SALMI BIBLICI “CONFITEBOR TIBI DOMINE” (IX)

SALMO 9:  “Confitebor tibi Domine”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

PARIS

LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR

13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

TOME PREMIER.

SALMO IX.

In finem, pro occultis filii. Psalmus David.

[1] Confitebor tibi, Domine,

in toto corde meo; narrabo omnia mirabilia tua.

[2] Laetabor et exsultabo in te; psallam nomini tuo, Altissime.

[3] In convertendo inimicum meum retrorsum; infirmabuntur, et peribunt a facie tua.

[4] Quoniam fecisti judicium meum et causam meam; sedisti super thronum, qui judicas justitiam.

[5] Increpasti gentes, et periit impius: nomen eorum delesti in aeternum, et in saeculum saeculi.

[6] Inimici defecerunt frameæ in finem, et civitates eorum destruxisti. Periit memoria eorum cum sonitu;

[7] et Dominus in æternum permanet. Paravit in judicio thronum suum;

[8] et ipse judicabit orbem terræ in aequitate, judicabit populos in justitia.

[9] Et factus est Dominus refugium pauperi; adjutor in opportunitatibus, in tribulatione.

[10] Et sperent in te qui noverunt nomen tuum, quoniam non dereliquisti quærentes te, Domine.

[11] Psallite Domino qui habitat in Sion; annuntiate inter gentes studia ejus,

[12] quoniam requirens sanguinem eorum recordatus est; non est oblitus clamorem pauperum.

[13] Miserere mei, Domine: vide humilitatem meam de inimicis meis,

[14] qui exaltas me de portis mortis, ut annuntiem omnes laudationes tuas in portis filiae Sion.

[15] Exultabo in salutari tuo. Infixæ sunt gentes in interitu quem fecerunt; in laqueo isto quem absconderunt comprehensus est pes eorum.

[16] Cognoscetur Dominus judicia faciens; in operibus manuum suarum comprehensus est peccator.

[17] Convertantur peccatores in infernum, omnes gentes quæ obliviscuntur Deum.

[18] Quoniam non in finem oblivio erit pauperis; patientia pauperum non peribit in finem.

[19] Exsurge, Domine; non confortetur homo: judicentur gentes in conspectu tuo.

[20] Constitue, Domine, legislatorem super eos, ut sciant gentes quoniam homines sunt.

[21] Ut quid, Domine, recessisti longe, despicis in opportunitatibus, in tribulatione?

[22] Dum superbit impius, incenditur pauper: comprehenduntur in consiliis quibus cogitant.

[23] Quoniam laudatur peccator in desideriis animæ suæ, et iniquus benedicitur.

[24] Exacerbavit Dominum peccator, secundum multitudinem iræ suæ, non quæret.

[25] Non est Deus in conspectu ejus, inquinatae sunt viae illius in omni tempore. Auferuntur judicia tua a facie ejus; omnium inimicorum suorum dominabitur.

[26] Dixit enim in corde suo: Non movebor a generatione in generationem, sine malo.

[27] Cujus maledictione os plenum est, et amaritudine, et dolo; sub lingua ejus labor et dolor.

[28] Sedet in insidiis cum divitibus in occultis, ut interficiat innocentem.

[29] Oculi ejus in pauperem respiciunt; insidiatur in abscondito, quasi leo in spelunca sua. Insidiatur ut rapiat pauperem; rapere pauperem dum attrahit eum.

[30] In laqueo suo humiliabit eum; inclinabit se, et cadet cum dominatus fuerit pauperum.

[31] Dixit enim in corde suo: Oblitus est Deus; avertit faciem suam, ne videat in finem.

[32] Exsurge, Domine Deus, exaltetur manus tua; ne obliviscaris pauperum.

[33] Propter quid irritavit impius Deum? dixit enim in corde suo: Non requiret.

[34] Vides, quoniam tu laborem et dolorem consideras, ut tradas eos in manus tuas. Tibi derelictus est pauper; orphano tu eris adjutor.

[35] Contere brachium peccatoris et maligni; quæretur peccatum illius, et non invenietur.

[36] Dominus regnabit in æternum, et in sæculum saeculi; peribitis, gentes, de terra illius.

[37] Desiderium pauperum exaudivit Dominus; præparationem cordis eorum audivit auris tua,

[38] judicare pupillo et humili, ut non apponat ultra magnificare se homo super terram.

[Vecchio Testamento secondo la Volgata

Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO IX

Càntico trionfale a Dio per la liberazione dai nemici, e nel senso più inteso dallo Spirito Santo, per la liberazione dal demonio e dalla idolatria, operata da Cristo con la sua morte. Per ciò il titolo del

Salmo: Per gli arcani del Figlio; e nell’ Ebreo:

Per la morte del Figlio.Per la fine: pegli occulti (misteri) del Figlio.

1. Te, io loderò, o Signore, con tutto il mio cuore: racconterò tutte le tue meravigli!

2. in te mi rallegrerò e tripudierò, canterò inni al tuo nome, o Altissimo.

3. Perché tu hai messo in fuga il mio nemico: e diverranno impotenti, e dal tuo cospetto saran dissipati.

4. Perocché tu hai presa in mano la mia causa e la mia difesa: ti se’ assiso sul trono, tu che giudichi con giustizia.

5. Tu hai sgridate le nazioni, e l’empio è ito in rovina: hai cancellato il nome loro in eterno e per tutti i secoli.

6. Sono senza forza per sempre le spade dell’inimico; tu hai distrutte le loro cittadi.

7. Svanì col suono la loro memoria; ma il Signore sussiste in eterno.

8. Egli ha preparato il suo trono per far giudizio; ed egli stesso giudicherà il mondo con equità, giudicherà i popoli con giustizia.

9. E il Signore è stato rifugio al povero, aiutatore al tempo opportuno, nella tribolazione.

10. E sperino in te quei checonoscono il nome tuo, perchè tu, o Signore, non hai abbandonato coloro che ti cercano.

11. Cantate inni al Signore, che abita in Sion; annunziate i consigli di lui tra le nazioni;

12. Imperocché colui che fa vendetta del sangue, si è ricordato di essi: non ha posto in dimenticanza le grida del povero.

