UN’ENCICLICA AL GIORNO, TOGLIE GLI USURPANTI APOSTATI DI TORNO: S. S. PIO XII – MEDIATOR DEI (3)

Entriamo nel vivo della stupenda lettera Enciclica, ritocco ed ultima pennellata, sfumatura definitiva del quadro perfetto del Magistero pietrino, prima che i barbari masso-diretti, distruggessero (si fieri potest!) la sacra liturgia con riti blasfemi e pressoché satanici (anzi … senza pressoché). Si pensi solo alla sostituzione nell’offertorio del « Suscipe Sancte Pater ».. o del « suscipe sancta Trinitas », o nel sacro Canone del « Te igitur, clementissime Pater » con il massonico baphomet-lucifero “signore dell’universo … ” adorato nelle logge e nelle conventicole da apprendisti muratori, cavalieri kadosh, cavalieri del sole, maestri superiori, sovrani inquisitori, ispettori, commendatori, illuminati di Baviera, Patriarchi universali, e da tutta quanta la “feccia” umana dedita al culto del demonio. Questo culto obbrobrioso, imposto dall’illuminato [non dallo Spirito, ma … di Baviera] eresiarca G. B. Montini, coadiuvato dal “massoncello” BUAN 1365/75 e da altri sei “compagni di merenda” masso-protestanti, ha sostituito nelle chiese di tutto l’orbe il venerando immutabile Rito Divino della Santa Messa, così meravigliosamente descritto in questo infallibile ed inoppugnabile documento, a beneficio dei mala-coscienziosi eretico-scismatici del “novus ordo”, intruppati come pecore condotte al macello nella falsa chiesa dell’uomo, OVE NON C’È MINIMAMENTE POSSIBILITÁ DI SALVEZZA, (… non c’è Fede divina, manca la Carità divina, c’è una falsa coscienza, c’è un culto blasfemo ed una dottrina gnostica falsissima …), guidata dai lupi marrani usurpanti. Solo per fermarci alle temerarie innovazioni, citiamo: « … L’uso della lingua latina come vige nella gran parte della Chiesa, è un chiaro e nobile segno di unità e un efficace antidoto ad ogni corruttela della pura dottrina … » – « … chi vuole eliminare dai paramenti liturgici il colore nero; chi vuole escludere dai templi le immagini e le statue sacre; chi vuole cancellare nella raffigurazione del Redentore crocifisso i dolori acerrimi da Lui sofferti; chi ripudia e riprova il canto polifonico anche quando è conforme alle norme emanate dalla Santa Sede … », e poi la “mazzata fatale”:

« è fuori strada chi vuole restituire all’altare l’antica forma di mensa … ».

Che doveva dire di più il Sommo Pontefice per farci comprendere l’inganno ordito da lì a poco dai “… nemici di Dio e di tutti gli uomini, la razza di vipere, i figli di satana,… coloro che hanno avete per padre il diavolo, etc., etc.”? – Ma senza scomporci, armati da retta coscienza, leggiamo questa parte della lettera, che sembra proprio diretta ai falsi cattolici  del “novus ordo”, che hanno messo in opera tutto ciò che il Sommo Pontefice condannava e denunciava come falso. Al termine invito tutti i residui cattolici del « pusillus grex » ad unirsi in preghiera perché i fratelli separati e scismatici della “montiniana chiesa dell’uomo”, siano illuminati dalla Grazia divina per tornare all’unica arca di salvezza, ove solamente c’è salvezza ed eterna felicità: la Chiesa istituita dal Cristo, la CHIESA CATTOLICA APOSTOLICA ROMANA. Che Dio lo conceda per intercessione del Cuore Immacolato di Maria … et IPSA CONTERET …

ENCICLICA

”MEDIATOR DEI”

DI S. S. PIO XII

“SULLA SACRA LITURGIA” (3)

