona egérunt, ibunt in vitam ætérnam: * qui vero mala, in ignem ætérnum. Hæc est fides cathólica, * quam nisi quisque fidéliter firmitérque credíderit, salvus esse non póterit.”

L’adorazione della Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, con il mistero dell’Incarnazione e la Redenzione di Gesù-Cristo, costituiscono il fondamento della vera fede insegnata dalla Maestra dei popoli, la Chiesa di Cristo, Sposa verità unica ed infallibile, via di salvezza, fuori dalla quale c’è dannazione eterna.  … O uomini, intendetelo quanto questo dogma vi nobiliti. Creati a similitudine dell’augusta Trinità, voi dovete formarvi sul di lei modello, ed è questo un dover sacro per voi. Voi adorate una Trinità il cui carattere essenziale è la santità, e non vi ha santità sì eminente, alla quale voi non possiate giungere per la grazia dello Spirito santificatore, amore sostanziale del Padre e del Figlio. Per adorare degnamente l’augusta Trinità voi dovete dunque, per quanto è possibile a deboli creature umane, esser santi al pari di lei. Dio è santo in se stesso, vale a dire che non è in lui né peccato, né ombra di peccato; siate santi in voi stessi. Dio è santo nelle sue creature: vale a dire che a tutto imprime il suggello della propria santità, né tollera in veruna il male o il peccato, che perseguita con zelo immanchevole, a vicenda severo e dolce, sempre però in modo paterno. Noi dunque dobbiamo essere santi nelle opere nostre e santi nelle persone altrui evitando cioè di scandalizzare i nostri fratelli, sforzandoci pel contrario a preservarli o liberarli dal peccato. Siate santi, Egli dice, perché Io sono santo. E altrove: Siate perfetti come il Padre celeste è perfetto; fate del bene a tutti, come ne fa a tutti Egli stesso, facendo che il sole splenda sopra i buoni e i malvagi, e facendo che la pioggia cada sul campo del giusto, come su quello del peccatore. Modello di santità, cioè dei nostri doveri – verso Dio, L’augusta Trinità è anche il modello della nostra carità, cioè dei nostri doveri verso i nostri fratelli. Noi dobbiamo amarci gli uni gli altri come si amano le tre Persone divine. Gesù Cristo medesimo ce lo comanda, e questa mirabile unione fu lo scopo degli ultimi voti che ei rivolse al Padre suo, dopo l’istituzione della santa Eucarestia. Egli chiede che siamo uno tra noi, come Egli stesso è uno col Padre suo. A questa santa unione, frutto della grazia, ei vuole che sia riconosciuto suo Padre che lo ha inviato sopra la terra, e che si distinguono quelli che gli appartengono. Siano essi uno, Egli prega, affinché il mondo sappia che Tu mi hai inviato. Si conoscerà che voi siete miei discepoli, se vi amate gli uni gli altri. « Che cosa domandate da noi, o divino Maestro, esclama sant’Agostino, se non che siamo perfettamente uniti di cuore e di volontà? Voi volete che diveniamo per grazia e per imitazione ciò che le tre Persone divine sono per la necessità dell’esser loro, e che come tutto è comune tra esse, così la carità del Cristianesimo ci spogli di ogni interesse personale ». – Come esprimere l’efficacia onnipotente di questo mistero? In virtù di esso, in mezzo alla società pagana, società di odio e di egoismo, si videro i primi Cristiani con gli occhi fissi sopra questo divino esemplare non formare che un cuore ed un’anima, e si udirono i pagani stupefatti esclamare: « Vedete come i Cristiani si amano, come son pronti a morire gli uni per gli altri! » Se scorre tuttavia qualche goccia di sangue cristiano per le nostre vene, imitiamo gli avi nostri, siamo uniti per mezzo della carità, abbiamo una medesima fede, uno stesso Battesimo, un medesimo Padre. I nostri cuori, le nostre sostanze siano comuni per la carità: e in tal guisa la santa società, che abbiamo con Dio e in Dio con i nostri fratelli, si perfezionerà su la terra fino a che venga a consumarsi in cielo. – Noi troviamo nella santa Trinità anche il modello dei nostri doveri verso noi stessi. Tutti questi doveri hanno per scopo di ristabilire fra noi l’ordine distrutto dal peccato con sottomettere la carne allo spirito e lo spirito a Dio; in altri termini, di far rivivere in noi l’armonia e la santità che caratterizzano le tre auguste persone, e ciascuno di noi deve dire a sé  stesso: Io sono l’immagine di un Dio tre volte santo! Chi dunque sarà più nobile di me! Qual rispetto debbo io aver per me stesso! Qual timore di sfigurare in me o in altri questa immagine augusta! Qual premura a ripararla, a perfezionarla ognor più! Sì, questa sola parola, io sono l’immagine di Dio, ha inspirato maggiori virtù, impedito maggiori delitti, che non tutte le pompose massime dei filosofi.

3

Te Deum Patrem ingenitum, te Filium unigenitum, te Spiritum Sanctum Paraclitum, sanctam et individuam Trinitatem, toto corde et ore confitemur, laudamus atque benedicimus. (ex Missali Rom.).

Indulgentia quingentorum dierum.

Indulgentia plenaria suetis conditionibus, si quotìdie per integrum mensem precatiuncula devote reperita fuerit

(S. C. Ind., 2 iul. 1816; S. Pæn. Ap., 28 sept. 1936).

12

a) O sanctissima Trinitas, adoro te habitantem per gratiam tuam in anima mea.

b) Osanctissima Trinitas, habitans per gratiam tuam in anima mea, facut magis ac magis amem te.

c) O sanctissima Trinitas, habitans per gratiam tuam in anima mea, magis magisque sanctifica me.

d) Mane mecum, Domine, sis verum meum gaudium.

Indulgentia trecentorum dierum prò singulis iaculatoriis precibus etiam separatim (S. Pæn. Ap., 26 apr. 1921 et 23 oct. 1928).

16

a) Sanctus Deus, Sanctus fortis, Sanctus immortalis, miserere nobis.

b) Tibi laus, tibi gloria, tibi gratiarum actio in sæcula sempiterna, o beata Trinitas (ex Missali Rom.).

Indulgentia quingentorum dierum prò singulis invocationibus etiam separatim.

Indulgentia plenaria suetis conditionibus, si quotìdie per integrum mensem alterutra prex iaculatoria devote recitata fuerit (Breve Ap., 13 febr. 1924; S. Pæn. Ap., 9 dec. 1932).

40

In te credo, in te spero, te amo, te adoro,

beata Trinitas unus Deus, miserere mei nunc et

in hora mortis meæ et salva me.