13. Abbi misericordia di me, o Signore: mira l’umiliazione mia per opera de’ miei nemici.

14. Tu che mi rialzi dalle porte di morte, affinché annunzi io tutte le lodi tue alle porte della figliuola di Sion.

15. Esulterò per la salute che viene da te; si son sommerse le genti nella fossa, che aveano fatta. In quel laccio stesso, che tenevan nascoso è stato preso il loro piede.

16. Sarà conosciuto il Signore, che fa giustizia: nelle opere delle mani sue è stato preso il peccatore.

17. Sian gettati nell’inferno i peccatori, le genti tutte che di Dio si dimenticano.

18. Imperocché non per sempre sarà dimenticato il povero; la pazienza del povero non sarà vana per sempre.

19. Levati su, o Signore, non cresca l’uomo in possanza, sien giudicate le genti dinanzi a te.

20. Poni sopra di loro, o Signore, un legislatore, affinché conoscan le genti ch’elle sonouomini.

21. E perché, o Signore, ti se’ ritirato in lontananza, ci hai negletti nel maggior uopo, nella tribolazione?

22. Mentre l’empio insolentisce, il povero è nella fornace: sono presi nei consigli che hanno ideati.

23. Imperocché lode riscuote il peccatore  nei desideri dell’anima sua, el’iniquo benedizione.

24. Il peccatore ha esacerbato il Signore;  secondo la molta sua arroganza egli noi cercherà.

25. Dinanzi a lui Dio non è: le di lui vie sono sempre contaminate. I tuoi giudizi son lungi dalla vista; ei trionferà di tutti i suoi avversari.

26. Imperocché egli ha detto in cuor suo: Io non sarò scosso, d’una in altra età (sarò) senza infortunio.

27. La bocca di lui è piena di maledizione e di amarezza e di fraude; sotto la lingua di lui, affanno e dolore.

28. Sta in agguato co’ facoltosi, all’oscuro per uccidere l’innocente.

29. Ei tiene gli occhi rivolti contro del povero: sta in agguato, come un leone nella sua tana. Sta in agguato per porre le unghie sopra del povero; per porre le unghie sopra del povero, attraendolo a sé.

30. Nei suoi lacci lo abbatterà; si inchinerà egli, e si getterà a terra, quando si farà padrone de’ poveri.

31. Imperocché egli ha detto in cuor suo: Dio non tiene ricordanza, ha rivolto altrove la faccia per non vedere giammai.

32. Levati su, Signore Dio, si alzi la mano tua; non ti scordare de’ poveri.

33. Per qual motivo ha l’empio irritato Dio? Perché ha detto in cuor suo: Ei non faranno ricerca:

34. Tu vedi; tu l’affanno e il dolore consideri, per abbandonar coloro nelle tue mani. Alla tua cura è rimesso il povero; aiuto dell’orfano sarai tu.

35. Spezza il braccio del peccatore e del maligno: si farà ricerca del peccato di lui, e non troverassi.

36. Il Signore regnerà in eterno e per tutti i secoli; nazioni, voi sarete sterminate dalla terra di lui!

37. Il Signore ha esaudito il desiderio dei poveri: il tuo orecchio ha ascoltato la preparazione del loro cuore.

38. Per far giustizia al pupillo eall’oppresso, affinché non seguiti più a farla da grande l’uomo sopra la terra.

Sommario analitico

Questo salmo è un cantico di azioni di grazie cantato da Davide dopo una qualche grande vittoria. Nel titolo, per i misteriosi segreti del Figlio, la maggior parte degli interpreti ha intravisto la visione di un canto di trionfo per la gloriosa vittoria riportata dal Figlio di Dio sul principe delle tenebre nell’Incarnazione, la Passione e gli altri misteri compiuti per la salvezza degli uomini, e soprattutto per i segreti giudizi di Dio in favore dei buoni e contro i malvagi. Questo salmo può essere diviso in due parti principali. Nella prima (1-12) Davide rende grazie a Dio dei suoi benefici; nel secondo (13-39), egli implora il soccorso di Dio contro le afflizioni presenti e future. Per maggiore chiarezza noi lo divideremo in sei sezioni.

Sezione PRIMA

-I frutti della Redenzione-

Davide annuncia che loda il Signore come Salvatore, ed erompe in azioni di grazie, di cuore, di bocca, e con le sue opere (2, 3).

Egli indica: 1) la ragione di questa azione di grazie: il demonio messo in fuga; – l’abbattimento del demonio e del suo seguito; – la sua completa distruzione (4) 2) La causa di queste meraviglie, la Passione di Gesù-Cristo, per la quale il Salvatore ha interrotto la controversia che esisteva tra Dio e l’uomo, tra l’uomo ed il demonio, soddisfacendo alla giustizia di Dio e strappando al demonio la sua preda. (4-5).

Sezione II

I frutti della vittoria: la predicazione degli Apostoli.

Gli Apostoli sono stati inviati: 1) per impedire i crimini e distruggere l’impero del demonio (6); 2) per distruggere il culto tanto rinomato degli idoli; 3) per togliere le armi ai ribelli, distruggere le loro fortezze, annientare ogni ricordo degli idoli e affermare la fede di Gesù-Cristo (7).

Sezione III

Gesù-Cristo, protettore dei suoi Apostoli e dei poveri perseguitati.

I. Egli ci presenta Gesù-Cristo come il sovrano giudice che ha stabilito un trono nei cieli, ed ha due assistenti, la misericordia e la giustizia (8).

II. Egli lo considera giudice della terra di sovrana equità (9).

III. Egli mette a confronto i due avversari: da un lato gli Apostoli, gli uomini apostolici e tutti i fedeli perseguitati; dall’altro i tiranni, i potenti del secolo che li perseguitano: 1) Egli dichiara che i primi troveranno rifugio ed appoggio nel tempo favorevole (10); 2) di rimando egli esige da essi che servano il Signore sperando in Lui e celebrando i suoi benefici (11, 12); 3) predice la punizione dei ricchi e dei potenti che hanno perseguitato i poveri (13).

Sezione IV

Quale sarà al termine della vita, la sorte dei giusti e degli empi.

