SALMI BIBLICI: “JUDICA DOMINE, NOCENTES ME” (XXXIV)

SALMO 34: JUDICA DOMINE, nocentes me …”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

TOME PREMIER.

PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR RUE DELAMMIE, 13 – 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

[1] Ipsi David.

    Judica, Domine, nocentes me;

expugna impugnantes me.

[2] Apprehende arma et scutum, et exsurge in adjutorium mihi.

[3] Effunde frameam, et conclude adversus eos qui persequuntur me; dic animæ meæ: Salus tua ego sum. (1)

[4] Confundantur et revereantur quærentes animam meam; avertantur retrorsum et confundantur cogitantes mihi mala.

[5] Fiant tamquam pulvis ante faciem venti, et angelus Domini coarctans eos.

[6] Fiat via illorum tenebrae, et lubricum; et angelus Domini persequens eos.

[7] Quoniam gratis absconderunt mihi interitum laquei sui, supervacue exprobra-verunt animam meam. (2)

[8] Veniat illi laqueus quem ignorat, et captio quam abscondit apprehendat eum, et in laqueum cadat in ipsum.

[9] Anima autem mea exsultabit in Domino, et delectabitur super salutari suo.

[10] Omnia ossa mea dicent: Domine, quis similis tibi? eripiens inopem de manu fortiorum ejus; egenum et pauperem a diripientibus eum.

[11] Surgentes testes iniqui, quae ignorabam interrogabant me.

[12] Retribuebant mihi mala pro bonis, sterilitatem animae meae.

[13] Ego autem, cum mihi molesti essent, induebar cilicio; humiliabam in jejunio animam meam, et oratio mea in sinu meo convertetur. (3)

[14] Quasi proximum et quasi fratrem nostrum sic complacebam; quasi lugens et contristatus sic humiliabar.

[15] Et adversum me laetati sunt, et convenerunt; congregata sunt super me flagella, et ignoravi.

[16] Dissipati sunt, nec compuncti, tentaverunt me, subsannaverunt me subsanna-tione; frenduerunt super me dentibus suis.

[17] Domine, quando respicies? Restitue animam meam a malignitate eorum, a leonibus unicam meam.

 [18] Confitebor tibi in ecclesia magna; in populo gravi laudabo te.

[19] Non supergaudeant mihi qui adversantur mihi inique, qui oderunt me gratis, et annuunt oculis.

[20] Quoniam mihi quidem pacifice loquebantur; et in iracundia terræ loquentes, dolos cogitabant. (4)

[21] Et dilataverunt super me os suum; dixerunt: Euge, euge! viderunt oculi nostri. (5)

[22] Vidisti, Domine, ne sileas; Domine, ne discedas a me.

[23] Exsurge et intende judicio meo, Deus meus; et Dominus meus, in causam meam.

 [24] Judica me secundum justitiam tuam, Domine Deus meus, et non super-gaudeant mihi.

[25] Non dicant in cordibus suis: Euge, euge, animæ nostræ; nec dicant: Devoravimus eum.

[26] Erubescant et revereantur simul qui gratulantur malis meis; induantur confusione et reverentia qui magna loquuntur super me.

[27] Exsultent et lætentur qui volunt justitiam meam; et dicant semper: Magnificetur Dominus, qui volunt pacem servi ejus.

[28] Et lingua mea meditabitur justitiam tuam, tota die laudem tuam.

[Vecchio Testamento secondo la Volgata

Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XXXIV

Argomento principale è l’orazione di Cristo al Padre contro i persecutori suoi e della sua Chiesa.

Salmo dello stesso David.

1. Giudica, o Signore, coloro che mi offendono; combatti coloro che mi combattono.

2. Prendi l’armi e lo scudo, e levati a darmi aita.

3. Tira fuori la spada, e serra la strada a coloro che mi perseguitano; di’ all’anima mia: Io sono la tua salute. (1)

4. Rimangan confusi e svergognati tutti coloro che tendono insidie alla mia vita.

Sian messi in fuga e in iscompiglio quei che ordiscon del male contro di me.

5. Il Signore come polvere al soffiar del vento, e l’Angelo del Signore li prema.

6. La loro via sia tenebrosa e sdrucciolevole; e l’Angelo del Signore gl’incalzi.

7. Perocché senza ragione mi tesero occultamente il loro laccio di morte; ingiustamente caricarono di obbrobri l’anima mia. (2)

8. Venga sopra di lui un laccio, a cui egli non pensa; e dalla rete, lesa occultamente da lui, egli sia preso, e cada nello stesso suo laccio.