Indulgentia trecentorum dierum (S. Pæn. Ap., 2 iun.)

43

CREDO IN DEUM,

Patrem omnipotentem, Creatorem cœli et terræ. Et in Iesum Christum, Filium eius unicum, Dominum nostrum: qui conceptus est de Spiritu Sancto, natus ex Maria Virgine, passus sub Pontio Pilato, crucifixus, mortuus et sepultus; descendit ad inferos; tertia die resurrexit a mortuis ; ascendit ad cœlos; sedet ad dexteram Dei Patris omnipotentis; inde venturus est iudicare vivos et mortuos. Credo in Spiritum Sanctum, sanctam Ecclesiam catholicam, Sanctorum communionem, remissionem peccatorum, carnis resurrectionem, vitam æternam, Amen.

Indulgentia quinque annorum.

Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo quotìdie per integrum mensem praefatum Apostolorum Symbolum pia mente recitatum fuerit (S. Pæn. Ap., 12 apr. 1940).

ACTUS ADORATIONIS ET GRATIARUM ACTIO PROPTER BENEFICIA, QUÆ HUMANO GENERI EX DIVINI VERBI INCARNATIONE ORIUNTUR.

45

Santissima Trinità, Padre, Figliuolo e Spirito Santo, eccoci prostrati alla vostra divina presenza. Noi ci umiliamo profondamente e vi domandiamo perdono delle nostre colpe.

I . Vi adoriamo, o Padre onnipotente, e con tutta l’effusione del cuore vi ringraziamo di averci dato il vostro divin Figliuolo Gesù per nostro Redentore, che si è lasciato con noi nell’augustissima Eucaristia sino alla consumazione dei secoli, rivelandoci le meraviglie della carità del suo Cuore in questo mistero di fede e di amore.

Gloria Patri.

II. O divin Verbo, amabile Gesù Redentore nostro, noi vi adoriamo, e con tutta l’effusione del cuore vi ringraziamo di aver preso umana carne e di esservi fatto, per la nostra redenzione, sacerdote e vittima del sacrificio della Croce: sacrificio che, per eccesso di carità del vostro Cuore adorabile, Voi rinnovate sui nostri altari ad ogni istante. 0 sommo Sacerdote, o divina Vittima, concedeteci di onorare il vostro santo sacrificio nell’augustissima Eucaristia con gli omaggi di Maria santissima e di tutta la vostra Chiesa trionfante, purgante e militante. Noi ci offriamo tutti a voi; e nella vostra infinita bontà e misericordia accettate la nostra offerta, unitela alla vostra e benediteci.

Gloria Patri.

III. O divino Spirito Paraclito, noi vi adoriamo, e con tutta l’effusione del cuore vi ringraziamo di avere con tanto amore per noi operato l’ineffabile beneficio dell’Incarnazione del divin Verbo, beneficio che nell’augustissima Eucaristia  si estende e amplifica continuamente. Deh! per questo adorabile mistero della carità del sacro Cuore di Gesù, concedete a noi ed a tutti i peccatori la vostra santa grazia. Diffondete i vostri santi doni sopra di noi e sopra tutte le anime redente, ma in modo speciale sopra il Capo visibile della Chiesa, il Sommo Pontefice Romano [Gregorio XVIII], sopra tutti i Cardinali, i Vescovi e Pastori delle anime, sopra i sacerdoti e tutti gli altri ministri del santuario. Così sia.

Gloria Patri.

Indulgentia trium annorum (S. C. Indulg. 22 mart. 1905; S. Pæn. Ap., 9 dee. 1932).

Queste sono le feste del mese di:

FEBBRAIO 2020

1 Febbraio S. Ignatii Episcopi et Martyris  –  Duplex

                 1° Sabato

2 Febbraio Dominica IV Post Epiphaniam    Semiduplex Dominica minor

                  In Purificatione Beatæ Mariæ Virginis    Duplex II. Classis

                  Festa dell’Arciconfraternita del Cuore Immacolato di Maria

3 Febbraio S. Blasii Episcopi  –  Feria

4 Febbraio S. Andreæ Corsini Episcopi et Confessoris    Duplex

5 Febbraio S. Agathæ Virginis et Martyris –  Duplex

6 Febbraio S. Titi Episc. et Confessoris  –  Duplex

7 Febbraio S. Romualdi Abbatis    Duplex

                  1° Venerdì

8 Febbraio S. Joannis de Matha Confessoris – Duplex

9 Febbraio Dominica in Septuagesima    Semiduplex II. classis

S. Cyrilli Episc. Alexandrini Confessoris Ecclesiæ Doctoris    Duplex

10 Febbraio S. Scholasticæ Virginis  –  Duplex

11 Febbraio In Apparitione Beatæ Mariæ Virginis    Duplex majus

12 Febbraio Ss. Septem Fundat. Ord. Servorum B. M. V.    Duplex

14 Febbraio S. Valentini  –  Feria

15 Febbraio SS. Faustini et Jovitæ  –  Feria

16 Febbraio Dominica in Sexagesima  –  Semiduplex II. classis

18 Febbraio S. Simeonis Faustini Episcopi et Martyris    Feria

22 Febbraio In Cathedra S. Petri Ap. –   Duplex II. classis

23 Febbraio Dominica in Quinquagesima    Semiduplex II. classis

S. Petri Damiani    Duplex

25 Febbraio S. Matthiæ Apostoli  – Duplex II. classis

26 Febbraio Feria IV Cinerum  –  Semiduplex

28 Febbraio S. Gabrielis a Virgine Perdolente Confessoris    Duplex

SALMI BIBLICI: “DEUS ULTIONUM DOMINUS” (XCIII)

SALMO 93: “Deus ultionum Dominus”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR

13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 93

Psalmus ipsi David, quarta sabbati.

 [1]  Deus ultionum Dominus;

Deus ultionum libere egit.

[2] Exaltare, qui judicas terram, redde retributionem superbis.

[3] Usquequo peccatores, Domine, usquequo peccatores gloriabuntur?

[4] effabuntur et loquentur iniquitatem, loquentur omnes qui operantur injustitiam?

[5] Populum tuum, Domine, humiliaverunt; et hæreditatem tuam vexaverunt.

[6] Viduam et advenam interfecerunt, et pupillos occiderunt.

[7] Et dixerunt: Non videbit Dominus, nec intelliget Deus Jacob.

[8] Intelligite, insipientes in populo; et stulti, aliquando sapite.

[9] Qui plantavit aurem non audiet? aut qui finxit oculum non considerat?

[10] Qui corripit gentes non arguet, qui docet hominem scientiam?

[11] Dominus scit cogitationes hominum, quoniam vanae sunt.

