SALMI BIBLICI: “AD TE, DOMINI, LEVAVI ANIMAM MEAM” (XXIV)

SALMO 24: Ad te Domine, levavi animam meam …

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

TOME PREMIER.

SALMO XXIV

[1] In finem. Psalmus David.

   Ad te, Domine, levavi animam meam.

Deus meus, in te confido; non erubescam.

[2] Neque irrideant me inimici mei: etenim universi, qui sustinent te, non confundentur.

[3] Confundantur omnes iniqua agentes supervacue.

[4] Vias tuas, Domine, demonstra mihi, et semitas tuas edoce me.

[5] Dirige me in veritate tua, et doce me, quia tu es Deus salvator meus, et te sustinui tota die.

[6] Reminiscere miserationum tuarum, Domine, et misericordiarum tuarum quae a saeculo sunt.

[7] Delicta juventutis meæ, et ignorantias meas ne memineris.

[8] Secundum misericordiam tuam memento mei tu, propter bonitatem tuam, Domine.

[9] Dulcis et rectus Dominus; propter hoc legem dabit delinquentibus in via.

[10] Diriget mansuetos in judicio; docebit mites vias suas.

[11] Universæ viæ Domini, misericordia et veritas, requirentibus testamentum ejus et testimonia ejus.

[12] Propter nomen tuum, Domine, propitiaberis peccato meo; multum est enim.

[13] Quis est homo qui timet Dominum? legem statuit ei in via quam elegit.

[14] Anima ejus in bonis demorabitur; et semen ejus haereditabit terram.

[15] Firmamentum est Dominus timentibus eum; et testamentum ipsius ut manifestetur illis.

[16] Oculi mei semper ad Dominum, quoniam ipse evellet de laqueo pedes meos.

[17] Respice in me, et miserere mei; quia unicus et pauper sum ego.

[18] Tribulationes cordis mei multiplicatæ sunt; de necessitatibus meis erue me.

[19] Vide humilitatem meam et laborem meum, et dimitte universa delicta mea.

[20] Respice inimicos meos, quoniam multiplicati sunt, et odio iniquo oderunt me.

[21] Custodi animam meam, et erue me; non erubescam, quoniam speravi in te.

[22] Innocentes et recti adhæserunt mihi, quia sustinui te.

[23] Libera, Deus, Israel ex omnibus tribulationibus suis.S

[Vecchio Testamento secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da Mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XXIV

Preghiera che gli incipienti nella giustizia fanno a Dio pel perdono dei peccati e per la grazia di vivere rettamente. È il primo salmo alfabetico, che ha tanti versetti quante lettere dell’alfabeto (22), cominciando il primo dalla prima lettera, il secondo dalla seconda, ecc.; forse per aiuto di memoria.

Per la fine, salmo di David.

1. A te, o Signore, innalzai l’anima mia. Dio mio, in te confido, non abbia io da arrossire;

2.Nè mi deridano i miei nemici; imperocché tutti coloro, che li aspettano, non rimarranno confusi.

3. Sieno confusi tutti coloro, che invano commettono l’iniquità.

4. Mostrami le tue vie, o Signore, e insegnami i tuoi sentieri.

5. Fa ch’io cammini nella tua verità, e ammaestrami; perché tu sei il Dio mio Salvatore, e te ho io aspettato tutto il giorno.

6. Ricordati di tue misericordie, o Signore, delle tue misericordie che furono nei secoli addietro.

7. Non ti ricordare dei delitti di mia giovinezza, né delle mie ignoranze.

8. Secondo la tua misericordia, abbi memoria di me, o Signore, per la tua benignità.

9. Il Signore è buono e giusto; per questo ci darà ai peccatori la legge della via da tenere.

10. Condurrà gli umili alla giustizia; insegnerà le sue vie ai mansueti.

11. Tutte le vie del Signore (sono) misericordia e verità por coloro che cercano il testamento di lui e i suoi comandamenti