La sola autorità competente

Del medesimo suo diritto in materia liturgica si è servita la Chiesa per tutelare la santità del culto contro gli abusi temerariamente introdotti dai privati e dalle chiese particolari. Così accadde che, moltiplicandosi usi e consuetudini di questo genere durante il secolo XVI, e mettendo le iniziative private in pericolo l’integrità della fede e della pietà con grande vantaggio degli eretici e a propaganda del loro errore, il Nostro Predecessore di immortale memoria Sisto V, per difendere i legittimi riti della Chiesa e impedire le infiltrazioni spurie, istituì nel 1588 la Congregazione dei riti, organo cui tuttora compete di ordinare e prescrivere con vigile cura tutto ciò che riguarda la sacra Liturgia. – Perciò il solo Sommo Pontefice ha il diritto di riconoscere e stabilire qualsiasi prassi di culto, di introdurre e approvare nuovi riti e di mutare quelli che giudica doversi mutare; i Vescovi, poi, hanno il diritto e il dovere di vigilare diligentemente perché le prescrizioni dei sacri canoni relative al culto divino siano puntualmente osservate. Non è possibile lasciare all’arbitrio dei privati, siano pure essi membri del Clero, le cose sante e venerande che riguardano la vita religiosa della comunità cristiana, l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo e il culto divino, l’onore che si deve alla SS. Trinità, al Verbo Incarnato, alla sua augusta Madre c agli altri Santi, e la salvezza degli uomini; per lo stesso motivo a nessuno è permesso di regolare in questo campo azioni esterne che hanno un intimo nesso con la disciplina ecclesiastica, con l’ordine, l’unità e la concordia del Corpo Mistico, e non di rado con la stessa integrità della fede cattolica.

Innovazioni temerarie

Certo, la Chiesa è un organismo vivente, e perciò, anche per quel che riguarda la sacra Liturgia, ferma restando l’integrità del suo insegnamento, cresce e si sviluppa, adattandosi e conformandosi alle circostanze ed alle esigenze che si verificano nel corso del tempo; tuttavia è severamente da riprovarsi il temerario ardimento di coloro che di proposito introducono nuove consuetudini liturgiche o fanno rivivere riti già caduti in disuso e che non concordano con le leggi e le rubriche vigenti. Così, non senza grande dolore, sappiamo che accade non soltanto in cose di poca, ma anche di gravissima importanza; non manca, difatti, chi usa la lingua volgare nella celebrazione del Sacrificio Eucaristico, chi trasferisce ad altri tempi feste fissate già per ponderate ragioni; chi esclude dai legittimi libri della preghiera pubblica gli scritti del Vecchio Testamento, reputandoli poco adatti ed opportuni per i nostri tempi. L’uso della lingua latina come vige nella gran parte della Chiesa, è un chiaro e nobile segno di unità e un efficace antidoto ad ogni corruttela della pura dottrina. In molti riti, peraltro, l’uso della lingua volgare può essere assai utile per il popolo, ma soltanto la Sede Apostolica ha il potere di concederlo, e perciò in questo campo nulla è lecito fare senza il suo giudizio e la sua approvazione, perché, come abbiamo detto, l’ordinamento della sacra Liturgia è di sua esclusiva competenza. Allo stesso modo si devono giudicare gli sforzi di alcuni per ripristinare certi antichi riti e Cerimonie. La Liturgia dell’epoca antica è senza dubbio degna di venerazione, ma un antico uso non è, a motivo soltanto della sua antichità, il migliore sia in se stesso sia in relazione ai tempi posteriori ed alle nuove condizioni verificatesi. Anche i riti liturgici più recenti sono rispettabili, poiché sono sorti per influsso dello Spirito Santo che è con la Chiesa fino alla consumazione dei secoli, e sono mezzi dei quali l’inclita Sposa di Gesù Cristo si serve per stimolare e procurare la santità degli uomini. – È certamente cosa saggia e lodevolissima risalire con la mente e con l’anima alle fonti della sacra Liturgia, perché il suo studio, riportandosi alle origini, aiuta non poco a comprendere il significato delle feste e a indagare con maggiore profondità e accuratezza il senso delle cerimonie; ma non è certamente cosa altrettanto saggia e lodevole ridurre tutto e in ogni modo all’antico. Così, per fare un esempio, è fuori strada chi vuole restituire all’altare l’antica forma di mensa; chi vuole eliminare dai paramenti liturgici il colore nero; chi vuole escludere dai templi le immagini e le statue sacre; chi vuole cancellare nella raffigurazione del Redentore crocifisso i dolori acerrimi da Lui sofferti; chi ripudia e riprova il canto polifonico anche quando è conforme alle norme emanate dalla Santa Sede. – Come, difatti, nessun Cattolico di senso può rifiutare le formulazioni della dottrina cristiana composte e decretate con grande vantaggio in epoca più recente dalla Chiesa, ispirata e retta dallo Spirito Santo, per ritornare alle antiche formule dei primi Concili, o può ripudiare le leggi vigenti per ritornare alle prescrizioni delle antiche fonti del Diritto Canonico, così, quando si tratta della sacra Liturgia, non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per le mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l’eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall’illegittimo concilio di Pistoia, e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono con grande danno delle anime, e che la Chiesa, vigilante custode del «deposito della fede» affidatole dal suo Divino Fondatore, a buon diritto condannò. Siffatti deplorevoli propositi ed iniziative tendono a paralizzare l’azione santificatrice con la quale la sacra Liturgia indirizza salutarmente