9. Ma l’anima mia esulterà nel Signore, e si rallegrerà per la salute che vien da lui.

10. Tutte quante le ossa mie diranno: Signore, chi è simile a te? Tu che liberi il povero dalle mani di quei che ne possono più di lui, l’abbandonato e il povero da quelli che lo spogliavano.

11. Testimoni iniqui, levatisi su, mi domandavan conto di cose ch’io ignoravo.

12. Pel bene mi rendevan dei mali: la sterilità all’anima mia.

13. Ma io, mentre quelli mi molestavano, mi rivestii di cilizio. Umiliai col digiuno l’anima mia, e nel mio seno si aggirava la mia orazione. (3)

14. Quasi parente e quasi fratello lo trattai con amore; mi umiliai come uno che è in duolo e in tristezza.

15. Ed essi eran lieti, e si adunarono contro di me; furon messi insieme flagelli contro di me, e io non li conoscevo.

16. Vennero in discordia, ma non si compunsero; mi tentarono, m’insultarono grandemente; digrignavano i denti contro di me.

17. Signore, quando porrai tu mente? Sottrai l’anima mia dalla malignità di costoro, dai leoni l’unica mia.

18. Te io confesserò in una chiesa grande; in mezzo a un popolo numeroso li loderò.

19. Non abbiano da godere del mio male  quelli che ingiustamente mi sono avversi; quelli che mi odiano senza cagione, e ammiccano gli occhi.

20. Imperocché meco parlavan parole di pace, ma nella commozion della terra meditavano inganni. (20)

21. Dilatarono la loro bocca contro di me; dissero: Bene sta, bene sta, i nostri occhi han veduto. (21)

22. Tu hai veduto, o Signore, non restare in silenzio; Signore, non ritirarti da me.

23. Levati su, e abbi a cuore il mio giudizio, la mia causa, Dio mio e Signor mio.

24. Giudicami secondo la tua giustizia, o Signore Dio mio, e coloro di me non trionfino.

25. Non dicano nei loro cuori: Bene sta, buon per noi; e non dicano: Lo abbiam divorato.

26. Sieno tutti insieme confusi e svergognati quelli che si rallegrano dei miei mali. Siano vestiti di confusione e di rossore loro che parlan superbamente contro di me.

27. Esultino e si rallegrino quei che favoriscono la mia giustizia e dicano sempre: magnificato il Signore; quei che la pace desiderano del servo di lui.

28. E la mia lingua mediterà la tua giustizia, le lodi tue tutto il giorno.

***

(1) Parola per parola: vuota la lancia, cioè tirala dal fodero.

(2) Gli antichi, per prendere le bestie feroci, tendevano un filo sul davanti o su di una fossa.

(3) Vale a dire, io pregavo con la testa abbattuta dal dolore e riversata sul mio seno. La Vulgata, in accordo con i Settanta, traduce cum mihi molesti essent; ma il termine ebraico “bacaloutham” diverge da questa traduzione. Esso significa letteralmente “tum ægrotarum, cum infirmarentur”, “quando erano malati”. Così l’ha inteso Gerolamo e Bossuet, Duguet, Agier, e Galion, come pure D. Calmet, Sacy, e la Bibbia di Vence e M. le Hir nelle loro note. L’intenzione del Profeta ne fa un pensiero tutto evangelico: quando questi uomini, miei nemici, erano “pieni di infermità, io mi coprivo di cilicio, digiunavo, mi umiliavo, raddoppiavo le mie preghiere per ottenere la loro guarigione.

(4) Nella loro collera contro la terra per turbare la terra. L’ebraico riporta: «contro questi pacifici della terra ». Ora parlare per irritare o per turbare la terra, è parlare contro gli uomini pacifici della terra.

(5) Coraggio! Noi andiamo a vedere la sua rovina ed i nostri disegni compiuti.

Sommario analitico

Davide, perseguitato da Saul, pressato da tutti i lati dai suoi nemici, invoca Dio come giudice, e Lo prega di prendere in mano la sua difesa e la sua causa. Egli è figura di Gesù Cristo in preda al furore dei farisei, soprattutto nella sua Passione, e di tutti i santi perseguitati.

I – Egli descrive in questo combattimento:

1. Le armi di Dio, a) la sentenza di condanna che pronuncerà contro i suoi nemici (1) ; b) lo scudo di protezione con cui lo coprirà (2); c) la spada della sua collera con la quale colpirà i suoi persecutori (3).

2. le armi dei suoi nemici e la loro vergognosa sconfitta, a) la crudeltà con la quale cercheranno di togliergli la vita, ma essi saranno messi in fuga e coperti di ignominia (4); b) la malizia con la quale essi gli hanno teso dei tranelli e lo hanno coperto di oltraggi quando vi è finito, ma 1) essi saranno dispersi, come la polvere portata via dal vento (5); essi saranno messi in fuga ed inseguiti dall’Angelo del Signore; 3) il loro cammino sarà coperto dalle tenebre e scivoloso (6); 4) saranno presi nelle proprie reti (7, 8).

