DOMENICA VI DOPO PENTECOSTE (2019)

DOMENICA VI DOPO PENTECOSTE

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XXVII: 8-9 Dóminus fortitudo plebis suæ, et protéctor salutárium Christi sui est: salvum fac pópulum tuum, Dómine, et benedic hereditáti tuæ, et rege eos usque in sæculum. [Il Signore è la forza del suo popolo, e presidio salutare per il suo Unto: salva, o Signore, il tuo popolo, e benedici i tuoi figli, e govérnali fino alla fine dei secoli.]

Ps XXVII: 1 Ad te, Dómine, clamábo, Deus meus, ne síleas a me: ne quando táceas a me, et assimilábor descendéntibus in lacum. [O Signore, Te invoco, o mio Dio: non startene muto con me, perché col tuo silenzio io non assomigli a coloro che discendono nella tomba.]

Dóminus fortitudo plebis suæ, et protéctor salutárium Christi sui est: salvum fac pópulum tuum, Dómine, et benedic hereditáti tuæ, et rege eos usque in sæculum. [Il Signore è la forza del suo popolo, e presidio salutare per il suo Unto: salva, o Signore, il tuo popolo, e benedici i tuoi figli, e govérnali fino alla fine dei secoli.]

Oratio

Orémus.

Deus virtútum, cujus est totum quod est óptimum: ínsere pectóribus nostris amórem tui nóminis, et præsta in nobis religiónis augméntum; ut, quæ sunt bona, nútrias, ac pietátis stúdio, quæ sunt nutríta, custódias. [O Dio onnipotente, cui appartiene tutto quanto è ottimo: infondi nei nostri cuori l’amore del tuo nome, e accresci in noi la virtú della religione; affinché quanto di buono è in noi Tu lo nutra e, con la pratica della pietà, conservi quanto hai nutrito.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Romános. Rom. VI: 3-11

“Fratres: Quicúmque baptizáti sumus in Christo Jesu, in morte ipsíus baptizáti sumus. Consepúlti enim sumus cum illo per baptísmum in mortem: ut, quómodo Christus surréxit a mórtuis per glóriam Patris, ita et nos in novitáte vitæ ambulémus. Si enim complantáti facti sumus similitúdini mortis ejus: simul et resurrectiónis érimus. Hoc sciéntes, quia vetus homo noster simul crucifíxus est: ut destruátur corpus peccáti, et ultra non serviámus peccáto. Qui enim mórtuus est, justificátus est a peccáto. Si autem mórtui sumus cum Christo: crédimus, quia simul étiam vivémus cum Christo: sciéntes, quod Christus resurgens ex mórtuis, jam non móritur, mors illi ultra non dominábitur. Quod enim mórtuus est peccáto, mórtuus est semel: quod autem vivit, vivit Deo. Ita et vos existimáte, vos mórtuos quidem esse peccáto, vivéntes autem Deo, in Christo Jesu, Dómino nostro”.

Omelia I

[A. Castellazzi: La scuola degli Apostoli – Sc. Tip. Vescov. Artigianelli, Pavia, 1929]

IL BATTESIMO

“Fratelli,  quanti siamo stati battezzati in Gesù Cristo, siamo stati battezzati nella morte di Lui. Per il battesimo siamo stati, dunque, sepolti con Lui nella morte; affinché a quel modo che Gesù Cristo risuscitò dalla morte, mediante la gloria del Padre, così, anche noi viviamo una nuova vita. Infatti, se siamo stati innestati a Lui per la somiglianza della sua morte, lo saremo anche per quella della resurrezione; ben sapendo che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso in Lui, affinché il corpo del peccato fosse distrutto, sicché non serviamo più al peccato. Ora, se siamo morti con Cristo crediamo che vivremo pure con Cristo; perché sappiamo che Cristo risuscitato da morte non muore più: la morte non ha più dominio su di Lui. La sua morte fu una morte al peccato una volta per sempre; e la sua vita la vive a Dio. Alla stessa guisa, anche voi consideratevi morti al peccato e viventi a Dio in Cristo Gesù Signor nostro.

(Rom. VI, 3-11).

Nell’Epistola di quest’oggi, che è tolta dalla lettera ai Romani, sono messe in relazione col Battesimo la morte, la sepoltura e la risurrezione di Gesù Cristo. Il Battesimo, mediante il quale l’uomo diventa membro del mistico corpo del Redentore, significa tanto la morte, la sepoltura e la risurrezione di Gesù Cristo, quanto la morte dell’uomo al peccato e la sua risurrezione alla vita della grazia. L’uomo, morto al peccato, non deve più farsene schiavo. Gesù Cristo dalla tomba, risorse alla vita nuova per la, gloria del Padre. Il Cristiano, dal fonte battesimale, risorge con Gesù Cristo a una vita nuova, tutta consacrata a Dio. Il cristiano deve pensare frequentemente al Battesimo, che ci ricorda:

1. Che siamo morti al peccato e liberati dalla schiavitù di satana,

2. Che siamo risorti alla vita della grazia,

3. Nella quale dobbiamo perseverare.

1.

