Calendario liturgico della Chiesa Cattolica: DICEMBRE 2018

DICEMBRE è il mese che la Chiesa dedica alla Immacolata Concezione ed alla Natività di N. S. Gesù-Cristo

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Fidelibus, qui mense decembri aliquod pietatis exercitium in honorem B. M. V. Immaculatæ præsteterint.

[Ai fedeli che praticano nel mese di Dicembre un qualsiasi esercizio di pietà in onore della B.M.V. Immacolata, si concede …]

Indulgentia quinque annorum semel, quolibet mensis die; [5 anni per ogni giorno del mese]

Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo huiusmodi obsequium quotidie per integrum mensem obtulerint [indulgenza plenaria s. c. se l’esercizio viene praticato per tutto il mese].

NOVENA

IN Onore 

DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

DI MARIA SS.

(Comincia il dì 29 Novembre).

Deus in adjutorium, etc. Gloria Patri, etc.

I. Vergine purissima, Immacolata Maria, io mi rallegro con Voi perché fin dall’eternità Iddio vi elesse per degnissima Madre del suo Figliuolo Divino. Ringrazio infinitamente la SS. Trinità per dignità sì sublime a cui vi ha innalzata; e vi prego di ottenermi da Dio l’eterna salute dell’anima mia. Ave Maria,

O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi.

II. Regina delle Vergini, Immacolata Maria, io mi congratulo con Voi che fin dal primo istante del vostro concepimento Iddio vi preservò dal peccato originale. Ringrazio infinitamente la SS. Trinità di questo inestimabile privilegio fra le pure creature a voi sola concesso; e vi prego di ottenermi da Dio la grazia di vincere quei tristi effetti che ha prodotte in me il peccato originale. Ave Maria,

O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi.

III. Specchio di purità, Immacolata Maria, io godo con tutto il cuore che fin dal principio del vostro concepimento Iddio vi esentò da qualunque peccato, e dal fomite stesso del peccato. Ringrazio infinitamente la SS. Trinità di questo dono sì singolare che vi ha compartito; e vi prego d’impetrarmi da Dio il perdono dei miei peccati, la grazia di superare e vincere le mie passioni, e di non cadere mai nella colpa. Ave Maria, etc.—

O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi.

IV. Mistica Rosa di purità, Immacolata Maria, io mi congratulo con Voi per essere stata sin dal primo istante del vostro concepimento ripiena di grazie, e ricolma dei doni tutti dello Spirito Santo. Ringrazio infinitamente la SS. Trinità di grazie sì grandi di cui ha ricolmato il vostro cuore; e vi prego di ottenere anche a me tutti quei doni e quelle grazie che mi sono necessarie per vivere sempre in modo, che sia accetto al cuore di Dio. Ave Maria,

O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi.

V. Lucida Stella di purità, Immacolata Maria, io mi rallegro con Voi, che arricchita dei celesti doni, cominciaste subito a conoscere ed amare Dio con tutto il vostro cuore. Ringrazio infinitamente la SS. Trinità di questo dono sì particolare che vi ha concesso; e vi prego d’impetrarmi grazia che io conosca ed ami sempre e con tutto il cuore il mio Signore e mio Dio. Ave Maria,

O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi.

VI. O Sole senza macchia, Immacolata Maria, io mi congratulo con Voi che fin dal primo istante del vostro concepimento foste confermata in grazia, e resa impeccabile. Ringrazio infinitamente la SS. Trinità di questo privilegio che vi ha compartito; e vi prego di ottenermi da Dio la costanza nel bene, e la perseveranza finale. Ave Maria,

O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi.

VII. Giglio di purità, Immacolata Maria, io mi rallegro con Voi, che nell’essere prescelta fra tutte le creature ad essere Madre di Dio, foste nel tempo stesso destinata a rimaner sempre Vergine. Ringrazio infinitamente la SS. Trinità di questo privilegio fra tutte le creature a Voi sola concesso; e vi prego d’impetrarmi una perpetua purità di mente e di corpo. Ave Maria, etc. —

O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi.

VIII. Chiarissima Luna di purità, Immacolata Maria, mi consolo con tutto il cuore perché fin dal primo istante del vostro concepimento siete stata costituita Corredentrice del Mondo, Madre ed Avvocata di noi miseri peccatori. Ringrazio infinitamente la SS. Trinità di officii sì sublimi che vi ha affidato, e di onore sì grande a cui vi ha innalzata; e vi prego di ottenermi grazia di esser degno vostro Figlio, e di sperimentare in me gli effetti della Redenzione col vivere santamente, e santamente morire. Ave Maria, etc.

O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi.

IX. Aurora sorgente di purità, Immacolata Maria, io mi rallegro con Voi perché avete gloriosamente trionfato del serpente infernale nell’immacolato vostro concepimento, che è stato il principio della salute del genere umano, e l’allegrezza di tutto il mondo. Ringrazio infinitamente la SS. Trinità di questo privilegio si singolare che vi ha concesso e vi prego a volermi impetrare da Dio la grazia di trionfare dei nemici della mia eterna salute, e di conseguire quella pura e perfetta allegrezza che si gode solamente nel Cielo, affinché io possa insieme con Voi per tutta l’eternità godere Dio, e ringraziarlo degli eccelsi privilegi che fin dal primo istante del vostro concepimento vi ha concesso, e che sono stati finalmente perfezionati nel Cielo con quella gloria sì eminente a cui siete stata innalzata. Ave Maria, etc. —

O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi.

INNO.

Tota pulchra es, Maria.

Tota pulchra es, Maria.

Et macula originalis non est in Te.

Et macula originalis non est in Te,

Tu gloria Jerusalem.

Tu lætitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.

Tu advocata peccatorum.

V. O Maria.

O Maria.

Virgo prudentissima.

Mater clementissima.

Ora prò nobis.

Intercede prò nobis ad Dominum Jesum Christum.

In Conceptione tua, Virgo Maria, immaculata fuisti.

Ora prò nobis Patrem, cuius Filium de Spiritu Sancto peperisti.

OREMUS.