I. Il profeta ci fa scorgere un Dio interamente dedicato agli interessi dei giusti.

-1) Essi sono l’oggetto particolare della sua misericordia; 2) considera attentamente le loro afflizioni (13,14); 3) Egli li toglie dalle porte della morte e li conduce fino alle porte della Città celeste, dove li ricolma di una gioia eterna (15).

II. Descrive la rovina degli empi. –

1) … che cadranno nella fossa che essi stessi hanno scavato, ed il loro piede sarà nella rete che essi stessi hanno teso (16); 2) tutti applaudiranno ai giudizi di Dio su di loro (17); 3) la giusta punizione che essi hanno ricevuto dell’oblio nei confronti di Dio, sarà l’essere precipitati nell’inferno (18).

II. – Egli fa conoscere le cause e gli effetti della punizione degli empi.- 1) Il povero non sarà mai dimenticato, la speranza dell’afflitto non sarà senza ricompensa (19); .2) Dio si leverà nel prendere la sua difesa, per giudicare e condannare i suoi persecutori (20); 3) Egli farà sentire loro che è il loro Legislatore ed il loro Giudice (21).

Sezione V

Il profeta si rincresce che le punizioni degli empi e dei persecutori siano differite.

.I. – Egli espone il suo pianto con un’umile e filiale richiesta a Dio (22), ed apporta due motivi in appoggio della sua preghiera:

1) nel suo orgoglio l’empio perseguita il povero (23); 2) e si glorifica altamente dei desideri della sua anima (24); 3) mentre egli si affida a Dio solo, e disdegna il proprio pensiero (25).

IIFa vedere l’enormità e la moltitudine dei crimini dell’empio: che è:

1) cieco nella sua intelligenza, dalla quale ha bandito il ricordo di Dio; 2) corrotto nei suoi desideri e nella sua volontà; 3) i giudizi di Dio non sono nulla per lui, ed esercita la sua tirannia su tutti quelli che considera come suoi nemici con arrogante insolenza (26, 27); 4) la sua bocca è piena di maledizioni e bestemmie (28).

III.Lo compara ad un leone nel suo antro, che spia la sua preda per aggredirla e ridurla in pezzi (29-31).

IV. – Indica la causa di tutti questi crimini: l’errore insensato nel quale vivono gli empi, che Dio cioè non si occupa delle cose umane (32).

Sezione VI

Cura paterna che Dio prende per i poveri e gli oppressi.

I- Il profeta domanda a Dio di venire in soccorso del povero oppresso ed offre tre ragioni pressanti della sua preghiera (33):

1) la blasfemia dell’empio che dice con alterigia che Dio non recriminerà per i suoi misfatti (34); 2) il giogo schiacciante che egli fa pesare sul povero, e che non può sfuggire riguardo a Dio; 3) è a Dio solo che è rimessa la cura del povero, Lui solo può essere suo appoggio e suo Salvatore (35).

.II. – Egli annuncia che le sue richieste saranno esaudite:

1) Dio si ergerà per esercitare il suo sovrano impero; 2) gli empi saranno distrutti (37); 3) Dio si ricorderà dei poveri e porgerà l’orecchio ai desideri del loro cuore, giudicherà la loro causa e porrà un termine all’oppressione dei malvagi (38,42).

Spiegazioni e Considerazioni

I. – 1-5.

ff. 1. –  Dio vuole il cuore tutto intero e non vuole dividere con nessuno ciò che Gli è dovuto « la coperta è troppo stretta, ci dice il profeta Isaia, di modo che se due vi si riparano, uno cadrà e la coperta stretta non può coprire l’uno e l’altro » (XXVIII, 20). – Lodare Dio con tutto il proprio cuore, è applicarsi interamente alla lode, all’azione di grazie che sono la parte principale della preghiera, è ricordarla interamente davanti a Dio, in modo da poter dire come Davide: « il vostro servo ha trovato puro il suo cuore per offrirvi questa preghiera » (II Re, VII, 27).- Lodare Dio con tutto il cuore, significa lodarlo in ogni tempo, nella tribolazione e nella prosperità; significa riconoscere che Dio è l’autore di ogni dono perfetto; è comprendere e proclamare che tutte le cose sono sottomesse al governo della divina Provvidenza (S. Agos.). La redenzione, sintesi di tutte le meraviglie di Dio, è l’opera di misericordia che riassume tutti i benefici di Dio.

ff. 2. –  È indizio di un’anima avanzata in saggezza, il porre in Dio tutta la propria gioia. In tal modo colui che sa rallegrarsi perfettamente in Dio, allontana il cuore da ogni altro piacere, da ogni altra gioia dei piaceri presenti (S. Chrys.). – Non sarà più nelle gioie di questo mondo che mi rallegrerò, né nelle voluttà sensuali, né nelle soddisfazioni del palato o della lingua, né nella soavità degli odori, né nel piacere dei suoni sfuggenti, né nelle forme e nei colori del corpo, né nella vanità della lode umana, né nel superfluo delle ricchezze temporali, né nelle ricerche della scienza mondana, ma « io mi rallegrerò e farò accendere la mia gioia in voi » (S. Agost.). – Coloro che amano prendere come materia dei loro canti le persone oggetto del loro amore, hanno sempre il loro nome sulle labbra e si consolano così della loro assenza. È ciò che fa il profeta: egli non può vedere Dio, Lo prende a soggetto dei suoi canti, si unisce a Lui con una unione così stretta, da un nuovo ardore ai suoi desideri e sembra gioire della sua presenza (idem).

ff. 3. – Questo nemico per eccellenza è il demonio, che prima della venuta di Gesù-Cristo era il maestro, il principe del mondo, e che il Salvatore ha messo in fuga. Tutti gli altri nemici sono abbattuti ed annientati col solo sguardo di Dio (S. Chrys.).

ff. 4. – Uno degli attributi particolare di Dio, e che si avvicina maggiormente alla sua natura divina, è la giustizia. Gli uomini mille volte giusti, non giudicano secondo giustizia, perché essi non possono distinguere ciò che sia veramente giusto, tanto per ignoranza, tanto per effetto delle loro passioni e della loro negligenza; ma Dio, che è esente da queste imperfezioni, giudica sempre secondo giustizia, perché Egli sa con-formarvi il suo giudizio (S.Chrys.) – Nei mali che arrivano, occorre guardare a Dio che è nel nostro cuore, come su di un trono dal quale giudica la nostra giustizia, cioè ciò che c’è di più giusto in noi, alfine di renderci più conformi all’immagine di suo Figlio (Duguet).

ff. 5. –  Dio non ha bisogno né di armi, né di spade, né d’arco, né di frecce, queste espressioni sono adattate al nostro linguaggio. Egli ha semplicemente da riprendere e fa perire coloro che meritano questo castigo (S. Chrys.). Sull’esempio di Dio, occorre tuonare contro l’empio e la sua empietà, distruggere l’empio, facendolo morire al peccato e passare alla vita della grazie, cancellare il suo nome primitivo, e farne prendere uno nuovo (Dug.). Cosa significa  « il secolo dei secoli » se non l’eternità della quale il secolo presente non ci offre, per così dire, che l’immagine e l’ombra. (S. Agost.).