Quanti siamo stati battezzati in Gesù Cristo, siamo stati battezzati nella morte di Lui. Queste parole alludonoalla maniera con cui veniva amministrato il Battesimo nei primi tempi della Chiesa. Il battezzando veniva immerso nell’acqua, e subito ne usciva. L’immersione nell’acqua rappresentava la morte e la sepoltura del Redentore;e vi era pure significata la morte mistica del neofito; la sepoltura del vecchio uomo con i suoi peccati. Infatti, nel Battesimo, per virtù dello Spirito Santo, vengono pienamente cancellati tutti i peccati. Cancellati i peccati, anche il dominio di satana cessa. L’anima che era schiava diventa libera; «Poiché il demonio non può dominare che per mezzo dei peccati» (S. Agostino. En. In Ps. LXXII, 5).Coloro che nel Battesimo sono liberati dal peccato «lasciano oppresso nell’acqua il demonio, antico dominatore» (Tertulliano. De Baptismo. 9. 2). – Dell’importanza di questa liberazione dal giogo di satana è tutta piena la liturgia del Battesimo. Subito, in principio della cerimonia, il sacerdote, dopo che ha ammonito il battezzando sull’osservanza dei comandamenti e sull’amor di Dio, si rivolge allo spirito delle tenebre, e gli intima: «Esci da lui, o spirito immondo, e cedi il luogo allo Spirito Santo Consolatore». Segnato con un duplice segno di croce, il battezzando si rivolge ancora allo spirito delle tenebre e gli fa sentire l’ingiunzione da parte di Dio. «Ti esorcizzo, spirito immondo, nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, perché t’allontani da questo servo di Dio. Te lo comanda, dannato maledetto, colui che camminò sul mare, e porse la destra a Pietro che stava per sommergersi». Introdotto il battezzando in chiesa, dopo altre cerimonie, prima che venga battezzato, il sacerdote gli domanda: «Rinunci a satana… e a tutte le sue opere… e a tutte le sue pompe?». Dopo la triplice dichiarazione di rinuncia al demonio, alle sue opere, alle sue pompe si procede ad altri riti, e finalmente al Battesimo. – I primi Cristiani, innanzi di ricevere il Battesimo venivano a lungo istruiti sull’importanza di queste cerimonie. Così si fa ancora di regola generale, anche oggi nei paesi infedeli. Da noi, specialmente per assicurare la salvezza dell’anima contro le sorprese della morte, il Battesimo si amministra, in via ordinaria, ai bambini. Ma questa circostanza non ci sottrae all’obbligo di stare alle rinunce fatte per noi dai padrini. Ogni promessa è debito, sia essa fatta da noi, sia fatta da altri per noi. Neppure ci sottrae all’obbligo di istruirci sugli effetti del Battesimo. II Cristiano non ringrazierà mai abbastanza Dio, che nel Battesimo gli ha tolto la macchia del peccato che deturpava l’anima sua, che ha spezzato i vincoli che lo tenevano legato a satana, liberandolo dal suo dominio. Il Cristiano non farà mai troppo per restar fedele alle promesse e alle rinunce fatte nel Battesimo, se non vuol essere un Cristiano solamente di nome.

2.