Deus, qui per Immaculatam Virginis Conceptionem dignum Filio tuo habitaculum preparasti: quæsumus, ut sicut ex morte ejusdem Filii tui prævisa, eam ab omni labe preservasti, ita nos quoque mundos, eius intercessione ad te pervenire concedas. Per eumdem Christum Dominum nostrum. Amen.

[Il giardino spirituale; G. Russo ed. – Napoli 1903, imprim.]

PIA EXERCITIA

361

Fidelibus, qui novendialis pio exercitio, ante festum B. M. Virginis Immaculatæ in eiusdem honorem publice peracto, devote interfuerint, conceditur: Indulgentia septem annorum quolibet die; Indulgentia plenaria, si, diebus saltem quinque, novendialibus supplicationibus adstiterint et præterea admissa sua confessi fuerint, ad Convivium eucharisticum accesserint et ad Summi Pontiflcis mentem oraverint. Iis vero, qui præfato tempore preces ad B. M. Virginem Immaculatam privatim effuderint, cum proposito easdem per novem dies continuos iterandi, conceditur:

Indulgentia quinque annorum semel quolibet die; Indulgentia plenaria suetis conditionibus, novendiali exercitio expleto; at ubi pium exercitium publice peragitur, hæc indulgentia ab iis tantum acquiri potest, qui legitimo detineantur impedimento quominus exercitio publico intersint (Pius IX, Audientia 3 ian. 1849; S. C. Episc. et Regul., 28 ian. 1850; S. C. Indulg., 26 nov. 1876; S. Pæn. Ap., 18 maii 1935).

[Ai fedeli che praticano la novena in pubblico o se impediti, in privato: si concedono 7 anni per ogni giorno; 5 se in privato;  Indulgenza plenaria al completamento della stessa con s. c.]

(S. C. Indulg., 13 nov. 1907; S. Pæn. Ap., 24 apr. 1933).

A Roma si moriva. I ricchi erano fuggiti, ed un silenzio greve pesava nelle vie deserte. Dalle finestre, dalle porte socchiuse usciva il rantolo degli appestati che, in agonia, bruciavano di sete senza alcuno che bagnasse quelle labbra già violacee e riarse. I morti non si potevano più seppellire. Sulle scale, nelle vie, accanto alle vie ammorbavano l’aria. L’aria era diventata come una nuvola grassa che faceva mancare il respiro e intorbidiva la luce del sole. Il papa S. Gregorio ricorse ad un mezzo estremo: nel tempo pasquale indisse una processione per l’attorniamento della città portando l’immagine beata di Maria sempre Vergine, quella che si credeva di San Luca e che ancora si conserva nella basilica di Santa Maria Maggiore. – Man mano che l’immagine santa si avanzava tra la processione riverente, l’aria appestata e scura si squarciava come una nebbia all’ascendere del sole, e dietro appariva un fresco sereno. Gli appestati guarivano improvvisamente, e sentivano un nuovo flusso di vita ascendere nelle loro vene. Delle voci angeliche passavano cantando « Regina del cielo, rallegrati! ». Allora il Papa, e tutto il popolo scoppiò in un grido incontenibile di gioia, di fede: « Halleluia! Halleluia ». – Che ammorba la società non è più la peste dei corpi, ma quella delle anime: la passione impura. Mai come ai nostri tempi la moda fu invereconda e provocatrice! Mai come ai nostri tempi le stampe, i teatri, i cinema osarono essere licenziosi. Quante anime,- specialmente giovanili, sono prese dal turpe male e muoiono, senza pregare più, senza credere più! Bisogna portare nel mondo la divozione alla Madonna, alla Madonna Immacolata. Davanti a lei fuggono le tentazioni impure come nebbia che si squaglia, guardando a Lei ogni uomo sente il desiderio di vivere casto. O Vergine tutta bianca! O vittoriosa del demonio! O Regina potentissima del cielo! torna in mezzo a noi e col profumo della tua purezza attira le anime fuori dal vizio, e sul mondo purificato fa risplendere il bel sole di Dio. [G. Colombo: Pensieri sui Vangeli, vol. I; soc. Ed. Vita e Pensiero, Milano 1939]

« Iddio —dice S. Paolo — abita in una luce inaccessibile. ». Ed è per farci conoscere il Padre Suo, che Gesù è disceso sulla terra. « Nessuno conosce il Padre tranne il Figlio, e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo ». Il Verbo fatto carne è dunque per noi la manifestazione di Dio, è Dio fatto uomo che ci rivela il Padre. Non meravigli dunque l’importanza che la Chiesa ammette nella liturgia di Natale, a questa manifestazione della divinità di Gesù Cristo. Attraverso le belle sembianze del Fanciullo, che Maria ha deposto nella mangiatoia, la Chiesa ci fa scorgere, come in trasparenza, la Divinità diventata in qualche modo visibile e tangibile! « Chi vede me, vede il Padre », diceva Gesù. « Per mezzo del mistero dell’Incarnazione del Verbo, aggiunge il Prefazio di Natale, noi conosciamo Dio in una forma visibile»; e, per bene affermare che la contemplazione del Verbo è soprattutto il fondamento dell’ascesi di questo tempo, si prendono specialmente dagli scritti dei due Apostoli S. Giovanni e S. Paolo, araldi per eccellenza della Divinità di Cristo, i brani nei quali essi ne parlano più profondamente. Così la liturgia di Natale ci fa inginocchiare, con Maria e Giuseppe, davanti a questo Dio rivestito della nostra carne: «Cristo è nato per noi: venite, adoriamolo » ; con l’umile corteo dei pastori che vanno al presepio «ci fa accorrere in fretta per glorificare e lodare iddio »; ci unisce alla sontuosa carovana dei Re Magi onde con loro « ci prostriamo avanti al Fanciullo e  adoriamo «Colui che tutti gli Angeli di Dio adorano ». Riconosciamo con la Chiesa il grande dogma della Divinità di Gesù e dell’Incarnazione del Verbo. [Messale Romano L.I.C.E. Torino, 1950]