II. 6 – 7

ff. 6. – Learmi del demonio, nostro nemico, hanno perso la loro forza per sempre. Il “forte armato” è stato vinto da Colui che era più forte di lui. Le sue armi gli sono state tolte, come dice Gesù-Cristo (Matt. XII, 19). – Tale è la collera di Dio, essa distrugge, annienta tutto ciò che colpisce (S. Chrys.). – Questa spada smussa sono i diversi errori con i quali satana fa perire le anime (S. Agost.). – Queste città distrutte sono le assemblee di satana, città sulle quali regna il demonio, o i consigli di inganno e di frode che hanno luogo nei governi, nei quali il demonio ha come satelliti e ministri, ognuno dei membri del corpo: gli occhi per la curiosità, le orecchie per i propositi lascivi e per tutte le parole cattive, le mani per la rapina e per ogni altro crimine odioso, e le altre membra che assecondano in questo modo il potere tirannico di una volontà perversa. C’è dunque una città ovunque si trovino un re, un consiglio, un ministro e un popolo. In effetti, tutte questi mali non esisterebbero nelle città corrotte, se non esistessero prima già negli uomini, che sono gli elementi ed i principi delle città (S. Agost.).

ff. 7. –  È ancora uno dei caratteri della Provvidenza di Dio, quella di non punire i propri nemici in segreto, affinché il castigo degli uni possa rendere gli altri migliori. La loro rovina sarà dunque eclatante! (S. Chrys.). – Cosa vogliono i grandi, i potenti della terra? Fare grande strepitio. Dio permette talvolta che essi ne facciano più di quanto essi non avrebbero osato sperare, ma quando non sono più, essi periscono con lo strepitio che hanno fatto, la loro caduta è proporzionale alla loro elevazione, e la memoria dell’empio – dice Sant’Agostino – si estingue con il medesimo strepitio nel quale la loro empietà si agitava tumultuosamente (S. Agost.). – Quanti personaggi sono passati davanti a noi con tutto il fulgore di una brillante nomea! Si vantava in essi il loro sapere, la prudenza, la saggezza, il bel talento dell’eloquio e dello scrivere; essi erano gli arbitri del gusto, il centro degli affari, e ciò nonostante la loro memoria è sparita nella tomba con un po’ di schiamazzo. Il brusio della lode si è forse prolungato ancora per qualche giorno dopo il loro funerale, oggi il loro ricordo è perso nell’oblio, come in un abisso. – Ecco l’opposizione che c’è tra la distruzione dei malvagi e la durata eterna di Dio!

ff. 8. –  Due motivi propri inspirano agli uomini il timore di Dio: la grandezza della sua gloria, opposta alla bassezza della loro natura, e la sua eterna giustizia che infligge ai peccatori terribili punizioni (S. Chrys.). Il Signore ha preparato questo trono nel momento in cui Egli stesso andava ad essere giudicato. Da allora Egli rende dei giudizi segreti su ognuno di noi (S. Agost.). Ma questa predizione abbraccia nello stesso tempo la vita presente e quella futura. Il giudizio generale e definitivo è riservato all’altra vita, ma in questa vita Dio esercita un giudizio parziale, e fa spesso mostrare dei tratti della sua giustizia, affinché gli insensati non immaginino che tutto vada sulla terra secondo il caso (S. Chrys.). – Si rappresenta spesso questo trono di potenza, di giustizia e di verità da cui esce in ogni attimo il nostro giudizio, e da cui uscirà un giorno la nostra sentenza definitiva, irrevocabile per l’eternità. Tutto è preparato da ora: i supplizi, le corone, ed i giudizi (S. Chrys.). Quanto diverso è il giudizio di Dio da quello degli uomini! (S. Agost.).

III — 9 – 13.

ff. 9. –  Davide, benché re, si riconosce e si definisce povero, considerandosi un mendicante seduto alla porta di un ricco sovrano. Noi tutti siamo dei mendicanti davanti a Dio (S. Agost.). – Tutti i beni di questa vita sono più fuggitivi di un’ombra, il solo bene che ci è veramente proprio, è la virtù che portiamo con noi ovunque andiamo, tutto il resto è simile alle foglie degli alberi che non si vedono che all’esterno (S. Chrys.). – Il povero per il quale la terra è niente, ed il cielo è tutto, merita di avere Dio come rifugio e come difensore, sia in questa vita in mezzo alle sue afflizioni, sia nel giorno della grande desolazione di tutti gli uomini. (Dug.). – doppia convenienza, evidenzia Davide, è il soccorso che Dio accorda, e l’opportunità del tempo in cui lo dà, cioè il tempo dell’afflizione (S. Chrys.). – È proprio del soccorso celeste l’arrivare sempre nel momento in cui si presenti all’uomo nel tempo più conveniente. Ausilio intelligente: se il Signore presta man forte alla sua creatura, fa giungere il rinforzo sempre nel momento critico e decisivo, e si può dire che la principale efficacia dell’intervento divino consista ordinariamente nella sua perfetta opportunità (Mgr. Pie. Inst. Sur le Jub.).