12. Pel nome tuo, o Signore, tu perdonerai il mio peccato; perché egli è grande.

13. Che uomo è quello che teme il Signore? (Dio) ha data a lui la legge della via, ch’egli elesse.

14. L’anima di lui sarà nella copia dei beni e la stirpe di lui avrà in retaggio la terra.

15. Il Signore è sostegno di coloro che lo temono; e il testamento di lui è per essere ad essi manifestato.

16. Gli occhi miei sempre rivolti al Signore, perché Egli trarrà dal laccio i miei piedi.

17. A me volgi il tuo sguardo, e abbi pietà di me, perché io son solo e son povero.

18. Le tribolazioni del mio cuore sono moltiplicate; tu mi libera dai miei affanni.

19. Mira la mia abiezione e le mie pene, e perdona tutti i miei peccati.

20. Pon mente ai miei nemici, come son molti di numero e ingiustamente mi odiano.

21. Custodisci l’anima mia, e dammi salute: non abbia io da arrossire perché ho sperato in te.

22. Gli innocenti e quelli di retto cuore si sono uniti con me, perché io ti ho aspettato.

23. O Dio, libera Israele da tutte le sue afflizioni.

Sommario analitico

Questo salmo è una preghiera composta da Davide quando era in preda ai molteplici sforzi dei suoi nemici per perderlo. Gli si può assegnare l’epoca della persecuzione di Saul o meglio ancora, quella di Assalonne. Egli era allora un oggetto di derisione per i suoi nemici, non sapeva dove rifugiarsi e si rimproverava i gravi peccati ai quali fa sovente allusione. Infine ricorda l’umiliazione alla quale è ridotto, la moltitudine dei suoi nemici ed i soggetti fedeli che si erano legati a lui, e prega Dio perché il suo popolo, in previsione degli orrori della guerra civile, sia liberato da tutte le persecuzioni. Nel senso allegorico si può applicare questo salmo a Gesù Cristo che parla in nome e nella persona della Chiesa; è la preghiera di ogni anima penitente in cui il regno di Gesù Cristo non è ancora pienamente stabilito e chiede a Dio di essere diretta nella via che conduce al cielo.

I. – Davide domanda a Dio di fargli conoscere la via nella quale debba camminare: 1) dove egli si sforza di entrare elevando la sua anima a Dio, e mettendo in Lui la sua fiducia, al punto da non dover arrossire e di non essere più oggetto di derisione per i suoi nemici e non essere confuso come tutti coloro che commettono il male senza soggezione (1-3); 2) ove egli prega Dio per essere aiutato con potenza: – a) facendogli conoscere la via dei suoi precetti ed il sentiero dei suoi consigli, dirigendolo Egli stesso in questa via (4), perché Dio è verità e non può ingannare né ingannarsi – b) perché Egli è un Dio salvatore che con il suo sangue ci ha aperto la via che conduce al cielo, – c) perché Egli ama coloro che sperano in Lui ed attendono pazientemente il suo soccorso (5); 3) nell’alleggerirlo del fardello che ritarderebbe la sua marcia, cioè rimettendogli i peccati commessi durante la sua giovinezza e per ignoranza (6, 7).

II. – Dopo aver chiesto a Dio di fargli conoscere la via che conduce a Lui, Davide si eleva più in alto e, contemplando Dio da vicino, invita tutti gli uomini ad avvicinarsi a lui: – 1) egli mostra al termine della via Dio come un vero padre pieno di dolcezza e giusto rimuneratore dei meriti; – 2) presenta la legge che Dio dà: – a) come un maestro che riprende e corregge i peccatori, – b) come una guida sicura che conduce i penitenti, – c) come un dottore che istruisce le anime umili, i perfetti (9, 10); 3) egli descrive questa via nella quale Dio ci impegna e ci conduce, essendo pieno di misericordia e di verità (4); 4) egli enumera i vantaggi ed i frutti che raccolgono coloro che camminano in questa via: – a) il perdono accordato ai peccatori, per la gloria del nome del Dio Salvatore (12); – b) per i veri penitenti, la considerazione continua della legge di Dio (14); – c) l’accrescimento delle virtù, « la sua anima riposerà in mezzo ai beni »; – d) la salvezza dei loro figli e della loro posterità; – e) per i perfetti, una forza granitica, e la manifestazione di Dio (15).

