IL PRECURSORE (2)

IL PRECURSORE (2)

[G. Colombo: Pensieri sui Vangeli, vol. I; Soc. Ed. “Vita e Pensiero” – Milano, 1939]

4.

UOMINI DI CARATTERE

Perché  le sue parole non venissero sospettate d’opportunismo o di adulazione, Gesù aspettò che i due discepoli mandati da Giovanni Battista se ne fossero tornati al loro maestro che languiva nelle carceri di Erode. Poi cominciò a parlare di Giovanni alla moltitudine. « Che cosa vi attirava nel deserto, quando lasciavate le case e vi accorrevate in folla? Forse una canna che si piega ad ogni fiato di vento? Forse un uomo effeminato vestito con eleganza e mollezza? ». No: Giovanni non era una canna flessuosa, ma un uomo più fermo Di una rupe, che nessun riguardo né di ricco né di potente, che nessun timore né di danaro né di vita, poteva piegare. Erode potrà metterlo in prigione e ammazzarlo, ma non spaventare, né far tacere. No: Giovanni non era un effeminato cortigiano, egli che fin da fanciullo crebbe e si fortificò nelle solitudini di luoghi selvaggi: portava una veste di peli di cammello stretta ai fianchi con una cintola di cuoio; si nutriva con locuste e miele e non beveva mai vino. Cristiani, Gesù loda Giovanni Battista perché era uomo di carattere. Chi non ha carattere, non è un uomo, ma una cosa; Dante direbbe che è una pecora matta perché si muove non secondo ragione, ma secondo istinto: l’istinto delia paura, l’istinto dei piacere. Due cose fanno l’uomo di carattere: convinzione profonda; volontà energica.