3 Le sue armi personali, – a) l’amore di Dio che lo fa gioire in Dio e lodareLo con tutte le forze dell’anima (9): 1) perché Egli ha strappato il povero dalle mani di coloro che erano più forti di lui (10); 2) di coloro che lo accusavano ingiustamente (11); 3) di coloro che lo opprimevano dopo che averli ricolmati di benefici (12); – b) l’amore della sua salvezza che lo porta: 1) a rivestirsi del cilicio con pazienza, 2) a digiunare con umiltà, 3) ad applicarsi alla preghiera con perseveranza (13); – c) l’amore per i suoi nemici, che egli ama come suoi fratelli (14), benché essi: 1) abbiano gioito interiormente per le sue sciagure, 2) si siano uniti per attaccarlo (15); 3) lo abbiano ingiuriato con insulti digrignando di denti contro di lui(16).

II. – Egli decreta alla fine del combattimento:

1° la vittoria di Dio che: – a)con il solo sguardo ha messo i nemici in fuga; – b) ha liberato dalla loro crudeltà la sua anima desolata (17); – c) ha aperto la sua bocca perché possa celebrare le lodi di Dio (18); – d) ha distrutto la gioia dei suoi nemici, che sono ingiusti, malvagi, ipocriti, collerici, ingiuriosi e oltraggiosi, pieni di orgoglio e di alterigia (19-21).

2° Dall’alto dei cieli tutto considera Dio, al Quale egli domanda: – a) di non mantenere il silenzio e di terrorizzarli con la sua voce terribile; – b) di non allontanarsi da lui (22); – c) di non tardare nel venire in suo aiuto; – d) di prestare un’attenzione favorevole alla giustizia della sua causa, e di giudicarlo secondo le regole della sua giustizia (23-24); – e) di non permettere che i suoi nemici gioiscano su di lui e si vantino di averlo divorato (25); – f) di coprirli di onta e di confusione (26); – g) di dare ai suoi amici la gioia del cuore (27) e la riconoscenza dei suoi benefici, riconoscenza che, dal canto suo, sarà eterna (28).

Spiegazioni e Considerazioni

I. – 1-16.

ff. 1-3. – Qual grande e consolante spettacolo per gli occhi della nostra fede, vedere Dio stesso armato a nostra difesa, « se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? » (Rom. IX, 31S. Agost.). – Dio non ha bisogno di armi esteriori per difendere o attaccare, ma vuole accomodarsi alla nostra debolezza e conformarsi al nostro linguaggio. È nei tesori dell’amore ineffabile di Dio per noi, che sono chiusi, come un arsenale tutto divino, le armi difensive ed offensive delle quali Egli si serve per trionfare di coloro che ci perseguitano. « Signore voi ci coprite col vostro amore come una scudo » (Ps. V, 13). – Chi sono quelli che vi perseguitano? Forse è un vostro vicino, o colui che avete ferito, ingiuriato, o colui che viene a rapire ciò che voi possedete, o colui contro il quale voi predicate la verità, o colui al quale voi rimproverate le colpe, o colui che, vivendo male, è obbligato da Voi a vivere bene? Questi qui, in effetti, sono nostri nemici e ci perseguitano; ma noi siamo informati nel conoscere ancora altri nemici, come quelli contro i quali l’Apostolo Paolo ci mette in guardia (Efes. VI, 12) e che sono da combattere in maniera invisibile (S. Agost.). – « Dite alla mia anima, dite nel fondo del mio cuore », cioè imprimetevi, con l’unzione del vostro divino Spirito, questa parola sì dolce, sì consolante e sì capace di calmare le mie inquietudini: « sono Io la tua salvezza ». – Coloro che cercano la mia anima siano confusi e arrossiscano, la mia anima alla quale avete detto: « Io sono la vostra salvezza ». Io non chiederò altra salvezza se non quella che viene dal Signore mio Dio. Vanamente la creatura si offre di salvarmi, la salvezza è in Dio, e se io alzo gli occhi verso le montagne da cui esso viene, il soccorso mi sarà inviato, e non è che il soccorso mi viene da queste montagne, « ma mi viene dal Signore che ha fatto cielo e terra » (Ps. CXX, 1). Dio è venuto in vostro soccorso, nelle vostre angosce temporali per mezzo di un Uomo: è Lui la vostra salvezza. Tutte le cose Gli sono sottomesse ed Egli provvede ai bisogni di questa vita temporale, in vario modo con questa o tal altra maniera; ma quanto alla vita eterna, Egli non la dà che per se stesso. Se siete nelle angosce del dolore, voi non avete sempre sotto mano ciò che cercate; ma Colui che voi cercate è sempre là. Cercate dunque Colui che non può mai mancarvi. Vi si può togliere ciò che vi è stato dato, ma Colui che ve lo ha dato, chi ve lo toglierà? (S. Agost.). – O Gesù, il vostro cuore ha delle parole conoscono solo coloro che le hanno intese da Voi. Vi piaccia, o divino Maestro, di dirne una al mio cuore! Questa parola, che Gli chiedo da molto tempo, mi darà la vita ed ogni bene. Gesù, dite alla mia anima. « Io sono la tua salvezza »; dite questa parola e la mia anima sarà guarita. Ma questa parola siete Voi, e la salvezza siete ancora Voi, o Gesù, o Salvatore! E quando il vostro cuore la dice così al mio cuore, genera se stessa in colui che l’ascolta; essa lo rende simile a Voi, che siete la parola che dice il Padre; essa lo fa vivere della vita che Voi vivete; e colui che l’ascolta unito a Colui che parla, è un solo spirito, un solo cuore con Lui; se non ha la consustanzialità dell’essere, non di meno ha la consustanzialità della vita (Mgr. Baudhy, Le cœur de Jesus, 92).

