LO SCUDO DELLA FEDE (75)

LO SCUDO DELLA FEDE (75)

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

PARTE SECONDA.

FRODI PER CUI S’INTRODUCE IL PROTESTANTISMO

CAPITOLO X

DECIMA PRODE: TRAFFICO DELLE INDULGENZE

Il lusso sformato qual è ne’ Prelati della Corte di Roma non può mantenersi senza un proporzionato dispendio, ed eccovi perciò la necessità di fare un mercimonio delle cose spirituali. Così la discorrono quegli infelici che vogliono strapparvi dal seno della S. Chiesa: e passano poi a raccontarvi, come per raccogliere denaro in Roma si vendono le Indulgenze, le dispense pei matrimoni, le facoltà di ergere Oratorii privati, le investiture dei benefizii ecclesiastici, le Reliquie dei Santi, ed andate dicendo. Chi li credesse, colà tutto è compera e vendita e permuta, senza un riguardo al mondo, né a Dio, né alle cose sante: e per esprimere tutto ciò hanno già inventato un termine tutto lor proprio, chiamando Roma la gran bottega dei Sacerdoti. Ora, miei cari, sentite una parola di tutte queste accuse; e prima d’ogni altra cosa delle Indulgenze, sopra le quali fan più rumore, che verrete da esse a conoscere sempre meglio qual sorta di Religione sia il Protestantismo, che per reggersi in piedi, ha bisogno di ricorrere a tali calunnie. – La prima occasione di accusa la tolgono dalle Indulgenze, le quali a detta loro, sono la merce che frutta a Roma le più larghe entrate. Ebbene per rispondere subito con dei fatti alle costoro parole, domandate loro, che abbiano mai speso per tutti quei giubilei ed indulgenze, che dopoché sono in vita, hanno udito annunciare al mondo? Che abbiano speso almeno in quest’ultimi pubblicati dal Sommo Pontefice Pio IX, inchiudendovi fino questo del cinquantotto? Chi ha mai loro chiesto un soldo per l’acquisto di tali beni spirituali? Vi potranno forse rispondere che non se ne sono mai curati. Tal sia di loro; ma se avessero voluto curarsene, avrebbero forse dovuto spendere qualche cosa? Inoltre nel corso dell’anno per varie solennità sono concesse le Sante Indulgenze, e vengono dichiarate ai fedeli dai sacri pergami, e ne sono avvisati fin con tabelle appese sulle porte delle Chiese, ora chi ha mai dovuto spendere un soldo per entrare a parteciparne? Questi favori spirituali sono accordati ad innumerevoli Congregazioni e Fraternità stabilite in tutto l’orbe, sono annesse ad una immensità di opere pie, e chi ha mai sognato che per acquistarli si richiedesse altro che l’adempimento delle pratiche ingiunte all’uopo? Dove vanno dunque a parare tutti i guadagni di Roma, e tutte le vendite delle S. Indulgenze? Ma se non è così al presente, fu però cosi in passato, ripigliano essi, e le storie ci ricordano che fu appunto per occasione di quelle vendite che Martin Lutero tolse a protestare contro la Chiesa. Ed io vi risponderò che hanno letto molto male le storie quelli che hanno trovato in esse tutte queste falsità, mentre la Chiesa né in passato né al presente ha venduto mai Indulgenze. Nella Chiesa Cattolica, il vendere beni spirituali è stimato non solo un peccato gravissimo, ma poco meno che un errore in fede, mentre in più d’un caso furono trattati come eretici i Simoniaci che sono appunto quelli che si contaminano di questa iniquità: ed in ogni tempo la S. Chiesa li ha perseguitati. Quanto alle Indulgenze poi si sa con quanti decreti la S. Chiesa abbia divietato qualunque abuso che alcuno dei suoi ufficiali avesse potuto commettere. Quello che ha dato ad alcuni ignoranti l’occasione di errare ed a molti tristi quella di malignare, ecco qual è. La S. Chiesa quando accorda questi favori così eccelsi, quali sono le S. Indulgenze suole imporre qualche opera di pietà e di penitenza ai fedeli sia perché se ne rendano più degni, sia perché questa sia come un qualche compenso per quello che loro vien perdonato. Le opere di penitenza poi, secondo la dottrina delle Sante Scritture si riducono a tre principali, preghiera, digiuno. e limosina, e lo sanno tutti quelli che sanno i primi elementi della fede cristiana. Ora siccome la S. Chiesa non ha ancora creduto per le dicerie dei suoi nemici ed anche per le mormorazioni di alcuni suoi figliuoli disamorati di levar