1. CONVINZIONE PROFONDA

Quando Mosè salì sul monte a ricevere gli ordini da Dio, una nube avvolse la vetta del Sinai e nascose i colloqui dell’Eterno con l’uomo. Ma il popolo rimasto alle falde della sacra montagna, col passar dei giorni, cominciò ad annoiarsi dell’attesa, a disinteressarsi di quello che avveniva oltre quella nube che non lasciava trasparir nulla, se non forse qualche lampeggiamento seguito dal brontolare del tuono. Alla fine perse la pazienza di restar fedele, si costruì un vitello d’oro, intorno al quale tutti se la godevano, mangiando e bevendo e ballando. E non pensavano che da un momento all’altro sarebbe potuto tornare Mose? Ci pensavano, ma dicevano anche: « Di quel Mosè che ci ha liberati dalla schiavitù dell’Egitto e del suo Dio che sta sopra le nuvole, non sappiamo che cosa sia accaduto » (Es., XXXII, 1 ss.). – Noi sentiamo un fremito d’indignazione verso quel popolo sleale e ondeggiante tra il vero Dio e gli idoli, che cento volte prometteva fedeltà e altrettante la trasgrediva. Eppure non è questo il male di moltissimi Cristiani, il male che forse rode anche la nostra vita? Diciamo di essere creature poste sulla terra per il cielo, ma intanto lo dimentichiamo. Diciamo d’aver un cuore destinato ad amare la sola cosa veramente amabile, e intanto sciupiamo il nostro amore in vergognose passioni. Il vero motivo di questo nostro ondeggiare sta nella mancanza di convinzioni profonde. Ne avessimo almeno una, saremmo uomini; e invece siamo canne. La nostra fede ha radici superficiali come quella del popolo ebraico nel deserto, e con la pratica, diciamo anche noi: « Di quel Gesù che ci ha redenti col sangue ed è salito oltre le nuvole a parlare col suo padre Celeste, non sappiamo che cosa sia accaduto ». Con siffatta perplessità d’idee, è impossibile pretendere d’assomigliare a Giovanni Battista. Un pomeriggio domenicale, una persona di mondo entrò nella canonica del parroco d’Ars, attratta da quello che si diceva intorno all’austerità di quell’umile prete, alla generosità con cui donava tutto per vivere poi egli stesso in una povertà estrema, allo zelo con cui si prodigava di giorno e di notte per la salvezza delle anime. « Signor Curato, — disse quella persona — crede proprio a tutto quanto dice il Vangelo? ». « Sì, a tutto ». « Ma è proprio sicuro che dopo la morte ci sarà il Paradiso? ». « Sicurissimo ». « Proprio sicuro, come dopo quest’oggi che è domenica verrà il lunedì? ». « No. Molto più sicuro ». « Proprio sicuro come il sole che è tramontato adesso, sorgerà domani mattina ? ». « No. Molto più sicuro ». « Proprio sicuro come dopo l’inverno ritorna la primavera? ». « Molto, molto più sicuro. Poiché, può darsi anche che venga una domenica dopo la quale non ci sia più lunedì., un tramonto dopo il quale non ci sia più aurora, un inverno dopo il quale non ci sia più primavera, ma non può darsi assolutamente che le parole di Cristo non s’avverino ». « Quali parole? ». « Queste: Io sono la Risurrezione e la Vita, chi crede in me, anche se fosse morto, vivrà… Io lo risusciterò nell’ultimo giorno ». – Quella persona partì commossa e persuasa d’aver capito il segreto di quella grande santità. Soltanto una convinzione così profonda, poteva dargli la forza di vivere come viveva. Tale profondità di convinzione era quella che condusse Giovanni Battista nel deserto, che gli diede il coraggio di rinfacciare al re il suo nefando peccato, che lo fece intrepido quando si lasciò troncare la testa. Tale profondità di convinzione era quella che sostenne i martiri: Agnese, bella e ricca ereditiera d’una cospicua famiglia romana, che a 13 anni, mentre le fiamme del rogo già la lambivano, esclamava : « Ecco che finalmente io vengo a Voi, Signore, che io amavo, cercavo, desideravo, senza intermissione » ; Pancrazio di 14 anni che lasciò sbranare dalle belve la sua giovane vita, ma non sacrificò agli idoli; Policarpo di 85 anni, Simeone di 120, entrambi col corpo tremante di vecchiezza, ma con l’anima immobile nella certezza della fede. Né si creda che questa convinzione capace di sfidare perfino la morte sia un ricordo archeologico di tempi antichi che non ritornano più. È del nostro tempo il fatto di una fanciulla americana, (Grazia Minford), convertita dal protestantesimo e divenuta suora domenicana. Suo padre morendo le lasciò la somma favolosa di 12 milioni e mezzo di dollari, a patto che abbandonasse il convento. Che cos’ha risposto quella fanciulla? « Il mio Padre del cielo è assai più ricco del mio padre della terra, e mi darà una ricompensa più grande ancora ». Questa è convinzione e forza veramente cristiana! (« Schönere Zukunft », 1 maggio 1927). – Convinzione cristiana spinge ancora tante figliuole a rinunciare a un sogno di felicità, piuttosto che sposare una persona che non rispetterebbe la loro coscienza, a rinunciare a un impiego lucroso piuttosto che sgualcire il candore della loro innocenza in certi uffici. Convinzione cristiana sostiene il padre di famiglia in gravi e lunghi sacrifici piuttosto che violare la legge del Signore.

2. VOLONTÀ ENERGICA

La volontà energica è una conseguenza naturale della convinzione profonda. L’uomo di carattere sa dimostrare la sua volontà decisa davanti al mondo, a sé, a Dio.

Davanti al mondo. Il mondo ha due armi terribili per trascinare al male: la lusinga e lo scherno.

– Le lusinghe del mondo sono le amicizie, certe amicizie specialmente; sono i divertimenti, come gli spettacoli licenziosi, i balli, passeggiate sbrigliate e promiscue.

– Gli scherni del mondo son fatti di sorrisi maliziosi, di mormorazioni, di ironia, di disprezzo, e perfino di persecuzione poiché spesso i buoni si vedono preclusa la via alle loro legittime aspirazioni, e alle ricompense meritate. La volontà energica dell’uomo di carattere non cede alle lusinghe, non teme gli scherni: ma va diritta e sicura, ascoltando solo e sempre la voce della coscienza.

