SALMI BIBLICI: “SALVUM ME FAC, DOMINE” (XI)

SALMO 11: “Salvum me fac Domine”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

TOME PREMIER.

PARIS

LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR

13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.


Salmo 11: Salvum me fac, Domine

In finem, pro octava. Psalmus David.

[1] Salvum me fac, Domine,

quoniam defecit sanctus, quoniam diminutæ sunt veritates a filiis hominum.

[2] Vana locuti sunt unusquisque ad proximum suum; labia dolosa, in corde et corde locuti sunt.

[3] Disperdat Dominus universa labia dolosa, et linguam magniloquam.

[4] Qui dixerunt: Linguam nostram magnificabimus; labia nostra a nobis sunt. Quis noster dominus est?

[5] Propter miseriam inopum, et gemitum pauperum, nunc exsurgam, dicit Dominus.

[6] Ponam in salutari; fiducialiter agam in eo.

[7] Eloquia Domini, eloquia casta; argentum igne examinatum, probatum terræ, purgatum septuplum.

[8] Tu, Domine, servabis nos, et custodies nos a generatione hac in æternum.

[9] In circuitu impii ambulant: secundum altitudinem tuam multiplicasti filios hominum.

SALMO XI

[Vecchio Testamento secondo la Volgata

Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI, Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

Le parole degli uomini, per lo più, son fallaci; quelle di Dio vere e fedeli. È dunque da confidar in Dio non negli uomini.

Per la fine, per la ottava, salmo di David.

1. Salvami, o Signore, dappoiché non riman più un santo; dappoiché la verità è venuta meno tra’ figliuoli degli uomini.

2. Hanno parlato ciascun di loro con bugia al suo prossimo;

3. labbra ingannatrici hanno parlato con doppio cuore.

4. Stermini il Signore tutte le labbra Ingannatrici e la lingua altitonante.

5. Eglino han detto: Noi colla nostra lingua farem cose grandi; delle nostre labbra siamo padroni; chi è che ci comandi?

6. A motivo della desolazione de’ miserabili, e pe’ gemiti de’ poveri, adesso io mi leverò su, dice il Signore. Lo stabilirò nella salute; agirò liberamente per lui.

7. Le parole del Signore, parole caste, argento passato pel fuoco, provato nel crogiuolo di terrà, raffinate sette volte.

8. Tu, o Signore, ci salverai; e ci difenderai da questa generazione di uomini in eterno.

9. Gli empi van girando all’intorno; secondo l’altissima tua sapienza tu hai moltiplicati i figliuoli degli uomini.

Sommario analitico

Preghiera di Davide rinchiuso nella città di Ceila. Quando Saul dice: il Signore lo ha liberato dalle mie mani; egli è rinchiuso perché è entrato in una città dove ci sono porte e serrature (I Re, XXIII, 7).

Davide dichiara:

I. – Che egli non poggia le sue speranze sugli uomini:

1) Perché sono tutti oppositori della volontà di Dio:– a) nella loro volontà, per cui rigettano la santità; b) nella loro intelligenza, dove tutte le virtù vengono alterate (2); c) nei loro discorsi, che non sono altro che vanità e menzogna; d) nei loro cuori, ove tramano ogni sorta di frode (3).

2) Perché essi saranno puniti da Dio: a) a causa delle loro menzogne e delle loro falsità; b) a causa del loro orgoglio e dell’arroganza nei loro discorsi; c) a causa delle loro bestemmie e dell’indipendenza che ostentano davanti a Dio (4).

II. –  Egli ripone la sua fiducia interamente in Dio solo, che viene in soccorso agli oppressi, perché vi è determinato:

1. dallo spettacolo della loro miseria e della loro afflizione; 2) dai loro gemiti e dalle loro preghiere (5); 3) dalle sue promesse, di cui David esalta la sincerità e la fedeltà, di cui mostra gli effetti. – a) per la protezione che accorda ai giusti (6-8); b) per la repressione degli empi, condannati a girare in cerchio, senza mai avanzare; c) per il moltiplicarsi dei suoi veri servitori, o se si vuole, per il moltiplicarsi dei malvagi, che permette nella profondità dei suoi segreti (9).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-4.