III. – Davide deplora gli impedimenti che lo tengono prigioniero sulla terra e chiede a Dio di esserne liberato: 1) eleva gli occhi a Dio, suo liberatore, e nutre la più viva speranza della sua liberazione (16); 2) non contento di elevare gli occhi, egli apre la bocca ed implora il soccorso divino e presenta a Dio diverse ragioni in appoggio alla sua preghiera: – a) egli è destituito di ogni soccorso e nell’estrema indigenza (17), – b) è nella più grande afflizione (17), – c) è ridotto ad una eccessiva umiliazione; conclude domandando a Dio di essere liberato dalle insidie ove i suoi peccati lo hanno condotto (18); 3) egli ricorda a Dio la moltitudine dei suoi nemici, il loro odio accanito contro di lui e gli chiede di salvare la sua anima, il suo corpo e la sua reputazione contro i loro sforzi uniti, perché egli ha sperato in Dio (20); 4) egli ricorda la fedeltà e l’attaccamento delle persone dabbene alla sua causa, e prega Dio di salvare il suo popolo da tutte le sue tribolazioni (21, 22).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1- 7.

ff. 1, 2, 3. – « Signore, io ho elevato la mia anima verso di Voi, per un desiderio spirituale, essa che era prima ricacciata in terra dai desideri carnali » (S. Agost.). – Primo atto, prima condizione della preghiera, è elevare a Dio la nostra anima forzatamente abbassata, depressa verso la terra per tutto ciò che la circonda. « Il corpo che si corrompe appesantisce l’anima, e questa abitazione terrestre abbatte lo spirito che vuole elevarsi a pensieri più alti » (Sap. IX, 15). – « Esaminiamo le nostre vie, interroghiamole e torniamo al Signore. Leviamo verso Dio che è nei cieli i nostri cuori e le nostre mani » (Lam. III, 40), vale a dire le nostre affezioni con le nostre opere. – Verso chi il Re-Profeta eleva la sua anima? verso Dio! Non è verso i grandi, i potenti della terra. Troppo spesso noi crediamo di poter loro indirizzare le nostre voci, le nostre speranze, le nostre preghiere, le nostre sollecitazioni. Qual frutto ne raccogliamo se non il conoscere per esperienza le volontà cangianti, le parole ingannevoli, le diverse facce dei tempi, le delusioni delle promesse, l’illusione delle amicizie terrene che se ne vanno con gli anni e gli interessi? (Bossuet). – Niente di simile è da temere riponendo tutta la propria fiducia in Dio. « Considerate, figli miei, la moltitudine degli uomini, e sappiate che nessuno di quelli che hanno sperato nel Signore è rimasto confuso » (Eccli. II, 11). – C’è per Dio come per ogni fedele una specie di punto di onore acciocché i loro nemici comuni non rendano la preghiera impotente. – Mio Dio, la fiducia che avevo in me stesso mi ha fatto cadere nelle debolezze della carne; abbandonando Dio, io ho voluto essere come Dio, e temendo allora che il più piccolo degli animali mi desse la morte, ho arrossito a causa degli scherni meritati dal mio orgoglio. Ma ora io rimetto la mia fiducia in Voi, e non devo più arrossire (S. Agost. Su questo Salmo). – Falsa delicatezza di un’anima convertita da poco tempo, è l’apprendere le beffe dei peccatori che sono i suoi nemici più irriducibili. – Occorre porsi al di sopra di questa debolezza, persuadendosi bene che il genio del mondo è quello di beffarsi di ciò che non comprende e che non ama e di ciò che non vuole imitare, di irritarsi per quello che crediamo ed insegniamo dei giudizi di Dio, del suo continuo intervento, della maniera calma con cui rende i suoi giudizi, della lentezza con la quale esegue le sue sentenze. – Tutta le scienza della vita spirituale si condensa in questa espressione; « sospirare verso il Signore », mai disperare del suo soccorso, pazientare nelle attese, perché Egli conosce al meglio i tempi più opportuni per soccorrerci, profittando dei suoi ritardi per umiliarci. La confusione sarà il risultato di coloro che commettono l’iniquità, che insultano la virtù, la religione, la pietà, portandosi fino alla derisione, che è l’ultimo eccesso e come il trionfo dell’orgoglio, ed è parte di quei beffardi il cui giudizio è così prossimo, secondo la parola del saggio (Prov. XIX, 24).