[12] Beatus homo quem tu erudieris, Domine, et de lege tua docueris eum;

[13] ut mitiges ei a diebus malis, donec fodiatur peccatori fovea.

[14] Quia non repellet Dominus plebem suam, et hæreditatem suam non derelinquet:

[15] Quoadusque justitia convertatur in judicium, et qui juxta illam omnes qui recto sunt corde.

[16] Quis consurget mihi adversus malignantes? aut quis stabit mecum adversus operantes iniquitatem?

[17] Nisi quia Dominus adjuvit me, paulo minus habitasset in inferno anima mea.

[18] Si dicebam: Motus est pes meus, misericordia tua, Domine, adjuvabat me.

[19] Secundum multitudinem dolorum meorum in corde meo, consolationes tuæ lætificaverunt animam meam.

[20] Numquid adhæret tibi sedes iniquitatis, qui fingis laborem in præcepto?

[21] Captabunt in animam justi, et sanguinem innocentem condemnabunt.

[22] Et factus est mihi Dominus in refugium, et Deus meus in adjutorium spei meæ.

[23] Et reddet illis iniquitatem ipsorum, et in malitia eorum disperdet eos; disperdet illos Dominus Deus noster.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

Salmo da recitarsi pel mercoledì. Argomento è la Provvidenza di Dio, che non lascia di punire in fine i malvagi e rimunerare i buoni.

Salmo dello stesso David per il quarto giorno della settimana.

1. Il Signore è il Dio delle vendette: il Dio delle vendette opera liberamente.

2. Dà a conoscere come glorioso sei tu, o Giudice della terra: rendi la loro retribuzione a’ superbi.

3. Fino a quando, o Signore, fino a quando i peccatori anderanno fastosi?

4. Apriranno la bocca, e parleranno iniquamente; parleranno con arroganza tutti quelli che operano l’ingiustizia?

5. Signore, eglino hanno umiliato il tuo popolo, e hanno malmenata la tua eredità.

6. Hanno ucciso la vedova e lo straniero, e messi a morte i pupilli.

7. E hanno detto: Il Signore non vedrà, e non ne saprà altro il Dio di Giacobbe.

8. Intendete, o i più stupidi del popolo; o voi, stolti, imparate una volta.

9. Colui che piantò l’orecchia, non udirà? e quei che lavorò l’occhio, sarà senza vista?

10. Non vi condannerà forse colui che castiga le genti? che all’uomo insegna la scienza?

11. Il Signore conosce i pensieri degli uomini, e come son vani.

12. Beato l’uomo, cui tu avrai istruito, o Signore, e cui avrai tu insegnata la tua legge,

13. Per rendere a lui men duri i giorni cattivi, fino a tanto che sia scavata la fossa del peccatore.

14. Imperocché il Signore non rigetterà il popol suo, e non lascerà in abbandono la sua eredità.

15. Fino a tanto che la giustizia venga a far giudizio e (fino a tanto) che staran presso a lei tutti quelli che sono di cuore retto. (1)

16. Chi si alzerà per me contro i maligni o chi starà dalla parte mia contro di quelli che operano l’iniquità?

17. Se non che il Signore mi ha aiutato quasi quasi avrei avuto per mia stanza il sepolcro.

18. Se io diceva a te: Il mio piede vacilla e la tua misericordia, o Signore, veniva in mio soccorso.

19. A proporzione dei molti dolori, che prova il cuor mio le tue consolazioni letificarono l’anima mia.

20. Ha forse il tribunale d’iniquità qualche cosa di comune con te, che ci prepari travaglio nei tuoi comandamenti? (2)

21. Anderanno a caccia del giusto, e non danneranno il sangue innocente.

22. Ma il Signore è stato mio rifugio, e il mio Dio il sostegno di mia speranza.

23. Ed ei renderà ad essi la loro iniquità, e per la loro malizia gli sperderà; li manderà in perdizione il Signore Dio nostro.

(1) Finché la giustizia si volge in giudizio, fino a che il diritto sia riconosciuto come retto nel giudizio, finché il giudizio torni alla giustizia, da cui non avrebbe dovuto mai allontanarsi.

(2) Sarete voi come un giudice iniquo, voi che avete dato dei precetti difficili e che non avete disposto di osservare?

Sommario analitico (3)

(3) Questo salmo, come il Salmo LXXXI, contiene delle minacce contro i giudici iniqui che abusano del loro potere. Tra le opinioni supposte circa l’epoca alla quale far risalire la composizione di questo salmo, due sembrano le più verosimili. Una lo riporta ai tempi in cui Isaia e Michea fulminavano di anatemi contro i giudici iniqui ed avidi dei beni altrui (Is. X, Mich. III, VII), e secondo questa opinione questi giudici iniqui erano Israeliti. – L’altra opinione pone la composizione di questo salmo ai tempi delle incursioni degli Assiri nella Terra Santa ed è contro di questi che il salmista dirigerà i suoi lamenti (P. Emman, Essai sur les Psalmes.)..

Il Profeta parlando qui a nome del popolo cristiano, della Chiesa di Gesù-Cristo perseguitata, dopo aver posto in cima a questo salmo due grandi attributi di Dio, la potenza nell’esercitare le sue vendette e la libertà di esercitarla (1):

I. Prega Iddio Onnipotente di esercitare la sua giusta vendetta

1° Contro gli orgogliosi che si vantano ed applaudono i loro crimini (2-4);

2° Contro gli oppressori dei giusti, delle vedove, degli stranieri e degli orfani (5,6).

II. – Egli combatte l’empietà di coloro che negano la divina provvidenza (7):

1° Li accusa di follia (8);

2° Li persuade dell’errore con un ragionamento tratto dai doni che il Creatore ha fatto alla sua creatura e che deve possedere in un grado infinitamente superiore (9, 10);

3° Egli li accusa di vanità (11).

III. – Proclama felici i giusti, perché

1° Essi hanno Dio per dottore, – a) che li istruisce con la sua legge (12), – b) li preserva dalla rovina riservata ai peccatori (13), – c) non li rigetta lontano da sé (14), – d) li riunisce ai santi che saranno presso di Lui nel giorno del giudizio finale (15);

2° essi hanno Dio come difensore: – a) Egli si leva per essi contro i malvagi (16); – b) tende loro la mano perché non cadano nell’inferno (17); – c) la sua misericordia li sostiene  quando i loro piedi vacillano (18);

3° Essi hanno Dio per consolatore: a) Egli proporziona la grandezza delle consolazioni all’estensione ed alla moltitudine dei precetti (20); b) compensa la pena attaccata all’osservazione dei precetti (20).