ff. 1. –  Mai i Santi, mai i veri Cristiani, gli uomini di fede e di carità, furono meno numerosi. All’incontrario di ciò che diceva Tertulliano nella sua Apologetica, questi sono i veri fedeli che oggi dovrebbero spaventarsi della solitudine nella pratica dei doveri del Cristianesimo, la frequentazione dei nostri templi, la partecipazione ai Sacramenti, etc. – I Santi sono mancanti o spariti, vale a dire che i Santi stessi che esistevano sono stati affetti dal progresso dei vizi e sono caduti nel male che li ha coinvolti. « Non sapete, diceva San Paolo (I Cor. V, 6), che un po’ di lievito è sufficiente a corrompere tutta la massa? » (S. Chrys.). – Saremo arrivati a questi tempi maledetti di cui il Signore ha detto: « Pensate che il Figlio dell’uomo, quando verrà sulla terra, vi troverà ancora la fede? » (Luca XVIII, 8). – La virtù è cosa difficile e che presenta delle serie difficoltà, soprattutto quando chi la pratica è solo e senza compagni di viaggio. La società è l’unione dei fratelli tra loro vi è un potente incoraggiamento. Ciò che rende gli antichi Patriarchi degni di ogni elogio, non è il fatto che essi abbiano sempre seguito il cammino della virtù, ma che essi abbiano proceduto da soli, quando sulla terra non si vedeva alcun germe di virtù, alcun uomo che ne seguisse le prescrizioni (S. Chrys.). Condurre una vita innocente lontano dalla comune corruzione, non è una prova tanto difficile affinché Dio conosca la fedeltà dei suoi servitori; ma il lasciarli con i malvagi e far loro osservare la giustizia; far respirare loro la stessa aria e preservarli dal contagio; lasciarli in mezzo agli esterni rompendo il rapporto interiore: allora l’opera è degna della sua potenza, e la prova è degna dei suoi eletti (Bossuet). – Il piccolo numero di Santi, di veri Cristiani, è la vera tentazione per quegli stessi che sono di questo numero. La ferma risoluzione di far ciò che quasi nessuno pratica, è una virtù tanto più meritoria quanto meno comune (Duguet). – Salvatemi, Signore, perché l’iniquità si è moltiplicata tra i figli degli uomini, e « non si vedono dei Santi ». Tutto è pieno di questi chiamati che non vogliono non solo pensare che alla loro vocazione, né ricordarsi di essere Cristiani (Bossuet). – In quale secolo, più del nostro, può dirsi che la Santità sia spenta, che le verità siano sminuite? Verità dogmatiche, verità morali, verità naturali, verità sociali, etc., sono l’oggetto di contraddizioni senza numero e di negazioni audaci. – Non bisogna persuadersi che il Profeta si lamenti qui degli infedeli e degli idolatri, questi non sminuiscono solo le verità, ma le disconoscono; egli si lamenta qui dei Figli di Dio, che non le possono intendere a causa della loro evidenza, le ritrattano e le adattano al grado delle loro passioni. Perché il mondo non ha cominciato ad operare una distinzione tra i vizi? Noi volentieri ci lanciamo nell’esecrare e nell’odiare l’avarizia, la crudeltà, la perfidia. Mettiamo in onore però, come delle passioni delicate, i vizi delle persone dabbene. Ma cosa sciaguratamente intraprendiamo? Gesù Cristo è forse diviso? Da dove viene un sì grande disordine se non dal fatto che le verità sono sminuite? Sminuite nella loro purezza, perché le si falsifica o le si mescola; sminuite nella loro integrità, perché vengono troncate o tagliate; sminuite nella loro maestà, perché mancando di penetrarle, si perde il rispetto che è loro dovuto, si sviliscono, si toglie tutta la loro grandezza che appena vediamo; questi grandi astri non sembrano che un piccolo punto luminoso, tanto li allontaniamo da noi, e così tanto la nostra vista è lontana è turbata dalle nebbie fitte della nostra ignoranza e dei nostri preconcetti (Bossuet, Serm., sur la Pred, Ev.). – Deplorevole è frivolezza dei Cristiani odierni. I nostri dogmi più venerabili, i nostri misteri più profondi, le verità più incrollabili, essi le trovano leggere, indifferenti, quasi irrisorie, e ne fanno un Cristianesimo menomato, « … delle verità sminuite », dei precetti raddolciti, una morale attenuata; nulla di ciò che è grande e forte è alla loro pari, e non conviene al loro affievolimento. – Il salmista ha detto: « … perché è mancato un guadagno, le verità sono state dimezzate, sminuite tra i figli dell’uomo ». Ed io dirò volentieri « Poiché un Santo è apparso, è sorto, le verità sono rifiorite, hanno ripreso la loro forza ed il loro vigore. Si, un Santo riporta la verità ai suoi giorni, la rimette in credito, la vendica, la resuscita, la rende popolare … Un Santo tutto da solo fa indietreggiare tutta la generazione contemporanea, egli ha ragione contro tutti, resta maestro del campo (Mgr. Pie, Pan. De B. Labiée).