LE FESTE DEL MESE DI DICEMBRE

1 Dicembre Sanctæ Mariæ Sabbato    Simplex *I*

2 Dicembre Dominica I Adventus    Semiduplex I. classis *I*

3 Dicembre S. Francisci Xaverii Confessoris    Duplex maj.

4 Dicembre S. Petri Chrysologi Episcopi Confessoris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

5 Dicembre S. Sabbæ Abbatis    Feria

6 Dicembre S. Nicolai Episcopi et Confessoris    Duplex

7 Dicembre S. Ambrosii Episcopi Confessoris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

8 Dicembre In Conceptione Immaculata Beatæ Mariæ Virginis    Duplex I. classis *L1*

9 Dicembre Dominica II Adventus    Semiduplex II. classis

11 Dicembre S. Damasi Papæ et Confessoris    Duplex

13 Dicembre S. Luciæ Virginis et Martyris    Duplex

15 Dicembre In Octava Concept. Immac. Beatæ Mariæ Virginis    Duplex majus

16 Dicembre Dominica III Adventus    Semiduplex II. classis

17 Dicembre: inizio ‘O’ degli inni solenni (dicembre 17-23 dicembre)

19 Dicembre Feria IV Quattuor Temporum Adventus    Semiduplex

21 Dicembre S. Thomæ Apostoli    Duplex II. classis

       Feria VI Quattuor Temporum Adventus    Semiduplex

22 Dicembre Sabbato Quattuor Temporum Adventus    Semiduplex

23 Dicembre Dominica IV Adventus    Semiduplex II. classis

24 Dicembre In Vigilia Nativitatis Domini    Duplex I. classis

25 Dicembre In Nativitate Domini    Duplex I. classis *L1

26 Dicembre S. Stephani Protomartyris    Duplex II. classis *L1*

27 Dicembre S. Joannis Apostoli et Evangelistæ    Duplex II. classis *L1*

28 Dicembre Ss. Innocentium    Duplex II. classis *L1*

30 Dicembre Dominica Infra Octavam Nativitatis    Semiduplex Dominica minor

GIUSTIZIA FINALE DEL CRISTO

GIUSTIZIA FINALE DEL CRISTO

[G. Colombo: Pensieri sui Vangeli – Vol. III; Soc. ed. “Vita e pensiero”, Milano, 1939 – imprim.]

1.

Tre momenti possiamo considerare nella giustizia finale del Cristo, come la predice il Vangelo. Dapprima, la crisi suprema del mondo. Le forze che reggono la compagine dell’universo si sbanderanno: i cieli si arrotoleranno come tende, il sole e la luna si oscureranno, le stelle cadranno come foglie di autunno. – Poi l’improvvisa apparizione del Giudice. Nel cielo vuoto Gesù e la sua croce sfolgorante. Ai riverberi di quella luce oltremondana, ogni anima diverrà trasparente più che cristallo percosso dal sole, sicché tutte le macchie della coscienza, anche le più piccole, saranno visibilissime. Il terzo momento è la confusione dell’anima colpevole. Muta perché senza scuse, sola perché senza nessun protettore, ella piangerà: ed al suo pianto farà bordone il vasto singhiozzare delle tribù dei peccatori. La delusione d’un mondo che scompare. Il giudizio esattissimo del Giudice divino. La confusione dell’anima senza scuse e senza protezione. Son tre pensieri che gioverà meditare molto seriamente.

1. LA DELUSIONE D’UN MONDO CHE SCOMPARE

«Il cielo e la terra passeranno… » ; disgraziati tutti quelli che vi han collocato il loro cuore e il loro tesoro. Mi servirò di alcune similitudini di S. Agostino, adattandole un poco.

a) Un architetto bravissimo passò un giorno davanti a una sontuosa villa costruita sul margine d’un ruscello e disse al proprietario: « Guarda che sta per crollare: rosi dall’acqua, i fondamenti ormai cedono ». L’inquilino gli scrollò le spalle in faccia, alla sera radunò ancora gli amici al consueto festino, e dopo si pose a letto per dormire tranquillamente. Era nel primo e profondo sonno, e la casa crollò, schiacciandolo sotto. Peggio per lui, direte, perché era stato avvisato. Orbene, anche noi siamo stati avvisati. Il costruttore del mondo ci dice che questo mondo ha da rovinare e che il fiume del tempo, trascorrendo con lena insonne, gli rode i fondamenti. Non siamo immensamente stolti se invece di sgombrare, di cominciare a porre altrove le nostre speranze, i nostri desideri, i nostri beni, li collochiamo e fissiamo in questo mondo come se avesse a durar sempre, come ci dovessimo fare una dimora perpetua? Poi vien la morte e tutto crolla. Poi vien la fine del mondo e tutto frana. Che delusione amarissima!

b) Un contadino poneva il frumento sulla nuda terra, in un luogo umido e senz’aria. Viene un amico, il quale conosce bene la natura del frumento e della terra, e gli fa vedere la sua ignoranza, dicendogli: « Che hai fatto? porre il frumento sulla nuda terra, in un posto umido? D’inverno, quando le lunghe piogge ammollano tutto, questo grano marcirà e la tua fatica andrà in fumo ». Il contadino chiese: « Che debbo fare? ». L’amico gli rispose: « Prima che le piogge incomincino, trasportalo di sopra ». L’altro ci pensò un poco, e poi parendogli troppo grossa fatica, non lo fece. Vennero le piogge: andò per vedere il frumento, e vide invece un mucchio di materia in fermentazione. Ah, noi — direte — non avremmo agito così. Dite bene, perché siete persone di senno: ma siatelo in tutto, anche nelle cose più importanti. Siete pronti ad ascoltare il consiglio d’un amico nell’affare del frumento, perché trascurerete il consiglio di Gesù, l’amico divino, intorno all’affare dell’anima vostra? Egli conosce la natura del vostro cuore, che è fatto per il cielo; conosce la natura della terra che è fatta per essere corrotta e distrutta, e vi avvisa: « Trasporta in alto il cuore, perché tutto ciò che è sulla terra marcirà e scomparirà ». Avete timore di porre sulla nuda terra un poco di frumento, e poi sulla nuda terra lascerete marcire e distruggere il vostro cuore? Collocate in alto, nei beni invisibili ed eterni, il cuore per non essere delusi da questo mondo che scompare.