Davanti a sé. Un nemico potente è entrato in noi stessi per il peccato originale, ed ha esteso il suo nefasto impero un poco su tutte le facoltà dell’animo. Bisogna riconquistare e difendere la nostra libertà interiore. I cattivi pensieri la minacciano nella nostra mente, i cattivi desideri nel nostro cuore, i cattivi istinti nella nostra carne: quale campo di battaglia aspra e incessante per la volontà! Chi cede è un rammollito.

Davanti a Dio. Dio ogni giorno per purificarci o per provarci ci manda la nostra parte di fatica e di sofferenza. È necessario la volontà energica, che tronchi ogni querela e ogni impazienza, e ci faccia accettare con santa e lieta rassegnazione la sua paterna e misteriosa volontà. La volontà energica sa placare la natura ferita, e la induce a ripetere quella preghiera che, quando è sincera, vuole coraggio e amore: « La tua volontà sia fatta! ».

CONCLUSIONE

Santa Giovanna è all’assedio d’Orléans. Sette ore ha combattuto, sempre calma e intrepida, in mezzo alle sue truppe. Ora è il momento in cui deve strappare al nemico la famosa bastiglia di Tourelles. Repentinamente si slancia, afferra la scala, l’appoggia alla torre, e sale impetuosa. Una freccia la colpisce in mezzo al petto: sgorga sangue. Ella impallidisce, trema: sospesa a metà della scala, piange di dolore e di paura. Ridiscende e si nasconde a curarsi. Ecco la debolezza umana. Gli Inglesi imbaldanziscono, ed i Francesi spauriti cedono il campo, e suonano la tromba della ritirata. Ma al primo squillo, Giovanna scatta in piedi: ricorda le visioni che ebbe, le voci che udì, e fa una breve preghiera. Poi di colpo si strappa la freccia, e col petto chiazzato di sangue, grida: « Avanti, siamo vincitori! ». E vince. – Cristiani, la vita è una battaglia per la conquista del regno di Dio. Se ci capitasse qualche momento di paura e di debolezza, richiamiamo i motivi della nostra fede, ravviviamo le nostre convinzioni, e chiediamo forza con la preghiera. Poi come Santa Giovanna andiamo avanti, sicuri che la vittoria è nostra.

5.