ff. 2. – Vi sono due tipi di intrattenimenti che gli uomini tengono gli uni con gli altri, I primi sono per divagarsi, gli altri per ingannarsi. Intrattenersi con notizie più o meno vane e frivole, è l’occupazione più ordinaria di una parte degli uomini. Cercare di ingannarsi, usando per questo degli artifizi e dei mascheramenti, avere un cuore doppio, l’uno secondo ciò che si pensa, l’altro secondo ciò che si dice, è un esercizio non meno in auge dei primi. (Duguet). – Anche Bossuet, nell’elogio ad una pia principessa, faceva questa considerazione: che la vanità e le maldicenze che sottendono a tutte le attività del mondo, gli facevano temere tutti i Cristiani, e che nulla gli pareva più gradevole e sicuro della solitudine (Or. Fun. d’Ann. de G.). –

ff. 3. –  Il profeta non chiede a Dio di perdere questi uomini ingannatori, ma di mettere fine ai loro discorsi iniqui. Non è la loro natura che spera sia annientata, ma il loro linguaggio, la loro arroganza, la loro astuzia artificiosa, il loro orgoglio (S. Chrys.). – Due sono i tipi di peccatori che il Profeta ha qui in vista: gli uni sono i furbi, doppiamente ipocriti, che si contraffanno esteriormente; gli altri, gli orgogliosi, gli insolenti, dichiarati contro le verità della Religione e che cercano di distruggerla con i loro discorsi o con i loro scritti. Il Signore distruggerà un giorno questi discorsi perniciosi, se essi non si correggono. Egli non perde mai i diritti della sua giustizia, e la sua lunga pazienza è come il preludio di un giudizio più terribile.