c) In una barca che faceva acqua da tutte le parti, un uomo gridava aiuto. Passò un vascello e dall’alto gli lasciarono calare una corda di salvataggio. Il naufrago che stringeva cupidamente la cassetta dei suoi tesori, faceva per afferrare la corda ma non vi riusciva perché aveva le mani impedite. Dal vascello qualcuno gli gridava: «Lascia andare ciò che tieni, prendi ciò che ti dò. Se non abbandoni, non puoi ricevere ». Stringere insieme cassetta e corda non poteva; abbandonare la cassetta non voleva; ad un tratto, la barca fu colma d’acqua, e l’uomo con la cassetta sprofondò. – Noi che viviamo in questo mondo, siamo sopra una barca che fa acqua da tutte le parti, e cola fatalmente a picco. Nostro Signore è accorso a salvarci e lascia cadere fino a noi la corda della sua redenzione: ma per afferrarla, bisogna distaccare le nostre mani e il nostro cuore dalle cose e dai piaceri sensuali e mondani. La mano se stringe un oggetto, non ne può stringere un altro. Chi ama il mondo, non può amar Dio: ha la mano impegnata. E quanti stringendosi cupidamente sul cuore la loro avarizia, o il loro orgoglio, o la loro passione impura, sprofonderanno con questo mondo a picco!

2. IL GIUDIZIO ESATTISSIMO DEL GIUDICE

Scomparso il mondo e le sue iridate illusioni, non resterà più che il bene e il male sparso in tutti i giorni della nostra vita, dal primo albeggiare della ragione e della responsabilità fino al momento estremo della morte. Di questo saremo giudicati.

a) Saremo giudicati del male:

— il male che abbiamo fatto noi, con le opere, con le parole, con le azioni;

— il male che abbiamo fatto fare agli altri, e qui, ci pensino quelli che senza necessità fanno lavorare in festa, fanno mangiare di grasso nei giorni proibiti, impediscono in qualunque modo ai loro dipendenti di adempiere i doveri religiosi; ci pensino anche quelli che fanno bestemmiare, che fanno per la loro condotta sparlare della religione, che con la loro moda di vestire e di comportarsi inducono a chi li vede pensieri e desideri immondi; ci pensino tutti quelli che hanno dato scandalo;

— il male che abbiamo lasciato fare agli altri, mentre lo potevamo impedire: il male quindi che molti genitori con maggior vigilanza avrebbero potuto impedire nei loro figli; che i fratelli con maggior carità avrebbero potuto impedire nei loro fratelli; che tanti Cristiani con un po’ d’azione cattolica avrebbero potuto impedire nel loro prossimo; che io povero prete e pastore d’anime avrei potuto impedire nella mia parrocchia se avessi avuto più zelo. Signor Nostro e Giudice Nostro Gesù, abbi misericordia.

b) Saremo giudicati anche del bene:

— il bene che non abbiamo fatto, e che potevamo fare: ad esempio, del rosario che tutti possono dire ogni sera nella loro famiglia e non si dice; delle Messe che si potevano ascoltare, delle elemosine che si potevano fare, degli aiuti alle opere buone e al prossimo bisognoso che si potevano dare;

— il bene che abbiamo fatto male: tutte le volte che fummo in Chiesa durante i sacri riti con gli sguardi svagati sulle persone, con la mente annuvolata di pensieri inutili e forse peccaminosi; tutte le volte che facemmo l’elemosina o lavorammo per essere veduti, stimati, ricompensati dagli uomini;

— il bene finalmente che abbiamo fatto bene: questo è l’oro puro con il quale soltanto si può comprare la vita eterna.

3. LA CONFUSIONE DELL’ANIMA COLPEVOLE

a) « Quid sum miser tunc dicturus? ». Che potrà dire, quali scuse potrà avanzare l’anima colpevole? Forse dirà: « La tua legge, o Signore, era troppo difficile, non la si poteva osservare ». No, non lo potrà dire, altrimenti intorno a Cristo sorgerebbe a protestare una turba infinita di uomini, di donne, di giovani e di fanciulle. Essi hanno saputo praticarla, e praticandola sentirono che il giogo del Signore è dolce e soave. Forse dirà: « La tua legge, o Signore, richiedeva troppo tempo, ed io aveva affari, commerci, negozi dall’alba a notte tarda ». No, non lo potrà dire, altrimenti intorno a Cristo sorgerebbe un’altra turba di anime che lavorarono ancor di più di lei, senza trascurare la salute eterna; e poi ragione voleva che si abbandonasse anche qualche affare materiale, per non perdere l’unico affare necessario, che è quello dell’anima. – Forse dirà: « Avevo poca salute, preoccupazioni finanziarie molte, la casa piccola non aveva posto per un altro lettino…. No, non lo dirà. Sentirà dentro di sé che tutte erano scuse per nascondere la paura dei sacrifici, l’amore dei propri comodi, il desiderio d’avere libertà per godere la vita; sentirà dentro di sé che se avesse amato il Signore avrebbe trovato il coraggio e la forza necessaria per superare ogni difficoltà.

b) « Quem patronum rogaturus? ». Chi chiamerà in soccorso? Forse l’Angelo custode? No; l’anima non ha voluto mai ascoltare nei giorni della vita terrena il suo pianto silenzioso; ed egli ora non può, né vuole esaudire la sua angoscia disperata. Forse qualche Santo protettore? I Santi, chi non li invoca da vivo, ne ignora il nome da morto. Chi non li imita nella mortificazione, non sarà mai loro compagno nella gioia. – Forse accorrerà la Madonna? No, essa è Madre dei peccatori, ma non la madre dei condannati. Dopo la condanna pronunciata dal suo divin Figlio, essa si uniforma alla giusta sentenza. E se la Madonna non viene, ella che è madre di misericordia e di speranza, segno è che ogni misericordia e ogni speranza è morta.