4° Essi hanno Dio come sostegno:- a) necessario contro i malvagi che cospirano contro la loro vita (21); – b) potente, per servire loro da rifugio ed appoggio (22); – c) giusto, per far ricadere sui malvagi la pena delle loro iniquità (23). 

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-6.

ff. 1-6. – Ricordiamoci innanzitutto di questa verità, spesso ripetuta, che la Scrittura, attribuendo sovente a Dio la gelosia, la collera, il furore e la vendetta, parla agli uomini un linguaggio umano, per accondiscendere alla debolezza dei loro pensieri ed elevarli più facilmente alla maestà dell’Essere supremo. – Che cos’è il Dio delle vendette? Il Dio dei castighi. Voi mormorate senza dubbio perché Egli non punisce i malvagi. Non mormorate se non volete essere nel numero di coloro che Egli punirà. Un uomo ha commesso un furto; voi mormorate contro Dio, perché colui che vi ha derubato non muore. Esaminate se voi stessi non commettete furto. E nel caso in cui voi non ne commettiate, cercate di ricordare se ne abbiate mai commesso. Se ora siete il giorno, ripassate il tempo in cui eravate notte; se ora siete rafforzati nel cielo, ripassate il tempo in cui abitavate la terra. Forse troverete che nel passato siete stato colpevole di furto, e che un altro si irritasse del fatto che siete stato lasciato in vita malgrado il vostro latrocinio, e che la morte non vi cogliesse. Ma nello stesso momento dei vostri crimini, Dio vi ha lasciato in vita affinché poteste rinunciare ai crimini, e riguardate come dopo aver traversato il ponte della misericordia di Dio, non vogliate rivoltarlo dopo di voi. Ignorate dunque che mille altri devono passare là dove siete passato voi stesso? E potreste voi mormorare oggi, se colui che ha mormorato contro di voi fosse stato esaudito? E tuttavia ora voi desiderate che Dio punisca i malvagi; voi vorreste vedere morire questo ladro e mormorate contro Dio perché questo ladro non sia morto…  pesate sulla bilancia dell’equità un ladro ed un bestemmiatore. Voi dite ora di non essere un ladro, e sia; ma mormorando contro Dio, siete un blasfemo. Il ladro sorveglia il sonno di un uomo per rubargli qualcosa; e voi, voi osate dire Dio dorme e non vede ciò che l’uomo fa! Voi volete dunque che quest’uomo corregga la sua mano: cominciate a correggere la vostra lingua; voi volete che Egli corregga il suo cuore colpevole verso un uomo, cominciate a correggere il vostro cuore colpevole verso Dio, per timore che questa punizione di Dio che voi invocate, non cada dapprima su di voi quando Dio verrà. (S. Agost.). – Perché Egli verrà, verrà certamente e giudicherà coloro che avranno perseverato nella loro malvagità, che saranno stati ingrati verso la sua misericordia che li ha prevenuti ed ingrati verso la sua pazienza, che avranno ammassato contro se stessi un tesoro di collera per il giorno della collera e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, quando renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rom. II, 46) – (S. Agost.). – Il Dio delle vendette ha agito con libertà, ed in effetti non ha risparmiato nessuno nei suoi  discorsi; perché il Signore era allora nella debolezza della carne, ma anche nella forza della parola. Egli non ha fatto eccezione di persone nei confronti dei primi tra i Giudei. Cosa non ha detto contro di loro?  Cosa non ha detto loro in faccia? Egli non temeva nessuno nei suoi discorsi perché meritavano di essere risparmiati nei suoi giudizi; perché se si fossero rifiutati di ricevere il rimedio della sua parola, avrebbero ricevuto la sua sentenza di giudice. Perché? Perché Egli è il Dio delle vendette. Egli non li risparmiava nei suoi discordi, perché meritassero di essere risparmiati nel suo giudizio. Perché il profeta ha detto: « Il Dio delle vendette ha agito con fermezza; » e non ha risparmiato nessuno nelle sue parole. E Colui che non ha risparmiato alcuno nei suoi discorsi, nel momento di soffrire la sua Passione, risparmierà alcuno nel suo arresto, al momento di giudicare? Colui che non ha temuto nessuno nella sua umiltà, potrà temere qualcuno nella sua gloria? La fermezza dei suoi primi atti vi dice come Egli agirà alla fine del mondo (S. Agost.). – « La vendetta è mia, e sono Io che la farò, dice il Signore. » (Rom. XII, 19). – Dio, nell’esercizio della sua giustizia, agisce liberamente: « Io mi vendicherò, e qual è l’uomo che mi resisterà? » (Isai. XLVII, 3) – Per la ragione stessa che la vendetta gli appartiene, Dio agirà liberamente e sovranamente, cioè in Dio; in Dio senza considerazioni, o piuttosto al di sopra di ogni considerazione; in Dio che, nell’ultimo giudizio che renderà agli uomini, non avrà né condizioni da distinguere, né nessuno verso cui aver riguardi, perché Egli verrà per vendicare gli abusi che avranno fatto gli uomini delle loro condizioni, e per punire le attitudini criminali che hanno avuto per le loro persone (Bourd. Jugem. De Dieu.) –  È un avvertimento dato a coloro che giudicano la terra, il levarsi al di sopra di coloro che si giudicano elevati sopra gli altri per la loro dignità o la loro potenza. – Non è con l’impazienza che il giusto debba domandare a Dio di far brillare la sua potenza contro coloro che lo opprimono, ma con un sincero amore della giustizia e per chiudere la bocca a coloro che, vedendo i peccatori glorificarsi con insolenza, potrebbero dubitare della Provvidenza di Dio. – Altra ragione c’è per domandare a Dio che arresti l’insolenza dei peccatori, affinché l’impunità non li renda ancor più criminali. Effetti funesti di questa impunità nei crimini sono: umiliare tutti coloro che possono elevarsi al di sopra degli altri: affliggere gli innocenti, opprimere i deboli o per interesse, o per la crudele soddisfazione di far loro del male. (Dug.). « Elevatevi, voi che giudicate la terra, rendete agli orgogliosi quello che hanno meritato. » Cosa significano queste parole? È la predizione di un profeta e non l’ordine di un audace. E non è in effetti se non perché il Profeta ha detto: « Elevatevi, voi che giudicate la terra, », che il Cristo, obbedendo al Profeta, è resuscitato per venire in cielo; ma è perché il Cristo voleva farlo che il Profeta l’ha predetto … « Rendete agli orgogliosi ciò che essi hanno meritato. » Qual sono gli orgogliosi? Coloro che non contenti di fare il male, vogliono pure difendere i loro peccati … Chi è orgoglioso? Colui che si rifiuta di far penitenza con la confessione dei suoi peccati alfine di poter ottenere la sua guarigione con l’umiltà. Chi è orgoglioso? Colui che pretende di attribuirsi il poco di bene che trova in lui e che ne rifiuta il merito alla misericordia di Dio. Chi è orgoglioso? Colui che, pur attribuendo a Dio le sue bone opere, insulta coloro che non ne fanno abbastanza e si eleva al di sopra di essi. (S. Agost.). – Ma quando renderà a ciascuno la pena che ha meritato? Nell’attesa i malvagi trionfano, i malvagi si danno all’allegria, i malvagi bestemmiano e fanno tutto ciò che è male. Ne siete colpiti? Cercate il malvagio con amore e non riprendetelo con orgoglio. Ne siete colpito? Il salmista compatisce la vostra pena, e cerca con voi, non per ignoranza, ma cerca con voi ciò che sa, per farvi trovare in lui ciò che voi non sapete. Così, colui che vuol consolare qualcuno non può sollevarlo dal suo abbattimento che a condizione di partecipare al suo dolore. Egli piange dapprima con lui e lo consola con parole di consolazione … ma in questo salmo, lo Spirito di Dio, benché sappia ogni cosa, cerca con voi e pronuncia in qualche modo le vostre parole: « … Fino a quando i peccatori si glorieranno,  risponderanno e terranno il linguaggio dell’iniquità? Fino a quando coloro che commettono l’ingiustizia ne sosterranno la lingua? » – Contro chi parlano se non contro Dio, coloro che dicono: A cosa ci serve vivere così? Perché i malvagi conservano la vita, questi uomini immaginano che Dio non sappia quel che facciano … « Fino a quando risponderanno ed avranno un linguaggio iniquo? » Il profeta menziona qui tutte le loro cattive opere. Che significa: essi risponderanno e parleranno con linguaggio di iniquità? Essi avranno sempre qualche cosa da rispondere in opposizione ai giusti. Un giusto viene a loro e dice: non commettete l’iniquità. Perché? Per paura che ne moriate. Ma io ho già commesso l’iniquità, eppure non sono morto. Un altro al contrario non ha fatto che opere di giustizia; perché Dio lo ha punito severamente? Perché egli soffre? Ecco la risposta dei malvagi. Essi hanno sempre una risposta pronta; e siccome Dio li risparmia, essi trovano in questa pazienza di Dio degli argomenti di risposta. Dio li risparmia per un motivo: essi rispondono su di un altro punto, sulla vita che viene loro lasciata. L’Apostolo dice perché Dio li risparmia, ed egli spiega così le cause della pazienza divina: « … Pensate voi dunque, voi che agite così, che sfuggirete al giudizio di Dio e disprezzate dunque le ricchezze della sua bontà e della sua longanimità? Ignorate che la pazienza di Dio ha per scopo di condurvi alla penitenza? Ma voi, per la durezza del vostro cuore, per l’impenitenza del vostro cuore, ammassate contro di voi un tesoro di collera per il giorno della collera e della manifestazione del giusto giudizio di Dio che renderà a ciascuno secondo le sue opere (Rom. II, 3, 6.). Cosi dunque Dio estende la sua longanimità e voi estendete la vostra iniquità; Dio avrà un tesoro di misericordia eterna per coloro che non avranno disprezzato la sua misericordia, il vostro tesoro sarà un tesoro di collera, e ciò a cui vi esponete giorno dopo giorno, lo troverete in un sol colpo; voi ammassate pezzo su pezzo, ma troverete un mucchio enorme. Non vi rassicurate sulla poca gravità dei vostri peccati di ogni giorno, perché queste sono piccole gocce che formano i fiumi. (S. Agost.). Vedete qui la concatenazione del male: colui che ha un linguaggio colpevole è come necessariamente indotto a fare del male; perché la bocca parla dell’abbondanza del cuore, ed una coscienza corrotta si spande in discorsi criminali (S. Girol.).