ff. 4. –  Bisogna aver perso il senso e la ragione per tenere tale linguaggio … le vostre labbra non sono vostre ma del Signore. È Lui che le ha fatte, le ha disposte ed ha dato loro vita. Malgrado ciò queste labbra sono le vostre. Sì, senza dubbio, ma tutte le cose che abbiamo non ci appartengono. Non abbiamo noi tra le mani il denaro il cui deposito ci è stato affidato? Non abbiamo in affitto i campi che ci sono stati dati? Dio ci ha dunque consegnato questi doni per farli fruttare, non ci ha dato l’orgoglio o la frode, ma l’umiltà, la carità (S. Chrys.). – « Le nostre labbra sapranno difenderci da sole, chi sarà il nostro maestro? » O parole diaboliche! Ma come, voi vedete tutta la creazione proclamare l’impero del vostro Signore, la sua saggezza, la sua provvidenza; il vostro corpo, la vostra anima, la vostra vita, tutte le creature visibili ed invisibili sembrano prendere voce per celebrare la potenza del Creatore, e voi dite: « chi è il nostro maestro? » (S. Chrys.) – Pensare, parlare in tal modo significa volersi rendere pari a Dio, come il Profeta rimprovera al re di Tyr (Ezech. XXVIII, 2). – In effetti, dice Bossuet, siccome Dio è la fonte del bene ed il centro di tutte le cose, siccome Egli è il solo saggio ed il solo potente, a Lui compete occuparsi di Se stesso, di rapportare tutto a Se stesso … Quando dunque una creatura si rimira nella sua virtù, si acceca nella sua potenza, si compiace nelle sue attività, si occupa infine interamente delle proprie perfezioni, ella agisce alla maniera di Dio, e malgrado la sua miseria e la sua indigenza, imita la pienezza di questo primo Essere. Così quest’uomo abile che domina in un consesso e raduna tutti gli spiriti con la forza dei suoi discorsi, preso dalla pretesa superiorità del suo genio a gestire gli uomini e gli affari, quando crede che il suo ragionare e la sua eloquenza, e non la mano di Dio, abbia rivoltato i cuori, non dice forse tacitamente: « le nostre labbra difendono noi stessi » e siamo noi che abbiamo trovato queste belle parole che hanno colpito tutto il mondo? (Bossuet, Serm. Sur l’honneur, Elév. XXIII, S. IV, 2). – La profanazione delle più criminali della parola di Dio, è il servirsene per acquisire successo, considerazione, onore con il dono della parola, l’elevazione dei pensieri, la perfezione dello stile; è temerarietà imperdonabile per un predicatore raggiungere la conversione delle anime con i grandi sforzi della sua eloquenza. – L’orgoglio è il carattere saliente della nostra civiltà contemporanea. Da ogni parte della società, librata senza freni all’idea rivoluzionaria, si leva un clamore orgoglioso: « Noi apparteniamo a noi stessi, chi abbiamo come maestro? » È il grido della scienza; essa ha abbattuto il giogo della fede; nel suo nome “indipendenza”, si lancia in tutte le stravaganze, piuttosto che ricevere qualche barlume e qualche direttiva di verità da Dio. – È il grido della morale che rifiuta il punto d’appoggio, il solo possibile, che gli darebbe la legge e la sanzione divina; essa si chiama « morale indipendente », e non è indipendente che da una cosa sola: la virtù. – È il grido della politica: Dio non è più nulla nei consigli della politica umana; l’uomo conduce gli affari e governerà tutto oramai al di fuori da Lui. È stato da sempre questo il grido dei ricchi e dei potenti di questo mondo, allorché Voltaire li ha ricondotti a tutti i soffi della sua audace empietà. È ora anche il grido degli ultimi figli del popolo, che in fondo al loro muoversi, e nel mezzo delle loro orge, non hanno più altra conclusione ai loro inetti ragionamenti, né altri ritornelli delle loro brutali canzoni se non: « … Le nostre labbra ci appartengono, e chi è il nostro maestro? » (Doublet, Ps. Étud. En vue de la Pred. I. 54).

ff. 5. –  I poveri hanno una potenza vantaggiosa, e non è che ai poveri ed ai poveri contriti ed umiliati che Dio accorda il suo soccorso nel mezzo delle loro prove. Le loro sofferenze, le loro afflizioni sono esse sole un appoggio più grande dell’eloquenza, i loro gemiti hanno una forza incomparabile, poiché esse sono sufficienti per attirare il soccorso di Dio (S. Chrys.). – I loro sospiri, i loro gemiti, sono più potenti di qualsiasi credito, di tutte le ricchezze di coloro che li opprimono: li si vede perire, e tutto è muto per essi. Se qualcuno li compatisce, nessuno però li difende. Ma se le loro lacrime cadono dagli occhi a terra, risalgono poi dalla terra al cielo, e arriverà il tempo in cui Colui che sembrava dormire, si sveglierà e si alzerà a prendere la loro difesa (Duguet). – È soprattutto nel gran giorno del giudizio che Dio compirà questa promessa in tutta la sua ampiezza. A causa della miseria di coloro che sono senza soccorso e dei gemiti dei poveri, « … ora, Io mi leverò, dice il Signore ». A sentire Dio parlare così, non si direbbe che il giudizio finale, benché universale, non debba essere che per i poveri e che esso non abbia come termine e fine quello di far loro giustizia? A vedere come il Figlio di Dio, che lo deve presiedere, si comporterà e procederà, non si direbbe che ogni giudizio del mondo debba vertere sulla cura dei poveri, e che da questo debba dipendere assolutamente ed essenzialmente la sorte degli uomini? (Bourdal, Jug. Dern.).