CONCLUSIONE

Nell’orto degli ulivi, quando Gesù andò incontro alla masnada che veniva per legarlo, disse semplicemente: « Ecco, sono io! ». Quelli arretrarono e caddero come tramortiti dallo spavento. Eppure erano i giorni della sua mansuetudine, i giorni dell’agnello che tace mentre lo tosano, che non bela mentre lo conducono al macello. Che sarà allora nel giorno della sua giustizia, nel giorno del leone che rugge e azzanna? – « Ecco, sono io! » Quel Gesù che hai bestemmiato, che hai baciato da traditore, che hai oltraggiato con gli sputi e le percosse, che hai messo in croce con i chiodi dei tuoi peccati.

2. IL GIUDIZIO

A Felice, preside di Cesarea, doveva sembrare strano quell’uomo che un suo collega di Gerusalemme, Claudio Lisia, gli mandava da giudicare con un biglietto di raccomandazione. Era ebreo e gli ebrei lo volevano massacrare; frequentava le sinagoghe ed insegnava una religione nuova: non aveva ancor visto Roma ed era cittadino romano fin dalla nascita; aveva gli occhi malati e lo sguardo fulmineo: Paolo di Tarso. Il prigioniero era così interessante che il preside Felice e sua moglie Drusilla lo chiamavano spesso nelle loro sale per udirlo parlare della fede in Gesù Cristo. E Paolo parlava, senza paure: parlava di giustizia a quell’uomo che ogni giorno la calpestava; parlava di castità a quell’uomo che viveva in adulterio; e infine parlò del giudizio futuro… di quel giudizio in cui ogni peccato piccolo e grande, pubblico e occulto, contro Dio o contro i l prossimo, sarà manifestato a tutto i l mondo radunato e tremante ai piedi di Cristo giudice. Drusilla e Felice l’ascoltavano immobili, con la mente fissa in quel giorno finale. E Paolo con foga irreprimibile lo descriveva come « il giorno di ira, giorno di tribolazione, giorno di oppressione, giorno di sciagura, giorno di miseria, giorno di tenebre, giorno di caligine, giorno di nebbia, giorno d’uragano, giorno di squilli e di urli » (Sof., I, 15). Felice cominciò a impallidire, poi. a restringersi, poi a tremare, poi scattò in piedi gridando : « Basta! per ora vattene ». Tremefactus Felix respondit: quod nunc attinet, vade (Atti, XXIV, 25). Davvero che ci vorrebbe qui S. Paolo a parlarvi del giudizio e sentiremmo tutti ghiacciare il sangue di spavento! Io invece non so che ripetervi le oscure parole del Vangelo. In quei giorni si oscurerà il sole come sotto una densissima caligine e la luna rossastra non darà più luce e tutte le stelle si precipiteranno dal cielo, e tutto il cielo sarà sconvolto come da un vento furiosissimo. Simile ad un uomo che muore e scoppia in gemiti e rompe in singhiozzi tormentosi, così questo vecchio mondo balzerà dai suoi cardini e si commuoverà fin dal profondo delle sue viscere. Allora, tra le nubi, immensa, solenne, luminosa, brillerà la croce: e sotto piangeranno tutte le tribù della terra… et plangent omnes tribus terræ. Piangerà la tribù dei ricchi, perché tutto il loro danaro in quel momento non varrà a nulla; piangerà la tribù dei prepotenti perché in quel momento saranno schiacciati; piangerà la tribù dei disonesti perché tutti sapranno le loro vergognose azioni; piangerà la tribù dei bestemmiatori perché starà per giungere Colui che han bestemmiato.E verrà. Verrà, grande nella potestà e nella gloria, camminando come un gigante sulle nubi. Intanto gli Angeli squilleranno, sul vento, ai quattro angoli della terra l’ultima adunata. E comincerà il giudizio. In alto starà lui, Cristo, e ai suoi piedi le genti: e sorgeranno gli accusatori. Sorgeranno gli Angeli, alla cui presenza peccammo. Sorgeranno, ghignando, i demoni a cui abbiam dato ascolto. Sorgeranno tutte le creature: il fuoco, l’aria, l’acqua, la terra. Il fuoco dirà: Io lo rischiarava con luce e lo riscaldava con calore: egli invece ti offendeva nella mia luce e nel mio calore. Signore! Dammelo che lo bruci ». L’aria dirà: « Io, ad ogni attimo, nutrivo i suoi polmoni: egli, ad ogni attimo, peccava. Signore! dammelo ch’io lo sbatta con vento furioso ». L’acqua dirà: « Io dissetavo la sua bocca e purificavo le sue cose: egli, con i peccati, insozzava l’anima. Signore! dammelo ch’io, dentro di me, lo anneghi ». La terra dirà: « Io lo sostenevo e lo nutrivo ogni giorno con erbe e Con animali: egli viveva per offenderti. Signore! dammelo ch’io vivo, lo seppellisca ».E noi saremo là, colpevoli e tremanti, in faccia all’universo… Questo è orribile, ma è il meno. Noi allora, soprattutto, avremo paura di due persone: di Cristo e di noi. Se vi sembra strano, ascoltate.

1. I PECCATORI AVRANNO PAURA DI CRISTO

La vigilia della sua morte, Gesù passò il Cedron, risalì la riva opposta tra i filari delle viti, entrò con i suoi nel giardino di Gethsemani pieno d’ombre misteriose. Era triste e solo; e Giuda veniva, veniva la coorte con fiaccole con funi con armi; già si sentiva l’urlìo dei soldati e il frascheggiare del loro passo per i boschetti. Gesù, che sapeva tutto, mosse incontro a loro.

« Chi cercate? ».

— Gesù Nazareno.

« Son Io ».