ff. 4, 5. –  «Insegnatemi non le vie larghe che conducono la moltitudine a perdersi, ma gli stretti sentieri, che solo pochi uomini conoscono » (S. Agost.). –Le vie sono i mezzi necessari, i mezzi generali e comuni, cioè la via dei Comandamenti; i sentieri sono come le vocazioni speciali, le vie dei consigli. – Ciascuno di noi ha la sua vocazione, il suo sentiero particolare; non ci sono mai state due vocazioni precisamente identiche dall’inizio del mondo, e non se ne troveranno mai da qui fino al giorno del giudizio. Poco importa quale sia la nostra posizione nella vita, poco importa quanto dei nostri doveri possa sembrare ordinario, poco importa l’aspetto volgare di un’esistenza comune: ciascuno di noi, segretamente, ha questa grande vocazione. Posto questo, occorre ammettere che tutta la vita spirituale va all’avventura, se non è basata sulla conoscenza di questa vocazione o sugli sforzi da fare per scoprirla. Questa vocazione, qualunque essa sia, è la volontà di Dio su di noi; Egli può volere che essa non ci sia pienamente conosciuta, ma vuole però che tentiamo di scoprirla. La santità consiste semplicemente in due cose che sono entrambe uno sforzo: lo sforzo di conoscere la volontà di Dio, e lo sforzo di compierla una volta conosciuta (Faber. Conf. spirit. vocal. speci.). – Bisogna chiedere al più presto a Dio che ci faccia conoscere le sue vie, e che ce le insegni Egli stesso. – I sentieri sono strade strette; è poco conoscere le vie di Dio se non vi si cammina; è poco che Dio ce le insegni, a meno che non ci conduca Egli stesso. Privilegio delle nuova legge è « essere istruiti in tutto da Dio » (Giov VI, 40), essere istruiti non solo della lettera morta e i suoi Comandamenti, ma essere toccati dalla voce interiore ed onnipotente del suo Spirito (Duguet). – Essere condotto dalla verità di Dio, essere istruito nella verità da Colui che non ha detto solamente agli uomini come gli altri maestri: Venite a me, io ho la verità, bensì « Io sono la verità ». Gli altri uomini vogliono dirigerci secondo i loro interessi, le loro idee, le loro inclinazioni, le loro passioni; Dio come nostro Dio, Dio come nostro Salvatore non può dirigerci che secondo le regole della sua eterna Verità. – « Io sono la via, la verità e la vita, la via per la quale bisogna camminare, la verità verso la quale bisogna tendere, la vita nella quale bisogna perseverare; Io sono la via esente dall’errore, la verità pura da ogni menzogna, la vita al riparo dalla morte; Io sono la via nei miei esempi, la verità nelle mie promesse, la vita nelle mie ricompense; Io sono la via sicura, la verità irrevocabile, la vita senza fine; Io sono la via larga e spaziosa, la verità potente ed abbondante, la vita piena di gioia e di gloria » (S. Bern. Sermon. VI, in cæna).