Per il Battesimo siamo stati, dunque, sepolti con Lui nella morte; affinché a quel modo che Gesù Cristo risuscitò da morte, mediante la gloria del Padre, così, anche noi viviamo una nuova vita. Il Battesimo che ci unisce a Gesù nella morte e nella sepoltura, ci unisce pure con Lui nella risurrezione. Per la gloriosa potenza del Padre, Gesù Cristo è risuscitato da morte a vita immortale: e noi partecipiamo alla sua risurrezione, risorgendo dalle acque del Battesimo a una vita nuova. Se nel Battesimo non risorgiamo a una vita nuova, tutta diversa dalla vita passata a che ci gioverebbe esser stati sepolti in esso con Gesù Cristo?Il Battesimo trasforma l’uomo. Se ci fosse concesso di vedere un’anima qual era prima del Battesimo e qual è dopo, non la riconosceremmo più. Prima del Battesimo indossava la veste di Adamo, la veste del peccato. Dopo il Battesimo indossa la veste candida della grazia, la veste di Gesù Cristo, al quale il battezzato è stato incorporato. «Tutti voi che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo», ricorda S. Paolo ai Galati (III, 27). Salomone, parlando della sapienza che egli aveva chiesto a Dio, dice: «E insieme con essa vennero a me tutti i beni, e per le mani di lei un’infinita ricchezza» (Sap. VII, 11). Lo stesso può ripetere ciascuno che ha ricevuto la veste della grazia nel Battesimo. L’uomo con il peccato aveva offeso Dio; e l’offesa fattagli non avrebbe mai potuto riparare. Aveva contratto un debito che nessuno, al mondo, avrebbe potuto estinguere. Con il Battesimo l’offesa è riparata, il debito è estinto. L’uomo da nemico di Dio diventa sua amico, anzi figlio adottivo. «Siete stati mondati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signor nostro Gesù Cristo, e mediante lo Spirito del nostro Dio» (I Cor. VI, 11), dichiara l’Apostolo ai Corinti. Esule dal Paradiso l’uomo non poteva aspirare a mettervi il piede, se fosse dipeso dalle sue forze. Era una condanna, che non si sarebbe potuta scontare col tempo, e che nessun uomo poteva togliere. Nel Battesimo la condanna è tolta. «Nessuna condanna, dunque, ora per coloro che sono incorporati in Cristo» (Rom. VIII, 1). Divenuto nel Battesimo membro della Chiesa, l’uomo può usare dei mezzi della grazia, che essa somministra per la santificazione dei suoi figli; e progredire, così, sempre più nella santità cui è chiamato. S. Gerolamo, parlando del Battesimo, dichiara: «Mi mancherebbe il tempo, se volessi esporre quanto si contiene nella Sacra Scrittura su l’efficacia del Battesimo». (Epist. 69 7, ad Ocean.) A noi basti considerare che, prima del Battesimo, l’uomo è tempio del demonio, e, dopo, è tempio di Dio; che nel Battesimo egli è generato a una vita nuova, la vita della grazia.

3.

Gesù Cristo aveva preso sopra di sé i peccati di tutti gli uomini, e morì come rappresentante dei peccatori. Morì, però, una volta per sempre. Ed espiati i peccati una volta per sempre, mediante la sua morte, non ha più che fare con il peccato. La vita che vive dopo la sua risurrezione, la vive a onore e gloria di Dio. Alla stessa guisa — dice S. Paolo — anche voi consideratevi morti al peccato e viventi a Dio in Cristo Gesù Signor nostro ». Cioè, ad esempio di Gesù Cristo, dobbiamo considerarci morti per sempre al peccato, e condurre a onore e gloria di Dio la vita, che Egli ci serba dopo il Battesimo. – Il popolo d’Israele s’era sottratto alla schiavitù dell’Egitto, attraverso il Mar Rosso. Da questo mare Israele esce salvo; ma i suoi nemici vi trovano la morte, sepolti nelle onde. Sentiamo una bella osservazione di S. Agostino. «Muoiono nel Mar Rosso tutti i nemici di quel popolo, muoiono nel Battesimo tutti i nostri peccati. Osservate fratelli: dopo quel Mar Rosso non vien data subito la patria, né il trionfo è completamente sicuro, come se non esistessero più nemici; poiché rimane ancora la solitudine del deserto; rimangono ancora i nemici che insidiano il cammino. Così, anche dopo il Battesimo, la vita cristiana è soggetta alla tentazione», (En. In Ps. LXXII, 5) Dal Battesimo il Cristiano è risorto a nuova vita con Gesù Cristo, ma la concupiscenza, ch’è rimasta anche dopo la morte al peccato, non gliela lascia godere con completa sicurezza. Di qui la necessità, per il Cristiano, di lottare continuamente contro la concupiscenza per non lasciarsi trascinare da essa, alla vita di peccato di prima. Sarebbe un inganno dormir tranquilli, perché nel Battesimo e più tardi nella Confessione, i nostri peccati furono seppelliti. Un giardiniere apparecchia con tutta cura l’aiuola. Con la vanga volta, sminuzza il terreno e lo monda dalle erbe inutili e nocive. Ma quanti germi vi son rimasti, sfuggiti al suo sguardo, o vi sono continuamente portati. Senza ulteriori, continue cure, quell’aiuola si ricoprirà ben presto dell’erbacce di prima. Senza continua vigilanza e premura, i peccati che furono sepolti nel Battesimo, e più tardi nella Penitenza, torneranno ben presto a dominare. Quando il missionario versa sul capo dei neofiti, da lui preparati, l’acqua del Battesimo, si sente l’animo ripieno di giubilo al pensiero che la Chiesa acquista un nuovo figlio, e il Cielo un nuovo erede. Ma questo giubilo è ben spesso turbato da un dubbio: Si manterrà costante nella fede? Continuerà nella buona via? Date le circostanze, i pericoli in cui vengono a trovarsi quei novelli convertiti, l’esperienza dimostra che questo dubbio non è fuor di posto. Questa domanda facciamocela schiettamente noi: Abbiam continuato nella buona via? Non siamo più ritornati al peccato al quale eravamo morti nel Battesimo? Domanda molto opportuna, anzi, necessaria, poiché «per il solo Battesimo non si consegue la vita eterna, se dopo averlo ricevuto si vive malamente » (S. Fulgenzio De Reg. verae Fidei. 44). Dopo il Battesimo abbiamo un altro Sacramento, nel quale vengono seppelliti i nostri peccati; ma anche questo Sacramento, come il Battesimo, va ricevuto con il fermo proposito di risorgere a vita nuova e di non ritornare più al peccato. C’è sempre questa disposizione nel continuo alternarsi di grazia e di peccato, di morte e di vita dell’anima? A confermare il nostro proposito di esser morti per sempre al peccato e di progredire nella vita della grazia, giova grandemente la considerazione della dignità, da noi conseguita nel Battesimo, e degli obblighi che ne derivano. Tanti usano notare su apposito memoriale le date più importanti della vita. I cristiani fervorosi non trascurano di porre, tra queste date, quello del Battesimo, della Cresima, della 1. Comunione. Un santo e zelante missionario, il gesuita P. Vittorio Delpech, per tenersele in mente più facilmente e in modo più vivo, le scrisse sopra un cranio, che volle aver sempre con sé. La data della nascita era scritta sulla fronte, accompagnata da questi due. versetti: «Ricorda il tuo Battesimo ed esulterai in eterno. — Ricorda i novissimi e non peccherai in eterno». Se vogliamo pervenire all’esultanza a cui il Battesimo ci dà diritto, ricordiamolo spesso, e non smentiamolo mai.