dal Catalogo delle buone opere la limosina, né di rinunziare al diritto che ha di prescriverla ai fedeli, quando lo giudica conveniente ingiunge questa per l’acquisto delle Indulgenze nello stesso modo con cui ingiunge la preghiera od il digiuno. Che se alcune anime vili ed interessate ne tolgono poi occasione di calunnia contro la Chiesa, è tutta loro malizia: mentre il modo onde vien prescritta in questi casi la limosina è così savio, e così disinteressato che per quanto altri aguzzi l’occhio non potrà mai trovare nulla a riprendere. – In due maniere per lo più essa la ingiunge, o lascia in piena nostra libertà il farla a chi ne pare, oppure determina qualche fine speciale. Nell’un caso e nell’altro essa non si occupa punto de’ nostri denari. Così abbiamo veduto più di una volta tra l’opere ingiunte per l’acquisto del Giubileo, essere imposta in genere qualche limosina ed allora i fedeli scelgono quei poverelli che vogliono, quelle vedove, quei derelitti verso i quali si senton mossi, e qui certo non v’ha neppur l’ombra di traffico. – In altre occasioni sono state stabilite limosine o pel mantenimento de’ luoghi di Terra Santa, sì cari alla pietà cristiana, o per la propagazione della S. Fede o per i Cristiani che gemevano sotto la schiavitù dei Turchi, o per l’erezione di Ospedali, o per altra opera somigliante, ed in queste occasioni il denaro era versato nelle mani di quelli cui si apparteneva, e neppure qui si può rinvenire ombra di traffico. La grande pietra dello scandalo fu la limosina imposta da Leone X per l’erezione del tempio di S. Pietro in Roma. Questa somministrò primamente a Martin Lutero l’occasione d’insorgere contro la Chiesa, e fino ai dì nostri è l’argomento perpetuo delle calunnie dei Protestanti contro di lei. Del resto eccovi in poche parole il fatto genuino. Il gran Pontefice Leone X per recare ad effetto il disegno di Giulio II di formare in Roma un tempio dedicato al Principe degli Apostoli, che fosse meno indegno della Maestà della Cattolica Chiesa, e per riuscir nell’opera invitò tutti i fedeli dell’orbe cattolico a concorrervi colle loro limosine. Però per renderli più efficacemente promulgò alcune Indulgenze da lucrarsi da coloro i quali avessero colle loro limosine cooperato ad un’opera sì bella di divin culto, e di cristiana pietà. Or che cosa può esservi qui a riprendere? O negare che la S. Chiesa abbia facoltà di concedere le Indulgenze: ma questo in sulle prime non osò farlo neppur Martin Lutero, mentre non insorse, se non contro certi abusi introdotti dai banditori di esse indulgenze, abusi condannati subito e repressi dalla medesima S. Chiesa; oppure affermare che non sia opera di divin culto l’erezione di un tempio alla maestà del Signore. Ma i Protestanti che fanno tanto strepito colle Scritture, dovrebbero pur sapere che Dio fin dall’antica Legge ebbe tanto a cuore la magnificenza del tempio che ne rivelò egli stesso tutto il disegno, che ne prescrisse da sé tutti gli ornamenti, che infuse perfino la scienza a due artefici affinché ne conducessero perfettamente alcuni dei lavori più delicati. Dov’è dunque il traffico, la vendita dei beni spirituali? Finché i Protestanti non dimostreranno che le cose siano passate altrimenti, noi potremo dir sempre, che quando vilipendono in proposito la S. Chiesa, essi sono o ignoranti di quel che dicono, o calunniatori che vogliono trarre in errore i semplici. E poiché siamo a parlare delle indulgenze aggiungerò qui un’altra calunnia che per occasione di esse i Protestanti scagliano contro la Chiesa. Dicono che la facilità di questi perdoni e giubilei agevola in gran maniera il peccato, poiché, qual ritegno avranno più i fedeli a commettere la colpa, quando sanno essere tanto facile l’impetrarne il perdono? Inoltre come non saranno più rimessi nelle buone opere i Cristiani, mentre per loro diventa, mercé le Indulgenze, sì piana la via del Cielo? Ora, miei cari, son proprio curiose queste difficoltà sul labbro dei Protestanti! Essi insegnano che non sono necessarie al tutto le buone opere, che per giungere al Cielo basta la fede, che un’anima più nera della pece, purché creda di essere giustificata davanti a Dio, con