ff. 10. –  Conoscere un nome, significa conoscere colui che lo porta; un nome non è un nome per se stesso, ma per ciò che esso significa (S. Agost.). – Non è conoscere Dio il non volere o il non osare sperare in Lui. – Non bisogna mettere la propria speranza nelle cose che il tempo trasporta nel suo rapido incedere, e che non conoscono che un futuro e un passato. L’avvenire che sembra appartenere loro non è ancora arrivato, che è già passato: lo si aspetta con avidità, lo si perde con dolore. In Dio, al contrario, non c’è futuro che non sia già, non c’è passato che non sia più; non c’è se non quel che c’è, e cioè l’eternità (S. Agost.). – La principale ragione per la quale noi dobbiamo sperare in Dio, è che Egli non abbandona mai quelli che Lo cercano. – Come possiamo cercare Dio, visto che Egli è dappertutto? Con l’attività santa della nostra anima, con il distacco dalle cose della terra e da tutte le preoccupazioni del secolo. Talvolta accade di avere sotto gli occhi o tra le mani degli oggetti senza accorgercene e che ci circondano da ogni lato, e cerchiamo ciò che abbiamo davanti a noi, perché il nostro spirito è occupato da altri pensieri (S. Chrys.).

ff. 11, 12. –  Dio abita in Sion, cioè nella Chiesa; Egli abita in mezzo a noi, non che Egli possa essere limitato dalla nostra debole natura, ma a causa del particolare attaccamento che Egli ha per noi (S. Chrys.). Egli è con la sua Chiesa fino alla fine dei secoli, come un padre, per fare del bene; come un giudice ed un protettore, per difenderla; come uno sposo per renderla feconda, e come un pastore, per nutrirla. – È un obbligo per i Cristiani annunziare ovunque si trovino la saggezza dei consigli di Dio, l’altezza dei suoi pensieri, la magnificenza dei suoi disegni sulla sua Chiesa (Duguet). Gli uomini immaginano quasi che Dio dimentichi, perché non agisce così in fretta come essi vorrebbero (S. Agost.). – Egli si ricorderà però a suo tempo dei cuoi fedeli servitori, che sembrava aver dimenticato abbandonati alla malizia dei loro persecutori. Se Egli non giudica opportuno il farlo in questa vita, si ricorderà della pazienza dei suoi poveri oppressi (Duguet). Non si intenda qui ogni genere di povero, ma coloro che sono poveri di spirito, secondo le raccomandazioni di Gesù-Cristo (S. Chrys.). – Il grido dei poveri è l’affezione del loro cuore piuttosto che il suono prolungato della loro voce (idem).

IV. — 14 – 21

ff. 13, 14. – Mai è da separare queste due cose, la preghiera e l’umiltà; l’umiltà è come il veicolo della preghiera (S. Crys.). – Rappresentare con umiltà a Dio la propria abiezione, è un mezzo efficace per attirare i suoi sguardi ed il suo soccorso. – Davide non dice soltanto « … Voi che mi liberate », ma « … Voi che mi togliete dalle porte della morte ». La protezione di Dio non si limita a liberare i suoi servi dalle loro prove, essa li eleva e li circonda di considerazione, di onore e di gloria (S. Chrys.). – Dio attende talvolta fino all’estremo per venire in nostro soccorso, ci tira fuori dalle porte della morte per dimostrarci che Egli dà la morte e ci resuscita, che ci sprofonda fino agli inferi e che ce ne ritrae, che guarisce in un attimo tutte le nostre ferite. – Saggio consiglio di Dio per attirare a Lui i peccatori, è far loro annunziare la sua misericordia dagli uomini che l’hanno già provata. Non si desideri però essere liberati dai propri mali per manifestare le lodi di Dio.

ff. 15, 16. –  È una gioia giusta e ragionevole essere salvato dalle mani dei nemici, ma una gioia incomparabilmente più grande è quella di essere salvati dal soccorso di Dio solo (Dug.). – Cerchiamo non di essere salvati e liberati dai nostri mali ad ogni costo, ma secondo la volontà di Dio (S. Chrys.). – Ben prima del castigo che Dio prepara al peccatore, il suo crimine diviene il suo primo supplizio (Id.). – Per consiglio della saggezza divina, ognuno viene tormentato dal suo peccato (Sap. XI, 17). – Il castigo riservato al peccatore deriva dalle sue opere; quelli che voglio perseguitare la Chiesa cadono nell’abisso dove essi vogliono precipitarla (S. Agost.).

ff. 17. –  Funesto accecamento dello spirito dell’uomo, è la durezza inflessibile del suo cuore! Egli non conosce quasi Dio, quando non fa del bene; bisogna che eserciti i suoi giudizi in modo eclatante per farsi conoscere e sentire. Dio non ha creato né il peccato né la morte; i peccati sono dunque, in senso stretto, le opere dei peccatori, nei quali saranno soppressi (Duguet).

ff. 18. –  Per essere riprovato, il profeta non assegna che l’oblio di Dio, come se questo solo peccato sia sufficiente per meritare la riprovazione. – L’oblio di Dio, è principe in effetti di tutti i peccati e come il gran cammino per l’inferno. L’oblio di Dio, che in tutti i secoli ha costituito la grande piaga del mondo, in questi ultimi tempi in modo speciale, ci induce a dimenticare la nostra qualità di creature. – Questo oblio, che domina in questa cattiva porzione degli uomini che la Scrittura chiama il “mondo”, si incontra in una moltitudine di persone che fanno professione di religione (Faber, Il Creatore e la creatura). – Vi sono diverse maniere per cui gli uomini dimenticano Dio. Essi non Lo giudicano degno che si pensi seriamente a Lui. Appena appena sono attenti alla sua verità quando si prega, alla sua maestà quando si sacrifica, alla sua giustizia quando colpisce, alla sua bontà quando dona; infine Lo ritengono talmente un nulla, che essi pensano in effetti di non aver nulla da temere tanto da averLo per testimone (Bossuet).

ff. 19. –  « La pazienza dei poveri non perirà per sempre ». Questo è ben lungi dal verificarsi sempre per le cose della vita presente, dove i nostri lavori restano sovente sterili ed infruttuosi. Con Dio non c’è nulla di simile al timore; ciò che noi facciamo per Lui ottiene necessariamente la sua ricompensa (S. Chrys.). – È di fede che il povero non sarà mai eternamente nell’oblio. È di fede che la pazienza dei poveri non perirà mai. Ed è altrettanto evidente che questi due oracoli dello Spirito-Santo non si verificano sempre, neanche comunemente in questa vita, ed è anche per questo che bisogna che vi sia un giudizio superiore a quello degli uomini, nel quale si riconosca che la pazienza dei poveri non perisca affatto, cioè che Dio ha per essa tutti gli sguardi che ha il diritto di aspettarsi un maestro sovranamente equanime (Bourdaloue, Jug. Dern.).