al Padre celeste i figli di adozione. Tutto, dunque, sia fatto nella necessaria unione con la Gerarchia ecclesiastica. Nessuno si arroghi il diritto di essere legge a se stesso e di imporla agli altri di sua volontà. Soltanto il Sommo Pontefice, in qualità di successore di Pietro al quale il Divin Redentore affidò il gregge universale, ed insieme i Vescovi che, sotto la dipendenza della Sede Apostolica, «lo Spirito Santo pose . . . a reggere la Chiesa di Dio», hanno il diritto e il dovere di governare il popolo cristiano. Perciò, Venerabili Fratelli, ogni qual volta voi tutelate la vostra autorità all’occorrenza anche con severità salutare, non soltanto adempite il vostro dovere, ma difendete la volontà stessa del Fondatore della Chiesa.

Il Culto Eucaristico

Il mistero della Santissima Eucaristia, istituita dal Sommo Sacerdote Gesù Cristo e rinnovata in perpetuo per sua volontà dai suoi ministri, è come la somma e il centro della Religione cristiana. Trattandosi del culmine della sacra Liturgia, riteniamo opportuno, Venerabili Fratelli, indugiare alquanto e richiamare la vostra attenzione su

questo gravissimo argomento.

Il Sacrificio Eucaristico

Cristo Signore, « sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec » che, « avendo amato i suoi che erano nel mondo », « nell’ultima cena, nella notte in cui veniva tradito, per lasciare alla Chiesa sua sposa diletta un Sacrificio visibile – come lo esige la natura degli uomini – che rappresentasse il Sacrificio cruento, che una volta tanto doveva compiersi sulla Croce, e perché il suo ricordo restasse fino alla fine dei secoli, e ne venisse applicata la salutare virtù in remissione dei nostri quotidiani peccati, … offrì a Dio Padre il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino e ne diede agli Apostoli allora costituiti sacerdoti del Nuovo Testamento, perché sotto le stesse specie lo ricevessero, mentre ordinò ad essi e ai loro successori nel sacerdozio, di offrirlo ». L’augusto Sacrificio dell’altare non è, dunque, una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio Sacrificio, nel quale, immolandosi incruentamente, il Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla Croce offrendo al Padre tutto se stesso, vittima graditissima. «Una … e identica è la vittima; egli medesimo, che adesso offre per ministero dei sacerdoti, si offrì allora sulla Croce; è diverso soltanto il modo di fare l’offerta ». Identico, quindi, è il sacerdote, Gesù Cristo, la cui sacra Persona è rappresentata dal suo ministro. Questi, per la consacrazione sacerdotale ricevuta, assomiglia al Sommo Sacerdote, ed ha il potere di agire in virtù e nella persona di Cristo stesso; perciò, con la sua azione sacerdotale, in certo modo « presta a Cristo la sua lingua, gli offre la sua mano ». – Parimenti identica è la vittima, cioè il Divin Redentore, secondo la sua umana natura e nella realtà del suo Corpo e del suo Sangue. Differente, però, è il modo col quale Cristo è offerto. Sulla Croce, difatti, Egli offrì a Dio tutto se stesso e le sue sofferenze, e l’immolazione della vittima fu compiuta per mezzo di una morte cruenta liberamente subita; sull’altare, invece, a causa dello stato glorioso della sua umana natura, « la morte non ha più dominio su di Lui » e quindi non è possibile l’effusione del sangue; ma la divina sapienza ha trovato il modo mirabile di rendere manifesto il sacrificio del nostro Redentore con segni esteriori che sono simboli di morte. Giacché, per mezzo della transustanziazione del pane in corpo e del vino in sangue di Cristo, come si ha realmente presente il suo corpo, così si ha il suo sangue; le specie eucaristiche poi, sotto le quali è presente, simboleggiano la cruenta separazione del corpo e del sangue. Così il memoriale della sua morte reale sul Calvario si ripete in ogni sacrificio dell’altare, perché per mezzo di simboli distinti si significa e dimostra che Gesù Cristo è in stato di vittima. Identici, finalmente, sono i fini, di cui il primo è la glorificazione di Dio. Dalla nascita alla morte, Gesù Cristo fu