Graduale

Ps LXXXIX: 13; LXXXIX: 1 Convértere, Dómine, aliquántulum, et deprecáre super servos tuos. V. Dómine, refúgium factus es nobis, a generatióne et progénie. Allelúja, allelúja. [Vòlgiti un po’ a noi, o Signore, e plàcati con i tuoi servi. V. Signore, Tu sei il nostro rifugio, di generazione in generazione. Allelúia, allelúia]

Alleluja

Ps XXX: 2-3 In te, Dómine, sperávi, non confúndar in ætérnum: in justítia tua líbera me et éripe me: inclína ad me aurem tuam, accélera, ut erípias me. Allelúja. [Te, o Signore, ho sperato, ch’io non sia confuso in eterno: nella tua giustizia líberami e allontanami dal male: porgi a me il tuo orecchio, affrettati a liberarmi Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Marcum.

Marc. VIII: 1-9 In illo témpore: Cum turba multa esset cum Jesu, nec haberent, quod manducárent, convocatis discípulis, ait illis: Miséreor super turbam: quia ecce jam tríduo sústinent me, nec habent quod mandúcent: et si dimísero eos jejúnos in domum suam, defícient in via: quidam enim ex eis de longe venérunt. Et respondérunt ei discípuli sui: Unde illos quis póterit hic saturáre pánibus in solitúdine? Et interrogávit eos: Quot panes habétis? Qui dixérunt: Septem. Et præcépit turbæ discúmbere super terram. Et accípiens septem panes, grátias agens fregit, et dabat discípulis suis, ut appónerent, et apposuérunt turbæ. Et habébant piscículos paucos: et ipsos benedíxit, et jussit appóni. Et manducavérunt, et saturáti sunt, et sustulérunt quod superáverat de fragméntis, septem sportas. Erant autem qui manducáverant, quasi quatuor mília: et dimísit eos.

Omelia II

[A. Carmignola, Spiegazione dei Vangeli domenicali, S. E. I. Ed. Torino,  1921]

SPIEGAZIONE XXXIV

“Di quei giorni essendo di nuovo grande la folla con Gesù, né avendo quelli da mangiare, chiamati a sé i discepoli, disse loro: Mi fa compassione questo popolo, perché sono già tre giorni che si trattiene con me, e non ha da mangiare, e se li rimanderò alle case loro digiuni, verranno meno per istrada: imperocché taluni di essi son venuti di lontano. E i discepoli gli risposero: E come potrà alcuno qui in una solitudine satollarli di pane? Ed egli domandò loro: Quanti pani avete? Risposero: Sette. E ordinò alle turbe che sedessero per terra. E presi i sette pani, rese le grazie, li spezzò, e li diede a’ suoi discepoli, perché li ponessero davanti alle turbe, come li posero. E avevano ancora pochi pesciolini: e questi pur benedisse, e ordinò che fossero distribuiti. E mangiarono, e si satollarono; e raccolsero degli avanzi che rimasero, sette sporte”. (Marc. VIII, 1-8).

Nostro Signor Gesù Cristo per due volte nel tempo della sua vita pubblica operò il miracolo della moltiplicazione dei pani. La prima volta con cinque pani e con due pesci il Redentore diede nutrimento a cinquemila uomini, senza contare le donne ed i fanciulli, avanzando ancora dodici ceste di pane. La seconda volta Gesù moltiplicò sette pani e alcuni pochi pesciolini, dando cibo a quattromila uomini, anche qui senza tener conto delle donne e dei fanciulli, ed avanzando sette sporte. Il primo di questi miracoli, che è anche il più strepitoso, ci viene ricordato nel Vangelo della quarta domenica di quaresima; ed il secondo viene proposto alla nostra considerazione oggi.