ff. 20. – Èuna contraddizione tanto terrificante quanto inconcepibile, che l’uomo, vile creatura, che trae origine dalla terra, che non è che polvere e cenere, e che è in fondo un nulla, acquisendo il peccato, osi sollevarsi contro Dio. Desiderio ragionevole è che egli non si raffermi in una potenza che Dio gli ha dato per il bene, e di cui egli si serve invece per il male. Desiderio degno di un Cristiano, è che l’uomo vecchio, con le viziose inclinazioni, non si fortifichi in noi (Dug.).

ff. 21. –  Dove sono qui questi uomini brutali che trovano tutte le leggi inopportune, e che vorrebbero vederle abolite per non accettarle se non da se medesimi e secondo i propri desideri sregolati? Che essi si ricordino almeno di essere uomini, e che non ricerchino una libertà che li renda simili alle bestie. Che ascoltino queste belle parole di Tertulliano: « È ben accaduto che Dio abbia dato all’uomo una legge … », e questo per quale motivo? Per privarlo della propria libertà?  « Niente affatto – egli risponde – ma per testimoniargli la sua stima … ». Se Egli dunque ha stabilito per noi delle leggi, non è per limitarci nella nostra libertà, ma per sottolineare la sua stima per noi: ci ha voluto trattare come delle creature intelligenti e, in una parola, trattarci da uomini. « O Dio, date loro un legislatore, moderateli con delle leggi, affinché si sappia che sono degli uomini capaci di ragione e di intelligenza, e degni di essere governati da una condotta regolata … » Date loro prima un Mosè, che faccia apprendere i primi elementi, e conduca la loro infanzia; date loro in seguito Gesù-Cristo, che insegni loro in età più matura, e li conduca alla perfezione; e così farete conoscere che Voi li trattate da uomini, cioè come creature che avete formato a vostra immagine, e dei quali volete anche formare i costumi secondo le leggi della vostra eterna verità (Bossuet, I S. pour une velure, Serm. Pour la Purification). – Cosa strabiliante è che sia tanto difficile convincere gli uomini circa questa verità così elementare, che essi cioè non sono che degli uomini. – Nulla dimostra meglio la loro debolezza, la loro ignoranza, la loro miseria, triste frutto del peccato originale che ha alterato le nostre facoltà e degradato i nostri sentimenti, fino a veder perdere finanche la coscienza della propria natura, dandosi ad eccessi inauditi ed a disconoscere se stessi (S. Chrys.). – Quando l’uomo rivendica l’indipendenza nei confronti di Dio, quando vuole porsi al di sopra o solamente al di fuori di Lui, l’Essere necessariamente deve Egli stesso riportare la sua creatura alla ragione, ricondurla ad un sentimento più vero e più modesto di quello che è e di quello che può. « Levatevi o Dio, e che l’uomo non si affermi in questa attitudine orgogliosa ». Che le nazioni siano entro i vostri limiti, e sappiano che le loro dimensioni non oltrepassano la dimensione dell’uomo (Mgr. Pie, Sur les malheurs actuels de la France).

V. — 22-32

ff. 22. –  È permesso, senza cadere nel mormorio, lamentarsi con Dio e domandargli con rispetto e sottomissione, perché si sia allontanato da noi. Gesù-Cristo stesso ce ne ha dato l’esempio sulla croce. Talvolta è utile conoscere la cause di questo allontanamento per porvi rimedio: interrogare la coscienza, sondare il proprio cuore, vedere quale amore vi predomini, chiedere lumi a Dio per conoscere queste cause (Duguet).

ff. 23. –  L’empio a cui l’orgoglio eleva il cuore alla vista del felice successo della propria empietà, il povero scandalizzato e come consumato dalla apparente felicità di quest’empio, sono entrambi ingannati nei pensieri che vanno meditando: l’empio perché il successo dovrebbe farlo tremare piuttosto che alimentare il suo orgoglio; il povero perché questo successo non dovrebbe scardinare la sua fede (Duguet). – Orbene, come dice il Santo Agostino, i disegni colpevoli dei peccatori diventano delle catene per essi, perché essi si compiacciono di atti che non solo non hanno timore di veder censurati, ma che intendono anche lodare (S. Agost.).

ff. 24. –  Che c’è di più comune, ma di più funesto degli applausi che un peccatore riceve a causa della sua iniquità! Si ricevono tante lodi ed ammirazioni per delle azioni che dovrebbero coprirlo di vergogna e di confusione … Ecco ciò che deplora il Profeta, che il vizio sia divenuto molto potente nel compiacersi in se stesso, nell’ostentarsi con sicurezza e, ciò che è più triste ancora, di non vederlo arrossire, anzi che dico, di sentire che si faccia l’elogio da se stessi e  dagli altri.

ff. 24, 25. –  I difetti del ricco e del potente, sono delle perfezioni; i suoi errori delle luci; Si lodano – dice il Re-Profeta – finanche i desideri del suo cuore, cioè finanche le sue passioni, perfino le sue escandescenze. Quello che si biasima negli altri, è per lui materia di elogi e soggetto di benedizione (Bourdal, Sur les rich.). –Nessuno c’è che non feliciti il colpevole che prospera nella sua via, che non trovi nulla per cui vendicare, onde punire i suoi difetti, ma solo degli adulatori per lodarlo. C’è allora la collera più terribile del Signore. È una prova che il peccatore abbia irritato il Signore, il sopportare Egli tutto con indifferenza, il non essere più giudicato degno di punizioni mediante le quali correggere i colpevoli … l’ultimo effetto della collera del Signore è quando Egli si mette più in afflizione per il peccatore, quando sembra cioè dimenticare le sue colpe e non farne più alcuna attenzione, quando infine lo abbandona ai desideri del suo cuore (S. Agost.). Misericordia apparente, è questa, mille volte più temibile della giustizia più terribile. È una maniera nuova di vendicarsi che appartiene a Dio solo: lasciare a riposo il suo nemico, nascondere in sé tutta la sua collera, di modo tale che il peccatore sia stupefatto delle ampie prosperità e del corso fortunato dei propri affari, immaginando così di non aver nulla da temere, e non sentendo alcun rimorso nella propria coscienza (Bossuet).