ff. 4-8. – La confusione per un nemico, è il non poter nuocere a colui che l’attacca, confusione ancor più disonorevole, quando questo nemico, avendo prevalso, lo si supera con la pazienza, e si ricevono tutti i suoi colpi senza lamentarsi.- La polvere trasportata dal vento, immagine che rende la leggerezza e la debolezza dei peccatori: essi sono costanti solo nel fare il male, ma sono incostanti nella maniera di farlo. Costantemente schiavi delle loro passioni, hanno spesso desideri ed intenzioni contrarie. La loro debolezza è simile alla loro leggerezza. – « Il loro cammino diventi tenebroso e scivoloso », immagine ancora più vera della debolezza e delle leggerezza degli empi. Essi non si fermano mai nel male, passano di crimine in crimine, di precipizio in precipizio; essi marciano nelle vie oscure in un cammino scivoloso, segno dell’accecamento dello spirito e dell’abitudine alla voluttà. Essi pensano di essere liberi, quando sono invece rinchiusi in una schiavitù. Essi si considerano illuminati, quando non vedono neppure il cammino per il quale procedono. Prima specie di persecuzione che i giusti soffrono ordinariamente da parte dei malvagi, sono le insidie segrete che si tendono loro, e questo senza alcun soggetto. Più si testimonia la buona volontà a questa sorta di nemici, più li si irrita, perché questa condotta provoca la loro confusione. – È la strana malignità dell’invidia, che si nutre anche della carità del prossimo: quanto è pericoloso permettere l’entrata nel cuore a questa passione implacabile, poiché le ingiurie e i benefici l’offendono allo stesso modo! (Duguet). – « Ricadano nella rete che hanno teso ». È come se un uomo preparasse per un altro una coppa di veleno e poi la bevesse egli sbadatamente; o ancora come se un uomo scavasse una fossa perché un suo nemico vi cadesse nelle tenebre, e poi, dimenticando di averla scavata, vi cadesse egli per primo. È assolutamente così: ogni malvagio nuoce essenzialmente a se stesso. Si può comparare la malvagità al fuoco. Voi volete incendiare qualcosa: l’oggetto che si avvicina, brucia per prima, perché se non bruciasse, non potrebbe incendiare. Voi avete una torcia, avvicinate questa torcia per metter fuoco a qualcosa; non è vero che questa torcia brucia per prima per poter comunicare il fuoco ad un oggetto qualunque? La malvagità esce dunque da voi, e chi divora innanzitutto, se non voi? Se essa colpisce il ramo ove si conficca, come non colpirebbe la radice dalla quale esce? E ve lo dico in verità, « … può darsi che la vostra malvagità non nuoccia agli altri, ma è impossibile che non nuoccia a voi stessi » (S. Agost.).