ciò solo è monda più della neve; dopo d’avere insegnate queste belle dottrine, vengono col collo torto a deplorare lo scemamento delle buone opere e la facilità del peccare. È proprio l’ipocrisia dei Giudei, i quali non avevano scrupolo di uccidere Gesù, ma avevano scrupolo d’entrar nel pretorio nel dì festivo. – Ma perché vediate anche più chiaramente come v’ingannano con queste lustre di pietà, richiamate al pensiero quel che insegna la Cattolica Chiesa al nostro proposito. Nel peccato vi sono due cose da attendere, vi è la colpa la quale offende il Signore, vi è la pena di cui si rende meritevole chi commette la colpa. Ora la colpa secondo la dottrina Cattolica non si perdona se non se per mezzo del Sacramento di Penitenza o ricevuto da chi ne ha la possibilità, o almeno desiderato da chi non ha il mezzo di accostarvisi se pure con questo desiderio congiunga la contrizione. La pena poi o in tutto o in parte si condona nello stesso Sacramento secondo il più od il meno di contrizione che altri vi apporta, oppure resta a scontarsi in questa o nell’altra vita con penalità temporali. Ora notate bene, l’Indulgenza non è poi altro che una remissione o parziale o totale della pena dovuta al peccato, ma non mai della colpa: e però l’Indulgenza non può aver luogo se non dopo già pianto, già detestato, già scancellato il peccato dall’anima. In qual modo dunque può l’Indulgenza dar coraggio a peccare? Immaginatevi che alcuno vedendo un nuotatore che dal lido si avanza in alto mare prendesse a dir seriamente che per ciò è quegli sì ardito a gettarsi in alto, perché  tiene poi in pronto una carrozza che lo condurrà alla riva, che cosa rispondereste voi? Fareste una risata solenne e gli direste che i cocchi non viaggiano sulle acque, che bisogna già essere a riva per potersene valere. Ma quando sentite un Protestante che vi dice sul serio che i Cattolici si fidano a peccare perché hanno pronta la remissione nelle Indulgenze voi dovete dire lo stesso. Con le Indulgenze non si rimettono i peccati, bisogna che questi siano già perdonati, perché possiamo con le Indulgenze ricevere la condonazione anche della pena ad essi dovuto. Epperò come quel nuotatore se non ha altri mezzi per tornare a riva che la carrozza può risolversi a far naufragio quando vuole, così quel peccatore che per salvarsi non volesse impiegare altro mezzo che le Indulgenze potrebbe risolversi ad andar dannato. Ora essendo tale la dottrina di S. Chiesa, che senso ha quella difficoltà che certi barbassori muovono con tanta sicumèra e presunzione? Nè è punto più vero quello che soggiungono che per occasione dell’Indulgenze si diminuiscono le opere buone: poiché per l’acquisto medesimo delle Indulgenze si prescrivono varie opere buone, come la preghiera, il digiuno, la limosina senza contare che è una opera molto buona l’acquisto stesso delle Indulgenze: poiché in esso vi è un esercizio di fede alla divina parola, vi è un atto sincero di umiltà nel riconoscersi meritevole di castigo dinanzi a Dio, vi è un desiderio di soddisfare la divina giustizia, vi è una glorificazione del sangue preziosissimo di Gesù in virtù del quale ci vengono condonate le pene da noi meritate. E ciò senza dir nulla dell’inculcare che fa perpetuamente la S. Chiesa che non ci contentiamo delle S. Indulgenze, ma che le congiungiamo con ogni sorta di buone opere. Convinti sopra di ciò non sanno tuttavia ancora ammutolire. Le Indulgenze dei Cattolici, ripigliano, fanno torto alla Redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo. Ed in qual modo? Doppiamente, rispondono, e perché i Cattolici richiedono in esse che si facciano certe opere ingiunte quasi esse fossero ancor necessarie per la piena remissione delle colpe dopo la Redenzione, e poi perché i Cattolici alle soddisfazioni di Gesù aggiungono anche quelle della Madonna e dei Santi, quasi le prime non bastassero da sé sole. Ebbene, miei cari, io mi contento di rispondere a tutte le costoro difficoltà perché mi danno campo di spiegarvi meglio la dottrina di S. Chiesa. – In primo luogo avete da sapere che in ogni opera buona che noi facciamo, vi è un doppio valore: vi è il merito con cui acquistiamo la