PREPARIAMOCI AL S. NATALE CON LA FEDE

Due parti ha il brano di Vangelo da commentare: il messaggio di S. Giovanni Battista a Gesù, l’elogio di Gesù per San Giovanni Battista. Da parecchi mesi il Precursore languiva nella fortezza di Macheronte, erma e selvaggia sul mar Morto, dove lo teneva, rinchiuso Erode. Venivano i suoi discepoli a trovarlo e non senza amarezza gli raccontavano i primi successi di Gesù. « Maestro, gli dicevano, sai quell’uomo che era con te al di là del Giordano, a cui tu hai reso testimonianza? Ecco battezza anch’Egli, e tutti vanno da Lui » (Giov., III, 26). Per quei discepoli affezionati riusciva molto duro vedere il loro maestro prigioniero in una fosca e solitaria torre mentre pensavano che laggiù nella ridente Galilea, un altro Maestro predicava alla luce del sole, e la folla lo ascoltava ammirata. E se qualche volta s’imbattevano a passare di là, sapendo che Gesù con i suoi amici era entrato in qualche casa a mangiare, mossi da invidia e sdegno, si mettevano sulla porta a protestare (Mc. II, 18). San Giovanni aveva cercato già di dissipare questi sentimenti non generosi, ma tanto naturali e facili a germinare nel cuore dell’uomo; ed aveva detto: « Sentite: se una persona si sposa e tutti gli fan festa, il suo amico deve rattristarsi? No; ma l’amico dello sposo, che sta presso di lui, e lo ascolta, si rallegra grandemente nell’udire la voce dello SPOSO. Questa è la mia gioia: ed è perfetta. Bisogna che egli cresca, e io diminuisca » (Giov., III, 29-30). Quella volta però in prigione, il Precursore sentendosi incapace a disarmare e a illuminare i suoi amici, ne scelse due e li mandò a interrogare Gesù: « Sei Tu colui che ha da venire, o ne aspetteremo un altro? ». Lo scopo recondito dell’ambasciata fu subito intuito da Gesù che in presenza dei due inviati moltiplicò i miracoli. Al momento di congedarli, disse: « Andate ora, e riferite a Giovanni ciò che avete udito, ciò che avete visto ». Poi, volendo mostrare come leggesse nei loro cuori, aggiunse: « E beati quelli che non si lasciano sconcertare dalla mia maniera di fare! ». Partiti che furono, evitata quindi anche l’apparenza d’adulazione, Gesù rese una magnifica testimonianza al suo Precursore davanti a una gente che l’aveva conosciuto nel deserto. « Chi siete andati a vedere nel deserto? Forse una canna sbattuta dal vento? ». No. Di canne erano folte le rive del Giordano, senza andarle a cercare lontane nel deserto. Giovanni poi non era certo una canna, lui il predicatore terribile che non infinse, che non tacque, ma andò fin dal Re a rimproverargli l’adulterio. « Chi dunque siete andati a vedere nel deserto? — incalzava Gesù con una seconda domanda. — Forse un uomo di lusso vestito alla moda? ». I cortigiani dalle ricche vesti, gli uditori di Gesù sapevano bene che non abitavano il deserto, ma la reggia. Nel deserto, dove da vestire non ci sono che pelli ispide, da mangiare che erbe e locuste, da bere che acqua e scarsa ancor quella, non vivono che i ladroni e i profeti. E Giovanni era un profeta, anzi più che un profeta. « Non è sorto un altro tra i figli di donna più grande di lui, — disse Gesù conchiudendone l’elogio. — Egli è l’araldo preannunziato per prepararmi la strada ». – Ora che abbiamo raccontato con qualche commento il Vangelo, fermiamo l’attenzione sulla risposta che il Signore diede ai due inviati. Questa risposta ha per noi una grande importanza. Oggi, come allora, in molti cuori manca la fede, oppure s’è illanguidita, oppure s’è fatta inerte. Anche per questi cuori, perché si ridestino a una fede operosa e amorosa, perché con tale fede si preparino al santo Natale, Gesù incaricò i due discepoli del Battista di riferire quello che udirono e quello che videro.

2. QUELLO CHE UDIRONO

Certamente udirono quello che Cristo ha detto di sé medesimo. Lo udirono cioè proclamarsi figlio di Dio, Dio uguale al Padre. Il Vangelo non ci riferisce le parole precise pronunciate da Lui in quell’occasione: ma non ci rincresce perché ne abbiamo molte altre equivalenti pronunciate in diverse circostanze. Basterà ricordarne alcune:

a) Un giorno l’Apostolo Filippo lo prega di fargli vedere Dio Padre, di cui parlava con tanta affettuosa insistenza. E Gesù: « Filippo, chi vede me, vede anche il Padre. Non credi tu che Io sono nel Padre, e che il Padre è in me? » (Giov., XIV, 9-10). La terra nostra non aveva mai inteso prima d’allora un simile parlare. Non c’è che un Dio solo, e niente è simile a Lui in tutto il mondo. Ed ecco che quest’uomo Gesù afferma d’essere un unico Dio col Padre: di possedere la stessa eternità, la stessa potenza, la stessa scienza, la stessa natura e vita divina. E lo confidò anche a Nicodemo in quella notte in cui l’ammise a un colloquio segreto (Giov., III, 13-18); lo ripeté al cieco nato dopo avergli donata la vista (Giov., IX, 35 – 37); lo proclamò solennemente alla folla che l’attorniava nel tempio (Giov., X, 3 0); lo disse in faccia a Caifa, l’ipocrita che cercava un pretesto per scandalizzarsi di lui (Matth., XXVI. 63-64).