II. 7 – 11

ff. 7-11. – È il linguaggio degli atei e degli empi di professione, ma è pure il linguaggio nelle loro opere diversi Cristiani, che provano così bene che non sono convinti che Dio penetri il fondo dei cuori con la sua luce e che ci sia una conoscenza esatta di tutte le loro azioni e di tutti i loro pensieri. – Questi atei, questi empi difficilmente tornano indietro. Poiché essi sono tanto più insensati perché credendosi saggi – ed anche perché trattano gli altri con estremo disprezzo – è raro e quasi impossibile che possano divenire veramente saggi. – « Come, colui che ha formato l’orecchio non ascolta? E colui che ha fatto gli occhi è cieco? » L’orecchio che Dio ha formato nell’uomo non intende, e l’occhio non vede che ad una certa distanza; occorre che l’oggetto sia loro presente; ma Dio, posto a qualunque distanza, intende molto distintamente tutto ciò che si dice fin nel fondo del cuore; Egli vede chiaramente tutto ciò che accade nei luoghi più reconditi, o piuttosto, è presente dappertutto (Dug.). –  Perché non pensate che Egli è tutta la vista, tutto l’udito, tutta l’intelligenza, che i vostri pensieri gli parlano, che il vostro cuore gli scopre tutto, che la vostra coscienza è la sua sorvegliante ed il suo testimone contro voi stessi? E tuttavia sotto questi occhi così vivi, sotto questi sguardi così penetranti, voi vi rallegrate senza inquietudine del piacere di essere nascosto; voi vi abbandonate alla gioia e vivete riposati tra le vostre delizie criminose, senza pensare che Colui che ve le proibisce e vi ha lasciato tante volte impunito, verrà qualche giorno inopinatamente a turbare i vostri piaceri in modo terribile per i rigori del suo giudizio, quando meno lo aspettate. – Colui che insegna e punisce le nazioni, non le riprenderebbe? (Bossuet, “Serm., p. le I Dim. de l’Av., I^ p). È ciò che Do fa ora: Egli insegna alle nazioni; ecco perché ha inviato la sua parola per mezzo degli Angeli e dei Patriarchi, i suoi servi, una folla di araldi che precedono il Giudice in arrivo. Egli ha inviato il Verbo stesso, suo Figlio, ha inviato i servi di suo Figlio e suo Figlio stesso nei suoi servitori. Nell’intero universo è predicata la parola di Dio. Qual è il luogo ove non si dica agli uomini: rinunziate alle vostre antiche iniquità, e tornate sulla retta via? Dio vi risparmia affinché vi correggiate; Egli non vi ha punito ieri affinché oggi viviate nel bene. Egli insegna alle nazioni, non le riprenderà mai? Egli non intenderà dunque al suo tribunale coloro ai quali insegna? Non giudicherà forse coloro ai quali ha insegnato dapprima la sua parola e nei quali ha sparso la sua semenza? Se frequentate una scuola, riceverete senza mai rendere? Voi ricevete dal maestro quanto vi danno i suoi insegnamenti; il maestro vi confida ciò che vi insegna, e credete che egli non esigerà quando sarà venuto per voi il momento di renderglielo?  Forse credete che, venuto questo momento, non abbiate da temere il colpo? Noi dunque riceviamo ora, e più tardi saremo condotti davanti al Padrone per pagargli tutti i nostri debiti passati, cioè per rendergli conto di tutte le cose di cui noi ora prendiamo l’anticipo. E che, colui che insegna le nazioni non le riprenderà forse, Lui che da la scienza all’uomo? Colui che vi fa sapere, non saprebbe Egli stesso, che è Colui che dà la scienza all’uomo? (S. Agost.). – Tutti i pensieri e tutta la scienza dell’uomo che Dio non dà, non sono che vanità. La scienza che non entra nel cuore, queste luci che non vengono che dallo spirito, non ispirano che vani pensieri, non fanno che gonfiare e servono piuttosto a farci condannare che salvare. – Lasciamo dunque i nostri pensieri poiché sono vani, e prendiamo i pensieri di Dio, poiché essi sono la saggezza medesima. (S. Agost.).