vita eterna, vi è la soddisfazione per cui purghiamo le nostre colpe. Il merito nasce da ciò che sono fatte per movimento e principio di carità; la soddisfazione da ciò che sono a noi laboriose e penali. Così lo insegna chiaramente la S. Scrittura, la quale ci fa sapere a cagion di esempio, che la limosina ci libera dal peccato, che lo estingue (Tob. IV; Eccli. III), che è quanto dire che soddisfa per esso, e nello stesso tempo che come opera buona e grata a Dio ci merita la vita eterna, come insegna Nostro Signore dicendo: Abbiatevi il Regno che vi fu preparato: poiché ebbi fame, e mi deste a mangiare, ebbi sete e mi deste a bere (Matth. XXV). – In secondo luogo è da sapere che il merito è personale e proprio ad ognuno sì fattamente che non può cedersi a chicchessia, ed a questo risponderà il grado di gloria che ognuno avrà in Cielo: laddove la soddisfazione che non è poi altro che il pagamento di un debito può impiegarsi anche in favore di un altro. In quel modo che può un uomo ricco pagare per un suo amico i debiti che gl’impediscono il conseguimento di un pubblico impiego senza che possa tuttavia conferirgli il merito per quell’impiego. – In terzo luogo è da sapere che nella Chiesa il tesoro di queste soddisfazioni è infinito: perocché la passione di Gesù che principalmente Io forma è di valore infinito. Il valor della soddisfazione si toglie dalla dignità di chi soffre allo stesso modo che la gravità dell’offesa si toglie dalla dignità di chi è offeso. Ora essendo Dio quello che sofferse nella sua carne mortale, è d’infinita virtù la sua passione: tantoché essa varrebbe non solo per la salvezza di un mondo, ma per mondi innumerevoli se tanti ne esistessero e ne abbisognassero. – A formare tuttavia questo tesoro vi concorrono eziandio le soddisfazioni della Vergine e dei Santi che patirono più di quanto che fosse necessario allo sconto dei propri peccati. I Protestanti non possono soffrire che ciò si dica: ma  si turino pur gli orecchi che ciò non conta, perché è evidente che è cosi. La B. Vergine certamente non commise mai peccato di alcuna sorta né mortale né veniale, eppure sofferse smisurati dolori ai pie della Croce. S. Giovanni Battista fu santificato sino dal sen materno, eppure praticò durissime austerità in vita, e poi diede il sangue per la giustizia. Gli Apostoli similmente e tanti Santi Martiri di vita illibatissima soffersero pene atroci prima della morte, e pure la sola morte sarebbe stata bastevole secondo la fede a soddisfare per tutte le loro colpe. Similmente tanti santissimi penitenti, e Vergini, e Confessori congiungendo una penitenza asprissima con una vita molto innocente più soddisfecero di quello che fosse richiesto ai loro falli. Certamente il S. Giobbe diceva, volesse il Cielo che le mie colpe fossero bilanciate colle pene che io soffro, come queste apparirebbero ben più gravi di quelle(Job. VI, 1). Tutto ciò èinnegabile. Ora di tutte queste soddisfazioniviene a formarsene come un tesoro d’immensovalore, che è poi quello che la S.Chiesa ci applica colle indulgenze.Domando io pertanto in primo luogoche torto fa a Gesù che ci si applichino lesoddisfazioni di Gesù per isconto dei nostripeccati? Anzi quale onore più grande puòfarsi alla Redenzione che quello di credereche il Sangue prezioso di Gesù ci ottengail perdono non solo della colpa, ma ancordella pena dovuta ai nostri peccati? Ma, dicono, i Cattolici vogliono che per ottenere questo perdono, noi ci mettiamo anche le nostre opere. O ascoltate dunque una volta per sempre, ed intendete bene la verità. In tutto quello che noi facciamo per vantaggio delle nostre anime in tutto trovano i Protestanti che noi facciamo un affronto a Gesù. Se ascoltiamo la S. Messa dicono che facciamo torto al Sacrifizio della Croce, se facciamo opere buone dicono che rendiamo inutili quelle di Gesù, se invochiamo la Madonna ed i Santi dicono che li anteponiamo a Gesù, se facciamo le opere ingiunte per l’acquisto delle S. Indulgente trovano che rendiamo inutile la Passione di Gesù. Ma il vero volete sapere qual è?La verità è che essi disonorano ed insultano altamente Gesù con tutte queste ragioni inique perché con esse disconoscono