ff. 6, 7. –  L’oblio non può esistere in Dio, la sua misericordia è sempre attiva; essa è antica quanto l’esistenza del male, risale all’inizio dei secoli, copre la terra come gli acque coprono il fondo del mare. Una delle nostre gioie più dolci è sapere che la sua sovrabbondanza sfugge ai nostri sguardi e che non possiamo comprenderla. – Quando, colpiti come siamo in tutte le facoltà della nostra anima, esauriti nelle forze da ferite così profonde, ci sentiamo attaccati da violente tentazioni, soccombenti sotto i piedi delle opposte cupidigie, esposti alle cadute alle debolezze che ci fanno gemere, noi crediamo qualche volta di essere dimenticati da Dio. Ma Dio è la, vicino a noi, la sua misericordia plana su di noi e ci copre con le sue ali (S. Agost. Conf. 1. III, c. III), essa ci sostiene nei nostri combattimenti e nelle nostre cadute. Essa protegge ancora questo cuore da cui Dio si ritira, con i ricordi che si degna di lasciarci, con l’adorabile facilità del suo ritorno, con questa profusione di clemenza che l’anima cristiana sa riconoscere fin nelle punizioni che lo colpiscono, sia per punirlo dei suoi peccati, sia per svegliarlo dal suo torpore. – Occorre pregare Dio di ricordarsi sempre delle sue misericordie, di dimenticarsi dei nostri peccati, ma soprattutto dei peccati di questa età in cui l’uomo sente, più vivamente che in ogni altra, la legge che combatte contro la legge dello spirito, e che lo tiene schiavo sotto la legge del peccato che è nelle sue membra (Rom. VII, 23); … di questa età in cui l’ardore, l’impazienza, l’impetuosità dei desideri, la forza, il vigore, il sangue caldo e ribollente, simile ad un vino fumante, che non permettendo nulla di stantio e di moderato; di questa età in cui tutto si fa con un calore sconsiderato, che si compiace del movimento e del disordine, che non è quasi mai in un’azione composta, che non ha onta che della moderazione e del pudore (Bossuet, Paneg. de S. Barn.); di questa età scossa da tentazioni numerose e terribili, battuta di volta in volta da tutte le tempeste delle passioni con una incredibile violenza, presumendo delle sue forze, mettendo tutta la sua felicità, tutta la sua gloria nel vedere il mondo e ad esserne visto, correndo con furore dietro alle false voluttà, allo splendore delle dignità menzognere o all’attrazione delle false voluttà (S. Agost.). – Sembra che Davide avrebbe voluto dire: ricordatevi di tutte le mie ignoranze che, dal momento che mi devono servire da scusante presso di Voi, è mio interesse che ne conserviate la memoria. È così che ne parla? No, ma dice a Dio: dimenticatele, cancellatele da questo libro terribile che voi produrrete contro di me quando verrete a giudicarmi (Bourdal, Aveug. Spir.). – Le ignoranze della nostra giovinezza o della nostra infanzia, possono ben diminuire la gravità delle nostre colpe, ma non rendere tuttavia la nostra condotta esente da ogni colpa. – Lo stato di ignoranza è senza dubbio quello che oppone l’ostacolo minore ai disegni e all’azione della misericordia divina, purché questa ignoranza non accheti ogni desiderio di verità, e non sia il frutto di qualche cattiva passione. – C’è sempre ignoranza nel peccato, anche nel peccato che è da condannare più duramente, come è il crimine di deicidio, del quale Gesù Cristo diceva: « Padre, perdonate loro, perché non sanno quello che fanno ». Nessuno può volere il male così come tale, perché l’oggetto della volontà non può essere che il bene. Coloro dunque che scelgono il male, lo scelgono sempre in tanto che esso si presenta al loro spirito sotto l’apparenza del bene (Bellar. Le sette parole). – Vi sono due tipi di ignoranza, l’una che viene dalla debolezza e dall’incapacità naturale di intendere ciò che potrebbe essere utile; l’altra è uno spirito ingegnoso nell’ingannare se stesso, avendo la luce sufficiente per comprendere ciò che sia necessario alla salvezza, ma il cui cuore corrotto non può soffrire la rettitudine della Verità che gli comanda di separarsi da ciò che egli ama. Tali spiriti amano la luce della Verità, ma non possono soffrire queste censure. Essa piace loro quando la si scopre, perché è bella; cominciano però ad urtarsi quando scoprono che esse stesse sono deformi. (S. Agost. De la correct, et de la grace).

II. — 8-15.

ff. 8-10. –  « Ricordatevi di me secondo la vostra misericordia », non secondo la collera della quale sono degno, ma secondo la misericordia che è degna di voi, « a causa della vostra bontà, e non a causa dei miei meriti » (S. Agost.). – Il Signore è dolce, perché Egli ha pietà dei peccatori al punto da favorirli con tutte le sue grazie; ma nello stesso tempo Egli è giusto e retto, perché dopo il dono misericordioso della vocazione e del perdono, grazie che essi non avevano potuto meritare, Egli esigerà da loro dei meriti degni del giudizio che Egli eserciterà nell’ultimo giorno (S. Agost.). – La bontà di Dio fa sì che Egli perdoni facilmente: la rettitudine fornisce ai peccatori i mezzi per rientrare nei diritti della giustizia. – Egli è dolce dando gratuitamente la sua grazia, ed è retto nell’esigere il buon uso della grazia che Egli dona; Egli è dolce perché non vuole che noi periamo, Egli è retto perché non dimentica di punirci. Egli è dolce perché è come una madre, è retto perché è come un padre. Egli è dolce per il nostro cuore, è retto per la nostra intelligenza. Egli è dolce perché è la nostra vita, è retto perché è la nostra via. (Hug. Card.). – Mai si devono separare questi due attributi che devono essere presenti nel cuore sia dei giusti che dei peccatori. La sola vista della bontà è capace di portare i peccatori all’impenitenza ed i giusti al rilassamento. La vista della sola giustizia è capace di precipitare gli uni nella disperazione e di diminuire l’umile confidenza negli altri (Dug.). – « Egli dirigerà coloro che sono docili: Egli insegnerà le sue vie a coloro che sono docili », non a coloro che vogliono correre da se stessi in avanti, come se fossero capaci di dirigersi meglio, ma a coloro che non alzano con fierezza la testa e che non si lamentano affatto quando si impone loro un giogo che è pieno di dolcezza ed un fardello che è leggero (S. Agost.). – Dio solo è il maestro dei cuori; Egli ha formato lo spirito ed il cuore dell’uomo, Egli conosce il modo per arrivare a loro, e dirigerli, raddolcirli, ed operare metamorfosi. Egli possiede mezzi all’infinito; ma per essere istruiti da Dio, e fare in modo che divenga efficacemente il nostro maestro, occorre che non abbiamo né orgoglio, né indocilità di cuore. Dio non si rivela che alle anime umili, che il Profeta chiama dolci, perché l’umiltà e la dolcezza sono virtù inseparabili l’una dall’altra.