III. – 12-23.

ff. 12-15. – Felici coloro ai quali Dio apre non solo l’orecchio del corpo per parlargli esteriormente, non solo l’orecchio dello spirito, per dargli la conoscenza, ma pure l’orecchio del cuore per ispirargli l’amore. – Dio è dottore dei giusti, li istruisce: – 1° come un padre: « Il Signore vostro Dio vi ha istruito come un padre insegna al figlio suo, affinché osserviate i comandamenti del Signore vostro Dio, e camminiate nelle sue vie e lo temiate; (Deut. VIII, 5, 6); – 2° come guida nella via che Egli ordina di seguire: « Io sono il Signore tuo Dio che ti insegna ciò che è buono e ti dirige nella via che percorri; » (Isai. XLVIII, 17); – 3° come il maestro degli atleti che si preparano al combattimento. « la sua unzione tutto vi insegna; » (I Giov. II, 27); – 4° come nostro Salvatore. « la grazia di Dio nostro Salvatore si è rivelata a tutti gli uomini, per insegnarci a rinunciare all’empietà, ai desideri del secolo, ed a vivere nel secolo con temperanza, con giustizia e con pietà. » (Tit. II, 11, 12). – Tale è uno dei mirabili effetti della divina dottrina, addolcire l’amarezza che prova il giusto vedendo e soffrendo le persecuzioni degli empi. Nessun riposo è più dolce durante i cattivi giorni di questa vita, nessun fondamento più solido in sicurezza dell’ultimo giorno, che è propriamente il cattivo giorno dei peccatori, che la conoscenza pratica dell’amore della legge di Dio. – Per quanto tempo sarà necessaria questa consolazione? Fino a quando sarà scavata questa fossa nella quale gli empi saranno precipitati. Allora tutti i mali saranno rivoltati dal lato dei malvagi, i giusti non avranno più bisogno di consolazione, perché non avranno più pene. La prosperità del peccatore è una fossa che si scava da sé sotto i suoi piedi. Più è elevato nel mondo, più questa fossa è profonda. (Bellarm., Dug.). Dio, per effetto della sua giustizia recondita, risparmia una uomo che sa peccatore ed empio, e per questo fatto che Dio lo risparmia, la sua impunità lo gonfia ancor più d’orgoglio. Egli si crede elevato ben in alto e cade, cade a motivo di questa impunità che gli ha fatto credere di essere grande; egli considera la sua felicità come un’elevazione, e Dio invece la chiama “fossa”. Una fossa precipita nell’abisso, lungi dall’elevare al cielo; ecco perché i peccatori orgogliosi, che credono di salire verso il cielo, non fanno che affossarsi sotto terra. Al contrario gli umili, che sembrano abbassarsi fino a terra, si elevano al cielo (S. Agost.). – « Perché il Signore non respingerà il suo popolo. » Egli lo esercita e non lo respinge. Che dice in effetti la Scrittura in un altro luogo? « … perché il Signore corregge colui che Egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio. (Ebr. XII, 6). » Egli lo riceve dopo averlo punito, e voi dite che lo respinge? Noi vediamo gli uomini agire nello stesso modo verso i loro figli: talvolta li lasciano vivere a modo loro, i figli di cui essi disperano, ma puniscono coloro nei quali hanno buone speranze; quanto a coloro, al contrario, dei quali non sperano di domare i vizi, li lasciano vivere secondo la loro volontà. Ma il padre rigetta dalla sua eredità il figlio che lascia vivere secondo la propria fantasia, mentre castiga il figlio al quale riserva la sua eredità. Così, quando Dio flagella suo figlio, che corre a sottomettersi alla mano del Padre che lo colpisce, punendolo come Padre, gli insegna a meritare la sua eredità. Egli non rigetta la successione del figlio che castiga, ma lo punisce perché sia degno di raccoglierla (S. Agost.). – Questo stato di cose – dice il Profeta – durerà fino al giorno in cui la giustizia che si era mostrata molto più come una potenza passiva che come una potenza attiva, si formulerà nel Giudizio supremo (Bellarm.) – La stessa verità che è uscita dalla bocca di Gesù-Cristo, ci giudicherà nell’ultimo giorno. C’è conformità tra l’uno e l’altro stato: così come l’avrà pronunziata, così apparirà per pronunciare la nostra sentenza; questo sarà il precetto che diventerà una sentenza. Là essa sembra apparire come in un pulpito per insegnarci; là, come in un tribunale per giudicarci; ma essa sarà la stessa nell’uno e l’altro caso. Ma come è nell’uno e l’altro caso, tale deve essere nella nostra vita; perché chiunque non sia d’accordo con la regola, essa li respinge e li condanna; chiunque viene a scontrarsi con questa rettitudine inflessibile, bisogna che essa li rompa e li distrugga. (Bossuet, I° Serm. P. le D. de la Pass.). – Applicatevi ora a possedere la giustizia, poiché non potete ancora possedere il giudizio. Occorre che dapprima possediate la giustizia; ma la vostra giustizia sarà cambiata essa stessa in giudizio. Questa giustizia, gli Apostoli l’hanno posseduta e l’hanno portata gli ingiusti. Ma cosa ha detto loro il Signore: « voi sarete seduti su dodici troni e giudicherete le dodici tribù di Israele (Matth. XIX, 28). » – La loro giustizia sarà dunque cambiata in giudizio. In effetti, chiunque sia giusto quaggiù non lo è che per meglio sopportare i suoi mali con pazienza: che sopporti dunque il tempo della sua passione e verrà in giorno in cui eserciterà il giudizio. Ma perché parlare dei servi di Dio? Il Signore stesso, che è il Giudice di tutti i viventi e di tutti i morti, ha voluto essere giudicato per primo, per giudicare poi, « fino a che la giustizia sia cambiata in giudizio; ora, coloro che la possiedono hanno il cuore retto. »  Chi sono coloro « che hanno il cuore retto? » Coloro che vogliono ciò che Dio vuole. Ora Dio risparmia i peccatori, e voi volete che Dio perda da ora i peccatori? Il vostro cuore non è retto, la vostra anima è depravata, dal momento che voi volete una cosa e Dio un’altra. Dio vuole risparmiare i malvagi e voi non volete sopportare i peccatori? Come ho già detto, voi volete una cosa e Dio un’altra: prendete il vostro cuore e raddrizzatelo verso Dio. Astenetevi dunque dal voler curvare la volontà di Dio sulla  vostra, ma correggete la vostra volontà secondo quella di Dio. La volontà di Dio è come una regola: se avete, io suppongo, piegato una regola, ove trovare di che raddrizzarvi? Quanto alla divina volontà, essa resta nella sua integrità, è una regola immutabile. Intanto che la regola sia intatta, voi avete di che applicarvi per raddrizzare ciò che in voi non è retto, ma cosa vogliono gli uomini? È poco che la loro volontà sia tortuosa, essi vogliono addirittura piegare la volontà di Dio secondo i desideri del loro cuore, e fare che Dio agisca secondo la loro volontà, mentre essi stessi devono agire unicamente secondo la volontà di Dio (S. Agost.). 