1 . Racconta adunque il Vangelo di questa Domenica come essendo grande la folla che teneva dietro a Gesù, attirata dalle sue parole e da’ suoi prodigi, né avendo da mangiare, chiamati a sé i discepoli, disse loro: Mi fa compassione questo popolo, perché sono già tre giorni che si trattiene con me, e non ha da mangiare; e se li rimanderò alle case loro digiuni verran meno per istrada: imperocché taluni di essi sono venuti da lontano. E qui, o miei cari, come non restare ammirati di queste turbe devote, le quali, abbandonate le loro case, i loro lavori e le loro industrie, a cielo aperto, a stomaco digiuno, se ne stavano da tre giorni e tre notti presso di Gesù per godere della sua compagnia e ascoltare la sua predicazione! Quale contrasto tra queste turbe così sollecite di apprendere e di fare ciò che gioverà alla loro eterna salute, e tanti Cristiani, i quali alle cose di Dio e dell’anima pensano così poco! Eppure esige forse il Signore che per attendere alle cose di Dio e dell’anima lasciamo ancor noi le nostre faccende e per più giorni di seguito? No, o miei cari. È bensì vero che tutti i giorni sono del Signore, e che tutti li dobbiamo dedicare alla sua gloria; ma siccome i bisogni della vita c’impediscono di sempre attendere agli esercizi di religione, Iddio riservavasi in modo speciale un giorno solo della settimana, ordinando però che fosse da noi occupato nel conoscerlo, nell’adorarlo e nel servirlo. E questo comandamento lo fece fin dal principio del mondo, perciocché il Signore, creato l’universo, santificò subito un tal giorno, onde gli uomini celebrassero la memoria della creazione e del misterioso riposo, ch’Egli prese dopo aver compiuta l’opera sua. Questo giorno nella Legge antica era il settimo, e si chiamava Sabbato, parola che significa riposo: ma nella Legge nuova è il primo giorno della settimana, che si chiama Domenica, ossia giorno del Signore, sostituito al Sabbato dagli Apostoli, per divina ispirazione, in memoria della Risurrezione di Gesù Cristo, e delia discesa dello Spirito Santo. Il Signore dice adunque: « Lavorate per sei giorni, ma il settimo è il riposo del vostro Iddio, e in esso non lavorate, né voi. né il figlio vostro, né il vostro servo. Con tutto ciò andando con noi con la massima larghezza, ci permette i lavori voluti dalla necessità e dalla carità, come anche le opere dette liberali, quali sono leggere, scrivere, disegnare, e simili, vietando solo le opere servili, cioè ogni lavoro che può distogliere dall’attendere al divino servizio. Poteva adunque il Signore essere meno esigente con noi! Epperò questa poca esigenza di Dio a nostro riguardo non accresce anche di più la gravezza della nostra colpa nel non obbedirlo? Che gran male adunque è quello di occuparsi in tal giorno in opere mercenarie, senza grave necessità imposta o dal divino servizio, o dal servizio pubblico, o dalla mancanza del necessario alla vita! Che male anche peggiore l’abbandonarsi nel giorno di festa a profani dissipamenti, a divertimenti mondani, ad atti peccaminosi! Questi sono vietati sempre, ma non debbono esserlo anche maggiormente nei giorni sacri al Signore? Certamente il peccato è sempre un gran male, anche commesso nei dì feriali; ma in giorno di festa apparisce come una maggiore enormità, essendo che indica una dimenticanza più grande del Signore, ed un disprezzo più marcato della sua santa legge. Ma a non offendere Iddio e a soddisfarlo invece nei giorni festivi non basta astenerci dalle opere servili e peccaminose, bisogna anche occupare la festa nel suo santo servizio, applicandoci ad opere di pietà e di religione. In ciò consiste l’essenza ed il fine del precetto. Se Dio comanda d’interrompere i lavori ordinari, si è affinché niente ci distolga dall’attendere al divino suo servizio. Potrebbe essere onorato Iddio con un riposo di ozio? Si santificherebbe forse questo giorno, passandolo unicamente nel divertirsi? No, certo: ciò che santifica il giorno consacrato a Dio è l’assistenza alla Messa, ai divini uffici, alle istruzioni religiose, ad ogni buona opera, che ha per oggetto il culto di Dio, la santificazione dell’anima nostra o il bene del prossimo. Iddio però non vieta un sollievo onesto o moderato: no, esso ci è necessario, e possiamo prenderlo; non mai tuttavia a danno della pietà e in tempo destinato all’orazione, alle funzioni ecclesiastiche e all’istruzione religiosa. – Nella legge di Mosè vi era la pena di morte contro i profanatori del Sabbato; dappoiché Iddio non solo comandò che fosse lapidato chi trovarono in tal giorno a raccogliere sarmenti nel deserto, ma disse ancora a Mosè: « Parla ai figliuoli d’Israele e di’ loro: Osservate il Sabato, perché per voi è santo: chi lo violerà, sarà punito con la morte ». Se ora Iddio sembra mostrarsi più clemente, non dobbiamo però abusarcene. E poiché Iddio, così buono e così largo con noi si accontenta, che al suo divino servigio e alle cose dell’anima impieghiamo in modo speciale un giorno solo della settimana, ossequenti al suo comando, impieghiamolo con impegno.

