LO SCUDO DELLA FEDE (87)

LO SCUDO DELLA FEDE (87)

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

PARTE TERZA.

CAPITOLO X

SECONDA CAUTELA PER NON PERDER LA S. FEDE: BANDIRE LA SUPERBIA

Come è nato il Protestantismo? Come tutte le altre eresie, da un grand’atto di superbia. Mentre tutta la S. Chiesa Cattolica credeva ad un modo, ad un modo intendeva la Religione, e convenivano in questo modo di credere e di intenderla cento e cento generazioni coi loro Vescovi, Prelati, Pontefici, Dottori e Santi; sorge tutt’improvviso un uomo e dice: Olà fermatevi tutti, tutti ascoltatemi: io vi fo sapere che voi tutti siete in errore, che non intendete niente della santa Fede, che non capite le Sante Scritture, che non conoscete quel che vi fate: io, io solo ho tutto capito, tutto conosciuto, io sono il maestro di tutti i maestri, io sono il dottore di tutti i dottori, nessuno mi giudichi, ma tutti mi obbediscano, e quello solo che io insegno, che io propongo, si dovrà d’ora innanzi tenere come verità. Con quest’atto diabolico incominciano tutte le eresie; e con quest’atto chiaro, espresso, formale incominciò nella persona di Lutero il Protestantismo. Miei cari, può trovarsi un atto di superbia più diabolica? – Ora com’è nato dalla superbia il Protestantismo, così con la superbia si è poi sempre mantenuto. E si vede chiaro da ciò che come Lutero per superbia si ribellò alla S. Chiesa, così i Protestanti suoi seguaci per superbia si ribellarono a lui. I susseguenti fecero lo stesso verso i loro maggiori e così di mano in mano fino a noi, i quali siam testimoni che al dì d’oggi avendo sempre lo stesso spirito, mai non finiscono gli uni di ribellarsi agli altri con nuovi scismi e divisioni. Ciò presupposto che è innegabile, qual sarà la cautela necessaria per non cadere nell’abisso in cui essi sono? Prendere uno spirito tutto contrario che è lo spirito di Gesù. Essi si sono perduti perché per orgoglio si ribellarono alla Chiesa; noi ci salveremo tenendoci con profonda umiltà sottomessi alla S. Chiesa. Voi avete letto più sopra che la S. Chiesa con l’assistenza che ha dello Spirito Santo non può errare, che quello che essa insegna è la verità: dunque noi riposati sul seno materno di lei viviamo con pieno abbandono e con totale fiducia senza darci pensiero di altro che di esserle figliuoli sottomessi ed obbedienti. – Quando però vengono da voi certi impronti e vi domandano: perché credete questo domma, perché credete quest’altro? E voi rispondete subito, perché così me l’ha detto la S. Chiesa. — Ma quel che vi ha detto la Chiesa non può essere, vi replicheranno. E voi saldi: se non può essere e voi ditelo alla Chiesa. Quando essa cambierà credenza, anch’io la cambierò. Gesù mi ha detto che io ascolti la Chiesa, non voi: se io non ascolterò la Chiesa, Gesù vuole che io sia tenuto in conto di un gentile, di un pubblicano, che è quanto a dire di uno che non gli appartiene: ma se non ascolto voi, non mi ha minacciato nessun male. – Gesù inoltre mi ha assicurato che chi ascolta i Pastori di S. Chiesa, è come ascoltasse Lui medesimo, che chi li disprezza, disprezza Lui ed il suo Padre che lo ha mandato. Son dunque certo che fino a tanto che non mi allontano dalla Chiesa e dai miei pastori, non posso correre verun pericolo per la mia salvezza. – Un’altra ragione per cui i superbi corrono pericolo della Fede è perché essa esige un terreno che gli sia adatto. Ditemi di grazia, voi che conoscete l’agricoltura, perché scegliete così per l’appunto i terreni in cui mettere le varie qualità di piante e di biade? Perché non mettete nel basso e nell’umido la vite? Perché non mettete nel poggio e nel greppo la rapa e la lattuga? Perché non proverebbero bene richiedendo ogni pianta il terreno a lei proprio. Ma è lo stesso della Fede: essa non alligna in ogni cuore, ma solo dove alberga la santa umiltà. Che però voi scoprirete da ciò l’origine dell’incredulità di molti. La S. Fede propone a tutti le stesse credenze, gli stessi doveri, e li propone al monarca ed al filosofo, all’artiere ed al bifolco. Di che certi spiriti superbi dicono poi indignati: oh! come! io che so tanto, che ho tanto letto, tanto studiato, debbo credere lo stesso che crede il poveretto, l’ignorante, la donnicciola? Io ho da dire le stesse preghiere, assistere alle stesse funzioni, confessarmi allo stesso modo, esercitarmi nelle stesse pratiche? Ohibò, ohibò! Il loro cuore s’inalbera, la superbia li fa stizzire, e ricusano di sottomettersi a quello, che crede il comune dei fedeli, e rigettano le comuni pratiche. Anzi credono di salire in tanto maggiore riputazione, quanto fanno più gli strani, quanto più mostrano di creder meno, quanto fingono di avere convinzioni più particolari: ed ecco l’origine da cui muove in molti l’irreligione e la perdita della fede. Infelicissimi ch’essi sono! Per un poco di vanità se ne vanno nel precipizio. Imitano in ciò Lucifero, il quale ancor esso non volle fare quello che facevano gli altri Angeli suoi compagni, di starsene sommessi a Dio, ma lo seguono poi anche nel castigo: perché come egli perdette il Paradiso a cui era vicino, così questi perdono al presente tutti i beni del terreno paradiso che è la Chiesa, per precipitare poi a suo tempo nel baratro di tutti i mali che è l’inferno. Atteniamoci dunque alla S. Umiltà. San Francesco d’Assisi sentendo a raccontare la caduta di uno che era stato un tempo suo compagno e che poi si era miseramente allontanato dalla S. Chiesa, si gettò in terra con gran fervore e si stringeva a quella molto fortemente. Interrogato perché facesse così, rispose: ah mi voglio molto, molto umiliare, perché quel misero ha perduta la fede per la sua superbia. Deh che non accada a noi una sì luttuosa disgrazia!

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.