ff. 16, 17. – Questi due versetti, avvicinati l’uno all’altro, racchiudono un grande e triste insegnamento: essi dipingono molto bene quel che succede continuamente in questo mondo, quando si tratta di lottare contro i malvagi, di resistere agli operatori d’iniquità. Una voce coraggiosa si eleva: un uomo giusto e fermo si mette davanti per sostenere questa lotta, per organizzare quella resistenza; egli fa appello agli uomini di cuore che sa che amano la verità e vogliono il trionfo del buon diritto. Sforzi vani! Qualche voce appena risponde alla sua voce: egli resta solo o quasi per sostenere il combattimento del Signore; e se il Signore non viene Egli stesso in suo soccorso, soccomberebbe certamente all’ingiustizia trionfante (Rendu). – Sant’Agostino ringraziava Dio di avergli perdonato i peccati che aveva commesso, e di averlo preservato dai peccati che non aveva commesso. Io attribuisco alla vostra grazia – diceva confessando la propria miseria ai piedi del Signore – di non aver commesso tutto il male he io potevo fare. Non c’è Santo in cielo che non possa dire, come il Profeta: « Se il Signore non mi avesse protetto, io sarei diventato ben presto preda dell’inferno. » La debolezza dell’uomo, senza l’appoggio di Dio, è estrema; la corruzione dell’uomo, senza il rimedio della grazia di Dio, è un male incurabile. Cosa troviamo fuori da Dio? Gli altri uomini e noi stessi. Se riposiamo sugli uomini, cadiamo con essi; se ci appoggiamo a noi stessi, acceleriamo da noi stessi la nostra caduta. Ed allora – diceva ancora con tanta saggezza Sant’Agostino –  se voi mettete la vostra speranza negli uomini, vi umiliate in maniera indegna; se lo ponete in voi stessi, vi elevate temerariamente; l’una e l’altra è cosa ugualmente perniciosa. Colui che si abbassa come schiavo si arrampicherà sempre, e colui che si leva come temerario farà una caduta deplorevole (Berthier.) – Dio non vi lascia tempo ad altre cose terribili in fondo alla nostra anima. L’accesso di qualche tentazione straordinaria, il risveglio fortuito di qualche passione  per lungo tempo dormiente, o infine un raggio di luce soprannaturale emanata da Dio, è sufficiente per rivelare ai nostri sguardi delle cavità sconosciute che rivelano nuovi elementi di peccato, è rende evidente il fatto che noi portiamo in noi immense riserve di peccato sconosciuto. Le sagge disposizioni di una Provvidenza piena di misericordia, e l’impero della grazia che ci sostiene, possono solo impedire che divengano dei fatti compiuti. Oh! Come ci affrettiamo a cercare un riparo sotto il mantello di Dio, come ci attacchiamo ai suoi piedi quando, per la prima volta, penetriamo in questi misteri! Quale mirabile, felice sproporzione tra il male che noi facciamo ed il male che siamo capaci di fare, che qualche volta siamo stati pure talvolta sul punto di commettere! … Se un imperatore pagano ringraziava Dio tutti i giorni per le tentazioni che allontanava da lui, quanto non dobbiamo noi ringraziarlo per i peccati che non abbiamo commesso?  (FABER, Progrès de l’ame dans la vie spir., c. XX.) – Il Profeta spiega in cosa consista questo soccorso di Dio che ha preservato la sua anima dal cadere nell’inferno. Se riconoscessi la mia infermità e me ne umiliassi, ben presto la vostra misericordia verrebbe in mio soccorso, illuminando la mia intelligenza, purificando il mio cuore, fortificando la mia volontà. (Bellarm.)

ff. 18. – Notate con Sant’Agostino queste parole, « … quando io ho detto », o « … se io dicessi »; poiché c’è una infinità di uomini i cui piedi vacillano nella via della salvezza; ma essi non lo dicono, non confessano la loro debolezza, non riconoscono il pericolo che li minaccia. Dio conosce i nostri mali, ma – dice il santo Dottore – Egli vuole che ne facciamo confessione: ama questa confessione, ama l’umiltà che accompagna questa confessione. Noi siamo scossi: è proprio dell’uomo. Dio ci appoggia: è il carattere di Dio. San Pietro cammina sulle acque, la paura lo prende, egli implora il soccorso di Gesù-Cristo, Gesù-Cristo gli tende la mano. La nostra forza dipende quindi solo da Dio, ma Dio esige da noi la persuasione della nostra debolezza. Una umile preghiera è la strada che conduce alla sua misericordia. (Berthier).