2. Gesù, pieno di compassione per quel popolo, che gli dava prova di tanto amore, rivolse a lui il suo pensiero, non potendo patire che se ne tornasse a casa digiuno, e temendo che alcuno ne avesse a soffrire. Ma alle parole di Gesù i discepoli, che sembravano aver già dimenticato il miracolo della prima moltiplicazione dei pani, risposero: E come potrà alcuno qui in una solitudine satollarlo di pane? E il Signore domandò loro: Quanti pani avete? Risposero: Sette. E fatta (ancor questa volta) sedere a terra quella moltitudine, benedice, spezza, moltiplica, fa distribuire quei sette pani avuti ed alcuni pesciolini che pur si trovarono, ed (anche questa volta) quelle turbe mangiarono, e furono satollate, anzi, raccolto ciò che era rimasto, si empirono ancora sette sporte. Che strepitoso miracolo è questo! Eppure un miracolo assai più grande è quello a cui si assiste e di cui si gode qui nelle nostre chiese specialmente alla Domenica dai buoni Cristiani, che vengono ad assistere al santo Sacrifizio della Messa. Ed in vero, si può dire che sia piccola meraviglia ciò che nel Sacrifizio della santa Messa operano poche parole, non già profferite da Dio, ma da un semplice sacerdote! E chi mai poteva immaginarsi che la voce di un uomo, la quale non ha forza dalla natura neppure di alzare una paglia da terra, dovesse poi avere dalla grazia una forza così straordinaria da far scendere dal cielo in terra il Figlio di Dio? Questo pertanto è un prodigio analogo a quello della moltiplicazione dei pani, ma di gran lunga superiore, giacché per esso avviene in certa guisa la moltiplicazione del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo. E ciò con quale immenso vantaggio, non solo specialissimo per coloro che vi assistono, ma ancor generale per tutto il mondo. Se al mondo non vi fosse il sole, che sarebbe mai di esso? Ogni cosa sarebbe tenebre, orrore, sterilità e somma miseria. Ma se al mondo non vi fosse la S. Messa, noi saremmo privi di ogni bene, e ricolmi di ogni male; saremmo il bersaglio di tutti i fulmini dell’ira di Dio. – Alcuni si meravigliano, parendo loro che Iddio abbia cambiato il modo di governare, essendo che anticamente si faceva chiamare il Dio degli eserciti, e parlava ai popoli framezzo alle nuvole, e con i fulmini alla mano, e castigava le colpe con tutto il rigor della sua giustizia, mentre ora tollera con pazienza non solo le vanità e le leggerezze; ma i peccati più sordidi, gli scandali più iniqui, e le bestemmie più orrende, che molti de’ Cristiani vomitano ad ogni tratto contro il suo santissimo nome. Come va dunque! Perché sì gran diversità di governo? Forse le nostre ingratitudini sono più scusabili, che non erano prima? Tutto all’opposto. Sono assai più colpevoli, stante l’aggiunta di benefici sì immensi. La ragione vera di sì stupenda clemenza è la S. Messa, in cui si offre all’eterno Padre questa gran vittima di Gesù. Ecco il sole di Santa Chiesa, che dissipa le nuvole, e rasserena il cielo. Ecco l’arco celeste, che placa la tempesta della divina giustizia. Io per me credo, dice S. Leonardo da Porto Maurizio, che se non fosse la Santa Messa, a quest’ora il mondo sarebbe già sprofondato, per non poter più reggere al grande peso di tante iniquità; la Messa è quel poderoso sostegno, che lo tiene in piedi. Arguite adunque da tutto questo, quanto vantaggioso per il mondo intero sia il divin Sacrifizio dei nostri altari. Ora, o miei cari, non rattrista il vedere taluni a farne poco e nessun conto! Alcuni giungono a tal segno d’infedeltà verso la bontà di Dio, che ommettono di assistere all’augusto sacrifizio della santa Messa nei medesimi giorni festivi. Altri la vanno ad ascoltare di rado, o vi stanne di mala voglia: altri l’ascoltano distratti, senza modestia, senza venerazione, senza rispetto, rimanendo seduti o in piedi, talvolta ridendo, talvolta parlando o guardando qua e là. Deh! Non sia così di noi. Quando andiamo ad ascoltare la santa Messa, procuriamo di assistervi col massimo raccoglimento. Il nostro spirito, il nostro cuore, i sentimenti nostri non siano ad altro intenti che ad onorare Iddio. Oh! una Messa ben ascoltata quali grazie e benedizioni ci può apportare! La grazia che ricevettero le turbe nel deserto coll’essere state satollate di cibo materiale non è che un’ombra di quella grazia spirituale ed abbondante, con cui Iddio riempie l’anima nostra durante il sacrifizio della Messa. Epperò aveva ancor ben ragione lo stesso S. Leonardo di predicare così: ” Lasciate che io salga sulle cime dei più alti monti, e quivi a gran voce esclami: Popoli ingannati, che fate voi? Perché non correte alla chiesa ad ascoltare santamente quante Messe potete?” Ma se Iddio vuole dispensare con tanta abbondanza le sue grazie specialmente nei giorni a lui sacri e durante il Sacrifizio della Messa, non lascia tuttavia di dispensarle negli altri tempi, massime a coloro che vanno a visitarlo, a passare qualche istante con Lui, che si trova nel SS. Sacramento. Sì, o miei cari, nostro Signor Gesù Cristo trovasi realmente presente nei nostri tabernacoli, e vi sta notte e giorno per spargere sopra di noi una pioggia non mai interrotta di benedizioni celesti. Ma Egli desidera ardentemente, che noi imitiamo le turbe del deserto, che ci avviciniamo a Lui, che ci rechiamo a fargli visita, che ci intratteniamo qualche volta presso i suoi altari. Un giorno dandosi a vedere a San Giovanni Berchmans e mostrandogli una corona di rose, “ecco – gli disse – le mie grazie: ma io le comparto a coloro, che vengono dinnanzi ai miei altari per domandarmele”. Ecco pertanto le parole che rivolge a noi dal santo tabernacolo: “Venite, o voi che siete travagliati dalle sventure, dalle traversie, dalle infermità della vita, ed Io vi ristorerò; venite, voi già vicini al tramonto della vita, ed Io vi sosterrò nei vostri stanchi anni. Venite voi massimamente, o giovani, che nell’aprile della vita siete dal mondo, dal demonio, dalla carne sollecitati a correre perdutamente a cogliere i fiori di ogni vietato piacere, a porre il labbro incauto al calice di Babilonia, sì, venite a me, e Io sarò il fiore soavissimo dell’anima vostra, e Io vi darò a gustare le dolcezze inebrianti del mio purissimo amore, e vi farò cittadini onorati della terrena e della celeste Sion. Sì, perché Io conosco i vostri bisogni, ed ho compassione di voi: misereor super turbam!” E noi non asseconderemo questo tenero invito? Ah! I Santi trovavano le loro delizie in visitare sì spesso Gesù, e nello sfogarsi con Lui in dolci affetti! S. Vincenzo de’ Paoli lo visitava più spesso che gli era possibile, e il principale sollievo che prendeva tra le gravi sue occupazioni, era quello di passare un po’ di tempo dinnanzi al sacro Tabernacolo. S. Luigi Gonzaga era tutto in festa quanto poteva fare compagnia al suo caro Gesù, e non sapeva partirsene che con pena. S. Francesco Saverio, in mezzo alle immense sue fatiche, trovava un grandissimo ristoro nel passare gran parte della notte avanti a Gesù Sacramentato. Lo stesso soleva fare San Francesco Regis, il quale, trovando chiusa talvolta la chiesa, si tratteneva di fuori genuflesso avanti alla porta, esposto all’acqua e al freddo per far corteggio, almeno così da lontano, al suo Sacramentato Signore. Oh, che vastissimo campo allo sfogo della divozione presenta mai un altare dove abita Gesù Sacramentato! Prendiamo adunque, o miei cari, la bella pratica di fare ogni giorno una visita a Gesù Sacramentato. Non occorre che ci fermiamo molto tempo in chiesa: basteranno pochi minuti, purché questi siano da noi ben impiegati nel fare qualche atto di adorazione e di amore, nel domandare umilmente qualche grazia. Come ne sarà contento Gesù e quanto ne avvantaggerà l’anima nostra!