divorato dallo zelo della gloria divina, e, dalla Croce, l’offerta del sangue arrivò al cielo in odore di soavità. E perché questo inno non abbia mai a cessare, nel Sacrificio Eucaristico le membra si uniscono al loro Capo divino e con Lui, con gli Angeli e gli Arcangeli, cantano a Dio lodi perenni, dando al Padre onnipotente ogni onore e gloria. Il secondo fine è il ringraziamento a Dio. Il Divino Redentore soltanto, come Figlio di predilezione dell’Eterno Padre di cui conosceva l’immenso amore, poté innalzarGli un degno inno di ringraziamento. A questo mirò e questo volle « rendendo grazie », nell’ultima cena, e non cessò di farlo sulla Croce, non cessa di farlo nell’augusto Sacrificio dell’altare, il cui significato è appunto l’azione di grazie o eucaristica, e ciò perché è « cosa veramente degna e giusta, equa e salutare ». – Il terzo fine è l’espiazione e la propiziazione. Certamente nessuno al di fuori di Cristo poteva dare a Dio Onnipotente adeguata soddisfazione per le colpe del genere umano; Egli, quindi, volle immolarsi in Croce « propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo ». Sugli altari si offre egualmente ogni giorno per la nostra redenzione, affinché, liberati dalla eterna dannazione, siamo accolti nel gregge degli eletti. E questo non soltanto per noi che siamo in questa vita mortale, ma anche « per tutti coloro che riposano in Cristo, che ci hanno preceduto col segno della fede e dormono il sonno della pace »; poiché sia che viviamo, sia che moriamo, «non ci separiamo dall’unico Cristo ». – Il quarto fine è l’impetrazione. Figlio prodigo, l’uomo ha male speso e dissipato tutti i beni ricevuti dal Padre celeste, perciò è ridotto in somma miseria e squallore; dalla Croce, però, Cristo «avendo a gran voce e con lacrime offerto preghiere e suppliche … è stato esaudito per la sua pietà », e sui sacri altari esercita la stessa efficace mediazione affinché siamo colmati d’ogni benedizione e grazia. Si comprende pertanto facilmente perché il sacrosanto Concilio di Trento affermi che col Sacrificio Eucaristico ci viene applicata la salutare virtù della Croce per la remissione dei nostri quotidiani peccati. L’Apostolo delle genti, poi, proclamando la sovrabbondante pienezza e perfezione del Sacrificio della Croce, ha dichiarato che Cristo con una sola oblazione rese perfetti in perpetuo i santificati. I meriti di questo Sacrificio, difatti, infiniti ed immensi, non hanno confini: si estendono alla universalità degli uomini di ogni luogo e di ogni tempo, perché, in esso, sacerdote e vittima è il Dio Uomo; perché la sua immolazione come la sua obbedienza alla volontà dell’Eterno Padre fu perfettissima, e perché Egli ha voluto morire come Capo del genere umano: « Considera come fu trattato il nostro riscatto: Cristo pende dal legno: vedi a qual prezzo comprò …; versò il suo Sangue, comprò col suo Sangue, col Sangue dell’Agnello immacolato, col Sangue dell’unico Figlio di Dio … Chi compra è Cristo, il prezzo è il Sangue, il possesso è tutto il mondo ».