ff. 19-23. – È un paradosso sconosciuto a tutti coloro che non ne hanno fatta mai l’esperienza, che stando il corpo nel dolore, l’anima possa essere piena di consolazione e di gioia! San Paolo ne è un testimone fedele quando scriveva con santo trasporto: « Io sono pieno di consolazione e ricolmo di gioia in mezzo a tutte le mie tribolazioni, e nella misura che le sofferenze di Gesù-Cristo abbondano in noi, le nostre consolazioni abbondano pure mediante Gesù-Cristo. (II Cor. I, 5). –  La grandezza delle ricompense è in proporzione alla grandezza delle tribolazioni; tante ferite, tante corone; io non ho versato che una lacrima, non ho meritato che una consolazione; io ne ho versato dieci, sarò consolato dieci volte (S. Girol.). – Si, in questa valle dei nostri mali, che Davide chiama eloquentemente una valle di lacrime, in questo torrente di Cedron, dove il Salvatore del mondo è passato come noi, e dove noi ogni giorno beviamo l’acqua triste e turbolenta della nostra vita, la felicità non è una sconosciuta, neanche un’assente. Essa ha attraversato con l’uomo, quando l’uomo cadde, la soglia perduta dell’Eden, e dopo sessanta secoli, bandita come noi, essa erra con noi nel mondo, compagna sacra dei nostri infortuni e concittadina del nostro esilio. Ad essa non è permesso mostrarsi costantemente né interamente alla nostra vista, ma non le è impedito scegliere un’ora e donarcela. Un giorno o l’altro essa batte alla nostra porta, si siede al focolare deserto o pieno e con uno dei suoi sguardi, gettato sul nostro cuore, ne tira fuori questa lacrima unica ove noi leggiamo ciò che essa sia. Lacrime di madri che ritrovano i loro figli dopo assenze e disavventure! Lacrime del viaggiatore che saluta al mattino le coste della patria per tanto tempo perduta! Lacrime degli eroi tra la vittoria e la morte! Lacrime del giusto tra i brividi della coscienza! Lacrime di Agostino che parla di Dio a sua madre sulle creste delle onde che lo riportano a Cartagine! Quante non ne racconteremo, e quante altre ne ignoriamo, perché il cuore dell’uomo sì profondo per la miseria, lo è altrimenti pure per la felicità. La miseria gli viene da un accidente, la felicità dalla sua natura e dalla predestinazione: « Prendete forse posto sulla sedia dell’iniquità voi che avete messo per noi travaglio nei precetti? » Il profeta vuol dire: Alcun ingiusto prende parte nella vostra sede e mai Voi avrete una sede di iniquità. Egli rende poi conto del motivo per il quale giudica così: «Voi che avete messo travaglio nei precetti. » Io comprendo – egli dice – che voi non prenderete mai parte alla sede dell’iniquità perché Voi non ci avete risparmiato. Ecco perché non risparmiando Dio i suoi fedeli allo scopo di istruirli, il profeta ha detto: « Voi componete per noi il dolore nell’insegnamento » … Voi formate – egli dice – un insegnamento con il dolore, vale a dire: voi ci procurate dolore nell’insegnarci. Come il dolore può essere un insegnamento per voi? Quando siete punito da Colui che è morto per voi, che non vi ha promesso la felicità in questa vita, che non può ingannarci e che non vi dà quaggiù tutto ciò che voi cercate. Cosa vi darà? E dove ve lo darà? Quanto sarà grande ciò che vi donerà Colui che non vi dà nulla quaggiù che vi istruisce e del dolore ne fa un insegnamento? Quaggiù il lavoro è la vostra lotta, ma vi è ugualmente permesso il riposo. Fate attenzione che soffrirete quaggiù, ma riflettete al riposo che è promesso. Se poteste farvene un’idea, voi vedreste che il vostro lavoro non è la compensazione di questo riposo … Non siate pigri nel lavoro un solo istante, e voi vi rallegrerete per tutta l’eternità. Dio vi donerà la vita eterna, pensate che al prezzo di quel lavoro voi dovete comprarlo. Ciò che Io ho – vi dice Dio – è da vendere, compratelo. Che cos’è che occorre comprare? Il mio riposo è da vendere, compratelo con la forza del lavoro. – Il santo Profeta dà immediatamente un memorabile esempio di volontà rigorosa del Padre celeste, alla quale bisogna sottomettersi: i malvagi cospireranno contro la vita del giusto, e condanneranno il sangue innocente. Questa sottomissione è in se stessa molto difficile, ma innanzitutto i malvagi non avranno potere se non quello che Dio loro concede. È dunque la volontà di Dio e non quella dei malvagi che occorre vedere nelle afflizioni con cui essi ci infliggono; per questo essendo stato il Giusto per eccellenza perseguitato e condannato, coloro che vogliono partecipare alla sua gloria devono stimarsi felici di partecipare alla sue sofferenze (Rendu) – « Ma il Signore è diventato il mio rifugio. » Voi non avreste mai cercato questo asilo se non avreste avvertito il pericolo, e vi siete trovati nel pericolo alfine di ricorrere a questo asilo. Ecco come Dio ci invia le sofferenze per istruirci: Egli permette che i malvagi ci perseguitino, e queste persecuzioni ci fanno cercare un asilo in Lui. Mentre noi gioiamo delle prosperità mondane, noi non pensiamo a questo asilo; perché chi si ricorda di Dio gustando le soddisfazioni della vita presente? Bisogna che svaniscano le speranze del secolo, perché rivivano le speranze di Dio. Bisogna quindi provare delle disgrazie, per dire come il Profeta: « Dio è divenuto il mio asilo, Dio è diventato l’appoggio della mia speranza. » Non c’è che la speranza mentre siamo sulla terra. Noi speriamo, non gioiamo. Ma non tralasciamo di sperare, perché abbiamo un garante che non ci inganna; già Egli ci consola, stempera i mali che proviamo; mette, in una parola, un sostegno alla nostra speranza (S. Agost., Berthier). – « Egli farà ricadere su di essi la loro iniquità. » Giusta e ordinaria Provvidenza di Dio, è quella di punire i malvagi da se stessi e far ricadere su di loro la propria malizia. – « Egli li farà perire con la loro malizia. » Non è senza ragione che il Profeta dice: « per la loro malizia. » Mi ci viene del bene dal loro intervento, e tuttavia il Profeta parla della loro malizia e non del bene che essi procurano. Certamente è con il male che essi fanno che Dio ci prova e ci colpisca. A quale scopo Dio ci colpisce? In vista del regno dei cieli. Agendo così, Dio ci istruisce perché possiamo meritare la sua eredità eterna; e spesso ce la fa acquisire mediante i malvagi, per mezzo dei quali esercita e rende perfetta la nostra carità, che Egli vuole che noi estendiamo fin anche ai nemici (S. Agost.).