al tutto quel che sia la Redenzione. Imperocché la Redenzione che Gesù ha fatto di noi non consiste già in questo che abbia dispensato noi dal fare la parte nostra. Nulla meno. Il benefizio infinito della Redenzione consiste in ciò, che mentre noi non potevamo senza di essa far nulla che ci valesse a vita eterna, non credere, non sperare, non pentirci dei nostri peccati, non amare il Signore come si conveniva, Gesù ci ottenne col suo Sangue prezioso la grazia immensa di poter far tutto ciò in modo che ci valesse a salute. Ma dopo fattaci questa grazia, non solo non esclude la nostra cooperazione, ma la vuole, la comanda, la esige a qualunque costo. I santi Vangeli ci intimano che dobbiamo far penitenza, che dobbiamo digiunare, che dobbiamo pregare, che dobbiamo partecipare ai Sacramenti, che dobbiamo esercitare coi prossimi le opere di misericordia ed andate dicendo. E Gesù Cristo nel dì del giudizio allegherà contro i reprobi per condannarli la mancanza delle buone opere. come per rimunerare gli eletti addurrà qual titolo l’esercizio delle medesime. Bisogna aver perduto il senno per non intendere e peggio per impugnare questa verità. Che cosa direste voi di un contadino il quale sul pretesto di non fare torto alla divina Providenza che l’ha da sostentare non volesse più arare la terra, non seminare, non incalzare, non mietere, non riporre le sue provigioni? Direste che è un pazzo. La Providenza divina consiste in ciò che ci mantiene le forze per lavorare, che ci manda le piogge opportune, che ci fa sorgere il sole, i venti, e quanto è necessario al raccolto, ma non esclude, anzi suppone, anzi richiede anche il nostro lavoro, la nostra opera. Ora dite lo stesso nel nostro caso. La Redenzione di Gesù ci ha procurati tutti i mezzi necessari per fare il bene che senza di essa mai non avremmo avuti, ma non ci viene poi applicata se noi non facciamo anche la porte nostra. Volete saper chiaro una volta dove vada a parare quel sì iniquo magnificare che fanno i Protestanti la Redenzione? Ah non è amore verso Gesù, non è stima, non è riverenza verso il Sangue divino, è un pretesto che essi tolgono per esimersi da ogni obbligo di far penitenza, e di esercitarsi in opere buone. Ma il congiungere colle soddisfazioni di Gesù anche quelle della Madonna e dei Santi, non è poi il fargli qualche torto? Niente affatto, miei cari. Imperocché se noi le aggiungessimo quasi non fossero sufficienti quelle di Gesù, certo sarebbe un affronto; ma la Cattolica Chiesa mai non ha fatto questo, e ne avrebbe orrore. Le aggiunge perché riescono d’immensa gloria e di splendido trionfo allo stesso Gesù: mentre da esse si vede quel che Gesù ha potuto fare con la sua grazia nei suoi servi che li ha di tanto aiutati, di tanto fatti degni che potessero accumulare sì gran capitale di soddisfazioni che bastasse non solo a loro ma ancora ai loro fratelli. Se vedeste un Imperatore che ha dintorno tanti scudieri e sì ricchi che possano fare anche ad altri splendide largizioni, direste mai che questi con la loro grandezza fan torto all’Imperatore? Tutto all’opposto: perocché questi mostrano anzi più grande quel Monarca che ha potuto far essi sì grandi. Di che vi parrà anche chiaro come i Cattolici riconoscano quella gran verità che Gesù Cristo è l’unico nostro Redentore, l’unico Mediatore, il Salvatore unico di tutti gli uomini. Imperocché noi confessiamo con gran giubilo del nostro cuore che solo Gesù ci ha riconciliati col Padre celeste, solo Gesù ci ha meritate tutte le grazie, solo Gesù ci aiuta a far le opere buone, solo Gesù dà valore alle nostre soddisfazioni. E se in qualche cosa concorrono anche i Santi o intercedendo per noi, o facendoci parte delle loro soddisfazioni, tutto è vanto, onore, gloria, opera di Gesù il quale dopo di averli colle sue grazie fatti degni e di pregare e di offrire qualche soddisfazione per noi, si compiace nella sua misericordia di accettar quell’offerte e quelle preghiere. Ma finalmente, ripigliano, sia pure anche solo una pena temporale quella che si rimette con le Indulgenze, con quale autorità però la Chiesa esercita un tal diritto? Io vi potrei rispondere che se la Chiesa l’esercita, è questa