b) Non solo Gesù affermò d’essere Dio, ma anche d’avere quei diritti che competono soltanto a Dio. Ad esempio, l’onnipotenza in cielo e in terra. Salutando i suoi discepoli, prima di salire al cielo, disse loro: « Io ho ogni potere, lassù in cielo e quaggiù in terra » (Matth., XXVIII, 18). Un’altra volta domanda per sé un amore sopra ogni cosa. « Chi non mi ama più di suo padre e di sua madre, di suo figlio e di sua figlia, non è degno di me » (Matth., X, 37). Soltanto Dio può pretendere un simile amore. Gesù voleva appunto dire d’essere Dio.

c) E se l’ha detto, lo è. Era troppo equilibrato, semplice, schietto, buono per illudersi o per illudere. Ma non solo lo disse, io comprovò coi fatti, e i due inviati del Battista videro cose che non può fare se non Colui che ha fatto il mondo e che è il Padrone della vita e della morte.

2. QUELLO CHE VIDERO

Videro Gesù avvicinarsi affettuoso alle pupille spente d’alcuni ciechi, e chieder loro: « Che cosa desiderate? ». «Vedere! Vedere! ». « Ebbene, guardate ». Sotto l’impero di quella parola, davanti alle loro facce stupefatte si rivelava per la prima volta la luce del sole e in essa, tutte le altre cose belle. Erano scoppi di gioia, parole di riconoscenza interrotte da incomprimibile meraviglia infantile: « Oh gli uomini,, sono come alberi che camminano! » ( Mc., VIII, 24). Videro dei sordomuti gonfiare la gola nello sforzo d’esprimere la parola che non potevano dire e agitare le dita intorno alle orecchie. Gesù appoggiato un dito tra le sue labbra, l’intinse di saliva, poi toccò la loro bocca e il loro orecchio. « Apriti! » esclamò. D’improvviso come se finalmente un ingorgo maligno fosse travolto, la parola libera e chiara usciva dal loro petto, entrava nel loro timpano. Videro storpi gettar via le grucce e saltare sulle loro gambe. Videro alcuni in un momento guarir dalla lebbra che è inguaribile. Forse videro anche il centurione supplicare il Maestro per un suo carissimo servo che giaceva a letto in condizioni disperate, e Gesù guarirglielo in distanza ( Lc. VII, 2-9). Forse videro anche i funerali dell’unigenito della vedova di Naim. Gesù fermò la barella e comandò alla morte di cedergli la tenera preda. « Fanciullo, ti dico di alzarti! » E il morto risuscitò (Lc, VII, 11-17). Questi sono fatti sicuri che non hanno che una sola spiegazione: Gesù è Dio fatto uomo, e rivestito d’un corpo come il nostro. – Eppure molti non si lasciano persuadere. Non c’è da stupirsi, quando si pensa che perfino due città di quelle che videro coi loro occhi i miracoli si ostinarono nella incredulità. Gesù abbandonandole, rivolse su loro la maledizione: « Guai a te, Corozain! Guai a te, Bethsaida! Se i miracoli che sono stati fatti tra le vostre contrade fossero avvenuti a Tiro e a Sidone, già si sarebbero convertite » (Matth., XI, 21). – Che vuol dire ciò? Vuol dire che alla buona fede che lo cerca Gesù si presenta con prove certe della sua divinità, ma non s’impone per forza all’ostinazione che lo respinge.