Tutti stramazzarono al suolo: Abierunt retrorsum et ceciderunt in terra (Giov., XVIII, 6). Pensate: bastava una semplice parola per farli morire di spavento. Che sarà allora nel giorno finale all’udire da quelle medesime labbra l’estrema condanna di maledizione? Nel Gethsemani c’era oscuro, e i soldati non avevano potuto vedere la maestà terribile che raggiava dal volto divino, ma nel giudizio finale gli occhi sfolgoranti di Cristo Giudice s’infiggeranno, come dardi, in noi. Nel Gethsemani Gesù era triste e solo: ma nel giudizio sarà in trono, in mezzo alle legioni degli angeli, in faccia a tutta la generazione. Nel Gethsemani Gesù era ancora l’Agnello d’amore e di perdono, ma nel giudizio sarà solo l’Agnello di giustizia e di vendetta. Se tanto, adunque è stato terribile il Signore nel giorno dei suoi nemici, nell’ora delle tenebre, che cosa sarà nel suo giorno, « nel giorno di Cristo che è giorno di fuoco?» (TERTULLIANO). Sarà l’Agnello furibondo descritto da S. Giovanni nell’Apocalisse così: « Quando il sole sarà diventato nero come un sacco oscuro, quando la luna, spenta ogni stella, girerà nelle volte deserte come una macchia di sangue, quando il cielo si sarà ritirato come un manto che si straccia in due, allora passerà l’Agnello furibondo. I ricchi della terra, i prìncipi, i tribuni, i potenti, tutti quanti, ricchi e poveri, si nasconderanno nelle spelonche, sotto le pietre, e diranno ai monti: nascondeteci dalla faccia e dall’ira dell’Agnello perché è venuto il giorno grande della sua vendetta, e chi vi potrà resistere? Quis poterit stare? » (Apoc., VI, 17). Forse io, forse voi, Cristiani, potrete resistere? Vi dico che tutti noi che siam peccatori dovremmo morir dallo spavento, se Dio lo permettesse.

« Quem quæritis? ».

« Iesum Nazarenum ».

« Ego sum ».

Son io, risponderà Gesù, son io, guardami! son io che tu hai bestemmiato, che tu hai dimenticato, che tu hai deriso. Son io, guardami! vedi la corona di spine che punge le mie tempia: e tu, te ne ridevi di essa quando nella tua mente assecondavi ai turpi pensieri. Vedi le mie mani e le piante dei miei piedi piagate: e tu, te ne ridevi di queste stigmate dolorose quando le tue mani s’attaccavano alla roba d’altri, quando i tuoi piedi ti portavano là, dove non avresti dovuto andare mai. Vedi il mio cuore, squarciato per te: e tu, te ne ridevi del mio amore quando correvi dietro le creature, e ti pascevi d’affetti impuri, e ti divertivi nei piaceri… Ora basta: son Io, guarda, che me ne rido di te ! Ego quoque ridebo et subsannabo (Prov., I , 26).

2. I PECCATORI AVRANNO PAURA DI LORO MEDESIMI

Ho ancora davanti agli occhi la visione dolorosa d’una persona cara morente; e forse mi starà, così viva, fin ch’io campi. Era tanto giovane e mite e moriva d’un male misterioso e straziante di cui, neppure i medici, sapevano dir qualcosa. Soffriva senza intermittenze da un anno e mezzo ed era alla fine. La febbre quotidiana e alta gli aveva consumato ogni fibra e seccato ogni umore, rendendolo così scarno da sembrare uno scheletro ricoperto di pelle: solo che sotto la pelle traspariva la trama violenta delle vene. Respirava penosamente: sporgendo le labbra come se volesse raggiungere un fiato che gli sfuggiva. Le orecchie bianche, la bocca rossa e sanguinante, gli occhi dilatati paurosamente quasi a raccogliere l’ultima impressione delle cose che, per lui, svanivano. – Negli ultimi mesi l’avevano assalito delle convulsioni nervose che gli schiantavano il petto, che gli rompevano le ossa: una volta furono così violente che il braccio gli rimase immobile e la mano stravolta. Pure, alla fine era rassegnato. La mattina del giorno in cui doveva morire, chiese uno specchio. Si voleva negarglielo: ma come non esaudire fin l’ultimo capriccio di una persona che sta per andar via, per sempre? Gli si porge lo specchio, trovò la forza per sollevarlo e vi pose sopra i suoi occhi ingordi… ma subito mandò un grido lacerante, e lasciò cadere lo specchio, singultendo. Aveva avuto paura di sé. La bruttezza che un male fisico può produrre nel corpo, è nulla in confronto di quella che il peccato, in un’istante, produce nell’anima. Quanto dev’essere orribile un’anima dopo due, tre, dieci, cento… peccati, noi non lo sappiamo neppure immaginare, ma nel giudizio lo vedremo. Vedremo, sotto la luce di Cristo, venire a galla ogni colpa più occulta e coprire di schifosissime croste l’anima nostra. E quante miserie di cui quasi non sospettavamo, verranno scoperte. Tu dicevi, sì, d’avere un po’ d’amore per la tua persona: ma non dicevi che questo amore della tua persona ha suscitato in te la voglia di piacere agli altri; non dicevi che per piacere agli altri hai seguito il lusso e la moda scandalosa, suscitando in altri le passioni. Tu dicevi, sì, d’attaccare discorsi cattivi; ma non dicevi che questi discorsi hanno poi raffreddato il tuo amore per la famiglia, hanno sconvolto la tua vita coniugale. Tu dicevi, sì, di mormorare del prossimo; ma non dicevi che le tue parole toglievano l’onore, lo rovinavano negli affari. Tutto questo, allora, lo vedrai in te stesso, orribilmente; Dio porrà te contro te: Arguam te et statuam contra faciem tuam (Salmi, XLIX, 21.) Ti vedrai come in uno specchio e tu stesso avrai paura di te. Ecco perché i reprobi grideranno ai monti: « Cadeteci addosso e sotterrateci » Cadite super nos, operite nos (S. Luc, XXIII, 30). Non diranno: monti, nascondeteci la faccia del giudice adirato, non fateci vedere, o colli, i demoni che ci tormenteranno; ma diranno: colpite noi, perché di noi abbiam paura. – Il padre Bourdaloue diceva : « Signore! nel giorno del giudizio non vi pregherò di difendermi dalla vostra ira, ma tutta la grazia che vi domanderò è che mi difendiate da me medesimo ».