ff. 10. – « La mia anima al contrario, sarà trasportata con allegrezza nel Signore » perché essa ha inteso da Lui queste parole: « … Io sono vostra salvezza »; perché essa non cerca all’esterno altre ricchezze, essa non desidera vedere attorno ad essa con abbondanza le voluttà ed i beni terreni, essa ama il suo vero Sposo con un amore disinteressato, che non chiede di ricevere da Lui altre delizie che non siano Egli stesso, e non chiede di possederle per trovare solo in Lui ogni delizia. « Chi potrebbe darmi ciò che vale, meglio del mio Dio? » (S. Agost.). – Non è in se stessa, ma in Dio solo che un’anima cristiana debba trovare la sua consolazione e la sua gioia, gioia che non somiglia a quella del mondo, una gioia falsa, simulata, passeggera, e sempre mista a paura o disgusto. La gioia del Signore è pura ed inonda talmente tutte le facoltà dell’anima che ridonda anche sul corpo. – Tutte le mie ossa diranno: « Signore, chi è simile a Voi? » Quanto a me, io penso che queste parole vadano solo riportate e non spiegate: perché dunque andate alla ricerca di questa o di tal altra cosa? Cosa vi è di simile al vostro Signore? Egli è Lui stesso davanti ai vostri occhi. « Tutte le mie ossa diranno: Signore, chi è simile a voi? ». « Gli empi mi hanno raccontato le delizie che li affascinano; ma esse, o Signore, non sono, comparabili alla vostra legge » (Ps. CXVIII, 85). Dei persecutori hanno detto al giusto: Adorate gli idoli; no, io non adoro gli idoli, egli ha risposto: Signore, chi è simile a Voi? « Questi idoli hanno degli occhi ma non vedono; hanno delle orecchie ma non sentono » (Ps. CXIII, 5). Signore, chi è simile a Voi, che avete l’occhio per vedere e l’orecchio per ascoltare? Io non adoro gli idoli, perché essi sono l’opera di un artigiano. Adorate quest’albero e questa montagna, è un artigiano che li ha fatti? Ed il giusto dice subito: Signore, chi è simile a Voi? Mi si mostrano delle cose terrestri, ma Voi siete il Creatore della terra. E forse si rivolgeranno verso creature di un ordine più elevato, e mi diranno: adoriamo la luna, adoriamo il sole che, per la sua luce, simile ad una lampada immensa, diffonde il giorno dall’alto del cielo. E qui ancora io rispondo apertamente: Signore, chi è simile a Voi? Siete Voi che avete creato la luna e le stelle; siete Voi che avete fatto rilucere il sole per produrre il giorno; siete Voi che avete formato il cielo. Ci sono ancora degli altri esseri invisibili ben superiori a queste meraviglie. Ma forse mi si viene a dire: abbiate un culto per gli Angeli, adorate gli Angeli! Ed io risponderò di nuovo: Signore, chi è simile a Voi? Siete ancora Voi che avete creato gli Angeli. Gli Angeli sono qualcosa perché essi gioiscono della vostra vista. È meglio possedervi con essi, che decadere dal vostro possesso per averli adorati (S. Agost.).

ff. 11, 12. –  Questo salmo è come la vita, è un’alternativa perpetua tra gioia e tristezza, tra fiducia e timore, tra pace e guerra. Il Profeta ha appena dipinto la felice sorte che attende i giusti affrancati dalla morte delle miserie del secolo presente, e ridiscende sulla terra richiamandoci al combattimento. Egli espone qui una delle prove più dure alle quali il cuore dell’uomo possa essere sottomesso: l’ingratitudine, divenuta troppo spesso l’unica ricompensa dei benefici più segnalati; l’amicizia, indegnamente tradita, dopo le più eclatanti testimonianze di affetto e devozione (Rendu). – Una seconda specie di persecuzione, con la quale gli empi perseguitano i giusti, non è più solamente l’indirizzar loro delle insidie segrete, ma pubblicamente attribuire loro dei falsi crimini, appoggiandoli sulla deposizione di ingiusti falsi testimoni. È questa l’immagine troppo fedele di ciò che l’invidia possa fare tutti i giorni contro i veri Cristiani e gli uomini dabbene. Si prende la risoluzione di renderli persi, poi se ne cercano i mezzi, per quanto ingiusti questi possano essere; li si suppone o li si dichiara criminali, poi ci si sforza di attribuire loro dei crimini. Si cercano dei « testimoni ingiusti, e si interrogano su cose di cui non hanno alcuna conoscenza », e poiché non possono rispondere, questo è sufficiente a renderli colpevoli (Duguet).