L’efficacia del Sacrificio

Questo riscatto, però, non ebbe subito il suo pieno effetto: è necessario che Cristo, dopo aver riscattato il mondo col carissimo prezzo di se stesso, entri nel reale ed effettivo possesso delle anime. Quindi, affinché, col gradimento di Dio, si compia per tutti gli individui e per tutte le generazioni fino alla fine dei secoli, la loro redenzione e salvezza, è assolutamente necessario che ognuno venga a contatto vitale col Sacrificio della Croce, e così i meriti che da esso derivano siano loro trasmessi ed applicati. Si può dire che Cristo ha costruito sul Calvario una piscina di purificazione e di salvezza che riempì col sangue da Lui versato; ma se gli uomini non si immergono nelle sue onde e non vi lavano le macchie delle loro iniquità, non possono certamente essere purificati e salvati. Affinché, quindi, i singoli peccatori si mondino nel sangue dell’Agnello, è necessaria la collaborazione dei fedeli. Sebbene Cristo, parlando in generale, abbia riconciliato col Padre per mezzo della sua morte cruenta tutto il genere umano, volle tuttavia che tutti si accostassero e fossero condotti alla Croce per mezzo dei Sacramenti e per mezzo del Sacrificio dell’Eucaristia, per poter conseguire i frutti salutari da Lui guadagnati sulla Croce. Con questa attuale e personale partecipazione, siccome le membra si configurano ogni giorno più al loro Capo divino, così anche la salute che viene dal Capo fluisce nelle membra, in modo che ognuno di noi può ripetere le parole di San Paolo: « Sono confitto con Cristo in Croce e vivo non già io, ma vive in me Cristo ». Come, difatti, in altra occasione abbiamo di proposito e concisamente detto, Gesù Cristo « mentre moriva sulla Croce, donò, alla sua Chiesa, senza nessuna cooperazione da parte di Essa, l’immenso tesoro della redenzione; quando invece si tratta di distribuire tale tesoro, Egli non solo partecipa con la sua Sposa incontaminata quest’opera di santificazione, ma vuole che tale attività scaturisca in qualche modo anche dall’azione di lei ». – L’augusto Sacrificio dell’altare è un insigne strumento per la distribuzione ai credenti dei meriti derivati dalla Croce del Divin Redentore: «ogni volta che viene offerto questo Sacrificio, si compie l’opera della nostra Redenzione ». Esso, però, anziché diminuire la dignità del Sacrificio cruento, ne fa risaltare, come afferma il Concilio di Trento, la grandezza, proclama la necessità. Rinnovato ogni giorno, ci ammonisce che non c’è salvezza al di fuori della Croce del Signore nostro Gesù Cristo; che Dio vuole la continuazione di questo Sacrificio « dal sorgere al tramontare del sole » perché non cessi mai l’inno di glorificazione e di ringraziamento che gli uomini debbono al Creatore dal momento che hanno bisogno del suo continuo aiuto e del sangue del Redentore per cancellare i peccati che offendono la sua giustizia.