3. Finalmente dobbiamo considerare che non è solamente nel SS. Sacramento dell’Eucarestia che noi possiamo essere rifocillati della grazia di Dio, ma in tutti quanti i sette Sacramenti. I quali appunto, come osserva il Venerabile Beda, sono raffigurati nel miracolo di oggi, prima nei sette pani, che Gesù moltiplicò e poi, come nota San Giovanni Grisostomo anche nelle sette sporte che avanzano. Imperciocché i sette Sacramenti di nostra Santa Chiesa sono sempre superstiti, sempre duraturi sino alla consumazione dei secoli, benché continuamente ne siano nutriti i fedeli Cristiani. Quanto grande adunque è la bontà di Gesù Cristo, il quale con l’istituzione dei sette Sacramenti, che dureranno sine alla fine del mondo, va perpetuando nella sua chiesa il gran miracolo della moltiplicazione incessante della sua grazia per cibarne e riempierne le anime dei Cristiani, secondo i bisogni diversi della loro vita. Difatti per mezzo del Battesimo noi nasciamo spiritualmente in Gesù Cristo, siamo accolti nel seno di santa Madre Chiesa, cessiamo di essere schiavi del demonio, diventiamo figliuoli di Dio e perciò eredi del paradiso. Nella Cresima, ovvero Confermazione, noi siamo rafforzati e rinvigoriti ricevendo la pienezza dei doni dello Spirito Santo, e diventando perfetti Cristiani. Nell’Eucarestia Gesù Cristo ci dà in nutrimento e ristoro il suo sangue, la sua anima e la sua divinità sotto le specie del pane e del vino consacrati. Nella penitenza siamo guariti dalle infermità del peccato contratte dopo il Battesimo. Nella Estrema Unzione, ovvero Olio Santo, Dio viene in soccorso degl’infermi, e per mezzo della sacra unzione ci comunica le grazie necessarie per cancellare dall’anima nostra i peccati con le loro reliquie, per darci forza a sopportare pazientemente il male, fare una buona morte, qualora Iddio abbia decretato di chiamarci all’eternità, ed anche per dare la sanità corporale, se è utile alla salute dell’anima. Nel Sacramento dell’Ordine ovvero nella sacra Ordinazione, Dio comunica ai sacri Ministri le grazie convenienti per acquistare quell’alto grado di santità, che loro è necessario, ed anche per poter guidare ed istruire i fedeli nella fede, nella fuga del vizio, e nella pratica delle virtù. Finalmente il Matrimonio è quel Sacramento, che dà la grazia ai coniugati di vivere tra loro in pace e carità, ed allevare cristianamente la propria figliolanza, qualora Iddio nell’infinita sua sapienza giudichi di concederne. Vedete adunque, o cari giovani e cari Cristiani, con quale bontà, con quale sapienza, con quale armonia Gesù Cristo ha stabilite nei suoi Sacramenti quelle grazie, che ci sono necessarie nelle diverse condizioni della vita. Poteva Egli essere più generoso con noi? Oh sì, riconosciamo e confessiamo che in confronto di tutto questo è ben poca cosa il miracolo della moltiplicazione dei pani a prò di quelle turbe del deserto. Ma intanto fermiamoci alcuni istanti a considerare come abbiamo corrisposto a questi grandi segni dall’amor Divino; che se ci accorgessimo, che la nostra coscienza ci rimorda di qualche ingratitudine, procuriamo di porvi rimedio al più presto possibile, specialmente col prepararci a fare una buona Confessione e una buona Comunione. E intanto non dimentichiamo, che se noi non ci diamo sollecitudine di approfittare di questi grandi mezzi di salvezza secondo lo stato in cui ci troviamo, noi non potremo partecipare al gran benefizio della Redenzione, e perciò non potremo salvare l’anima nostra.