una prova indubitata che ne ha l’autorità, perocché essendo essa infallibile non può eccedere nei suoi diritti né  usurparsi un’autorità che non possieda. Tuttavia eccovi un’altra risposta. Vi ho detto sopra che nel peccato vi è da considerare la colpa e la pena. Ora dovete sapere che la S. Scrittura c’insegna che dopo rimessa la colpa non è sempre rimessa anche la pena. Cosi a cagion di esempio fu perdonato a David il suo peccato, ma tuttavia gli rimase a portar la pena della morte del suo figliuolo. Così furono perdonate ai Giudei le Idolatrie ed infedeltà che avevano commesse nel deserto per le preghiere di Mosè, ma tuttavia fu data loro per pena la morte temporanea nel deserto, di che si vede manifesto che nel peccato oltre il reato della colpa v’è eziandio quel della pena che non sempre si rimette col rimettersi della colpa. Appunto come avviene talvolta tra noi che alcuno il quale ha ricevuto dal suo prossimo danni ed ingiurie accorda il perdono al suo offensore, ma vuole però che gli rifaccia i danni che gli ha recati. Ora qua! è la potestà conferita da Gesù Cristo alla sua Chiesa? Forse soltanto quella di rimettere i peccati? No. Gesù Cristo dice ripetutamente che qualunque cosa essa legherà, qualunque scioglierà sarà sciolta o legata in Cielo. Non mette limiti, non appone condizioni: e siccome per l’applicazione dei meriti di Gesù rimette la colpa, così per l’applicazione delle soddisfazioni di Gesù rimette la pena, la quale è ancor essa un legame verissimo dei fedeli. E così di fatto l’ha poi sempre inteso e praticato la S. Chiesa. L’Apostolo S. Paolo rimette all’incestuoso sì noto di Corinto una tal pena in nome di Gesù Cristo come egli parla (2. Cor. II).I santi Martiri nei primi tempi, come il testificano S. Cipriano e Tertulliano, chiedevano, ed impetravano spesse volte dai Pastori legittimi della Chiesa che rimettessero una tal pena a quegli infelici che per timore dei tormenti avevano rinnegata la S. Fede nel tempo della persecuzione, e che poi erano tornati a penitenza: nei tempi susseguenti il Concilio di Nicea, quello di Ancira, quello di Laodicea suggeriscono il modo più prudente di accordare codeste indulgenze. Dai tempi di S. Gregorio in poi è sì noto l’uso delle Indulgenze che senza un’audacia estrema non può mettersi in dubbio da verun protestante. Ma v’è ancora più di tutto ciò. I Concili generali che sono la voce infallibile di tutta la Chiesa le autenticano in molti modi, il Concilio Claromontano riceve le S. Indulgenzedal Papa Urbano II. Il Concilio Lateranese da Pasquale II. Nell’altro Concilio Lateranese ed in quel di Lione mentre si riprendono quelli che abusavano a fini mondani delle Indulgenze se ne conferma il loro valore. In quel di Costanza si condanna l’errore dell’eretico Wicleffo che le impugnava. In una parola la S. Chiesa fino ai dì nostri ha sempre posseduta una tale autorità, e l’ha sempre esercitata. Ecco dunque dove sta fondato il diritto di S. Chiesa. Sta fondato sulle Scritture, sta fondato sulla Tradizione, sta fondato sull’infallibilità che Gesù ha concesso alla sua Chiesa, mercé la sua assistenza divina. E tutto ciò basti in risposta a quelli che disconoscono i diritti di S. Chiesa. Voi però non vi contentate di mantenerli con tutta la fermezza di vostra fede, passate anche ad accrescere sempre più in voi la stima di sì gran beni, ed abbiate sollecitudine quando la S. Chiesa ve li offre di acquistarli. I veri fedeli in ogni tempo guardarono sempre carissime le Indulgenze. Molti gran Santi della Chiesa fecero più volte il viaggio di Roma e della Palestina per guadagnare questi spirituali tesori. Quando i Sommi Pontefici incominciarono a pubblicare periodicamente ogni cento, e poi ogni cinquanta,e finalmente ogni venticinque anni i Giubilei, tutto il popolo Cristiano se ne commosse, e v’ha memoria che in certi tempi fino a centomila fedeli entravano ed uscivano ogni giorno dalle porte di Roma venuti da tutta la terra per acquistarli. Questa fu la Fede dei nostri Padri, questa sia la nostra ed a suo tempo si vedrà quanto si sia fidato sicuramente chi riposò sugli insegnamenti di S. Chiesa.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.