ff. 11. – Quali vie insegnerà loro se non quella della sua misericordia, che fa che si pieghi facilmente, e quella della sua verità, che fa che Egli sia incorruttibile. Egli ci ha mostrato l’una, perdonando i nostri peccati; Egli ci mostrerà l’altra, giudicando i nostri meriti (S. Agost.). – Se ci sono delle ombre nelle condotte misteriose della Provvidenza di Dio, ci sono anche delle luci; se il velo non può togliersi interamente, Egli può nondimeno dischiuderlo e mostrare a quelli che cercano con ardore di conoscere la legge divina che le vie di Dio sono tutte piene di misericordia e di verità. È a questi che Egli dà a vedere in tutta la sua condotta una economia ammirabile ed una mescolanza tutta divina di questa giustizia e di questa misericordia che Egli esercita sugli uomini, proporzionando i mali ed i beni di questa vita ai disegni di misericordia o di giustizia che ha su di essi.

ff. 12-14. –  L’enormità e la moltitudine dei peccati per coloro che ne hanno un vero pentimento, sono una ragione per sperarne il perdono. Il nome di Dio non è mai tanto glorificato se non con l’esercizio e la manifestazione di questa grande misericordia. « A causa del suo nome » e qual è questo Nome? Il Nome di Gesù. « Voi Gli darete il nome di Gesù, cioè Salvatore, perché è Lui che salverà il suo popolo dai suoi peccati » (Matt. I, 21). – Altri hanno portato questo nome per aver liberato il popolo da una lunga prigionia, o dai pericoli della guerra, o dagli orrori della carestia. Ogni lingua deve confessare che questi è un Salvatore a miglior titolo, perché non viene per salvarci come gli altri, dalle pene o da qualche conseguenza di peccato; Egli viene a salvarci dal peccato stesso, ed estirpando il male fin dalla radice, è il vero liberatore ed il Salvatore per eccellenza (Bossuet, III Serm. Circ.). – « Chi è che teme il Signore »? Domanda giusta e fondata, ma terribile. In effetti ce n’è pochi che hanno veramente questo timore salutare! « Felice l’uomo che ha ricevuto il dono del timor di Dio! Colui che lo possiede a chi sarà comparato? » (Eccli. XXV, 25). – Questa via che l’uomo che teme Dio ha scelto, è lo stato particolare della vita al quale si è determinato, la vocazione speciale alla quale egli ha risposto, il genere di perfezione che ha abbracciato. – Ovunque arrivi, sarà felice, ed i suoi figli gioiranno della medesima gioia, sia in questa vita, sia nell’altra. – Il timore sembra riservato ai deboli e sembra essere l’appannaggio delle persone timide; ma il timore del Signore rende più forti, perché il Signore è il fermo appoggio di quelli che Lo temono (S. Agost.). – Si può essere anche molto versati nella scienza divina, si può aver approfondite le questioni più elevate della teologia, e ciò nondimeno essere lontani da Dio e conoscere molto poco della sua santa legge, di questa conoscenza viva e pratica come la ebbero i Santi che, sotto la guida e la scuola di Dio stesso, ne scoprirono rapporti sconosciuti ai sapienti.