CONCLUSIONE

Nel secolo V, due fratelli ateniesi, rimasti orfani e padroni della sostanza paterna, ebbero la crudeltà di mettere alla porta e gettare sulla strada un’unica loro sorella. Si chiamava Atenaide. Non valsero pianti e suppliche della derelitta, che dovette ramingare per la terra. Passati alcuni anni i due spietati fratelli si sentono chiamare dall’imperatore di Costantinopoli. Ci vanno e sono introdotti nella sala del trono e vedono colà seduta nello sfoggio della sua bellezza e della sua potenza… Atenaide, la reietta, la raminga, che per una sequela di casi provvidenziali era divenuta imperatrice e consorte dell’imperatore Teodosio. – Ella si levò in piedi e rivolse a loro queste tremende parole: « Mi conoscete? son io la sorella vostra: Atenaide! ». A tale vista, a tale parola, quegli sciagurati caddero come morti sul pavimento. Anche noi, con i peccati, non facciamo altro che cacciar via da casa nostra il fratello maggiore Gesù Cristo. Ma tra pochi anni, quando ci sentiremo chiamare dalla morte, noi lo vedremo, sfolgorante in solio, e lo sentiremo dire: « Mi conoscete? sono Io il fratello vostro, che avete maltrattato; Gesù Cristo! ».

3. IL GRAN GIORNO DEL SIGNORE

Il sole si oscurerà e la luna senza splendore somiglierà a una faccia crucciosa. Le stelle precipiteranno attraverso lo spazio, e il cielo, come uno scenario vecchio, crollerà. Allora la croce sfolgorerà in altissimo: sotto, tutte le razze umane, radunate, singhiozzeranno. In ogni parte della terra rimbomberanno le trombe degli Angeli; e in ogni tomba penetrerà un grido: — sorgete! venite al giudizio… Sulle nubi, con maestà e potestà, a giudicare i vivi e i morti, è tornato il Figlio dell’Uomo ». Queste parole paurose Gesù le diceva qualche giorno prima di morire sulla sommità del monte Oliveto. Gli Apostoli, ascoltando, si stringevano a Lui come se il pericolo fosse imminente. Ma perché in avvenire nessuno dubitasse di quella profezia sulla fine del mondo, Gesù allungò la mano a segnare Gerusalemme scintillante nel sole che volgeva al tramonto, e disse: «La città, guardate com’è bella! eppure la sua desolazione è vicina, gli eserciti la circonderanno. Per lei verrà una sventura quale non si vide dal principio del mondo. In quei giorni chi può si nasconda in montagna; e chi sta sul solaio non discenda nella via ma scappi di tetto in tetto; e chi si trova al campo non torni in casa per vesti o per robe, ma fugga così com’è. Infelici le madri, in quei giorni! ». – Quarant’anni dopo s’avverava alla lettera una delle due profezie tremende: quella della distruzione di Gerusalemme. E l’altra, quella della distruzione, del mondo, quando s’avvererà? Gesù non l’ha voluto dire a nessuno; ma è certo che s’avvererà, perché cielo e terra passano, ma la parola di Dio resta: la fine di Gerusalemme ce ne fa garanzia. – Allora non soltanto una città andrà in fiamme, ma tutto il mondo; non soltanto una nazione sarà tribolata, ma tutte le genti. Iddio che ha concesso agli uomini gli anni e i secoli, ha voluto un giorno per sé: l’ultimo. Il giorno della sua giustizia, della sua scienza, della sua gloria.

1. IL GIORNO DELLA SUA GIUSTIZIA

Era stata ordita una congiura contro il Profeta Geremia: i suoi nemici avevano stabilito di levarlo dalla faccia della terra e di far dimenticare al popolo perfino il suo nome. Quando Geremia s’accorse dell’orribile trama, palpitando dallo spavento si rivolse al Signore e gli disse: «Tutti dicono che sei giusto, né sarò io a contenderlo: tuttavia non ti rincresca d’ascoltare i miei dubbi. Com’è che agli empi tutto cammina prosperamente? com’è che tutti quelli che si danno a mal fare sono felici? Hanno lavoro e guadagno, casa e comodità, salute e cibo… » (GER., XII, 1). – Ma non è appena il profeta Geremia che si è sentito vacillare nella fede davanti alle vicende umane: anche noi quante volte, piangendo, abbiamo esclamato: « Signore, non ti ricordi più di me? Guarda i tuoi nemici che non ti riconoscono, che non ti adorano, che non ti temono, come sono fortunati!… ». Gli è, Cristiani, che la giustizia di Dio è così misteriosa e grande che noi creature piccole e cieche non riusciamo a intravvederne i disegni mirabili. Un giorno però essa si manifesterà ai nostri occhi, noi vedremo e diremo: « Sei, giusto, o Signore, e retto è il tuo governo ». Quello sarà il giorno del giudizio finale, cioè il giorno della sua giustizia. Allora i buoni comprenderanno il perché delle loro tribolazioni:

a) Chi vive nelle prosperità, pone in esse i suoi affetti e dimentica il cielo e l’anima. La sofferenza è la mano di Dio che ci stacca lentamente dalla terra e purifica col pianto i nostri occhi preparandoli alle visioni paradisiache.

b) La sofferenza abbatte le gonfiature della superbia, smorza le brame della gola, soffoca la passione impura. È l’aiuto migliore per le vittorie spirituali.

c) La sofferenza ci fa scontare quaggiù i nostri debiti con Dio, e ci prepara preziosi meriti lassù, nell’eterna dimora. « Noi beati ! — esclameremo allora, — per i giorni in cui fummo umiliati, per gli anni in cui fummo dolenti… ». Allora anche i cattivi comprenderanno il perché delle loro fortune terrene. Quando bestemmiavano, se Dio taceva, non era perché non li udisse: quando peccavano, se Dio sopportava, non era perché non li vedesse; ma era perché intendeva premiarli in quel modo del poco bene che potessero aver fatto. Dopo la morte, per loro, non resterà che male. Iustus es Domine et rectum iudicium tuum!