ff. 13, 14. – C’è qui per noi un insegnamento: che in tutte le nostre tribolazioni, noi non dobbiamo cercare come dover rispondere ai nostri nemici, ma come ci renderemo propizio Dio con la preghiera, affinché, soprattutto, non veniamo vinti dalla tentazione, e di conseguenza che quelli stessi che ci perseguitano, ritornino alla sana giustizia. Nulla di più importante, nulla di meglio c’è nella tribolazione, che allontanarsi dai brusii esterni e ritirarsi nel segreto del più profondo dell’anima (Matt. VI, 6), … invocare Dio in modo nascosto, ove nessuno veda il gemito dell’uomo, né il soccorso di Dio, chiudere la porta di questa camera ad ogni attacco che viene dall’esterno; infine glorificare e lodare Dio allo stesso modo, nei castighi e nelle consolazioni (S. Agost.). – Tutti i Santi hanno combattuto la tentazione con la mortificazione della carne. È così che Davide si copriva con un rude cilicio, quando si sentiva turbato dai propri pensieri ed i desideri del cuore lo portavano al male e lo tentavano. È per questo che San Paolo trattava rigorosamente il suo corpo e lo riduceva all’obbedienza. La grazia è di altra tempra nelle nostre mani che in quelle dell’Apostolo? Abbiamo noi forse uno spirito più fervente o una carne più sottomessa di quella di Davide? Il nemico ci spinge verso altri combattimenti, e siamo forse noi più forti di tanti religiosi e solitari, gli eletti e gli amici di Dio (Bourd. Sur les Tent.)? – « Io umiliavo la mia anima, etc. ». Siano i giovani santificati in tutta umiltà di spirito, indeboliscano il loro corpo senza gonfiare l’anima, per timore che un’opera di umiltà non divenga causa di orgoglio e che i vizi non prendano origine dalla virtù stessa (S. Girolamo). – Davide, perseguitato sì crudelmente ed ingiustamente, non solo rende bene per male, cosa esteriore, ma ancora ha un’affezione veramente sincera per gli autori di queste persecuzioni. Egli li ama come suo prossimo, come suoi fratelli. Egli compatisce i loro mali, fino ad esserne abbattuto dal dolore e dalla tristezza. Grande confusione, o piuttosto terribile condanna per un gran numero di Cristiani, che sono tanto lontani da queste disposizioni, anche dopo l’esempio che ha loro lasciato il loro divino Maestro e modello: Nostro Signore Gesù Cristo (Dug.).

ff. 15, 16. – In questi due versetti, si sottolineano tutti i caratteri della malvagità al naturale. I malvagi cominciano con il rallegrarsi quando trovano l’occasione di nuocere: essi si riuniscono in seguito, per mettere in atto con più sicurezza i loro complotti. Quando essi hanno preso il sopravvento, e non si può resistere loro, moltiplicano le vessazioni, le calunnie, i processi ingiusti, mentre il giusto che è l’oggetto del loro odio, non conosce nulla dei loro oscuri disegni, e non ha la minima conoscenza dei fatti dei quali li si accusa. Quando questo uomo giusto cerca di giustificarsi e mostrare l’ingiustizia delle loro accuse al tribunale della ragione, questi accusatori sono confusi, ma non per questo abbandonano la loro impresa. Essi ostentano delle rette intenzioni, delle giuste vedute, dei motivi di zelo per illudere il pubblico. In fondo questi uomini empi sono trasportati dal furore: essi insultano in modo oltraggiante; aggiungono la burla ai loro colpi più crudeli (Berthier). – Dio dissipa talvolta i cattivi disegni dell’empio, ma l’empio non diventa per questo migliore. Se non può nuocere alla persona del giusto, mira alla sua reputazione; egli fa della sua virtù, della sua pietà, l’oggetto delle sue prese in giro, delle sue burle, delle sue blasfemie. Infine, se non riesce nei suoi disegni, digrigna i denti contro il giusto, ribolle di rabbia e di stizza. – E noi pure, qual uso abbiamo fatto dei beni e dei mali della vita? « Il popolo non è tornato verso colui che lo colpiva, e non ha cercato il Dio degli eserciti ». – Quando Dio ha diminuito i nostri beni, abbiamo pensato nel contempo a moderare i nostri eccessi? Quando la fortuna ci ha abbandonato, abbiamo distolto il nostro cuore dai beni che non sono di nostra spettanza e dominio? O al contrario siamo stati di coloro dei quali è scritto: « … essi sono stati afflitti senza essere stati toccati dalla compunzione »? Servitori protervi ed incorreggibili, che si rivoltano anche sotto la verga, colpiti e non corretti, abbattuti e non umiliati, castigati e non convertiti. Il faraone indurì il suo cuore sotto i colpi raddoppiati della giustizia; il mare l’inghiotti nei suoi abissi (Bossuet, I Serm. Pour la Quinquag.). Tali sono ancora coloro dei quali è scritto nell’Apocalisse che Dio, avendoli colpiti con una piaga orribile, per la rabbia mordevano le loro lingue e bestemmiavano il Dio del cielo, non facendo penitenza. Tali uomini non sono come i dannati, che conducono il loro inferno alla vista del mondo, per sgomentarci con il loro esempio e che la croce precipita nella dannazione, come il ladrone indurito. Si strappano loro i beni di questa vita, essi si privano di quelli della vita futura, benché frustrati da ogni parte, pieni di rabbia e di disperazione, non sapendo con chi prendersela, scagliano contro Dio la loro lingua insolente per i loro mormorii e le loro blasfemie, e sembra, dice Salvien, che i loro crimini si moltiplichino con le loro suppliche, e che la pena stessa dei loro peccati sia la madre di nuovi disordini (Idem II, Serm. p. le Dim. des Ram.).