ff. 16-22. –  « I miei occhi sono sempre al Signore; perché Egli liberi i miei piedi dalle reti e dalle trappole ». Sei caduto nelle reti delle avversità? Oh! Non guardare la tua disavventura, né le trappole in cui sei finito; guarda Dio e lascialo fare, Egli avrà cura di te; « … poni il tuo pensiero su di Lui, ed Egli ti nutrirà ». Perché tu vuoi immischiarti nel volere o non volere gli avvenimenti e gli accidenti del mondo? tu non sai ciò che devi volere, e quel che Dio vorrà per te, sempre a tuo vantaggio, e tutto ciò che tu potrai volere senza che ti metta in pena? (S. Franc. De Sales. Tratt. dell’am. di Dio, IX, c. XV). – « Gli occhi del Profeta non si volgono per contemplare ed ammirare il vano spettacolo delle cose nuove; essi non si fermano a considerare la bellezza dei corpi, scoglio frequente del pudore; essi non si lasciano prendere dal lavorio ricercato degli abiti preziosi, dal candore temperato dell’argento, dallo splendore seducente dell’oro, dal vano brillare delle pietre, etc.; ma, in mezzo a tutte queste opere magnifiche, essi si levano fino all’Autore di tutte queste meraviglie » (S. Ilar. Su questo Sal.). – Guardiamo sempre Dio come l’unico dal quale si attende il soccorso. Con questo sguardo, non c’è nessuna trappola da cui non potersi liberare. – Questo è il modello della vera orazione mentale: non si tratta che di girare gli occhi dell’anima, cioè l’attenzione dello spirito e le affezioni della volontà, verso il Signore (Berthier). – Mezzo infallibile per attirare questo sguardo favorevole di Dio, è il riconoscere la propria povertà, il proprio niente, la propria indigenza, la propria debolezza, la propria impotenza per ogni tipo di bene (Dug.). – Io alzo gli occhi verso di Voi, abbassate il vostro sguardo su di me per la vostra misericordia. Il mio dovere è quello di amarvi, a Voi il salvarmi! « Perché io sono solo, unico », conservando l’unità della vostra Chiesa che è unica, che nessuno scisma, nessuna eresia mi possano raggiungere, perseverando nell’unità della fede, della speranza e della carità; perché io sono il vostro povero, che non cerca al di sopra di Voi né l’oro, né l’argento, né i possedimenti, né le ricchezze. Io non mi presumo, non sono gonfio dei miei meriti, ma sono dolce ed umile di cuore e che non cerca nulla se non Voi. Gettate dunque gli sguardi su questo povero solitario ed abbiate pietà di lui (Ruffin, sul salmo). – Siamo ridotti a necessità spirituali, anche dopo che i nostri peccati siano stati perdonati: ancora abbattuti da mortali e perniciosi languori; feriti in tutte le facoltà della nostra anima, svuotati di forze da queste profonde lesioni, noi non facciamo che vani sforzi. Abbiamo mai preso una generosa risoluzione il cui effetto non ci abbia ben presto smentito? Abbiamo mai avuto un buon pensiero che non sia stato contrariato da qualche cattivo desiderio? Abbiamo mai iniziato una azione virtuosa in cui il peccato non si sia come messo di traverso? Si mescolano quasi sempre certi compiacimenti che vengono dall’amor proprio, e tanti altri peccati sconosciuti che si nascondono nelle pieghe della nostra coscienza, che è un abisso senza fondo, impenetrabile a noi stessi (Bossuet, Conc. de la S.te V.). – « Maledetto l’uomo che io sono, chi mi libererà da questo corpo di morte »? la grazia di Dio, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, che solo ci salva dai peccati, rimettendo quelli commessi ed aiutandoci a non commetterne più, conducendoci alla vita ove non se ne possono più commettere (S. Agost.). – Indirizziamoci a Lui: « Vedete le mie umiliazioni e la mia pena, etc. », c’è una moltitudine spaventosa di nemici che ci circondano e che vogliono perderci. – Di tutti i nemici che ci attaccano, quelli della salvezza sono i più accaniti, i più protervi; l’odio che ci portano è oltremodo ingiusto, perché essi non possono trovare nella nostra perdita altra soddisfazione che la maligna gioia che viene ai malvagi nell’avere dei complici, dei compagni dei loro errori e dei loro tormenti. – Moltitudine non meno grande è quella dei nemici interiori, delle nostre passioni, delle nostre cattive inclinazioni, etc. – Gli innocenti ed i giusti non si congiungono a me con una presenza corporea, come i malvagi; ma essi si legano a me mediante l’accordo intimo dei cuori, fondato sull’innocenza e la giustizia, e questo perché io non sono portato ad imitare i malvagi, ma vi sono rimasto fedele, aspettando la separazione che farete del grano dalla pula nella vostra ultima mietitura (S. Agost.).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.