ff. 6. – Qual è il senso di queste parole? Io prenderò la loro difesa apertamente, pubblicamente e in tutta libertà, di modo che tutti ne siano visibilmente testimoni. Talvolta Dio ci salva con il minimo clamore e attraverso vie nascoste, perché Egli nulla ha a che fare con la gloria che viene dagli uomini. Qui invece, come fanno gli oppressori dei poveri, si utilizzano l’insulto e l’oltraggio, ma Egli dichiara che li salverà in modo eclatante, che agirà come Dio e che farà conoscere a tutto il mondo che Egli può e sa punire quando vuole (S. Chrys.). A causa della vostra afflizione, arrivata al limite estremo, a causa della vostra impotenza che confessate con i vostri gemiti, « ora Io mi leverò, dice il Signore »; Io ricostruirò l’edificio secondo i piani che voi non avete concepito; Io metterò la vostra salvezza nelle condizioni che voi non avete voluto. Il Salvatore verrà dalla mia mano e non dalla vostra. In Lui e per Lui Io opererò con fiducia; in Lui e per Lui Io agirò con braccio fermo e non trattenuto.  (Mgr. Pie, tom. VIII, p. 13).

ff. 7. – La parola degli uomini è soggetta a tante eccezioni, a vicissitudini, ad avvenimenti che la cambiano o la alterano, per cui non ci si può fidare assolutamente. Chi, per poco che abbia vissuto, non ha conosciuto per esperienza le volontà cangianti, come dice Bossuet, le parole ingannevoli, le diverse facce dei tempi, le delusioni delle promesse, l’illusione delle amicizie terrene che vanno con gli anni e gli interessi, e la profonda oscurità dei cuori dell’uomo, che non sa mai ciò che vorrà, che spesso non sa bene ciò che vuole, e che non è meno occulto né meno ingannevole per se stesso che per gli altri? (Or. fun. d’Ann. De G.). Non c’è che Dio sempre fedele alla sua parola, perché Lui solo è essenzialmente vero, Lui solo è maestro dei tempi e degli avvenimenti, ed è sempre disposto a dare più di quanto abbia mai promesso. Molti predicano la verità, ma non in maniera pura, perché la vendono a prezzo dei vantaggi del mondo (Fil. I, 17). Questa parola deve essere annunziata invece con purezza, vale a dire senza altro fine se non la gloria di Dio (S. Agost.).

ff. 8. – Occorre avere incessantemente questo sentimento nello spirito e nel cuore: Dio mi conserverà, mi proteggerà sia nel tempo presente, sia nell’eternità. – È da evitare, nello stesso tempo in questa vita, la società dei malvagi, cosa che rappresenta il mezzo più sicuro per essere eternamente al riparo dalla loro corruzione.

ff. 9. – Gli empi marciano in un cerchio di empietà ed errori, nella cupidigia delle cose temporali, cerchio che gira su se stesso come una ruota, senza che possano mai arrivare alla via della verità, nella quale non si gira più (S. Agost.). « Gli empi girano incessantemente in un cerchio »: i bagliori della fede si spegnono e l’autorità di Dio è disprezzata, essi ignorano necessariamente il punto dal quale sono partiti, la ruota con cui girano, e lo scopo al quale aspirano; non tendendo più a nulla, essi non sanno più chi sono, cosa debbano, né cosa vogliano (M. de Buol.. sur l’incréd.). – La loro vita è un cerchio; essi corrono da un errore all’altro, da una voluttà all’altra, e tornano sempre al loro punto di partenza, che è l’oblio di Dio; essi sono oggi ciò che erano ieri, domani saranno come oggi, l’anno venturo come l’attuale. – Convertirsi a Dio e allontanarsi dal proprio peccato, è il maledetto cerchio intorno al quale girano un gran numero di peccatori, che arrivano così alla morte senza mai giungere all’eternità beata. – « Gli empi girano nello stesso cerchio », essi rifanno davanti a noi ciò con cui hanno atterrito altri secoli; l’inferno ricomincia uno di questi drammi che sembrava inizialmente sanguinoso e terribile, ma il cui denudamento lo mostra ridicolo. La guerra che si fa alla Chiesa e alla società, rivela – lo confessiamo – una potenza ed un’audacia non comune; i pericoli che corriamo sono estremi; ma rassicuriamoci:, il male – come sempre – sarà vinto in mezzo ai suoi più grandi trionfi, nei tempi precisi del suo dominio più generale. Né questa dominazione né questa caduta, sono cose nuove: già da tempo il Salmista scriveva: « Signore, Voi lo avete abbattuto nei tempi della più grande elevazione » (Doublet, Psaumes, t. III, p. 284).