II. 17-28.

ff. 17. Sembra ora che Dio abbia gli occhi chiusi su tutto ciò che avvenga sulla terra; ma un giorno aperti saranno, questi occhi che sembravano chiusi, per vedere e punire il male e per liberare il giusto dalla cattiva volontà dei malvagi. Se il nostro Giudice differisce nel salvarci, non è per il fastidio delle nostre importunità, come il giudice del Vangelo (Luc. XVIII, 3), ma per amore; è con ragione e non per impotenza; non è per mancanza nel poterci soccorrere da subito, ma perché il numero dei nostri martiri possa completarsi fino alla fine. E noi cosa Gli domandiamo, nella violenza dei nostri desideri? « Signore, quand’è che aprirete gli occhi »? Il tempo dell’attesa è lungo per l’uomo che soffre, e Dio, che con una parola può far cessare la sofferenza, permette alla sua debole creatura un pianto umile, sottomesso e fiducioso: Signore, quando vedrete? (Rendu).

ff. 18. –  Solo nella grande assemblea della Chiesa Cattolica, si loda veramente Dio. – « Io vi loderò in mezzo ad un popolo importante, che non è leggero » (senso particolare per S. Agost.). In effetti, il nome di Dio è confessato dall’intera moltitudine, ma Dio non è lodato da tutti: la folla intera intende che noi confessiamo il nome di Dio, ma Dio non trova la sua lode nell’intera folla; perché in mezzo a tutta questa folla, cioè nella Chiesa sparsa su tutta la terra, c’è la paglia ed il frumento: la paglia vola via, il frumento resta. Ecco perché il Profeta dice. « io vi loderò in mezzo ad un popolo che non è leggero, e che non si solleva al vento della tentazione », perché la paglia è sempre causa di blasfemia riguardo a Dio. Quando si esamina la vostra paglia, cosa si può dire? Ecco dunque come vivono i Cristiani; ecco ciò che fanno i Cristiani, ed allora si compie ciò che è scritto: « … a causa vostra il mio nome è blasfemato in mezzo ai gentili » (Is. LII, 5; Rom. II, 24). Se voi esaminate l’aria del granaio con spirito di ingiustizia e di invidia, voi vi trovate in mezzo alla paglia, e vi sarà difficile incontrare il grano; ma cercate e troverete questo popolo che non è leggero e loderete con esso il Signore. Volete trovarlo? Rassomigliategli, perché se non gli somigliate, è difficile che non vi sembrino essere tutti quelli che voi stessi siete (S. Agost.). – Io voglio, o Signore, come il Profeta, confessare il vostro santo Nome, ma io voglio « confessarlo nella vostra Chiesa ». Io voglio rendere pubbliche le vostre grandezze, e celebrare le vostre lodi, ma io le voglio celebrare nella vostra Chiesa. È la santa montagna dalla quale dalla quale deve uscire la vostra legge, è il tempio augusto ove i popoli dovevano riunirsi da tutte le parti del mondo, per offrirVi il loro incenso ed indirizzare a Voi le loro voci; è il santuario ove volete ricevere il vostro culto, è la Cattedra ove Voi insegnate le vostre vie con la bocca dei vostri predicatori e dei vostri profeti (Bourd.: Pensèes, Act. de gr. d’une ame inviol. attach. à l’Eglise).

ff. 19-21. – Ipocrisia dei falsi amici: questi, con apparenze esteriori, vogliono sembrare ben altro di quel che sono. Questa persecuzione è dapprima esercitata contro Gesù Cristo nella sua vita mortale e nella sua passione, ed Egli la soffre ancor oggi da parte di un gran numero dei suoi membri. – Essi parlano talvolta di Gesù-Cristo in termini convenienti, quando si trovano con persone di pietà, fin quando le si credono dalla propria parte; essi riveriscono anche in apparenza le sue parole; ma quando si trovano con il mondo, parlano con il linguaggio odioso del mondo e si dichiarano apertamente contro i fedeli servitori di Gesù-Cristo. – È la triste e funesta soddisfazione dei malvagi, riportata sui buoni, che sono visti infine nello stato che essi avevano desiderato, cioè sotto i loro piedi.