Credo …

Offertorium

Orémus

Ps XVI: 5; XVI: 6-7 Pérfice gressus meos in sémitis tuis, ut non moveántur vestígia mea: inclína aurem tuam, et exáudi verba mea: mirífica misericórdias tuas, qui salvos facis sperántes in te, Dómine. [Rendi fermi i miei passi sui tuoi sentieri, affinché i miei piedi non vacillino: porgi l’orecchio ed esaudisci la mia preghiera: fa rispleyndere le tue misericordie, o Signore, Tu che salvi quelli che sperano in Te.]

Secreta

Propitiáre, Dómine, supplicatiónibus nostris, et has pópuli tui oblatiónes benígnus assúme: et, ut nullíus sit írritum votum, nullíus vácua postulátio, præsta; ut, quod fidéliter pétimus, efficáciter consequámur. []

Communio

Ps XXVI: 6 Circuíbo et immolábo in tabernáculo ejus hóstiam jubilatiónis: cantábo et psalmum dicam Dómino. [Circonderò, e immolerò sul suo tabernacolo un sacrificio di giubilo: canterò e inneggerò al Signore].

Postcommunio

Orémus.

Repléti sumus, Dómine, munéribus tuis: tríbue, quæsumus; ut eórum et mundémur efféctu et muniámur auxílio. [Colmàti, o Signore, dei tuoi doni, concédici, Te ne preghiamo, che siamo mondati per opera loro e siamo difesi per il loro aiuto.]

Per l’ordinario vedi:

ORDINARIO DELLA MESSA – ExsurgatDeus.org

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.