ff. 26, 27. –  Ecco i tristi frutti del vizio, ed in primo luogo l’accecamento del peccatore. La luce dello spirito si spegne, la forza della ragione si indebolisce, l’anima diventa schiava dell’iniquità e resta costantemente annegata nel vizio. Per colui che ha cessato di aver Dio davanti agli occhi, non c’è altra alternativa di vizio e di virtù, perché è sempre sotto la schiavitù odiosa del vizio; egli non pensa né all’inferno, né al giudizio prossimo, né al conto che dovrà rendere, si scrolla come un freno odioso i pensieri che gli sarebbero di prezioso aiuto. Egli è come un navigante che ha perso la sua zavorra e diventa il giocattolo del furore dei venti e della violenza dei flutti, senza guida per dirigere e condurre l’imbarcazione (S. Chrys.). – « I vostri giudizi sono cancellati davanti ai suoi occhi ». L’anima che ha coscienza dei suoi peccati, e che non si sente colpita da nessuna punizione, crede che Dio non lo giudichi; ed è così che i giudizi di Dio sono tolti dalla sua vista: accecamento che è già la più grave delle condanne (S. Agost.). – Il peccatore in questa cecità, non comprende che il suo giudizio più terribile è quello di non essere giudicato al presente, di dominare tutti i suoi nemici, mentre egli stesso è dominato, o piuttosto tiranneggiato, dalle sue passioni (Duguet).

ff. 28. – Cosa c’è di più irragionevole di un uomo la cui esistenza è tanto fragile, che è come avvolto dagli interessi di un giorno, sottomesso a mille cambiamenti, esposto a tutti gli accidenti di questa vita, e che possa immaginare di restare sempre nel medesimo stato? Si crede facilmente a ciò che si desidera! – Egli si forma, con l’abitudine al peccato, una sorta di baldanza che sfida la Provvidenza, che non prevede né le sue vendette segrete, né i suoi giudizi pubblici e manifesti (Berthier).

ff. 29. – Dopo gli effetti del peccato nei riguardi di Dio, vengono gli effetti rispetto al prossimo. Il Profeta ci ha descritto il cuore dell’empio dimentico di Dio e dei suoi giudizi, che confida orgogliosamente nell’avvenire, e ci fa ora conoscere i suoi discorsi. – Le maledizioni sono bestemmie contro Dio ed ingiurie contro gli uomini; l’amarezza nelle parole sono le maldicenze, le mormorazioni, le liti; l’inganno comprende le calunnie, la menzogna, lo spergiuro. Accrescere la pena, il dolore degli afflitti, ecco lo scopo di tutte le parole dell’empio, ciò che nasconde la sua lingua, e ciò a cui si esercita sempre (Bellarm.). – « Sotto la sua lingua sono il lavoro e il dolore ». Molto più penosamente laboriosi sono dell’iniquità e dell’empietà. Il dolore segue questo lavoro, perché esso non è solo infruttuoso, ma funesto (S. Agost.).

ff. 30-33. – Alle parole fanno seguito le azioni. La scaltrezza, la sorpresa, la violenza pubblica, gli omicidi, l’unione con le persone potenti, tutto è messo in opera per opprimere i deboli e gli innocenti. Il leone nella sua tana è la figura di colui che agisce con violenza ed astuzia. La prima persecuzione portata contro la Chiesa è stata violenta, sforzandosi con le proscrizioni, le torture e i massacri, di costringere i Cristiani a sacrificare agli idoli. La seconda persecuzione ha impiegato la frode, ed è stata quella degli eretici. Resta la terza, che sarà suscitata dall’anti-Cristo e che sarà la più pericolosa di tutte, perché metterà in opera nello stesso tempo la frode e la violenza (S. Agost.). – Questo è un quadro troppo reale della perfidia crudele degli uomini del mondo nei riguardo di quegli stessi che hanno dato loro confidenza. Essi si mascherano per sorprenderli, profanano per ingannarli sotto un nome amichevole; mentre la loro bocca sorride, essi tendono insidie nell’ombra, e quando a forza di dispute, menzogne e basse malvagità, li hanno ravvolti nelle loro reti, tutto ad un tratto si riversano su di essi e li divorano, come la iena divora la sua preda. Condizione lamentevole questa, ma Dio non abbandona i suoi poveri servi in questo estremo. – « Come il leone rannicchiato nel suo antro … » ammirabile immagine del pericolo che ci minaccia e del quale periremo. Non sono tanto i ruggiti della bestia che sono formidabili, ma è il suo silenzio ed il segreto del suo antro. – D’altra parte l’impunità non sarà sempre assicurata all’empio: quando sarà giunto a questa dominazione assoluta, quando si riterrà superiore a tutto e al riparo da ogni sventura … è allora che Dio lo colpirà per mostrare la sua potenza (S. Chrys.).