CONCLUSIONE

S’avvicina il giorno in cui la Chiesa ricorderà a tutto il mondo il mistero della nascita di Gesù. E la Grazia che da. questo mistero sgorgò allora, verrà diffusa ancora a tutti i cuori, nella misura che se ne renderanno capaci. Dio Eterno che nasce bambino per noi! C’è qui un abisso di amore e di degnazione di cui non ci sarà mai possibile vedere il fondo. Santa Maddalena de’ Pazzi con incessante amorosa adorazione ripeteva centinaia di volte al giorno: « Il Verbo si è fatto carne ed abitò tra noi ». S. Alfonso de’ Liguori non sapeva studiare se sul suo tavolo di lavorò non vedeva la cara immagine di Gesù Bambino. Ed infinite volte la baciava, adorando Colui che vi era rappresentato. Cristiani: in questa settimana d’Avvento più volte al giorno, sull’esempio dei Santi, diremo col cuore: « Bambino Gesù, io ti ringrazio d’essere nato per me! ». Ma forse qualcuno penserà: « Come farò a ricordarmelo ? ». Ebbene: perché non l’abbiate a dimenticare tre volte al giorno, al mattino, al mezzodì, alla sera, la Chiesa fa suonare le campane dell’Angelo che annunzia l’incarnazione del Verbo. Nessuno dunque si scordi, almeno in questa settimana, che udendo quel suono deve pensare al Figlio di Dio che si fece uomo per la nostra salvezza.

6.

I FRUTTI DELL’AVVENTO DEL SIGNORE

Sulle montagne brulle che strapiombano in giro al Mar Morto, l’Erode adultero, figlio dell’Erode infanticida, teneva una cupa prigione. Ivi Giovanni Battista aspettava d’essere ucciso. L’amico dello sposo ha molto da affannarsi a preparare le nozze, mai poi deve lasciare il posto allo Sposo, appena giunge. Ed egli s’era affannato tutta la vita a preparare le vie: ora comprendeva che la sua giornata di fuoco volgeva alla fine, che il suo compito stava per terminare. Già lo Sposo veniva: fino alla cupa fortezza di Macheronte giungeva l’eco delle prediche e dei miracoli di Gesù. Davanti alla morte non aveva nulla da rimproverarsi. Se un rincrescimento lo pungeva ancora, non era per sé, ma per i suoi discepoli: quelli che avevano raccolto la sua parola gridata dalle soglie del deserto, che avevano ricevuto il suo battesimo di penitenza sulle rive del Giordano: i suoi discepoli che non volevano rassegnarsi a separarsi da lui, che ancora venivano a trovarlo in prigione, che per stare con lui trascuravano di seguire il Messia. Ah no! questo era troppo, questo non poteva più permetterlo. Solo Gesù è il Salvatore, solo Gesù bisogna seguire! Per ciò, sentendo imminente la sua tragica morte, mandò due discepoli a Cristo per dirgli: « Sei tu il Messia, o è un altro che dobbiamo aspettare? ». Giovanni, si capisce, non dubitava nemmeno: egli fino dal seno materno, sobbalzando misteriosamente, l’aveva riconosciuto; egli l’aveva additato alle folle ignoranti; egli l’aveva battezzato mentre la voce dell’Eterno Padre discendeva dal cielo aperto. Ma nella squisitezza della sua fede e del suo cuore voleva che i discepoli suoi lo vedessero coi loro occhi, lo udissero con le loro orecchie: così affascinati dal Cristo, si sarebbero staccati da lui senza rimpianti. E Gesù comprese lo scopo di quella ambasciata. Li accolse con affetto e se li tenne con sé amorevolmente facendo molti miracoli in presenza di loro. Poi li congedò con queste parole: « Tornate da Giovanni e ditegli quel che avete udito, quel che avete veduto ». Orbene, Cristiani: la santa Chiesa in principio dell’Avvento, imitando il gesto del precursore, manda anche noi a considerare i frutti della venuta del Salvatore perché abbiamo a credere più fermamente in Lui, e a seguirlo più coraggiosamente. Questi frutti sono molti, ma i principali sono tre: la pace, la luce, l’amore.