2. IL GIORNO DELLA SUA SCIENZA

Dalla vita di San Giovanni Bosco riferisco un episodio che fa tremare e pensare (G. B. LEMOYNE, Vita del B. D. Bosco, Vol. II, parte V, 4). La sera del 16 settembre 1867, dopo le preghiere, radunò tutta la sua famiglia di preti, chierici, coadiutori, studenti, artigiani, servi: poi cominciò a parlare mestamente di Gesù ch’era morto per le anime, e di taluni che rovinavano le sue anime. « A costoro, — continuò singhiozzando. — che cosa ho fatto d’offesa che mi trattano così? non li ho amati come figliuoli? Costoro credono di non essere conosciuti, ma io so chi sono, so che cosa hanno pensato e fatto… ». Poi con voce straziante, nominandoli ad uno ad uno col loro nome, gridò: «Sei tu… un lupo che ti aggiri in mezzo ai compagni e li allontani dai superiori, mettendo in ridicolo i loro avvisi. Sei tu… un ladro che coi tuoi discorsi rubi l’innocenza altrui. Sei tu… un assassino che con lettere secrete e con gli scherzi strappi le anime dal mio fianco e le uccidi ». Il silenzio era solenne. Ne furono nominati sei. Ad ogni nome s’udiva un grido soffocato, un singhiozzo, un ahi! che risonava paurosamente in mezzo agli astanti esterrefatti. – Invece di Don Bosco mettete Gesù maestoso sulle nubi, invece della famiglia salesiana l’immensa famiglia umana radunata alla grande manifestazione: avete il giudizio finale: il giorno della scienza di Cristo. «Che cosa ti ho fatto di offesa o di danno che mi trattasti così? non ti ho sempre amato come figliuolo? Speravi forse ch’io non sapessi… ma ora t’accorgerai come tutto sapevo, come tutto io so ». In quel momento non sarà possibile né nascondersi, né nascondere. Quidquid latet apparebit.

a) Apparirà la nostra persona. Quaggiù i cattivi si in truffolano coi buoni e vivono nell’ombra. Ma nel giudizio saranno separati e ciascuno apparirà così come visse. Che dirà il principe, il signore, il padrone a vedersi svergognato davanti al suddito, al povero, al servo suo? Che dirà il padre condannato davanti al figlio?

b) Apparirà ogni nostra azione. Anche quella che ci sembra cosa da poco… Anche quella che nessuno mai seppe, neppure il confessore perché la tacemmo sacrilegamente… Anche quella consumata nelle tenebre della notte, nel secreto d’una casa… « Le pietre ch’erano nel mezzo del muro grideranno allora contro di noi, e i legni di casa nostra parleranno» (Habac., II, 2).

c) Apparirà qualsiasi pensiero della mente, qualsiasi desiderio del cuore. Ah quelle immaginazioni impure, quegli affetti illeciti, quegli odi fomentati dentro di noi, allora appariranno al cospetto universale!…

« Quello che hai fatto e tenuto nascosto in te, io lo metterò in faccia al popolo, in faccia al sole » (II Re, XII, 12).

d) Appariranno perfino i peccati che altri commisero per scandalo nostro. Quella figlia che si credeva intatta nell’onore, si troverà colpita da tutti gli sguardi impuri che ha destato col suo vestire, con la sua smania di lusingare. Quel padre sarà accusato di tutte le bestemmie e le dissolutezze dei suoi figliuoli. A quel ricco saranno addossati i peccati commessi da chi adocchiò le pitture e le figure scandalose con le quali ama adornare il suo palazzo o il suo giardino.

3. IL GIORNO DELLA SUA GLORIA

Da Dio si è fatto uomo per salvarci, e gli uomini non solo l’hanno misconosciuto come Dio, ma l’hanno angariato anche come uomo. Lo hanno chiamato invaso dal demonio, rivoluzionario, bestemmiatore; l’hanno trattato peggio degli assassini. Per ciò è giusto che Egli si manifesti nella sua divina maestà e podestà, tra il fuoco e le nubi, in mezzo al cielo… – Un venerdì è stato condotto in tribunale, accusato, giudicato: è giusto che Egli, unico Legislatore e Giudice (GIAC., I V , 12), chiami davanti al suo tribunale coloro che osarono condannarlo. Quante volte gli uomini l’hanno insultato, hanno deriso la sua dottrina, le sue virtù, i suoi ministri, il suo vicario il Papa, la sua Chiesa… ed Egli ha taciuto sempre. È ben giusto che si prenda un giorno di gloria in cui parlare finalmente. Parlerà: « Venite, benedetti, al regno di mio Padre! Andate, maledetti, nel fuoco eterno! ». Quante ingiurie non sopporta Egli, ogni giorno, nel sacramento dell’altare, dove il suo amore lo tiene prigioniero! Sono dimenticanze, irriverenze, sacrilegi… passano gli uomini davanti alla sua casa e non lo salutano; passa Egli come viatico o in solenne processione davanti alle case degli uomini, ed essi hanno vergogna ad adorarlo pubblicamente e inginocchiarsi al suo passaggio… Nel giorno finale si prenderà la rivincita: nella sua gloria sarà glorificato. – Quaggiù gli uomini non lo riconoscono come Dio: al suo posto adorano una passione, il danaro, una persona, il demonio. Ma in quel giorno tutti vedranno che egli solo è Dio, e non c’è Dio prima di lui. I buoni con gioia, i cattivi con spavento, ma tutti quando comparirà in giudizio gli diranno : — Tu sei Re di gloria, o Cristo — Tu Rex gloriæ, Christe!

CONCLUSIONE

Sono passati migliaia d’anni, da che un sovrano potente, seduto ad una lauta mensa, circondato da illustri convitati, si abbandonava alle delizie del cibo, del vino, dei sensi. I commensali non facevano che lodare dare i loro idoli d’oro e d’argento, di legno e di pietra, e disprezzare il vero Dio. – A un tratto, sulla parete rischiarata dal candelabro, apparve una mano che scrisse: — Mane, Thechel, Phares — I tuoi giorni sono compiuti, sulla stadera sei stato pesato, per te è finita. Un fremito d’orrore passò sulle mense, l’allegria tacque, la sala parve una tomba. In quella notte stessa il Re Baldassare e i suoi amici furono uccisi dai Persiani e comparvero al tribunale di Dio. – Nel mondo ce ne sono molti che vivono come quel re e quei suoi cortigiani. Di questo numero siamo forse anche noi. E se improvvisa apparisse anche per noi quella mano scrivente? « I tuoi giorni sono compiuti, sulla stadera sei stato pesato, per te è finita ».

Memorare novissima tua et in æternum non peccabis.