ff. 22-24. – Tristi sono le ragioni che obbligano a dimorare nel silenzio: o perché non si vede la cosa di cui si tratta, o perché non vi si possa rimediare, o infine perché non lo si voglia. Nessuna di queste ragioni è per Dio (Dug.). – Che vuol dire: « Rompete il silenzio? Giudicateli ». È in effetti a proposito del giudizio che è detto in qualche luogo: « Per molto tempo, ho taciuto, ho fatto silenzio, mi sono contenuto »; (Is. XLII, 14). Come potrebbe mantenere il silenzio Colui che parla con i profeti, che parla con la propria bocca nei Vangeli, che parla per mezzo degli Evangelisti, che parla per mezzo di noi tutti ogni volta che proclamiamo la verità? Che ne è dunque? Egli tace in ciò che riguarda il giudizio, non per ciò che tocca i suoi Comandamenti e la sua dottrina. Ora è il giudizio che il Profeta invoca in qualche modo e che predice: « Voi l’avete visto, Signore, rompete il silenzio »; cioè, Voi interrompete il silenzio, perché è necessario che Voi giudichiate. « Signore, non vi allontanate da me ». Fino al giorno del giudizio non vi allontanate da me, così come mi avete promesso: « Io sarò con voi fino alla consumazione dei secoli » (S. Agost.). – « Dedicatevi al mio giudizio ». Forse perché siete nella tribolazione, perché oberati da lavoro e dolore? Ma pure tanti malvagi non soffrono gli stessi mali? Quale giudizio dunque? Voi siete giusto solo perché soffrite così? No! Di cosa si tratta infine? Del mio giudizio. Vediamo il seguito: « Applicatevi al mio giudizio, o mio Signore e mio Dio, per apprezzare la mia causa » (Ibid.). Giudicatemi non su ciò che io patisco, ma sul valore della mia causa; non su ciò che un ladro può avere in comune con me, ma sul fatto che « felici sono coloro che soffrono la persecuzione a causa della giustizia » (Matt. V, 10). Perché la differenza è nella causa; la pena può essere la stessa per i buoni e per i malvagi. Ma non è la pena che fa il martire, bensì la causa della loro pena: discerniamo la causa del supplizio. Che nessuno dica: poiché io soffro, allora son giusto; perché il Cristo, che ha sofferto per prima, ha sofferto a causa della giustizia; ecco perché aggiunge alla sua parola questa importante restrizione « Felici coloro che soffrono persecuzioni a causa della giustizia » (S. Agost.).

ff. 25, 26. – Gioia estrema è per i malvagi quando essi siano giunti al loro scopo di sopraffare l’uomo giusto, gioia che si manifesta nel loro contegno, nei loro discorsi, nei loro scritti. – Il successo dei peccatori è una grande insidia per essi, perché così prendono l’ardire di proseguire nelle loro criminali imprese. – Funesta è la preda che divora coloro che pensano di divorarla, o coloro che prendendo, si trovano presi, come un pesce che ingioiando l’amo coperto da un’esca, ingoia la sua morte (Duguet).

ff. 27, 28. le stesse cose ripetute più volte in questo salmo, ci danno ad intendere che non è stato solo Davide ad essere stato oltraggiato dai suoi nemici, ma che è la figura di un altro David che deve essere ugualmente oltraggiato, e dai Giudei, che erano il suo popolo, e dai Cristiani, dei quali un gran numero continuerà ad insultarLo per una via tutta opposta alla sua, fino alla fine del mondo. – « la mia lingua mediterà la vostra giustizia », espressione straordinaria, perché è proprio dello spirito il meditare, come è proprio della lingua il parlare. E la lingua non deve altro proferire se non le lodi del Signore, come frutto della meditazione del suo cuore (Duguet). – Chi potrebbe lodare il Signore tutto il giorno? E quale lingua potrebbe cantare tutto il giorno le lodi del Signore? Ecco un mezzo per lodare tutto il giorno, se volete. Qualunque cosa facciate, fatelo bene, ed avrete lodato Dio. Quando cantate un inno, voi lodate Dio; ma cosa fa la vostra lingua se il vostro cuore non lo loda ugualmente? Avete finito di cantare questo inno, e vi ritirate per il pasto? Guardatevi da ogni eccesso, e avrete lodato Dio. Voi rincasate per dormire? Non vi rialzate per fare il male, e avrete lodato Dio. State per concludere un affare? Guardatevi dal non commettere frode alcuna, ed avrete lodato Dio. Che l’innocenza delle vostre azioni sia dunque per voi una maniera per lodare Dio tutto il giorno (S. Agost.).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.