1. LA PACE

Prima ancora che nascesse, da un profeta fu chiamato « principe della pace »; quando nacque, i cori d’angeli cantarono che « la pace in terra agli uomini » era discesa. Alla vigilia della morte diceva ai suoi amici: « Me ne vado, ma vi lascio la pace »; risuscitando disse: « Pace a voi ». Gesù Cristo dunque è la nostra pace. Ipse enim est pax nostra (Eph., II. 14). Perciò non fa meraviglia se, con la sua venuta, mise pace tra Dio e l’uomo, tra l’Angelo e l’uomo, tra uomo e uomo.

a) Tra Dio e l’uomo. Dal momento che il primo uomo peccò, Dio voltò via la sua faccia sdegnata e abbandonò la nostra natura al giogo del demonio. Passarono migliaia e migliaia di anni in cui nessun uomo poté, benché santo, entrare in Paradiso: né Adamo, né Mosè, né Isaia, né Davide, alla loro morte, lo trovarono aperto. Finalmente nel seno verginale di Maria la natura divina e la natura umana s’abbracciarono nell’unica Persona del Verbo incarnato. Come Iddio poteva continuare la sua inimicizia con gli uomini, se uomo era anche il suo Figlio Unigenito?

b) Tra l’Angelo e l’uomo. Fino alla venuta di nostro Signore Gesù, gli Angeli trattavano gli uomini come stranieri, con superiorità ed asprezza. Per ciò quando apparvero ad Abramo, a Loth, a Giacobbe, a Mosè, ad Ezechiele, a Davide, gli uomini tremanti si gettavano a terra, per adorarli come padroni. Ma dal giorno della venuta del Signore, tutta la schiera angelica ci è diventata benevola ed amica: ai loro occhi cessammo di apparire la razza degradata e maledetta, poiché vedono che il Figlio di Dio ha voluto rivestire umana natura, farsi uomo in carne ed ossa come noi. Se Dio ebbe di noi tanta misericordia da diventare uno dei nostri, gli Angeli come ci potrebbero ancora trattare duramente? Quando a S. Giovanni Evangelista apparì un Angelo, egli, secondo l’uso dell’Antico Testamento, fece per gettarsi sulla nuda terra ad adorarlo. Ma la celeste creatura glielo impedì, dicendo: « Che fai? Io sono come te un servo dell’Altissimo ».

c) Tra uomo e uomo. Prima che il Salvatore discendesse su questa terra, il sentimento più diffuso tra gli uomini era l’odio. I pagani odiavano gli Ebrei, gli Ebrei odiavano gli immondi pagani. I Greci chiamavano barbaro chiunque non fosse della loro nazione; i Romani non riconoscevano i diritti se non dei cittadini di Roma. La guerra e l’odio implacabile per i nemici era un vanto. – Venne Gesù: e davanti a Lui non ci furono più né Giudei né gentili, né Greci né barbari, né rivali né nemici, ma tutti gli uomini divennero fratelli suoi, compartecipi della sua natura divina giacché Egli si era fatto compartecipe della nostra natura umana: e perciò figli tutti d’un Padre unico, Iddio. L’uomo dunque da Dio, dagli Angeli, dagli uomini stessi era odiato e disprezzato come un lebbroso. Gesù Redentore, portandoci la pace con Dio, con gli Angeli, con gli uomini, ci ha mondati da quella lebbra. Leprosi mundantur. Ma guai a quelli che ritornano negli odi antichi! Per loro il frutto dell’avvento divino è maturato invano.