VI. — 33 – 42

ff. 34-36. –  Perché, si domanda Davide, l’empio ha irritato Dio? Perché egli nel suo cuore ha detto queste tre cose oltraggiose nei riguardi di Dio. L’empio ha irritato Dio, perché ha detto nel suo cuore: non c’è oltraggio a Dio (Sal. XIII) che non abbia voluto riconoscere. Egli ha irritato Dio, perché nel suo cuore ha detto: se Dio c’è, o non ha visto, o questo Dio ha dimenticato il male che io ho commesso; è un oltraggio alla Provvidenza che egli ha combattuto e alla quale ha preteso sottrarsi. Egli ha irritato Dio, perché nel suo cuore ha detto: quand’anche questo Dio di cui mi si minaccia, avesse visto il mio peccato, e se ne fosse ricordato, Egli non mi cercherà né mi dannerà per così poca cosa; questo è un oltraggio alla giustizia vendicatrice di Dio, che l’empio ha disprezzato, e di cui ha cercato di scuotere il giogo … Dio, nel suo giudizio, verrà per tentare di convincere l’empio che c’è un Dio che non ha ignorato nulla, nulla dimenticato dei più segreti disordini della sua vita. Egli verrà per confondere l’empio facendogli vedere che questo Dio, nemico inconciliabile del peccato, non è più capace di patire eternamente lasciando il peccatore nell’impunità, più di quanto cessi Egli stesso di essere Dio (Bourdal, Sur le Jug. dern.). – La pazienza di Dio, stupefacente al punto da dare luogo all’empio il credere che Egli si sia addormentato. Ma Egli si leva quando è tempo e fa sentire, con gli effetti della sua Onnipotenza, che Egli veglia sempre e che non ha dimenticato i poveri (Duguet). – « Voi li vedete ed osservate i loro crimini per metterli nelle vostre mani », cioè voi aspettate, lo sopportate fino a che essi siano vittime dell’eccesso stesso della loro ingiustizia. Dio avrebbe potuto punirli e perderli molto prima, ma la sua pazienza è come un oceano senza limiti, poiché Egli li vede e non li punisce perché attende che facciano penitenza. (S. Chrys.). – La giustizia infinitamente saggia di Dio sa ben prendere il suo tempo per proporzionare la pena al crimine che vuole punire, e per punirlo con le stesse cause che lo hanno fatto commettere e nelle stesse circostanze (Duguet).

ff. 37. – « È a voi che è stata lasciata la cura del povero », è qui la vostra opera di scelta e predilezione. Dio non ha mancato al dovere che si è imposto. È all’architetto che spetta dirigere la costruzione dell’edificio, al pilota governare il battello, al sole rischiarare l’universo, ed anche a voi, mio Dio, il prendere la difesa degli orfani, il tendere ai poveri una mano sicura; nessuno può prendersene cura più di Voi (S. Chrys.). – Il Profeta-Re, era entrato ben profondamente nella meditazione della durata e dell’insensibilità degli uomini, quando dice a Dio: « O Signore, a Voi si abbandona il povero ». In effetti è vero che si cerca di evitare lo stato di infelicità, ed ognuno che si affanna intorno alle fortune della terra; i poveri soltanto sono reietti, solo la loro presenza dà afflizione, non c’è che Dio solo che al loro pianto li prenda in carico. Quando i poveri si indirizzano a noi perché li risolleviamo dalle loro necessità, non è vero che il favore più ordinario che noi facciamo loro, è quello di augurar loro che Dio li assista? Dio vi aiuti, noi diciamo loro; ma il contribuire da parte nostra a soccorrerli, è il minore dei nostri pensieri … poiché tutto il mondo li abbandona, era degno della bontà di Dio riceverli sotto le sue ali, e prendere nelle mani la loro difesa. Così si è dichiarato loro protettore, perché non si disprezzi la loro condizione, e si risollevi la loro dignità; perché non si creda di non dover nulla a loro, … Egli impone la necessità di soccorrerli (Bossuet).

ff. 39. – Ci sono due maniere per Dio per spezzare le braccia del peccatore, di modo che non si trovi più il suo peccato: 1) sterminarlo in maniera che non resti alcuna traccia delle sue violenze e dei suoi crimini; 2) distruggere le sue forze, la sua potenza, questo focolaio di iniquità che lo divora, di modo che non resti più traccia del suo peccato. La prima maniera è in effetti di una giustizia terribile; la seconda di una misericordia infinita (Duguet).

ff. 40. – Non occorre inquietarsi quando il castigo dei malvagi viene differito. Di che avete paura, dice il Re-Profeta, e cosa temete? Forse Dio è un giudice passeggero e mortale? Forse che il suo regno un giorno finirà? Dunque, benché il castigo degli empi sia differito, non di meno è certo! Colui che gli domanderà conto dei suoi crimini, dimora e regna eternamente (S. Chrys.). – Nazioni ribelli distrutte ed annientate ai piedi del suo trono. Questo regno non è possibile qui in terra. Vi sono soggetti ribelli. Esso non lo sarà perfettamente se non quando « Gesù-Cristo avrà rimesso il suo reame a Dio e a suo Padre, ed avrà distrutto ogni impero, ogni dominazione ed ogni potenza ». (I Cor: XV, 24).

ff. 41, 42 – Dio si compiace nell’esaudire semplici desideri, ed il suo orecchio è così delicato che ascolta finanche la preparazione dei cuori. È questa preparazione, questo primo desiderio, questo proposito della vita, dei pensieri e delle opere, che deve essere santo, puro, sottomesso a Dio e consacrato al suo culto. Quando Dio, il cui sguardo penetra fino al fondo del nostro essere, scopre questa preparazione ben formata dalla sua grazia nel cuore dell’anima fedele, non può rifiutargli nulla. Quale grande consolazione è questa verità, « Dio ascolta la preparazione del loro cuore! » Ci sono delle circostanze nella quali non si può pregare nell’assemblea dei fedeli, non sia possibile frequentare il tempio del Signore, ma non c’è luogo in cui il proprio cuore non possa essere rivolto verso Dio, o non possa formare il desiderio di piacergli! Dio ascolta e ricompensa questo desiderio, questa preparazione del cuore. È sufficiente, per piacergli, il volergli piacere, è sufficiente essere a Lui piegato, per essere ricolmi dei suoi beni (Bourdal, Rec. des Saints). – Il povero trionferà infine accanto a Voi, Signore: ciò che gli avrà rifiutato ogni tribunale della terra; Voi prendete la difesa del povero e dell’orfano, affinché il potente, il grande, che aveva tanto abusato della sua grandezza, cessi di glorificarsi. Fino ad allora egli avrà sempre avuto il sopravvento; fin qui, fiero dei suoi successi, perché nulla gli resisteva, egli sarà passato non solo per il più forte, ma per il più abile, per il più stabile nei suoi diritti, come il più degno di essere distinto ed onorato; fino ad allora egli si sarà costituito una falsa gloria ed un presunto merito delle sue stesse violenze; ma Voi lo disingannerete allora., Signore, e gli farete abbattere le sue vane idee. E come? Perché sottrarrete il debole dall’oppressione, ed egli troverà in voi, o mio Dio, un vendicatore ed un protettore (Bourdal).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.