2. LA LUCE

Tutti i popoli camminavano nelle tenebre e nell’ombra della morte. In Egitto si adoravano le cipolle e il bue; in Grecia si erano costruite divinità viziose e libidinose; in Roma si incensavano i tiranni crudeli. Le madri uccidevano i loro figliuoli per placare le ire di Baal o di Astharte. idoli sanguinari. Anche gli uomini più intelligenti d’allora non riuscivano a sapere del loro eterno destino quanto ora ne sa anche l’ultimo dei nostri bambini. – Gesù venne; e fu come se si squarciasse la maligna nuvolaglia che ottenebrava il mondo e risplendesse improvvisamente il sole. Sole di giustizia è Gesù! Luce del mondo è Gesù! Quante meravigliose verità ci ha Egli disvelate riguardo a Dio, all’anima nostra, alla vita eterna!… Tutte le cose più utili al nostro vero bene il Vangelo ce le insegna. – I nostri occhi erano ciechi, ed ora vedono. Cæci vident. Eppure ci sono di quelli che la dottrina cristiana hanno dimenticata, che non vogliono più impararla. Eppure ci sono di quelli che vivono solo per mangiare e guadagnare, veri adoratori delle cipolle e del bue; di quelli che vivono per accontentare ogni istinto bestiale, veri adoratori delle passioni immonde; di quelli che i propri figli non educano cristianamente e sacrificano la loro innocenza al demonio. Guai a questi che ritornano nell’antica tenebrosa ignoranza! per loro il frutto dell’avvento divino è maturato invano.

3. L’AMORE

« Signore, perché sei venuto sulla terra? ». « Sono venuto a portare il fuoco dell’amore sulla terra ghiacciata, e non bramo altro che di incendiarla tutta in questa mistica fiamma ». – Anche senza l’Incarnazione, nella sua infinita misericordia, Dio avrebbe saputo trovare il modo di perdonarci e salvarci. Ma era l’amore della sua creatura, che il Creatore dell’universo voleva: e si fece uomo per amore. – Nell’antico testamento avevano imparato a temerlo e a rispettarlo: lo sentivano presente nel fragore del tuono, nell’urlo della bufera, nell’ardore del fuoco; ma gli uomini non riuscivano ad amare un Dio invisibile. Ma ora Egli si è fatto visibile, e tutto il mondo vede la sua dolce Umanità. « Fratelli, — scriveva S. Paolo — dopo la sua venuta più nessuno può vivere per sé, ma solo per Lui, che visse e morì per noi ». E sorsero allora moltitudini di uomini, di donne, di fanciulli, che con desiderio, offrirono la loro vita nel martirio. Sorsero allora infinite schiere di Monaci e di Vergini che si ritirarono nei deserti a vivere solo del suo amore, già fatti Angeli prima di morire. Sorsero in ogni tempo i Santi che non temettero penitenze e umiliazioni, fatiche e malattie, tribolazioni e persecuzioni, accesi com’erano nell’amore di Cristo, il Dio fatto Uomo. – Senza questo eterno amore, che sarebbero stati gli uomini se non dei cadaveri? Gesù venne e li risuscitò. Mortui resurgunt. Eppure sono troppi quelli che non amano il Signore: passano lunghe settimane senza un pensiero e un palpito per Lui! Troverete di quelli che neppure una Messa alla festa sanno ascoltare per suo amore; per suo amore non sanno nemmeno astenersi dalle carni, il venerdì. E se si volesse entrare nel segreto delle famiglie, quanti ne trovereste che non sanno più rispettare la castità coniugale e vivono nell’egoismo brutale, dissacrando ogni legge di Dio e di natura! Guai a questi che ritornano nell’antica morte dell’indifferenza e del peccato! per loro la primavera della redenzione è venuta senza fiori e senza frutti.

CONCLUSIONE

Dopo due millenni, eccoci qui a prepararci ancora al Santo Natale, per partecipare maggiormente ai frutti della divina venuta. – S. Gaetano da Thiene si struggeva in affettuose preghiere; S. Filippo Neri si ritirava nelle catacombe a meditare: San Francesco d’Assisi s’avviava verso Greccio gridando: « Amiamo il Bambino celeste! ». Noi che faremo? Facciamo pace con Dio e con gli Angeli togliendo via i peccati dal cuore, facciamo pace con gli uomini perdonando e chiedendo perdono. Ritorniamo a frequentare la Chiesa, a studiare la dottrina cristiana, ad ascoltare la parola di Dio. Infine, per amore di Gesù che tanto ci amò, facciamo un po’ di penitenza, di elemosina, di mortificazione. Così la pace, la luce, la carità del nostro Signore ritorneranno in noi.

(Fine …)